Ugo LA MALFA - Deputato Maggioranza
IV Legislatura - Assemblea n. 122 - seduta del 08-04-1964
Sulla politica estera
1964 - Governo I Segni - Legislatura n. 2 - Seduta n. 491
  • Attività legislativa

signor presidente , onorevoli colleghi , già questo dibattito dimostra come una determinazione delle responsabilità del mutamento di una congiuntura, così come ha tentato di fare la destra per molto tempo, una determinazione cioè che investa completamente la politica di centrosinistra, sia ormai fuori della realtà. basta il fatto, citato dall' onorevole Malagodi, che le autorità della Cee trattano il problema del mutamento della congiuntura nella sede propria della Comunità e con riferimento a tutti i paesi che fanno parte del mercato comune per togliere ogni validità alla campagna della destra. se la Comunità tratta il problema congiunturale con riferimento a tutti i paesi, evidentemente è avvenuta di recente in Europa qualcosa che non riguarda soltanto l' Italia e non investe quindi la politica di centrosinistra. ma dal discorso dell' onorevole, Malagodi si ricavano altri elementi per individuare le ragioni che hanno influito su questo mutamento della congiuntura con particolare riguardo all' Italia. quando, ad esempio, l' onorevole Malagodi parlava ieri del crescente deficit del bilancio dello Stato e delle accresciute passività degli enti locali e di una espansione del programma degli investimenti delle aziende pubbliche e private che, alla prova della congiuntura attuale, si possa dimostrare troppo spinta, l' onorevole Malagodi non si può riferire ad una fase della vita economica italiana interpretata dal centrosinistra, ma si riferisce ad una lunga fase di espansione della spesa pubblica , del programma degli investimenti pubblici e privati , che oggi si deve commisurare alla congiuntura modificata, così come avviene in tutti i paesi europei , dalla Svizzera alla Francia, all' Olanda. tutta la posizione polemica della destra, pertanto, rimane incentrata sull' affermazione, per quel che riguarda l' Italia, che il Governo di centrosinistra, col suo programma di riforme, ha tolto la fiducia agli operatori ed ai risparmiatori. ora, poiché secondo i colleghi della destra qualsiasi tipo di evoluzione della vita democratica italiana fa venir meno questa « fiducia » , è chiaro che una siffatta posizione pregiudiziale preclude alla condizione italiana qualsiasi sviluppo democratico in senso occidentale. nessun democratico può accettare una visione della vita economica italiana, in base alla quale, per conservare la fiducia degli operatori e dei risparmiatori, non bisogna assolutamente porsi il problema di alcuna riforma democratica o di struttura: dalla riforma tributaria a quella urbanistica, alla riforma delle strutture agrarie. ed è qui che nasce veramente un caso morale per la destra, perché — proprio su questo terreno specifico della fiducia o non fiducia — noi continuiamo a dire alle forze di destra che proprio esse, e proprio per opporsi alle riforme democratiche, hanno seminato questa sfiducia, solleticando un atteggiamento di certe classi imprenditoriali che evidentemente è molto lontano da quello proprio di una vita democratica moderna. è, perciò, in questo particolare campo che legittimamente il centrosinistra deve parlare di allarmismo e di seminagione di sfiducia a puro scopo politico. che questa sia la valutazione che differenzia nettamente il centrosinistra dalla destra è dimostrato dal fatto che un' accusa specifica a certo mondo imprenditoriale capitalistico non viene solo dalle forze della sinistra italiana, ma viene anche, per esempio, da settimanali come l' Economist e l' Observer dal quotidiano conservatore Times. questi organi di stampa, mentre guardano con acutezza ad alcuni altri aspetti della crisi economica italiana, hanno fissato la loro attenzione su certe resistenze ad una politica di riforme, resistenze condotte oltre i limiti del lecito e dell' ammissibile, giudicando severamente l' atteggiamento di determinati ceti al riguardo. osserverò, a questo proposito, che ieri l' onorevole Malagodi, volendo trovare un precedente al presente caso congiunturale italiano, ha ritenuto di doversi riferire al recente caso argentino. si tratta di una dichiarazione ben grave e significativa: l' assimilazione della presente situazione italiana al caso congiunturale argentino, se fosse esatta, investirebbe di un giudizio negativo tutto il mondo economico e sociale italiano; a tal punto da farci ritenere che come struttura di società, come rapporti fra le classi, come condizioni generali l' Italia si possa assimilare all' Argentina. io spero che, quale che sia l' ordine dei nostri dissidi e delle nostre divergenze, l' Italia non sia al punto da doversi assimilare, per quel che riguarda i suoi problemi di sviluppo economico e di riforme e i rapporti tra le classi sociali, a un paese rispettabile, ma di tradizioni ben diverse, com' è l' Argentina. comunque, onorevoli colleghi , noi dobbiamo prendere atto di questa posizione della destra, che è uno degli elementi della situazione. la destra interpreta i problemi della nostra congiuntura e del nostro sviluppo economico nei termini accennati e con una particolare coscienza civica, un dato della situazione dal quale il Governo di centrosinistra non può prescindere. ma a me pare che, così delineata, configurata e caratterizzata la posizione della destra, il grave problema di un esame approfondito della congiuntura e della politica di riforme sorge nell' ambito delle forze di centrosinistra, oserei dire nell' ambito della sinistra tutta intera. il grave problema, secondo me, va esaminato in tutti i suoi dati e nei vari momenti. in effetti il programma di centrosinistra fu individuato in un periodo di espansione economica. l' onorevole Malagodi ci ha detto ieri che il cosiddetto surriscaldamento congiunturale si manifestò anche precedentemente all' esperienza di centrosinistra, ed è questa un' altra ammissione che certi fenomeni degenerativi non si possono affatto attribuire alla nuova esperienza. ma noi dobbiamo tranquillamente dire che il programma di centrosinistra, che ha anche interessato e molto il partito comunista , onorevole Amendola, è nato nella fase perdurante di espansione economica e quindi presupponeva quella situazione. per quanto alcuni di noi in questa Camera, nel 1956 e nel 1957, come ha ricordato l' onorevole Riccardo Lombardi alla televisione, avessero previsto i pericoli di una fine del boom economico in condizioni di grave squilibrio, quando abbiamo delineato la politica di centrosinistra e stabiliti i punti programmatici, non pensavamo a una fine immediata del processo di espansione. naturalmente il periodo di espansione economica su cui veniva fondata la politica di centrosinistra ha operato come elemento coesivo delle forze che aspiravano a quella svolta politica, come sempre avviene quando un' azione programmatica e soprattutto riformatrice si collega ad una situazione congiunturale favorevole che evidentemente la rende più facile. se vogliamo stabilire il momento del massimo di coesione fra le forze politiche ed economiche che aspiravano alla politica di centrosinistra, credo che possiamo anche fissare la data o il momento di questa maggiore coesione. fu appunto in quella primavera del 1962 quando, con la presentazione della Nota aggiuntiva e con l' esame critico di tutto il processo di sviluppo economico, il Parlamento riuscì ad esprimere, attraverso una discussione fra le più elevate e le più tecnicamente ricche che siano mai state fatte in questi anni, una volontà comune di rinnovamento democratico del paese che si centrasse sulla politica di programmazione economica. quello fu il punto più alto che noi raggiungemmo nel delineare la politica di centrosinistra e nel caratterizzare lo sforzo per correggere il processo di sviluppo economico, prima che una congiuntura sfavorevole lo colpisse. noi possiamo partire da quel momento, onorevole Amendola, per individuare le fasi di modificazione della situazione economica e correlativamente di minore coesione delle forze che gravitano intorno al centrosinistra. al riguardo l' onorevole Amendola ha ritenuto però di rilevare che, se la modificazione della situazione congiunturale si era manifestata già alla fine del 1962, era doveroso non nascondere ciò, mentre, secondo mie stesse dichiarazioni posteriori, io avrei tenuto nascosto questo fatto nuovo; e pour cause l' avrei tenuto nascosto al partito socialista . coloro che così giudicano in base alla mia nota affermazione, qui citata dall' onorevole Amendola, hanno evidentemente conosciuto il mio scritto soltanto attraverso il commento travisatore della destra. vi ringrazio. sarebbero pur sempre due lettori intelligenti e ciò mi appagherebbe. in quell' articolo, onorevole Amendola, fu detta un' altra cosa. esso si riferiva al momento della costituzione del primo Governo Fanfani e non poteva quindi affatto accennare alla situazione economica dopo le dimissioni di quel Governo. in quell' articolo era da me detto che la condizione amministrativa in cui si trovava lo Stato all' atto della costituzione del primo Governo di centrosinistra, dal punto di vista del suo funzionamento, era peggiore di quel che non s' immaginasse dall' esterno e che, qualora avessi dovuto rendere nota questa constatazione di debolezza strutturale, la dovevo semmai far nota al partito socialista e non alla destra, che ne era responsabile. in quella constatazione, non entrava per nulla il problema della situazione congiunturale . vi era un apprezzamento della situazione organica dello Stato, che è tutt' altra cosa, che poteva essere uno dei dati da esaminare, ma non era il dato fondamentale. è tanto vero che si tratta di due cose diverse, onorevole Amendola, che dopo le elezioni e all' atto delle dimissioni del primo Governo di centrosinistra, ho personalmente avvertito gli onorevoli Nenni e Moro che la situazione economica si andava facendo estremamente delicata e che, nel trattare il programma del nuovo Governo, si sarebbe dovuto tener conto di tale dato di fatto . questa è un' altra questione, la situazione è stata esaminata al momento della prima discussione parlamentare. il Governo Fanfani era dimissionario. vi erano trattative in corso per la costituzione di un nuovo Governo. in questa sede la situazione economica doveva necessariamente formare oggetto di esame. ho ritenuto mio dovere di informare i segretari dei due maggiori partiti delle mie constatazioni e valutazioni al riguardo. del resto, sempre dal giugno 1963 in poi, la situazione congiunturale ha costituito oggetto di esame nelle trattative fra i partiti e nel corso della discussione parlamentare. lo stesso onorevole Lombardi conosceva benissimo la situazione. coloro che hanno redatto il programma economico del partito socialista facevano parte della commissione nazionale per la programmazione economica. comunque, le mie sono state due constatazioni diverse, fatte in tempi diversi: una riguardante la struttura amministrativa dello Stato, l' altra riguardante la situazione economica generale. in quanto alla situazione che si andava prospettando nel secondo semestre del 1962, l' onorevole Amendola ricorderà che il Governo Fanfani cominciò a prendere provvedimenti anticongiunturali con l' allargamento delle importazioni allo scopo di calmierare i prezzi, condusse cioè la prima operazione diretta ad arginare uno sviluppo inflazionistico. ma l' allargamento delle importazioni determinò conseguenze negative sulla bilancia dei pagamenti alcuni mesi dopo, quando il Governo Fanfani non era più in carica . questi sono gli sviluppi che la situazione ebbe nel tempo durante e subito dopo il Governo Fanfani. comunque, e lasciando da parte l' esame retrospettivo, qual è il problema che si è posto oggi nell' ambito delle forze di centrosinistra? quello di collocare la politica di centrosinistra nel quadro della congiuntura sfavorevole nel frattempo intervenuta. è inutile girare intorno a questo problema. il centrosinistra ha costruito, ripeto, le sue posizioni programmatiche sulla base di una congiuntura favorevole e dello sviluppo del boom. il centrosinistra si è trovato con la costituzione del Governo Moro, e si trova oggi, a dover definire le linee programmatiche della sua politica in una congiuntura sfavorevole. e qual è il problema, onorevole Amendola, che io ho ritenuto di dover porre anche sulla base di un' esperienza personale? quello del rapporto tra situazione congiunturale e riforme di struttura. si può negare che per la politica economica del centrosinistra esista un problema di questo genere, cioè possiamo negare che vi sia diversità di condizione fra la politica economica di centrosinistra in congiuntura favorevole o in congiuntura avversa? se neghiamo che questo problema esista, noi trattiamo il problema della nostra politica economica per approssimazione. ho citato in proposito la mia esperienza personale, che ritengo debba esser messa a disposizione delle forze politiche che discutono di così gravi problemi. si è parlato in proposito di autocritica, e ne ha accennato anche l' onorevole Amendola. ma non si tratta affatto di autocritica, di cambiamento di opinioni, di spostamento di posizioni, come si sussurra o si dice; si tratta semplicemente di messa a disposizione di una esperienza, che faciliti il compito di una discussione democratica. noi abbiamo fatto, con il Governo Fanfani, la nazionalizzazione dell' industria elettrica e l' imposta cedolare sul dato di fatto di una congiuntura favorevole, quindi con la convinzione, da uomini responsabili, che la congiuntura avrebbe potuto sostenere il costo immediato di quelle riforme. perché, altra cosa che ci dobbiamo dire tranquillamente, senza girarci attorno, è che le riforme di struttura, in un sistema di libero mercato, hanno un costo immediato e un rendimento futuro. non desidero che l' onorevole Pajetta accetti questa affermazione; ma consenta almeno la discussione: mi dirà a suo tempo gli argomenti in base ai quali ritiene che le riforme di struttura non abbiano un costo immediato. qual è stato il costo immediato della nazionalizzazione? una certa reazione degli interessi, che si è riflessa sull' andamento del mercato finanziario . non possiamo negarlo perché, onorevole Pajetta, non agiamo in una condizione di mercato vincolato, bensì di mercato libero, e determinate reazioni le possiamo neutralizzare, non impedire del tutto. il fondamento di quella riforma è stato la possibilità di inserire la riforma stessa in una situazione che avrebbe determinato, sì, delle reazioni, ma ci avrebbe consentito di neutralizzarle senza arrestare il processo di sviluppo . so bene che con quelle riforme correggiamo il processo di sviluppo , ma abbiamo bisogno di tempo e di margini per operare tale necessaria correzione. una riforma di struttura si considera tale proprio perché agisce nel tempo, se no equivarrebbe al sorbimento di una semplice tazza di caffè. l' altro rilievo che è venuto fuori da quella esperienza è che nel corso di quelle riforme di struttura, che la congiuntura poteva sopportare, vi è stata una spinta salariale non debole, che ha contribuito a mortificare la situazione congiunturale . in proposito, è giusto quello che è stato detto da molti colleghi della sinistra, che quella spinta salariale, considerata nel corso di un ciclo decennale, non ha superato l' aumento della produttività. ma, onorevoli colleghi , vorrei richiamarmi all' argomento che ho usato alla televisione nei confronti dell' onorevole Foa, quando ho detto che la politica salariale deve tallonare la produttività. l' onorevole Amendola obietta che altre erano le condizioni politiche prima del 1962-63. non è esatto, onorevole Amendola, perché se è vero che il sindacato ha una politica rivendicativa autonoma, in qualunque momento politico esso può esercitare la sua azione puramente rivendicativa e salariale. se il livello salariale, per le più varie ragioni, non ha potuto seguire l' andamento della produttività, ha determinato una distorsione del processo di sviluppo , che non si può correggere da un momento all' altro. questo è un altro dei dati che servono a convalidare la mia fondamentale convinzione: che la partecipazione dei sindacati ad una politica di programmazione è uno degli elementi che impediscono la distorsione del processo di sviluppo . non dobbiamo credere che la distorsione del processo di sviluppo sia data soltanto da certa utilizzazione del profitto; essa può essere provocata anche dagli sfasamenti dell' azione sindacale. a questo problema si riferisce la mia ormai lunga polemica nei riguardi della concezione del sindacato come forza autonoma rivendicativa e della concezione del sindacato come elemento partecipante al processo di sviluppo economico e di programmazione. credo che un argomento di questo genere voglia un ulteriore vasto approfondimento nell' ambito delle forze di sinistra. vi è, d' altra parte, una seconda considerazione che dobbiamo fare, onorevole Pajetta. nessuno più di me sa quali sono le conseguenze di uno sviluppo squilibrato, ma, purtroppo (questo è il regime in cui noi viviamo e dobbiamo correggerlo come possiamo), certi tipi di distorsione influiscono immediatamente sul salario e sull' occupazione operaia, cioè certe politiche possono incidere immediatamente sulla situazione salariale e sulla occupazione operaia. è questo il punto più sensibile della situazione. noi dobbiamo cercare di correggere un sistema squilibrato, ma dobbiamo stare attenti a che la condizione in cui opera il mercato non determini reazioni che possano colpire l' occupazione globale dei lavoratori. è, una condizione dalla quale non possiamo prescindere e alla quale dobbiamo prestare estrema attenzione. dove nasce oggi il dissidio nell' ambito delle forze di centrosinistra? nasce nella valutazione di tutti questi problemi. in sostanza, che cosa suggerisce la destra? suggerisce di non fare le riforme e di ristabilire con un po' di misure anticongiunturali il vecchio processo di sviluppo e la ripresa dell' occupazione operaia. qual è invece la posizione nostra? credo che non vi sia un uomo di centrosinistra che voglia sostenere la correzione del processo di sviluppo passando attraverso un livello di disoccupazione più accentuato. vi è un uomo fra noi che voglia sostener questo? no. evidentemente nessuno di noi si vuole assumere la responsabilità di correggere un processo di sviluppo che costi cinque anni di maggiore disoccupazione alla nostra classe operaia . ecco perché il problema comporta un profondo esame da parte nostra. in certo senso la destra presenta lo schema più semplice possibile e dobbiamo stare attenti che questo schema non finisca con il far presa anche fra gli operai. vi è una cosa che mi allarma e mi angoscia da qualche tempo, il pericolo che l' operaio creda che la realizzazione di un certo tipo di politica di centrosinistra sia determinante del processo di disoccupazione e non avverta la complessità della nostra azione. l' occupazione operaia deve essere un punto fermo della nostra politica. io non ho mai detto, onorevole Amendola, che noi dobbiamo sospendere le riforme (non avremmo altrimenti, noi repubblicani, accettato il programma del nuovo Governo), dico soltanto che dobbiamo fare le riforme in una situazione congiunturale che mantenga ferma l' occupazione operaia e chieda alle forze di centrosinistra, e quindi ai sindacati, lo sforzo necessario a mantenere ferma l' occupazione operaia. se noi facciamo le riforme in modo che prenda seriamente corpo la minaccia di un processo di recessione, di disoccupazione operaia, evidentemente facciamo una politica che la classe operaia , che i lavoratori potranno rimproverarci. dobbiamo perciò avere un punto fermo , quello dell' occupazione operaia. è un punto fermo anche del partito comunista , il quale è venuto qui (come ieri ha fatto anche l' onorevole Malagodi) a dirci: si minaccia la disoccupazione e voi siete responsabili di tale minaccia. l' occupazione diventa quindi l' elemento prioritario, che non condiziona le riforme, ma che rende necessario creare le condizioni che rendano compatibile l' occupazione con le riforme: ed ecco la necessità di provvedere subito al risanamento congiunturale. non vi è qui un solo deputato che non avverta questa imprescindibile esigenza. probabilmente se il centrosinistra fosse nato un anno dopo, avrebbe ereditato una situazione che altri aveva portato a squilibri e a conseguenze sfavorevoli. purtroppo siamo capitati nel mezzo della modificazione del ciclo. qual è la maniera per garantire la soluzione del doppio problema delle riforme di struttura e del mantenimento dell' occupazione? consiste, come ho testé detto, nel ripristinare il più rapidamente possibile la situazione congiunturale , perché solo se noi ripristiniamo la situazione congiunturale e quindi manteniamo il livello operaio, possiamo contemporaneamente procedere alle riforme. questo è uno dei più gravi problemi che debba affrontare il centrosinistra in congiuntura sfavorevole. non si tratta di una mia invenzione; ma di una constatazione obiettiva. il fatto nuovo di oggi è questo ed è il tormento del centrosinistra. mantenimento dell' occupazione e riforme. ha una posizione giusta il partito comunista e l' ha giusta il partito socialista di unità proletaria rispetto a questo problema? a me pare di no, poiché le due forze politiche , per dare rilievo alla loro politica di opposizione, spingono esclusivamente sulle riforme di struttura, che hanno costi immediati, ed accentuano quindi il pericolo di disoccupazione, quando poi al tempo stesso la disoccupazione essi vogliono combattere, e scarsi apporti danno in materia congiunturale. onorevole Amendola, ho letto con estrema attenzione tutte le rivendicazioni avanzate in sede di politica economica dal partito comunista . la destra dice: sbarazziamoci delle riforme e risaniamo la congiuntura. il partito comunista accenna al tentativo di riformare il sistema. non entro nelle prospettive finali, ma evidentemente, in un sistema di economia aperta, l' accentuazione delle riforme di struttura oltre certi limiti determina il fatto della disoccupazione. onorevole Amendola, sono due fatti diversi. non sarei un uomo del centrosinistra se non vedessi la conciliabilità tra un' azione di risanamento congiunturale ed una contemporanea azione di riforme, ma si tratta di stabilire i limiti concreti delle due contemporanee azioni. evidentemente se io mi avvio verso una situazione congiunturale forte, spingerò il processo di riforme; ma se il processo di riforme viene spinto oltre certi limiti e sono trascurate le misure congiunturali, avremo inevitabilmente le conseguenze che ho detto. vi è un equilibrio tra congiuntura e riforma, onorevole Pajetta. io non ho mai detto che non dobbiamo fare le riforme; ho detto che, se spingeremo questo processo oltre un certo limite, avremo fatalmente una disoccupazione crescente e permanente. onorevole Amendola, Roosevelt venne dopo un stato di crisi ed affrontò insieme i due problemi. quando voi parlate di riforma agraria generale, proponete una cosa che per il solo annunzio accentuerebbe immediatamente il processo di disoccupazione. onorevole Amendola, forse ella non mi ha compreso. o voi ammettete che vi è una parte del mercato libero che reagisce, o voi non lo ammettete. ma voi lo ammettete, tanto è vero che vi preoccupate delle piccole e medie aziende . è evidente allora che questa reazione dobbiamo tenerla presente. ora, perché la politica di centrosinistra, in una congiuntura sfavorevole, abbia il suo risultato, bisogna forzare il risanamento congiunturale e non affollare il programma di troppe riforme. se andiamo oltre certi limiti, possiamo avere molte riforme e molta disoccupazione. ma andiamo, a quest' ultimo proposito, e ai fini del risanamento congiunturale, alla sostanza del problema che è, a mio giudizio, la sostanza della politica di programmazione. io non ho mai detto che bisogna bloccare i salari. perché, onorevole Amendola, mi fate dire cose che non ho mai detto e perché continuamente falsate il pensiero altrui? che ragioni avete di farlo? nessuna ragione! sarà una ragione propagandistica, ma non capisco perché dobbiamo servirci di questi che io considero un po' strumenti vili. avete continuamente falsificato il mio pensiero! mi potete attaccare per quel che dico, ma perché mi volete attaccare facendomi dire quello che non ho detto? non lo capisco e non so a chi giovi. sto facendo, mi pare, un discorso estremamente sereno. ma non capisco perché fuori di qui dovete sostenere che io dico altre cose. bisogna prendere le idee per quelle che sono, non per quelle che vi pare di capire. noi non possiamo fare una politica salariale per cui nel 1962-63 diamo agli operai l' impressione che possano aspirare ad un alto salario e nel 1964 diamo l' impressione che si marci verso la disoccupazione. non possiamo fare una politica di tal genere. v' è un errore che dipende dalle condizioni generali, si marci verso la disoccupazione. non possiamo portare la classe lavoratrice a questa situazione di doccia scozzese : alti salari in un anno e licenziamenti in un altro. evidentemente, se vogliamo passare da una politica di libero mercato ad una politica di programmazione, è, appunto, per correggere la possibilità di tale errore. è evidente che con questo non ho inteso fare un processo ai sindacati, ma ho voluto semplicemente dire che l' accertamento delle situazioni di sviluppo economico e di reddito attraverso il giuoco empirico della contrattazione può portare a tale errore: per nove anni teniamo i salari al di sotto dell' aumento della produttività, ciò che determina una distorsione, e nel giro di un anno recuperiamo terreno e determiniamo un' altra distorsione. la programmazione ha valore anche nel campo salariale per questo: perché è un elemento continuo di correzione equilibrata del processo di sviluppo . la mia proposta aveva questo significato. nei paesi in cui si è sperimentata la programmazione, si è visto che ad un certo punto essa diventa un fatto astratto, poiché non si accentra sulla politica dei redditi , che è il punto nodale della programmazione: ma non già sulla politica dei redditi (come dite voi) intesa come blocco salariale, bensì sulla politica dei redditi nelle sue varie manifestazioni: interesse, capitale, profitto, remunerazione delle dirigenze e salari, a questo punto che la programmazione diventa veramente un fatto concreto. e si capisce perché: attraverso l' esame dei problemi della produzione e della distribuzione del reddito, il grande fatto della programmazione si completa in tutti i suoi aspetti. quando censuriamo questi provvedimenti anticongiunturali del Governo, che sono di tipo classico e tradizionale, quando censuriamo la politica di restrizione creditizia, non ci accorgiamo che il Governo deve prendere i fenomeni della congiuntura nella fase finale; non è attualmente in condizione di prenderli nella fase originaria, che è la fase della formazione e distribuzione del reddito, perché non gli consentiamo di fare una politica dei redditi . non possiamo quindi accusare il Governo di prendere questi provvedimenti anticongiunturali quando il Governo, rispetto alle forze economiche, non ha che questi mezzi tradizionali, suggeriti per altro dalla comunità economica europea. ma la Cee comincia anch' essa a parlare di politica dei redditi . non si può dire: non vogliamo le restrizioni creditizie, non vogliamo che si colpisca l' industria automobilistica nella fase finale; e poi negare, nel contempo, una politica dei redditi . la politica dei redditi è un progresso rispetto alle misure congiunturali di vecchio stile e si inserisce nella programmazione. voi la considerate un passo indietro, ma è un passo avanti perché colpisce i fenomeni della congiuntura alla radice invece che nella fase finale. e non potete perciò condannare un Governo cui si toglie la possibilità di una manovra alla radice del reddito, costringendolo a colpire nella fase finale dei consumi. cosa deve fare il Governo per correggere la congiuntura? è impegnato in alcune riforme strutturali e bisogna fare il massimo per consentirgli di correggere la congiuntura, dalla considerazione di questa necessità in cui si trova il Governo, che è derivato il mio appello ai sindacati. per me i sindacati sono i protagonisti della politica economica nella sua fase determinante. quando voi parlate di autonomia rivendicativa dei sindacati, mettete i sindacati in una posizione subordinata, per quel che riguarda il processo capitalistico, non in una posizione dirigente. il processo di formazione della politica economica è comandato infatti dalle forze che voi combattete e che voi pungolate con la politica rivendicativa. quando i sindacati hanno paura di affrontare questa situazione e di porsi al centro della programmazione, cessano di essere un elemento della programmazione stessa. onorevole Amendola, si accusa il Governo di non avere la collaborazione delle forze vive , delle forze economiche. ma sono queste forze che si sottraggono alla responsabilità di partecipare alla formazione della politica economica , non è il Governo che le respinge. se non arriviamo ad un tale tipo di programmazione economica, questa non potrà che fallire. ma proprio la forza più debole, quella sindacale deve sottrarsi all' opportunità di partecipare alla politica di programmazione economica? e perché? noi possiamo già valutare le conseguenze di questo errore. vediamo cosa è avvenuto in campo sindacale. le tre confederazioni hanno partecipato al processo di programmazione economica, non al solo titolo di esperti, ma come forze fondamentali nella determinazione della programmazione. io stesso le ho volute nella commissione di programmazione e con questo fine. ma, ad un certo punto, l' unità si è rotta sul terreno degli statali, che è un terreno falso. voi della Cgil avete commesso un grave errore partendo dalle rivendicazioni degli statali, perché gli statali non sono minacciati dal processo recessivo, mentre i lavoratori privati lo sono. quindi, quanto alla politica programmata, voi avete scelto il peggiore punto di partenza . io non so, onorevoli colleghi della Cgil, che cosa voi raccontiate agli operai; ma non potete certo dir loro che una forza di lavoro la quale ha sicurezza di occupazione abbia un diritto di priorità nelle agitazioni rispetto ad altre il cui lavoro, come voi ben sapete, è invece minacciato. su questo terreno è avvenuta la rottura della quale, colleghi della Cgil, certamente non mi compiaccio; attraverso di essa, infatti, voi avete indebolito la posizione del sindacato, al quale riconosco il diritto di esser protagonista del processo di programmazione. l' onorevole Foa l' altro ieri e l' onorevole Valori ieri sono giunti ad ammissioni che, a mio giudizio, danno ragione alle tesi da me sostenute. essi hanno affermato che di fatto si delinea oggi, in Italia, una politica dei redditi , e cioè nelle fabbriche si fa una politica dei redditi che si identifica con una politica dei salari. ebbene, voi avete condotto così bene la battaglia che vi fate imporre la politica dei salari nelle fabbriche, non intorno al tavolo della programmazione, dove avreste potuto far valere la politica dei redditi . questo è il risultato della libera contrattazione. non lo dico perché mi fa piacere, ma è certo che l' azione condotta dalla Cgil ha indebolito la forza del sindacato. non è un tentativo, ma una realtà, perché nelle fabbriche minacciano licenziamenti. non è vero! d' altra parte se si rivendica l' autonomia sindacale come punto di forza , non ci si può lamentare della presunta carenza di interventi del Governo. se vi sentite forti sul terreno della libera contrattazione, colleghi della Cgil, servitevi di questa forza. la verità è che il sindacato ha avuto ed ha una grande occasione per inserirsi come elemento direttivo nella programmazione, e per partecipare alle discussioni sulla politica degli investimenti. è su questo terreno che si può dirigere anche la politica creditizia . quando l' onorevole Giorgio Amendola sostiene l' esigenza di una selezione del credito dà una indicazione giusta (e so che il Governo sta studiando il problema); ma si tratta già di un momento successivo rispetto alla politica dei redditi , perché la prima scelta da fare è quella di una giusta destinazione dei redditi, non quella della selezione degli investimenti. nel momento in cui il sindacato si mostra fiero della sua libera determinazione rispetto alla programmazione, dà alla controparte il diritto di essere egualmente autonoma. non si può affermare che la libera contrattazione garantisce il sindacato e invocare, nello stesso tempo, l' intervento dello Stato nei confronti della controparte, la quale si ritiene egualmente sciolta da vincoli. e non si può fare tale affermazione quando si constata che in effetti la libera contrattazione non garantisce a sufficienza i lavoratori! la vera garanzia sta in una programmazione che lo Stato non può e non deve fare al di fuori delle grandi forze dell' economia. altrimenti al Governo non rimane che servirsi delle armi classiche: del controllo del credito e della selezione degli investimenti, senza avere in contraddittorio, come partecipi della programmazione, le grandi forze economiche del paese. proprio voi, colleghi sindacalisti, avete scelto il terreno tradizionale della lotta, quello della libera determinazione, un terreno che non ha nulla a che fare con la programmazione. ora, se è la libera determinazione del mercato che deve guidare l' azione delle forze economiche, che cosa è mai la programmazione? su questo terreno il sindacato ha indebolito il Governo, costringendolo a misure sussidiarie e sostitutive. non voglio in alcun modo togliere la libera iniziativa al sindacato: essa esiste come un momento successivo alla programmazione. ma intorno al tavolo della programmazione, si tratta di tutto: si tratta dei redditi e si tratta degli investimenti e, quindi, intorno a quel tavolo tutte le forze si autolimitano. se voi accettate di programmare la politica dei salari, le altre forze, lo Stato non possono rifiutarsi di programmare in altri campi di attività economica. se voi rifiutate di programmare la politica salariale , create la condizione per cui niente sia programmato. evidentemente la programmazione è un passaggio da un sistema di libera contrattazione a un sistema diverso almeno per quel che riguarda la visione globale dei problemi dello sviluppo economico . se vi è una forza economica che deve volere questo passaggio, non è quella degli imprenditori, ma è la forza operaia. ho constatato purtroppo in questi mesi, la menomazione della forza sindacale per non avere avuto il coraggio i sindacati di assumere una responsabilità di fronte al paese che avrebbe dato grande prestigio e forza alla politica di centrosinistra. l' accettazione della politica dei redditi avrebbe dimostrato che le forze del lavoro sono capaci di guidare la politica del paese in un momento di congiuntura sfavorevole e non difendersi come possono, sul terreno della libera contrattazione, dalle conseguenze di una situazione in cui, disgraziatamente, gli operai non sono forti. queste sono state le ragioni che mi hanno mosso a dare una nuova impostazione al problema salariale e della programmazione. può essere discussa, ma vorrei che lo fosse su questa base di serie considerazioni, non dicendo che io mi sono spostato dalle posizioni che avevo, o che nutro timori. ho dimostrato, di fronte alla responsabilità di attuare importanti riforme di struttura, di non averne: se si deve fare qualche riforma decisiva, sono pronto a dare la mia collaborazione. comunque, di fronte ai provvedimenti del Governo che cosa possiamo dire? sono la sola cosa che il Governo può fare per cercare di dominare la congiuntura. non diamo alternative alla politica del credito, alla politica della limitazione dei consumi, alla politica del controllo degli investimenti dove è possibile farla: non diamo un' alternativa globale e ci ritroveremo di fronte queste lacune, fra qualche mese, quando discuteremo del programma. ci troveremo cioè di fronte i punti vuoti di questa situazione, la cui responsabilità è ingiusto far risalire ad un Governo che fa il massimo sforzo per conciliare problemi che noi presentiamo inconciliabili e contraddittori. noi parliamo, infatti, di piena occupazione e di un cumulo di riforme di struttura non adeguate al mantenimento dell' occupazione, noi parliamo di salvare la congiuntura e non vogliamo sfiorare nemmeno la politica dei redditi . evidentemente tutto è possibile dire, ma non bisogna dimenticare che i fenomeni economici hanno limiti quantitativi e qualitativi. questa è la condizione in base alla quale noi approviamo le misure anticongiunturali sottoposte al nostro esame e approveremo anche altre di questo tipo, attendendo che una rimeditazione ed una diversa valutazione dei problemi consenta al Governo di entrare nel pieno di una politica democratica di programmazione economica, che oggi non può che essere una politica razionale dei redditi.