Pietro NENNI - Deputato Maggioranza
III Legislatura - Assemblea n. 776 - seduta del 25-01-1963
Politica estera
1963 - Governo II Moro - Legislatura n. 4 - Seduta n. 372
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , si è detto da molte parti, e si è ripetuto ieri alla Camera, che la mozione di sfiducia presentata dal gruppo comunista aveva messo noi socialisti in grande imbarazzo e difficoltà. noi abbiamo avuto, in effetti, difficoltà anche serie; le quali, però, non ci sono venute e non ci vengono dalla mozione dei colleghi comunisti, anche se nei suoi intenti, semplicemente propagandistici, è facile individuare una punta polemica rivolta forse più contro noi che contro lo stesso Governo. mi pare di poter dire che la punta polemica non è penetrata molto in profondità. dei pretesi nostri cedimenti, della nostra capitolazione davanti a quelli che vengono chiamati gli ultimatum democristiani (così come da destra si chiamano ultimatum i nostri propositi e le nostre deliberazioni) il collega Togliatti non ha dato la menoma prova; né in realtà lo poteva, perché cedimenti e capitolazioni sono soltanto una invenzione polemica. la verità è che la posizione da noi assunta può essere criticata soltanto da chi abbia una politica da contrapporre alla nostra. i compagni comunisti non l' hanno se non rifacendosi alla posizione operaia esistita negli ultimi anni e caratterizzata, sì, da belle e generose battaglie, ma sterile di risultati politici e di organici sviluppi. le difficoltà alle quali mi riferisco ci sono venute dalla situazione obiettiva creata dall' inadempienza democristiana rispetto agli accordi programmatici in base ai quali la maggioranza di centrosinistra ha potuto, da dieci mesi in qua, avvalersi del nostro appoggio. esse ci sono venute dalla contraddizione apparente tra l' onesta e leale denuncia di un accordo programmatico divenuta operante per volontà di una delle parti contraenti, e la necessità e la volontà di non lasciare naufragare la possibilità del rilancio della svolta iniziata nel febbraio dello scorso anno , che ha fatto conseguire ai lavoratori e al paese alcuni importanti e significativi successi in campo politico e sociale. è stato questo, del resto, il tema di fondo del dibattito che si è svolto nella sessione di gennaio del concitato centrale del nostro partito, con conclusioni in parte comuni in parte divergenti, democraticamente risolte, queste ultime, nel solo modo possibile: non con deliberazioni né carne né pesce, in uso in altri partiti, ma con una precisa assunzione di responsabilità della maggioranza e della minoranza. è quindi ovvio che iniziative di terzi non possono incidere sulle direttive fissate e che consideriamo in tutto e per tutto conformi ai nostri doveri verso i lavoratori e verso il paese. perciò il mio compito, nel presente dibattito, è di illustrare la posizione assunta dal maggiore organo direttivo del partito socialista , e di farlo dando atto che un settore del partito fu di diverso avviso, con ragioni ampiamente e pubblicamente dibattute con alto senso di responsabilità . che cosa ha detto il comitato centrale del partito socialista ? ha in primo luogo accusato la Democrazia Cristiana di inadempienza patente nei confronti degli accordi programmatici presi al momento della formazione del Governo di centrosinistra, e che comportavano l' approvazione delle leggi istitutive delle regioni entro la presente legislatura. la Democrazia Cristiana ha respinto l' accusa; lo ha fatto con le decisioni di martedì scorso, 22 gennaio, della sua direzione e con articoli esplicativi del suo segretario generale . decisioni direzionali e articoli si rifanno alle riserve che la Democrazia Cristiana ebbe occasione di avanzare circa la possibilità di attuare l' ordinamento regionale prima che determinate condizioni politiche si fossero realizzate. ho io stesso, al comitato centrale del mio partito, dato atto all' onorevole Moro che la riserva vi fu; di essa si ritrova la traccia e la eco nel discorso pronunciato in questa Aula il 9 marzo dello scorso anno dal segretario generale della Democrazia Cristiana , laddove si accenna ad « un momento » e ad « un ambiente » nei quali « fosse possibile assicurare la necessaria unità degli indirizzi politici generali » . ma, onorevoli colleghi , che cosa fa testo nell' impegno tra partiti i quali, in forma diretta o indiretta, partecipano alla formazione di una maggioranza parlamentare e di un Governo o gli assicurano l' appoggio? fa testo la dichiarazione ministeriale in base alla quale il Parlamento ha votato la fiducia al Governo. ora, sul punto delle regioni, le dichiarazioni del Governo furono precise ed esplicite financo nei dettagli, mentre furono caute e forse elusive sul problema della nazionalizzazione delle industrie elettriche, e reticenti su quello delle leggi agrarie. « quanto alle regioni a statuto normale — disse il presidente del Consiglio nella dichiarazione ministeriale del 2 marzo — il Governo si impegna a promuoverne l' istituzione... » . « alle elezioni dei consigli regionali — aggiunse — si provvederà con l' esame finale della proposta Reale, che prevede elezioni di secondo grado » . replicando il 10 marzo agli oratori intervenuti nel dibattito sulla fiducia, il presidente del Consiglio tenne a precisare che le elezioni regionali , « sulla base della proposta di legge Reale , da approvarsi entro la presente legislatura, si faranno dopo le elezioni politiche » . votando la fiducia al Governo, la Democrazia Cristiana votò, quindi, per l' attuazione delle regioni entro la presente legislatura; anzi, lo fece in forma particolarmente solenne e significativa su un ordine del giorno che merita di essere riletto e rimeditato. eccone il testo: « la Camera, udite le dichiarazioni del Governo , convinta » (udite, onorevoli colleghi !) « che la realizzazione del programma enunciato apporterà al popolo italiano ulteriore progresso sociale , libertà, sicurezza e pace, l' approva e passa all' ordine del giorno » . il richiamo alla realizzazione del programma non era casuale, ma esprimeva un' esigenza nostra e, si poteva sperare, di tutti: l' esigenza che il centrosinistra si qualificasse, non soltanto per il suo programma, ma anche per il suo metodo, cioè per una rigorosa fedeltà agli impegni presi. è evidente, quindi, che la Democrazia Cristiana si presenta oggi alla Camera e si presenterà al corpo elettorale in stato di inadempienza. perché l' abbia fatto, per quali sue difficoltà di ordine interno o esterno, per quali preoccupazioni di carattere elettorale, può essere materia di interpretazione e di discussione. vi è un dato, comunque, dal quale si deve partire: ed è il congelamento della volontà politica di attuare il programma nella sua interezza, emerso al Consiglio nazionale democristiano dell' 11 novembre. l' inadempienza è quindi patente e clamorosa. lo è tanto più se si tiene conto della motivazione che di essa venne data l' 8 gennaio, nell' incontro dei quattro segretari dei partiti e che si ritrova nei più recenti documenti della Democrazia Cristiana : non ragioni tecniche, non ragioni di tempo, delle quali non si sarebbe potuto far carico a nessuno, ma ragioni politiche che la Democrazia Cristiana nel comunicato dell' 8 gennaio ha attribuito al fatto che « non esistono in atto le condizioni di stabilità politica idonee a consentire la completa approvazione delle leggi regionali » . in maniera ancora più esplicita la direzione della Democrazia Cristiana , nella sua deliberazione di martedì scorso, ha ribadito che « la completa attuazione dell' ordinamento regionale è legata a condizioni di stabilità politica , cioè all' esistenza di una maggioranza democratica organica, capace di sostenere il peso di questa grande riforma e di contrastare efficacemente l' iniziativa disarticolante del partito comunista » . il nostro comitato centrate ha giustamente ravvisato in codesta motivazione una aggravante tale da infirmare la validità dell' esperienza in corso . dire che l' ordinamento regionale non è attuabile perché sono ancora da realizzare le condizioni di stabilità politica e di sicurezza democratica che possano fare dell' ente regione uno strumento di progresso e non di disarticolazione dello Stato, comporta una svalutazione ingiusta dei risultati che, proprio sul piano della stabilità politica e della sicurezza democratica, sono stati ottenuti negli ultimi anni a tutti i livelli: al livello dei comuni e delle province con le Giunte di centrosinistra a partecipazione socialista, da Milano a Roma ed a parecchi centri del Mezzogiorno; al livello regionale, in Sicilia, con la partecipazione dei socialisti alla Giunta di governo e con la vasta opera sociale svolta ed in via di svolgimento; al livello nazionale con l' esperienza del Governo Fanfani durante la quale noi socialisti abbiamo finito per assumere obblighi e responsabilità che sono andati oltre la formula iniziale di un appoggio critico dall' esterno così come la Democrazia Cristiana , per pubblico riconoscimento del suo segretario, è andata oltre i limiti in cui il congresso di Napoli aveva configurato il centrosinistra. ma soprattutto un' affermazione come quella alla quale mi riferisco umilia e svaluta quanto di nuovo da un paio d' anni in qua vi è nei rapporti di base tra socialisti, democratici cristiani e democratici laici, con ripercussioni che hanno interessato e interessano da un lato vasti settori non ancora politicizzati del nostro popolo e dall' altro lato vasti settori della stessa opinione comunista. direi che per parte mia sono questi nuovi rapporti di base, i quali poi si traducono in accordi spontanei nell' azione politica e raggiungono la massima estensione ed efficacia in quella sindacale, che danno un contenuto di stabilità politica alla evoluzione del paese, quella compiuta e quella da compiere; direi che sono le relazioni umane che si vanno stabilendo tra forze per secoli divise dallo steccato delle pregiudiziali e delle incomprensioni che creano le sole valide condizioni di sicurezza democratica nelle quali si possa aver fiducia. se il nuovo corso politico fosse stato soltanto un accordo di vertice, suggerito dalla opportunità parlamentare o dallo stato di necessità, allora si tratterebbe di cosa destinata a lasciare una ben scarsa traccia, allora un disaccordo come quello odierno basterebbe ad annullare ogni prospettiva di rilancio e di ripresa. se non è così, onorevoli colleghi , è proprio perché qualcosa si è mosso, qualcosa si muove nel profondo della coscienza popolare e nazionale, qualcosa di molto importante per chi abbia della stabilità politica e della sicurezza democratica una concezione non legata all' esclusivismo di partito o addirittura alla egemonia del sedicente partito-guida, ma allargata alla prospettiva di un organico rinnovamento della vita pubblica , con la sempre più larga partecipazione di settori popolari via via acquisiti al valore permanente della democrazia nella lotta per il potere e nell' esercizio del potere. sono queste, del resto, le armi politiche delle quali la destra si è avvalsa per ostacolare il dialogo dei socialisti con i cattolici e per frenare da dieci mesi in qua l' azione del governo , del presidente del Consiglio , delle schiette forze democratiche che hanno lealmente sostenuto l' azione del governo stesso. ella, onorevole Moro, ha un bel dire che le sue non sono concessioni alla destra e che la Democrazia Cristiana non si appresta a rinunciare alla sua funzione di rottura contro il comunismo né contro le forze della destra conservatrice. non amo il processo alle intenzioni, che di tutti i mezzi polemici è certamente il peggiore. ma sta di fatto che la rottura con la destra conservatrice si sarebbe attuata nella forma più piena e clamorosa se le ultime settimane di lavoro del Parlamento fossero state occupate dalla discussione e dal voto della legge elettorale regionale, attuando così la Costituzione e gli impegni del Governo e facendo scaturire dalla lotta la maggioranza democratica organica alla quale pensa il segretario della Democrazia Cristiana . è prevalsa invece la soluzione peggiore, quella che subordina l' attuazione della Costituzione e degli impegni di Governo ai mutevoli interessi di partito, in tal modo capovolgendo, come giustamente ha detto il nostro comitato centrale , i termini del corretto rapporto tra adempimento costituzionale e accordo politico. il rapporto deve essere rovesciato. la attuazione della Costituzione e degli impegni di Governo non può essere condizionata alle preferenze per questa o per quella maggioranza. l' attuazione della Costituzione e degli impegni di Governo è un obbligo che in sé si esaurisce e si completa. la formazione delle maggioranze ritenute più idonee a reggere le sorti dei pubblici poteri è questione di intelligenza politica, di capacità nell' allacciare rapporti in base a concrete riforme e a concreti indirizzi politici, di ricerca delle necessarie collaborazioni, fuori della pretesa assurda di fare di essa uno strumento del primato o della guida democristiana, sebbene per farne una concreta forza di progresso. maggioranze democratiche di questo tipo non si formano sulla magia o sulla mitologia delle pregiudiziali: sono una creazione dell' intelligenza e della volontà politica. in tali termini realistici, noi socialisti avevamo posto il problema nello scorso ottobre, facendo dipendere i nostri impegni e le nostre alleanze dalle cose fatte insieme, nel quadro di un generale accordo di legislatura da valere sul piano parlamentare e su quello regionale. la nostra impostazione partiva dal presupposto che l' applicazione del programma costituisce il necessario punto di saldatura tra la prima e la seconda fase del centrosinistra, con in mezzo tra l' una e l' altra le elezioni. questo non si è verificato, onorevoli colleghi , per esclusiva ed unilaterale decisione della Democrazia Cristiana . più grave ancora appare la decisione democristiana se si considera l' entità ed il valore che nel programma di Governo aveva la parte relativa alla istituzione delle regioni. questa parte era ed è dal nostro partito considerata come essenziale non solo per un formale rispetto delle norme costituzionali, ma anche e soprattutto perché l' autonomia regionale costituisce l' aspetto ed il tratto più caratteristico del nostro Stato, che non è soltanto democratico in senso tradizionale, con organi centrali rappresentativi, ma deve essere fondato su ampie autonomie locali, sbocco storico della lunga lotta contro la concezione dello Stato accentrato e burocratico che fu proprio della monarchia piemontese e fu accentuato sotto il fascismo. inoltre, in una prospettiva di politica di piano, di economia programmata, le regioni sono organi indispensabili per assicurare il carattere pienamente democratico della programmazione e scongiurare il rischio che questa divenga una pesante imposizione centralistica. era quindi naturale e comprensibile che contro l' ordinamento regionale si scatenasse l' offensiva della destra autoritaria con i soliti luoghi comuni del pericolo per l' unità nazionale , unità nazionale che, semmai, è stata compromessa soltanto dalla concezione politica delle vecchie classi dirigenti , alle quali la destra si ricollega, e dai loro metodi di governo e di amministrazione, che hanno lasciato alla Repubblica la triste eredità di due Italie profondamente divise per livello di sviluppo economico , sociale e culturale, in una parola, di sviluppo civile. distruggere tale eredità, liquidare l' oppressiva centralizzazione burocratica, era e rimane il solo modo storicamente valido per costruire e consolidare definitivamente l' unità nazionale e il rapido avanzamento delle regioni più arretrate. di fronte al rifiuto democristiano di procedere all' attuazione di un punto così importante del programma, non rimaneva al nostro comitato centrale che prenderne atto e trarne le conseguenze politiche che abbiamo indicato in tre punti fondamentali: 1) considerare chiusa la fase della collaborazione con la Democrazia Cristiana , fondata sull' accordo per l' applicazione del programma del febbraio 1962; 2) considerare decaduta la proposta di un accordo di legislatura per dopo le elezioni e fare della costituzione delle regioni la condizione pregiudiziale della ripresa eventuale di nuovi accordi dopo le elezioni; 3) appellarsi al corpo elettorale per ricercare in esso la possibilità e la forza per il rilancio della svolta a sinistra in condizioni meglio determinate e meglio garantite. sono tre decisioni strettamente collegate l' una all' altra e che costituiscono, a giudizio nostro, la sola risposta valida che si potesse dare alla Democrazia Cristiana . non sono decisioni precipitate, dettate dal risentimento; sono decisioni ragionate e ragionevoli, implicite in quello che è stato sempre il nostro sforzo costante dell' ultimo anno per non lasciar inaridire lo slancio creativo del centrosinistra e per non diventare noi conniventi o complici d' un tale inaridimento. si può perdere una battaglia politica e continuare a battersi. non v' è ripresa o rilancio possibile i quali si dipartano da una posizione di resa o di complicità. né nel nostro atteggiamento v' è traccia dei particolarismi di partito, o del gioco elettorale delle parti, di cui ha parlato ieri il collega onorevole Saragat. meglio lasciare queste voci ai gazzettieri di bassa lega. l' onorevole Saragat è stato testimone dell' impegno e dello sforzo con cui, per quanto ci riguarda, abbiamo cercato di evitare lo scontro sulle regioni, sollecitando la mediazione sua e dei repubblicani, rallegrandoci nella prima riunione dei « quattro » alla Camilluccia (30 novembre), della linea comune emersa dalle prese di posizione dei socialdemocratici, dei repubblicani e nostre (dalle quali la Democrazia Cristiana non poteva prescindere); dando atto, nella seconda riunione dell' 8 gennaio, dell' importanza che assumeva, rispetto all' avvenire, la dichiarazione socialdemocratica e repubblicana intesa a stabilire che i due partiti non avrebbero, dopo le elezioni, partecipato ad un Governo il quale non avesse iscritto al primo punto del programma l' immediata attuazione delle regioni, anche se è fuor di dubbio che tale dichiarazione avrebbe guadagnato in efficacia se immediatamente operante. la frattura si è prodotta al momento in cui la Democrazia Cristiana ha inteso motivare politicamente il rifiuto di far votare tutte le leggi elettorali . quanto ai vantaggi elettorali del cosiddetto disimpegno, essi non sono mai entrati nei nostri calcoli. ci eravamo impegnati verso i lavoratori ad istituire le regioni; ciò che volevamo era istituirle, confermando così davanti a tutto il popolo la serietà e la coerenza della nuova esperienza politica. onorevoli colleghi , chiuso il punto relativo all' inadempienza programmatica, alle responsabilità che essa comporta, alle conseguenze che si sono determinate, mi rimangono tre cose da dire: qual è il nostro giudizio, dirò anzi qual è il giudizio della maggioranza dei socialisti sul valore complessivo dell' esperienza di centrosinistra e sulle prospettive per domani; per quali ragioni abbiamo rinunciato a tentare un chiarimento parlamentare e abbiamo invece preferito l' appello agli elettori; qual è il nostro pensiero sulla crisi internazionale ed europea aperta nei giorni scorsi e quale rapporto è da stabilirsi fra essa e la situazione generale del paese. sul primo punto, cioè sulla validità complessiva dell' esperienza di centrosinistra, il nostro giudizio, diversamente da quello comunista, è positivo. « riprendere quel disegno politico — dice la risoluzione di maggioranza del nostro comitato centrale — rimane la prospettiva del partito. ma ciò non potrà avvenire che ad un livello più avanzato, il quale in ogni caso presuppone la piena attuazione del programma già concordato, a cominciare dall' attuazione dell' ordinamento regionale » . la fase politica che si è aperta un anno fa porta certamente il segno della nostra iniziativa, anche se non della nostra soltanto, ma della spinta delle masse, dell' azione delle forze democristiane che si sono battute contro l' influenza predominante della destra, e delle forze democratiche laiche giunte alla esplicita condanna di ogni soluzione centrista. tale fase politica è stata da noi sollecitata e i partiti di Governo che l' hanno intrapresa hanno avuto il nostro appoggio nel Parlamento e nel paese, perché ci è sembrato che questa fosse la via per uscire dall' immobilismo nel quale la nazione ha visto sciuparsi una dopo l' altra le occasioni per mettersi al passo d' una moderna concezione e di una moderna struttura della democrazia. alcune cose importanti sono state fatte. la nazionalizzazione dell' industria elettrica è la prima grande vittoria conseguita nella lotta contro i monopoli. se ne parlava da una ventina di anni, e cioè dal 1943, quando le circostanze interne e della guerra consentirono la prima ripresa di vita democratica . non fu attuata neppure dai governi dei comitati di liberazione a partecipazione socialista e comunista i quali erano in condizioni di iniziativa democratica o addirittura rivoluzionaria certamente assai superiori a quelle degli ultimi anni. era rimasta negli elenchi delle riforme di struttura che di tanto in tanto vengono presentati agli elettori. oggi è cosa fatta ed è una di quelle cose fatte che hanno richiesto da parte del centrosinistra una forte e costante tensione di volontà politica, contro forze che hanno aspramente combattuto sino all' ultimo momento. può essere una grande cosa, se inserita in una generale politica di piano; della politica di piano costituisce, intanto, una delle necessarie premesse. la scuola media unica è cosa fatta. non nasce perfetta, se mai qualcosa è nato perfetto dall' iniziativa degli uomini, ma prenderà l' avvio nell' ottobre prossimo, dopo avere richiesto lunghi anni di lotta contro la coalizione dei vecchi interessi e dei vecchi pregiudizi, legati alla concezione della scuola di classe. qualche progresso si è fatto nel potenziamento della ricerca scientifica . alcune esigenze delle nuove generazioni di scolari sono state accolte. comunque, quella della scuola media unica, è certamente, onorevoli colleghi , la riforma democratica destinata a incidere di più sull' elevamento progressivo della nostra società nazionale. le regioni non ci sono, e non ci saranno prima delle elezioni, a parte la regione Friuli Venezia Giulia , giunta ormai alla fine di un lungo iter parlamentare e da completare con l' approvazione della legge elettorale . ma un problema rimasto per dieci anni in stato di letargo, un problema che ufficialmente era stato ridotto al livello dei comitati di studio, è divenuto un problema vivo e attuale, inteso finalmente per quello che è, non soltanto come decentramento amministrativo , ma come strumento essenziale della programmazione economica. i provvedimenti per l' agricoltura non sono pari alle esigenze di rammodernamento delle istituzioni e di trasformazione delle strutture che la situazione dell' agricoltura imporrebbe; ma se non prevarrà la fretta, che noi deprechiamo, di sciogliere le Camere prima della scadenza ormai imminente del loro mandato, diventerà possibile votare almeno uno stralcio della legge, puntando sulle norme concernenti la riforma dei patti mezzadrili, i mutui per l' acquisto della terra, il diritto di prelazione, le modifiche nel riparto dei prodotti fino al 60 per cento , la libera disponibilità del prodotto, il divieto di disdetta per il mezzadro che abbia richiesto l' acquisto del podere, le cose sulle quali vi è un sostanziale accordo fra le diverse organizzazioni e associazioni contadine. la creazione in Sicilia dell' ente minerario e, per un altro verso, la rielaborazione del piano di rinascita della Sardegna avviano le due isole ad esperienze di programmazione economica regionale suscettibili di larghi sviluppi. talune condizioni di inferiorità economico-sociale volute dalle classi conservatrici sono state eliminate con il divieto di licenziamento della donna per causa di matrimonio, con i libri gratuiti agli scolari, con l' assegno universitario. il decreto Sullo di approvazione del piano regolatore di Roma, il riscatto delle ferrovie calabro-lucane, l' inchiesta sulla mafia sono, a loro volta, atti che hanno richiesto una ferma volontà politica. si è provveduto a tutelare in parte la salute pubblica con leggi e interventi nel campo delle frodi alimentari e, col « piano bianco » , per gli ospedali, anche se non ancora si è intervenuti con la necessaria efficacia nel settore della produzione e del commercio dei medicinali, dove appare in tutta la sua gravità lo stato di subordinazione della Pubblica Amministrazione agli interessi privati. si è formulata una legge urbanistica assai avanzata, contro la quale si è appuntata ieri l' ira dell' onorevole Malagodi. ma la caduta di velocità della volontà politica della Democrazia Cristiana , che abbiamo ravvisato nell' accantonamento delle regioni, ha suggerito espedienti ritardatori che hanno impedito che la legge fosse anche soltanto presentata alle Camere. passi in avanti sono stati fatti nel miglioramento del trattamento economico agli statali, in servizio e in pensione, nell' ammodernamento e potenziamento delle Ferrovie dello Stato , negli stanziamenti per l' industrializzazione del Mezzogiorno, nel potenziamento dell' edilizia popolare. in molti altri settori qualche cosa si è mossa o accenna a muoversi: così per la programmazione economica, relativamente alla quale, sulla base della relazione del ministro del Bilancio , sono state enunziate le scelte politiche fondamentali, che consentano un' elaborazione tecnica non fine a se medesima ma indirizzata verso obiettivi non più coincidenti con quelli indicati dalla tendenza spontanea del mercato. così dicasi per la riforma scolastica e per l' ammodernamento del sistema tributario che, con l' istituzione dell' imposta cedolare, è stato dotato di un mezzo più vigoroso di accertamento dei redditi. il sistema dell' assistenza, della previdenza, delle pensioni è tutto da riorganizzare da cima a fondo; ma sono state adottate intanto alcune elementari misure di giustizia per i pensionati dell' Inps, per i contadini, per gli artigiani e restano da adottare (spero che le Camere lo faranno) misure per i vecchi lavoratori senza pensione, per l' istituzione della pensione alle casalinghe e per gli ex combattenti. si è pure decisa la riduzione della ferma di leva, seppure con un criterio di gradualità che non era necessario e che giova sperare venga modificato in sede di discussione del disegno di legge . in altri termini, onorevoli colleghi , problemi rimasti fermi per lungo tempo trovano alfine la spinta e il supporto indispensabili per passare dall' elaborazione alla realizzazione. nel nuovo clima i sindacati dei lavoratori hanno trovato condizioni favorevoli per portare avanti più efficacemente le loro rivendicazioni e per realizzare, con frequenza sempre maggiore, l' unità nelle agitazioni e negli scioperi, contro un padronato sovente arroccato su posizioni di intransigente difesa dei suoi privilegi. è stato così possibile il grande fatto democratico di sensibili modificazioni intervenute nella distribuzione del reddito senza alcuna minaccia alla stabilità monetaria. facile, onorevoli colleghi , svalutare quanto di notevole si è fatto, sotto il peso del molto che non è stato fatto e rimane da fare. guai infatti a chi si accontentasse dei primi passi mossi in alcune direzioni per tacere degli squilibri e delle ingiustizie che permangono; del caro affitto e del carovita che affliggono larghe categorie del ceto operaio-contadino e del ceto medio ; del modo sempre deplorevole in cui si volgono i rapporti del cittadino con lo Stato e del lavoratore con l' azienda; delle condizioni di insufficienza in molti settori dei pubblici poteri; delle discriminazioni che continuano, dell' affarismo, della corruzione. si tratta di piaghe purulente e che infettano l' intera società. ma la denuncia contro di esse si va facendo sempre più vigorosa. vi è, soprattutto tra i giovani, un importante rifiorire di interesse per i problemi generali della nazione; vi è un rigoglio di combattività non solo operaia e contadina, ma nei nuovi ceti della tecnica, della scuola, del pubblico e privato impiego; vi è un vasto e generale moto di rinnovamento del quale il centrosinistra è uno dei momenti, uno degli strumenti. ora, per chi guarda al di là delle difficoltà attuali, per chi considera lo stato del paese e delle masse secondo la legge storica del movimento, per chi è impegnato a rendere impossibile il ritorno al potere delle destre o il ritorno alle posizioni conservatrici di centro, la prospettiva indicata dal nostro partito di una vigorosa ripresa del nuovo corso politico appare pienamente aderente alla realtà. come questo possa avvenire, e su quali basi politiche e con quali contenuti programmatici, dipenderà, in molta parte dal risultato delle elezioni. ma il dato certo è che le forze che sono in movimento non si arresteranno dinanzi alle difficoltà, non rinunzieranno a valersi di ogni mezzo di pressione e della scheda elettorale , per creare una situazione di rilancio e di potenziamento della svolta a sinistra. tale è il patrimonio accumulato in un anno e che noi non intendiamo venga distrutto solo perché sono sorte difficoltà che noti sono purtroppo risolubili nello spazio di poche settimane di attività del Parlamento. ed eccomi, onorevoli colleghi , al secondo chiarimento che debbo alla Camera. perché abbiamo rinunziato a far giudice il Parlamento dell' inadempimento programmatico del maggior partito di governo? perché abbiamo preferito l' appello agli elettori? prima di tutto perché le Camere, giunte ormai alla fine del loro mandato, non sono più in grado di ristabilire l' indirizzo politico interrotto dalle decisioni della Democrazia Cristiana sulle regioni. tre o quattro mesi or sono una crisi di Governo avrebbe probabilmente dimostrato che dal centrosinistra si esce soltanto per tornarci. la crisi che noi potevamo aprire all' indomani dell' 8 gennaio, non avrebbe dato luogo ad alcun chiarimento e avrebbe comportato soltanto l' immediato scioglimento delle Camere . tutta la serie di provvedimenti legislativi votati negli ultimi dieci giorni o che saranno discussi e votati di qui alla fine della legislatura, sarebbero decaduti: dalla riforma del Senato (a proposito della quale ho appena bisogno di dire all' onorevole Saragat che noi restiamo ad essa interamente favorevoli) allo statuto della regione Friuli Venezia Giulia , che è orinai giunto all' ultimo stadio del suo iter parlamentare . sarebbero decadute le leggi di attuazione delle regioni sulle quali vi è accordo con la Democrazia Cristiana , e che noi abbiamo il vivo desiderio di veder discutere ed approvare prima della fine della legislatura. non vi sarebbe stato tempo per l' amnistia, per il condono delle punizioni disciplinari dei pubblici dipendenti e dei militari; per l' approvazione delle note di variazione del bilancio che rendono possibile al Tesoro di far fronte all' assegno temporaneo al personale civile, ai postelegrafonici, ai ferrovieri, ai maestri e professori, e per far fronte all' indennità una tantum ai pensionati. ho inoltre già detto al comitato centrale del mio partito, e ripeto qui, che non tocca a noi togliere le castagne dal fuoco per conto dei gruppi che hanno condotto l' offensiva contro il Governo, proprio per l' impegno con cui esso ha cercato di rimanere fedele al programma e di attivare l' iniziativa politica e parlamentare. non tocca a noi prendere iniziative che farebbero considerare naufragata fin d' ora, e prima del giudizio elettorale, la prospettiva di un centrosinistra rinnovato e rafforzato su posizioni più chiare e avanzate. non tocca a noi favorire il disegno della destra di drammatizzare all' estremo la situazione, per avere elezioni dominate dall' esasperazione e dal panico....... mentre noi ci auguriamo di avere elezioni dominate dalla ragione e dalla capacità di penetrare a fondo i problemi del nostro paese. perciò sulla mozione di sfiducia del gruppo comunista ci asterremo, anche se non nelle condizioni in cui ci astenemmo nel marzo dello scorso anno sul voto di fiducia . allora, la astensione volle significare che c' era accordo sul programma da realizzare, anche se non c' era accordo per un' intesa generale che abbracciasse i vari campi dell' attività politica sul piano interno e su quello internazionale. allora, io dissi che soltanto nelle aspre lotte a cui avrebbe dato luogo l' esecuzione del programma, l' incontro dei socialisti con i cattolici poteva mutarsi in collaborazione in vista di obiettivi più vasti. dopo l' 8 gennaio gli obiettivi più vasti possono venire soltanto da una spinta del popolo attraverso le elezioni. di qui ad allora, a giudizio del nostro comitato centrale , al Governo rimane il compito di assicurare la pienezza delle garanzie democratiche per la consultazione elettorale e di portare a compimento l' approvazione dei provvedimenti legislativi in corso . è quanto ci auguriamo possa avvenire senza che venga precipitato lo scioglimento delle Camere . oltre questi limiti è soltanto dal popolo e dal corpo elettorale che può venire la spinta a superare le attuali remore ed inadempienze e ad aprire una seconda e nuova fase della svolta a sinistra. ed eccomi, onorevoli colleghi , all' ultima parte del mio intervento, cioè alla situazione di crisi che è scoppiata in Europa col « no » del generale De Gaulle all' ingresso dell' Inghilterra nel mercato comune europeo e al deterrente atomico della NATO, sostitutivo della forza d' urto francese, e col trattato di alleanza politico-militare fra la Francia e la Germania occidentale . in queste circostanze il viaggio del presidente del Consiglio a Washington ha assunto il significato di una presa di posizione contro il rifiuto francese all' ingresso dell' Inghilterra nel mercato comune europeo e contro la formazione dell' asse Parigi-Bonn, contro cioè quello che è oggi il pericolo maggiore di disintegrazione dei pochi e a volte maldestri passi fatti verso l' Unione Europea , oggi minacciati dalle risorgenti posizioni di arroganza militaristica e di allargamento dell' area degli armamenti atomici . si sono così affermati punti concreti di convergenza tra quanti, partendo da valutazioni diverse, avvertono quanto grave sia la situazione creata in Europa. che un viaggio a Washington possa assumere oggi un tale significato, deriva dal fatto che la capitale degli USA non è più la principale Mecca dell' oltranzismo atlantico e bellico, come lo è stata per tanti anni. l' oltranzismo ha cambiato sede e fa più rumore in Europa che in America. vi è perfino un giornale romano, grande amico dell' onorevole Malagodi, che coltiva tra i suoi lettori la paura di un Kennedy amico dei socialisti neutralisti. vi è un giornale milanese, amico dell' onorevole Malagodi, che ha scritto nei giorni scorsi: « se è vero che Kennedy persegue il disegno di accordarsi direttamente con la Russia, è naturale che l' Europa si inquieti e desideri di far udire la sua parola » , che poi è la parola del generale De Gaulle e dei militari tedeschi. ora, io mi auguro che il presidente del Consiglio abbia aperto il discorso con il presidente degli USA proprio per augurargli il successo degli accordi diretti con Kruscev e con l' Unione Sovietica . nello stato presente delle cose è questa la via più efficace, se si vuole preservare il precario equilibrio che ci assicura un minimo di pace e di sicurezza. nello spazio di pochi mesi il tu per tu russo-americano ha permesso di superare la crisi di Cuba, ha svelenito la questione di Berlino est, ha avviato su un ragionevole binario il negoziato per l' interdizione delle esplosioni atomiche. sono grossi fatti, onorevoli colleghi , che comportano sviluppi i quali aprono l' animo alla speranza di soluzioni più organiche e migliori. la ricerca di queste soluzioni immediate e di compromesso è oggi il compito maggiore e più urgente di quanti sono impegnati nella costruzione della pace. è quanto noi socialisti facciamo con onestà e lealtà, senza che ciò sia mai in contraddizione con le tendenze di fondo del nostro partito che, puntando su una politica che riduca ed elimini la divisione del mondo in blocchi contrapposti, non può postulare l' identificazione permanente della politica estera del nostro paese con quella di altre potenze, sulla cui strategia mondiale operano necessariamente componenti contraddittorie e non riducibili all' interesse comune della democrazia e della pace. il comunicato del Consiglio dei ministri è stato piuttosto avaro di dettagli sulle conclusioni dei pourparlers italo-americani di Washington relativi agli argomenti politici e militari. l' argomento più importante sembra essere stato l' appoggio da dare all' ingresso della Gran Bretagna nel mercato comune europeo e la presa di posizione contro l' alleanza politico-militare franco-tedesca. l' argomento militare principale è rappresentato dall' adesione di principio (o teorica secondo l' espressione di cui mi sono servito in un primo commento e che mantengo, sebbene sia dispiaciuta al collega Saragat) al deterrente multilaterale della NATO, in cui Washington vede un mezzo per contrastare l' armamento unilaterale atomico vuoi dell' Inghilterra, vuoi della Francia, e che così concepito ed attuato rappresenterebbe il minore danno rispetto al pericolo della proliferazione della fabbricazione e dell' impiego delle armi nucleari . voci di stampa danno per certo l' accordo sullo smantellamento delle basi missilistiche americane sul nostro territorio. gli USA contano ormai soltanto sulle basi mobili, e cioè sui loro sottomarini armati di Polaris. non può avere e non ha alcuna consistenza la voce dei Polaris ceduti all' Italia e non ci sembra possibile possa averne quella della cessione agli USA di basi navali italiane, essendo tra l' altro ben noto che tali basi sono già state organizzate altrove. per la parte nostra di responsabilità, noi restiamo fermi al concetto tante volte espresso: il nostro paese ha nei trattati che ha sottoscritto il limite dei suoi impegni e comunque nessun nuovo impegno può essere assunto che non scaturisca dall' approvazione e dal voto del Parlamento. sui problemi generali inerenti alla situazione attuale dell' Europa e del mondo il nostro punto di vista è noto. eravamo ieri per l' ammissione della Gran Bretagna nel mercato comune . lo siamo oggi più di ieri e ci auguriamo di vedere condivisa la nostra opinione dai laburisti inglesi, ora che lo squilibrio a destra dell' Europa si è fatto più evidente e minaccioso. va da sé che il nostro « sì » all' Inghilterra comporta il nostro « no » alla Spagna di Franco e alla sua domanda di associarsi al mercato comune . parlo in un Parlamento dove è viva e sentita la grande lotta che il popolo spagnolo conduce per liberarsi da una tirannia. parlo in un Parlamento che ha una larga, anzi larghissima rappresentanza democristiana che non ignora quanto, nella lotta del popolo spagnolo , largo sia l' impegno non solo delle masse cattoliche ma delle stesse gerarchie ecclesiastiche. penso che il minimo che noi dobbiamo a questo popolo coraggioso che si batte e affronta i rischi della sua battaglia, è di non umiliarlo con atti che, favorendo la dittatura franchista, si ritorcerebbero contro la volontà democratica del popolo spagnolo . eravamo ieri contro l' armamento atomico francese, come contro quello inglese, come contro l' eventuale armamento atomico cinese, nella consapevolezza che il rischio di una guerra atomica cresce a mano a mano che altri paesi diventano fabbricanti e detentori di armi nucleari . lo siamo di più oggi, mentre diviene una certezza che la Germania partecipa all' armamento atomico francese, in una posizione che sarà presto di condominio. eravamo per l' intesa diretta degli USA con l' Unione Sovietica e lo siamo più che mai, per le ragioni che ho già detto. ma, onorevoli colleghi , il problema oggi è quello di come.... veramente non mi attendevo che da quel pulpito si esprimesse una così ragionevole opinione. per noi, non da oggi ma da sempre, la sola soluzione organica del problema è appunto la distruzione delle armi atomiche . ma il primo passo verso l' interdizione degli armamenti nucleari è la limitazione del numero di paesi che quelle armi posseggono. il problema, dicevo, è oggi quello di come fronteggiare la situazione che si è creata con la formazione dell' asse Parigi-Bonn, vero e proprio atto di secessione rispetto al lento e faticoso crearsi di una volontà unitaria europea su basi democratiche. non facciamoci illusioni; si tratta di un avvenimento di cui è difficile misurare fin da adesso le conseguenze e che pur tuttavia non è sorto per magia o per caso, non è l' espressione soltanto dei sogni o delle illusioni di un generale che pensa ed opera in termini che sono fuori del nostro tempo o di un vegliardo ossessionato dall' idea della rivincita tedesca. dietro di loro vi sono interessi e forze capitalistici e monopolistici saldamente organizzati; dietro di loro, e soprattutto dietro il generale francese, vi sono addirittura molti di coloro che nei dieci anni trascorsi hanno invano atteso dai democratici laici e cristiani e dai socialisti una Europa ed un europeismo che non fossero soltanto l' espressione di alcune esigenze democratiche inerenti ai moderni sistemi di produzione, ma che dessero al vecchio continente un volto, una voce, una funzione autonoma ed indipendente sia da Washington che da Mosca. se oggi il generale De Gaulle può farsi avanti con l' Europa delle patrie e con la pretesa di disporre di una sua forza atomica di urto, è perché occupa o tenta di occupare lo spazio vuoto dell' Europa dei popoli, uno spazio che nessuno ha voluto o saputo occupare, preferendo delegare all' America compiti e responsabilità che bisognava avere e bisogna avere il coraggio di assumere in proprio . tuttavia nulla avviene che non produca contraccolpi. assistiamo perciò ad un rovesciamento di situazioni e di posizioni. molti che erano pieni di indulgenza per il generale francese finché egli distruggeva le strutture democratiche interne della repubblica, si domandano cosa significhi l' asse Parigi-Bonn, tornano magari al pensiero dell' asse Berlino-Roma e dei disastri che provocò, trovano con sgomento nel trattato firmato a Parigi il 22 gennaio scorso e negli articoli del protocollo inerente ai problemi della difesa, la conferma che la rivendicazione gollista di un armamento autonomo atomico è fatta anche in nome e per conto della Germania occidentale e con la sua collaborazione finanziaria e tecnica. non si vede come l' Inghilterra possa ormai forzare la porta di ingresso del mercato comune europeo, ora che il « no » della Francia ha trasferito le difficoltà sul piano politico, rompendo la ragnatela delle controversie tecniche alle quali il cancelliere tedesco tenta di ricondurre i negoziatori di Bruxelles. neppure si vede come gli USA possano fare accettare a Parigi il loro piano di un deterrente della NATO sostitutivo di quello autonomo franco-tedesco e inglese. ci si muove, in verità, fra i cocci e, al solito, c' è chi vorrebbe rimetterli insieme con lo sputo, pur sapendo che lo sputo non tiene. la nostra speranza è che dal pericolo che incombe sull' Europa sorga la volontà europea di farvi fronte, di misurarsi con esso subito, finché il piano del generale francese e del cancelliere tedesco è fragile, ancora non ha radici, è contrastato a Parigi, è contrastato a Bonn da una opinione pubblica che potrebbe anche finire per adeguarsi al fatto compiuto. non si tratta, onorevoli colleghi , di rifugiarsi sotto l' ombrello della forza atomica americana o, per altro verso, sotto quello della forza atomica sovietica. si tratta di affrontare, in Europa e per l' Europa, la battaglia contro le forze disgregatrici, contro le avventure degli assi, contro i particolarismi militari e politici. una battaglia di questo genere non avrebbe senso, se non avesse come obiettivo la formazione di una Europa democratica. è questo il migliore contributo che può dare alla causa della pace e dell' Europa un partito come il nostro, che trae dalla sua costante ispirazione internazionalistica, pacifista e neutralista, un elemento permanente di fiducia nei popoli. contrapporre l' Europa dei popoli all' Europa delle patrie e dei militarismi è il nuovo grande compito che si apre all' azione di quanti respingono la situazione che si è creata nel cuore del nostro vecchio continente. anche questo, onorevoli colleghi , sarà uno dei temi delle prossime elezioni. ragione per la quale chiediamo che nulla, nella posizione italiana, venga compromesso sul terreno sdrucciolevole dei compromessi, chiederemo che rimanga fermo e risoluto il « no » all' alleanza franco-tedesca, contro la quale facciamo appello alle forze popolari di tutta l' Europa e in primo luogo alle forze socialiste, popolari, cristiane, francesi e tedesche e, per altro verso e per lo stesso motivo, a quelle spagnole. queste forze noi dobbiamo appoggiare e sostenere contro i risuscitatori degli assi militari e degli orgogli nazionalistici di cui la guerra del 1939 ha lasciato in ogni paese, e anche nel nostro, tracce indelebili alle quali basterà richiamarsi per trovare, o ritrovare, una fermezza ed una energia pari ai pericoli che ci minacciano e minacciano il bene supremo della pace. con questa fiducia e questa volontà i socialisti si preparano alla grande e nuova battaglia per la pace.