Ugo LA MALFA - Deputato Maggioranza
III Legislatura - Assemblea n. 615 - seduta del 29-05-1962
Cassa per il mezzogiorno
1962 - Governo VI De Gasperi - Legislatura n. 1 - Seduta n. 513
  • Attività legislativa

signor presidente , onorevoli colleghi , mi sia consentito nell' iniziare questa replica di rivolgere il mio caldo ringraziamento al presidente della Commissione bilancio, onorevole Vicentini, al presidente della Commissione finanze e tesoro, onorevole Valsecchi, al collega Gioia ed agli altri colleghi relatori per il loro notevole contributo e per avere con me diviso l' impegno e la continuità di partecipazione a questa interessante discussione. il dibattito è stato ampio, profondo e critico, e meritava forse una maggiore partecipazione. debbo dire che nell' aprirlo, nel presentare un documento scritto sui problemi della programmazione e nel fare una esposizione orale sui problemi a breve termine , pensavo che questi ultimi avrebbero maggiormente attirato l' attenzione degli intervenuti, come problemi più urgenti. ma il fascino della prospettiva di fondo ha portato gli onorevoli colleghi ad intrattenersi immediatamente sugli aspetti della nostra politica di sviluppo e sulle prospettive della programmazione, anche se, a mio giudizio, come del resto ha affermato il collega Ripamonti, le impostazioni relative ad una politica di fondo, alla politica di programmazione, debbono non solo interessare le assemblee parlamentari e le organizzazioni economiche e sindacali, ma l' intera opinione pubblica del paese, e perciò hanno tempo dinanzi a sé. per quanto riguarda i problemi a breve scadenza e gli impegni più vicini del Governo non penso vi sia nulla da modificare nell' impostazione iniziale, anche perché stamane i colleghi Trabucchi, Tremelloni e Pastore hanno avuto occasione di approfondire gli aspetti più particolari e tecnicamente più qualificanti, che potevano mancare nella mia prima esposizione. tuttavia non posso dimenticare che a quella esposizione, per quanto riguarda gli aspetti congiunturali, sono state mosse anche fuori del Parlamento alcune obiezioni. si è detto che il Governo sfruttava i dati congiunturali del primo trimestre o quadrimestre del 1962 a scopo di copertura mentre si trattava di andamento che non rifletteva ancora la sfera di responsabilità del Governo medesimo. ma chi ricorderà la mia esposizione iniziale avrà notato che la citazione di quei dati, che indicano la continuità di un processo di sviluppo , era da me fatta non per rivestire il Governo delle glorie del trionfo, ma per smentire l' asserzione diffusasi in questi ultimi mesi secondo cui la polemica intorno alla costituzione della nuova maggioranza e la formazione dell' attuale Governo avevano immediatamente determinato panico e sfiducia negli operatori economici. quelle cifre dimostrano che, nel momento più vivace della polemica politica, tutti coloro che partecipano al processo produttivo hanno ignorato ogni panico, tranquillamente continuando nel loro lavoro. non dubitino, del resto, gli onorevoli colleghi che, se le cifre relative ai mesi futuri dovessero mostrare un diverso andamento, noi, con estrema franchezza e sincerità, le porteremo a conoscenza del Parlamento. con più sottigliezza si è detto ancora che quelle cifre cumulative relative all' andamento di un trimestre o di un quadrimestre erano state presentate dal Governo senza tener conto dell' andamento mese per mese, quasi a far rilevare che il processo di declino di certe attività economiche potesse essere avvenuto a mano a mano che dai mesi più lontani del trimestre ci fossimo avvicinati ai mesi più vicini. ebbene, onorevoli colleghi , neanche questa affermazione è esatta. infatti i dati congiunturali sulla produzione industriale , considerati mese per mese, hanno, sì, un andamento in qualche modo fluttuante, ma la fluttuazione non è maggiore di quella che si rilevava nell' uguale periodo del 1961. per esempio, nel 1962 si è avuto in tale produzione un aumento del 14,6 per cento nel mese di gennaio, e dell' 11,7 nel mese di febbraio, mentre nel 1961 i due aumenti sono stati rispettivamente del 9,5 per cento e del 9,7 per cento . nel mese di marzo si è avuto un aumento dell' 11 per cento , mentre nel 1961 si era avuto un aumento del 7,4 per cento . dal che, oltre tutto, risulta che le fluttuazioni, nello scorso trimestre, sono state molto minori di quelle che si sono avute nell' uguale periodo del 1961. anche per quanto riguarda i dati relativi al mercato finanziario , le cifre non contraddicono l' affermazione positiva che noi ne abbiamo fatto nell' esposizione introduttiva. consideriamo, per esempio, l' aumento del capitale azionario. abbiamo avuto nel gennaio del 1962 una emissione di 205 miliardi, che poi è scesa nel febbraio a 20 miliardi, nel marzo è risalita a 40, nell' aprile è scesa di nuovo a 23. ma nel 1961 abbiamo avuto, nel gennaio, una emissione di 55 miliardi, che nel febbraio è caduta a 23, per risalire nel marzo a 46, e balzare nell' aprile a 118. sbalzi si sono avuti nell' uno o nell' altro periodo: anche il volume di quest' anno risulta molto superiore a quello dell' uguale periodo dell' anno scorso . ancora più evidente è la situazione per quanto riguarda le emissioni obbligazionarie . nel gennaio del 1962 abbiamo avuto 194 miliardi di emissioni obbligazionarie , contro i 15 miliardi del gennaio del 1961; nel febbraio 82 miliardi contro 28, nel marzo 9 miliardi contro 37, ma nell' aprile 79 miliardi contro 37. mi domando se queste cifre possano mai indicare, non solo un declino nel corso del trimestre, ma, mese per mese, un peggioramento rispetto all' uguale periodo del 1961. i dati congiunturali, dunque, assolutamente contraddicono la tesi di una immediata sfiducia del mondo produttivo rispetto alla situazione politica che si è creata. ma l' opposizione di destra, di fronte a queste cifre, porta la sua battaglia su un altro piano. e mi spiace che, per quanto riguarda quest' altro piano, sia necessario riferirmi ad affermazioni, opinioni, idee, espresse fuori del Parlamento, considerando che l' onorevole Malagodi si debba ritenere l' elemento più qualificato dell' opposizione di destra. ha reiterato, l' onorevole Malagodi alla televisione, che gli impegni fondamentali del Governo, come la nazionalizzazione dell' energia elettrica — se ci arriveremo e quando ci arriveremo — come le riforme in agricoltura, come la istituzione delle regioni, comportano un ammontare di spesa enorme, e che questa spesa si dovrebbe aggiungere alle altre spese necessarie per adeguare il nostro sistema scolastico , per riformare l' amministrazione pubblica , per sviluppare la politica edilizia, eccetera noi prendiamo atto che il collega Malagodi, il quale trovava nel 1958, all' epoca del primo Governo Fanfani, che i programmi settoriali di sviluppo economico avrebbero portato alla rovina il bilancio dello Stato , constata oggi che noi possiamo, in un certo spazio di tempo, assumere impegni importanti di carattere pluriennale. è già un progresso rispetto alla precedente impostazione. ma è poi vero che esista una incompatibilità assoluta tra le spese che dobbiamo dedicare a certi programmi pluriennali e le spese che richiedono certe modificazioni strutturali? a parte la valutazione di queste ultime spese, che abbiamo sempre considerato alquanto eccessiva, vorrei porre all' onorevole Malagodi un quesito preliminare. se noi dovessimo, in linea generale, stabilire una incompatibilità fra spese per infrastrutture e spese per riforme strutturali o istituzionali, dovremmo arrivare ad alcune conseguenze paradossali. per esempio, con questa logica — che poi, onorevole Malagodi, non è una logica democratica — perché non sopprimere le spese per il funzionamento di alcuni enti locali , o per un ritmo intenso di elezioni, e non dedicare i fondi così risparmiati ad opere di bonifica? perché, per esempio, non sopprimere le spese per la NATO o per la comunità economica europea, indicazione che ci viene, del resto, dal partito comunista , e dedicare le somme così risparmiate alla costruzione di scuole? e ancora, su questa strada: perché non cedere le partecipazioni dello Stato nelle banche e dedicare i fondi così ottenuti alla edificazione di case economiche? se noi accettassimo, onorevole Malagodi, la logica di queste alternative, evidentemente sacrificheremmo, di un programma democratico e di impegni democratici, quegli impegni che qualificano la democrazia, cioè i problemi che vanno risolti sul terreno strutturale ed istituzionale, e la cui soluzione costituisce elemento fondamentale del progresso di una vita democratica . noi non possiamo ridurre tutta l' attività dello Stato ad investimenti per infrastrutture e sacrificare le spese per le riforme strutturali ed istituzionali, che sono estremamente qualificanti, anzi, dal punto di vista di un giudizio politico, più qualificanti di ogni altro investimento. una tale maniera di argomentare non dovrebbe entrare nella logica di partiti democratici. mi lasci dire, onorevole Malagodi, che bisognerebbe lasciarla ad una certa mentalità qualunquistica, che ha, purtroppo, nel passato tormentato il nostro paese, e continua alquanto a tormentarlo. nella mia esposizione orale, tuttavia, ho dovuto portare l' accento sui problemi che riguardano più specificamente il mercato finanziario e le Borse. l' opposizione di destra, su questo punto, ha assunto una posizione contraddittoria. da una parte, essa ci ha ricordato la situazione internazionale, come per dire: state attenti che una situazione interna assai meno favorevole vi può venire per riflesso di una situazione internazionale che sta peggiorando. e noi ben teniamo conto di questo ammonimento, anche se, di fronte ai notevoli ribassi che in questi ultimi tempi si sono avuti nelle Borse estere, e recentissimamente negli USA, la nostra tenuta, dal punto di vista del mercato borsistico, comincia ad apparirci di una certa tranquillità. dall' altra parte, la destra ci richiamava alle conseguenze di alcune eventuali decisioni del Governo, e soprattutto delle decisioni relative all' industria elettrica. ma prima di intrattenermi su questo argomento, noto, d' inciso, che qualche collega mi ha chiesto di chiarire, a proposito della nazionalizzazione e se vi si dovesse pervenire, le ragioni di una tale decisione da parte del Governo. rispondo che non spetta a me, e non spetta soprattutto in questo momento a me, chiarire le ragioni di un provvedimento che sarà presentato al Parlamento e sarà illustrato dal ministro competente nella sede appropriata. ho accennato a questo problema, ancor prima delle decisioni del Governo, proprio perché su esso faceva leva l' opposizione di destra per sottolineare le condizioni di malessere, di sfiducia e di definitivo dissesto in cui si sarebbe trovato il mercato finanziario in seguito a quella e ad altre decisioni. ho brevemente chiarito per quali ragioni, nel caso in cui si fosse pervenuti alla nazionalizzazione attraverso la conversione delle azioni in obbligazioni, il Governo, pur sentendo la delicatezza e la complessità del problema, avrebbe potuto considerare la situazione con qualche tranquillità. è evidente che, con quel congegno, non si sarebbe avuto quell' esborso enorme di somme di cui si è parlato in questi ultimi mesi, ma si sarebbe operata la conversione di una certa quantità di titoli in un' altra. ma appena è stata fatta questa constatazione, ecco altre obiezioni piovere ininterrotte. si è detto che, passando dal regime azionario a quello obbligazionario, lo Stato si sarebbe assunto un carico eccessivo di interessi rispetto a quello che è il dividendo medio dei titoli elettrici. tuttavia è questa un' osservazione che non regge, poiché tutti sanno che il dividendo non è la sola remunerazione del capitale azionario, ed è largamente praticata anche l' assegnazione di azioni gratuite. quando si tenga conto di queste assegnazioni, si troverà una forma di equilibrio fra l' interesse che il nuovo ente dovesse pagare per le obbligazioni e la remunerazione effettiva che il vecchio capitale azionario avrebbe periodicamente ricevuto. né è più valida la seconda obiezione, secondo cui l' ente si verrebbe a caricare del peso eccessivo delle quote di ammortamento delle obbligazioni. la copertura delle quote di ammortamento avviene con sistemi di rotazione normali sul mercato finanziario . anche lo Stato molte volte deve far fronte ad elevate quote di ammortamento di titoli, e si garantisce della possibilità di far fronte ad altre quote di ammortamento attraverso emissioni ulteriori. il problema, cioè, non riguarda i titoli in sé, ma la capacità del mercato finanziario di continuare ad assicurare determinati volumi di finanziamento. d' altra parte, il Governo sa che questo del mercato finanziario è il problema importante che esso deve porre al centro della sua attenzione. spero che domani la Banca d'Italia ci darà modo di far progredire la nostra conoscenza del funzionamento del mercato finanziario , dell' ampiezza che esso va assumendo con lo sviluppo stesso della nostra vita economica. per stare, però, ancora al problema sopra esaminato, osservo che, quando si afferma che il mercato obbligazionario può divenire inflazionato rispetto a quello azionario, è anche possibile rispondere che, in questi ultimi tempi, è aumentata la quota di emissione obbligazionaria da parte delle società per azioni , e si può, di conseguenza, prevedere per il futuro l' espansione delle emissioni azionarie rispetto alle emissioni obbligazionarie . è, questo, uno spostamento che avverrà spontaneamente o che, se non avverrà spontaneamente, potrà essere sollecitato da organi tecnici di Governo: ciò che si perde, quindi, da una parte, si guadagna dall' altra. il Governo, in questa materia, ha degli elementi e procedimenti tecnici da coordinare. ho già accennato all' imposta cedolare. questa mattina il collega Tremelloni ha annunziato che è allo studio una decisione interessante, l' idea, cioè, di convertire l' attuale sistema di emissione di buoni del tesoro, che è oggi un sistema aperto, portato a funzionare fin dove il mercato lo richiede, in un sistema di emissione limitato, manovrato, cioè, non secondo le richieste del mercato, ma secondo i bisogni di tesoreria dello Stato. questa innovazione farebbe risparmiare allo Stato, oltretutto, saggi di interesse che non sono necessari quando la situazione della tesoreria è buona. ma essa costituisce anche un elemento di manovra sul mercato, per individuarne esattamente le dimensioni e le possibili articolazioni. si tratta, cioè, di un altro degli aspetti tecnici che stiamo considerando e che cercheremo di mettere a punto per tutelarci da possibili squilibri. vi è, infine, la politica del comitato del credito che, in una situazione in cui il mercato finanziario va prendendo sempre più vasta dimensione, ha bisogno di seguire una valutazione più aderente alle necessità dello sviluppo del processo produttivo. un altro punto sul quale, con grande franchezza, nell' esposizione iniziale il Governo ha richiamato l' attenzione del Parlamento e dell' opinione pubblica del paese, è l' andamento dei prezzi. pur senza esagerare sul carattere di tale problema, il Governo ha sentito la responsabilità di rendere le forze produttive ed il Parlamento edotti di una situazione che potrebbe contenere potenziali pericoli. ma, anche qui, ci siamo trovati in una ben strana situazione. l' opposizione di destra, quando noi abbiamo sollevato questo problema, si è svegliata, abbracciando tutte le cause possibili che potessero determinare un' influenza sui prezzi: la causa degli operai, ai quali noi vorremmo imporre un risparmio forzoso e un vincolo sindacale, la causa dei dipendenti statali, che oggi hanno tutte le ragioni di avanzare le loro richieste e che noi, per spirito di contraddizione con la formula politica che rappresentiamo, vorremmo coartare. onorevoli colleghi , è certo sorprendente che l' opposizione di destra, per la prima volta, non si preoccupi della stabilità monetari, e dell' equilibrio del bilancio. da quando io sono in questa Assemblea, ad ogni aumento di stipendi e di salari l' opposizione di destra ha sempre gridato al pericolo per la stabilità monetaria e per l' equilibrio del bilancio. finché vi sono stati governi che non erano di centrosinistra, e che dunque non stavano per sprofondare il paese nell' abisso, l' opposizione di destra si sentiva somma tutrice di questo fondamentale equilibrio: da oggi non se ne preoccupa più. e ce ne dobbiamo, purtroppo, preoccupare noi. ma questo stesso fatto deve dire alle forze del lavoro ed ai dipendenti statali che cosa si nasconde sotto l' amore viscerale della destra nei loro confronti, quale visione effimera del problema, e quale concezione strumentale. noi non possiamo parlare questo linguaggio di facilità, onorevoli colleghi , né ai dipendenti statali né ai lavoratori, proprio perché ne sentiamo le privazioni ed i sacrifici. appunto perché le sentiamo profondamente, non possiamo offrire piatti di lenticchie soltanto. ci sentiamo, questo sì, di offrir loro una politica. d' altra parte le strettoie del bilancio sono quelle che sono. il Governo precedente ha presentato il bilancio di previsione per il 196263. a termini dell' articolo 81 della Costituzione, da oggi in poi dobbiamo trovare una copertura alle nuove spese dello Stato. debbo, però, in proposito ricordare le dichiarazioni fatte qui dai ministri finanziari, miei colleghi, e che richiameranno tutti coloro che vogliono guardare lontano al senso delle comuni responsabilità. il collega Trabucchi (e si tratta di un ministro che ha cercato di raschiare fino in fondo nella pentola dei tributi) ha dichiarato stanane, e direi con solennità, che non può garantire che venga trovata adeguata copertura per nuove spese. egli ha detto che ogni nuova spesa che non si inquadri in programmi predeterminati dovrà essere strettamente evitata. il collega Tremelloni, da parte sua, ha dichiarato che, per quanto riflette il periodo breve, i sintomi di rigidità che si fanno sentire per le entrate tributarie e la consapevolezza di ciò che si deve ancora fare e che faremo nella cornice del programma governativo, impegnano ad una politica di bilancio ancora più meditata. si tratta di ammonimenti che vengono dopo un profondo esame delle condizioni in cui si trova il bilancio. d' altra parte, gli onorevoli Lama e Giolitti ci hanno ricordato la rigidità del bilancio che noi ereditiamo. e se il bilancio è rigido in alcuni suoi aspetti (per esempio per quel che riguarda le spese fisse ), si tratta di una camicia di forza che lega i ministri finanziari, ai quali voi potete chiedere tutto, ma non di avallare la nuova politica economica e finanziaria con atti di irresponsabilità. per concludere su questo punto della politica a breve, ricorderò che, parlando a Milano agli operatori economici, alle forze democratiche ed ai sindacati nella sede della Società Umanitaria , ho dichiarato che le forze moderate, di fronte alla nuova situazione politica, devono mostrare fiducia e coraggio, e le forze avanzate, le forze dei lavoratori, prudenza e cautela. è la combinazione di questi due elementi che ci farà superare le difficoltà di navigazione del periodo breve. dovrei passare ora a considerare il vasto problema che ha attirato maggiormente l' interesse dell' Assemblea, e sul quale vi sono stati interventi di alto livello tecnico: il problema della programmazione, che è il problema di fondo di questa discussione. ed anche per questo punto desidero occuparmi delle varie posizioni emerse. nel campo dell' opposizione di destra ho ascoltato un discorso moderato soltanto da parte dell' onorevole Angioy. per il resto, ho udito considerare la programmazione come la catastrofe finale. dall' energia elettrica alle regioni e al problema della mezzadria, noi ci avvieremmo, di scivolamento in scivolamento, verso il baratro, e la programmazione ci farebbe toccare il fondo del baratro. è stato detto che con la programmazione la nostra saldatura con l' ideologia marxista e socialista sarà completa. onorevoli colleghi , nella maggioranza di centrosinistra vi sono almeno due partiti, uno grande ed uno piccolissimo, che ideologicamente non hanno mai condiviso una impostazione marxista o socialista. darete atto che la Democrazia Cristiana ed il partito repubblicano italiano non si sono mai dichiarati partiti né marxisti né socialisti. si tratta di partiti a ideologia democratica. pertanto, onorevole Malagodi, l' accordo fra i vari partiti dell' attuale maggioranza non avviene sul terreno dell' ideologia socialista, ma consegue all' incontro tra una ideologia socialista e una ideologia democratica avanzata, che esiste nel mondo moderno. del resto, lo stesso onorevole Giolitti ha escluso che quella che noi vogliamo costruire insieme risulti una società socialista. il presidente Kennedy non rappresenta nel suo paese un' ideologia socialista, ma rappresenta un' ideologia democratica avanzata e moderna. questo è stato il punto d' incontro delle forze politiche , punto d' incontro che ha i suoi riflessi sul terreno economico, finanziario e sociale. per altro, il contrasto vero non sorge fra l' ideologia o la prassi liberale da una parte e l' ideologia o la prassi marxista dall' altra, bensì fra l' interpretazione democratica, moderna, che noi diamo ai problemi della vita economica e sociale, e la maniera con cui il partito liberale ha interpretato nel passato ed interpreta adesso la sua funzione. non è un contrasto di oggi, onorevole Malagodi. nessuno più di me ha rispetto per i precedenti storici del partito liberale , ma nessuno più di me è stato costretto, nella sua vita politica, a combattere accanitamente le posizioni del partito liberale , con una distinzione che, se volete, riflette la « doppia coscienza » con cui la parte laica vede i problemi del nostro paese. dovrò forse ricordare il contrasto politico che si verificò a proposito della questione istituzionale? si trattò allora di un contrasto non tra marxisti e liberali, ma tra forze democratiche avanzate ed una forza di conservazione, quale è stato e a mio giudizio continua ad essere il partito liberale . ma, senza riandare a quella battaglia politica, soffermiamoci un momento sui problemi più lontani e più recenti dello sviluppo della vita economica e sociale del nostro paese. vi è stato un contrasto profondo (se torniamo indietro negli anni possiamo constatarlo) sulla maniera di interpretare l' azione per la stabilità monetaria: basta, per convincersi di ciò, leggere gli Atti parlamentari del 1946 e confrontare i discorsi del senatore Einaudi e dell' onorevole Corbino, per stabilire quale fosse l' orientamento del partito liberale ufficiale. si rifletta, poi, a quanto è avvenuto a proposito del Piano Marshall e della sua utilizzazione ai fini dello sviluppo della vita economica nazionale: il collega Tremelloni ricorda certamente qualcuna di quelle polemiche. vi sono state quindi le battaglie per il piano siderurgico, per la riforma agraria , e così via . l' onorevole Malagodi ricorda certamente la battaglia per la riduzione delle tariffe doganali e per la liberalizzazione degli scambi. ebbene, le forze che oggi, purtroppo, sferrano i più aspri attacchi contro il centrosinistra, sono state per mesi e mesi all' opposizione più feroce, mentre oggi rivendicano quella politica di liberalizzazione come positiva per il nostro paese. se si dovesse, insomma, fare la storia della nostra vita economica, e dei problemi che hanno agitato ed interessato il Parlamento e l' opinione pubblica , noi troveremmo il partito liberale in posizione di resistenza proprio nei momenti in cui bisognava rompere certe situazioni, e quindi nei momenti in cui bisognava avere coraggio. se lo sviluppo economico del nostro paese, questo sviluppo che ha fatto dell' Italia, da paese agricolo, un grande paese industriale, presuppone una certa politica, rappresenta il frutto di una certa politica, di quel progresso economico oggi conseguito si possono vantare almeno tre dei partiti che stanno nella maggioranza, non certamente il partito liberale , che ha agito quasi costantemente da freno, e meno che mai l' opposizione monarchica e fascista. quando ho sentito un oratore del Movimento Sociale vantare i risultati raggiunti sinora, rimproverando al centrosinistra di voler « distruggere » quanto è stato compiuto, mi sono meravigliato assai. che cosa ha a che fare quel partito con quanto è stato fatto sinora? quando si chiedevano certi voti, non si trattava di attuare quei programmi! l' onorevole Malagodi ha trattato un altro aspetto del problema. egli ci ha anche detto: programmando, noi finiremo nell' area dei paesi socialisti orientali. ed alle mie reiterate dichiarazioni relative al fatto che vi sono paesi programmatori nell' ambito dell' Occidente (ho citato l' Olanda, la Francia, che lo è dalla liberazione in poi, ho citato l' esempio recente dell' Inghilterra conservatrice) egli non ha risposto, ma è andato sulla piazza Santi Apostoli a Roma a dire che, dato che introduciamo la programmazione e date le regole che reggono il mercato comune , i capitali italiani, impressionati dalla nostra programmazione « autoritaria » , sarebbero fuggiti verso gli altri paesi del mercato comune : noi avremmo così provocato una grande fuga di capitale e di iniziative. non ho capito perché, poi, i capitali debbano fuggire dall' Italia e non debbano fuggire dalla Francia e dall' Inghilterra: evidentemente la nostra programmazione ha un sapore particolare, che bisognerebbe, però, spiegarci. ma, a proposito del mercato comune , vi è di più, e l' onorevole Malagodi corre il rischio di un grosso infortunio. egli ci darà atto che, almeno nel settore agricolo del mercato comune , esiste un vero piano, che è il piano Mansholt. inoltre è venuto di recente in Italia Jean Monnet, il padre spirituale e tecnico di questa Europa del mercato comune , che mi ha dichiarato (e, forse lo ha dichiarato anche all' onorevole Malagodi) che l' Europa deve muoversi verso la pianificazione. onorevole Malagodi, anche Jean Monnet sta avvicinandosi alle nostre file per arruolarsi nelle truppe del marxismo dilagante? non è ancora tutto. stamane sull' l'Osservatore Romano (come vedete, faccio letture delle più castigate) ho rilevato un articolo con questo titolo: « il piano economico europeo proposto da Robert Marjolin » . nell' articolo è scritto: « notevole interesse suscita in Francia l' idea avanzata da Robert Marjolin, vicepresidente della Commissione esecutiva della comunità economica europea, di un piano economico europeo. la proposta, fatta nel corso del congresso degli agricoltori francesi di Arcachon » (si vede che gli agricoltori di Francia sono molto più progressisti!), « è basata sulla considerazione che il successo della politica comune decisa dai paesi europei è condizionato dalla realizzazione di un' azione di insieme in tutti i settori dell' attività economica europea. dobbiamo prevedere — si è chiesto Marjolin — un piano europeo come esiste attualmente un piano francese e come vi sarà domani un piano italiano, belga, inglese? dobbiamo incominciare a creare piani analoghi per fonderli in seguito in un piano unico che conglobi insieme l' attività della CECA » . onorevole Malagodi, ella vuole proprio che l' Italia rimanga in coda a tutti, che arrivi dopo il Lussemburgo nell' abbracciare concezioni che si muovono già ampiamente nell' ambito del mondo occidentale? a me pare che il nostro contrasto sia simile a quello dei tempi della liberalizzazione: noi sentiamo un momento storico e politico, ella non lo sente. le darò tutti i ritagli dei giornali che ci attaccavano, ieri come oggi, e che non sono certamente della mia parte. abbandono ora il campo dell' opposizione di destra e mi rivolgo al campo dell' estrema sinistra . mi darete atto che devo fare un discorso molto più serio con l' opposizione di estrema sinistra che con voi. il contrasto col comunismo è il contrasto del mondo moderno: non posso ritenere che il contrasto del mondo moderno sia tra la nostra concezione e i regimi di Franco o di Salazar. questo non me lo farà credere nessuno. quella dell' estrema sinistra è una posizione negativa, ma criticamente assai più intelligente: l' estrema sinistra ha accettato l' idea della programmazione, pur manifestando la sua sfiducia nella possibilità che le forze politiche dell' attuale maggioranza riescano a realizzare il loro programma. l' estrema sinistra ha inoltre condotto due critiche e ha affermato due punti di vista , che essa considera di fondo, e che io esaminerò con qualche ampiezza. la prima critica riguarda la natura ed il carattere degli squilibri, quali risultano dalla Nota aggiuntiva : gli onorevoli Giorgio Amendola, Lama e Raffaelli hanno detto in sostanza che, sì, noi abbiamo considerato gli squilibri territoriali e settoriali, ma non abbiamo considerato lo squilibrio fondamentale che è quello che sorge a proposito del rapporto salari profitti. osservo agli onorevoli Amendola, Lama e Raffaelli che quando noi trattiamo di squilibri territoriali e settoriali, sotto questi squilibri noi vediamo una condizione umana. non si tratta di una condizione geografica o economica astratta: lo squilibrio nasconde una condizione umana, la più penosa e difficile condizione umana. vorrei aggiungere, se mi si permette il bisticcio, che lo squilibrio tratta di una condizione disumana, poiché è la condizione dei sottoccupati e di coloro che non hanno un salario. quindi, se vi è un fatto che quella impostazione considera, enuclea e mette a fuoco, è la condizione degli uomini, la condizione che voi volete difendere, ma che va collocata nella sua giusta ambientazione. cosa importano gli squilibri territoriali nel Mezzogiorno senza l' umanità sofferente che vive nel Mezzogiorno? e cosa importano gli squilibri settoriali dell' agricoltura senza l' umanità sofferente che vive nell' agricoltura? ecco il punto da cui partiamo nella nostra analisi, che è il punto vero, il punto da cui, in un paese ad economia dualistica come l' Italia, non si può non partire. voi avreste ragione, colleghi della sinistra, se l' Italia fosse un paese a civiltà economica omogenea, cioè a civiltà non dualistica: allora la programmazione dovrebbe partire dal considerare profondamente il solo rapporto tra salari e profitti, tra salari e interessi di capitale. ma in questo caso ci troveremmo in uno stadio avanzato dell' economia e quindi, di riflesso, in uno stadio più avanzato della programmazione. noi siamo alla programmazione di un' economia dualistica, in cui vi sono i sottoccupati e i non salariati. su questa condizione umana, che è una condizione di sofferenza, si articola, in primo luogo, la programmazione. rispetto a chi è sprovvisto di salario o ha il salario del sottoccupato, occorre stabilire una scala dei possibili redditi che si muova dall' alto verso il basso: interessi di capitale, profitti, alte remunerazioni, salari differenziati per azienda, salari normali. senza di ciò la programmazione, in una economia dualistica, non avrebbe punti di riferimento sicuri. l' onorevole Ripamonti ricordava che, in questo campo, il ministro Vanoni ha detto una delle più alte parole. do atto all' onorevole Ripamonti che questo è uno dei più nobili esempi che registri la storia politica italiana . io non dimentico, onorevoli colleghi , che quando Vanoni ci abbandonò faceva un discorso al Senato, nel quale con commozione trattava della sorte dei contadini della Valtellina, una delle più gravi e più tristi della vita sociale italiana. ebbene, lasciate che a riprendere quel filo siano uomini che, non avendo conosciuto le sorti dei contadini della Valtellina, conoscono quelle dei contadini del Mezzogiorno, e ne hanno saputo vivere nella loro giovinezza le sofferenze. del resto, come deve essere interpretata la programmazione in una economia dualistica ce lo dice, prima della politica stessa, l' arte. non è dato, infatti, nelle civiltà industriali avanzate vedere film come I banditi di Orgosolo , il bandito Giuliano, e quell' altro magnifico film sulla sorte dei contadini in Calabria. perché non vediamo in Francia, in Belgio, nei paesi di programmazione, ma con economia omogenea, attraverso l' arte, le manifestazioni di questi drammi della vita umana ? perché questa è la realtà della nostra vita economica, e da questa realtà la programmazione parte, onorevole Lama e onorevole Amendola. essa non può partire in alcun caso dalle premesse proprie di una civiltà industriale avanzata. vi sarà un secondo tempo della programmazione, proprio di una civiltà industriale avanzata ed omogenea. ma forse saranno, non dico i nostri figli, ma i nostri prosecutori a battere questo cammino. il secondo problema riguarda la posizione del sindacato nella programmazione. da quando si è aperto questo problema, onorevoli colleghi dell' estrema sinistra , ho avuto l' impressione di una posizione di debolezza iniziale del sindacato, che ha quasi paura di assumere responsabilità, ha quasi paura del nuovo. da una parte il sindacato vuole la programmazione, perché questo è il punto finale di una società democratica, ma dall' altra esso ha paura di assumere di precise responsabilità. cos' è questa continua rivendicazione dell' autonomia sindacale ? perché si dice che non si cederà sull' autonomia? e chi ha mai chiesto che i sindacati rinuncino alla loro autonomia? quali mezzi abbiamo noi per far sì che i sindacati rinuncino alla loro autonomia? noi abbiamo posto un problema che esiste nel momento in cui si affaccia la programmazione: il problema del rapporto tra azione rivendicativa e azione svolta in seno agli organi della programmazione. in questo campo sono state dette cose pregevoli ed esatte da parte degli onorevoli Donat-Cattin, Scalia e altri. questo problema del rapporto fra azione rivendicativa e azione del sindacato nella programmazione bisogna saperlo risolvere. è l' esaltazione del sindacato il fatto che esso partecipi alla programmazione, non una costrizione, come giustamente ha rilevato l' onorevole Scalia. ma dalla partecipazione alla programmazione deriva necessariamente un certo rapporto con l' attività rivendicativa. vi è una interdipendenza stretta e conseguente fra le due forme di attività. d' altra parte, se il sindacato operaio si sentisse così forte nella sua azione rivendicativa da poter conquistare il tutto, non chiederebbe l' attività di programmazione. per definizione, l' attività di programmazione è la difesa dei più deboli. ma non si può venire al tavolo della programmazione con l' idea di volere l' oggi e di rivendicare tutta la libertà di ieri. se questa fosse la posizione del sindacato, sarebbe a priori una posizione contraddittoria e vecchia, direi sorpassata, come altre forme di vita e di sviluppo democratico sono sorpassate nel nostro paese. a questo punto, l' onorevole Donat-Cattin chiede come sarà questa programmazione. ebbene, onorevole Donat-Cattin, perché dire oggi cosa sarà, quando si chiameranno domani a collaborare al tavolo della programmazione le grandi forze della vita economica nazionale? una sola cosa posso dire, e cioè che qualunque possa essere l' esito di questa chiamata al tavolo delle responsabilità, lo Stato non dimenticherà mai che ha doveri verso la collettività, al di sopra degli interessi sezionali. ecco, onorevole Donat-Cattin, una risposta che dovrebbe sodisfarla. entriamo, adesso, a proposito della programmazione, nel campo dei partiti della maggioranza. qui è nato, in via preliminare, un problema di carattere storico-politico. abbiamo due posizioni: la posizione dell' onorevole Giolitti, che parla di svolta, e la posizione dell' onorevole Ferrari Aggradi , che parla di « sviluppo qualificato » . ebbene, « svolta » o « sviluppo qualificato » , mi pare che quello che dobbiamo fare nel futuro sia sostanzialmente nuovo, e su questo nuovo vi sia sostanziale unicità di vedute. tuttavia possiamo anche occuparci del passato. questo è stato uno degli argomenti che mi hanno personalmente preoccupato di più. è difficile fare il punto di una situazione maturata nel passato. è difficile anche per me, considerando che due delle forze politiche della maggioranza attuale (il partito socialdemocratico e il partito repubblicano ) hanno assunto notevoli responsabilità nella politica governativa in una prima fase e sono stati all' opposizione in un' altra. in considerazione di ciò, se volete, vi sarebbe una terza posizione fra le due che bisognerebbe articolare, ma non credo che dobbiamo impegnarci a sviscerare questo problema, oggi e in questa sede. esso va certo considerato, ma appartiene ormai alla sfera storica; troveremo degli storici dell' economia che daranno a ciascuna forza politica la parte che ad essa spetta di torto o di ragione. quello che mi pare importante è che abbiamo trovato una prospettiva comune, e quindi abbiamo indirizzato la programmazione verso le sue grandi mete. e mi piace rilevare che la prospettiva comune non è solo di origine economica, non è economicistica. l' onorevole Giolitti da una parte, gli onorevoli Ferrari Aggradi , Ripamonti, Donat-Cattin, Scalia, Aurelio Curti dall' altra hanno detto: noi non cerchiamo solamente l' aumento del reddito , non vogliamo una società che si arricchisce, ma una società che si incivilisce. si è introdotto cioè un fattore di alta spiritualità in questo dibattito: la qualificazione civile di una società democratica. l' onorevole Ripamonti ha detto anche che la programmazione è un fatto di cultura, di grande cultura democratica. tutto questo, al di sopra delle ideologie, ci unisce e ci dà una meta comune, qualunque sia il punto di partenza ideologico. in quest' Aula in questi giorni il dibattito ha avuto un' altezza che onora il Parlamento italiano, altezza anche di prospettive, altezza di visione e senso di solidarietà umana profonda. semmai, colui che deve in questi primi passi interpretare questo profondo anelito, questa esigenza di vita nuova (del resto espressa anche dall' onorevole Amendola con riguardo alle nuove generazioni) si trova a disagio per l' inadeguatezza che può mostrare rispetto al compito. naturalmente, se questo è il quadro della programmazione, nelle sue ragioni e nei suoi fini, esso pone immediatamente molti altri problemi. il primo problema è quello della commissione di programmazione, che tutti vogliono presto e tutti vogliono ristretta, cioè come organo di grande efficienza. qui dovrei dire all' onorevole Roselli, allo stesso onorevole Giolitti, da un altro punto di vista , che la commissione di programmazione è considerata dal Governo come un organo di ausilio del potere esecutivo , il quale soltanto ha la responsabilità di redigere le prime linee del piano. quindi, quella commissione non interferisce, da nessun punto di vista , con il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e non costituisce un' usurpazione dei compiti dello stesso. il Cnel ha i suoi compiti istituzionali: può diventare un organo di ausilio del potere esecutivo , ma non è istituzionalmente necessario che ciò avvenga, anche perché è una rappresentanza completa delle categorie, mentre la commissione di programmazione per necessità deve essere un organo di lavoro estremamente ridotto. non sorge immediatamente questo contrasto, anche perché, dal momento in cui le prime linee del piano sono delineate, allora sorgeranno tutti i problemi di procedura parlamentare e costituzionale. in quel momento, a mio personale giudizio, il piano dovrebbe andare appunto al parere del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro ; e poi bisogna trovare la maniera perché il Parlamento ne possa essere investito (e lo possa rivedere, se del caso, negli anni seguenti). siamo in una fase in cui dobbiamo ancora stabilire le procedure; ma ritenere che già sorga una possibilità di doppione, e soprattutto agire per creare dei doppioni, dal punto di vista burocratico e tecnico, sarebbe grave errore. bisogna che il potere esecutivo , e soprattutto il ministero del Bilancio , nella sua responsabilità, si crei gli organi di collaborazione e strumentazione tecnica necessari a redigere il piano. questo piano sarà presentato al Parlamento e al paese, e sarà articolato in modo da assicurare — come hanno chiesto diversi oratori — il coordinamento con le regioni (che da questo punto di vista , onorevole Malagodi, diventano elemento indispensabile di progresso della vita economica del paese). esattamente il collega Giolitti si riferiva al piano della Sardegna, che dobbiamo alle fatiche del collega Pastore, come primo esempio di coordinamento fra organi di programmazione nazionale e organi di programmazione locale. vengono poi tutti gli altri problemi (quando la Commissione e l' attività del potere esecutivo siano interpretati così), i problemi che il collega Sabatini e gli altri hanno sollevato: il problema dell' istruzione professionale, fondamentale perché una politica di programmazione abbia senso; il problema vastissimo dell' agricoltura, ricordato anche dal collega Donat-Cattin; il nuovo importante problema della pianificazione urbanistica regionale, della « politica della città » , che con espressione molto suggestiva il collega Ripamonti ha introdotto in questo dibattito; il problema della cooperazione, cui accennava il collega Raffaelli; una infinità di aspetti della politica di prospettazione, come la riforma delle società per azioni , per non parlare della commissione per la riforma tributaria che il ministro Trabucchi ha annunciato stamani e che è un elemento indispensabile della politica di programmazione. tutto questo va visto in un quadro organico. devo anche dire qualche cosa a proposito dei piani di sviluppo economico oggi esistenti. anche a tale riguardo sono state prospettate due tesi secondo me eccessive: la tesi secondo cui questi piani potranno essere calati tali e quali, per tutto il periodo di tempo in cui operano, nella programmazione; e la tesi dell' onorevole Amendola e di altri colleghi dell' opposizione di estrema sinistra , secondo cui questi piani sono in contraddizione con la politica della programmazione. secondo me, né una tesi né l' altra sono valide. non possiamo stabilire che cosa potrà essere acquisito di questi piani di sviluppo negli anni futuri, se non a programmazione fatta, a pianificazione ottenuta. in quel quadro, evidentemente, molti dei piani di sviluppo per gli anni futuri potranno essere immessi nella programmazione, altri probabilmente dovranno essere revisionati o adattati. vi è una fase transitoria, una fase di passaggio dalla concezione settoriale alla concezione globale che va considerata nei suoi reali problemi. lascio tutte le questioni relative al modo di presentazione dei bilanci e alla loro pianificazione, che il collega Tremelloni ha magistralmente illustrato questa mattina. come pure tutti gli altri problemi in ordine ai quali il lavoro del Governo, ma anche l' attività del Parlamento, devono essere riordinati in relazione al nuovo punto di partenza da cui essi devono essere presi in esame. mi scuso anche se non ho potuto dire molto sulla politica verso i paesi sottosviluppati, e quindi non ho potuto rispondere al collega Roselli, né al collega Mello Grand , che hanno posto questo problema — soprattutto il secondo — con specificazioni tecniche molto opportune. dovremo, in questa fase transitoria, trovare i limiti di una politica verso i paesi sottosviluppati che sia compatibile con i presupposti della programmazione. quindi, onorevole Roselli, non possiamo a priori impegnare una parte delle riserve valutarie per lo sviluppo dei paesi sottosviluppati, perché purtroppo, essendo noi un paese ad economia dualistica, abbiamo noi molte zone sottosviluppate da curare. termino ringraziando tutti gli oratori per la partecipazione tecnicamente assai qualificata a questo interessante dibattito, ringraziandoli anche per aver saputo puntualizzare quello che è l' obiettivo, direi morale prima che politico, politico prima che economico, di questa nuova fase della vita italiana: la redenzione dell' uomo, la sua liberazione da ogni sorta di bisogno e di sopraffazione determinati dalla struttura del sistema economico ; la liberazione, quindi, come fatto di libertà, e perciò come grande fatto di civiltà umana. questo concetto si è visto scorrere nelle pieghe del dibattito che, ripeto, ha illustrato il Parlamento italiano. nel chiudere, nel mentre vedo questa meta, onorevoli colleghi , lasciatemi tornare ai problemi più vicini. il Governo ha il senso che, se vince la battaglia di quest' anno — e sono difficili e complessi i problemi che quest' anno ci pone — vince la battaglia dell' avvenire della democrazia italiana. tutto sarà più facile dopo quest' anno; tutto è difficile entro quest' anno. ecco perché l' uomo che voi avete avuto la bontà di chiamare a questo primo sondaggio, e che potrebbe guardare lontano, nel chiudere questo discorso vi dice: guardate vicino, e date al Governo l' appoggio nei primi passi , che sono i più difficili e non sono certo, onorevoli colleghi , i più popolari. ringrazio l' onorevole Giolitti per avere in primo luogo dichiarato che la partecipazione a questa nuova fase della vita nazionale impegna il partito socialista , come tutti noi, alla stabilità monetaria e alla politica di sviluppo , per avere, in secondo luogo, assicurato il voto di fiducia del suo gruppo ai bilanci finanziari. cercheremo di meritare la fiducia del Parlamento.