Pietro NENNI - Ministro del bilancio Maggioranza
III Legislatura - Assemblea n. 86 - seduta del 05-12-1958
Bilancio ministero del tesoro
1958 - Governo IV Fanfani - Legislatura n. 3 - Seduta n. 615
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , io pensavo ieri che un problema come quello che il presidente del Consiglio ha posto alla Camera andava risolto nello spazio di poche ore. pensavo che in ciascuno dei parlamenti europei che hanno una vecchia tradizione di dibattiti politici, le cose così effettivamente sarebbero andate, senza trascinare in lunghezza un dibattito che guadagnava ad essere contenuto in limiti di estrema chiarezza e concisione. ciò mi pareva tanto più necessario dato il carattere alquanto artificiale del voto che si chiede alla Camera. l' onorevole Fanfani aveva, in verità, poco da domandare alla Camera. la Camera non ha molto da dire all' onorevole Fanfani. il giudizio che testé esprimeva l' onorevole Gui, accennando ad un contrasto fra Camera e paese, o addirittura insinuando che la Camera non rappresenta il paese, è inaccettabile. se qualcuno non è in correlazione di sentimenti con il paese, questo qualcuno è la Democrazia Cristiana . non sembra, dice il collega che mi interrompe, e si riferisce probabilmente ad alcuni dati elettorali. sembra, se invece si tiene conto del disagio generale e della ripercussione che situazioni come quella che si è determinata in questi giorni nel Parlamento provocano nell' opinione pubblica . noi non ne siamo stupiti, non ravvisando nella situazione attuale nulla che non avessimo previsto e non avessimo preannunciato nel dibattito che si svolse sulla fiducia nel luglio scorso. se mi è consentito autocitarmi, sarà per ricordare appunto alcune parole di ammonimento che rivolsi allora al Governo. « con la maggioranza che sta dietro l' attuale ministero — dissi — non è possibile nessuna organica politica di sviluppo economico che esca dai limiti del centrismo, per sua natura impotente » . aggiungasi che l' onorevole Fanfani non aveva che da guardarsi attorno per individuare sui banchi del Governo e in quelli della Democrazia Cristiana gli uomini della « vespa » di domani. singolare è il fatto che i franchi tiratori si siano fatti innanzi prima del previsto e che si siano scoperti e svelati per combattere velleità riformatrici del Governo che non hanno trovato alcuna conferma nei fatti, anzi sono dai fatti assolutamente contraddette. ieri sera l' onorevole Fanfani non avrà faticato ad individuare i franchi tiratori . vi erano al banco del Governo visi che irradiavano soddisfazione e letizia. vedemmo colleghi, anzi autorevolissimi colleghi di parte democristiana a tale punto eccitati per il voto che aveva messo in minoranza il Governo che per poco non si precipitavano verso di noi per abbracciarci, pur non ignorando che fummo, siamo e saremo loro accaniti avversari. sono fatti e situazioni che non concorrono a dare prestigio al Parlamento. non si può far a meno di ritornare col pensiero ai precedenti di uguale natura. così nel 1921-22 entrò in crisi la maggioranza centrista di allora; così in Francia tra il gennaio del 1956 e il 13 maggio di quest' anno, si è autodistrutto il centro socialdemocratico e radicale che pure era uscito vittorioso dalle elezioni. noi troviamo qualche motivo di soddisfazione in eventi che finiranno per imporre alla Democrazia Cristiana ed al suo corpo elettorale le scelte di fondo eluse con le scappatoie centriste. e tuttavia non ignoriamo i pericoli insiti in situazioni del genere. il dato politico preminente della situazione è per noi l' incapacità organica della Democrazia Cristiana a darsi una politica e a seguirla, l' incapacità organica in cui essa si trova di assumere un impegno e di attenervisi fermamente, cercando nel paese e nel Parlamento le forze sulle quali appoggiarsi. ciò fu detto quando il ministero Fanfani si presentò al Parlamento. fu fin da allora detto e dimostrato che anche il più modesto programma di rinvigorimento dello Stato e di attuazione di una politica di sviluppo , implicava una lotta contro gli interessi conservatori che la Democrazia Cristiana non era in grado di affrontare, non è in grado di affrontare. ci si rispose con l' arrogante prosopopea di chi credeva di aver costituito un ministero per l' eternità o quasi, e si autoinvestiva di un potere che in realtà non aveva. orbene, onorevoli colleghi , la prova dei fatti è stata dal luglio ad oggi, interamente negativa per il Governo. ciò che avevamo previsto, e cioè che senza una lotta coraggiosa che la democrazia, cristiana non è in condizione di affrontare contro gli interessi conservatori del paese, nessun passo innanzi si sarebbe fatto in campo economico e sociale , è puntualmente avvenuto. io cercherò la prova della mia affermazione nel duplice campo della politica economico-sociale, che è all' origine del malcontento del paese, e della politica estera , su cui più vivaci si sono manifestate le opposizioni all' interno della Democrazia Cristiana , la politica interna essendo, per ora, il punto geometrico sul quale le differenti frazioni democristiane si incontrano con maggiore facilità. onorevoli colleghi , vi era e vi è un solo terreno sul quale si poteva e si può dar vita ad una maggioranza aperta a sinistra, ed è quello di una grande politica di sviluppo economico del paese e di piena occupazione. ma una tale politica non si fa se non si colpiscono risolutamente gli interessi del monopolio industriale, agrario e finanziario; se non si entra in aperto conflitto con le forze di conservazione; se all' interno stesso del Partito di maggioranza , relativa le forze progressive non si svincolano dalle ipoteche della destra economica e della destra clericale. al di là delle frasi altisonanti delle quali si diletta l' onorevole Fanfani, la verità è che il suo Governo ha rinunciato, già al punto di partenza del suo travagliato esperimento, a ogni resistenza, e a maggiore ragione ad ogni lotta contro gli interessi conservatori, riducendo il proprio attivismo a una girandola di promesse avveniristiche confusionarie, caotiche, inoperanti. gli capita oggi la singolare avventura di essere attaccato dalla destra del suo partito per una presunta apertura a sinistra, di cui si è ben guardato dal porre le premesse o dal creare le condizioni, apertura assolutamente estranea al suo spirito ed alla sua mentalità. e questo mentre il suo Governo non ha trovato, né può trovare, né troverà a sinistra tolleranza e, tanto meno, collaborazione, fatto, questo, che non avrebbe alcuna giustificazione, neppure quella di evitare il peggio, il peggio essendo già in atto, il peggio, come hanno dimostrato i recenti casi francesi, essendo la politica velleitaria che non risolve alcun problema e tutti li aggrava e li complica giorno per giorno. valgano i fatti, onorevoli colleghi . la politica degli investimenti che doveva essere l' impegno di fondo del ministero, si rivela senza alcuna consistenza. nell' industria, nessun provvedimento è stato preso, il quale sia indicativo di un piano serio e organico di mobilitazione delle risorse finanziarie del paese, sottraendone la destinazione all' autentico monopolio di diritto e di fatto esercitato dai grandi complessi. è già molto, quando, sotto la spinta dell' agitazione degli operai, il Governo cerca di rimediare, all' ultimo momento, al licenziamento degli operai, come nel caso delle aziende Iri, dimostrando di non rendersi conto che quello che importa è l' occupazione globale, è la politica della occupazione globale, non l' azione di Croce rossa , che le organizzazioni sindacali giustamente sollecitano, ma che non rappresenta un rimedio se non locale, episodico, frammentario e provvisorio. nella scorsa settimana l' attenzione del paese è stata richiamata su tutta una serie di licenziamenti nelle industrie Iri, da quelle di Napoli a quelle di Genova, le quali hanno messo in evidenza che non esiste nessun piano, forse anche perché sulla carta ne esistono troppi, che non esiste nessuna organica direttiva in un settore estremamente importante della vita economica del paese, che i diversi enti vivono alla giornata senza neppure la visione globale dei problemi della produzione e della occupazione. la Confederazione generale del lavoro , proprio nei giorni scorsi ha ribadito che essa non difende le aziende che non corrispondono più alle moderne esigenze tecniche della produzione, bensì difende, come è suo dovere e suo diritto, gli interessi degli operai dei tecnici degli impiegati sui quali si tenta di fare ricadere il peso e l' onere del ridimensionamento. in questo campo l' allarme è grande e l' intervento dei pubblici poteri è nel suo complesso lento, contraddittorio e soprattutto insufficiente. un altro motivo di allarme, alla vigilia dell' entrata in vigore delle prime norme di riduzione delle tariffe doganali inerenti al mercato comune europeo, è l' inadeguatezza della iniziativa governativa in un campo in cui gli iniziali elementi negativi dell' allargamento del mercato esigevano un organico piano di riadattamento delle nostre strutture produttive. quando la Camera discusse l' adesione dell' Italia al MEC noi socialisti proponemmo un piano quadriennale di adeguamento. l' adesione fu votata. il piano fu respinto. oggi si presentano difficoltà che trovano la nostra economia del tutto impreparata. della crisi dell' agricoltura conosciamo i dati economici e tecnici, che sono stati assai dibattuti nel Parlamento e fuori nei mesi scorsi. siamo nella più completa ignoranza delle soluzioni organiche che il Governo propone. ora, dai dati in nostro possesso emerge in maniera assolutamente chiara che, senza una spinta verso la riforma agraria , intesa nel suo senso più vasto di trasformazione dei rapporti e del sistema di proprietà e di trasformazione delle colture, la crisi si accentuerà, specialmente nei settori produttivi più deboli e indifesi, in primo luogo il lavoro dei braccianti e la piccola impresa coltivatrice. nel settore della Pubblica Amministrazione il Governo, che annunciava piani e programmi per ogni ramo dell' attività economica dello Stato, si è fatto sorprendere da una agitazione che sembra non avere previsto e che è la conseguenza diretta dell' aumento del costo della vita . il Governo si è trovato di fronte allo sciopero dei ferrovieri e dei postelegrafonici; si troverà assai probabilmente, di qui a pochi giorni o a poche settimane, di fronte a nuovi scioperi, forse allo sciopero generale di tutte le categorie dei dipendenti dello Stato. tutto ciò che ha saputo fare e dire è l' invocazione alla ragion di Stato contro il diritto di sciopero degli statali, l' argomento di cui si è servito per dire di no è quello delle esigenze di bilancio. come se ciò che chiedono i ferrovieri, i postelegrafonici e gli altri dipendenti dello Stato non fosse puramente e semplicemente l' adeguamento del loro misero salario, del loro misero stipendio al recente aumento del costo della vita che li pone in condizioni di autentica disperazione. signor presidente del Consiglio , siamo di fronte a fatti sociali di tale natura, il richiamo alle esigenze del bilancio. sono i dipendenti dello Stato che hanno il diritto di rovesciare l' argomento e di pretendere che lo Stato assolva ai propri obblighi di datore di lavoro , adeguando il bilancio, adeguando la spesa e le entrate a un impegno al quale non può venire meno: quello di adeguare la rimunerazione dei servizi al costo della vita ed allo svilimento della moneta. del resto i due fenomeni del rialzo del costo della vita e della progressiva svalutazione della lira, hanno creato allarme in tutti i settori della produzione del lavoro e del commercio, specie quando si è visto il Governo presentare alle Camere una serie di provvedimenti caotici, contraddittori, mal congegnati persino dal punto di vista della tecnica legislativa, quali quelli sulla riforma dei mercati generali , sulla tassazione del gas liquido, sul prezzo della benzina; provvedimenti che la Camera ha respinto perché inadeguati e non sostitutivi di una organica politica della entrata e della spesa pubblica . onorevoli colleghi , se allargassi l' esame critico agli altri aspetti della vita nazionale, sempre arriveremmo alla medesima conclusione. per uno dei più grandi problemi del paese, quello della scuola, il Governo ha annunziato un piano a lunga scadenza con il quale sperava di colpire la fantasia del popolo. non ha adottato nessuno dei provvedimenti immediati attesi dagli scolari e dagli insegnanti, attesi da tutto il paese. né mi attarderò su un problema che ebbi già occasione di trattare a fondo quando il Governo chiese il voto di investitura: il problema, voglio dire, della moralizzazione della vita amministrativa e pubblica, della lotta contro il sottogoverno, dello sradicamento delle molteplici forme di corruzione che stanno distruggendo il tessuto connettivo dello Stato. non so quali saranno le conclusioni della inchiesta Giuffrè. né voglio cercare di indovinarle; ma so, come tutti i colleghi, che dall' inchiesta è scaturita per lo meno la conferma che taluni dei gangli più delicati della macchina dello Stato sono in disfacimento, sono marci e richiedono una azione che il Governo non è in grado di svolgere per rimettere ogni cosa al proprio posto. ho detto che sulla politica estera , all' interno della Democrazia Cristiana , all' interno del blocco conservatore centrista sembrano essersi determinati i maggiori contrasti e le maggiori perplessità. » : in materia di politica estera che abbiamo sentito, in recenti riunioni della Democrazia Cristiana , formulare le critiche più acerbe; è su questo argomento che vi sono statti negli ultimi giorni pesanti interventi di alcuni organi della stampa americana, certamente influenzati, forse addirittura dettati da uomini della Democrazia Cristiana e della maggioranza, parlamentare. ora, se vi è un settore d' iniziativa nel quale il Governo si è dimostrato incapace di soddisfare anche le più modeste richieste della sinistra, è proprio questo della politica estera . noi saremmo stati lieti di recare l' ausilio del nostro appoggio a un' iniziativa di politica estera che, anche nell' ambito del patto atlantico , avesse perseguito l' obiettivo di dare maggiore respiro all' iniziativa italiana, svincolandola dalla passiva obbedienza alle direttive del dipartimento di Stato americano . le circostanze erano propizie per un nuovo corso della politica italiana . la politica estera che fa capo al dipartimento di Stato americano e all' attuale suo segretario è soggetta ad una critica vivacissima che si manifesta proprio negli USA. si può dire che uno degli elementi fondamentali del successo del partito democratico nelle recenti elezioni America, ne scaturisce dalla critica della rovinosa politica estera nella quale il segretario di Stato ha impegnato non soltanto il suo paese, ma anche i paesi della NATO o una gran parte di essi. molti si sono rammaricati per le critiche recenti di un grande giornale di New York , ed avevano ragione di farlo; ma avrebbero avuto ancor più ragione se non si fossero fregiati di ogni approvazione del dipartimento di Stato , come di un passaporto per la loro politica, come di un avallo. ora gli avalli della politica estera italiana vanno cercati nel nostro paese, non fuori, non in America. oggi, nel nostro paese quanti studiano i problemi internazionali e sanno esaminarli a fondo chiedono insistentemente alla maggioranza, chiedono al Governo di prendere coscienza dei rischi che comporta una politica la quale rimanga ligia a vecchie formule di guerra fredda ormai condannate anche negli USA. ora, quale è la nostra politica verso il Medio Oriente e in che misura sono giustificati gli allarmi che, se meritati, sarebbero degli elogi circa nostri nuovi indirizzi? la politica di Palazzo Chigi fino a questo momento non è andata al di là del modesto tentativo di difendere e consolidare nel Medio Oriente taluni interessi petroliferi nazionali. ma, da questo ad avere una politica che crei una corrente di collaborazione tra noi e i popoli arabi , tra lo Stato italiano e gli Stati arabi , ci corre, ahimè molto. tutto è rimasto nei limiti di pure e semplici velleità che non hanno trovato alcun concreto sviluppo. non abbiamo una politica verso la Cina, mentre si avverte sempre di più, ed indipendentemente da ogni valutazione di carattere strettamente politico, che, senza una politica verso la Cina, senza una politica verso l' insieme dei popoli e degli Stati asiatici , la nostra economia rischia di non trovare gli sbocchi di cui ha bisogno. attendiamo, e attenderemo credo per molto tempo ancora una iniziativa che caratterizzi la politica estera nel nostro paese sui grandi problemi europei. rispondere « no » , sull' esempio dell' America, alla proposta sovietica di fare di Berlino una città libera, può avere un senso nell' ambito di una politica capace di mantenere aperto il dialogo e di concorrere ad una soluzione organica della questione tedesca. non ha alcun senso se si risolve soltanto in una posizione negativa e statica, se concorre a immobilizzare una situazione della quale avvertiamo tutti che immobile non può più restare senza grave rischio per il nostro continente. è nuovamente sul tappeto la proposta laburista di creare nel cuore dell' Europa una zona che gli inglesi chiamano di disimpegno, che noi chiamiamo di neutralità una proposta che oggi sembra avere l' adesione dello stesso governo conservatore di Londra e che ha trovato nella nuova edizione del piano Rapacky una strutturazione tale da dare piena soddisfazione alle esigenze affacciate da alcuni paesi europei , il nostro compreso. noi ignoriamo, e probabilmente ignoreremo per un pezzo, qual è la posizione della diplomazia italiana in merito a questa questione. ciò che sappiamo è che ogni sviluppo di politica internazionale che comporti l' allargamento della sfera di influenza di paesi neutrali è considerata con sospetto ed allarme dalla maggioranza, benché rappresenti la sola via di soluzione dei fondamentali problemi del paese e dell' Europa. su queste contraddizioni la politica estera dell' onorevole Fanfani rimane praticamente immobile e non meno illusoria e priva di contenuto di quella praticata dai precedenti governi. onorevoli colleghi , nei confronti di una situazione economica e sociale quale quella che ho descritto, nei confronti della politica generale che il Governo ha praticato nei cinque mesi trascorsi, nei confronti della non politica estera che lo caratterizza, nulla può indurci a riesaminare il voto contrario che demmo cinque mesi or sono. non si tratta di parole, si tratta di cose; è il contenuto della politica che ci interessa; sono gli interessi sociali dei lavoratori, dei ceti tecnici e intellettuali che determinano il nostro voto. le cose concrete ci premono, non la girandola delle promesse per non si sa quando e non si sa come. ora di cose concrete è necessariamente sterile una politica senza maggioranza, che si traduce fatalmente in una maggioranza senza politica. tale è oggi lo stato delle cose . per cui, comunque risolva l' incidente di ieri, anche se il Governo troverà stasera o domani sera una esigua maggioranza che gli consenta di restare in carica , nessun problema sarà risolto. dopodomani, come ieri, sarete daccapo con i vostri « franchi tiratori » e sarete assaliti dai problemi reali del paese che non soffrono indugi. sappiamo, onorevoli colleghi , che l' attacco interno contro il ministero ed il suo presidente parte da uomini che non sono certo nelle nostre grazie. sappiamo cosa rappresenta l' onorevole Scelba, chi è dietro l' onorevole Pella, sappiamo cosa vuole l' onorevole Andreotti. sappiamo cosa è la politica da essi propugnata, quali gli interessi che servono. sappiamo che dietro di loro si agita l' estrema destra , tutta ringalluzzita dagli avvenimenti francesi, nella speranza di avvenimenti analoghi anche se da noi la minaccia non si chiama De Gaulle , ma Salazar, un Salazar che nella realtà sociale e politica del nostro paese assumerebbe alla svelta il ghigno del piccolo cancelliere austriaco, il ghigno della guerra civile . sappiamo tutto questo. tuttavia credo che il peggio sarebbe di distruggere nell' animo del popolo la fiducia in una grande lotta democratica che per essere tale non può imperniarsi su una alternativa i cui termini siano Scelba da una parte e Fanfani dell' altra, ma deve impegnarsi sull' antitesi tra una politica di rinnovamento totale delle istituzioni democratiche e delle strutture economiche e sociali del paese e le forze di conservazione, quale ne sia, l' espressione personale e politica. ecco perché non ci lasciamo prendere, checché si dica o si insinui, al gioco delle piccole scelte ausiliario nelle quali un partito si umilia distruggendo in se stesso e nel paese la fiducia nella democrazia. questo è quanto è avvenuto in Francia, dove tre anni di politica del « meno peggio » hanno aperto la via al generale De Gaulle e ai colonnelli algerini. non è questa l' alternativa della quale abbiamo parlato davanti al paese, alla quale siamo e saremo fedeli: è l' alternativa fra due politiche tra le quali nessun compromesso è possibile. la scelta che proponiamo al paese e al Parlamento è tra una politica di pieno sviluppo della democrazia e delle forze produttive e del lavoro e la politica dei piccoli espedienti quotidiani, dei piccoli compromessi sulle persone e sulle cose nella quale non intendiamo sporcarci le mani. ecco perché con tranquilla coscienza votiamo « no » , come abbiamo votato « no » cinque mesi or sono; ecco perché ci rivolgiamo con fiducia al paese per dirgli che cose di ben scarsa importanza, di ben scarso rilievo politico e sociale stanno dietro alle schermaglie di centrosinistra o di centrodestra. il problema per il paese è di darsi una autentica politica di sinistra, la sola che può affrontare le minacce contro la democrazia, la sola atta ad allargare la base sociale dello Stato e a rompere l' isolamento in cui sono cadute le istituzioni, la sola. che può liquidare le velleità scelbiane e quelle della destra economica, clericale e politica, dentro e fuori della Democrazia Cristiana .