Giorgio ALMIRANTE - Deputato Opposizione
III Legislatura - Assemblea n. 677 - seduta del 11-09-1962
Istituzione dell'Ente per l'energia elettrica e trasferimento ad esso delle imprese esercenti le industrie elettriche.
1962 - Governo IV Fanfani - Legislatura n. 3 - Seduta n. 677
  • Attività legislativa

mi rendo conto della malinconia della situazione per l' onorevole ministro in particolare, il quale è costretto ad ascoltare questo lungo dibattito... sono lieto della sua allegria, che, dal mio punto di vista , voglio augurarmi non sia condivisa da tutti i membri del Governo, in particolare dal presidente del Consiglio . mi rendo conto, dicevo, della malinconia che il presente dibattito in queste condizioni ispira. e io penso che il ministro soprattutto, poiché è di buonumore, ci voglia dare atto che, secondo la logica, la discussione degli articoli e degli emendamenti, dato anche il tipo della legge che stiamo esaminando (una legge tecnica), avrebbe dovuto essere la parte più interessante, più viva, più dinamica, vorrei dire più costruttiva di questo dibattito. ma non possiamo fare a meno di rilevare che non è così; e ci si consenta anche di rilevare che non è così non certo per colpa nostra, perché noi stiamo facendo il nostro dovere, in quanto la battaglia che conduciamo non è ostruzionistica, ma rappresenta un tentativo di chiarimento delle diverse posizioni. il mio intervento sull' articolo 1 costituisce appunto un tentativo di dialogo con la maggioranza sui problemi che questa norma solleva. i gruppi della maggioranza assumono un singolare atteggiamento (che potrei definire quasi una « serrata parlamentare » ), dimostrato dall' assenza, almeno momentanea, di loro interlocutori nel presente dibattito. nel contegno della maggioranza sono anche affiorate, a quanto abbiamo appreso dai giornali, talune (mi si passi la parola) scorrettezze. mi sia pertanto consentito rivolgere un cortese appello al signor ministro, al relatore per la maggioranza e al presidente della Commissione , perché, se di scorrettezze davvero si tratta, vi si ponga rimedio. alludo a due notizie pubblicate dalla stampa. la prima di esse informa che un comitato (non so se allargato, ristretto o ristrettissimo) avrebbe preso in preliminare esame tutti gli emendamenti presentati dall' opposizione e avrebbe deciso di farli respingere senza avere ascoltato l' illustrazione, che pur dovrebbe essere di qualche importanza, di tali emendamenti in Aula. mi auguro che tale notizia sia smentita, non tanto a parole, quanto dalla realtà di un dibattito il quale deve essere inteso ad esaminare e a discutere seriamente gli emendamenti, da qualsiasi parte provengano, e a consentire ai proponenti la possibilità di illustrarli, prima di approvarli o respingerli. la seconda notizia di stampa è ancora più sconcertante: un gruppo di senatori della maggioranza avrebbe preso contatti con il relatore per la maggioranza per fargli accettare in questa sede emendamenti che avrebbero dovuto essere presentati nella successiva discussione al Senato e che, invece, verrebbero inclusi dalla Camera nel testo della legge, in modo da « guadagnare tempo » . non so se manovre di questo genere siano compatibili con il rispetto dell' istituto parlamentare. resta il fatto che certe cose si fanno ma, come dice la canzonetta, non si dicono... può accadere che membri dei due rami del Parlamento, appartenenti allo stesso partito, si consultino e concertino la loro rispettiva attività, ma mi sembra una procedura veramente straordinaria e inusitata che alcuni componenti di una Camera concordino con il relatore per la maggioranza dell' altra la procedura ed il modo di discussione di un disegno di legge . mi auguro quindi che anche questa notizia venga smentita. dopo questo preambolo, passando all' esame dell' articolo 1, devo far rilevare che questa norma è quella che maggiormente si presta ad un dibattito serio e approfondito, sia che si voglia considerare l' articolo 1, come fa la maggioranza, l' architrave della legge, sia che lo si reputi, come facciamo noi, la pietra tombale della nostra industria elettrica. l' articolo 1 appare a noi come un grave errore (sanzionato dalle stesse parole iniziali della norma, con le quali si istituisce l' « Enel » ) seguito, come sempre capita in questi casi, da un codazzo di finzioni e di illusioni. tenterò di dimostrare ciò non accentuando ma attenuando (anche se ciò potrà sembrare strano, ma spero non sgradito) la nostra polemica nei confronti della legge; farò, cioè, tutto il possibile per mettermi nei panni non dirò dell' intera maggioranza (è una maggioranza talmente composita che dovrei cambiarne molti per poterlo fare) ma in quelli suoi, signor ministro dell' Industria , che nei confronti di questa legge e dell' articolo 1 ha avuto modo di esprimere il suo motivato parere attraverso la replica che ha avuto la cortesia di concedere alle opposizioni a conclusione della discussione generale . una replica, signor ministro — ella lo sa meglio di ogni altro — che è stata intesa politicamente (era suo diritto ed era questo il suo atteggiamento) a sdrammatizzare, a minimizzare, ad isolare in qualche modo questo provvedimento, e quindi l' articolo 1, dal contesto della situazione politica, che invece le opposizioni avevano a suo parere, drammatizzato all' eccesso. mettendomi quindi nei suoi panni per un momento, credo di poter affermare che questo articolo e quindi in sostanza, questa legge, partono da un errore fondamentale di triplice natura. in primo luogo l' errore consiste nel ritenere che ci si possa fermare su questa strada dopo averla intrapresa in questo modo; in secondo luogo nel ritenere che si tratti di una posizione di compromesso fra due diversi indirizzi e non di un cedimento totale nei confronti di un determinato indirizzo; in terzo luogo nel credere che si tratti di un compromesso dal quale il partito comunista possa rimanere in qualche modo isolato, debilitato. o messo in difficoltà. ho parlato di un errore, non di una colpa o di un delitto. in questo senso, ho voluto mettermi nei panni o della maggioranza o suoi in particolare, signor ministro, ho voluto mettermi sul terreno dell' apprezzamento il più possibile sereno e obiettivo. affermando che rappresenta un errore il ritenere che ci si possa fermare su questa strada, voglio abbandonare la polemica sin qui condotta. per comodità polemica voglio dar atto al Governo e personalmente a lei, signor ministro, della effettiva intenzione di non procedere ad altre nazionalizzazioni. prendo come buona anche l' altra e più impegnativa affermazione secondo cui questa formula di maggioranza — come è vista da lei, signor ministro — non obbligherebbe il Governo in carica e neppure a priori i governi che seguiranno a nazionalizzare altri settori. non compio alcuno sforzo a prendere per buone tali affermazioni, poiché questo Governo, anche se lo volesse, non potrebbe procedere ad altre nazionalizzazioni. è dubbio che riuscirà a realizzare questa, con tutto quello che si va dicendo sulla stampa in merito all' eventualità di un accorciamento della legislatura. i giornali di stamattina, governativi o della maggioranza, avanzano qualche dubbio sulla possibilità che il Governo riesca a portare a termine questa nazionalizzazione: figuriamoci se non vi prendiamo sul serio quando dite che nella corrente legislatura non intendete attuare altre iniziative del genere. ma voglio andare anche più in là ed immaginare che non lo vogliate sul serio, quand' anche lo poteste, non come rappresentanti o ministri di questo Governo, ma come rappresentanti di una determinata formula di maggioranza. ora, anche ad ammettere tutto ciò, il problema non si pone in questi termini. non si pone in termini di impegno di Governo, di impegno di maggioranza, di volontà legislativa da parte di questo Governo o di volontà programmatica da parte di questa maggioranza: si pone in termini di logica, di logica politica e di logica programmatica; il problema si pone (e mi dispiace dirlo, perché non ho piacere di dover dare atto di nulla a un avversario di quel tipo) esattamente nei termini in cui lo ha posto l' onorevole Riccardo Lombardi nel suo famoso articolo apparso sull' Avanti! , relativo alla rottura dell' equilibrio. in quell' articolo (e questo mi pone più a mio agio nel dargli ragione) l' onorevole Lombardi avvalorava la nostra tesi scrivendo: vi è un solo punto nel quale noi socialisti diamo ragione alla polemica esagitata (così egli la definiva) delle destre, quando queste affermano che questa non può essere una misura isolata e che si tratta della rottura dell' equilibrio economico e sociale della nazione; quando affermano che attraverso questa misura ci si avvia logicamente e fatalmente verso un nuovo indirizzo di politica economica e sociale. l' onorevole Lombardi ha avuto la bontà di dare ragione a noi, e cavalleria vuole che qualche mese dopo noi diamo ragione a lui, anche alla stregua dei fatti politici che si stanno verificando, nel riconoscere che la sua tesi era ed è perfettamente valida. si tratta di un provvedimento di rottura. quando si rompe un determinato equilibrio, onorevole ministro, il problema non sta nelle buone intenzioni o nella buona volontà politica, che le vogliamo riconoscere senz' altro, o in una specie di buona volontà programmatica: il problema sta nel fatto che ad una rottura di equilibrio di questo genere o si pone rimedio ripristinando l' anteriore equilibrio, e in questo caso non si tratta più di nazionalizzare o meno, ma di abbandonare una certa formula politica e programmatica che a queste conseguenze ha portato; oppure, se questa formula politica e programmatica dovesse restare in piedi, non vi è dubbio che su questa strada logicamente non ci si potrebbe fermare. perché dico questo? per la motivazione stessa del provvedimento. in effetti, se il provvedimento fosse stato motivato da una scelta economica e sociale, si poteva e si potrebbe ancora pensare che non avrebbe ulteriore seguito; ma poiché alla nazionalizzazione della industria elettrica — e non secondo il nostro punto di vista , ma secondo le motivazioni ufficiali del relatore per la maggioranza — si giunge solo per motivi di scelta politica, evidentemente si tratta di una scelta condizionata dalla formula politica che si è adottata, ed è evidente che, nel quadro di quella formula, vi è anche una scelta programmatica per motivi politici; ed è altrettanto evidente che se si è giunti a questa scelta per motivi politici, ci si è posti su un piano inclinato. perché non si tratta di una scelta economica? lo ha detto il relatore per la maggioranza, lo ha ribadito anche lei, signor ministro; lo ha detto lo stesso onorevole Lombardi allorché in quest' Aula, poche settimane or sono, ha affermato (altra frase celebre!) che l' industria elettrica fa onore al nostro paese, e ha chiarito che non si tratta di una scelta economica. del resto, l' onorevole De'Cocci , in tutta la prima parte della sua relazione, si è sforzato di ripetere, talvolta perfino di accentuare i motivi di carattere economico per i quali le opposizioni non ritenevano che si dovesse arrivare a una misura punitiva, quale indubbiamente è quella dell' esproprio; finendo con il dare atto all' industria elettrica di essere economicamente a posto. tanto l' onorevole De'Cocci quanto l' onorevole Lombardi hanno escluso una motivazione di scelta economica e sociale, che non sono riuscito a trovare minimamente adombrata, non dico nel testo del provvedimento, ma neppure nella relazione di maggioranza e negli interventi dei colleghi della maggioranza. quando si escludono criteri di scelta economica e sociale per provvedimenti economici e sociali, ci si pone sul terreno di scelte esclusivamente politiche, e in questo caso non si può affermare: « ci fermiamo qui » , perché non si tratta più di un provvedimento determinato da motivi contingenti, i quali richiedano una misura contingente, ma al tempo stesso ne limitino la portata e le conseguenze. si tratta di un indirizzo e quando ci si pone sul piano degli indirizzi, vorrei vedere nel quadro di una politica di questo genere chi sarebbe in grado di opporsi, non dico da parte dell' opposizione, ma in seno alla stessa maggioranza, ad altre richieste di nazionalizzazione, quando dovessero concorrere oltreché motivi politici anche motivi economici e sociali, quando vi fossero richieste, nel quadro di questa stessa formula, che imponessero misure nazionalizzatrici relativamente ad altri settori per i quali né la maggioranza né l' opposizione potessero dire che si tratti di settori modello. ecco il primo errore, cui, a nostro avviso, ha condotto questa legge e che viene espresso particolarmente al primo capoverso dell' articolo 1. secondo errore è credere che questa sia una strada di compromesso fra Democrazia Cristiana e partito socialista . quando ebbi l' onore di intervenire nella discussione generale , dissi una cosa che mi sembrava e mi sembra tuttora ovvia, e cioè che al compromesso ideologico non si dovrebbe mai giungere, e, quando un partito politico vi arriva, quel partito, in sostanza, non soltanto si svuota del proprio contenuto ideologico, ma rinuncia, in tutto o in parte, alla sua funzione di guida e di orientamento dell' opinione pubblica del paese. ma qui vorrei dire, avendoci un pochino ripensato, qualche cosa di più, vorrei dire che non siamo neppure sul terreno del compromesso ideologico fra la posizione socialista e la posizione cattolica. se mi si consente un paragone che potrà anche sembrare un poco irriverente, non credo che si possa definire una convivenza more uxorio come un compromesso tra il matrimonio e il celibato: io penso che tale convivenza possa denominarsi solo ed esclusivamente concubinato. voi qui ci state raccontando da mesi, in sostanza, e ce lo dicono i più moderati tra voi, i più sensibili, i più intelligenti, che in questo modo avete realizzato una specie di compromesso a mezza strada tra matrimonio e celibato. io credo che non vi possano essere compromessi in materia, e vorrei tentare di dimostrarvi, attraverso le interpretazioni che da parte della stessa maggioranza e di altri settori vengono date in ordine a questo provvedimento, che vi siete posti sul terreno della capitolazione. vi riferirò tre opinioni, scelte non a caso, tre campioni di opinioni. l' opinione di un socialista ingenuo, di un autodidatta, uno di quei socialisti che mirano al sodo e costituiscono, se non sbaglio, la maggioranza fra i socialisti e che sono vicini alle posizioni dell' onorevole Nenni e dell' onorevole Lombardi. vi citerò poi l' opinione di un intellettuale di sinistra, di un radicale esperto in problemi economici e politici. vi citerò infine un marxista ortodosso, un comunista che scrive su Rinascita. vuole, signor ministro, avere la bontà di ascoltare quello che un socialista simpatico, che vive quotidianamente la battaglia sindacale, l' onorevole Santi, che pure ha una certa autorità, se non sbaglio, nella Confederazione generale italiana del lavoro , dice in proposito? l' onorevole Santi ha affermato: « chi ha in mano l' energia elettrica è padrone di far sorgere le fabbriche o no, di farle sorgere a Milano oppure a Cosenza, di industrializzare le campagne o di non industrializzarle, di favorire la riforma agraria o no, di industrializzare il Mezzogiorno o meno, di accelerare il progresso di sviluppo economico o di farlo ristagnare » . evidentemente, si tratta di affermazioni un po' sommarie e facilone, ma questo è il clima nel quale gran parte dei socialisti e con loro — con maggiore intelligenza, con maggiore preparazione, più sornioni — molti comunisti hanno accolto questo provvedimento. secondo loro si tratta un poco della bacchetta magica , dell' « apriti, sesamo » : avendo in mano l' « Enel » , controllando questo ente, pensano di poter diventare i padroni della situazione economica italiana, ma non i padroni in quanto a indirizzo, a programmazione, come pensa, in perfetta buona fede , senza dubbio, l' onorevole La Malfa , ma nel senso che potranno stabilire dove debbono nascere le fabbriche e dove non devono; magari dove debbano morire, dove sì deve fare l' industrializzazione o meno dell' agricoltura. perché l' onorevole Santi e tanti come lui parlano questo linguaggio? perché si sono resi conto, pur esprimendosi in maniera approssimativa, senza alcuna preparazione scientifica e pur andando con la loro speranza al di là di quelli che potrebbero essere i risultati immediati di carattere economico e politico, di un dato di fatto : che i padroni praticamente diventerebbero loro, che attraverso le manovre di carattere economico, finanziario, sociale e soprattutto politico connesse con questo ente, gli indirizzi non astratti e generici, ma concreti, cioè le posizioni di potere in campo economico trasmigrerebbero in notevole misura dalla Democrazia Cristiana al partito socialista , o comunque si metterebbero in cammino verso la sinistra. quello delle posizioni di potere, come ella, onorevole ministro, sa, è il tema dominante della polemica, delle preoccupazioni socialiste, ed è anche il motivo di fondo per il quale i socialisti, dal loro punto di vista legittimamente, hanno favorito la costituzione della maggioranza di centrosinistra e perciò insistono su tutti quei provvedimenti, dalla nazionalizzazione alle regioni, che possono consentir loro, nel campo prettamente politico e in quello economico e sociale , di conseguire nuove posizioni di potere, badando a non perdere o a non compromettere quelle già acquisite mediante la politica frontista che continuano a condurre pur appoggiando una maggioranza che avrebbe dovuto segnare la fine del frontismo. se ella, signor ministro, vuole invece una interpretazione più sottile, più acuta, più dotta, in qualche modo anche non meno pratica, delle conseguenze di questo provvedimento, ecco quel che ha scritto un notissimo intellettuale di sinistra, un economista giovane, ma esperto e capace, anche bene informato e soprattutto bene introdotto, penso anche speranzoso personalmente in ordine alle conseguenze che questo provvedimento potrebbe avere. alludo a Scalfari, il quale sull' Espresso ha interpretato in maniera diversa, ma in qualche modo complementare nei confronti di quella dell' onorevole Santi, la legge e le sue conseguenze. l' onorevole Santi praticamente pensa: stabiliremo noi dove debbono sorgere le fabbriche e dove non devono sorgere, quale zona si debba industrializzare o no. Scalfari pensa e scrive con notevole coraggio qualche cosa di più: « un' altra novità destinata a caratterizzare l' economia italiana nei prossimi anni è la supremazia della banca sull' industria. da almeno trent' anni in qua, il sistema bancario aveva perso gran parte dei suoi poteri di direzione. i profitti delle industrie erano diventati tali che esse avevano sempre meno bisogno di ricorrere alla banca. oggi con la nazionalizzazione dell' industria elettrica il sistema bancario , e per esso la Banca d'Italia , riprende il suo ruolo di guida dello sviluppo economico e di strumento regolatore ed equilibratore del sistema industriale » . non so se i giornalisti che seguono questa battaglia politica e i parlamentari dei diversi settori abbiano meditato sufficientemente sul collegamento tra queste parole rivelatrici dello Scalfari e certe campagne più o meno retrospettive che vanno conducendo da qualche settimana a questa parte i settimanali radicaleggianti o radicali. il reingresso della banca nella vita economica italiana, come elemento dirigente, l' abbiamo già avvertito da qualche mese a questa parte. da certe banche che alcuni giornali di tendenza e di orientamento particolare vengono indirizzati: parlare della Banca commerciale mi sembra perfino ovvio a questo riguardo; è dalle banche che certi giornalisti informatissimi, come lo Scalfari, sembra vengano ispirati nei loro attacchi e nelle loro polemiche. che cosa significa questa sostituzione della industria con la banca? significa, non v' è dubbio, che tutto quello che nella vita economica italiana faceva capo alle iniziative, alla capacità ed anche al rischio calcolato o meno dei singoli, si trasferisce in un settore indubbiamente più coperto, un settore che fa sempre capo allo Stato o alla partitocrazia o a chi detiene le leve di comando, un settore certo meno responsabile e, se mi si consente il termine non elegante, responsabilizzato o responsabilizzabile. si tratta, soprattutto, di trasferire l' iniziativa economica ad un settore che ha una singolare caratteristica, quella cioè di far rischiare i privati senza consentire loro alcun effettivo controllo sulle iniziative. non credo che dalle inchieste retrospettive sulla vita economica italiana siano venuti incoraggiamenti a ritornare alla banca e a mettere in secondo piano i capitani di industria ai fini dell' inizio di un moto di sviluppo economico del nostro paese. credo che i ricordi per i più anziani e le letture per i meno anziani non incoraggino molto ad avviarsi su questo terreno. e sembra soprattutto strano che affermazioni di questo genere — se vi è qualcosa di strano o di singolare nell' Italia nostra — partano da giornali che per altro conducono presunte campagne moralizzatrici. penso che queste affermazioni dello Scalfari siano scandalose. non vi sono scandali più grossi di quelli che provengono da un settore di opinione pubblica che vorrebbe moralizzare il nostro paese e nel contempo trasferire l' iniziativa economica alle banche, a spese del risparmio nazionale, senza alcuna possibilità di difesa da parte di quest' ultimo e con un controllo assoluto da parte non dello Stato, ma del Governo e dei partiti politici . comunque, ecco come quel settore, che per questo Governo, credo, è piuttosto interessante, interpreta il provvedimento. non siamo certo in sede di compromesso, ma di cedimento. infine, la terza interpretazione viene data da un comunista, che ha scritto su Rinascita del giugno di quest' anno un interessante articolo. a prescindere dalle speculazioni politiche (mi rendo conto che avete perfettamente ragione quando accusate i comunisti di tentare le loro speculazioni politiche su questo problema, ma l' importante è di non fornire loro le occasioni per farlo, mentre con questo provvedimento gliene state dando a iosa ), in termini piuttosto seri, cioè programmaticamente, un marxista di osservanza comunista come interpreta questo provvedimento? « questa tendenza sempre più accentuata ad ampliare la proprietà pubblica e a costituire un unico apparato di direzione dell' economia » — scrive il comunista Amedeo Grano — « apre nuove vie alla lotta di classe in un paese in cui la classe operaia detiene, attraverso i suoi partiti, già oggi posizioni di potere sia pure sul piano locale, e in cui la forza del movimento e la sua spinta per un allargamento delle basi della democrazia siano tali da determinare una estensione progressiva di queste posizioni di potere anche a livello nazionale » . abbiamo sentito contrapporre l' altro giorno dal ministro dell'Interno di questo Governo alla concezione di uno Stato classista, comunista e anche socialista (perché si parlava della Cgil), una concezione di difesa dello Stato in termini anticlassisti. non so se sulla base della legge in esame il ministro dell' Industria , non a titolo personale, ma come rappresentante di questo Governo, potrebbe contrapporre ancora una concezione classista o marxista ad una concezione sociologica di stampo cattolico. mi sembra di poter dire molto serenamente che non ci troviamo neppure in una fase di compromesso tra le due concezioni: ci troviamo di fronte alla assenza o al cedimento completo dell' una e alla presenza sempre più massiccia dell' altra. quanto al terzo errore di cui parlavo inizialmente, cioè al fatto che si è pensato attraverso questa misura di poter mettere in difficoltà il partito comunista (ancora una volta desidero parlare di questo argomento senza veleno polemico), credo che quando il Governo presieduto dall' onorevole Fanfani ha inserito nel suo programma la nazionalizzazione dell' industria elettrica abbia pensato di poter mettere in difficoltà, attraverso questa parte del suo programma, il partito comunista ; voglio richiamarmi al giorno in cui, nel mese di marzo scorso, l' onorevole Fanfani enunciò qui il suo programma; voglio riferirmi alla sfida che l' onorevole Fanfani lanciò ai comunisti e voglio pensare che l' onorevole Fanfani ritenesse davvero di poter sfidare il partito comunista a singolar tenzone, sulla base soprattutto di misure come questa. signor ministro, sono passati sei mesi, e in questi sei mesi tutti insieme abbiamo compiuto delle esperienze politiche. ritiene davvero il Governo, sulla base di quanto è accaduto in questo tempo, sulla base di quello che in discussione generale ebbe a dire su questo provvedimento per i comunisti l' onorevole Natoli qui presente, sulla base di quello che sull' argomento l' altro giorno ha detto l' onorevole Failla, egli pure a nome del gruppo comunista, sulla base di quello che l' onorevole Togliatti ha dichiarato solennemente a Milano domenica, ritenete davvero voi, signori della maggioranza, sulla base di tutto questo, di essere riusciti a mettere in difficoltà i comunisti, o non vi sembra che le difficoltà vostre proprio in ordine all' accentuata presenza e all' accentuato peso dei comunisti nella maggioranza e sulla maggioranza, siano state promosse dalla dialettica dell' esame di questo provvedimento di legge? questo terzo errore mi sembra dunque abbia avuto una clamorosa conferma dai fatti. all' errore si aggiungono, dicevo al principio, le finzioni e le illusioni connesse a questa legge ed all' articolo 1 in particolare. la prima finzione, come ho già detto, è che si tratti di una scelta di carattere economico e sociale . diventato celebre tra noi quel capo della relazione De'Cocci in cui, con assoluta indifferenza (e in sede polemica avrei detto con qualche cinismo), si elencano le possibili soluzioni: si sarebbe potuto fare così, oppure così, se non sbaglio si tratta di sei soluzioni, perché si arriva fino alla lettera %), che vengono presentate una accanto all' altra, come se tutte fossero accoglibili in ipotesi, « in astratto » dice la relazione De'Cocci . ma ho l' impressione che l' onorevole De'Cocci non sia un astrattista della politica, anzi ritengo che egli abbia idee piuttosto chiare e concrete in merito al modo come ci si debba comportare nel quadro dei gruppi parlamentari e dei partiti politici . in astratto, dice l' onorevole De'Cocci , tutte le sei soluzioni avrebbero potuto essere buone. dopodiché egli si dimentica di spiegare perché si sia scelta proprio la penultima tra le soluzioni da lui astrattamente prospettate. ma vi è di più: l' onorevole De'Cocci elencando le varie soluzioni possibili in astratto dimentica, per ognuna di tali soluzioni o per lo meno per la quinta, di allegare alle note positive, talvolta apologetiche soprattutto della prima (perché era la sua, aveva presentato una proposta in merito da lui firmata), di allegare sia pure modeste note critiche o di citare note critiche altrui per farci capire quali siano stati i criteri di scelta. in simili condizioni insistere nel pensare o nel credere o nel tentare di far credere che si sia tentato di fare una scelta di carattere economico e sociale è assolutamente assurdo. e se qualcuno ancora ci credesse, dovrei pregare i colleghi della maggioranza di voler rileggere, perché assolutamente non vi hanno meditato sopra, la relazione di minoranza , laddove si confutano i motivi, per altro non rintracciabili nella relazione della maggioranza (e che non sono stati affacciati neppure nella discussione generale , ma in polemiche giornalistiche), in base ai quali sarebbe da respingere la tesi da noi sostenuta, sempre in via subordinata , evidentemente, della soluzione attraverso l' azienda di Stato . l' onorevole De Marzio non ha avuto modo di rispondere al riguardo all' onorevole De'Cocci perché nella relazione della maggioranza nulla si diceva a questo riguardo e credo che non abbia avuto modo di rispondere neppure ad altri colleghi della maggioranza perché non ne hanno parlato. egli, quindi, si è limitato a rispondere a chi sulla stampa o nelle discussioni che si sono svolte a questo proposito ha ritenuto di anteporre la soluzione dell' ente di Stato a quella della azienda di Stato . l' onorevole De Marzio ha risposto in sede economica e sociale con argomenti che possono piacere o non piacere, che possono ritenersi validi o meno, ma che comunque avrebbero dovuto essere presi in considerazione. quando il nostro relativo emendamento verrà in discussione vedremo in quale misura quegli argomenti saranno presi in considerazione e con quali altri argomenti soprattutto potranno essere ribattuti e respinti. ma niente altro abbiamo potuto rilevare o rintracciare in ordine ad un serio tentativo di dimostrare che ci troviamo di fronte ad una scelta di carattere economico e soprattutto sociale. ci troviamo di fronte ad una scelta politica. la seconda finzione è che questa specie di nazionalizzazione sia necessaria per realizzare una politica di sviluppo . a questo proposito sono proprio costretto a citare brevissimamente la relazione De'Cocci perché si tratta di uno dei passi più caratteristici non della relazione in quanto tale, ma della spaventevole confusione di idee — mi si consenta — che regna nel campo della maggioranza. una specie di giuochetto. si dice in tale relazione, sotto il capo « obiettivi di una politica nazionale dell' energia elettrica » , che l' intervento dello Stato è stato « senza dubbio notevole e costantemente crescente » nel settore dell' energia elettrica e degli incentivi; « tuttavia non si può certo dire che esso si sia ispirato e si ispiri ad una organica e coordinata direttiva di politica economica » . sulla base di questa affermazione, che cosa si deve dedurre? che l' industria elettrica ha funzionato anche grazie agli incentivi dello Stato e che lo Stato per altro non ha saputo dare a se stesso una organica e coordinata direttiva di politica economica . si deduce, dunque, che per mettere le cose in regola, lo Stato dovrebbe dare a se stesso una ordinata e organica linea di politica economica , dopo di che lo Stato dovrebbe provvedere ad intervenire, sulla base di una organica linea di politica economica , che è quella che mancava, nel settore dell' industria elettrica. il secondo capoverso del capitolo, invece, dice: « oggi appare sempre più chiaramente che la politica di sviluppo programmato ed equilibrato deve necessariamente potere contare su una chiara, precisa ed organica politica delle fonti di energia , ed in particolare del settore elettrico » . quindi lo Stato, che fin qui si è dimostrato carente di una sua organica politica di sviluppo economico, è autorizzato a continuare ad essere carente o, comunque, a studiare con tutta calma quale può essere l' organico sviluppo di politica economica che nel precedente capoverso si indicava come urgente. nel frattempo lo Stato nazionalizza l' industria elettrica, espropria le industrie elettriche senza avere un organico ed adeguato indirizzo di orientamento di politica economica , il che lascia pensare che lo Stato avrà a sua disposizione (non secondo la nostra tesi, ma secondo la tesi dell' onorevole De'Cocci ) uno strumento, di cui non saprà come servirsi, perché, se è vero che fin qui lo Stato non è potuto intervenire adeguatamente nel settore, non perché gliene mancasse la volontà, ma perché gli mancava la capacità, in quanto mancava l' unità di politica economica ; se è vero che non si provvede a dare allo Stato una direttiva di politica economica unitaria, ma intanto si provvede a nazionalizzare il settore, è evidente che, così come in precedenza il controllo coordinato sull' industria elettrica non ha potuto dare, sempre secondo l' onorevole De'Cocci , i risultati sperati perché mancava l' adeguata linea coordinata di sviluppo economico , così da adesso in poi, finché mancherà l' adeguata linea coordinata di sviluppo economico , la nazionalizzazione non potrà dare i suoi frutti. siamo all' uovo e alla gallina, cioè ai giuochi puerili. vi è un tantino di malafede nell' uso volutamente inesatto e volutamente elusivo (anche qui mi riferisco ad affermazioni contenute nella relazione di minoranza De Marzio ) dei termini in cui ci imbattiamo esaminando questa legge ed in particolare l' articolo I. quando, infatti, al terzo comma si dice che « ai fini di utilità generale l' ente nazionale provvederà alla utilizzazione coordinata ed al potenziamento degli impianti, allo scopo di assicurare con minimi costi di gestione una disponibilità di energia adeguata per quantità e prezzo alle esigenze di un equilibrato sviluppo economico del paese » , ella, onorevole ministro, che in materia legislativa ha un' altissima esperienza interna e internazionale, mi insegna che siamo fuori di una corretta prassi legislativa. le leggi devono essere chiare e devono contenere norme tassative applicabili senza equivoci; devono altresì prevedere sanzioni per chi non esegue le norme che esse stabiliscono. quando invece un testo di legge diventa un articolo di giornale o uno stralcio di relazione della maggioranza, in questo caso un fondo dell' Avanti! — mi sembra di udire il Pieraccini di questa mattina — quale è allora l' « equilibrio » che si conclama? sull' asse di equilibrio vi è ora il centrosinistra, così come ieri potevano esservi il monocolore o il centrodestra e come in avvenire potranno esservi altre formule di Governo. l' equilibrio dunque è opinabile, nulla anzi è più opinabile dell' equilibrio. ci si deve dire quale sia il centro di gravità; soltanto allora potrà parlarsi di equilibrio. guai infatti se qualche tempo fa si fosse detto che l' equilibrio sta a sinistra! con De Gasperi e con altri i democristiani erano pronti a giurare che l' equilibrio stava al centro e che qualunque sviamento verso sinistra o verso destra non avrebbe costituito che una pericolosa sfasatura. quando dunque voi inserite in questo testo di legge un' espressione di tal sorta, chi credete di ingannare? essa non significa nulla e questa legge, di conseguenza, non ha alcun significato giuridico perché parlare di equilibrato sviluppo, di sviluppo economico , di politica di sviluppo , di piano di sviluppo non significa assolutamente nulla. parlare di statizzazione e di nazionalizzazione ella sa, onorevole ministro, che anche in sede dottrinaria non è esatto, anzi postula addirittura concetti assolutamente diversi da quelli che sembra si vogliano qui affermare. io penso che la terminologia esatta sia quella adottata dal partito socialista e dal partito comunista , penso cioè che il termine più esatto sia quello di « pianificazione » , un termine che significa indubbiamente qualche cosa, che si richiama ad una determinata concezione. anche quello di « programmazione » significa qualche cosa. qualche volta si parla nella relazione di maggioranza o anche nelle altre relazioni di programmazione; ma anche qui arriva l' onorevole La Malfa — lo ha già osservato l' altro giorno l' onorevole Delfino — a dirci che, sì, egli è per la programmazione, ma a patto che sia una programmazione democratica: io sono democratico — dice l' onorevole La Malfa — e se faccio io la programmazione, questa è democratica e può essere accettata, mentre altri può essere autoritario e fare una programmazione autoritaria. quando perciò la programmazione la faccio io, è valida perché sono democratico; quando la fanno altri che democratici non sono, la programmazione non è più valida perché a me non piace. è un po' il ragionamento che faceva giorni or sono l' onorevole Gian Carlo Pajetta quando affermava: la Renault in Francia è stata nazionalizzata; a me piacciono le nazionalizzazioni, ma poiché in Francia vi è De Gaulle e a me non piace De Gaulle , la nazionalizzazione della Renault a me non piace. se il Capo dello Stato fosse un altro, quella nazionalizzazione mi piacerebbe. mi rendo conto che in sede politica si debba parlare in questi termini. qualche volta possiamo farlo anche noi. chiaro però che noi avremmo una minore diffidenza nella partitocrazia se questa significasse posizione di potere anche per noi. ma quando dalla polemica politica si passa in sede programmatica e, più ancora, in sede legislativa , allora bisogna esser chiari, perché si legifera non per l' oggi immediato ma per il domani (voi pensate addirittura per il dopodomani) e, soprattutto, perché si legifera per la generalità dei cittadini, soprattutto per quelli che meno si possono difendere, per i cittadini (in questo caso si tratta di centinaia di migliaia di azionisti piccoli risparmiatori i quali vedono regolati dalla legge i loro rapporti giuridici, economiche sociali e che quindi hanno il diritto di vederci chiaro. ma per vederci chiaro bisogna, almeno nelle leggi, smetterla di parlare di equilibrato sviluppo economico del paese o di politica di sviluppo , che non significa assolutamente niente, e bisogna avere il coraggio di affrontare il problema di fondo , che non è quello della programmazione democratica o autoritaria, ma è quello della programmazione (come è scritto nella relazione dei colleghi monarchici) obbligatoria o non obbligatoria. bisogna che il Governo e la maggioranza dicano se ci si trova in fase di programmazione obbligatoria o meno. a mio parere, lo hanno già detto attraverso la natura di questo provvedimento: si programma un determinato settore dell' economia nazionale non perché ragioni economiche e l' interesse pubblico, come prescrive l' articolo 43 della Costituzione, inducano a farlo, ma perché si deve contribuire a dare a tutta la politica economica e sociale un determinato orientamento per ragioni politiche, che sono poi le ragioni di base di questa maggioranza. ecco la finzione di fondo dinanzi alla quale ci troviamo. vi è poi una leggenda da sfatare. si dice che attraverso questa legge si arriverà a moralizzare un settore della vita del nostro paese. d' altro canto, ho sentito tuonare da sinistra e anche da parte cattolica che le nostre posizioni nei riguardi di questa legge sarebbero discutibili sul piano morale. da persona perbene quale credo di potermi ritenere, ho voluto mettermi la coscienza a posto e sono andato a consultare il sacro testo, in questo caso la rivista Rinascita. ebbene, quando il partito comunista arriva a testimoniare che certe nostre campagne sono perfettamente morali, credo che possiamo sentirci tranquilli. il 23 giugno l' onorevole Pajetta ha scritto su Rinascita: « che cosa sarà la futura azienda di Stato ? non basta affermare che godrà di una sua autonomia, non basta fare i nomi dei tecnici destinati ad assumere le funzioni di commissario. l' Italia ha esperienze di dinastie dell' automobile, di baroni dell' elettricità o della chimica, ma non dimentichiamo che esiste qualche esempio preoccupante di feudi anche nel settore pubblico » . ora noi stiamo combattendo appunto contro i feudi nel settore pubblico , quelli che vi sono e quelli che si vorrebbero istituire. e se persino l' onorevole Pajetta è preoccupato di una situazione di questo genere penso che né lui né i colleghi del partito socialista e, in genere, del centrosinistra vorranno considerare immorale la campagna che stiamo conducendo. ma vi è di più. i socialisti difendono gli enti di Stato e quella che, con termine non elegante, noi chiamiamo l' « entocrazia » . qualche volta, però, anch' essi hanno parentesi di distrazione e di disattenzione e forse è in uno di questi momenti che è apparso sull' Avanti! del 15 aprile 1962 un articolo di cui leggerò qualche passo che mi è apparso particolarmente significativo. l' articolo si intitola: « gli enti sovvenzionati sotto controllo — l' allegra amministrazione dei fratellini corporativi » . l' organo socialista parla di « fratellini corporativi » , perché si tratta di enti ereditati dall' organizzazione corporativa; senonché Avanti! è molto incauto a questo riguardo perché fa riferimento ai rilievi mossi a questi enti dalla Corte dei conti , la quale esercitava anche in passato i suoi controlli. perché la Corte muove oggi addebiti che non muoveva nei passati decenni? evidentemente perché non si tratta della « allegra amministrazione dei fratellini corporativi » in quanto tale, bensì della cattiva conduzione di enti pubblici che corporativi non sono più. vi è quanto basta per incriminare Avanti! ! di apologia indiretta di fascismo (e credo che la Camera concederebbe senz' altro l' autorizzazione a procedere , come fa sempre, con equanimità...) in quanto l' organo socialista afferma in sostanza che ai tempi del fascismo le cose funzionavano meglio. leggiamo dunque insieme le gravi accuse che Avanti! muove agli enti in cui il partito socialista , naturalmente, non ha posizioni di potere: « l' Ente risi , l' Ente per la cellulosa e la carta; l' Ente nazionale serico e l' Istituto cotoniero italiano sono gli ultimi rampolli, ormai diventati vecchi bacucchi, generati dalle corporazioni fasciste... in questo dopoguerra hanno dato abbondante materia a denunce giornalistiche e politiche e a complicate vertenze giudiziarie, quasi sempre dovute alla loro incostituzionale potestà di imporre balzelli sui cittadini e sui consumatori, ovvero al sistema arbitrario col quale hanno amministrato il pubblico danaro. i rilievi sollevati adesso dalla Corte dei conti nella relazione presentata al Parlamento sul controllo degli enti sovvenzionati, confermano che quelle denunce e quelle vertenze erano pienamente giustificate. prendiamo ad esempio l' Ente risi che è un grosso carrozzone: ha un bilancio d' esercizio di oltre un miliardo l' anno e un bilancio patrimoniale di 24 miliardi. tra ammassi per conto dello Stato e attività di istituto, praticamente monopolizza tutto il settore risicolo » , eccetera da questo articolo risulta che il partito socialista si pone in aspra polemica con gli enti pubblici (definiti « grandi carrozzoni » ) che si afferma essere pessimamente amministrati e avere sperperato il danaro dei contribuenti italiani. quello che più importa sottolineare, però, è che i controlli della Corte dei conti , pur legittimi, pur attenti, pur severi, non hanno ottenuto alcun risultato, ma sono serviti semplicemente a far sapere al Parlamento, a posteriori , che questi enti sono amministrati male, avevano funzionato peggio, si erano addirittura assunti prerogative anticostituzionali e illegali. tuttavia chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato: questi enti continuano a sperperare. si tratta dunque di domandarsi come i socialisti possono chiedere la liquidazione di una serie di enti pubblici di cui si critica il funzionamento e nello stesso tempo sollecitare la creazione di un ente che avrebbe esattamente le stesse caratteristiche, sarebbe soggetto agli stessi controlli (meglio, beneficerebbe della stessa mancanza di controlli) e sarebbe indotto nelle stesse tentazioni o in tentazioni ancora più gravi, in quanto gli sperperi addebitabili agli enti citati, come il loro disordine amministrativo, hanno origine politica molto più modesta dell' origine e dei compromessi politici che stanno alla base dell' ente che si vorrebbe istituire. siamo d' accordo con Avanti! ! e con la sua coraggiosa campagna contro taluni enti pubblici ; non ci rendiamo conto, però, come si possano condurre campagne di questo genere e, al tempo stesso , accusare di essere asserviti a chissà quali oscuri e non confessati interessi coloro i quali si battono affinché questi sperperi e questi scandali debbano finire. in questo articolo della legge mi permetto anche di ravvisare talune illusioni. la prima, onorevole Colombo, la riguarda personalmente. ella, signor ministro, dovrebbe vigilare su questo ente pubblico e accanto a lei dovrebbe funzionare un comitato di ministri. si tratta di un testo di legge, quindi quando sono scelti dei ministri si indicano senza dubbio dei dicasteri. ho voluto porre accanto ad ogni dicastero il ministro e il partito e la corrente cui appartiene il ministro per vedere come sia stato costituito questo comitato presieduto dall' onorevole Fanfani, il quale le offre, onorevole Colombo, serie garanzie di vigilanza, di dinamismo, di capacità tecnica, di competenza e soprattutto di imparzialità e serenità (credo di aver indicato le doti peculiari a titolo anche personale del presidente del Consiglio ). vediamo quali sono i ministri: ministro del Bilancio , l' onorevole La Malfa ; ministro del Tesoro , l' onorevole Tremelloni; ministro dei lavori pubblici , l' onorevole Sullo; ministro delle partecipazioni statali , l' onorevole Bo. in questo comitato, dunque, vi sono: un ministro repubblicano, un ministro socialdemocratico, due ministri democratici cristiani di sinistra e il ministro democratico cristiano del gruppo doroteo, diciamo di tendenza moderata, che è lei. ella, onorevole ministro, chiede di vigilare o di essere il vigilato speciale di questo comitato di vigilanza? le faccio i miei auguri. quello che ho detto ha importanza anche perché abbiamo rilevato (si tratta di un parere avente carattere tecnico e non politico, noi non pensiamo al colore dei ministri) che rimane escluso il ministro dell'Agricoltura . in questo comitato, invece, dovrebbe esservi, se è vero non quello che diciamo noi, ma quello che tutta la maggioranza dice circa l' importanza fondamentale che la nazionalizzazione dovrebbe avere sul settore dell' agricoltura. non vi è stato messo forse perché è della sua corrente e si temeva di turbare l' equilibrio? volevo occuparmi di agricoltura, ma per un vizio di indagine politica ho voluto mettere i nomi accanto ai dicasteri, preoccupandomi di questa vigilanza... vigilata in cui rischia di trasformarsi il funzionamento del comitato di ministri. un' altra illusione risulta dal terzo comma dell' articolo 1, che cioè si possa arrivare ad una gestione con minimi costi. l' illusione risulta da un passo della relazione De'Cocci in netta contraddizione con il capoverso citato. è detto nella relazione: « non volendo precludergli (ad enti di questo genere) una manovra tariffaria in funzione di una politica di sviluppo economico equilibrato e, quindi, non ancorata al solo criterio dei costi, la soluzione... è quella di un ente pubblico avente sì personalità giuridica, pubblicistica, ma fornito di vasta autonomia e di notevole operatività, non vincolata nella sua gestione a rigidi criteri di massima e immediata redditività » . quindi, secondo il relatore per la maggioranza, si è dato luogo a un ente di Stato a preferenza di altre soluzioni perché non si è voluto vincolare il funzionamento dell' ente, e quindi del settore, al criterio della massima ed immediata redditività, e non si è voluto ancorare rigidamente il sistema al problema dei costi di produzione . viceversa, nel terzo comma dell' articolo è detto che l' ente deve avere come scopo quello di assicurare, con minimi costi di gestione, la disponibilità di energia. ma allora, signor ministro, noi rileviamo qualche cosa di più di una semplice contraddizione, che potrebbe essere perdonabile (il relatore per la maggioranza ha avuto tanto da fare che può darsi che non abbia letto per intero il disegno di legge . niente di strano! 1. vi è qualcosa di più, dicevo, che una semplice contraddizione tra un passo della relazione e un comma del provvedimento: vi è una contraddizione di principio. mancando la giustificazione addotta dal relatore per la maggioranza (cioè la giustificazione in base alla quale si è voluto dar luogo a un ente pubblico di questo genere per sganciare l' ente e l' intero settore da un criterio di rigida aderenza ai costi di produzione , di rigida aderenza alla redditività massima ed immediata), manca qualunque altra indicazione. e allora, perché si è voluto dar luogo a un ente di questo genere? a detta del relatore, per sganciarlo dal rigido criterio dei costi di produzione . ma come si può poi attribuire per legge all' ente, come compito di istituto, quello di condurre una politica tale da assicurare con i minori costi la gestione delle disponibilità? come si vede, non si tratta soltanto di termini generici, ma di termini adottati in un testo legislativo con una certa leggerezza. l' ultima illusione è quella relativa agli ultimi due commi dell' articolo 1 concernenti i controlli. noi abbiamo ancora fresca nella memoria l' eco di quanto ha detto il ministro Tremelloni in questo e nell' altro ramo del Parlamento circa i bilanci consuntivi dello Stato. come si sa, l' ultimo bilancio consuntivo stampato e distribuito è quello relativo all' esercizio 1955-56. da allora il Parlamento non ne ha conosciuto altri. come possiamo pensare ad una seria applicazione dell' ultimo comma di questo articolo, dal momento che lo Stato è inadempiente nella presentazione dei suoi bilanci? e non perché voglia esserlo, ma perché non riesce ad essere adempiente; perché la macchina dello Stato non ha potuto adeguarsi, non ha potuto raggiungere quel perfezionamento tecnico a ciò indispensabile. e non si dica che in questo caso si tratta di un ente pubblico, sì, che però funzionerà — come qualche volta ha affermato l' onorevole Togni — con criteri privatistici, perché in tema di controlli non è l' ente che ci interessa: è lo Stato che deve funzionare. se finora lo Stato non ha funzionato per quanto riguarda i suoi bilanci, a maggior ragione... il discorso sarebbe lungo: lo faremo in altra occasione. comunque, sono disposto ad ammettere che la sua affermazione apparsa sull' Avanti! sia del tutto esatta. voglio ammettere, dicevo, che la sua affermazione sia assolutamente esatta e che si crei questa specie di miracolo di un ente pubblico il quale abbia l' agilità funzionare di un' impresa privata e sappia configurare la sua amministrazione, e quindi i suoi bilanci preventivi e consuntivi, nel più agile, rapido e corretto dei modi. i controlli, però, non spettano all' ente, ma allo Stato, agli organi dell' Esecutivo, della Pubblica Amministrazione , del Parlamento; spettano cioè a quegli organi i quali, come dicevo poco fa molto serenamente, non per colpa loro, ma per una serie di situazioni e di circostanze che si sono determinate in questo dopoguerra, non sono fin qui riusciti ad esercitare efficacemente, seriamente e tempestivamente la propria funzione di controllo, tant' è vero che l' ultimo bilancio consuntivo dello Stato presentato al Parlamento è quello del 1955-195; tant' è vero ché il ministro del Tesoro è venuto recentemente sia in quest' Aula sia in quella di Palazzo Madama per confessare (non era una colpa sua personale, né di questo Governo) che il Governo è inadempiente ai suoi obblighi in proposito. pertanto, quando si parla di controlli che dovrebbero essere esercitati su questo ente da parte dello Stato, che dovrebbero garantire l' opinione pubblica e i contribuenti circa il perfetto funzionamento dell' ente stesso, ci si illude, perché si ricade nell' illusione generale di far funzionare in questo clima e con questi sistemi l' apparato parastatale e quello statale. concludendo l' esame di quest' articolo, e scusandomi di non aver potuto far altro che approfondire talune argomentazioni già svolte, trovo esatta la coraggiosa definizione data dall' onorevole Guido Gonella (che ha parlato di manipolazioni parassitarie) per il clima di improvvisazione, per la faciloneria (anche dal punto di vista giuridico-legislativa), per la leggerezza con cui ci si è avviati ad approntare questo provvedimento. questi enti sono davvero dei mastodontici funghi, dei parassiti che sono germinati in questo dopoguerra e che vanno germinando ancora accanto ai partiti politici . l' onorevole ministro avrà certamente seguito, come abbiamo seguito, noi la polemica sulla partitocrazia che si è svolta in queste ultime settimane in tono piuttosto serio e approfondito. sono intervenuti dall' una e dall' altra parte egregi sindacalisti su organi di stampa a larga diffusione; sono intervenuti dall' una e dall' altra parte i direttori di quotidiani di partito; è intervenuto Il Popolo con una nota difficilmente comprensibile e che pertanto è stata attribuita alla penna dell' onorevole Moro. si è trattato di un dibattito molto interessante; e perché? perché il dibattito giornalistico che si è svolto intorno alla partitocrazia, sui suoi presunti vantaggi e sui suoi presunti danni, si è collegato in maniera diretta con l' altra polemica sulla nazionalizzazione elettrica. dalla partitocrazia non possono non derivare strumenti di questo genere e indirizzi di questo genere. la partitocrazia ha bisogno di enti così concepiti, così attuati, di una economia programmata obbligatoriamente di questo tipo, e ne ha bisogno per fare che cosa? l' altro giorno l' onorevole Nicosia ha fatto un' affermazione che in quel momento poteva sembrare eccessiva; ma, riflettendoci, la trovo perfettamente valida. egli disse che si stava dando vita ad un nuovo tipo di Stato, alla revisione di fatto della Carta Costituzionale , revisione che è negata invece con scandalo quando viene richiesta da noi, per motivi giusti o sbagliati, ma molto lealmente. voi, infatti, state operando una vera e propria revisione della Carta Costituzionale . può sembrare paradossale, ma qui siamo in tema di revisione organica dell' articolo 49 della Costituzione, che stabilisce la funzione dei partiti nella vita politica italiana . siamo in tema di revisione organica dell' articolo 39, che stabilisce la funzione dei sindacati, la quale va smarrita nel quadro di una politica di questo genere (come è dimostrato dalle recenti interviste concesse da alcuni sindacalisti sul centrosinistra), in quanto questa funzione si è andata annullando e sfumando, e ciò anche in polemica con i sindacalisti di sinistra e della Democrazia Cristiana . siamo in tema, in sostanza, di revisione organica dell' articolo 43. in proposito, io sono andato a cercare negli atti della Costituente qualche lume. sono stato molto felice quando ho trovato che l' onorevole Fanfani è intervenuto all' Assemblea costituente sul tema dei rapporti economici e sociali. volevo andare a vedere, lo confesso, con qualche malizia, con una punta di cattiveria, se per caso l' onorevole Fanfani a quell' epoca si fosse pronunciato (poteva essere capitato anche a un uomo coerente come lui) in maniera difforme da quella con cui si va pronunciando il suo Governo. ho trovato negli atti dell' Assemblea costituente , volume II, pagina 3527, seduta del 3 maggio 1947: « presidente. è iscritto a parlare sul tema dei rapporti economici e sociali » (si trattava dell' articolo 43 della Costituzione, articolo 40 del progetto) « l' onorevole Fanfani » . « Fanfani. rinunzio. (approvazioni al centro) » . questo è stato il contributo dell' onorevole Fanfani. il che mi ha spiegato molte cose: la rinunzia globale da parte di tutta la maggioranza a prendere la parola sugli articoli di questa legge. la rinunzia dell' onorevole Fanfani in quella memorabile seduta e le conseguenti approvazioni al centro, dimostrano quale sia stato l' unico contributo che l' onorevole presidente del Consiglio abbia dato — potete consultare gli atti della Costituente — al dibattito sui rapporti economici e sociali, anche se aveva quella determinata preparazione, quella vocazione sociale che egli non si stanca mai di ricordare. in questo momento, invece — e non è certo una postuma eccezione di incostituzionalità che sto sollevando, ma formulo soltanto un' osservazione paradossale con la quale desidero concludere questo mio intervento — stiamo rivedendo senza accorgercene l' articolo 43 della Costituzione. onorevole ministro, ella ricorderà che in sede di discussione di quest' articolo alla Costituente fu approvato un emendamento democratico cristiano , illustrato prima dall' onorevole Bosco Lucarelli e poi dall' onorevole Taviani. vi fu battaglia tra la Democrazia Cristiana e le sinistre, e la Democrazia Cristiana , come qualche volta capitava alla Costituente, riuscì a prevalere con il voto dei deputati della destra di allora, che si schierarono sulle tesi costituzionali della Democrazia Cristiana . il dibattito verteva proprio sul punto di porre all' inizio dell' articolo 43 la dizione: « a fini di utilità generale » , formula proposta dalla Democrazia Cristiana , in luogo della locuzione: « per il progresso e lo sviluppo economico » , proposta dalle sinistre. la Democrazia Cristiana , allora, non voleva cedere ideologicamente, voleva affermare una tesi sociale cristiana e cattolica in contrapposto con una tesi edonistica, marxista, materialistica sostenuta dalle sinistre. in quel caso la Democrazia Cristiana vinse; in questo caso sta vincendo l' estrema sinistra che sta imponendo non soltanto, in sostanza, un proprio provvedimento, ma addirittura una propria concezione della vita politica e sociale del nostro paese.