Palmiro TOGLIATTI - Deputato Opposizione
III Legislatura - Assemblea n. 87 - seduta del 06-12-1958
Abrogazione dei commi secondo e terzo dell'articolo 68 della Costituzione, in materia di autorizzazione a procedere nei confronti di parlamentari
1958 - Governo I Amato - Legislatura n. 11 - Seduta n. 24
  • Comunicazioni del governo

ella mi vorrà permettere, signor presidente , e anche voi, onorevoli colleghi , credo dovreste essere concordi con me, di rilevare, prima di tutto, la stranezza della procedura che stiamo seguendo e, in parte, anche della discussione alla quale tutti prendiamo parte. la Camera ha emesso nella seduta di giovedì un voto, al quale nessuno potrà negare un evidente e chiaro significato politico. anzi, occorre aggiungere che nella seduta di avant' ieri due voti sono stati emessi: un primo voto con il quale è stata respinta la proposta del Governo di mantenere una certa imposta sulla benzina; e un secondo voto con il quale è stata approvata la legge nella forma emendata. tanto il primo, quanto il secondo voto sono stati dati da una maggioranza proveniente da tutti i gruppi della Camera, ma che escludeva i due partiti che sostengono il Governo, fatta eccezione di una loro piccola frangia che è difficile individuare. questi voti, però, hanno fatto seguito ad un altro, anzi ad altri episodi parlamentari di analogo contenuto e di analogo rilievo. la Camera ha respinto la tassazione sui motori a gas liquido, rifiutandosi di ratificare il decreto legge che in proposito era stato presentato dal Governo. il Senato ha trasformato totalmente, nei suoi principi fondamentali, il decreto legge presentato dal Governo per la nuova organizzazione dei mercati. sempre alla Camera, discutendosi delle misure imposte dal diffondersi di una epidemia poliomelitica, si è verificata una sostanziale confluenza della maggioranza e dei partiti dell' opposizione nel rivendicare determinate misure. noi siamo lieti che questa confluenza vi sia stata: l' abbiamo salutata allora ed ora rinnoviamo il nostro sodisfacimento. però, non possiamo fare a meno di rilevare che questa confluenza ebbe luogo su posizioni che modificano profondamente le primitive posizioni prese dal ministro della Sanità . tutti questi episodi hanno avuto luogo, ripeto, per la confluenza di voti provenienti dalle diverse parti della Camera e per l' adesione a questo blocco di una parte dei voti del partito della Democrazia Cristiana , nel segreto dell' urna. negare un valore politico a questi fatti non è possibile. se sono esatte le voci che corrono, lo stesso presidente del Consiglio , onorevole Fanfani, immediatamente dopo aver conosciuto l' esito dei due voti della seduta di giovedì, lo avrebbe riconosciuto, proponendo che il Governo immediatamente si presentasse al presidente della Repubblica dimissionario. ritengo che questa era la sola azione costituzionalmente corretta, non già perché la nostra Costituzione imponga le dimissioni del Governo ad ogni voto che respinga una proposta del Governo stesso, ma per la situazione che si era creata. soprattutto poi perché una simile decisione inseriva nel processo di controllo dei rapporti tra il potere esecutivo e il potere legislativo , tra il Governo che sta davanti a noi e le assemblee parlamentari, l' autorità che dalla Costituzione è preveduta e proclamata tutrice della correttezza costituzionale di questi rapporti e di tutto quel delicato campo che concerne l' esame della situazione politica risultante dai voti espressi dal Parlamento. non vi è dubbio che il presidente della Repubblica avrebbe potuto rinviare il Governo alle Camere nella stessa composizione precedente. in questo caso si sarebbe aperto un dibattito politico pienamente giustificato ed avremmo avuto davanti a noi una situazione costituzionalmente corretta, che si sarebbe conclusa con la richiesta del voto di fiducia . sopra questa base, è fuori dubbio che i rapporti fra l' Assemblea parlamentare e il Governo si sarebbero chiariti. che cosa è avvenuto invece? in un primo momento si è ricorsi alla proposta di una mozione di fiducia , strumento non previsto dalla Costituzione e giustamente ritenuto inammissibile dalla maggioranza dei gruppi di questa Assemblea. in un secondo momento, caduta quella inaccettabile proposta, si adottò un secondo espediente, quello delle cosiddette dichiarazioni del Governo o, su cui oggi stiamo discutendo. la mia opinione, signor presidente , è che anche questo secondo espediente sia costituzionalmente non corretto e riveli soltanto il profondo imbarazzo in cui si è trovato il presidente stesso di seguire i binari fissati dalla Costituzione per i rapporti con gli altri poteri dello Stato. vero è — mi si obietterà — che il Governo ha sempre la facoltà, riconosciutagli dallo stesso regolamento della Camera, di fare dichiarazioni e vero è che su qualsiasi dichiarazione del Governo si può aprire un dibattito. ma in effetti, onorevoli colleghi , che cosa vi è nelle dichiarazioni che il Governo ci ha fatto? anzi, si può dire che le parole rivolteci dall' onorevole Fanfani siano state una vera dichiarazione di Governo? ho letto e riletto queste parole con attenzione e sono venuto alla conclusione che in esse vi è assai poco o quasi nulla, e che una vera dichiarazione governativa in esse non v' è. quelle parole appaiono essere niente altro che un pretesto atto a giustificare quel voto di fiducia che il Governo non volle richiedere sull' emendamento Cortese-Faill sul complesso della legge relativa, e che invece intende sollecitare oggi stesso. in quelle cosiddette dichiarazioni, infatti, vi è soltanto l' affermazione che il Governo ha la « coscienza di avere ben lavorato per l' applicazione del suo programma. ora, che il Governo abbia questa coscienza possiamo anche ammetterlo, ma, se fossimo in un' Aula di tribunale, direi che questo richiamo alla coscienza non è che una specie di richiesta di circostanze attenuanti, di essere condannati, non per dolo, ma per colpa. il Governo ha la coscienza di aver fatto, ma in realtà lo ha fatto ciò che doveva fare? questa è evidentemente un' altra questione. in secondo luogo, le dichiarazioni esprimono il desiderio del Governo di costatare quali membri della maggioranza nutrano ancora fiducia nell' attuale formazione governativa. ma questo scopo non verrà raggiunto con il presente dibattito, né con il voto che lo concluderà, perché tale voto sarà espresso in condizioni del tutto diverse da quelle dei voti di giovedì e dei precedenti voti che rigettarono proposte governative. in questo caso vi sarà un voto pubblico, espresso per appello nominale . il principio della disciplina di partito avrà la prevalenza, ma poi le cose continueranno come prima. voglio dire che quando vi sarà un nuovo provvedimento che commuova l' opinione pubblica , provochi una lotta in Parlamento e richieda determinate correzioni, oppure di essere respinto, si riprodurrà la situazione di prima. l' espediente al quale ora si ricorre non è dunque adeguato neanche a risolvere il problema che nella seduta di giovedì si è presentato davanti a noi. ci troviamo, in realtà, con l' attuale richiesta di dibattito e voto di fiducia , di fronte a un tentativo di travisare, e direi anche di violare, le norme del retto funzionamento delle assemblee parlamentari e soprattutto dei rapporti tra il Governo e l' Assemblea parlamentare . contro questo tentativo noi eleviamo la nostra protesta. il che non vuol dire che ci rifiutiamo di entrare nel dibattito che si è iniziato, nel dibattito cioè sul valore del voto che è stato dato, sul modo come quel voto è stato espresso, e nel dibattito politico generale, che ormai ha visto gli interventi di rappresentanti di quasi tutti i partiti dell' Assemblea. sia ben chiaro, però, che, nel partecipare a questo dibattito, noi non vediamo in esso né una sanatoria alla grave situazione messa in rilievo dai voti a cui precedentemente ho fatto riferimento, né un corretto modo di regolare i rapporti tra il Parlamento e il Governo. e veniamo al dibattito stesso. esso si svolge, mi sembra, intorno a tre temi principali. il primo tema è quello della sostanza del voto che è stato dato. il secondo è quello della confluenza, per formare. la maggioranza manifestatasi in occasione di quel voto, di rappresentanti di diversi partiti e anche dei partiti governativi, e quindi del valore di questa confluenza. il terzo è quello dell' attività di questo Governo da quando si è formato e in particolare di fronte alla situazione che il voto stesso ha rivelato. circa il contenuto del voto, vorrei fare prima di tutto una osservazione all' onorevole Saragat. questa osservazione riguarda soltanto un particolare della sua esposizione di ieri, ma pure deve essere fatta. l' onorevole Saragat ha pronunziato ieri un discorso di notevole importanza politica, noi lo riconosciamo. ha pronunziato un discorso tessuto sulla trama di un' argomentazione compatta e appassionata. se confrontiamo questo discorso con il meschino fraseggiare dell' onorevole Gui, che l' aveva preceduto, comprendiamo bene come l' onorevole Saragat, in sostanza, abbia voluto porre se stesso , in questo momento, come il vero capo dell' attuale maggioranza governativa . non so se l' abbia fatto con seconde intenzioni, con l' intenzione, per esempio, di accentuare i dissidi che esistono nel seno del partito della Democrazia Cristiana . il fatto, però, fino a questo momento rimane. rileverò in seguito parecchie contraddizioni che viziano la sostanza di quel discorso. ora intendevo rilevare soltanto un errore di valutazione, secondario, ma non privo di importanza. sbaglia l' onorevole Saragat quando rimprovera a noi, partiti che siamo in modo diretto rappresentanti della classe operaia , dei lavoratori e del ceto medio più disagiato, di esserci opposti ad una imposizione sulla benzina, perché, dice, le automobili sarebbero adoperate soltanto dalle persone ricche. non è vero che sia così! oggi l' uso di mezzi motorizzati, che vanno dalla bicicletta a motore fino all' automobile, attraverso tutta una serie di mezzi diversi che comprende, tra l' altro, anche il piccolo trattore agricolo, è diventato così generale, che dobbiamo considerare che questi mezzi sono uno strumento di lavoro per una grande massa di cittadini. diminuire, quindi, il prezzo della benzina, significa adottare una misura a favore di migliaia di persone che vivono in condizioni tutt' altro che agiate. in realtà, noi ci troviamo, in questo caso, di fronte a un' imposta indiretta, cioè non a un' imposta che colpisca l' agiatezza e la ricchezza, là dove esse si manifestano, ma che colpisce indifferentemente chiunque faccia uso, per qualunque motivo, della benzina: sia per smacchiare un abito, sia per alimentare un' automobile di lusso. ebbene, le imposte indirette hanno sempre il difetto di rappresentare, da una parte, una tassazione equa e giustificabile, dall' altra parte, una grande ingiustizia. se non erro, sta nel programma del partito socialdemocratico , e vi è al riguardo qualche accenno nelle dichiarazioni programmatiche governative, o per lo meno negli articoli che le hanno commentate, l' affermazione che è necessario ridurre, in Italia, il peso specifico dell' imposizione indiretta in confronto con quella diretta. ma questo è appunto il problema che stava davanti a noi. » molto importante, è quasi decisivo, per molti aspetti, che l' imposizione indiretta diventi sempre meno pesante, gravi sempre meno sulle condizioni di esistenza del popolo, e invece gravino maggiormente sui contribuenti le imposte dirette , soprattutto attraverso un' azione volta a far cessare le sperequazioni nella imposizione e le evasioni fiscali. questo era il problema che doveva essere da noi affrontato nella seduta di giovedì; problema importante ma, oserei dire, non il più importante. se allarghiamo la nostra visuale dal terreno delle imposizioni e del loro peso al più ampio terreno politico, ci accorgiamo immediatamente che il problema di fondo che giovedì ci si presentò è quello dei rapporti fra il Governo e il Parlamento. il Parlamento, con un ordine del giorno votato nella seduta del 10 agosto di quest' anno, manifestò la propria volontà che la sovrimposta cosiddetta di Suez venisse soppressa. il Governo disse, invece, che anche dopo quel voto non aveva alcuna intenzione di sopprimere la sovrattassa e successivamente intervenne, con un decreto legge , per mantenerla in vigore . con decreto legge venne sottoposta all' approvazione della Camera la imposizione sulle automobili a gas liquido; con decreto legge si è proposto il mantenimento della sovrattassa sulla benzina; con decreto legge sono state presentate le norme per la nuova regolamentazione dei mercati (e il fatto stesso che queste norme siano state presentate sotto forma di decreto legge già oggi rende assai difficile prevedere come verrà regolata tutta questa materia). ci troviamo quindi di fronte non a una tendenza ma ad un vizio manifesto. si vogliono ignorare le decisioni del Parlamento. si ritiene che il potere esecutivo possa, di sua iniziativa, fare il contrario di ciò che il Parlamento ha deciso che si debba fare. si adopera, a questo scopo, il decreto legge . questo è il metodo di governo che noi abbiamo voluto colpire votando per la diminuzione del prezzo della benzina; metodo che consiste nello svalutare il Parlamento, nel sovrapporre la volontà del potere esecutivo ai deliberati di una assemblea legislativa e quindi dare inizio a un processo di vero sovvertimento delle istituzioni democratiche e repubblicane. l' onorevole Saragat ha presentato come fondamentale obiettivo (o « conquista » , egli ha detto) di questo Governo il consolidamento delle istituzioni democratiche. non vedo come si possano consolidare le istituzioni democratiche col metodo dei decreti legge col cambiare per volontà dell' Esecutivo i deliberati delle assemblee parlamentari. il fatto è — e l' esperienza storica ce lo insegna — che la via dei decreti legge ha sempre rappresentato il ponte di passaggio da un regime democratico a un regime autoritario. l' esperienza della Germania, dell' Austria, tutta l' esperienza dell' Occidente europeo, sono concordi nel darci questo insegnamento. vi è poi l' esempio francese. a questo esempio parecchi, in questo dibattito, hanno dedicato la loro attenzione, e la cosa ci ha fatto piacere. ricordiamo, infatti, di essere stati i primi in Italia, e durante la lotta elettorale del mese di maggio e immediatamente dopo, quando si dibatté qui sulle dichiarazioni governative. a sottolineare il significato e il valore dell' esperienza francese, mettendo in luce quanto quella esperienza contenga di minaccia e di pericolo anche per noi, anche per il regime democratico italiano, come per tutti i regimi democratici di tutto il mondo capitalistico. oggi ciò che noi dicevamo allora viene ripetuto da molti, ed è bene che sia così, vi è effettivamente un pericolo. ma quale è? giustamente è stato detto che in Francia esistevano ed esistono gravi problemi, difficilissimi e forse impossibili a risolversi da parte della borghesia e dei suoi partiti, come quello dell' Algeria, della difesa dei resti di un impero coloniale e così via . questi problemi per noi non esistono. su questo siamo d' accordo, ma, a nostro avviso, non è questa la sostanza. la sostanza è nella tendenza a trasformare un regime democratico e parlamentare in un regime autoritario. parlo io e la prego di ascoltarmi. l' onorevole Gui, affrontando questa questione, è giunto fino a considerare reale l' ipotesi di un De Gaulle non so se dell' estrema sinistra , o della sinistra, o del centrosinistra. non so in quale direzione andasse la sua immaginazione nel fare questa affermazione. l' ho visto guardare al banco dove sedeva l' onorevole Pacciardi, il quale non soltanto ha denunciato il pericolo di una crisi di regime nelle dichiarazioni che qui da parecchie parti sono state ricordate, ma, parlando al congresso del suo partito, ha rivolto ai quadri dell' esercito determinate parole, formalmente di critica, ma le quali però potevano anche suscitare il dubbio che sotto il manto della critica volessero contenere quasi un invito. ad ogni modo, non vi è da preoccuparsi eccessivamente per questo. l' onorevole Pacciardi, per giocare la parte di un De Gaulle , ha certo il naso troppo corto! gli manca qualcosa! uscendo dagli scherzi, il pericolo di un colpo di mano che assomigli a quello che è stato fatto in Francia da forze reazionarie organizzate che abbiano le loro radici nell' esercito o in gruppi armati, è un pericolo oggi per l' Italia non imminente. hanno ragione coloro che quando si parla di questo pericolo obiettano che questo aprirebbe per l' Italia la prospettiva di una guerra civile . anche a simile affermazione farei qualche riserva, perché è sempre difficile fissare prospettive simili a distanza. ma il vero pericolo per le istituzioni democratiche da noi si presenta in un altro modo, pur essendo nella sostanza lo stesso che in Francia. da noi il pericolo del passaggio da un regime di democrazia parlamentare a un regime autoritario, cioè il pericolo di una profonda degenerazione reazionaria dei nostri ordinamenti politici e civili, si presenta con una base oggi già abbastanza estesa e che ha le sue radici nella dottrina dell' integralismo cattolico e nella tendenza a un ritorno alle forme dell' organizzazione corporativa dell' economia ed anche, conseguentemente, della vita politica del paese. dove ha sede quindi, questo pericolo? ha sede nel Governo stesso, anzi, alla testa del Governo; ha sede nelle organizzazioni clericali che appoggiano questo Governo, negli uomini che sono a capo di queste organizzazioni clericali, nella loro ideologia reazionaria e nei loro propositi. ha sede nell' onorevole Fanfani. questa è la nostra convinzione. ha sede in quel conclamato attivismo burocratico-amministrativo che tende a sottolineare, di fronte ai compiti e alle funzioni che hanno le istituzioni democratiche e gli apparati dello Stato, la funzione della persona che sa tutto, che fa tutto, che comprende tutto, che ordina tutto, che cambia tutto, a seconda della propria volontà. questo è il pericolo, e questo pericolo lo vediamo legato e discendente da tutta una serie di trasformazioni che già hanno avuto luogo nelle strutture stesse del nostro Stato. da un lato vi è il clericalismo invadente. dall' altro lato, lo stesso estendersi dell' intervento del Governo e dello Stato nel campo dell' economia può rivelarsi un contributo a rendere più grave questo pericolo, perché pone a disposizione di un partito, o di un gruppo di uomini, o anche di pochi o persino di uno solo, una organizzazione materiale, della quale ci si può servire per creare le condizioni del passaggio a un regime autoritario personale, non escludendosi da queste condizioni l' organizzazione di una base elettorale sempre più larga, ma sempre fittizia, perché ottenuta attraverso la pressione intimidatrice, l' intervento di una serie di organizzazioni che coartano la libertà dell' elettore e ne falsano la volontà. se si vuole rettamente porre il problema delle analogie tra la nostra situazione e quella francese, è in questa direzione che bisogna guardare. noi ci troviamo di fronte al pericolo di un passaggio dal monopolio politico della Democrazia Cristiana — quale è stato esercitato per un lungo numero di anni — alla introduzione, su questa base, di un regime autoritario di natura personale. il modo come è stato trattato il Parlamento, sia in occasione del prezzo della benzina, sia nei vari casi di presentazione di decreti legge , fa parte di questo pericolo, spiega e giustifica la nostra preoccupazione e giustifica l' allarme che, del resto, esiste oggi anche al di fuori delle nostre file, e in campo assai vasto. che cosa è accaduto recentemente al ministero degli Esteri ? premetto che noi non abbiamo alcuna informazione di natura particolare su questo punto: i funzionari del ministero degli Esteri che sono stati trattati in quel modo non si sono confidati con noi. siamo informati dai giornali e sappiamo che si è di fronte a un tipico esempio di manifestazione di un regime personale, autoritario nel campo stesso dell' amministrazione dello Stato . i grandi commessi dello Stato, questi uomini che dovrebbero essere liberi di fare il loro dovere secondo le decisioni del Parlamento, sono stati posti di fronte al solo problema della presenza o dell' assenza della fiducia personale del « capo » che dirige questa branca dell' amministrazione. né è uscito uno sconvolgimento di tipo sud-americano della nostra burocrazia, che guai se si dovesse estendere, diventare norma dell' attività di Governo, ma che può benissimo diventarlo perché vi sono le premesse di questa trasformazione. orbene, onorevoli colleghi , noi riteniamo che debba essere imposta una battuta di arresto a questo processo degenerativo delle nostre istituzioni, perché, se non sarà imposta una battuta d' arresto, tutta la nostra vita politica può subire trasformazioni tali che; arrivate a un certo punto, sarebbe poi impossibile correggere. in questa situazione, dico apertamente che noi non potevamo che salutare il fatto che anche da altri settori, quali essi fossero, sorgesse una protesta, un movimento e si pronunciasse un voto, il quale confluisse nell' azione che noi conduciamo per imporre una battuta di arresto all' affermarsi di questo processo. questo, al di sopra di tutto, spiega le convergenze che si sono determinate. esse hanno dato luogo, anche qui, alle solite inette arguzie sul comunista e sul missino che si stringono la mano, si abbracciano e così via . si tratta di un problema di fondo , che deve essere riconosciuto e apprezzato in tutto il valore. » : inevitabile, nel momento che si manifesta una tendenza simile — e voi non potete negare che essa si manifesti — alla degenerazione del regime democratico parlamentare in un regime di monopolio non più soltanto di un partito, ma di una persona e degli aderenti a questa persona, è inevitabile che vengano alla luce punti di contatti tra tutti coloro i quali non accettano una simile trasformazione. la cosa oggi è evidente in tutto il paese. nella lotta, per esempio, contro la corruzione, che dilaga nelle forme più diverse, che tutti conoscono, ma che non si riesce a smascherare e a combattere come sarebbe necessario, è evidente che vi è una convergenza fra noi e quel partito che sulla tribuna del proprio congresso scrisse che la corruzione è la morte della democrazia o qualche cosa di simile, cioè col partito repubblicano . » inevitabile che vi sia una convergenza, ad esempio, per quanto riguarda il controllo sulle aziende di Stato, allo scopo di evitare che diventino fonte di finanziamenti a un determinato gruppo politico e all' interno di un determinato partito. e potrà essere una convergenza molto ampia, anche con elementi di partiti che non accettano la estensione dell' intervento dello Stato nell' economia, come invece noi l' accettiamo e la sollecitiamo. nella difesa dei diritti del Parlamento, nell' opposizione al metodo dei decreti legge e alla svalutazione dei voti parlamentari, nella lotta contro la sovrapposizione dei poteri dell' Esecutivo alle facoltà del potere legislativo , sono pure convinto che un' ampia convergenza di intenti e di voti si può avere da tutti i settori della Camera. coloro che hanno votato con noi nella seduta di giovedì erano d' accordo con noi sul programma, sulle questioni che noi oggi poniamo di fronte all' opinione pubblica ? non lo credo, o per lo meno non lo so. i notabili democristiani che sembrano essere stati gli autori della spiacevole sorpresa toccata al presidente del Consiglio e al ministro delle Finanze in quella seduta, sono stati e sono tutt' ora, io ritengo, nostri avversari, nonostante che alcuni di essi, per le loro origini, possano meglio di altri uomini del partito democristiano comprendere le necessità di difesa e sviluppo di una vita democratica . tra noi e coloro che nella seduta di giovedì hanno votato insieme con noi esiste una concordanza così ampia che consenta di pensare a formazioni politiche nuove, fondate sopra questa base? non credo che in campo nazionale, in questo momento, esista una situazione simile. però, vorrei invitarvi a riflettere sull' esempio siciliano. avvenuto che tra i motivi che io indicavo come motivi di possibile convergenza è emersa la difesa dell' istituto dell' autonomia regionale . ciò che è avvenuto a Palermo è un grande episodio, io ritengo, essenzialmente, di difesa dell' autonomia siciliana, così come essa è stata sancita dalla nostra Costituzione e come è oggi diventata elemento costitutivo della coscienza del popolo siciliano. si sono voluti difendere i diritti della Sicilia, dell' Assemblea parlamentare siciliana e del suo Governo contro gli interventi autoritari dall' alto, contro la tendenza a trasformare l' autonomia in una semplice scorza, che dovrebbe consentire di risolvere tutti i problemi siciliani a Roma, in piazza del Gesù , e poi imporre l' esecuzione attraverso i proconsoli del segretario del partito democristiano , inviati nell' isola a trasmettere e far rispettare gli ordini venuti da Roma. posto in questo modo il in Sicilia che cosa è avvenuto? problema, appare evidente che una convergenza sul problema dell' autonomia è già cosa molto più ampia che non la convergenza nel respingere l' aumento del prezzo della benzina. perché l' autonomia siciliana non è soltanto un istituto giuridico, una forma della nostra organizzazione politica nel momento presente. la difesa dell' autonomia siciliana investe problemi di fondo della vita del popolo siciliano: investe il problema dello sviluppo di un' industria in Sicilia, il problema di un controllo sui monopoli allo scopo di ottenere che lo sviluppo industriale dia un contributo effettivo a sollevare le condizioni di tutto il popolo siciliano e non serva soltanto ad accumulare profitti per i grandi monopoli settentrionali; investe il problema della estensione e applicazione fino in fondo della riforma agraria ; investe il problema della epurazione della vita amministrativa e civile della Sicilia di fronte alle macchie dolorose che sappiamo quale estensione abbiano tuttora. tutto questo significa la difesa dell' autonomia siciliana. è dunque evidente che in questo caso ci troviamo già di fronte a un programma sulla base del quale è potuta sorgere una formazione governativa siciliana. noi ci auguriamo che in tutte le direzioni da noi indicate gli uomini che in Sicilia si sono uniti per difendere l' autonomia dell' isola e realizzare migliori condizioni di esistenza per il popolo siciliano possano fare dei passi in avanti e dichiariamo che daremo il nostro contributo attivo a che passi in avanti vengano compiuti, anche se qualcuno potrà rimproverarci di collaborare, a questo scopo, con uomini che non appartengono al nostro partito né condividono la nostra ideologia. nel campo nazionale la situazione non è arrivata, oppure, permettetemi di dire, non è arrivata ancora a questo punto. la cosa più importante, qui, è di arrestare quel processo di involuzione reazionaria che è già in atto e che ho denunziato, di impedire la formazione di un potere personale, di mantenere quindi intatta la sostanza della democrazia parlamentare qual è sancita nella nostra Costituzione. e questo spiega, senza possibilità di equivoci, il problema delle convergenze così come noi lo vediamo. a questo punto potrei anche fermarmi, se non fossero stati affrontati nella discussione temi di indole più vasta, che riguardano gli indirizzi generali dell' attività governativa. è stato detto che è necessario affrontarli, questi temi, con concisione e con spirito di responsabilità. così mi sforzerò di fare, aggiungendo che la nostra responsabilità noi la sentiamo particolarmente grande, più grande forse di quella degli altri gruppi dell' Assemblea, per il fatto che quando si incomincia a scavare su questi problemi di indirizzo politico generale, per scorgere che cosa sta al fondo dell' attuale dibattito politico in Italia, si rileva che al centro del contrasto e della lotta siamo noi, il nostro partito, la sua forza, le sue radici nella classe operaia e nel popolo, il suo sviluppo, il suo programma, la adesione che il suo programma riscuote nelle grandi masse della popolazione lavoratrice. noi siamo al fondo dei problemi, direi, anche per un motivo esteriore. ad un certo punto, quando si dovrebbe aprire il dibattito di sostanza sulle questioni politiche e a questo dibattito si vuole sfuggire, allora si dà fiato alla tromba anticomunista, e tutto è finito. così ha fatto l' onorevole Gui nel suo discorso, di cui ho già dato una qualifica che ritengo pertinente. d' altra parte, il suo fu un discorso che mi è parso che in un certo modo fosse volto ad accentuare, o per lo meno accentuasse, rendendola più evidente, la crisi che si manifesta nelle file della Democrazia Cristiana . lasciate infatti da parte tutte le enunciazioni ed elaborazioni programmatiche, che furono, invece, il tema dell' onorevole Saragat, l' onorevole Gui si è limitato, in sostanza, dopo l' invettiva contro di noi, a fare appello all' unità e disciplina del proprio partito. ma è proprio questo appello che rende evidente la vostra crisi, perché questo appello lo avete rivolto al partito anche nell' ultimo vostro Consiglio nazionale , nel quale l' onorevole Fanfani ha avuto la sodisfazione di raccogliere l' unanimità dei consensi o, per meglio dire, la quasi unanimità. vedo che ella, onorevole. Fanfani, si accontenta di questo. ma proprio quella quasi unanimità è stata la premessa delle sconfitte del Governo in quest' Aula. » da lì che sono derivate le sconfitte che avete ricevuto. l' appello a manifestare anche qui questa unanimità non risponde, dunque, al tema che sta davanti a questa Assemblea e che sta oggi davanti al paese. infatti, per quanto si riferisce agli indirizzi della politica governativa, anche in questo dibattito noi abbiamo sentito in sostanza suonare due campane dal tono diverso. non sono d' accordo con le posizioni dell' onorevole Saragat, lo sapete bene. sapete quale lotta noi conduciamo contro il partito socialdemocratico , contro le sue posizioni ideologiche, e come riteniamo errata la politica che questo partito oggi segue nel nostro paese. mi è parso, però, di sentire che il tono delle dichiarazioni dell' onorevole Saragat non è stato concorde con ciò che fu detto nelle dichiarazioni programmatiche dell' onorevole Fanfani al momento della presentazione di questo Governo. soprattutto, poi, credo sia facile rilevare come il tono di quelle dichiarazioni — e qui incominciamo a scoprire la contraddizione che vizia tutta l' argomentazione e tutta la posizione dell' onorevole Saragat — sia in aperto contrasto con la realtà dell' attività governativa, cioè sia smentito dalla pratica stessa di questo Governo. mi sembra, quindi, che, oltre alle contraddizioni che emersero dal voto di giovedì scorso, una nuova contraddizione sia ormai venuta alla luce, e proprio ad opera dell' onorevole Saragat, nel dibattito che qui si è svolto. l' onorevole Fanfani, presentandosi, prima al proprio partito e poi alle assemblee parlamentari e al paese, alla testa di questo Governo, disse, dopo le elezioni, che egli era fautore di un indirizzo nuovo. per questo voleva un Governo bicolore con appoggio a sinistra, per questo non voleva ritornare al centrismo, tripartito o quadripartito, e respingeva un appoggio da destra. vi furono allora parlamentari democratici cristiani i quali, pur avendo votato la fiducia al Governo, nell' atto della sua presentazione dichiararono che non condividevano questa ricerca di un nuovo indirizzo, anzi la denunciavano come un fatto esiziale al paese. oggi ritengo, però, che coloro che espressero allora quella opinione dovrebbero avere una posizione un po' diversa perché la realtà è che l' onorevole Fanfani, dopo aver dichiarato di voler seguire una via diversa da quelle precedentemente battute, non ha fatto che ricalcare le orme di tutti i governi che lo avevano preceduto e per alcuni aspetti, soprattutto per aspetti essenziali, che riguardano la struttura e il funzionamento degli organismi rappresentativi, ha persino peggiorato la situazione che precedentemente esisteva. di nuovo, che cosa vi è oggi? di nuovo, vi è il potere personale dell' onorevole Fanfani, vi sono le sue conferenze alla televisione, più o meno producenti simpatia per l' autore di esse. di nuovo vi sono i decreti legge . vi è la violazione dei deliberati parlamentari. vi è l' aspirazione a fondare il potere personale dell' onorevole Fanfani su un determinato ordinamento interno del partito della Democrazia Cristiana e su un determinato ordinamento politico dello Stato. questa è la cosa nuova. per il resto, per quanto riguarda la politica estera , vi erano state alcune caute manifestazioni, risalenti alla più alta autorità dello Stato, a organi di stampa della Democrazia Cristiana e allo stesso onorevole Fanfani, che sembravano aprire la strada all' affermazione della necessità, di una politica nazionale autonoma nel campo dei rapporti esteri. nella realtà, non se ne è fatto nulla. l' onorevole Saragat ha detto ieri che questo Governo si sarebbe costituito con l' intento di dare un « contributo decisivo alla causa della distensione internazionale » . ebbene, o l' onorevole Saragat si illude profondamente, o altrimenti attendo — ma attenderò parecchio e invano — che egli ci dica quale è, in che cosa si sostanzia il « contributo decisivo 1) che questo Governo avrebbe dato alla causa della distensione internazionale. questo Governo ha obbedito, come sempre, alle indicazioni che venivano dal dipartimento di Stato ; non si è staccato una linea dalla condotta del dipartimento di Stato ; tutte le volte che con l' uno o con l' altro scopo, o di provocazione o di ricatto, gli è stato presentato il problema della sua posizione nel campo dei rapporti internazionali, sempre si è rifugiato nell' affermazione della continuità del più acceso estremismo atlantico. questa è la realtà e non ciò che ci racconta l' onorevole Saragat. l' onorevole Taviani oggi è a Ginevra a studiare cavilli per dare aiuto alla posizione estremista di quegli occidentali che non vogliono nemmeno in sede di discussione avere un avvicinamento con le potenze orientali. l' onorevole Saragat dice che riguardo al problema di Berlino — di cui non esaminerà il fondo — occorre trattare. ma già sappiamo che il giorno in cui il segretario di Stato americano avrà detto che non bisogna trattare, il nostro Governo ripeterà che non bisogna trattare, e gli articoli così noti, che hanno fatto chiasso, di un giornalista americano sul New York Times , danno la impressione di non essere altro che la premessa delle ingiunzioni che giungeranno dal dipartimento di Stato al ministro degli Esteri italiano quando si porranno alcuni dei problemi più importanti dello sviluppo dell' attuale situazione internazionale. qui viene fuori il difetto fondamentale, onorevole Saragat, della sua esposizione, il contrasto tra ciò che ella afferma essere il programma di questo Governo e la realtà che abbiamo davanti a noi, che tutti gli italiani hanno visto svilupparsi in questi ultimi mesi. per ciò che si riferisce alla politica interna è stato detto — credo fosse la prima espressione delle dichiarazioni programmatiche del presidente del Consiglio — che questo Governo si proponeva di garantire a tutti l' esercizio dei diritti che sono sanciti dalla Costituzione. usciti da quel dibattito ci siamo visti contestare il diritto di tenere comizi, assemblee persino in luogo chiuso e ingiunti dalle autorità dipendenti dal ministro dell'Interno persino i temi dei discorsi che noi dovevamo fare nelle nostre assemblee pubbliche o in luogo aperto al pubblico. si è avuto un ampio periodo di repressione attiva, ordinata dagli organi governativi, del movimento operaio e popolare. comprendo che di fronte a questa realtà l' onorevole Scelba possa obiettare che, in sostanza, perché lo si è messo fuori lui, che lo faceva meglio di tutti questo giuoco? lo si è costituito, ma si fanno le stesse cose! nel campo delle relazioni economiche e sociali, il metodo che viene seguito rivela un indirizzo profondamente errato. » il consueto indirizzo, che fu proprio di tutti i governi democristiani a partire dal 1948. si pensò a restaurare il potere e il profitto dei capitalisti; ma non vi fu alcuna capacità di affrontare e risolvere, con adeguata previsione e con azione adeguata, i problemi di fondo della nostra società. oggi si continua allo stesso modo; si vive alla giornata, prendendo questa o quell' altra misura che non possa più essere negata perché oramai sono sorti un tale movimento e una tale indignazione nel paese per cui bisogna per forza cedere e concedere, ma nella sostanza facendo la politica che vogliono i grandi monopoli privati. voi non avete previsto quali conseguenze poteva avere ed avrà sull' economia italiana l' introduzione del mercato comune europeo. avete considerato che la nostra proposta di sospensione per un anno dell' adesione al mercato comune europeo fosse pura demagogia o massimalismo, mentre invece era una proposta precisa di politica economica , che tendeva a preparare le condizioni per cui noi potessimo andare avanti senza subire quelle conseguenze che già oggi la nostra economia e tutto il nostro paese stanno subendo. non avete previsto quelle che sarebbero state le conseguenze di una recessione economica in altri paesi e nel nostro. si è scatenata una ondata di licenziamenti e di chiusure di fabbriche; è cominciato l' aumento del costo della vita , ed oggi voi siete di nuovo di fronte a delle richieste economiche che partono dagli strati più diversi della popolazione, e che sono giustificate, perché si tratta di richieste le quali, una volta che siano state sodisfatte, serviranno solo a turare i buchi del bilancio familiare, ad assicurare la riduzione del disagio che grava sulla grande maggioranza delle famiglie italiane. voi mi obietterete che avete però concesso questa o quest' altra cosa, o quest' altra ancora. non nego che voi abbiate fatto determinate concessioni, ma le avete fatte con l' acqua alla gola, quando avete visto categorie e città intiere in aperta ribellione contro la politica economica che avevate inaugurato e che vi proponevate di continuare. vi è mancato il coraggio e vi è mancata la capacità di affrontare in modo organico il complesso della situazione economica del nostro paese; non avete avvertito la necessità di affrontare il problema della disoccupazione, non già attendendo che diminuisca per la legge inevitabile dello sviluppo delle forze produttive, ma compiendo atti concreti che tendano a cancellare al più presto questa che è la piaga più grave della nostra economia. oggi vi è l' inverno che comincia e che rappresenta una minaccia per una massa enorme di lavoratori e di cittadini. qual è il vostro piano? avete esaminato la possibilità di impedire i licenziamenti fino a che sia finita la stagione invernale? avete affrontato taluni dei problemi che oggi si presentano e che da parte delle organizzazioni di classe dei lavoratori vi sono stati posti in forma precisa, collegati l' uno con l' altro? che cosa avete fatto in questo campo? avete presentato un piano di sviluppo delle industrie Iri; ma è un piano che non si adegua alle necessità dell' economia italiana , e che città per città già è stato posto in stato di accusa dai lavoratori e dal popolo che appoggia i partiti dei lavoratori nelle loro lotte, per avere lavoro e un salario più adeguato alle condizioni della vita. di fronte a questo metodo di governo, che noi denunciamo, è inevitabile che parta dal basso un moto crescente di malcontento, di ribellione e di urgenti rivendicazioni. questo moto continua e continuerà, e se noi lavoriamo perché esso continui non è già perché siamo favorevoli al tanto peggio tanto meglio , ma perché sappiamo che attraverso questo movimento si può riuscire a strappare qualcosa per migliorare le condizioni di esistenza almeno di una parte degli operai, dei contadini, dei lavoratori, del ceto medio del nostro paese. per ciò che si riferisce — e mi avvio rapidamente alla conclusione — ai temi di politica generale, voi dite che vostro compito e proposito è di allargare la base della democrazia. che vuol dire? come intendete assolvere a questo compito? ho l' impressione che voi consideriate che la estensione della base della democrazia si debba tradurre e sia sufficiente che si traduca, in un aumento dei voti che contate di raccogliere nelle consultazioni elettorali, facendo agire tutta la macchina che avete costruito per impedire la libertà di espressione del cittadino in queste consultazioni. non crediate che questo risolva alcun problema. questo rende più acuti e più gravi tutti i problemi, perché accentua il distacco tra il paese reale e il paese legale , crea e suscita contrasti e contraddizioni sempre nuovi, che ad un certo momento possono determinare crisi profondissime. allargare le basi della democrazia vuol dire sollecitare l' avvento dei lavoratori alla direzione dello Stato. questo fu, se ricordate, il fondo del messaggio presidenziale che ascoltammo alcuni anni or sono. allargare le basi della democrazia vuol dire preparare le condizioni per l' avvento di un Governo democratico di lavoratori, che risolva i problemi dell' economia e della vita nazionale sulla base della nostra Costituzione. l' onorevole Saragat, nell' accennare a una prospettiva di questa natura, si era perfino commosso — mi pare — nel corso del suo intervento. però, ha egli guardato al Governo mentre esprimeva questa commozione? ha cercato di comprendere qual è la vera base politica di questo Governo? la vera base politica di questo Governo, per ciò che riguarda questo problema, che è il problema dello sviluppo della nostra democrazia, è la discriminazione della classe operaia , dei contadini e del ceto medio lavoratore in quanto essi siano legati ai partiti avanzati dei lavoratori. si tratta, del resto, di una base politica del tutto coerente con le posizioni ideologiche della socialdemocrazia. ebbene, questa vostra base politica annulla qualsiasi vostra affermazione, rende vana e persino ridicola qualsiasi pretesa commozione di fronte al grande desiderio che voi avreste di estendere le basi della democrazia. questo è lo scoglio al quale voi siete ancorati, lo scoglio dell' anticomunismo, che non vi consente alcun movimento nella direzione che voi dite. e voi volete che noi non siamo sodisfatti della circostanza che, per esempio, in Sicilia questa catena venga spezzata, o che venga spezzata in un comune o in un altro, in una provincia o in un' altra, e si estenda in questo modo la sfera di intesa e collaborazione con le organizzazioni avanzate della classe operaia e del popolo italiano ? voi siete isolati, ci grida l' onorevole Gui. non ho capito, però, che cosa egli volesse con questa sua polemica contro di noi. vorrebbe che noi non esistessimo? cambi la storia d' Italia! non so se egli abbia per far questo poteri soprannaturali, certo è che finora nessuno è riuscito ad annullare i risultati, i punti di approdo della storia di un grande paese e di una grande classe operaia , quale è la classe operaia italiana. tra questi punti di approdo, che non si distruggono, ci siamo noi. un poi tutti voi, durante la campagna elettorale del maggio scorso, siete andati dicendo che votare per i comunisti non serve a nulla, perché i comunisti sono isolati, e perché, quindi, i voti dati a noi sono messi nel frigorifero o non so in quale altro serbatoio. ma guardate la realtà delle cose. per diminuire il prezzo della benzina occorrono i 140 voti dei comunisti! per impedire che vengano tassati veicoli a gas liquido sono necessari i 140 voti dei comunisti! e i 140 voti dei comunisti sono stati necessari nel corso della precedente legislatura per tutte quelle misure che in un modo o nell' altro tendevano a dare un indirizzo diverso alle attività del Governo. e i nostri voti sono sempre là per questo scopo, non nel frigorifero, ma come leva potente in tutte le azioni a favore della democrazia e del progresso. noi non siamo affatto chiusi nella fittizia corazza di uno sterile massimalismo parolaio. anche avant' ieri, noi eravamo disposti a discutere con la maggioranza le forme di un accordo di compromesso che tenesse conto delle esigenze avanzate da tutte le parti. non si è voluto nemmeno venire a un incontro, a una discussione. se è così, non dite che siamo isolati, dite piuttosto che volete isolarci, ma che non vi riuscite. questa è la sola corretta impostazione della questione; ma dire che siamo isolati proprio nel momento in cui tutto ciò che facciamo nel paese incontra un consenso sempre più ampio è, onorevole Gui, un farsi illusione, nascondersi dietro la mano che lancia l' anatema contro i comunisti per sollecitare l' applauso dei colleghi che poi, allo scrutinio segreto , voteranno contro. ma questi sono soltanto episodi ed io devo concludere, facendo ritorno ai più generali temi politici. noi siamo per uno sviluppo della nostra democrazia, siamo contrari a qualsiasi tendenza a sminuire e svalutare il Parlamento, sottoponendolo ai voleri dittatoriali del potere esecutivo o di un uomo alla testa di questo potere. voi non potete citare un fatto che smentisca che questa è la linea politica che seguiamo da quando si è rinnovato il regime politico in Italia dopo il crollo del fascismo. abbiamo affrontato, al crollo del fascismo, il problema dell' avvenire con coraggio, con audacia, direi. abbiamo compreso che occorreva dire e fare qualcosa di nuovo; tracciare un cammino differente da quello di altri paesi e da quello che era stato in precedenza seguito qui da noi. abbiamo preso noi stessi un volto in gran parte nuovo. abbiamo voluto una Costituzione, la quale traccia le linee di uno sviluppo democratico, che mira al rinnovamento delle strutture economiche e sociali della nostra società. perché ci si muovesse secondo il cammino tracciato dalla Costituzione abbiamo lavorato e combattuto. non siamo usciti mai da questo cammino. come ci avete risposto? ci avete risposto con l' invettiva, con l' escandescenza anticomunista, cioè non ci avete risposto. ci avete risposto con il processa alle intenzioni, cioè non avete osato affrontare il problema di fondo che noi ponevamo. e questo problema rimane, rimane davanti a voi e davanti a noi. voi parlate di una estensione delle basi del regime democratico. quando dite questo e non rinunciate alle escandescenze e volgarità anticomuniste, la conseguenza logica è che voi per estensione della base democratica non intendete niente altro che l' aumento del numero di coloro che si abbandonino a queste escandescenze. questa non è una estensione della base democratica, questa, semmai, è una limitazione della base della democrazia, a meno che voi non comprendiate come estensione della base democratica il fatto di riuscire, sottobanco, a ricevere qualche decina di voti da un partito che stia al di fuori della vostra maggioranza, per poter superare gli inconvenienti come quelli di giovedì. permettetemi in questo caso di dirvi che, se questo è il vostro proposito, è un proposito umiliante per chi possa concepirlo e anche più umiliante per chi potesse ad esso aderire. il problema che rimane è quello che noi abbiamo posto all' inizio di questo periodo storico di sviluppo della società italiana , che continuiamo a porre e che poniamo a tutti i buoni democratici, qualunque sia il partito cui essi appartengano. » il problema di attuare, seguendo il cammino tracciato dalla nostra Costituzione, una profonda trasformazione delle nostre strutture economiche e politiche. comprendo che. il fatto che noi, muovendoci da questa posizione, non soltanto manteniamo, ma irrobustiamo le nostre file e gettiamo sempre più le radici delle nostre idee e della nostra organizzazione nella classe operaia e nel popolo, comprendo che questo fatto possa turbare, rendere inquieti i notabili o una parte dei notabili del partito della Democrazia Cristiana . in sostanza, ciò che essi rimproverano a voi è la forza nostra. ma la forza nostra rimane e rimarrà, così come rimarrà e probabilmente si allargherà la tendenza a creare in momenti determinati un blocco o un accordo di forze di opposizione le quali operino assieme per rendere impossibile quella degenerazione conservatrice e reazionaria cui ho accennato al principio di questo mio intervento. questa tendenza sorge dalla esistenza, nel popolo, della aspirazione a un programma e a un' azione comune per trasformare e rinnovare i nostri ordinamenti economici e sociali. essa è quindi destinata, per gli stimoli che vengono dalle cose, a rafforzarsi. essa investirà senza dubbio, onorevole Saragat, anche una parte delle forze della socialdemocrazia che ancora vi sono in seno alla classe operaia e al popolo; si estenderà tra i lavoratori cattolici; toccherà, presto o tardi, tutti coloro che decisamente sono avversi alla trasformazione del monopolio democristiano in un regime autoritario personale. son so se questa discussione avrà l' esito che il presidente del Consiglio e il partito democristiano se ne attendono. per quanto ci riguarda, questa discussione un esito favorevole lo ha già avuto, in quanto è servita a sottolineare, di fronte all' intensa attenzione del paese, una serie di questioni fondamentali, a chiarire la posizione dei singoli partiti e soprattutto la nostra posizione come partito che lotta in modo conseguente per gli interessi di tutti i lavoratori, per l' attuazione dei grandi principi della nostra Costituzione repubblicana, per il rinnovamento della società italiana . continueremo il nostro lavoro, confortati dall' esito che abbiamo ottenuto in questi ultimi mesi; continueremo la nostra lotta per la pace e per una politica estera italiana che veramente dia quel contributo decisivo alla causa della distensione internazionale che l' Italia è in grado di dare; continueremo la nostra lotta per il lavoro, per elevare il tenore di esistenza del popolo investendo con la nostra critica tutte le proposte, a partire dal programma dell' Iri e dell' Eni, che verranno presentate e che non corrispondano alle vitali esigenze del paese. sotto la pressione del movimento delle masse lavoratrici farete delle concessioni? sta bene. sarà, oltre al resto, la prova che noi combattiamo sopra una linea giusta e per giusti obiettivi. soprattutto continueremo la lotta contro il pericolo di una degenerazione reazionaria del regime democratico, quel pericolo che voi rappresentate. via dalle nostre istituzioni l' ombra minacciosa di un regime autoritario e personale che oggi su di esse già incomincia a gravare! e benvenuto sia. l' incontro di tutti coloro che , comprendendo questo pericolo, comprendono pure la necessità di lottare contro di esso e che per sodisfare questa necessità orientano l' azione loro.