Pietro NENNI - Deputato Maggioranza
III Legislatura - Assemblea n. 576 - seduta del 06-03-1962
Sulla situazione politica internazionale
1962 - Governo II Moro - Legislatura n. 4 - Seduta n. 318
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , la Camera troverà naturale, io credo, che le mie prime considerazioni non siano rivolte alla contingenza parlamentare dalla quale è nato il Governo che sollecita il voto del Parlamento su un programma molto impegnativo, ma siano invece dedicate all' incontro che sul programma e sull' indirizzo nuovo da dare alla politica del paese si va delineando tra i socialisti, i democratici cattolici e i democratici laici che hanno partecipato all' elaborazione del programma. è questa una situazione che nei suoi aspetti fondamentali non sorge dal caso, dall' improvvisazione, da uno stato passeggero di necessità, ma sorge da un lento, faticoso, arduo processo interno dei diversi partiti che non è ancora concluso e ha interessato tutte le forze politiche del nostro paese, si trattasse per alcuni di ostacolare o di impedire questo processo, si trattasse per altri di bistrattarlo considerandolo un puro e semplice fenomeno di trasformismo politico. per misurare il cammino che si è percorso occorre, io credo, risalire a molti anni indietro. occorre risalire, per la parte che ci concerne, al 1955, allorché un nostro congresso, quello di Torino, individuò nel ristabilimento di rapporti di reciproca fiducia tra socialisti e movimento politico dei cattolici una delle condizioni perché il paese potesse uscire dell' involuzione conservatrice nella quale era caduto e potesse democraticamente affrontare i grandi problemi dello Stato moderno e delle riforme di struttura della società. del dialogo con i cattolici si parlava da molto tempo; ne parlavamo noi, ne parlavano, ancor più di noi, i comunisti, ne parlavano tutti. il congresso di Torino ebbe il merito di mettere il discorso con i piedi per terra , e lo fece nel momento in cui un nostro indimenticabile compagno, Rodolfo Morandi, l' uomo più alieno dalle contingenze e dalle esigenze tattiche che io abbia incontrato nella mia lunga vita, individuò l' interlocutore dei socialisti non in un vago e generico mondo cattolico, ma nella Democrazia Cristiana , anzi, come disse, nella Democrazia Cristiana nel suo insieme e non in questa o in quella parte di essa. e nel contempo indicò la materia dell' incontro in quanto di concreto fosse emerso dall' atteggiamento della Democrazia Cristiana relativamente all' occupazione operaia ed all' intollerabile livello di vita della maggioranza dei lavoratori, nella difesa della pace e nell' applicazione della Costituzione, con una pratica rigorosamente conseguente di democrazia. il processo di maturazione e di sviluppo di questa impostazione nuova della politica italiana è stato necessariamente lento, faticoso, contraddittorio, nel continuo intersecarsi delle spinte e delle controspinte venute da sinistra e venute da destra ed in mezzo alle rotture di equilibrio interno ed internazionale alle quali abbiamo assistito nel corso degli ultimi dieci anni. la risposta della Democrazia Cristiana fu negativa al congresso di Trento del 1956; fu negativa al congresso fiorentino dell' ottobre del 1959, benché in quella occasione la Democrazia Cristiana risultasse divisa tra due forze di una quasi uguale importanza. è stata largamente positiva al recente congresso di Napoli, con la caduta della preclusione nei confronti del nostro partito, alla quale ha conferito valore di conferma la contemporanea denuncia di ogni accordo con l' estrema destra e la rottura con i liberali e con la destra economica; quello che De Gasperi chiamò nel 1947 il « quarto partito » e con il quale la Democrazia Cristiana ha collaborato dal 1947 fino ad oggi. la linea della rottura e dei nuovi incontri, nella realtà dei rapporti politici ed economico-sociali, non è stata naturalmente netta e precisa come si potrebbe desiderare; ha comportato delle sbavature, ha comportato dei pericoli di ritorno indietro ed un carico di pregiudizi e di pregiudiziali che hanno concorso ad appesantire il cammino in avanti. queste linee si vanno tuttavia delineando in maniera abbastanza consistente perché si possa dire che i socialisti hanno finalmente un interlocutore. ed è questo, a mio sommesso giudizio, il fatto politico che vorrei sottolineare come uno degli elementi più importanti della situazione che si va creando. nella sua lunga storia il partito socialista non ha mai avuto un interlocutore valido. sembrò averne trovato uno sessant' anni or sono, agli inizi del secolo, in Giovanni Giolitti; ma quel tanto di moderno che lo statista piemontese introdusse nella amministrazione pubblica , con il riconoscimento del diritto di organizzazione dei lavoratori, con le prime leggi sociali, strappate del resto dai lavoratori, con l' allargamento del suffragio universale , non fu un incontro, ma il calcolo di un conservatore illuminato, di un conservatore meno rozzo ed arretrato della classe politica di allora, che meditava il disegno non già di introdurre le masse nella vita dello Stato, ma di introdurre una élite parlamentare nella vita del Governo, staccandola dalla dottrina socialista e staccandola dal rapporto vivente con la classe lavoratrice . per la classe politica italiana prefascista e fascista il socialismo fu sempre un problema di polizia, di manette, di carcere o poco più; e, del resto, esso rimane tale per l' onorevole Scelba e per la destra del nostro paese. neppure il Partito Popolare riuscì, nel primo dopoguerra, a collocarsi, nei confronti dei socialisti, nella posizione di un interlocutore. durante il ventennio fascista rimase sempre il dubbio — che per molti fu una certezza — che il mancato incontro del 1922 fra socialisti e popolari, così come nell' anno precedente la scissione operaia, fossero avvenimenti che avevano reso più agevole il maturarsi ed il compiersi dell' avventura totalitaria del fascismo. oggi il partito socialista ha un interlocutore con il quale può scontrarsi, con il quale può incontrarsi, con il quale, in ogni caso, si è aperto un discorso democratico. e questo mi sembra l' elemento più importante che è maturato nel corso di queste ultime settimane; questo è, a giudizio mio, il fatto che sovrasta di gran lunga la contingenza parlamentare. esso si colloca al livello della politica generale, starei per dire della storia, e non della tattica parlamentare. il ministero che sta davanti a noi può essere un momento importante di questo nuovo processo storico, se agli impegni farà seguire i fatti. noi gli auguriamo di riuscire e lo aiuteremo a riuscire, perché se non dovesse riuscire si riprospetterebbe sulla nazione l' ombra di situazioni analoghe a quelle del luglio 1960. tutto, naturalmente, rimane difficile sotto il segno dello sviluppo storico delle società, caratterizzato da costanti rotture di equilibrio tra i sistemi di produzione, tra le classi, tra i partiti. l' importante è che incontri e rotture avvengano ad un livello sempre più alto di uguaglianza sociale, di vita democratica , di benessere economico. questo è stato l' impegno e lo sforzo nostro in questi ultimi anni. ed è significativo che per la prima volta, da parecchi anni in qua, nella crisi e nella soluzione della crisi le formule e gli uomini siano rimasti in secondo piano, e siano stati invece preminenti il programma e le priorità da accordare al programma nella sua esecuzione. significativo è anche il fatto che a distanza di quindici anni il nostro partito torni ad essere elemento determinante di una nuova politica sui punti programmatici della sua commissione economica, largamente coincidenti con la dichiarazione ministeriale, così come era uscito nel 1947 dal Governo tripartito sui 14 punti programmatici di Rodolfo Morandi, da tutti accettati nella parte che comportava sacrifici per i lavoratori, considerati dalla destra economica come eresie e mostruosità nella parte rivolta ad introdurre nell' azione dei pubblici poteri criteri e misure di una condotta manovrata dell' economia nazionale. lungi da me, onorevoli colleghi , la tentazione meschina di attribuire ai soli socialisti il merito dell' evoluzione in atto nel paese e che incomincia a ripercuotersi nel Parlamento, seppure in ritardo rispetto al paese. molte sono le spinte che hanno favorito negli ultimi anni il nuovo corso politico. ha operato, da un lato, la necessità obiettiva di ammodernare le strutture dello Stato e della società sotto l' impulso dello stesso progresso della tecnica e della produzione; hanno spinto nel medesimo senso la lotta coraggiosa dei lavoratori e la pressione dell' opinione popolare. e tuttavia queste due spinte avrebbero anche potuto infrangersi sugli scogli dell' egoismo capitalista e delle chiusure conservatrici, se noi socialisti non avessimo concorso a far uscire il dialogo politico con la Democrazia Cristiana dagli schemi tradizionali, dalle contrapposizioni in blocco; se non avessimo distrutto in noi ed aiutato a distruggere fra i lavoratori le attese miracolistiche in fattori estranei ed esterni alla lenta e faticosa gestazione del processo autonomo di rinnovamento della nostra società; se non fossimo riusciti a mettere d' accordo tattica e strategia, mezzi e fini, affermazione dei valori ideali di libertà e di democrazia e difesa di questi valori ovunque e sempre, che è problema per noi risolto, che è problema tuttora aperto in mezzo al movimento comunista, ma non più estraneo alle sue preoccupazioni ed ai suoi interessi politici, culturali e morali. sul piano della contingenza politica e parlamentare molti altri fattori sono intervenuti a rompere la stagnazione e ad aprire larghe brecce nel muro delle preclusioni conservatrici: in primo luogo la rottura della Democrazia Cristiana col centrismo; la lunga e coraggiosa battaglia dei repubblicani contro la presenza liberale nel Governo e nella maggioranza; il rifiuto della socialdemocrazia di fare proprie e di avallare formule di neocentrismo. e giacché, onorevoli colleghi , sempre nella vita un fatto, anche il più modesto, conta più di una montagna di ipotesi, così le prime esperienze di collaborazione dei socialisti con i democristiani al livello degli enti locali , dalla giunta comunale di Milano nel gennaio 1961, a quella regionale siciliana nel settembre, alla giunta provinciale romana negli scorsi giorni, hanno concorso a far saltare i lucchetti a doppia, triplice, quadruplice mandata delle pregiudiziali e dei pregiudizi che avevano per quindici anni eretto steccati insuperabili ad una apertura nella vita pubblica locale. il terreno sul quale è avvenuto il riavvicinamento non è quindi quello dei principi generali, delle dottrine, della fede, bensì quello di un generale rafforzamento in ogni campo, in ogni direzione della funzione democratica dello Stato e degli enti locali , quello dell' attacco alle ingiustizie sociali, quello del concreto inizio delle riforme di struttura. ciò, ripeto, non è accaduto a caso, ma in stretta correlazione con il duplice processo di maturazione dello sviluppo economico e di maturazione della coscienza sociale e civile del paese. la società italiana va perdendo, con un ritmo sempre più accelerato, il suo vecchio aspetto di società rurale, si accosta ad un livello di produzione e di vita di tipo continentale europeo, allontanandosi dal tipo mediterraneo degli ultimi decenni. nuove industrie di base sono sorte e vanno sorgendo nelle zone agricole del Veneto, dell' Emilia, della Romagna, della Puglia, della Lucania, della Sicilia orientale. l' egemonia del capitale privato trova un limite nel capitalismo di Stato e nell' aumentato peso politico dei lavoratori e dei nuovi ceti tecnici della nazione. tuttavia questo non è ancora il volto economico e sociale di tutto il paese, anche se non è più soltanto il volto del famoso triangolo settentrionale. l' unificazione economica del paese è tuttora da farsi, e costituisce il maggiore problema italiano degli « anni Sessanta » del nostro secolo, così come l' unificazione nazionale fu il maggiore problema ed il grande successo degli « anni Sessanta » dell' Ottocento. scuola, ricerca scientifica , qualificazione e specializzazione professionale dei lavoratori, disoccupazione, stato civile e sociale della donna; sono tutti problemi che non possono ulteriormente rimanere insoluti. ed è su questi problemi che il partito socialista ha proposto, col noto documento della sua commissione economica sul contenuto della svolta a sinistra, una soluzione organicamente articolata su due tempi: delle misure immediate per creare le premesse di una politica di piano e della politica di piano vera e propria. il « prima » ed il « dopo » di cui parla sovente il mio compagno Riccardo Lombardi. credo si possa dire, onorevoli colleghi , del programma socialista, che tra i suoi pregi maggiori, quasi da tutti riconosciuti, v' è la sua organicità, intesa a superare la frammentarietà dei piani che hanno caratterizzato l' intervento dei precedenti governi nel campo economico e hanno dato luogo ad una molteplicità di interventi settoriali che si sono risolti sovente in un elemento di sperpero, a volte di corruzione, sempre di scarsa efficacia della Pubblica Amministrazione , la quale non ha mai avuto un quadro organico entro il quale operare con giusti criteri di priorità. ora questi criteri di organicità e di priorità si ritrovano nel programma del nuovo Governo e ne costituiscono l' originalità. l' altro elemento che abbiamo sempre tenuto presente come essenziale nel programma economico, è quello delle garanzie democratiche per l' attuazione della politica di piano: garanzie che abbiamo individuato nella formazione autonoma dei sindacati e degli organi rappresentativi dell' amministrazione locale , e quindi in particolare nella regione. e questo c' è meno nel programma annunciato dall' onorevole Fanfani, o per meglio dire c' è, ma con indeterminazioni che vanno chiarite relativamente ad alcuni degli strumenti legislativi ai quali affidare la realizzazione del programma, rendendolo concretamente operante. ecco, quindi, le delucidazioni che, a giudizio nostro, è opportuno richiedere al presidente del Consiglio , ecco le lacune che sarebbe utile colmare fin da adesso....... e che dovranno in ogni caso esserlo non appena dalla fase dell' enunciazione si passerà a quella dell' esecuzione. regioni. l' istituzione delle regioni non è un punto programmatico fra i tanti, non lo è per noi, non lo è per i repubblicani, non dovrebbe esserlo per la Democrazia Cristiana . l' istituzione delle regioni è il perno attorno a cui si articola tutta la nuova politica economica enunciata dal presidente del Consiglio . se la regione viene a mancare, il piano rischia di afflosciarsi in un coacervo incoerente. lo ha detto l' onorevole Fanfani, notando nella risposta ad un interruttore « missino » che le regioni possono essere strumento efficace di sviluppo economico proprio in base al programma del Governo. ciò è vero, onorevoli colleghi , in particolare per la politica agraria, che poggia sugli enti di sviluppo, i quali dovranno avere dimensioni regionali, anche in obbedienza alla norma costituzionale che affida alla regione il massimo di poteri proprio nel settore agricolo. ci sembra perciò necessario chiedere che per l' istituzione della regione Friuli Venezia Giulia l' impegno preso dal Governo di sollecitare, per quanto esso può, un accordo fra i presentatori delle varie proposte e dei vari disegni di statuto venga inteso nel senso che se questo accordo non vi sarà, il Governo provvederà a presentare un suo progetto di statuto e ne solleciterà dal Parlamento l' approvazione. per le regioni a statuto ordinario il nostro gruppo considera il riferimento fatto dall' onorevole Fanfani alla proposta di legge elettorale Reale come un impegno che le elezioni dei consigli regionali verranno indette prima della fine della legislatura, anche se per avventura dovessero tenersi dopo le elezioni politiche della primavera del 1963. siamo in tema di esecuzione di un obbligo costituzionale verso il quale il Parlamento è inadempiente da molti anni e che non può più essere subordinato all' interesse politico di questo o di quel partito. politica scolastica . diamo atto al presidente del Consiglio degli sforzi del Governo per far uscire la questione dalle secche della passata polemica, riconoscendo l' impegno prioritario dello Stato per lo sviluppo della scuola pubblica, conformemente al dettato della Costituzione. il nostro giudizio è favorevole circa il ritiro del piano decennale , che dovrà essere sostituito con alcuni provvedimenti di emergenza da varare subito, così da consentire l' immediato utilizzo degli stanziamenti previsti dal piano, per insufficienti che essi siano in rapporto al volume dei bisogni; circa l' istituzione e la regolamentazione legislativa della scuola materna statale; circa l' istituzione a breve termine della scuola media unica, nella quale in nessun caso a giudizio nostro il latino dovrà essere utilizzato come un elemento di discriminazione sociale o di scelta precoce. riteniamo di dover sottolineare come provvedimenti di particolare urgenza l' approvazione dei nuovi statuti giuridici del personale, con la riaffermata posizione del maestro impiegato civile dello Stato e con un radicale potenziamento degli istituti di democrazia scolastica ad ogni livello e la predisposizione di idonei strumenti di formazione e di reclutamento degli insegnanti: problema che va affrontato immediatamente, almeno per la scuola media e per la scuola materna . non possiamo invece tacere, onorevole presidente del Consiglio , le nostre riserve sulle forme dirette o indirette di finanziamento della scuola privata che si appalesano, così per quanto riguarda la scuola materna non statale come per quanto riguarda le borse di studio . non disconosciamo che anche qui si sono fatti dei passi innanzi di cui diamo volentieri atto, ma la Costituzione è troppo esplicita per lasciare dubbi circa l' esclusiva destinazione pubblicistica degli stanziamenti dello Stato, ferma restando la più ampia libertà e la doverosa tutela della organizzazione delle scuole private di ogni tipo. a queste valutazioni corrisponderanno ovviamente i nostri atteggiamenti nei confronti delle proposte legislative che ci saranno sottoposte. ciò vale per tutte le questioni in cui sono in gioco principi inerenti alla Costituzione; e così anche per la censura e per l' interpretazione dell' articolo 21 della Costituzione. circa l' inchiesta sulla scuola, che noi chiedemmo all' inizio della legislatura e che arriva con un ritardo di quattro anni, essa sarà utile nei limiti in cui fornirà rapidamente materiale aggiornato e precisi orientamenti al futuro piano quinquennale che dovrà sancire una vera e propria priorità di spesa per la scuola e per la ricerca scientifica nella misura quantitativa richiesta dalle esigenze effettive. industria elettrica. comprendiamo i motivi che hanno indotto il Governo a sfumare l' impegno relativo a questo settore. riconosciamo che il Governo non può dire in sede di replica più di quanto ha detto in sede di dichiarazione. ma una precisazione attendiamo dai partiti socialdemocratico e repubblicano insieme con i quali abbiamo posto il problema della nazionalizzazione dell' industria elettrica. devo tuttavia dire, senza lasciare il minimo posto a qualsiasi equivoco, che fra i motivi che determinano il nostro appoggio al Governo ha un grande posto il convincimento che la soluzione a cui si addiverrà entro tre mesi non sarà una soluzione qualsiasi, ma la nazionalizzazione dell' apparato produttivo e distributivo, idraulico e termico, convenzionale e nucleare. agricoltura. il discorso del presidente del Consiglio ha opportunamente sottolineato la gravità e l' importanza della questione agraria tanto che il complesso degli interventi previsti e soprattutto le dichiarate intenzioni riformatrici rendono questa parte della dichiarazione ministeriale fra le più vive e impegnate del programma. non è, quindi, necessario dire le ragioni per cui siamo sostanzialmente solidali con quanto concerne i provvedimenti assistenziali e fiscali e l' impegno a liquidare i patti agrari superati, soprattutto nel sud: problema quest' ultimo che — a nostro avviso — deve essere risolto con la generalizzazione dell' affitto con l' equo canone . rimane per altro un' evidente sproporzione fra la volontà di avviare decisamente a soluzione il problema della mezzadria e i mezzi indicati allo scopo, cioè l' acquisto agevolato e l' obbligo dei miglioramenti fondiari; mezzi per se stessi validi, ma non sufficienti. così come non è pari al fine dichiarato la trasformazione degli enti di riforma esistenti in enti di sviluppo e la loro dilatazione alle zone contermini. verrebbe così rinviato all' atto della costituzione delle regioni l' intervento degli enti in quelle zone dove i problemi della liquidazione della mezzadria, della ricostruzione ambientale, della ricomposizione fondiaria si pongono in maniera più urgente, quali l' Umbria, le Marche e forse l' Appennino toscano. e quindi indispensabile — a nostro giudizio — provvedere alla creazione dei nuovi enti in alcune almeno delle zone tipicamente interessate, ed in quelle zone affrontare decisamente la riforma mezzadrile, creando i precedenti necessari a persuadere che, sia pure con prudente gradualità, si intende andare avanti. ma più importante, anzi decisiva, è la questione dei compiti e dei poteri da conferire agli enti, poiché dalla loro natura dipenderà il successo della riforma. a nostro giudizio, ed a giudizio conforme delle organizzazioni contadine di tutte le centrali sindacali, agli enti di sviluppo deve essere affidato il compito di ricomposizione fondiaria e di ricostituzione degli ambienti degradati, con potere di fissare le zone di miglioramento e trasformazione e, in quest' ambito, di proporre al ministro dell'Agricoltura piani di esproprio e di ricomposizione della proprietà fondiaria, nonché compiti di assistenza tecnico-finanziari e di organizzazione del mercato. senza tali poteri, la preannunciata liquidazione della mezzadria porterebbe alla costituzione di imprese contadine altrettanto inefficienti di quelle attualmente condotte a mezzadria, o ad un gratuito dono ai proprietari di terre scadenti, là dove invece ogni seria riforma deve partire dal presupposto di non inibirsi l' intervento anche sulle terre di elevato valore, delle quali non è da attendersi la vendita spontanea, allorché la loro disponibilità sia giudicata necessaria nel piano di riforma e di ricomposizione. l' istituzione degli enti di sviluppo con adeguati poteri è del resto la misura più idonea per promuovere lo sviluppo d' una efficiente cooperazione e per ridimensionare il potere esercitato dalla Federconsorzi, alla quale non possono essere lasciate in esclusiva la concessione di servizi d' interesse pubblico, quale quello degli ammassi, e l' incontrollata gestione di tali servizi fuori del controllo del Parlamento. pensioni. è stato motivo di sollievo nel paese l' accoglimento dell' antica richiesta di elevamento dei minimi delle pensioni della previdenza sociale . in proposito chiediamo al Governo di precisare la misura di i 5 mila lire, concordemente richiesta da noi e da tutti i sindacati. il presidente del Consiglio ha accennato ad altre rivendicazioni urgenti: l' estensione dell' assistenza sanitaria e farmaceutica ai familiari dei braccianti, la concessione degli assegni familiari ai mezzadri e ai coltivatori diretti. noi chiediamo che questo avvenga senza ulteriori oneri per i lavoratori occupati, i cui contributi sociali a diverso titolo raggiungono il 7 per cento circa delle loro retribuzioni. ulteriormente, ma al più presto, tutta la complessa materia dei minimi di pensione, in tutti i campi, dovrà essere adeguata all' accresciuto costo della vita e alle accresciute esigenze. legge antimonopolio e riforma delle società per azioni . mentre prendiamo atto dell' impegno di fare approvare la legge sui monopoli, desideriamo due chiarimenti. il primo riguarda le parti attualmente in discussione della legge Colombo, vale a dire l' esecuzione e soprattutto la composizione della Commissione; a proposito della quale insistiamo nell' affermare che la legge sarà inutile se la commissione non sarà democratizzata, composta da un ristretto numero di persone competenti e indipendenti, dotata dei necessari poteri di indagine permanente. il secondo chiarimento riguarda la connessione fra la legge antimonopolio e la riforma delle società per azioni . ove non avvenisse che le due leggi siano presentate insieme, il che costituirebbe la migliore delle soluzioni, domandiamo allora che si acceleri il voto della legge sulla libertà di concorrenza introducendovi, però, secondo l' impegno preso dal precedente Governo, gli elementi necessari di riforma delle società per azioni ; tanto più che tali elementi, per esempio il divieto di delega di rappresentanza alle banche, costituiscono uno dei pilastri dei preannunciati provvedimenti rivolti a migliorare l' accertamento tributario, provvedimenti ai quali va la nostra piena adesione. ferrovie. noi abbiamo attribuito sempre un grande significato di scelta alla politica ferroviaria, in quanto indicativa di una priorità dei trasporti pubblici su quelli privati. desidereremmo perciò che l' impegno a proporre un piano di investimenti ferroviari al di là del piano in corso fosse precisato in maniera meno vaga del semplice rinvio al futuro programma nazionale di sviluppo. si tratta, in verità, di una scelta che si può fare, e perciò si deve fare fin da oggi. aree fabbricabili e legge urbanistica . la preannunciata presentazione del disegno di legge urbanistico comporta una richiesta di precisazione anche in considerazione del rapporto fra programmazione economica e pianificazione territoriale . quando si parla di legge urbanistica , noi intendiamo riferirci a quella predisposta dalla commissione interministeriale e al testo da questa elaborato, e non già al testo diffuso dal ministero dei Lavori Pubblici , che a quel primo disegno di legge ha apportato gravi alterazioni, soprattutto in ordine al controllo locale, che dovrà spettare in futuro ad organi regionali e che in via di transazione deve essere attribuito a consorzi di province. è chiaro pertanto che l' approvazione, nel suo testo attuale, della legge sulle aree fabbricabili, può essere consentita se il previsto inserimento dei necessari correttivi (imposta annuale, eccetera) in sede di legge urbanistica verrà accompagnato dall' impegno del Governo di far approvare la legge urbanistica entro l' attuale legislatura. politica sociale . positivo è l' accenno del presidente del Consiglio alla maturità del problema del passaggio dall' attuale sistema previdenziale a forme più razionali e moderne di sicurezza sociale . questa esigenza è stata costantemente e vigorosamente sottolineata dal nostro partito, dalla Confederazione generale italiana del lavoro e da tutto il movimento sindacale . l' attuale sistema previdenziale è ormai superato ed è entrato in crisi. alle sue lacune ed insufficienze non si pone riparo con provvedimenti parziali che non siano inseriti in una prospettiva organica, che deve trovare il suo sbocco naturale nell' integrale attuazione della sicurezza sociale . sempre per quanto riguarda la politica sociale , il presidente del Consiglio ha indicato una serie di questioni da affrontare e risolvere previo l' incontro con le organizzazioni sindacali ; e noi vogliamo dire subito che apprezziamo in sommo grado questo metodo della consultazione con i sindacati. noi ci auguriamo che esso sia posto in atto in modo permanente per tutti i problemi di vario ordine che interessano il mondo del lavoro , dando così il giusto riconoscimento alla funzione altamente democratica delle organizzazioni sindacali nella società italiana . fra i problemi citati va posto in primo piano quello della tutela della libertà e dei diritti sindacali dei lavoratori, in tutti i luoghi di lavoro dove la presenza autorevole e riconosciuta del sindacato costituisce una condizione essenziale per la difesa degli interessi dei lavoratori e degli organismi rappresentativi di fabbrica, come le commissioni interne, per le quali esiste già un disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri . queste garanzie devono, come da nostra precisa richiesta, concretarsi in un vero e proprio « statuto dei diritti del cittadino lavoratore » . le misure necessarie possono e debbono trovare intanto immediata attuazione nelle aziende di Stato ed a partecipazione statale che, anche nel campo dei rapporti con i lavoratori, devono assolvere ad una funzione di stimolo e di esempio. un altro dei temi indicati dal presidente del Consiglio è quello del collocamento. l' impetuosità dell' espansione economica, che ha determinato grandi spostamenti di mano d'opera dalle campagne alle città e da una regione all' altra del paese, ha messo in luce un' assoluta inadeguatezza della legislazione che disciplina il collocamento. occorre una profonda riforma delle norme e degli strumenti che operano in questo campo, secondo una visione che associ, unitariamente, i sindacati alla direzione del collocamento e dei movimenti di mano d'opera , per garantire un' efficace tutela dei lavoratori. d' altra parte il problema del collocamento è strettamente legato a quello della formazione e dell' addestramento professionale dei lavoratori: un' efficace politica in materia di formazione professionale deve avere come base la scuola, che deve tendere a conferire ai giovani lavoratori una formazione che consenta il rapido adattamento a particolari specifiche qualificazioni e specializzazioni. nel discorso del presidente del Consiglio si è fatto accenno ad una grossa questione, quella dalla validità erga omnes dei contratti collettivi di lavoro. qui sorge il problema dell' attuazione dell' articolo 39 della Costituzione. il nostro partito è stato ed è favorevole a tale attuazione. sappiamo che tra le organizzazioni sindacali esistono al riguardo disparità di vedute. quello che fortemente auspichiamo è che fra le organizzazioni sindacali , nel rispetto della norma costituzionale e dell' autonomia del sindacato, si giunga ad un' intesa sul modo migliore e più efficace per garantire il rispetto e il miglioramento delle conquiste dei lavoratori, per l' accrescimento del potere contrattuale del sindacato, per lo sviluppo continuo dell' azione unitaria fra le varie centrali sindacali, quale condizione e premessa per una più ampia unità di tutti i lavoratori. lo sviluppo del processo unitario nel movimento sindacale è interesse generale dei lavoratori e della democrazia. perciò abbiamo registrato con favore le voci che nel recente congresso di Napoli della Democrazia Cristiana si sono levate per sottolineare l' esigenza di favorire tale processo e per rilevare che esso trova oggi, nel complesso del movimento sindacale italiano, nuove e maggiori possibilità di sviluppo. onorevoli colleghi , queste sono le nostre osservazioni al programma che ci è stato presentato: esse hanno un carattere integrativo, inerente alla sua tempestiva esecuzione ed agli strumenti a tale fine necessari. a questo punto è molto facile il passo dalla politica economico-sociale alla politica generale. una delle idee più assurde spuntate dal cervello dei Machiavelli della destra in queste ultime settimane è che una moderna politica economico-sociale possa accompagnarsi ad una politica interna ed estera di paura, di odio, di minacce. nulla è mancato in questa evocazione di spettri, neanche l' evocazione del fantasma del Fronte popolare . sarò lieto di sentire dall' onorevole Malagodi, che ha posto questo problema con tanta veemenza davanti al paese, dove è che oggi in Europa si parla di Fronte popolare . non da noi, onorevole Malagodi, dove non vi pensa nessuno, dove non vi pensano nemmeno i comunisti. se ne parla in Francia, dinanzi alle provocazioni ed ai delitti dell' OAS: se ne parla in Spagna come di un modo per liquidare la dittatura di Franco; se ne parla cioè dove vi è una situazione di estrema destra . non si parla certo di Fronte popolare . ed è logico che sia così, perché una società democratica aiuta lo sviluppo del pluralismo dei partiti e del pluralismo delle opinioni dentro e fuori dei partiti, tanto quanto una società autoritaria induce all' unione contro il nemico comune ed immediato. con buona pace della destra avverrà quindi esattamente il contrario delle cose terribili che sono state dette. se il Governo avanzerà sulla via che si è proposto vedrà dove sono i pericoli, vedrà dove sono le minacce per la democrazia e per il progresso. per il resto è ovvio che lo Stato democratico rivendichi il dovere di difendersi, ma di difendersi sul terreno suo proprio che non è quello della guerra ideologica, ma della difesa della Costituzione. vale a dire che lo Stato non ha di fronte a sé dei socialisti o dei liberali, dei comunisti o dei democristiani, dei repubblicani o dei monarchici: ha di fronte a sé dei cittadini dei quali deve rispettare le opinioni e dai quali deve esigere soltanto il rispetto della legalità. evidentemente troppo presto ancora per considerare liquidato da noi il decennio della lotta frontale e delle discriminazioni che sta alle nostre spalle. quando questo avverrà — e deve avvenire, e sta avvenendo — ogni cosa verrà ricondotta alle sue reali proporzioni, e ci accorgeremo che la democrazia ha larghissime possibilità di acquisire nuovi consensi, se sa impiegare i mezzi della democrazia e quelli soltanto. e questa non è soltanto una questione di leggi, ma è questione di costume. ora, il costume democratico da noi è ancora terribilmente arretrato. bisognerebbe avere il coraggio di compiere un' indagine minuta, luogo per luogo, villaggio per villaggio, per rendersi conto dello stato reale della democrazia: si raccoglierebbero a migliaia i piccoli episodi di ogni giorno, i quali costituiscono l' indice veritiero di una civiltà, e che dimostrerebbero l' urgente necessità di spazzare via il clima di intimidazione, di corruzione, che è fra gli ostacoli maggiori al progresso della democrazia. nel Mezzogiorno più che altrove, ma non soltanto nel Mezzogiorno, la scarsità dei posti di lavoro , la ristrettezza delle remunerazioni, le condizioni di vita precarie di molta parte della popolazione sono il terreno migliore per far attecchire la gramigna della discriminazione o del timore della discriminazione, che è forse qualcosa di peggio ancora della discriminazione vera e propria. nel Mezzogiorno più che altrove, ma non soltanto nel Mezzogiorno, prefetti, questori, commissari di polizia, marescialli dei carabinieri ed in generale tutto l' apparato della Pubblica Amministrazione sono adoperati, nelle grandi e piccole cose, come strumenti della politica di partito o di classe. questo è il vero problema della politica interna del nostro paese. nella misura in cui verrà risolto, si risolvono anche i problemi della libertà e della democrazia e si sottrae definitivamente la nazione all' altalena della repressione che chiama la rivolta e della rivolta che chiama la repressione. guai se sfuggisse al Governo la nozione delle condizioni nuove in cui esso può ormai considerare la politica interna , dal momento in cui si impegna sulla via di un' organica azione di giustizia sociale e di benessere. che cosa significa dunque, onorevoli colleghi , l' attesa popolare del nuovo che sembra maturare e che abbiamo sentito, in queste settimane, fremere attorno a noi? che cosa significa, se non la fiducia in un sereno progredire del paese, fuori dei fantasmi della paura e dell' odio? il medesimo discorso vale per la politica estera . quello che manca nelle direttive di politica estera enunciate dall' onorevole Fanfani è il senso del nuovo. il problema per la Camera non è già quello di un ennesimo confronto retrospettivo fra adesione alla NATO e neutralismo. ci viene perfino a noia dover ripetere, da sette-otto anni in qua, che la questione che poniamo non è quella del ritiro dell' Italia dalla NATO, ma è quella dell' iniziativa italiana nella NATO, all' Onu, nel MEC, nel Consiglio d' Europa , all' Assemblea di Strasburgo , nei rapporti con i paesi neutrali e non impegnati. la situazione presente non è senza rischi, alcuni anche assai seri. nell' alternarsi periodico di temporali e di schiarite, si ha l' impressione che si stia addensando una bufera che ha come epicentro la minacciata ripresa delle esplosioni nucleari, questa volta da parte degli USA, se a Ginevra nei prossimi giorni non si raggiungerà un accordo su questa controversa e drammatica materia che coinvolge gli interessi di tutti i popoli. tuttavia rimangono acquisiti alcuni dati generali ai quali ci si può riferire con fiducia per escludere che le cose possano volgere al peggio. ormai definitivamente riconosciuto ed acquisito che il progresso delle armi nucleari sta facendo della pace una questione di sopravvivenza dell' intera umanità. si rafforza, a Washington come a Mosca, la prospettiva di una intesa diretta che cambierebbe letteralmente la faccia del mondo. nella questione tedesca si prospetta la possibilità di un compromesso fra Mosca e Bonn, respinto aprioristicamente dal vecchio cancelliere Adenauer, discusso con serietà o accolto dai suoi successori della sinistra cristiana, dai liberali, dai socialdemocratici. sono in piena e definitiva liquidazione gli imperi colonialisti sorti un secolo fa, nell' epoca di trasformazione del capitalismo dalla fase liberista e liberale alla fase imperialista e reazionaria. cresce all' Onu il peso dei paesi africani ed asiatici su posizioni che sono già di mediazione. si fanno strada in Europa idee nuove che darebbero all' europeismo un contenuto ben altrimenti concreto: autosufficienza europea nel campo delle armi convenzionali, rinuncia unilaterale alle armi atomiche , ritiro delle forze americane dall' Europa occidentale compensato da un parallelo ritiro delle forze militari russe dall' Europa orientale . tutte queste idee avanzano, camminano, sono oggetto di profondi dibattiti in tutta Europa. noi siamo terribilmente in ritardo. tuttavia, da quanto l' onorevole Fanfani ha detto o ha lasciato intendere, si possono comunque ricavare alcune indicazioni utili; esse riguardano una più rigorosa affermazione e tutela dei compiti assegnati dalla geografia al nostro paese nelle regioni del Mediterraneo e, in particolare, nel Medio Oriente e nell' Africa mediterranea. in quest' ultimo settore l' indipendenza dell' Algeria, che nasce da otto anni di guerra e contro la quale l' ultima barriera è rappresentata dall' odio razziale dell' OAS, preannuncia l' associazione dei tre Stati del Maghreb-Algeria, Marocco e Tunisia — ed apre al nostro paese prospettive enormi e che sarebbero state di gran lunga superiori se la posizione ufficiale italiana verso gli algerini si fosse adeguata al palpito di solidarietà con il quale il nostro popolo ha seguito e segue con trepidazione, che in questi giorni si va facendo angoscia, le drammatiche vicende e la lotta coraggiosa del popolo algerino . il secondo elemento riguarda il modo stesso di concepire le alleanze ed i trattati come sono parole dell' onorevole Fanfani — un incontro fra popoli liberi e non come adesioni aprioristiche di alcuni alle decisioni di altri. il terzo elemento si può individuare nella maggiore volontà di iniziativa autonoma dimostrata sulla questione di Berlino nella scorsa estate, ribadita in questi giorni a proposito della conferenza del disarmo, confermata respingendo il concetto di un direttorio della NATO ed il concetto della « Europa delle patrie » , sostitutivo del concetto della federazione dei popoli europei , e propugnando nel MEC una politica di programmazione dello sviluppo delle aree arretrate ed una politica europea nei confronti dei paesi sottosviluppati e di nuova indipendenza. sono idee che, se sviluppate, possono finalmente dar luogo ad una politica internazionale del nostro paese, adeguata ai nostri interessi ed alle nostre aspirazioni. l' interesse, che è senza precedenti, che la stampa europea e quella americana hanno dimostrato di avere per l' inizio di una svolta a sinistra nel nostro paese, è indicativo del sentimento, assai diffuso all' estero, che il nostro paese abbia rappresentato finora un elemento di debolezza nonostante il suo zelo atlantico. meno zelo di servili parole, più autonomia di giudizio e di iniziative ci aiuteranno a risalire la corrente. onorevoli colleghi , le cose dette sul programma del Governo, le cose dette sulla politica generale interna ed estera definiscono la nostra posizione, la posizione del nostro gruppo nei confronti del nuovo ministero quale è stata deliberata dal comitato centrale del nostro partito. una posizione di impegno senza riserve nell' applicazione del programma e quindi di pieno appoggio per assicurare al ministero la stabilità e la forza politica indispensabili per la sua realizzazione. se ciò costringerà il Governo, come è probabile, a porre su singoli punti del programma o sui tempi di esecuzione di esso la questione di fiducia , daremo voto favorevole. respingeremo, questo va da sé, le mozioni di sfiducia e gli emendamenti della destra; respingeremo anche quelli che venissero dai comunisti, sia pure con l' intento di migliorare singole leggi, decisi come siamo a giungere entro l' anno a realizzare il programma che, pur nei suoi limiti, costituisce tuttavia una significativa rottura col passato. il nostro voto positivo è quindi impegnato sul programma e sulla sua esecuzione e perciò sulla vita stessa del ministero. da questo obbligo potrebbe scioglierci soltanto il Governo, ove esso non tenesse fede ai suoi impegni relativamente al contenuto ed ai tempi di esecuzione del programma stesso. l' ampiezza dell' impegno che assumiamo non elimina però il fatto che non esistono attualmente le condizioni di un' alleanza politica dei socialisti con la Democrazia Cristiana , così come non esistono le condizioni di una partecipazione dei socialisti ad una organica maggioranza come quella che si è costituita. onorevoli colleghi , se dicessimo il contrario, noi mancheremmo al nostro dovere, noi ci inganneremmo ed inganneremmo il paese, perché questa non è, allo stato attuale delle cose, la realtà. in ciò sta la ragione della nostra astensione sul voto di fiducia , un voto che presuppone ed implica un accordo totale che ancora non c' è. soltanto nelle aspre lotte a cui darà luogo l' esecuzione del programma l' incontro potrà mutarsi in collaborazione in vista di obiettivi più vasti. da questo punto di vista mi permettano i colleghi di dire che non so capire quale equivoco abbia dato luogo alla discussione interna alla nuova maggioranza sul nostro voto. nel mio spirito e, quel che più conta, nell' indirizzo del partito socialista , è stato sempre implicito ed esplicito che il nostro atteggiamento sarebbe stato quello che oggi annunciamo, sapendo quali responsabilità esso comporta per noi e risoluti a farvi fronte con decisione e con lealtà. non quindi un astensionismo, come si è detto, non la ricerca di un collegamento col « no » dei comunisti, ma un concreto impegno misurato al metro della realtà, un fatto politico nuovo, non accidentale, non tattico, e suscettibile di larghi sviluppi. ora il problema per lei, onorevole Fanfani, è di far bene e presto, ed anche per questo l' aiuteremo senza alcuna riserva. anzi in questo campo noi abbiamo cercato già di dare un contributo modesto, ma non privo di importanza, quando il nostro gruppo ha proposto alcune misure organiche per accelerare i lavori della Camera e quando ha proposto, purtroppo senza riuscire a farsi ascoltare, che un dibattito come questo sulla fiducia occupasse, come in tutti i parlamenti del mondo, uno o due sedute e desse poi modo al Governo di mettersi immediatamente al lavoro. siamo, in effetti, premuti dal tempo, in un momento in cui il programma non è separabile dai suoi tempi di esecuzione, e quando, come è nel caso della Camera, ci attende fra un anno il giudizio del nostro sovrano, il corpo elettorale . ed eccomi alla conclusione. mi sento un poco oggi nelle condizioni di quel duca di Borgogna che alla battaglia di Poitiers si sentì dire dal figlio: père, gardez-vous à droite ; père, gardez-vous à gauche ! il rischio a destra è di offrire una copertura a forze che, partendo da propositi riformatori, dovessero poi fermarsi dopo aver mosso il primo passo . il rischio è di lasciarsi integrare in un sistema neocapitalista di concessioni soltanto marginali ai lavoratori, con il disegno di disarmarne l' opposizione al capitalismo. il rischio è di scambiare una nazionalizzazione con il socialismo e di rimanere vittime del concetto che il socialismo democratico sia nient' altro che lo stato di benessere o sia il capitalismo di Stato . il rischio a sinistra è che il discorso sulla unità con i nostri compagni comunisti sottintenda, come da parte loro sottintende, un invito a ritornare all' unità d' azione ed all' alleanza politica fra i due partiti, rinunciando all' elemento di differenziazione, di chiarificazione, e nello stesso tempo di meditazione, che fin dal 1957 abbiamo introdotto nel movimento operaio , con risultati assai più considerevoli di quel che si possa osservare in superficie e che interessano non soltanto i socialisti, ma anche i comunisti. a questo invito ha già risposto il comitato centrale del mio partito facendo proprie le parole con le quali il compagno onorevole De Martino trattò questo problema. « se si tratta — disse, ed il comitato centrale fece sue queste parole — di fare spuntare in altra veste la stessa sostanza di una politica di unità d' azione, diciamo francamente che, oggi come ieri, non ne ricorrono le condizioni politiche, e non solo per le divergenze insorte sui problemi della costruzione del socialismo, ma anche per tutti i diversi giudizi e le diverse posizioni su questioni scottanti, non escluse quelle della politica internazionale » . il discorso per noi è sempre aperto sulla necessità di portare avanti rivendicazioni comuni a tutti i lavoratori nell' ambito del sistema democratico del paese, è chiuso all' alleanza politica ed alla lotta per il potere, che noi intendiamo condurre sulla base del rifiuto di ogni egemonia o dittatura di partito. in questo senso dottrina, maturità politica, coscienza delle nostre responsabilità costituiscono una corazza sufficiente contro ogni seduzione ed anche contro ogni attacco. ciò che ci protegge è la decisione di non barattare il socialismo con le riforme, ma di fare delle riforme un avviamento al socialismo, è la convinzione che il socialismo non è soltanto la socializzazione dei mezzi di produzione e di scambio, ma ad essa tende con mezzi democratici e da essa si diparte, per rendere possibile il salto storico dell' umanità dallo stato di necessità allo stato di libertà e per garantire più saldamente la vita democratica della collettività nazionale. il discorso per noi, quindi, si svolga in una direzione o nell' altra, è sempre un discorso che sta nei limiti del divenire democratico del socialismo e del divenire democratico del paese. dalla stampa di destra è rimbalzata anche in quest' Aula una polemica oziosa, vorrei anzi dire ridicola, su chi abbia vinto nella crisi: se i socialisti o se la Democrazia Cristiana , oppure, come dicono con la loro mania di personalizzazione i giornali, se Moro o Nenni. non c' è alcuna serietà in un discorso di questo genere. sono sicuro che di qui a poco tempo, se gli atti della maggioranza e del Governo seguiranno alle parole, il solo ad aver vinto sarà il popolo, saranno i lavoratori, sarà la nazione, la quale avrà raggiunto una importante tappa del suo sviluppo democratico, un più alto tenore di vita , un più alto grado di giustizia sociale , maggiore libertà e democrazia, e potrà dai risultati acquisiti muovere verso traguardi più ambiziosi, in una lotta che, secondo la legge eterna della storia e della vita, non ha fine, ma che potrà svolgersi ad un più alto livello di civiltà. aver contribuito a questo primo risultato, che ne comporterà degli altri, può essere per noi socialisti motivo di soddisfazione, può e deve essere per tutti i lavoratori e per il paese motivo di fiducia nelle istituzioni repubblicane che creammo sedici anni or sono e che vanno ritrovando la forza di impulso e la carica di volontà senza le quali la democrazia si svilisce e l' indifferenza popolare isola i pubblici poteri. perciò il nostro appello al Governo ed alla maggioranza è questo solo: e ora all' opera all' opera per applicare presto, anzi subito, il vostro programma: all' opera nella certezza che il programma ha l' adesione del paese, il quale anela ad una politica nuova nella libertà e nella democrazia!