Giuseppe SARAGAT - Deputato Opposizione
III Legislatura - Assemblea n. 775 - seduta del 24-01-1963
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
1963 - Governo II Cossiga - Legislatura n. 8 - Seduta n. 142
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , questo dibattito è stato provocato da una mozione di sfiducia del partito comunista , i cui termini sono stati illustrati stamane dall' onorevole Togliatti. io purtroppo non ho potuto ascoltare l' intervento dell' onorevole Togliatti perché stavo preparando il mio. però mi hanno detto che l' onorevole Togliatti, a nome del suo partito, ha dichiarato che il gruppo comunista è favorevole all' approvazione, entro questa legislatura, della riforma del Senato. noi lo ringraziamo e ci auguriamo che una dichiarazione analoga venga fatta dagli onorevoli Nenni e Moro, i quali hanno maggiori motivi dell' onorevole Togliatti per mantenere fede ad un impegno solenne che è stato fatto all' atto della formazione di questo Governo. mi sia permesso, tuttavia, di considerare che la ragione vera di questo dibattito è nella natura stessa della situazione che si è venuta determinando in seno alla maggioranza o, per essere più esatti, nei rapporti fra la Democrazia Cristiana e il partito socialista . vi è una tendenza a trattare tutta la materia come se la faccenda non riguardasse che questi due partiti. non v' è alcun dubbio che la Democrazia Cristiana ha nel Governo le maggiori responsabilità, ma parlare (come è stato fatto in questi giorni da fonti autorevoli) di Governo democristiano ci pare almeno eccessivo. e non v' è alcun dubbio che il dissenso (reale o fittizio, non lo so) che ha portato alla situazione attuale è sorto fra la Democrazia Cristiana e il partito socialista . ma è un voler semplificare eccessivamente le cose il pensare che tutto si riduca ad un contrasto fra due dei partiti che hanno reso possibile l' attuale Governo e che gli altri partiti non abbiano da esercitare che una funzione di spettatori o, nella migliore delle ipotesi, di mediatori. intanto gli interventi dei segretari del partito comunista e del partito liberale offrono la prova che la questione riguarda tutto il Parlamento. e riguarda tutto il Parlamento perché il problema non è di sapere se l' esistenza di questo Governo faccia comodo o non faccia comodo a questo o a quel partito. il problema non è neppure di sapere se questo Governo corrisponda o meno all' interesse generale. semmai questa è una valutazione soggettiva, che non si trasforma in un atto politicamente valido se non con un impegno di maggioranza e con un voto. il problema, l' unico problema che si pone è il seguente: questo Governo dispone ancora di una maggioranza? questa maggioranza è la stessa che nel febbraio dello scorso anno ha reso possibile la sua formazione? un problema che interessa tutto il Parlamento; ed in modo particolare noi socialisti democratici . parlo per quanto riguarda il nostro gruppo, perché di questo Governo noi facciamo parte, e ne facciamo parte perché consideriamo, sino a prova contraria (e lo vedremo nel corso di questo dibattito), che esso disponga ancora della maggioranza da cui è sorto. e un problema di correttezza politica, di lealtà verso il paese, di chiarezza di fronte all' opinione pubblica , la quale ha diritto di sapere se la politica di centrosinistra esiste ancora oppure se il Governo non è che una facciata per coprire posizioni elettorali più o meno comode, più o meno opportune. il segretario del partito socialista italiano ha negato, in una intervista, che il suo partito appoggerebbe, sia pure indirettamente, il Governo in qualsiasi caso. siamo perfettamente d' accordo; ma sia ben chiaro che noi socialisti democratici non ci presteremmo a far parte del Governo in qualsiasi caso. la condizione della nostra partecipazione al Governo, oggi come un anno fa, è la stessa di allora: che la maggioranza di allora tenga fede ai propri impegni; che il Governo faccia la politica concordata; che la politica di centrosinistra sia posta al riparo da usure e da ipoteche di qualsiasi specie. prima della creazione dell' attuale Governo, noi eravamo, come tutti sanno, in una posizione di appoggio a un « monocolore » nella ricerca di un equilibrio più stabile. l' equilibrio nuovo si è realizzato dopo le trattative condotte nel febbraio dello scorso anno e l' accordo si è perfezionato attorno a un certo programma, sulla piattaforma di una visione generale comune. il denominatore comune di questa visione generale era costituito dalla volontà di inserire masse sempre più larghe di lavoratori nella formulazione effettiva della politica nazionale e nella direzione dello Stato democratico . permanevano allora e permangono tuttora differenze che sono di ostacolo a una composizione di Governo ancora più organica di quella attuale e maggiormente aderente alle più complesse esigenze della politica di centrosinistra. si tratta, come tutti sanno (e lo vedremo meglio in seguito), di divergenze profonde nel settore vitale della politica estera : ma, secondo l' avviso comune, si erano già sviluppate tendenze sufficienti alla formazione di un Governo con la particolare fisionomia di quello attuale. fin dall' agosto del 1961, del resto, il partito socialdemocratico aveva sollecitato un Governo formato dalla Democrazia Cristiana , dal partito repubblicano e dal nostro, con l' appoggio esterno del partito socialista . la nostra linea era estremamente chiara e semplice: bisognava evitare la radicalizzazione della lotta politica; assecondare il partito socialista nell' assunzione di nuove responsabilità democratiche; perseguire orientamenti più coraggiosi che permettessero la realizzazione di un programma economico e sociale molto avanzato. noi ritenevamo allora, come riteniamo oggi, che i grandi avvenimenti che stanno trasformando il mondo sotto i nostri occhi aumentino la responsabilità e gli impegni di un Governo democratico verso il popolo italiano e verso gli altri paesi. l' impegno delle classi lavoratrici , le scoperte rivoluzionarie della scienza, le trasformazioni della tecnica, il mercato comune , la sicurezza e la pace garantite dalla nostra alleanza difensiva, la politica di responsabilità democratica cui anche il nostro partito ha dato un contributo essenziale hanno reso possibile in Italia una espansione economica senza precedenti, di cui però solo in parte hanno beneficiato i lavoratori e in misura ancor più ridotta le regioni del Mezzogiorno. noi pensavamo e pensiamo che una politica coraggiosa possa, nel corso dell' attuale decennio, ridurre in modo decisivo gli squilibri economici tra il nord e il sud e portare tutto il paese accanto alle democrazie socialmente più progredite. noi pensavamo e pensiamo che attraverso un maggiore impegno dello Stato verso i cittadini più bisognosi si determini la saldatura sempre più intima fra la grande massa dei lavoratori e le libere istituzioni. il Governo di centrosinistra era ed è, nelle nostre intenzioni, un tentativo responsabile di stabilire un equilibrio effettivo tra tutti i fattori che concorrono al progresso civile della nazione. ecco perché abbiamo voluto la politica di centrosinistra; ecco perché abbiamo contribuito alla formazione dell' attuale Governo e lo abbiamo difeso contro le insidie che gli venivano da forze collocate all' interno degli stessi partiti della maggioranza. ecco perché siamo in diritto, oggi, di chiedere con fermezza se il nostro senso di responsabilità è stato contraccambiato dagli altri partiti con un senso di responsabilità eguale. certo, la storia della rinascita democratica del paese non comincia con questo Governo. ogni partito tende a mettere l' accento sul contributo che dà alla politica dello Stato; ed è spiegabile che chi per la prima volta appoggia un governo di coalizione sia portato a vedere in ciò il principio di una fase particolarmente positiva, mettendo nell' ombra o addirittura dipingendo con foschi colori le fasi precedenti. a noi pare che un ponderato giudizio sulla storia di questo dopoguerra non possa che implicare una valutazione positiva nei confronti dei governi di coalizione che, durante un decennio, hanno rappresentato l' unica alternativa democratica all' involuzione totalitaria o reazionaria. senza quel passato non sarebbe stato possibile questo presente. il progresso economico e il consolidamento delle libere istituzioni non cominciano con questo Governo; altri governi, a cui anche noi abbiamo partecipato, hanno reso eminenti servigi al paese. dobbiamo ugualmente respingere la tendenza a presentare come un evento infausto le elezioni del 1948, che hanno dato al socialismo democratico quasi 2 milioni di voti e definitivamente consolidato nel nostro paese le libere istituzioni democratiche, sottraendole alle alternative totalitarie. infine è proprio sulle posizioni raggiunte, mercé la lunga lotta anche da noi condotta senza mai rinunciare alla prospettiva di un allargamento della base democratica, che è stato possibile costruire una politica rinnovata come quella di centrosinistra, politica che, a nostro avviso, rappresenta una tappa più avanzata nel cammino della rinascita dell' Italia. abbiamo buoni titoli, quindi, per difendere la politica di centrosinistra, la cui validità diventa ancor più evidente se ci rifacciamo alla situazione economica e sociale che si è venuta delineando negli ultimi anni. chi si sofferma a considerare gli odierni aspetti della vita economica e sociale italiana sarà colpito da vivide luci in contrasto con ombre profonde; sarà colpito dalle contraddizioni che sono proprie di una società in rapida trasformazione (e che di tale trasformazione sente tutti gli squilibri) e da tutte le incertezze di una società sempre esposta a pericoli di arresti, se non di involuzioni. nel decennio passato il reddito nazionale , come tutti sanno, è aumentato di oltre il 50 per cento in termini reali. un tasso elevatissimo, uguagliato, nei paesi del mercato comune , soltanto dalla Germania occidentale . nello stesso periodo l' offerta annua di posti di lavoro nei settori non agricoli ha superato la domanda di lavoro avanzata dalle nuove generazioni. si è avuto perciò non soltanto un sostanziale progresso nel reddito nazionale , ma pure un effettivo avvio all' assorbimento della disoccupazione e della sottoccupazione. la cause di fondo di questo sviluppo positivo sono varie e complesse, però si è troppo esagerato nel vantare i meriti della libera iniziativa, anche se nessuna persona ragionevole può dimenticare il contributo che essa ha dato. la verità è che il mondo intero vive oggi un periodo di profonde trasformazioni sociali, economiche, culturali e politiche. dal 1950 al 1961, abbiamo detto, il reddito nazionale è aumentato di circa il 6 per cento all' anno. il tasso di espansione dei consumi è stato del 4,9 per cento di fronte ad un tasso di incremento degli investimenti lordi del 9,3 per cento . in parole povere ciò significa: sufficiente produttività, salari contenuti al di sotto dell' incremento della produttività, elevati profitti, elevati tassi di risparmio, elevati investimenti. in realtà il miracolo economico degli « anni Cinquanta » è il miracolo del lavoro italiano che ha dato più di quanto ha avuto. le ombre del quadro sono note; la più grave e la più triste è rappresentata dalle condizioni di vita di ancora troppi italiani. inoltre gli squilibri regionali permangono profondi. nel 1961 a Milano il reddito medio procapite è stato di 750 mila lire annue; di appena 200 mila, invece, nelle province di Avellino, Enna e Nuoro. la seconda ombra è rappresentata dalla crisi di ridimensionamento dell' agricoltura. la quota di partecipazione dell' agricoltura al reddito nazionale è scesa dal 28 per cento del 1950 al 17 per cento del 1961, e, probabilmente, tra un decennio non supererà il 10 per cento . le forze di lavoro in agricoltura, che nel 1950 costituivano il 40 per cento di tutti i lavoratori, sono oggi ridotte al 30 per cento . ci troviamo di fronte a una inevitabile espansione dell' industria e delle attività terziarie, ma chi ne paga le spese sono i contadini. nel nostro paese è in corso un grandioso processo di trasformazioni economiche e sociali, il quale sta modificando nel profondo la società italiana . come sempre avviene quando si attuano profondi rivolgimenti sociali ed economici, tale evoluzione non è soltanto motivo di progresso, ma è causa altresì di turbamenti, di sofferenze, di squilibri. siamo di fronte ad un processo che, se non guidato e controllato da un Governo che si collochi dal punto di vista dell' interesse della grande maggioranza dei cittadini, può lasciare lungo la strada (come d' altra parte sta lasciando) sofferenze e perdite gravi. gli investimenti di questi ultimi anni si sono appoggiati ad elevati profitti, formatisi in gran parte a spese dei lavoratori, soprattutto dei contadini e dei consumatori. questa situazione non può ulteriormente essere tollerata. ecco perché, indipendentemente da un problema di elementare giustizia sociale e di non meno elementare sviluppo delle condizioni per il consolidamento della democrazia, l' aumento del reddito nazionale, presupponendo elevata produttività, presuppone condizioni sodisfacenti per i lavoratori e largo smercio di beni di consumo necessari a prezzi ragionevoli. abbiamo quindi due obiettivi: quello di un sempre elevato ritmo di sviluppo del reddito e quello di una più equa distribuzione di questo in favore della classe lavoratrice ; obiettivi che postulano l' adozione di una politica di piano diretta a risolverei grandi problemi, come la crisi dell' agricoltura, la depressione del Mezzogiorno, delle zone sottosviluppate, la questione delle aree fabbricabili, della casa per tutti, delle scuole, degli ospedali, della residua disoccupazione, della riorganizzazione della previdenza sociale e così via . all' atto della formazione di questo Governo noi abbiamo presentato uno schema di programma che si proponeva di ridurre nel decennio in corso , in modo decisivo, gli squilibri tra le diverse regioni. alcuni di questi problemi sono stati affrontati dal presente Governo; ma i grandi obiettivi che il partito socialdemocratico ha indicato permangono sempre validi. mi si permetta di riassumerli brevemente. essi sono: uno sviluppo economico continuativo, tale da assicurare ad ogni italiano, alla fine della prossima legislatura, un reddito medio non inferiore a mezzo milione di lire per persona; l' avvicinamento delle distanze tra le regioni del nord e del sud, attraverso una ragionevole distribuzione degli investimenti; la risoluzione dell' attuale crisi dell' agricoltura mediante una politica coraggiosa che affretti, in luogo di frenare, l' attuale trasformazione strutturale e faciliti il deflusso dalle campagne dei lavoratori disoccupati o sottoccupati. tra gli strumenti principali di attuazione di questa trasformazione strutturale emergono gli enti di riforma, l' estensione del movimento cooperativo, anche attraverso interventi pubblici, dalla produzione alla vendita. nella mozione di sfiducia del gruppo comunista vi è un punto che merita di essere considerato come sufficientemente valido ed è quello che si riferisce precisamente alla crisi dell' agricoltura. l' eliminazione della disoccupazione e della sottoccupazione, se si manterrà elevato il tasso del reddito nazionale e si risolverà la crisi agricola, questo grande obiettivo che nella nostra storia è sempre apparso irraggiungibile, potrà essere conseguito al termine della prossima legislatura. la riforma strutturale dell' amministrazione pubblica , riforma vista come ammodernamento delle tecniche amministrative ed aziendali della Pubblica Amministrazione e non come un' ennesima revisione di ruoli organici, l' approvazione delle leggi antimonopolio e la riforma delle società per azioni , una seria politica finanziaria e di difesa costante del valore della lira, una nuova, coraggiosa politica di incentivi del risparmio popolare, una efficace azione per frenare prima e bloccare poi l' aumento dei prezzi dei generi necessari di consumo, l' ampliamento dei grandi consumi sociali, una decisa politica di espansione nel campo della pubblica istruzione , con particolare riguardo alle qualificazioni professionali, dell' edilizia popolare e della sanità pubblica (dall' assistenza alla previdenza), e una sufficiente difesa dei bisogni fondamentali per tutti (fra cui appunto la scuola, la casa, il medico), sono i termini sui quali si innesta ogni politica di benessere sociale ed economico. infine, occorre una riforma tributaria che dall' assetto dei tributi scenda al riordinamento degli uffici e si ponga quale obiettivo fondamentale il miglioramento del costume. l' imposizione personale e l' imposta generale sull' entrata debbono essere i due pilastri fondamentali del sistema tributario dello Stato. l' imposizione immobiliare, ivi compresa l' imposizione sulle aree fabbricabili e sugli incrementi di valore degli immobili, è il pilastro della riforma del sistema tributario dei comuni e degli altri enti locali . infine, la messa in atto nelle maggiori aree metropolitane di piani urbanistici ai quali siano obbligatoriamente legati i comuni facenti parte delle aree dominate dalle metropoli. questi obiettivi sono concreti e concretamente realizzabili. sono presupposti indispensabili a che l' azione pubblica sia coordinata in tutte le sue parti e continuativa e ciò avverrà nell' ambito di un piano economico-generale nel quale devono affluire tutti i piani specifici, da quello verde a quello edilizio, da quello bianco a quello della scuola e via dicendo. solo un Governo di centrosinistra, onorevoli colleghi , può realizzare questa politica, un Governo che abbia una maggioranza stabile, la quale gli consenta quell' azione continua e prolungata che l' insieme degli obiettivi indicati esige. la nazionalizzazione dell' energia elettrica ci offre oggi uno dei principali strumenti di attuazione diretta del piano. il pubblico controllo delle fonti di energia è la premessa di ogni politica seria di disciplina programmata dell' economia. le altre grandi aziende pubbliche, prime tra esse quelle dell' Iri e dell' Eni, munite del controllo di ampi settori industriali, costituiscono altrettante leve o strumenti di attuazione del piano. infine, il bilancio pubblico, non più ristretto ai servizi fondamentali dello Stato, bensì ampliato secondo una visione nuova, moderna ed integrale delle funzioni e dei compiti dello Stato, permetterà di andare incontro ad una migliore sistemazione del paese. è proprio per andare incontro a tutte queste esigenze, e non soltanto per una doverosa attuazione della nostra Costituzione, che anche noi abbiamo posto, all' atto della formazione di questo Governo, il problema delle regioni. l' Italia, a differenza di altri paesi, non ha ancora, per fortuna, un centro che assorba una parte eccessiva delle energie disponibili. non esiste ancora in Italia, come in Francia, un deserto italiano; non esiste in Italia, come in Argentina, un centro che assorba metà della popolazione di quel paese che ha quasi 3 milioni di chilometri quadrati di superficie; non esiste una situazione come negli USA in cui 50 milioni di abitanti si raccolgono in una superficie che rappresenta un centesimo dell' intera unità americana; non esiste in Italia un sud est , come in Inghilterra, dove si raccoglie quasi la metà della popolazione. noi pensiamo che l' istituzione delle regioni, se fatta con discernimento, potrebbe costituire una remora salutare all' eccessivo accentramento in mostruose metropoli. è su questo problema delle regioni che è sorto il vivace dibattito tra i partiti dell' attuale maggioranza ed in particolare tra la Democrazia Cristiana e il partito socialista . quanto vi sia stato e vi sia in questo dibattito di autentico impegno democratico e quanto di forzatura per realizzare comodi disimpegni favorevoli a vantaggiose collocazioni elettorali, è difficile dire. ogni partito alla vigilia delle elezioni cerca la collocazione che crede più redditizia ai fini di un successo elettorale, ma ci pare, tuttavia, che in questa ricerca nessun partito possa prescindere dalle ragioni profonde delle sue lotte e delle sue finalità. la Democrazia Cristiana ha posto nel suo congresso di Napoli il problema dell' allargamento dell' area democratica nei termini noti. ugualmente il partito socialista , nel febbraio dello scorso anno , ha operato una scelta che a molti di noi è parsa come definitiva. tutto ciò lasciava supporre che i fondamenti della politica di centrosinistra si consolidassero e che la politica di centrosinistra evolvesse verso soluzioni ancora più organiche. ci troviamo, invece, di fronte ad una battuta d' arresto che viene giustificata dagli uni in termini di prudente difesa dell' equilibrio democratico del paese, dagli altri in termini di appassionata volontà di attuazione dei dettami costituzionali. il nostro partito, che non è secondo a nessuno nell' amore per la libertà, né nel rispetto rigoroso della Costituzione repubblicana, è autorizzato a ritenere che dietro a tanto zelo di difesa della Costituzione e di tutela della democrazia si nascondano preoccupazioni di vantaggiose collocazioni elettorali. tutto ciò pone sulla politica di centrosinistra una pericolosa ipoteca. la politica di centrosinistra presuppone un accordo costante e non a singhiozzo dei partiti che l' appoggiano sui problemi di fondo dell' economia e della società italiana . per gravi che possano essere i dissensi su questo o quel punto particolare, a noi pare che, se non interviene un fatto che muti in questo o quel partito della maggioranza la visione generale delle cose che si è venuta delineando nel febbraio scorso, la politica di centrosinistra debba essere salvaguardata con senso di responsabilità . non vi sono interessi elettorali che giustifichino un atteggiamento il quale potrebbe portare ad interruzioni pericolose. per quanto ci riguarda, abbiamo fatto e faremo tutto il nostro dovere affinché i dissensi che sono sorti siano appianati. il corso di una politica ha la sua logica e non lo si può interrompere o sospendere a volontà senza fare correre il rischio di inserimenti di chi è sempre pronto, come è logico, a sfruttare gli errori dell' avversario per volgere le cose a proprio favore. del resto; questa discussione darà la misura del senso di responsabilità dei fautori della politica di centrosinistra e delle intenzioni dei suoi avversari. non vogliamo, con questo, sottovalutare quanto di effettivo esiste nel dissenso intorno al problema delle regioni. vogliamo invece tentare di chiarirne la reale portata alla luce di fatti di cui crediamo di poter dare una onesta testimonianza. è un fatto che l' attuazione delle regioni figura nel programma del Governo. molto più sfumato era l' impegno del Governo per la nazionalizzazione dell' energia elettrica . eppure l' energia elettrica è stata nazionalizzata e le regioni sono ancora in via di attuazione. come si spiega questa contraddizione? si spiega se si tiene presente che il tono sfumato riguardo alla nazionalizzazione dell' energia elettrica aveva come scopo di scoraggiare le speculazioni di Borsa ma implicava un impegno rigoroso della segreteria della Democrazia Cristiana , interprete anche dell' opinione dei gruppi parlamentari di quel partito. per le regioni, invece, questo impegno, per quanto si riferisce all' attuazione delle regioni con criterio di globalità, è stato subordinato dalla segreteria della Democrazia Cristiana a particolari sviluppi politici su cui ha riservato il proprio giudizio. i segretari del partito socialista e della Democrazia Cristiana esporranno, a questo proposito, il loro giudizio (e a me pare strano che non l' abbiano già fatto, che non siano stati loro a prendere per i primi la parola in questo dibattito). il nostro compito, in ogni caso, è di contribuire al superamento del dissenso nella misura in cui esso ha un contenuto reale e non è un pretesto per più o meno parziali disimpegni di natura elettorale. il primo modo per contribuire al superamento del dissenso da parte nostra è dichiarare che, per quanto riguarda il partito socialista , relativamente al problema delle regioni e limitatamente ad esso, le riserve che avrebbe potuto avere nel passato oggi non hanno più ragione di essere. per noi il problema delle regioni trova nell' atteggiamento attuale del partito socialista la possibilità della sua soluzione globale. sappiamo che questa non è l' opinione della Democrazia Cristiana , la quale considera che non vi sono le condizioni di stabilità politica e di sicurezza democratica per attuare tutta la materia regionale. noi siamo convinti che la gradualità che è implicita nel ritmo dei lavori parlamentari, che è implicita nelle scadenze elettorali costituzionali, offrirà il tempo necessario per mutare il giudizio della Democrazia Cristiana e per superare il dissenso, nella misura, ripeto, in cui il dissenso ha un contenuto effettivo e non è un pretesto. è anche con questa fiducia, oltre che sulla base delle nostre convinzioni, che le riserve relativamente al problema delle regioni nei confronti del partito socialista italiano non hanno più ragione di essere, che noi abbiamo dichiarato e dichiariamo di non essere disposti di far parte nella prossima legislatura di nessun governo che non assuma l' impegno di affrontare e far approvare tutta la materia relativa alle regioni. e un impegno che corrisponde alle nostre decisioni congressuali ed offre la riprova della nostra volontà di rimuovere tutti gli ostacoli che si frappongono ad un organico sviluppo della politica di centrosinistra. siamo certi che la pubblica opinione saprà valutare nel suo vero significato il valore del nostro impegno. ci auguriamo che l' ambigua situazione presente cessi rapidamente e non turbi eccessivamente lo sviluppo della politica di centrosinistra. ma come siamo pronti ad assumere tutte le nostre responsabilità per il consolidamento di questa politica, siamo ugualmente pronti a denunciare coloro che , pur dicendo di difenderla, la mettono in pericolo; e a riprendere la nostra piena libertà di azione nel caso in cui da questa discussione non dovesse emergere in modo assolutamente chiaro che, al di là dei dissensi passeggeri, permane la maggioranza del febbraio scorso, da cui questo Governo ha ricavato e ricava la sua legittimità. noi ci auguriamo che questo chiarimento avvenga, anche in considerazione dei grandiosi avvenimenti che si verificano sulla scena internazionale, e ai quali l' Italia potrà dare un contributo positivo soltanto se avrà un Governo investito della fiducia di una maggioranza, un Governo consapevole dei propri doveri verso i cittadini, con la sua politica sociale e coraggiosa, e consapevole dei suoi doveri verso gli altri popoli con una politica estera fondata sulla sicurezza e la libertà di tutti, e in primo luogo dell' Italia, e orientata verso la costante ricerca di una pace stabile. molte cose nel mondo sono finite in questi giorni densi di eventi e molte cose nuove, di straordinaria importanza, stanno nascendo. dipenderà anche da noi se gli anni che verranno saranno meno oberati di pesanti ipoteche di quelli che abbiamo vissuto. con gli eventi di Cuba un capitolo di storia di questo dopoguerra, e forse di storia del mondo si è chiuso; e già vediamo le prime linee del capitolo nuovo. dopo Cuba vi è stato l' incontro di Nassau che ha mutato alcuni aspetti della strategia occidentale, vi è stata l' impennata della Francia gollista contro l' ammissione della Gran Bretagna nel mercato comune , impennata che non può non avere serie ripercussioni sulla politica europeistica. dall' altra parte, verso est, il dissenso ideologico tra Russia e Cina — dissenso ideologico che maschera, come insegna la stessa dottrina del materialismo storico, dissensi di fondo di natura sociale, economica e politica scuote le basi di tutta la costruzione monolitica della politica estera del comunismo internazionale. infine — notizia confortante ci viene l' annuncio dell' accettazione di principio da parte dell' Unione Sovietica dei controlli, sia pure limitati nel numero, per quanto riguarda le esplosioni nucleari sotterranee. una sorte crudele ha voluto che proprio in questi momenti così densi di possibilità scomparisse dalla scena della vita un uomo, un socialista democratico , Hugh Gaitskell, la cui intelligenza profonda, il cui senso di responsabilità , la cui innata vocazione per la libertà, la giustizia, la pace avrebbero reso servigi preziosi alla causa della civiltà umana. a nome del gruppo socialista democratico italiano invio da questo libero Parlamento ai familiari dello scomparso e al partito laburista l' espressione del nostro accorato e commosso cordoglio. ma proprio questa scomparsa ci sprona a perseverare nella strada da lui tracciata, con la stessa onestà intellettuale, anche se non con la sua acutezza e capacità di esplorare i complessi aspetti dei problemi posti dalla ricerca di una pace stabile nella libertà e nella sicurezza dei popoli. e sarebbe prova di scarsa onestà intellettuale, quale che sia il nostro disappunto per l' impennata della Francia gollista, eludere i problemi maggiori, e in particolare quelli di un serio impegno atlantico, nella polemica sorta in seguito alle sconcertanti decisioni del presidente francese. sarebbe intanto un errore di proporzioni porre in primo piano il problema del gollismo, sia pure mitizzato in termini di lotta fra la destra e la sinistra europea. con questo non intendiamo sottovalutare i problemi posti dall' impennata gollista, ma intendiamo ridimensionarli nella scala dei valori della politica mondiale e dei nostri reali interessi. in primo piano vi è una esperienza drammatica vissuta durante l' episodio di Cuba. ogni tentativo di spostare l' equilibrio delle forze provoca una crisi che fa tremare il mondo e lo pone sull' orlo di una impossibile guerra dalla quale si ritrae con orrore. si ritorna così al precedente equilibrio, ma ci si ritorna con la consapevolezza che la pace ha bisogno di essere consolidata su basi che la rendano inviolabile. per millenni la guerra è stata considerata come una forma di politica condotta con mezzi violenti; le guerre si concludevano con paci più o meno precarie. che permettevano all' umanità di risanare le proprie ferite e di riprendere il cammino. oggi tutto ciò è mutato e viviamo in una dimensione nuova. oggi la guerra non è più una forma, sia pure violenta, della politica, perché essa non si concluderebbe più con la pace, ma con la distruzione totale del genere umano e forse con la distruzione di ogni forma di vita organica sul nostro pianeta. questo spiega la necessità di mantenere, nella fase attuale, lo status quo , ossia l' equilibrio in atto, anche se si tratta di un equilibrio che coonesta ingiustizie paurose, impegnando però tutti gli uomini di buona volontà a lavorare per la creazione di uno statuto mondiale in cui l' impossibilità di una guerra divenga qualcosa di automatico e di inviolabile, impegnando tutti gli uomini di buona volontà a lavorare per creare una atmosfera di maggiore fiducia che renda possibile rimuovere di comune accordo le peggiori ingiustizie che l' umanità si trascina dietro come pesante eredità dell' ultima guerra. l' obiettivo immediato dei capi di governo responsabili è di avviarsi verso un equilibrio delle forze militari ad un livello meno terrificante di quello attuale. già da alcuni mesi i capi dell' Unione Sovietica e degli USA parlano di disarmo progressivo in termini di grande apertura e tali da infondere fiducia nell' avvenire. la sopravvenuta accettazione di principio da parte dell' Unione Sovietica di controlli in loco delle esplosioni nucleari sotterranee ne è la prova. si tratta, come tutti sanno, di esplosioni che sfuggono al controllo degli apparecchi segnalatori a grandi distanze di esplosioni atomiche perché quelle sotterranee si confondono, senza possibilità di differenziazione, con le scosse sismiche che turbano con grande frequenza le viscere della madre terra. e un evento di grande importanza che noi salutiamo con viva sodisfazione perché prelude forse ad altri passi sulla via giusta. ma questi favorevoli auspici non devono farci perdere di vista le costanti della nostra politica difensiva ed estera che si identificano con le costanti della politica difensiva ed estera di tutte le democrazie dell' Occidente. noi viviamo in un continente in cui cento milioni di uomini sono privati del diritto di decidere del loro destino. noi abbiamo la fortuna, per la nostra collocazione geografica, di vivere in un paese che ha potuto salvare, con la propria unità, la propria indipendenza e la propria libertà di decisione. questi beni preziosi ci sono stati garantiti anche dall' Alleanza Atlantica , che ha il suo pilone di sostegno negli USA. se tutto questo può essere mitizzato in termini di politica di blocchi contrapposti, ebbene, noi, che non abbiamo paura delle parole, diciamo che di fronte al blocco degli Stati che non hanno la possibilità di decidere del loro destino, siamo lieti di aderire al blocco degli Stati liberi ed indipendenti che hanno la possibilità di decidere del loro destino. noi non ci installiamo in questa situazione come in uno statuto eterno dell' equilibrio del mondo: lottiamo per superare questa situazione, ma, fintanto che la nostra sicurezza e la nostra indipendenza non saranno garantite da uno statuto mondiale efficace, noi non rinunzieremo a quella Alleanza Atlantica che, non soltanto ha tutelato la nostra libertà, ma ha tutelato la pace del mondo. la politica atlantica di difesa, fondata sull' alleanza con gli USA, è la costante della nostra politica difensiva, almeno in questa fase storica che si prolungherà certo ben oltre i termini della prossima legislatura. ed è bene che nel momento di disagio provocato dall' impennata francese, il viaggio del presidente Fanfani per incontrarsi con il presidente Kennedy abbia dato risalto a ciò che costituisce il centro di gravità della nostra politica difensiva. sarebbe voler sminuire la portata dell' amicizia e dell' alleanza tra l' Italia e gli USA, se la si riducesse ad un tema polemico in funzione antigollista, anche se nella logica delle cose la politica atlantica è in contrasto con ogni particolarismo che dissocia forze ben altrimenti utili se organizzate verso una comune finalità di sicurezza e di pace. il presidente Fanfani ha ribadito, in accordo col presidente Kennedy, la necessità, nell' ambito del sistema difensivo della NATO, di procedere nel processo; di integrazione economica europea e di favorire l' ingresso della Gran Bretagna nel mercato comune , di assecondare il disarmo con garanzie adeguate ad una cessazione controllata degli esperimenti nucleari. soffermiamoci per un istante sul primo punto, quello della nostra sicurezza. anche noi siamo ostili all' allargamento del numero dei paesi in possesso dell' arma atomica . abbiamo visto con dispiacere l' armamento atomico , del resto più a parole che a fatti, della Gran Bretagna . non approviamo quello della Francia né quello della Cina. detto questo, rimane in pieno il problema della nostra sicurezza. è troppo comodo dire: ci pensa l' America. certo l' America è impegnata nella difesa dell' Europa per ragioni vitali, ma ciò non sottrae il nostro paese al dovere di assumere, nella misura delle sue possibilità, la sua quota parte di rischi e di responsabilità. diversamente si finisce per portare acqua al mulino del donchisciottismo gollista. ed è portare acqua a quel mulino — me lo perdoni l' onorevole Nenni — scrivere come egli ha fatto: « l' interesse manifestato per la possibilità della creazione della forza nucleare della NATO non può essere che teorico per adesso e per diversi anni » . è proprio ciò che ha detto De Gaulle ed è proprio la tesi di coloro che , non volendo lasciar disarmati i loro paesi, si fanno paladini della funesta moltiplicazione dell' armamento atomico da parte dei vari Stati che tale armamento non hanno ancora. la verità è che la forza nucleare multilaterale è tutt' altro che un' arma scarica e, pur eliminando i pericoli di una proliferazione dell' armamento atomico presso i vari Stati, garantisce la nostra sicurezza e ci impegna nella misura delle nostre possibilità alla nostra difesa. sottoscrivendo l' accordo atomico multilaterale, l' Italia non si è auto ingannata e nell' atto in cui condanna i pericolosi e sterili particolarismi che aumentano i pericoli, disperdono le energie, e rendono frammentario il sistema difensivo, partecipa alla garanzia della propria sicurezza in forme che precludono avventure e consolidano la pace. tutti sappiamo che allo stato delle cose il gioco terribile della pace e della guerra è nelle mani dell' Unione Sovietica e degli USA, ma non voler fare neanche quel poco che ogni paese, per quanto di potenza relativamente modesta è in dovere di fare per assumere la sua parte di responsabilità, si favoriscono le reazioni inconsulte di tipo gollista, che sono la risposta del falso eroismo di Don Chisciotte alla falsa saggezza di Sancho Panza . approviamo quindi l' accettazione della creazione d' una forza nucleare multilaterale che impegna l' Italia a partecipare con la sua parte di rischi e di responsabilità alla propria difesa. il punto degli accordi Fanfani-Kennedy relativo al disarmo con garanzia adeguata ad una cessazione controllata degli esperimenti nucleari impegna soprattutto gli USA e l' Unione Sovietica ; ma l' appoggio dell' Italia a questa politica è più che mai fervido e sincero perché è proprio dal successo di essa che dipenderà la possibilità di mutare in meglio l' atmosfera del mondo. il punto del comunicato Fanfani-Kennedy relativo all' integrazione economica europea e all' ingresso della Gran Bretagna nel MEC ci trova anch' esso pienamente consenzienti. intervenuto poche ore dopo il veto gollista, tale accordo non poteva essere più opportuno. vi sono in fondo alla politica gollista due illusioni: la prima è che l' asse Parigi-Bonn possa costituire il centro di gravità della politica mondiale , la seconda è che l' Europa possa fare da sé. i primi a non credere che l' asse Parigi-Bonn sia il centro di gravità della politica mondiale sono i francesi più illuminati (e, per fortuna, sono molti) e gli stessi ministri tedeschi. il discorso di Jean Monnet, pronunciato all' Onu ieri, ci dà la vera voce della Francia democratica e repubblicana. siamo certi che le utopie del generale francese non potranno sbarrare a lungo un processo ineluttabile e troveranno, sia nell' opinione pubblica francese sia in quella tedesca, l' elemento risolutore. in quanto all' illusione che l' Europa, che pure ha sviluppato in modo eminente la propria economia, possa fare da sé è anch' essa caduca e può servire tutt' al più di pretesto, ma non di argomento valido, ad un neutralismo che è in contrasto con le esigenze di indipendenza e di sicurezza dei nostri paesi. il giorno in cui l' Europa, abbandonata per assurda ipotesi dall' America, cadesse sotto l' egemonia continentale, il rapporto delle forze precipiterebbe a favore della potenza egemonica e l' America e l' Europa perderebbero la loro indipendenza. che questa alleanza dell' Europa con gli USA debba evolvere sulla linea di uno sviluppo rigoroso dell' economia e della coscienza europea è ovvio; deve essere accordo fra eguali. ma guai ad uscire dall' ambito della più vasta comunità atlantica, senza la quale l' Europa si ridurrebbe ad un' appendice del mondo sovietico e gli USA, isolati nella loro fortezza-continente, non sarebbero più che un popolo assediato! ma, ritornando al problema del MEC, dobbiamo prevedere un periodo, che speriamo breve, di arresto che la nostra accortezza ed il nostro buonsenso dovranno cercare di far sì che non si trasformi in paralisi. la forza delle cose, se il generale De Gaulle insisterà (come purtroppo temiamo) nel suo utopistico disegno di subordinare gli sviluppi del MEC ad un asse Parigi-Bonn, porterà il nostro paese a trasferire il centro di gravità della sua politica estera dal piano europeo a quello della NATO il centro di gravità della nostra politica difensiva tenderà quindi ad identificarsi, sia pure provvisoriamente (e ci auguriamo per breve tempo), col centro di gravità della nostra politica estera . ma, ripeto, dovremo adoperarci in ogni modo, in accordo con gli altri paesi del MEC, con la Gran Bretagna e — ne siamo convinti — con la leale partecipazione dell' America, affinché questa pausa sia più breve possibile. l' errore più grave sarebbe però di distruggere ciò che è stato realizzato per il fatto che ancora non si è potato raggiungere il meglio cui noi aspiriamo. il gollismo passa, l' europeismo resta! non dimentichiamo che uno dei fattori essenziali dello sviluppo dell' economia dell' Italia è il mercato comune . col passaggio alla seconda tappa del mercato comune , il processo di integrazione è, del resto, divenuto, per così dire, irreversibile. i sei paesi non possono più tornare indietro. l' integrazione economica si farà più intima, i dazi doganali fra i vari Stati scompariranno gradualmente secondo le scadenze previste, definitivamente la politica economica nei suoi vari aspetti si unificherà sino a divenire una politica economica unitaria; e finalmente, alla conclusione del periodo transitorio, la comunità economica europea costituirà un unico mercato. i risultati di questi cinque primi anni non possono certo dirsi deludenti. la congiuntura favorevole ha consentito persino di accelerare l' applicazione del ritmo del trattato, tanto che per i prodotti industriali le riduzioni doganali fra i sei hanno già raggiunto l' ammontare del 50 per cento . una politica economica comune è già stata posta in atto e così pure una disciplina unitaria dei cartelli e delle intese economiche. nel campo sociale si è fatto un notevole passo innanzi nel processo di liberalizzazione dei movimenti di manodopera; si è garantita la sicurezza sociale dei lavoratori emigranti e si è iniziato il processo di armonizzazione dei sistemi sociali. un livello di occupazione assai elevato e una disoccupazione ormai minima, salvo, purtroppo, nelle nostre province del sud, sono fra i risultati più chiaramente positivi dell' esperienza comunitaria. fervidamente convinti della necessità dell' ingresso nella Comunità della Gran Bretagna , noi ci attendiamo dalle forze democratiche europee, in piena solidarietà con quelle della Francia e della Germania, una lotta conseguente per rompere le remore del nazionalismo. ma l' ingresso nella Comunità di nuovi paesi non deve trasformare il mercato comune in una semplice unione doganale , non deve stemperarlo e scolorirlo in una qualsiasi zona di libero scambio, non deve frenare la dinamica delle sue istituzioni né compromettere gli obiettivi ultimi del trattato di Roma . è con una coraggiosa apertura verso i nuovi Stati, che, nonostante i veti caduchi di un nazionalismo in via di esaurimento, sono chiamati a far parte della Comunità, che noi operiamo, ma anche con una rigorosa fedeltà ai principi che, se violati, snaturerebbero le finalità che vogliamo raggiungere. noi socialisti democratici abbiamo appoggiato sin dall' inizio il processo di integrazione in quanto abbiamo visto in esso l' unico mezzo per rinsaldare tra i popoli europei legami non perituri, per porre le basi di una loro unione sempre più stretta con esclusione di ogni particolarismo egemonico contrario alla lettera e allo spirito dell' accordo comunitario, in modo da pervenire un giorno, che oggi non possiamo sapere se vicino o lontano, alla unità politica dell' Europa continentale. questi sono gli obiettivi cui miriamo, e non saranno i veti gollisti che mascherano dietro una facciata ultraeuropeistica il volto decrepito del nazionalismo, né gli zeli di neofiti che col pretesto di voler raggiungere il meglio vorrebbero distruggere ciò che è già stato fatto e magari spingere l' Italia sulle vie funeste del neutralismo, che ci faranno deviare dal nostro proposito. siamo certi che questo è anche il punto di vista del Governo come siamo certi che è opinione del Governo che una avventata proposta di ammissione nella Comunità della Spagna di Franco troverebbe da parte del nostro Governo il « no » più reciso. signor presidente , onorevoli colleghi , è il momento di concludere rifacendoci ai motivi che hanno portato a far nascere questo dibattito e alle ragioni profonde della politica di centrosinistra. la politica di centrosinistra che poggia sulla alleanza dei lavoratori del ceto medio , impiegati, funzionari, tecnici, professionisti con i lavoratori dei campi e delle officine, non può e non deve essere ipotecata dai particolarismi di questo o di quel partito che si sia assunto l' impegno di appoggiarla. arrestare il processo di convergenza dei lavoratori sul fecondo terreno della democrazia è arrestare una tendenza positiva e far correre al paese il rischio di un riflusso del ceto medio verso le forze reazionarie e un riflusso degli operai e contadini verso il totalitarismo. ciò provocherebbe una crisi che arresterebbe la marcia in avanti del paese e dei lavoratori, e metterebbe in pericolo la democrazia. rompere l' alleanza tra il ceto medio socialmente avanzato e gli operai ed i contadini che accolgono senza riserve i principi di libertà, è spezzare la molla del progresso democratico, è creare una situazione senza via di uscita e senza scelta, perché la scelta è inutile dove i mali sono estremi. non esistono del resto alternative valide alla politica di centrosinistra. è necessario andare avanti, ma andare avanti non ad occhi chiusi, andare avanti individuando i pericoli da cui la politica di centrosinistra è insidiata e di cui i più gravi non sono quelli che vengono da forze esterne, bensì quelli che vengono da particolarismi delle forze su cui la politica di centrosinistra si appoggia. occorre innanzi tutto che il patto democratico che lega le forze del centrosinistra sia posto al riparo da qualsiasi ipoteca totalitaria, da qualsiasi deviazione, da qualsiasi ambiguità. la lealtà, la chiarezza, l' adesione senza riserve alla Costituzione, sono la condizione prima dello sviluppo della politica di centrosinistra. tocca alle forze di centrosinistra che hanno nel loro seno ipoteche conservatrici, fronteggiare le posizioni di destra con coraggio e con fermezza; ma tocca alle forze di centrosinistra che hanno nel loro seno residui totalitari, fronteggiarli in modo da non lasciar permanere remore pericolose. la politica di centrosinistra non potrà avere il suo sbocco naturale in una articolazione di Governo ancor più organica di quella attuale se non si spingerà per tutti i suoi fautori sino al superamento di un neutralismo utopistico, sino alla leale accettazione della politica di solidarietà con le grandi democrazie dell' Occidente, sino alla leale accettazione della politica atlantica. ma questo è il problema di domani; il problema di oggi è assicurare con senso di responsabilità la continuità di quel tanto di organicità politica che già si è potuta raggiungere senza interruzioni che per un malinteso calcolo elettorale o per errate sopravalutazioni di questo o quel problema potrebbero intralciare in modo grave uno sviluppo fecondo. noi socialisti democratici siamo la garanzia e quasi, direi, il punto naturale di convergenza di una feconda evoluzione in senso democratico e sociale che si identifica con lo sviluppo stesso del paese, con la marcia in avanti dell' Italia, rompendo con i pericoli di alternativa totalitaria e mettendo il nostro paese al livello delle democrazie più progredite del mondo. del resto, basta dare uno sguardo un poco attento alle cose di casa nostra e riflettere sul significato delle vicende recenti e sui motivi che hanno dato origine a questo stesso dibattito per intendere che solo da un rafforzamento del nostro partito sarà possibile portare avanti con decisione uni, politica così utile ai lavoratori ed al paese. tutte le ipoteche che pesano sul paese, sulla possibilità di progresso sociale dei lavoratori, sull' intangibilità delle istituzioni, tutti i sospetti che pesano nel mondo sulla lealtà del nostro impegno atlantico, tutte le incertezze, i calcoli, i particolarismi che indeboliscono la politica di centrosinistra sarebbero sanati se il nostro partito si affermasse con forze accresciute nella vita politica della nazione. vi è una stridente contraddizione tra l' evoluzione economica dell' Italia ed il suo ritardo nel campo sociale, in quello della moralizzazione della vita pubblica e privata, in tema di sviluppo del civismo dei cittadini e del senso di responsabilità di ogni italiano di fronte ai propri doveri, piccoli o grandi che essi siano. tale contraddizione è il risultato anche della configurazione dei partiti politici , che non è più al livello del tipo, ormai europeo, della politica italiana . l' Italia del miracolo economico è ancora politicamente configurata come l' Italia che è uscita lacerata, stremata e quasi distrutta dalla tragedia della guerra provocata dalla dittatura fascista, come l' Italia dell' infantilismo massimalistico e dell' egoistico integralismo. no! l' Italia europea negli « anni Sessanta » si libererà dalle vecchie sovrastrutture logore, ridimensionerà quelle valide alla loro giusta misura e troverà il libero respiro di una democrazia moderna, negli schemi aggiornati di una configurazione politica nuova e democratica. in questa configurazione nuova il partito socialista democratico ha, per la forza delle cose e dei suoi ideali, una funzione insostituibile poiché il socialismo democratico è in grado di immettere nella vita del paese quegli stimoli di progresso sociale , di senso di responsabilità e di vocazione democratica che hanno caratterizzato e caratterizzano ai popoli degli Stati più progrediti del mondo.