Ugo LA MALFA - Deputato Maggioranza
IV Legislatura - Assemblea n. 170 - seduta del 23-06-1964
1964 - Governo Zoli - Legislatura n. 2 - Seduta n. 564
  • Attività legislativa

signor presidente , onorevoli colleghi , intervengo non nella qualità di presidente della Commissione dei 75, poiché concluderanno il dibattito a nome della Commissione i relatori per la maggioranza e di minoranza, ma in nome del gruppo al quale appartengo e in qualità di membro della maggioranza parlamentare . necessario, al riguardo, un chiarimento preliminare. questo dibattito sulla situazione economica e finanziaria ha la caratteristica di essere perennemente riferito a fatti nuovi: una volta è stato riferito alla lettera del ministro Colombo, pochi giorni dopo alla relazione del governatore della Banca d'Italia . lo si è considerato innovato dopo il discorso del presidente del Consiglio , e certamente nel corso della discussione pomeridiana un altro dato innovatore sarà costituito dalla missione a Roma del signor Marjolin, rappresentante della Cee. come ho avuto modo di osservare agli onorevoli Ingrao e Valori, a me pare che, sia dal punto di vista parlamentare, sia dal punto di vista politico generale, questa impostazione non possa essere condivisa, non rispondendo alla realtà del dibattito, quale si è svolto in tutti questi mesi. i problemi di cui ci occupiamo oggi sono quelli che ci hanno impegnato subito dopo le elezioni e la formazione del secondo Governo di centrosinistra. direi che in base alla prima esperienza tutti noi, maggioranza e minoranza, abbiamo proceduto ad un riesame, ad una revisione delle nostre posizioni per ciò che concerne i problemi della politica economica e finanziaria. questo dibattito quindi ha origini ormai lontane ed è continuato ininterrottamente nel tempo. lo abbiamo ripreso, con estrema vivacità, in occasione dell' annuncio di alcuni provvedimenti cosiddetti anticongiunturali, e devo ricordare che in quell' occasione scrissi una lettera al presidente del Consiglio nella quale, prendendo atto dei provvedimenti anticongiunturali annunciati, lo pregavo di considerare un problema più vasto, quello cioè di affrontare la congiuntura non soltanto con il metodo tradizionale, ma di affrontarla in una visione che, in un certo senso, preannunciasse e ponesse le basi di una politica di programmazione economica. e fu appunto in quella occasione che, onorevole Lama, non chiesi un impegno definitivo circa la politica dei redditi , ma parlai di un piano di emergenza di due anni, straordinario, nel quale si esprimesse una politica dei redditi . questa mia lettera, onorevole Colombo, non ha avuto la fortuna che ha avuto la sua nel determinare discussioni; tuttavia costituiva un atto politico diretto ad affrontare i problemi della politica economica del nostro paese. ma vi è di più. la stessa lettera, con una lunga, motivazione, qualche settimana dopo fu da me indirizzata alle tre organizzazioni sindacali dei lavoratori, e ho agli atti le risposte di queste tre organizzazioni (ora brevi, ora lunghe), che costituiscono una tappa della faticosa discussione che dovrebbe portarci infine a qualche conclusione. finalmente vi fu un' ampia discussione parlamentare in occasione della ratifica dei provvedimenti anticongiunturali, in cui si impostò il dibattito, financo dottrinario prima che politico, sulla politica dei redditi , dibattito che è continuato con la discussione della mozione sulla lettera del ministro del Tesoro e ha avuto una successiva continuazione con la discussione del bilancio semestrale. non possiamo, pertanto, separare determinati momenti di questa lunga discussione e partire da quelli per caratterizzare la situazione. capisco che ognuno di noi, secondo la posizione che ha in Parlamento, ha utilità politica a far questo. per esempio, è evidente che la relazione del governatore della Banca d'Italia , considerata fuori dell' intero quadro della discussione, si presta a configurare la politica a cui si accinge il Governo come una politica influenzata da essa relazione. oppure è possibile che si dia all' intervento del signor Marjolin lo stesso significato, e cioè quello di potere influenzare un dibattito interno secondo idee che sarebbero differenti da quelle che nell' ambito della politica di centrosinistra si vogliono esprimere, dimenticando, tra l' altro, che il signor Marjolin è un socialista ed è, tra gli esponenti della comunità economica europea, quello che si batte per portare la Comunità ad una politica di programmazione economica. il dibattito è nato nel Parlamento e fuori del Parlamento, nelle ampie discussioni e polemiche di stampa, ha visto lo scontro delle diverse tesi e, se il Governo ha fatto propria una tesi, lo ha fatto successivamente: la prima indicazione che, a questo proposito, ci ha dato è stata appunto il discorso del presidente del Consiglio a chiusura della discussione sulla mozione Ingrao. d' altra parte, lasciatemi dire che, per quanto sia stato interessante e tormentato, questo dibattito è durato un po' troppo. se una considerazione dobbiamo fare a noi stessi, prima che al Governo, alle forze sindacali, alle forze politiche , è che, di fronte alla delicatezza della situazione e all' urgenza dei problemi, noi, il Parlamento, l' opinione pubblica fuori del Parlamento, sentiamo il bisogno della conclusione di questo lungo dibattito, positiva o negativa che essa sia. onorevoli colleghi , non ci dobbiamo poi lamentare del fatto che la politica anticongiunturale del Governo si esprima attraverso le restrizioni del credito da una parte, e i provvedimenti fiscali dall' altra, armi che, riconosco, sono quelle tradizionali con cui i governi combattono i fenomeni inflazionistici e lo squilibrio delle situazioni economiche. non dobbiamo lamentarcene, visto che non riusciamo a concludere il dibattito su quella che io considero un' impostazione innovatrice della politica economica del centrosinistra. la non conclusione di questo dibattito costringe — ripeto — il Governo alle vie tradizionali ed io immagino che cosa avverrà quando il Governo ci farà conoscere i suoi nuovi provvedimenti anticongiunturali di carattere fiscale. noi avvertiamo già che si tratta di provvedimenti presi nell' ambito tradizionale. ma che altra alternativa le forze economiche vive del paese, le forze parlamentari, offrono a questa politica tradizionale che è la politica del controllo del credito e della pressione fiscale ? quale altra alternativa che si inquadri in una visione nuova della politica economica di centrosinistra? non l' abbiamo ancora data. e se un invito desidero fare al Governo, è di concludere esso stesso questo dibattito, di chiamare tutti ad assumere le proprie responsabilità: sindacati e forze politiche di maggioranza e di minoranza. tutti dobbiamo sapere, in definitiva, quale via sia possibile battere nel paese. per superare le difficoltà economiche. bisogna cioè uscire da una situazione di incertezza e precisare la strada che si può percorrere, fissando le responsabilità connesse con l' indicazione diretta o indiretta di questa o di quella strada. ma: quale è stato il motivo di fondo della nostra discussione che, ripeto, si trascina da molti mesi? è stato detto, da una parte, che una pressione salariale non commisurata alle strutture esistenti nel paese, esercitata tra il 1962 e il 1963, è stata uno dei fattori principali che hanno determinato lo squilibrio della situazione economica , il processo inflazionistico dei prezzi, lo squilibrio della bilancia dei pagamenti , eccetera stato osservato, dall' altra parte, che la causa di questi squilibri è una struttura non moderna dell' economia del paese. ma, onorevoli colleghi , almeno nell' ambito di coloro che credono alla politica di programmazione e che sono stati d' accordo nel constatare gli squilibri di uno sviluppo economico , vogliamo continuare questa discussione? che senso ha continuarla? forse vi è qualcuno del centrosinistra che neghi che il processo di sviluppo economico dal 1950 al 1960 abbia determinato questi squilibri e in un certo senso li abbia aggravati? se il presentatore della Nota aggiuntiva del 1962 non dovesse conservare le stesse idee, voi avreste ragione di polemizzare su questo terreno. ma qui siamo tutti d' accordo: non è questo il problema che ci si pone. noi sappiamo benissimo che lo sviluppo dell' economia del nostro paese è stato squilibrato e ha aggravato certi fenomeni di squilibrio. questo è un dato di partenza. e noi parliamo di politica di programmazione e, diciamo, di politica di centrosinistra, perché, essendo questo il dato, tendiamo a modificare la situazione. ma come si modificano le situazioni strutturali di un paese, onorevoli colleghi ? questo è il problema che alcuni di noi hanno vissuto già, stando nel primo Governo di centrosinistra, e a tale concreto problema bisogna prestare la massima attenzione. se noi constatiamo che esistono squilibri strutturali, cioè squilibri che hanno maggiore consistenza di un fatto congiunturale, dobbiamo sapere qual è il processo attraverso cui si correggono tali squilibri, e dobbiamo sapere che si tratta di un processo non facile, ma lento. se da un giorno all' altro noi potessimo superare gli squilibri strutturali e riequilibrare il nostro processo di sviluppo , evidentemente non avremmo sofferto quello che abbiamo sofferto nel constatare l' esistenza di questi problemi e nel tentare di risolverli. correggere strutture squilibrate non è un compito facile per le forze politiche . questo punto deve essere fermo. che cosa vuol dire che la responsabilità vera, profonda dell' attuale situazione congiunturale debba essere fatta risalire allo squilibrio strutturale? vuol dire che correggerlo non è opera facile, è opera che va compiuta con perfetta cognizione di causa. d' altra parte, vorrei pregare l' onorevole Lama, il relatore di minoranza onorevole Barca, che tratta dell' autonomia sindacale come fatto essenziale per il miglioramento della produttività, e l' onorevole Foa di osservare in concreto il problema dell' azione sindacale nel contesto di un processo di sviluppo squilibrato. quando mi si dice (ed è vero) che in definitiva gli aumenti salariali del 1962 e del 1963 non hanno fatto che colmare la differenza tra aumento di produttività e aumento dei salari degli anni precedenti, non si dà del problema una spiegazione sufficiente a far ritenere che tutto sia andato nel migliore dei modi. ho già avuto occasione di osservare che, se l' adeguamento salariale non tallona l' aumento della produttività, si ha una distorsione del processo di sviluppo economico. quando si afferma che in questi ultimi dieci anni si è sviluppata la speculazione sulle aree e sulla rendita fondiaria, lasciatemi dire che in un certo senso la non rapidità dell' azione sindacale è responsabile di questo fatto. non esprimo una condanna. lasci perdere. la relazione Barca sostiene che l' autonomia sindacale ha il preciso scopo di consentire il tallonamento della produttività da parte dei sindacati. si tratta quindi di un fatto che prescinde da situazioni politiche, anzi dovrebbe manifestarsi in ogni momento. se le condizioni politiche influissero in questo campo, questo significherebbe che oggi le condizioni politiche sono più favorevoli di quelle di ieri. ma non è vero, perché il processo automatico di tallonamento deve avvenire in ogni momento. ma, in verità, la commisurazione dell' azione delle forze economiche rispetto allo sviluppo economico avviene su dati empirici e quindi rischiamo in ogni momento di commettere errori. con questo non voglio esprimere una condanna, ma desidero constatare un fatto che ci deve portare a rivedere i concetti con cui noi consideriamo questi problemi. quando noi diciamo obiettivamente che la spinta salariale è un elemento di turbativa dell' equilibrio congiunturale, non neghiamo il valore delle cause strutturali, ma diciamo di stare attenti perché per correggere le cause strutturali occorre un' azione congiunturale molto prudente. in altri termini, se non commisuriamo l' azione congiunturale, complichiamo l' oggetto della modificazione strutturale. questo è il problema del centrosinistra, su cui intendo richiamare l' attenzione. noi abbiamo oggi due relazioni di colleghi di minoranza che indicano i limiti entro cui si muove questo problema. abbiamo la relazione del comunista Barca, che fa, della situazione, un problema strutturale, ammonendo che bisogna correggere le cause strutturali dello squilibrio economico. abbiamo la relazione del liberale Alpino, che dalle ipotesi delle correzioni strutturali trae tutte le possibili conseguenze congiunturali sfavorevoli. se leggete la relazione Alpino, constatate che qualunque punto tocchiate del sistema precedente, voi ne cavate una conseguenza congiunturale sfavorevole. quindi vi sono due posizioni; che sono tutte e due vere e tutte e due non vere. perché tutto il problema non è strutturale, senza che si abbiano conseguenze congiunturali sfavorevoli come quelle descritte dall' onorevole Alpino; ma, se dovessimo badare alle conseguenze congiunturali, non modificheremmo mai il sistema economico dal punto di vista strutturale. le due posizioni sono estreme. il problema del centrosinistra è di trovare il punto di incontro fra queste due posizioni estreme, per cui né l' onorevole Barca ha ragione né l' onorevole Alpino ha ragione. cioè noi dobbiamo modificare il sistema strutturale nel tempo, impedendo, limitando o neutralizzando gli effetti negativi congiunturali che si possono manifestare. onorevoli colleghi , voi non potete infilzare la destra pensando che essa stia ferma. quindi dovete, ogni volta, neutralizzarla, impedendo che la situazione congiunturale diventi talmente preminente sui problemi strutturali da impedirci una politica al riguardo di questi ultimi. questo è il vero problema che noi dobbiamo risolvere, questo è il problema di una politica che sia congiunturale e strutturale insieme. se voi non trovate questo punto, o la congiuntura vi porta a sacrificare i problemi strutturali o la modificazione strutturale vi porta a sacrificare i problemi congiunturali. badate che l' equilibrio fra queste due necessità è un equilibrio che va, ad ogni costo, realizzato e mantenuto, non soltanto perché indica la capacità di governo dell' economia del paese da parte di una forza di centrosinistra, ma per una ragione che nella lettera al presidente del Consiglio ho messo in luce: perché un errore, dal punto di vista congiunturale, trascina con sé la disoccupazione operaia. e noi tutti possiamo trascurare le reazioni dei redditieri, le reazioni dei proprietari di aree, ma credo che nessuno possa trascurare una situazione congiunturale che rischia di determinare un fenomeno di disoccupazione. questo rappresenta un limite, onorevole Barca, anche per quel che riguarda le riforme strutturali: altrimenti noi potremmo fare le riforme strutturali nello spazio di un mattino. in altri termini, qual è il limite nell' azione di modifica strutturale che deve essere rispettato? il fatto, appunto, che si crei una situazione congiunturale che riduca l' impiego di manodopera ed il reale potere d'acquisto dei salari. sono, onorevoli colleghi della sinistra, elementi trascurabili, per voi, questi? e qual è il punto — lasciatemelo dire in termini banali — per salvare capra e cavoli, per salvare l' occupazione, il reale potere di acquisto dei salari, e per compiere le riforme strutturali? il punto che non suoni rinuncia alle riforme strutturali, ma che non impedisca di perseguire una politica capace di evitare un franamento congiunturale. altrimenti il discorso diventa puramente astratto. ripeto, si può fare un discorso sulle strutture; in separata sede si può fare un discorso sulla congiuntura, e qui ci fermiamo: è caratteristico che vi siano, nelle relazioni di minoranza, queste due posizioni estreme. per l' onorevole Alpino il fatto strutturale non esiste: egli dichiara la necessità di continuazione del processo di sviluppo quale vi è stato nel decennio e dice: voi con le vostre riforme alterate questo processo, determinate, quindi, una vasta crisi congiunturale. lasciate andare le riforme; la crisi congiunturale si risolverà e tutto tornerà a posto. ma non possiamo rovesciare questo discorso, come fa l' onorevole Barca, e dire: facciamo le riforme checché avvenga nel campo congiunturale. non sì possono presentare alle masse operaie e sostenere questo coloro che militano nella Cgil, o nello stesso partito comunista ; essi devono dimostrare che le riforme strutturali garantiscano, in ogni caso, l' occupazione e il potere d'acquisto dei salari. e non è vero che la riforma strutturale garantisca immediatamente la conservazione di un livello congiunturale capace di sostenere la precedente occupazione. occorre una politica cautelativa in proposito. perché vi parlo di queste cose, onorevoli colleghi ? perché le ho vissute, e voi non potere trascurare un' esperienza vissuta. perché le ho vissute? perché è chiaro che quando abbiamo fatto la nazionalizzazione dell' energia elettrica e introdotto l' imposta cedolare abbiamo sopportato un costo, che si è manifestato in fatti congiunturali che dovevamo poter dominare. la caduta del mercato finanziario ampliata da una politica di allarmismo — perché naturalmente l' opposizione di destra ha trovato comodo dire che dalla nazionalizzazione dell' energia elettrica si sarebbe passati ad altre nazionalizzazioni — ha determinato fenomeni congiunturali sfavorevoli che noi calcolavamo di potere neutralizzare e contenere, perché altrimenti, nella nostra responsabilità, non ci saremmo messi a questa opera. ma è intervenuta la forte pressione salariale del secondo semestre 1962 e del 1963, e ai fatti congiunturali sfavorevoli, determinati dalle riforme di struttura, si è aggiunto un sovraccarico, che non ci ha più consentito di dominare la situazione congiunturale . ecco perché dopo le elezioni, in base alla esperienza vissuta, è stato detto: stiamo attenti. chi deve stare attento? se è vero che i sindacati e la classe lavoratrice hanno bisogno di un processo di sviluppo più equilibrato per avere un avvenire sicuro — ed è vero, ché altrimenti non chiederemmo le riforme di struttura — strategicamente dobbiamo fare in modo che si arrivi a queste riforme senza che la situazione congiunturale ci travolga. questo non è nell' interesse del Governo, che vuol dare preminenza al fatto congiunturale rispetto al fatto strutturale, ma è nell' interesse di coloro che vogliono le riforme, è nel preminente interesse di coloro che vogliono cambiare il processo di sviluppo , cioè non vogliono che il processo di sviluppo continui sulle linee precedenti; è nell' interesse della classe operaia . un problema difficile; lo si può risolvere, ma lo dobbiamo avere presente in tutti i suoi termini. ecco, secondo me, qual è la situazione vera che dobbiamo affrontare. esprimo, al riguardo, un concetto che può sembrare paradossale, rovesciando la posizione che il mio amico Santi e, talvolta, l' amico Riccardo Lombardi, presentano. essi dicono: fate le riforme di struttura e noi adegueremo l' azione sindacale al fatto che vi sono le riforme di struttura. in realtà è il contrario. si possono fare più agevolmente le riforme di struttura quando vi sia un punto fermo che, dal punto di vista congiunturale, le sostenga. d' altra parte, l' esperienza prova che noi abbiamo saputo iniziare le riforme di struttura e, direi, con qualche coraggio, onorevoli colleghi . ma quando la situazione è diventata debole? quando rispetto a queste riforme di struttura siamo rimasti scoperti dal punto di vista congiunturale. avevamo da neutralizzare la sfavorevole situazione congiunturale determinata dalle reazioni di destra, ma siamo diventati deboli quando l' azione sindacale non ci ha sorretto. ci siamo trovati in difficoltà. e le difficoltà del Governo attuale sono le stesse e, forse, assai più aggravate. il Governo attuale deve mandare avanti le riforme di struttura, deve affrontare la congiuntura, deve cercare di mantenere l' occupazione e il potere d'acquisto dei salari. non è un complesso di problemi facili, onorevoli colleghi . da questa premessa, appare chiaro il significato del mio appello ai sindacati. vi è, onorevoli colleghi , una strategia dell' azione di sinistra, vi è una strategia dell' azione riformatrice. noi non possiamo affrontare in maniera astratta questo problema della compatibilità delle riforme di struttura con l' andamento congiunturale. non possiamo fare una tesi di laurea sulle riforme di struttura e una tesi di laurea sulla congiuntura. dobbiamo risolvere parallelamente i due problemi. onorevoli colleghi , certa sinistra (intendo il partito comunista italiano e la Cgil) non ha mai accettato questo ragionamento, ma, in questa impostazione, ho con me un economista di sinistra, un serio economista, Claudio Napoleoni, il quale sulla Rivista trimestrale , che non è repubblicana, né socialdemocratica, né democristiana, ma, se non erro, molto vicina al partito comunista , scrive addirittura di una tregua salariale . e, se voi leggete il suo articolo, esso è motivato come io ho sempre motivato le mie tesi in questo lungo periodo. Claudio Napoleoni ha fatto affermazioni notevoli, e suggerirei agli onorevoli Lama e Foa di leggere la sua nota. ecco l' importanza che Claudio Napoleoni annette ai problemi di breve periodo: « occorre dunque cominciare a muoversi sul terreno proprio dell' azione di breve periodo per ripristinare condizioni che consentano lo svolgimento di una politica economica più di fondo. ora, sul terreno, appunto, immediato, non sembra che vi sia altro mezzo più potente per rimettere in movimento un meccanismo che si è palesemente inceppato all' infuori di una ricostituzione, presso le imprese, di sufficienti prospettive di profittabilità e di una eliminazione di ogni elemento di carattere deflazionistico mediante un mutamento deciso nella politica creditizia . l' una e l' altra condizione possono essere ottenute, a loro volta, soltanto a mezzo di una tregua salariale ... la tregua, dunque, come necessaria premessa ad un mutamento di congiuntura, che consenta quindi una svolta sostanziale nella politica economica del paese, non può che essere offerta, in sede politica, da chi rappresenta le classi lavoratrici » . che cosa ho detto di diverso ai sindacati? voi potete avere l' iniziativa di una politica che consenta di modificare il processo di sviluppo , che veramente incida sul processo di sviluppo e non potete dire che per una questione di politica a breve termine non vale la pena che voi assumiate una determinata posizione. ho chiesto, quindi, che, in ragione degli impegni strutturali e di una politica dei redditi che tocchi tutte le forme di reddito, i sindacati trattino della dinamica salariale non sul puro terreno rivendicativo, ma al tavolo della programmazione, anche per un periodo limitato alla fase di emergenza. d' altra parte, vi era una giustificazione razionale, che andava oltre il caso concreto della situazione congiunturale , per questa richiesta. stato affermato, da certa sinistra, che, se gli aumenti salariali del 1962-63 non si sono potuti sopportare, è stato a causa degli squilibri del sistema e delle strutture arretrate. e possiamo essere d' accordo. tuttavia sorge un' altra domanda. perché si sono chiesti quegli aumenti e non aumenti maggiori o minori, qual è il criterio che ha regolato l' azione sindacale in quella circostanza, è stato esso un criterio razionale? è stato un criterio estremamente empirico, e l' applicazione di esso può portare tutti a commettere errori: Governo, sindacati, forze politiche e parlamentari. gli errori hanno conseguenze gravi sul congegno delicato dell' economia moderna. una giustificazione a posteriori quella di dire che il paese poteva sopportare, con diverse strutture, lo scatto salariale del 1962-63. il paese poteva sopportare questo ed un livello salariale più alto, ma quando avesse modificato le condizioni strutturali, non prima. ed il nostro impegno di fondo non è evidentemente l' equilibrio congiunturale, ma la modificazione del processo di sviluppo economico del paese, cioè la programmazione economica, rispettando, tuttavia, un equilibrio congiunturale continuo. il ragionamento ha una sua logica. e so che cosa si possa adesso contrapporre, quando si badi alla logica stessa della politica di programmazione. si può contrapporre soltanto un argomento, che è ripetuto molte volte nella relazione Barca: intendiamo tallonare il processo di sviluppo spontaneo. ma, con questa affermazione, voi dichiarate di accettare la logica d' una politica liberale, non d' una politica programmata. ad un certo punto voi rispecchiate, nell' atteggiamento dei sindacati, la stessa logica che guida la formazione del profitto. ma è questo il punto cui vogliamo pervenire, nel porre i problemi della politica di programmazione? evidentemente no. e, del resto, l' esperienza che cosa ci dice in proposito? onorevoli colleghi , gli Stati che si sono mantenuti su una posizione moderata si sono sempre salvati dall' inflazione e hanno sempre tutelato, prima o dopo, la stabilizzazione. ma con tutta l' autonomia che rivendicano, sono stati i sindacati, e per essi là classe lavoratrice , a farne le spese, perché quando la politica tradizionale determina un processo deflatorio o di perdita di potere di acquisto dei salari, che cosa può fare il sindacato? il sindacato ne subisce le conseguenze, non essendo riuscito mai ad imporre la permanenza della manodopera nelle fabbriche o la cessazione di un processo di deflazione. ho detto ai sindacati: stiamo attenti a non metterci nella condizione tragica di fare un anno la politica degli elevati salari e di subire, l' anno seguente, il licenziamento della manodopera a cui abbiamo aumentato il salario. noi dobbiamo essere sicuri, onorevole Lama, della continuità del processo di sviluppo del salario e dell' occupazione nel tempo. e da questo è venuta la mia osservazione all' onorevole Foa, circa il controllo del ciclo economico. qual è in sostanza la posizione di un sindacato rispetto al ciclo, ad un ciclo il cui controllo sia lasciato alla sola iniziativa del Governo e degli imprenditori? e perché questo complesso di inferiorità per cui i sindacati si rifiutano di controllare il ciclo? i sindacati operai ne dovrebbero subire le conseguenze negative, riservandosi soltanto di tallonarlo. e perché? ma qualsiasi organismo che viva in un regime democratico non si esprime in un solo modo. l' autonomia non si esprime soltanto con le agitazioni, ma si esprime anche al tavolo della programmazione. discutere delle scelte quando le scelte sono avvenute... ma l' autonomia in fabbrica c' è ed è bene vi sia; essa deve tuttavia esplicarsi in primo luogo intorno al tavolo della programmazione. sono due linee di difesa dei lavoratori, che rispondono allo sviluppo moderno della società economica. la fabbrica è uno dei luoghi di questa difesa, ma non il solo. vi ho posto un problema di questo genere. se poi volete rovesciare il sistema, questo allora è un fatto rivoluzionario e il discorso non mi riguarda più. nelle vostre revisioni critiche avete negato, però, di voler fare questo, e avete detto che volevate discutere nell' ambito del sistema, modificandolo. onorevole Barca, qui bisogna parlarsi chiaramente. voi, nel vostro processo revisionistico, accettate il sistema e volete modificarlo ulteriormente. questa è la vostra ultima posizione. e allora traete tutte le conseguenze da questa impostazione! se poi questa è una finta posizione, allora agite di conseguenza. e comunque il Governo di centrosinistra è in questa posizione: di voler modificare strutturalmente il sistema, ma non negarlo a priori . quando l' onorevole Moro ha posto il problema della legge urbanistica , o quando noi abbiamo posto il problema della nazionalizzazione dell' energia elettrica , abbiamo introdotto modificazioni al sistema: cioè noi vogliamo riequilibrare questo processo e svilupparlo diversamente, come avviene in tutte le società democratiche. si tratta di un fatto non ignoto alle economie moderne. se questo è il problema, dobbiamo risolverlo conseguentemente. altrimenti, ciò significa che non sappiamo trovare una politica che ci consenta il dominio del fatto congiunturale e strutturale insieme; cioè siamo incapaci di governare una situazione che comporta preoccupazioni congiunturali e strutturali. possiamo fare una confessione d' impotenza e di incapacità di questo genere? e non mi si dica che, chiamando i sindacati a collaborare direttamente ad una politica che implichi problemi congiunturali e strutturali insieme, introduciamo un fatto corporativo, poiché questa è un' obiezione da nulla. il fatto corporativo era dominato da una concezione autoritaria; quindi era un falso fatto di scontro di classi e di forze economiche. sapete bene che il fatto corporativo mascherava una soluzione autoritaria dei problemi. nel nostro caso si tratta, invece, del processo formativo d' una volontà in democrazia. e dobbiamo negare il valore di questo processo formativo, che è una delle caratteristiche della vita democratica ? questi problemi, che discutiamo in sede direi prevalentemente congiunturale, ce li troveremo tutti di fronte quando passeremo alla considerazione della politica di programmazione economica, quando ci troveremo di fronte al piano concreto. i problemi del piano sono immensi: prescindere da una politica dei redditi nel considerare la programmazione, o dire che la programmazione vuole prima le riforme di struttura e poi una politica dei redditi , significa operare una separazione che non ha ragion d' essere e non ha un valore concettuale. vi siete accorti, onorevoli colleghi , che questo problema del nesso inscindibile tra politica di redditi e programmazione sta venendo alla ribalta in tutti gli Stati in cui si fa politica di programmazione? sta venendo alla ribalta in Francia, per esempio, in quella Francia che si vantava di essere stato il primo paese ad introdurre la politica di programmazione economica. può darsi, ma vi ho fatto già questa eccezione: voi mettete nello stesso piano gollismo, democrazia e laburismo, e riconducete tutto ad una stessa posizione. non è possibile far questo. so benissimo che nel gollismo vi è un fatto autoritario che deforma la politica di programmazione economica. ma il centrosinistra non è un fatto autoritario. come fate ad assimilare la politica di pianificazione gollista alla politica di pianificazione che noi, con grande sforzo, cerchiamo di realizzare? non potete mettere assolutamente sullo stesso piano le due posizioni. il nostro è uno sforzo democratico per arrivare ad una politica di programmazione che risolva simultaneamente i due problemi: il congiunturale e lo strutturale. dobbiamo stare attenti, onorevoli colleghi , perché certamente la discussione sui rapporti fra congiuntura e struttura, fra politica dei redditi e programmazione, per elevatezza e per ricchezza di argomenti è molto interessante; noi siamo, però, uomini politici e dobbiamo stare attenti a non eludere la sostanza dei problemi. la complessità di questi problemi può infatti portare conseguenze politiche molto gravi. oserei dire che può portare al ritorno a posizioni del 1947-48. una società che, sia pure attraverso squilibri e difficoltà, ha cercato di risolvere i suoi problemi e di andare avanti, anche dal punto di vista politico, con la collaborazione del partito socialista alla politica di programmazione, rischia (se elude questi problemi o bizantineggia fino all' estremo) una frattura che potrebbe avere conseguenze assai gravi per l' avvenire della nostra vita politica e della stessa democrazia. stiamo attenti, perché vi sono forze in agguato. noi come centrosinistra siamo impegnati ad una grave responsabilità: di saper governare questo paese da una posizione di sinistra, di saper dominare il fatto economico, che è il fatto più complesso delle società moderne. questo è il nostro impegno! eludere i problemi ci può portare ad un insuccesso che lascerebbe tracce profonde nella vita del nostro paese e a cui non si potrebbe rimediare con troppa facilità. tracce che peserebbero su tutti e forse porterebbero tutti ad una posizione massimalistica. mentre questi anni sono serviti ad arricchire criticamente la vita democratica del nostro paese, stiamo attenti a non giocare troppo su fatti che impegnano l' avvenire economico di tutte le classi, anzitutto delle classi lavoratrici , stiamo attenti a non giocarci con troppa leggerezza un patrimonio faticosamente accumulato. spero che il mio breve discorso possa portarci a concrete conclusioni.