Pietro NENNI - Ministro del bilancio Maggioranza
III Legislatura - Assemblea n. 8 - seduta del 16-07-1958
1958 - Governo IV Fanfani - Legislatura n. 3 - Seduta n. 608
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , eccoci dunque a una delle più gravi crisi che il mondo e l' Europa abbiano conosciuto in questo nostro travagliatissimo dopoguerra. una tale crisi pone in termini assolutamente nuovi il dibattito in corso sulla fiducia da accordare o da negare al ministero Fanfani, e lo imposta sulla politica estera con precedenza assoluta sulla politica interna e sulla politica economica e sociale. per il Parlamento e per il Governo diviene assolutamente necessario definire con estrema urgenza quale pressione essi intendono esercitare davanti alla situazione che si è creata nel Medio Oriente ; quali iniziative prendere, quali misure suggerire affinché, attraverso una serie di fatti compiuti a catena, non si crei una condizione di cose senz' altra via di uscita che l' impiego della forza, con conseguenze che sarebbero spaventose e che possiamo formulare nella previsione di una seconda Corea nel cuore del Mediterraneo, prologo di un conflitto generale e senza esclusione di colpi. come siamo arrivati a una tale situazione? i fatti sono conosciuti dalla Camera e su di essi non sarà necessario attardarsi più dell' indispensabile. mentre si aveva l' impressione che la guerra civile segnasse il passo nel Libano, mentre a Brioni Tito e Nasser, ai quali si era per un momento aggiunto il ministro degli Esteri greco, scambiavano brindisi e sottoscrivevano dichiarazioni contro le interferenze straniere nelle questioni interne degli altri paesi e si pronunciavano con spirito neutralistico contro la divisione del mondo in blocchi precostituiti, mentre si aveva la speranza o l' illusione di una pausa nelle più grosse controversie di carattere internazionale, ecco improvvisamente la rivolta nazionalista e panarabica estendersi alla capitale dell' Iraq e travolgere la monarchia di re Feisal e il suo Governo. era il 14 luglio e può darsi che la giornata non fosse stata scelta senza ragione per muovere all' attacco di temute nuove Bastiglie, e nello spirito sanculotto di tempi passati issare sulle picche come trofei di vittoria le teste mozzate degli avversari, quella del presidente del Consiglio irakeno e, a quanto si dice, quella del re e del principe ereditario. eventi di per se stessi terribili e tanto più terribili nel quadro di una situazione instabile, aperta sotto molti aspetti a tutte le avventure; eventi in ogni caso che hanno la loro causa storica in un movimento che, come avrò occasione di dire tra breve, si iscrive tra i fattori di civiltà del nostro tempo. nota è la risposta americana. su richiesta del presidente del Libano Chamoun, pochi giorni innanzi abbandonato alla propria sorte, gli USA hanno sbarcato i loro marines, occupato Beirut, si sono attestati alle frontiere della Siria, sono a pie d' opera per intervenire nell' Iraq non attendendo per questo che l' invito del re della Giordania. nelle corrispondenze da Washington, che riflettono il punto di vista ufficiale dei circoli americani, si legge con stupore e con allarme che tutte le forze armate americane sono da ieri sul piede di guerra. nulla in ordine di fatto, nulla in ordine di diritto autorizza l' America a sostituirsi all' Onu, sola qualificata ad intervenire laddove esista o si tema un pericolo per la pace. a differenza dell' autunno del 1956, quando gli USA si opposero allo sbarco francese a Suez e insieme con l' Unione Sovietica ottennero il fermo prima e il ritiro poi delle truppe franco-inglesi che marciavano sul Cairo, questa volta Inghilterra e Francia sono solidali con l' America. si parla a Parigi di una rivincita di Mollet, si parla a Londra di una rivincita di Eden. truppe inglesi sono pronte per intervenire in Giordania a sostegno dell' azione di re Hussein; truppe francesi sono pronte a unirsi alle truppe americane, magari sotto la finzione di un corpo internazionale posto sotto il diretto comando dell' Onu. l' Unione Sovietica ha chiesto il ritiro delle truppe americane. non si esclude che essa possa ricorrere a misure più concrete quale l' invio di truppe o di volontari sovietici. Nasser può trovarsi al suo ritorno da Brioni nella necessità di proclamare la guerra santa degli arabi e dei mussulmani con ripercussioni che non interesserebbero soltanto il suo paese e quelli vicini, non che si ripercuoterebbero in tutto il Medio Oriente e anche nell' Africa del nord e in modo particolare in Algeria. vale a dire che sono in opera, onorevoli colleghi , tutti gli elementi di crisi e di minaccia di guerra che noi paventiamo e deprechiamo da tanti anni. si avvera quello che tante volte abbiamo detto da questi banchi, cioè che i problemi che non si risolvono a tempo si incancreniscono ed è triste, per parte nostra, dover cogliere da una situazione a tal punto esasperata e compromessa la prova di aver avuto ragione. tuttavia la Camera ci consentirà di dire che i fatti confermano che noi abbiamo avuto ragione su tutta una serie di problemi che abbiamo tempestivamente illustrato davanti al Parlamento e davanti al paese. avevamo ragione quando dicevamo che il moto di indipendenza o di unione dei popoli e degli Stati arabi si muove sul filo della corrente della storia e poteva e può essere disciplinato o impedito no. avevamo ragione di auspicare dite anni or sono una presa diretta di contatto fra Washington e Mosca sui problemi del Medio Oriente ; avevamo ragione di suggerire, non di proporre perché sarebbe stato andare al di là delle nostre possibilità, una conferenza di tutti i paesi interessati alla pace nel Mediterraneo per risolvere i problemi del Medio Oriente e garantire l' esistenza e il pacifico sviluppo dello Stato di Israele ; eravamo nel giusto credo, quando denunziammo gli interessi petroliferi americani, britannici e francesi come ostacolo a una soluzione di ragione e quando sollecitavamo da parte del nostro Governo un intervento attivo nel Medio Oriente ; anche nelle questioni petrolifere, un intervento di radiazione e di pacificazione tale da costituire un fattore di pace e di distensione. eravamo nel giusto, quando dicevamo che l' agente pro Unione Sovietica più attivo nel Medio Oriente è l' Occidente capitalista, incapace di intendere il senso della storia, di inquadrare la nozione dei propri interessi in una nuova politica la quale tenga conto delle aspirazioni e della volontà dei popoli di svincolarsi da ogni forma di sudditanza, da ogni forma di tutela straniera. ho detto e scritto più di una volta, onorevoli colleghi , della scarsa nostra simpatia per i colonnelli dittatori e per il fanatismo religioso del panarabismo. di simpatia ne abbiamo ancora meno per i re da Mille e una notte o più semplicemente per i re da boîte de nuit . non si tratta, però, di questo, onorevoli colleghi . Nasser è un prodotto e non è la causa della rivoluzione panaraba. bisognava metterlo in condizione di attuare l' unione degli arabi nel quadro di una politica neutralista e di equidistanza tra est ed ovest. bisognava capire che per la RAU la neutralità e la equidistanza erano, così come sono, una via obbligata, corrispondente agli interessi di quei popoli. forse, onorevoli colleghi , nella drammaticità degli eventi di questi giorni e di queste ore vi è una ultima occasione da cogliere, vi è la possibilità di ritentare una soluzione di insieme dei problemi del Medio Oriente che tenga conto degli interessi fondamentali della pace, la pace del Medio Oriente , la pace del Mediterraneo, in Europa e nel mondo. non vi è però molto tempo da perdere. ieri contammo i giorni, le settimane e i mesi (e se ne sono perduti molti senza far nulla), oggi contano i minuti e possono addirittura contare i secondi. onorevole Fanfani, noi non abbiamo nessuna intenzione di prenderla a gabbo per il modo in verità troppo spiccio con cui nelle dichiarazioni programmatiche sono stati, non trattati, ma elusi i problemi della nostra politica estera , dopo una polemica tra uomini della vostra maggioranza, o potenzialmente tali, tra gli onorevoli Saragat e Pacciardi, che aveva posto sul tappeto, tra l' altro, anche la questione dei nostri rapporti con i popoli e con gli Stati del Medio Oriente . una vera fortuna, onorevole Fanfani, che dopo le frasi convenzionali sulla fedeltà all' Alleanza Atlantica e sulla vocazione europeista dell' Italia, non figuri nella sua dichiarazione una frase altrettanto convenzionale sulla validità della dottrina di Eisenhower o sul permanente valore dell' alleanza di Bagdad. i suoi immediati predecessori a Palazzo Chigi non avrebbero mancato di dirlo. essi non avevano al loro attivo o al loro passivo, a seconda dal punto di vista dal quale ci si colloca, la posizione che l' onorevole Fanfani ha preso due anni or sono sulla crisi della pace di ottobre-novembre sotto l' influenza degli avvenimenti ungheresi e di quelli egiziani, posizione consegnata in un opuscolo Autunno 1956 , al quale ho chiesto lumi per interpretare una frase piuttosto contorta della dichiarazione ministeriale, quella che si riferisce alla necessità di costruire assieme agli alleati una politica che « nell' adempimento dei compiti che ad ognuno assegna la geografia o il particolare momento storico, rechi un contributo all' allargamento, sia pure indiretto, di quella solidarietà con i popoli liberi che la espansione della libertà e della prosperità necessariamente reca con sé » . se non mi inganno è questa la sola concessione che il presidente del Consiglio ha fatto al mancato vicepresidente del Consiglio onorevole Saragat (mancato per volontà propria), il quale aveva enunciato un pensiero analogo e in una forma altrettanto nebulosa ravvisando la vocazione pacifica dell' Italia « nel contributo da dare per allargare l' area della libertà e della prosperità in special modo nel settore mediterraneo » . parole che, come i colleghi sanno, hanno messo in furore l' onorevole Pacciardi, il quale tuttavia si appresta con una astensione che nel suo spirito è il preannuncio di un voto favorevole a concorrere alle fortune del ministero. ora nella luce degli avvenimenti di due anni or sono e della posizione presa allora dalla Democrazia Cristiana e dal suo segretario, che cosa significano le parole del presidente del Consiglio ? allora l' onorevole Fanfani si faceva eco della dolorosa sorpresa che gli procuravano ad un tempo i fatti d' Ungheria e quelli di Egitto; allora il segretario della Democrazia Cristiana prendeva posizione netta contro l' intervento franco-inglese a Suez e non voglio credere che fosse soltanto perché si sentiva le spalle coperte dalla analoga posizione presa dagli USA; allora egli deprecava il ripetersi dei rischi che erano stati grandi, lodava il nostro collega onorevole La Pira degli sforzi compiuti per « impedire che la forza si sottraesse alla ragione trasformando il Mediterraneo prima e tutto il mondo poi in un nuovo campo di rovine » ; allora l' onorevole Fanfani si augurava che fra USA e Unione Sovietica si potesse raggiungere un punto di incontro tale da garantire durevolmente la pace; allora egli guardava pieno di fiducia alla evoluzione dei popoli e degli Stati asiatici e africani « che si affacciano alla ribalta della vita internazionale e che offrono all' Italia » (sono parole sue) « prospettive nuove, non presuntuose ma dinamiche, di iniziativa nel campo economico oltreché in quello culturale per aiutare ad un tempo il loro progresso civile e sociale e la loro sempre più approfondita e coerente adesione ai principi democratici della convivenza umana » . allora l' onorevole Fanfani apertamente dichiarava, nella veste che non ha smesso di segretario della Democrazia Cristiana (anche se ad essa ha aggiunto quella di presidente del Consiglio e di ministro degli Esteri ), che in base agli stessi principi per cui condannava l' intervento sovietico in Ungheria « la Democrazia Cristiana non può non orientare il popolo italiano a condannare interventi indebiti ed azioni ingiuste da chiunque commesse » . sono parole assai chiare, sono impegni che vanno evidentemente al di là del motivo occasionale che li ha determinati. come intende oggi la Democrazia Cristiana orientare il popolo italiano nella crisi presente? come intende orientarlo il Governo? onorevoli colleghi , l' intervento del 1958 non è diverso da quello del 1956; anche se diversi sono i protagonisti, le conseguenze possono avverarsi ancora più gravi di allora. su tre punti io chiedo al presidente del Consiglio di pronunciarsi senza equivoci: sulla condanna dell' intervento americano e di ogni altro intervento che non sia deciso dall' Onu con truppe arruolate dall' Onu come quelle che due anni or sono intervennero in Egitto per lo sgombero delle truppe anglo-francesi e di quelle israeliane; sulla necessità che tutto il problema del Medio Oriente sia senz' altro portato dinanzi all' Assemblea dell' Onu , senza altri fatti compiuti di alcun genere; sulla precisa e concreta volontà del nostro paese di adoperare ogni sua influenza nel Medio Oriente per riavvicinare le parti, mai per associarsi ad iniziative di intervento militare e di partecipazione militare. la risposta su questi punti mostrerà se la Democrazia Cristiana ed il suo leader sono o no fedeli alle posizioni prese due anni or sono in sede di partito, e chiarirà il senso e la portata di tutta la politica estera del nostro Governo. giacché, onorevoli colleghi , tutta la politica internazionale (e quindi tutta la nostra politica estera ) ha oggi il suo banco di prova nel Medio Oriente . ivi sono in azione le diverse forze ed i diversi orientamenti; ivi stanno per essere messi alla prova la natura e la estensione territoriale, giuridica e politica dei nostri impegni atlantici. quando, onorevoli colleghi , il nostro congresso socialista di Torino, presso a poco quattro anni or sono, invitava il Governo ad attenersi ad una interpretazione del patto atlantico strettamente difensiva e geograficamente delimitata agli impegni del patto stesso, aveva presente una situazione come quella che in questi giorni si è determinata nel Medio Oriente . orbene, il patto atlantico non impegna l' Italia in nessuna guisa nel Medio Oriente , ci lascia piena libertà di iniziativa e di azione. noi attendiamo di sapere se il Governo intende valersi o no della libertà. che esso ha, e che se venisse alienata verrebbe alienata contro la lettera e lo spirito dei trattati che la maggioranza del Parlamento ha ratificato con il proprio voto. noi intendiamo sapere, onorevoli colleghi della Democrazia Cristiana , se la libertà del nostro paese verrà sacrificata all' astensione del collega Pacciardi o al voto favorevole di quei pochi oltranzisti atlantici sparsi nei diversi gruppi e che nel paese non rappresentano assolutamente nulla. il punto determinante per noi rimane questo: l' adesione al patto atlantico non vincola in nessuna maniera la nostra libertà di iniziativa e di azione nel Medio Oriente . nel Medio Oriente abbiamo interessi politici, economici, culturali che sono i nostri e che sono diversi da quelli americani, inglesi e francesi... anche dell' Unione Sovietica certamente: interessi che sono la conseguenza dei dati particolari della geografia e della economia. svolga il nostro paese l' azione che gli è propria: quello per noi è il modo più efficace per garantire ad un tempo gli interessi nostri, quelli dell' Europa, quelli della democrazia, della libertà e della pace. signor presidente onorevoli colleghi , il passaggio da questi temi angosciosi, drammatici, ad un esame analitico della dichiarazione ministeriale per quanto si riferisce alla nostra situazione interna ed ai problemi economico-sociali del nostro paese, è forse una stonatura, ma una stonatura necessaria. è anche un dovere al quale non mi sottrarrò, un pochino anche per scaramanzia, nella speranza, che la tempesta che si è addensata sul Mediterraneo possa disperdersi alla svelta e che noi possiamo rivolgerci con maggiore tranquillità e serenità, ai problemi del nostro orticello domestico. avevo letto, onorevoli colleghi , prima dei drammatici avvenimenti internazionali in corso , che la posizione dei socialisti nel dibattito e nel voto sulle dichiarazioni programmatiche del ministro Fanfani sarebbe particolarmente difficile. non ne avevo l' impressione. in fondo noi tiriamo oggi in sede parlamentare, e sulla soglia della terza legislatura del Parlamento repubblicano, le condizioni della campagna elettorale . ora, alla campagna elettorale il partito socialista si è presentato su posizioni chiare, su una piattaforma politica e su un programma che gli hanno valso un notevole successo e che condizioneranno l' azione del partito del paese e l' azione dei gruppi parlamentari socialisti nel Parlamento. vi è un po' la tendenza, onorevoli colleghi , a dimenticare che le elezioni hanno avuto, non un solo vincitore, ma per lo meno due e che questi vincitori si sono affrontati su delle posizioni politiche la cui validità va al di là delle elezioni e che non sono certamente molto facili da conciliare. noi non contestiamo il successo conseguito dalla Democrazia Cristiana anche se nella constatazione c' è una forzata punta di amarezza; vorremmo che il centro non contestasse il nostro successo), cercasse di comprenderne i motivi, di intenderne il senso. vero che esso non è stato tale da spezzare il monopolio democristiano del potere; e tuttavia il successo socialista si iscrive in una linea di sviluppo che ci consente di guardare al domani — parlo del domani immediato — con molta serenità e con molta fiducia. tanto più che la Camera non ignora cosa c' è dietro il partito della Democrazia Cristiana e il partito socialista . fossero mezzi assai diversi e assai sproporzionati. dietro la Democrazia Cristiana , la forza spirituale e materiale della Chiesa, entrata a bandiere spiegate nella contesa elettorale come se si fosse trattato di una scelta morale e religiosa. e non di una scelta politica. dietro la Democrazia Cristiana , la forma dell' apparato dello Stato nella misura in cui esso riesce ad influenzare e, all' occorrenza, a. corrompere o ad intimorire determinati strati degli elettori. a favore della Democrazia Cristiana , i mezzi più moderni dell' informazione e della formazione dell' opinione pubblica . dietro di noi e con noi, in una competizione in cui siamo stati violentemente aggrediti dal centro e dall' estrema sinistra , in cui ogni nostra tesi, ogni nostra parola, sono state sviste dai maggiori organi d' informazione del paese; dietro di noi la fede, entusiasmo di migliaia di militanti, i quali hanno supplito alla deficienza dei nostri mezzi nazionali. e, in definitiva, una schietta ondata di consensi ha coronato l' impegno del partito: consensi non sufficienti ancora per rovesciare nel Parlamento i vecchi rapporti di forza, tali comunque da sottolineare e rafforzare la legge di tendenza che fa del partito socialista il protagonista dell' alternativa democratica al monopolio democristiano del potere, al centrismo, alla politica dei conservatori del nostro paese. su quali posizioni, onorevoli colleghi , il partito socialista italiano ha raccolto 4 milioni e 280 mila voti? prima di tutto, sulle posizioni di autonomia del partito, quali sono uscite da un lungo interno travaglio che risale press' a poco a cinque o sei anni or sono e quali sono state definite dal nostro congresso di Venezia. sono posizioni duramente attaccate al centro e all' estrema sinistra come equivoche o come sbagliate; sono posizioni (perché non lo dovremmo dire?) che anche fra noi socialisti danno luogo, sotto taluni aspetti, ad interpretazioni diverse. sono, nel loro fondo e nella loro sostanza, la piattaforma sulla quale il partito socialista si muove e va avanti da alcuni anni a questa parte. in secondo luogo, il successo del partito si è delineato nel 1953 e si è allargato nel 1958 sulle posizioni dell' alternativa democratica, nella duplice accezione di alternativa di Governo in senso stretto e di alternativa politica tale da comportare un rinnovamento integrale negli uomini oltre che nelle direttive, una politica nuova sostenuta da una nuova maggioranza. noi dicemmo agli elettori, in modo chiaro e responsabile, quali erano le condizioni in cui poteva realizzarsi l' alternativa. innanzitutto, con un successo del partito socialista , il quale ci ponesse in condizione di determinare l' indirizzo della nuova legislatura; in seguito, col ridimensionamento della Democrazia Cristiana a quelle che a noi parevano le sue forze reali, senza apporti di paura, senza apporti di elementi estranei alla lotta politica o che estranei dovrebbero rimanere. noi vedevamo in queste due condizioni la realizzazione di una decisiva svolta politica capace di imporre alla Democrazia Cristiana , a noi, a tutti i partiti, la necessità di assumere le responsabilità inerenti all' appello rivolto agli elettori. noi vedevamo in queste condizioni l' elemento necessario per impedire la subordinazione dei grandi problemi politici e sociali del paese all' equilibrio interno della Democrazia Cristiana . tali condizioni, le elezioni non le hanno realizzate, anche se hanno rafforzato la tendenza che in esse si esprime. il successo del nostro partito non ha fatto di noi gli arbitri della terza legislatura del Parlamento. lungi dal venire dimensionata, la Democrazia Cristiana ha esteso la propria base elettorale assorbendo o riassorbendo buona parte dell' elettorato dell' estrema destra . dopo le elezioni, come prima, la Democrazia Cristiana ha potuto eludere ogni scelta politica e grazie ai socialdemocratici può sperare di mantenere il proprio equilibrio interno, per provvisorio che sia, su una piattaforma riformista che non l' impegna a fondo su nessun problema e che corrisponde oggi alle tendenze riformistiche del moderno capitalismo, corrisponde alla natura di determinati interessi conservatori, che si sentono meglio rappresentati dalla destra democristiana che dalla estrema destra del Parlamento, meglio rappresentati dall' onorevole Pella o dall' onorevole Andreotti o magari dall' onorevole Fanfani che non dall' onorevole Malagodi o dal comandante Lauro. così stando le cose, onorevoli colleghi , un partito che come il nostro ha fatto le elezioni contro il monopolio democristiano del potere, contro il centrismo, per l' autonomia dello Stato nei confronti della Chiesa e nei confronti degli interessi capitalistici, un partito il quale ha prospettato un orientamento interamente nuovo della politica generale del paese, un partito che in materia di integrale applicazione della Costituzione, di riforma della scuola, di moralizzazione della vita pubblica , di indirizzo economico e sociale , di politica del lavoro e di politica estera , si è battuto per un programma del quale si ritrovano nella dichiarazione del Governo soltanto alcuni punti, collocati in una prospettiva diversa e qualche volta antitetica alla nostra, questo partito, il nostro, ha la sua via tracciata: per mantenere aperta la prospettiva e la via dell' alternativa democratica di cui è protagonista, il suo posto è all' opposizione. onorevoli colleghi , prima di affrontare il confronto dei programmi che, astrazione fatta per un momento dei problemi della politica estera , determinerà il carattere della nostra opposizione, conviene domandarci se la presenza dei socialdemocratici nel ministero Fanfani attenua in una qualsiasi misura il monopolio democristiano del partito, se colora diversamente che nel passato il centrismo democristiano. la risposta a questi due quesiti non può che essere negativa. lascio da parte la incoerenza dei socialdemocratici, i quali si sono presentati alle elezioni portatori di tre istanze: precedenza del problema della unificazione socialista su quello del Governo; denuncia dell' integralismo cattolico da essi individuato nel gruppo Fanfani; alternativa democratica al Governo democristiano; e che hanno lasciato cadere tali istanze come se si trattasse di carta straccia non appena si è accennato alla loro partecipazione. lascio da parte la più complessa questione della partecipazione socialista a governi borghesi, che è tema che non ha alcun rapporto reale con le posizioni attuali della socialdemocrazia. la verità, che non sfugge ad una gran parte dei socialdemocratici, è che dopo le elezioni, che sono state una conferma della sconfitta della socialdemocrazia nel 1953, la socialdemocrazia stessa non ha alcuna possibilità di condizionare la Democrazia Cristiana , né per l' esiguità del peso specifico delle forze che essa rappresenta, né per lo spirito con cui accede alla partecipazione come fatto tecnico, più che politico. è singolare del resto il modo con cui l' onorevole Fanfani ha spiegato l' alleanza con i socialdemocratici: non dando una giustificazione di carattere politico, ma soltanto di carattere aritmetico, in riferimento alla legge dei numeri. nella replica al Senato l' onorevole Fanfani ha spinto fino all' estremo limite la concezione strumentale delle alleanze non politiche ma aritmetiche: primo, quando ha ricordato che il primo giugno a Napoli egli si era rivolto a tutti i partiti della vecchia coalizione centrista, deplorando che una risposta favorevole fosse venuta soltanto dalla socialdemocrazia e una risposta non pregiudizialmente contraria soltanto dal partito repubblicano ; secondo, quando in riferimento all' invito che egli aveva rivolto ai monarchici e forse anche ai fascisti in occasione del fallito tentativo ministeriale del gennaio-febbraio 1954, egli si è divertito a punzecchiare non so quali rimorsi tardivi dell' onorevole Covelli. rimorsi tardivi solo per i monarchici o anche per la Democrazia Cristiana o anche per lei, onorevole Fanfani? onorevole Fanfani, nel 1954 ella si rivolgeva ai monarchici e ai fascisti, non ai socialisti. in verità in questa sua interruzione, come del resto già nella sua replica ai Senato, emerge la tendenza a vedere negli alleati che sollecita ed invita, dei numeri soltanto, vale a dire che per lei socialdemocratici, repubblicani, liberali, monarchici, fascisti sono esattamente la stessa cosa, purché concorrano a mantenere in vita un ministero. in queste condizioni, onorevole Fanfani, quando ella al Senato ha parlato di una punta di invidia del partito socialista per i socialdemocratici e per il modo spicciolo con cui, per correre ad un appuntamento ministeriale, hanno rinunciato alla loro stessa dignità politica, mi creda, non ci ha offesi: ha dimostrato soltanto di non capirci e di non conoscerci. e questo può essere grave per forze politiche costrette se non a coabitare, almeno a coesistere nei ristretti limiti del comune paese. e veniamo al programma. io non credo che quello dell' onorevole Fanfani sia il programma più avanzato fra quelli presentati dalla Democrazia Cristiana , anche se si preannuncia come il meglio articolato e il più organico. il programma più avanzato rimane, sulla carta, quello degasperiano del terzo tempo sociale, quando vennero enunciate le leggi di riforma fondiaria e di riforma dei patti agrari dell' onorevole Segni, rimasta la prima entro i limiti della legge stralcio , sabotata la seconda anche per opera dell' onorevole Fanfani quando fu al ministero dell'Agricoltura , l' una e l' altra abbandonate nel nuovo programma della Democrazia Cristiana , benché l' una e l' altra avessero ricevuto, nel corso della campagna elettorale innumerevoli consensi e fossero apparse come la condizione della pace sociale nelle nostre campagne. ad ogni modo, il programma del ministero Fanfani, confrontato con quello socialista, risulta del tutto insufficiente nella sua impostazione politica; testimonia, anzi, in questo campo, un distacco dal senso dello Stato democratico , che costituisce forse l' elemento più inquietante della intera relazione ministeriale. il problema dell' autonomia dello Stato rispetto alle interferenze private e rispetto alla Chiesa è praticamente ignorato. non basta, infatti, enunciare una vaga ed imprecisata futura legge sui monopoli. non si ha il diritto, io credo, dai banchi del Governo , di ridurre ad alcuni episodi lo svuotamento organico dello Stato, di funzioni che gli sono proprie e che esso non può delegare a nessuno, neppure alla Chiesa. non basta dire che le parti contraenti, Stato e Chiesa, devono osservare il Concordato. importa definire, dal banco del Governo , l' interpretazione, dirò così, autentica del Concordato e soprattutto del suo articolo 43, quello che subordina il riconoscimento da parte dello Stato delle organizzazioni dipendenti dalla Azione Cattolica all' impegno che esse svolgano la loro attività all' infuori di ogni partito politico . in materia di applicazione delle leggi costituzionali , ci trova naturalmente consenzienti l' annunzio della legge per la regolamentazione del referendum e di quella sul riconoscimento del carattere vincolante dei contratti collettivi per tutte le categorie alle quali tali contratti si riferiscono. senonché manca ogni accenno al riconoscimento giuridico delle commissioni interne, alla tutela del lavoratore contro gli arbitri e le discriminazioni del datore di lavoro , alla giusta causa per i casi di licenziamento. per le regioni, il presidente del Consiglio ha introdotto una « prima » , un « poi » , un « indi » che sono assai arbitrari in una materia che doveva essere regolata da anni e nella quale il Governo deve attenersi agli obblighi costituzionali, e basta. il prima si riferisce all' attuazione degli statuti di applicazione nelle regioni a regime speciale; il poi alla creazione della regione Friuli Venezia Giulia , che dovrà contemplare, a nostro giudizio, uno statuto particolare per la città e per la zona di Trieste; l' indi alle regioni ordinarie, quelle a proposito delle quali non dovrebbero sorgere le controversie suscitate da parte liberale, in quanto, per esse, è indiscutibile che si tratta dell' applicazione del principio dell' autonomia amministrativa e del decentramento amministrativo . ora, a questo proposito, la legge finanziaria potrebbe essere votata anche subito se la Democrazia Cristiana ne avesse la volontà, e potremmo affrettarci a votare la legge Amadeo sul sistema di elezione dei consigli regionali , legge che i colleghi comunisti hanno deciso di ripresentare alla Camera nel testo già votato dal Senato, legge che il gruppo socialista del Senato ha già ripresentato o sta per ripresentare al Senato. a proposito del Senato, la riesumazione annunziata dal presidente del Consiglio , del vecchio progetto De Nicola di integrazione dell' altro ramo del Parlamento, ci sorprende e non ci convince. la via dell' integrazione era nella riduzione del quorum per la elezione dei senatori da 200.000 a 150.000 abitanti. in questo senso si era pronunciato il Senato quasi all' unanimità; in questo senso non poté pronunciarsi la Camera perché, per ragioni che ancora oggi appaiono tutt' altro che chiare, all' accordo intervenuto nell' altro ramo del Parlamento la Democrazia Cristiana si sottrasse alla Camera. comunque, noi siamo favorevoli all' integrazione del Senato, purché l' Assemblea mantenga il suo carattere di diretta espressione della volontà popolare , purché cioè non si crei un' assemblea di notabili, ciò che sarebbe in contrasto con lo spirito e con la lettera della Costituzione. sempre in riferimento al Senato ci sembra necessario procedere il più rapidamente possibile alla riforma della legge elettorale e così pur a quella dei consigli provinciali . ci trova naturalmente concordi la promessa del Governo di abrogare le leggi ed i regolamenti giudicati anticostituzionali con sentenza della Corte costituzionale . e, a proposito della Corte, sollecitiamo chi di dovere a procedere alla nomina, che in virtù dell' articolo 10 della legge costituzionale 11 marzo 1953 appartiene al Parlamento: dei 16 membri aggregati destinati ad entrare in funzione quando la Corte dovesse deliberare in sede penale. stimiamo ugualmente urgente dare pronta soluzione alla vertenza sulle precedenze impostata dalla Corte costituzionale con la sua deliberazione del 17 gennaio 1958. ho già avuto occasione di dire in altra sede, e amo qui ripetere, che non si tratta affatto di una questione di protocollo, ma della posizione costituzionale del supremo organo costituzionale del paese. la Corte ha dato prova nel breve giro di due anni di un coraggio politico che le è valso la più alta considerazione del paese e che deve valerle la considerazione del Parlamento. sul tema della moralizzazione della vita pubblica , il programma governativo elude il problema quando lo riduce alla necessità di norme più efficaci contro l' usura e contro il lenocinio. saranno certamente norme necessarie ed utili, e tuttavia il problema della moralizzazione della vita pubblica e amministrativa non sta in codesti termini. noi 10 ponemmo in termini chiari ed espliciti davanti al corpo elettorale , noi lo riproponiamo davanti al Parlamento nei suoi termini concreti: denunzia del sottogoverno e della corruzione di cui il sottogoverno è lo strumento; denunzia del sistema della discriminazione sui posti di lavoro e nelle pubbliche amministrazioni; denunzia del sistema delle raccomandazioni che suppliscono molte volte al merito e ai titoli di lavoro e di studio. si chini il Governo su questi gravi problemi di costume; agisca, se può e se vuole, e se non può e se non vuole si prepari ad essere attaccato duramente, come è necessario di fronte a sintomi di vera e propria decomposizione dell' unità morale della nazione, del rapporto fra l' individuo e la società, tra il cittadino e lo Stato. e vengo alla parte economico-sociale delle dichiarazioni governative, la sola che abbia dato alla presentazione del ministero Fanfani un certo carattere di novità, con i suoi programmi pluriennali di sviluppo. il più importante è di gran lunga quello scolastico. ma, a differenza di quanto sembra credere l' onorevole Fanfani! quello della scuola non è soltanto un problema quantitativo ed economico (di aule, di numero dei maestri, degli insegnanti e degli scolari) ma è anche problema qualitativo. politico di indirizzo scolastico. nel nostro programma elettorale abbiamo sottolineato quelle che ci sembrano le tre esigenze fondamentali del rinnovamento della scuola: la sua democratizzazione, un nuovo orientamento dell' insegnamento, l' adeguamento dell' insegnamento alle esigenze dello sviluppo economico e tecnico dei nostri tempi. abbiamo reclamato e reclamiamo un programma di emergenza per lo sviluppo della ricerca scientifica ; abbiamo fatto proposte precise per la riorganizzazione su base democratica della cultura di massa, dello spettacolo, delle varie iniziative ricreative e sportive; abbiamo chiesto che si attribuisca carattere di priorità alle spese della scuola. vedremo quanto dei nostri propositi entrerà nei piani del Governo. non abbiamo del resto la presunzione di avere colto nel loro insieme e nella loro complessità le esigenze della scuola pubblica, ma tale presunzione non possono mere né la Democrazia Cristiana né il Governo. e siccome abbiamo presentato davanti alla Camera una richiesta di inchiesta parlamentare sullo stato attuale della scuola e dell' insegnamento, così vogliamo sperare di poter contare, in favore dell' inchiesta, sul parere favorevole del presidente del Consiglio , del ministro della pubblica istruzione e sul voto della maggioranza della Camera. quanto agli altri numerosi progetti del Governo, essi costituiscono un insieme di intenzioni (alcune lodevoli) che potranno essere concretamente valutate soltanto alla prova dei fatti. non dispiace, in ogni caso, sentire riconoscere dai banchi del Governo che una politica di sviluppo economico non accompagnata da una politica dell' energia non è vitale; non dispiace sentir parlare di una politica creditizia capace di selezionare i finanziamenti; non dispiace sentir enunziare il proposito di dare ai problemi economici un avvio che consenta di conseguire mutamenti anche strutturali nella società italiana . sono cose da noi dette e ripetute tante e tante volte. si tratta di tesi che sono ancora nelle orecchie degli elettori per averne noi parlato per lungo e per disteso durante la campagna elettorale : sono considerazioni che si trovano alla base del nostro programma di una più alta giustizia sociale . che cosa del nostro programma e delle singole provvidenze che comporta, si allontana o si avvicina alle intenzioni del Governo. la risposta definitiva verrà dai fatti. si può tuttavia osservare che il moderno sociologismo cattolico, che ispira il programma dell' onorevole Fanfani, ha per lo meno un punto di contatto con il socialismo laddove l' uno e l' altro postulano una economia politica che abbia per fondamento l' uomo e non il diritto di proprietà. senonché, onorevoli colleghi , una economia politica al servizio dell' uomo non si realizza senza rottura nelle strutture capitalistiche. non esiste, perciò, la contrapposizione tra evoluzione e rottura dei vecchi rapporti di produzione e di proprietà che l' onorevole Fanfani ha opposto nella sua replica al Senato al nostro compagno senatore Negri. il contrapposto dell' evoluzione non è la rottura dei vecchi rapporti sociali e di produzione, ma è la stagnazione, oppure la insorgenza catastrofica e rivoluzionaria. tornando al problema economico-sociale dirò che nel programma preventivo manca del tutto qualsiasi enunciazione delle difficoltà da superare, delle opposizioni da vincere, degli interessi da contrastare per realizzare una politica di sviluppo della produzione, una politica di maggiore occupazione, una politica di rinascita delle zone depresse . per esempio, per quanto riguarda il Mezzogiorno, l' onorevole Fanfani trascura completamente l' aspetto fondamentale della questione, quello a cui va addossata la maggior parte della responsabilità dell' insuccesso, pressoché totale, della politica di riforma agraria e di quello parziale della Cassa per il Mezzogiorno ; vale a dire l' assenza di una autonomia politica, oltre che amministrativa, degli istituti preposti all' applicazione di una politica i cui risultati, del resto, risultino assolutamente sproporzionati ai costi. il segreto del successo è nella piena autonomia e responsabilità. degli enti preposti a tale riforma. qui l' onorevole Fanfani avrebbe dovuto trovare, conformemente, del resto, all' opinione di tanti studiosi di parte cattolica, il filo d' oro non per continuare in una politica male impostata, ma per rovesciarla, ricominciandola con criteri interamente nuovi. è evidente che per assumere un atteggiamento così coraggioso e spregiudicato, il Governo dovrebbe affrontare di petto la rete intricata delle resistenze e degli interessi del suo partito, del Governo e del sottogoverno, delle clientele nate e prosperate all' ombra della cosiddetta riforma; rompere cioè un passato che purtroppo è ancora un presente. questa era la scelta politica da fare e questa scelta l' onorevole Fanfani non l' ha voluta fare. eguale negligenza nella valutazione delle resistenze da vincere e perciò nel carattere e nel costo politico di ogni volontà di riorganizzare il mercato finanziario e del credito. ho già detto che noi abbiamo sentito enunciare con piacere dai banchi del Governo l' intenzione di perseguire una politica selettiva del credito. siamo di fronte, qui, se le parole avessero il loro senso proprio e compiuto, a una scelta fondamentale, capace da sola di caratterizzare non soltanto una politica del credito, ma una politica generale economica. si rende conto l' onorevole Fanfani che o la parola non ha senso alcuno o, se ne ha uno, essa significa contrastare ai gruppi dirigenti dei monopoli la sistematica confisca del più e del meglio delle disponibilità creditizie; confisca che alimenta e continuamente accresce il loro potere? si rende conto che se tale fosse la politica enunciata, essa suonerebbe come una dichiarazione aperta di guerra al grande monopolio e ai grandi interessi, i quali hanno dimostrato, con il loro atteggiamento, di non considerarsi affatto minacciati nella loro politica e nei loro privilegi? sembra, del resto, che non esista enunciazione dell' onorevole Fanfani che non comporti immediatamente limiti che rischiano di toglierle ogni efficacia esecutiva. così è per l' industrializzazione delle zone depresse , per la quale l' onorevole Fanfani aveva una sola cosa da dire e non l' ha detta: che, se si vuole realizzarla sul serio, occorre passare dalla politica degli incentivi all' iniziativa privata , che si è dimostrata costosa e scarsamente concludente, a una politica di investimenti diretti da parte dello Stato e delle sue aziende. così è per la politica dell' energia, per la quale il programma di nazionalizzazione, fatto proprio dalla socialdemocrazia, si è tradotto in una specie di vermiciattolo di sesso ambiguo, del quale è impossibile definire le caratteristiche. aspetteremo, ha detto in sostanza l' onorevole Fanfani, che le concessioni idrauliche vengano a scadere e le affideremo allo Stato. ma si è reso conto il presidente del Consiglio delle date di scadenza delle concessioni, che sono tutte molto lontane? si è reso conto che l' intenzione di raggruppare in un unico ente le partecipazioni economiche dello Stato, non risolve per niente il problema di iniziare una politica energetica , della quale pur tuttavia si dice che è il complemento necessario di ogni programma di sviluppo? la meticolosa cura posta dall' onorevole Fanfani nello schivare ogni impegno concreto, traspare in ogni altro aspetto del suo ambizioso programma. ma non sarà di lunga durata. ci incaricheremo noi di far trovare il Parlamento e il Governo di fronte a proposte di legge concrete, come quella per la nazionalizzazione delle industrie elettriche. l' onorevole Fanfani non ha detto alcunché di persuasivo sulla crisi della nostra agricoltura, anche in ordine ai problemi economici inerenti alla entrata in vigore del mercato comune europeo, se mai questa entrata in vigore si verificherà. come si intende affrontare il problema delle inevitabili trasformazioni culturali di cui la rinuncia all' ammodernata battaglia del grano non è che un aspetto? a chi far pagare il costo delle trasformazioni? la clamorosa rinuncia ad ogni politica di riforma dei contratti agrari, quella, ancora più clamorosa, alla riforma fondiaria denunciano la capitolazione del Governo di fronte alle forze della conservazione rurale. l' una e l' altra rinuncia non trovano un adeguato correttivo all' annuncio che i proprietari terrieri, i quali entro tre anni non compissero le necessarie opere di bonifica, verrebbero espropriati, e neppure nella proroga dei contratti agrari. la prima di queste misure non può sostituire un piano organico di riforma fondiaria ; la seconda ha il carattere di un espediente dilatorio in cui la stessa proposta di legge Segni-Sampietro è da considerare inadeguata e in cui nelle zone a mezzadria e più ancora nel Mezzogiorno e nelle isole, nelle zone a colonia parziaria impropria o propria, l' esigenza della riforma dei contratti agrari si fa sentire in modo imperioso e condiziona il superamento della scissione fra la proprietà e l' impresa che è uno degli elementi necessari per costituire o ricostituire l' unità produttiva nell' azienda agricola. queste, onorevoli colleghi , sono alcune delle considerazioni che si possono fare sugli intenti programmatici del nuovo Governo. ve n' è una di fondo che le involge tutte. con la maggioranza che sta dietro l' attuale ministero non è possibile nessuna organica politica di sviluppo economico che esca dai limiti del centrismo per sua natura impotente. basta che l' onorevole Fanfani si guardi attorno, sui banchi del Governo e sui banchi della Democrazia Cristiana , per individuare gli uomini della « vespa » di domani, se si tentasse di fare qualche cosa nel senso di una politica economica che abbia come fondamento l' uomo e non la difesa del diritto di proprietà. non tutti, per fortuna, chiudono gli occhi di fronte a questa constatazione e voci e critiche si sono già fatte intendere all' interno della Democrazia Cristiana da parte della sua sinistra, voci che già paventano di vedere il bipartito seguire le orme del quadripartito, voci che già avvertono che sulla base del programma Fanfani-Saragat non è da attendersi alcuna trasformazione degli attuali rapporti di proprietà e di produzione. noi aspettiamo la sinistra democristiana, la sinistra socialdemocratica, la sinistra repubblicana alla prova dei disinganni che le attendono. per parte nostra, onorevoli colleghi , ci sono due cose che non faremo: non avalleremo il sinistrismo di facciata dietro il quale il gruppo dirigente democristiano e il Governo cercheranno di mascherare le loro concessioni alla destra economica. non offriremo né a lei, onorevole Fanfani, né a chi da destra gusta il suo posto, l' alibi di una opposizione la quale comporti un rifiuto a quel tanto di valido che possa essere nelle intenzioni e nei fatti. ed ecco, onorevoli colleghi , che io posso concludere lasciando al compagno Foa di dire il pensiero del nostro gruppo sui problemi vivi delle classi lavoratrici , degli operai, dei contadini, degli impiegati, dei tecnici. in questi problemi vivi, e nell' atteggiamento verso di essi, si coglie, oltre che nei programmi, l' essenza dell' azione politica di un Governo e di una maggioranza. su questi problemi vivi scarse o nulle sono state le garanzie che ci sono venute dal nuovo ministero o che possono venirci dalla maggioranza di centrosinistra, la quale non è soltanto esigua, ma discorde, al punto da non poter nulla intraprendere o quasi. anche per questo, onorevoli colleghi , è necessario che il nostro partito mantenga viva e attiva la prospettiva dell' alternativa. occorre che il paese sappia che ci può essere un' altra politica interna , un altro ritmo nelle realizzazioni sociali, un' altra politica estera . si è sovente parlato, durante la campagna elettorale e dopo, del crollo della IV Repubblica francese . vi è negli eventi francesi un insegnamento e un monito. essi ci insegnano, a giudizio mio, due cose: che in Parlamento è pericoloso giocare al massacro ministeriale quando non si hanno altre soluzioni da offrire; che la vita democratica parlamentare si corrompe e si imputridisce se i partiti e gli uomini si installano nel compromesso ad esso sacrificando gli interessi e gli ideali dei quali sono portatori. se a un determinato momento, al di là delle Alpi, un fatto di cronaca come la sedizione militare del 13 maggio ad Algeri ha buttato a terra le istituzioni parlamentari, se nel vuoto che si è creato è sembrato. purtroppo, a una gran parte di quel paese, che non vi fosse altro da fare se non richiamare al potere il generale De Gaulle è perché tutto s' era imputridito e perché non esistevano davanti al Parlamento e davanti al paese alternative fondate su una dialettica democratica. la nostra opposizione verso questo o altri ministeri assumerà le forme occasionali adeguate ai problemi che sono sul tappeto e che oggi sono drammatici rispetto alla crisi che corre la pace. ma non si piegherà a compromessi sul fondo, proprio per non creare il vuoto, proprio perché in ogni circostanza il paese sappia che può affidare con sicuro animo le sorti della nazione e della democrazia a un partito, a forze, a uomini che hanno una direttiva, una volontà, un programma e che sanno aspettare il loro momento senza buttare al vento, per oscure avventure governative o parlamentari, la loro tradizione, il loro presente, i consensi che hanno guadagnato, quelli che sperano di meritare domani in forma maggiore a quella, di ieri e di oggi.