Palmiro TOGLIATTI - Deputato Opposizione
III Legislatura - Assemblea n. 574 - seduta del 05-03-1962
Misure urgenti per contrastare la criminalità organizzata in Sicilia
1962 - Governo I Amato - Legislatura n. 11 - Seduta n. 45
  • Comunicazioni del governo

forse devo chiedere scusa, signor presidente , onorevoli colleghi , se sono costretto a dare inizio a questa mia esposizione, che inquadrerà gli interventi del nostro gruppo parlamentare sulle dichiarazioni del Governo , riferendomi a valutazioni ed a giudizi che sono stati espressi fuori di quest' Aula. mi riferisco alla campagna insistente, rumorosa, perfino fastidiosa, scatenata su tutti gli organi dell' opinione pubblica a proposito delle posizioni assunte, dei giudizi dati dal nostro partito e delle decisioni che esso ha preso nel corso della preparazione e formazione di questo Governo. di che cosa non siamo stati accusati di rinnegare noi stessi da una parte, di non comprendere le novità della situazione dall' altra. si è anche detto che ogni nostro giudizio fosse dettato soltanto da propositi, come si dice, tatticistici. la nostra intenzione sarebbe stata soltanto quella di scavalcare in modo sconveniente o sleale l' uno o l' altro dei partiti che ci fiancheggiano. oppure saremmo giunti a tal punto di calcolata e diabolica perfidia da essere capaci di dichiarare che siamo favorevoli a che si compiano determinate operazioni, e perfino favorevoli a un determinato governo, al solo scopo di impedire che queste operazioni si compiano e che questo Governo venga costituito e possa funzionare. vaneggiamenti, colleghi, pazzie, pure pazzie? che noi, però, abbiamo seguito non senza una punta di compiacimento in quanto vedevamo nella stessa ampiezza di questa campagna un riconoscimento, sia pure indiretto, del peso politico che ha il nostro partito, oggi, nella situazione del nostro paese: questo partito di cui tutti dicono continuamente, che è in crisi e che, nel momento in cui si devono decidere questioni così importanti, sarebbe quello il cui atteggiamento è determinante. la nostra posizione politica è stata fin dall' inizio chiara, coerente, discendendo in modo diretto da tutte le nostre precedenti elaborazioni ed essendo strettamente collegata con esse. noi lavoriamo e lottiamo da tempo per una, svolta a sinistra nella situazione del nostro paese, cioè per un mutamento a sinistra degli indirizzi della politica governativa nel campo sia delle relazioni interne, sia delle relazioni internazionali, sia degli indirizzi dell' attività economica. riteniamo necessaria, indispensabile siffatta svolta a sinistra, nell' interesse delle classi lavoratrici , delle masse popolari , di tutta la nazione italiana. riteniamo che questa svolta debba tradursi effettivamente in un rinnovamento della politica nazionale, debba tradursi in una conseguente, coerente e completa applicazione dei dettati della Costituzione repubblicana, particolarmente per quelle fondamentali riforme che la Costituzione indica necessarie allo scopo di fare davvero dello Stato italiano una Repubblica fondata sul lavoro. fin dal 1947-48, onorevoli colleghi , quando si ruppe l' unità di forze democratiche che aveva portato alla vittoria dell' insurrezione nazionale sul fascismo, fin da allora noi dicemmo che si apriva un periodo di azione politica e di lotte per ottenere questa svolta. prevedevamo che questo periodo avrebbe potuto anche essere lungo e passare per tappe diverse, di maggiore o minore asprezza della lotta politica. prevedevamo cioè che avrebbero potuto esservi momenti in cui vi fosse anche solo un accenno di movimento nella direzione da noi auspicata, e questo accenno avrebbe dovuto essere da noi seguito con interesse ed attenzione, compreso e, nella misura in cui stava nelle nostre forze, anche favorito. soprattutto, noi abbiamo sempre ritenuto che il mutamento di indirizzi politici da noi auspicato doveva essere sollecitato, richiesto e imposto da un vasto movimento politico popolare, da un' azione delle masse lavoratrici di tutte le categorie, le duali difendessero a fondo i loro interessi e le loro aspirazioni e riuscissero a strappare il pieno adempimento di ciò che la Costituzione repubblicana ha previsto come promessa e indicazione di sviluppo dell' ordinamento politico italiano. orbene, nelle posizioni, che non soltanto nelle ultime settimane, ma per lunghi mesi vennero presentate e discusse, in particolare dai partiti del centrosinistra e da ultimo anche nel recente congresso di Napoli della Democrazia Cristiana , noi abbiamo constatato l' affiorare di determinate posizioni nuove e soprattutto un certo desiderio di rinnovamento politico democratico, che si muoveva all' ingrosso in una direzione che non poteva non suscitare il nostro interesse. non tutte le cose che vennero proposte e dette da questi partiti, e particolarmente che al congresso di Napoli della Democrazia Cristiana , coincidevano con ciò che noi ci auguriamo. esisteva però una coincidenza nell' elaborazione e presentazione di alcuni obiettivi di politica economica e di politica sociale , che erano in sostanza non diversi da quelli da noi elaborati e presentati da tempo. al congresso di Napoli della Democrazia Cristiana questo spostamento si manifestava in modo più timido, pieno di cautele e di tortuosità, rivelatrici degli inciampi che seriamente ostacolano la liberazione di questo partito dalle conseguenze di una pluriennale azione politica conservatrice ed anche reazionaria, dalla scorza e dalle scorie lasciate nel suo stesso organismo da questa azione politica. anche dal congresso della Democrazia Cristiana , però, dal rapporto introduttivo, dai dibattiti e soprattutto da alcuni interventi emergeva, o almeno noi abbiamo giudicato emergesse, una certa volontà di modificare qualche cosa dei passati indirizzi, e precisamente nel senso di un richiamo all' applicazione, se non completa, per lo meno più ampia e coerente delle disposizioni costituzionali. ora, la richiesta di applicazione coerente e completa della Costituzione, è sempre stata, dal 1947 ad oggi, la nostra rivendicazione fondamentale. d' altra parte, noi sapevamo e sappiamo che questi propositi di innovare, di ringiovanire, di fare qualche cosa di diverso da ciò che si è fatto fino ad ora partono, sì, da un esame delle condizioni oggettive dello sviluppo economico e politico del nostro paese, ma partono anche, anzi, partono soprattutto da un progresso della coscienza democratica delle masse popolari . da questo progresso di coscienza democratica sono scaturite rivendicazioni e lotte che hanno interessato tutte le classi lavoratrici , di tutte le tendenze, di tutte le categorie. e di questo movimento noi siamo stati, e siamo fieri di essere stati, fra gli animatori ed i dirigenti di primo piano . di qui l' imperativo, non di una nostra presenza, in un moto di rinnovamento, perché questa presenza vi è sempre stata, e ogni volta che di un moto di rinnovamento effettivamente si tratti, la nostra presenza sempre vi sarà; ma l' imperativo di una nostra azione nuova, più efficace, che stringa più da vicino coloro che dicono di voler fare opera di rinnovamento, che riconosca la volontà ed i propositi rinnovatori là dove essi possano esistere e sia in pari tempo di stimolo, di controllo, in questa direzione. di un' azione che, partendo dallo stesso terreno di rivendicazioni e di misure nuove che da tante parti sono state proposte, sia stimolo e controllo, soprattutto attraverso lo sviluppo di un largo movimento politico reale, di tendenza progressiva e di struttura unitaria, tale che possa finalmente imporre che la Costituzione repubblicana venga rispettata. ed applicata in tutte le sue parti, che si attuino quelle riforme che essa prevede, che si modifichino profondamente gli indirizzi seguiti finora nella direzione della vita politica nazionale e si giunga in questo modo ad un' effettiva svolta a sinistra di tutta la situazione. da tale orientamento fondamentale noi deriviamo la nostra posizione nei confronti di questo Governo. questo Governo si presenta in modo assai composito. eterogeneo nella propria composizione, di una eterogeneità tale che consente di avere ampi dubbi circa la sua forza effettiva e la sua efficienza reale. sono presenti in esso rappresentanti di partiti ed uomini che si sono impegnati a fare opera di rinnovamento, a modificare parecchie cose dei vecchi indirizzi della politica nazionale e che hanno contribuito all' elaborazione di programmi energici e precisi, ad esempio, di lotta contro i grandi gruppi monopolistici che sono stati di fatto, negli ultimi anni, i padroni della vita economica e quindi anche della vita politica nazionale. un' altra parte del Governo e soprattutto un' altra parte dei partiti che lo sostengono ed in particolare del Partito di maggioranza è evidente — e l' ha chiaramente dichiarato e dimostrato — che dissente da questi propositi. il Governo intero subisce quindi il peso di quella parte dello schieramento di maggioranza che non vuole, in realtà, se non continuare per la vecchia strada, qualunque cosa possa venirne, qualunque sia il danno che possano subirne l' economia e la vita politica nazionale. stato dichiarato dal presidente del Consiglio , all' inizio della sua esposizione, che è intenzione del Governo affrontare problemi nuovi per risolverli coraggiosamente. in realtà, non tanto di coraggio si tratta, ma di indirizzi precisi e di soluzioni concrete, e cioè della volontà e della capacità di elaborare queste soluzioni secondo un nuovo orientamento generale politico e di imporle, di realizzarle. ma è proprio quando si passa alla esplicita definizione degli indirizzi generali, all' esame dei problemi reali e delle soluzioni concrete che vengono fuori l' incertezza, l' equivoco, la mancanza di decisione, e sembrano persino prevalere propositi che lasciano aperta la strada a tutte le capitolazioni, a tutti i ritorni indietro. noi accettiamo, all' ingrosso, la tematica che è stata presentata nella dichiarazione ministeriale come trama di quella che dovrebbe essere l' attività governativa nel prossimo anno; ci lascia invece perplessi la linea che risulta dalle soluzioni concrete e da parecchi dei giudizi che sorreggono queste soluzioni, così come esse vengono presentate. tutto ciò ci induce a un giudizio negativo. sentiamo vivamente e prima di tutto che questo è un Governo che, per essere costretto a uscire dalla ambiguità e dall' equivoco che risulta dal modo stesso come esso presenta il proprio programma, ha bisogno, più che di una maggioranza — che non sappiamo quanto sarà omogenea e quanto sicura di una opposizione: e non dell' opposizione isterica che proviene dai banchi di quei nostalgici del fascismo che non sarebbero così baldanzosi se i governi repubblicani avessero sempre tenuto fede al loro compito di affermare e difendere in tutte le occasioni e con tutte le misure, con provvedimenti precisi, i valori, i programmi e le rivendicazioni della Resistenza. non di quella opposizione vi è bisogno e nemmeno della opposizione liberale, la quale, per il modo come si presenta, credo possa essere definita una opposizione anticostituzionale, in quanto protesta contro ogni proposta di applicare i dettami della Costituzione e richiede, desidera, insiste a che si continui nel vecchio andazzo di non applicare questi dettati. l' opposizione di cui questo Governo ha bisogno è di un tipo particolare. deve essere una opposizione che riconosca quanto vi possa essere di positivo nelle ricerche e affermazioni programmatiche che possano essere fatte, ma che richieda realizzazioni conseguenti alla affermata volontà di rinnovare qualcosa nella direzione della vita politica del paese e spinga in questa direzione. deve essere quindi una opposizione la quale sia espressione di un movimento politico reale, potente, che sorga dal paese, che si traduca in azioni, in rivendicazioni, in lotte delle masse lavoratrici , delle masse del ceto medio , di tutte le categorie. questa è l' opposizione che noi vogliamo, che noi facciamo e faremo a questo Governo. questa nostra opposizione risulta quindi, per il modo stesso come l' ho definita e motivata, un' opposizione che trova e ha naturalmente, oggettivamente, un collegamento con la posizione che prende verso questo Governo il partito socialista italiano, posizione che non condividiamo e critichiamo. » , questo, un elemento nuovo che non esistette, almeno all' inizio, nel 1960, quando pure il nostro atteggiamento verso il Governo formatosi nel luglio di quell' anno si differenziò dell' atteggiamento del partito socialista italiano, perché noi votammo contro e il partito socialista , per alcuni mesi, fu per l' astensione. oggi la situazione è diversa ed esiste quindi fra la nostra opposizione e il voto che verrà dato dal partito socialista italiano, un collegamento, un contatto che allora non esisteva. un contatto che è nelle cose, nel movimento reale delle masse lavoratrici , per sua natura unitario. un contatto, quindi, che non può essere misconosciuto, né sottaciuto. noi abbiamo sempre considerato con freddezza, ed abbiamo sempre ammesso l' ipotesi che potesse esistere una diversa posizione del nostro partito e del partito socialista italiano rispetto a una formazione governativa. abbiamo sempre considerato possibile, persino, che potesse esservi una partecipazione dei compagni socialisti a un Governo al quale noi non partecipassimo. abbiamo anche riconosciuto che è stato scavato, con un' azione di decenni, un abisso così profondo fra le forze del movimento operaio organizzato su una base di classe e che si muove nella direzione del socialismo e le forze del movimento dei lavoratori di ispirazione cattolica, che l' accostamento tra queste forze inevitabilmente dovrà avvenire per gradi, interessando prima l' uno che l' altro dei settori del movimento operaio organizzato. assurdo, d' altra parte, sarebbe il pensare che nostro scopo ed interesse possa essere quello di spingere il partito socialista verso una trasformazione di tipo socialdemocratico, allo scopo di raccoglierne poi noi, tra le masse, l' eredità ed allargare così le nostre file. il pericolo socialdemocratico, cioè il pericolo dell' abbandono della prospettiva socialista e della riduzione del movimento operaio a funzione subalterna in un sistema di governo borghese, è un pericolo che minaccia il movimento operaio che oggi è particolarmente grave, e contro il quale lottiamo e continueremo a combattere in tutti i modi e su tutti i fronti. il movimento operaio italiano ha la sua storia e le sue tradizioni, che non si cancellano, che non si possono rinnegare. il modo come questo movimento giungerà al contatto e alla collaborazione con il movimento dei lavoratori di ispirazione cattolica è un problema quasi decisivo per il nostro paese, per chi voglia rendere reale la prospettiva di una profonda, radicale trasformazione dell' ordinamento economico nel senso della giustizia sociale . perché si realizzi questa prospettiva noi lavoriamo, ma lavoriamo perché il movimento operaio , nelle sue forme tradizionali, possa giungere a questo contatto senza dover subire nel proprio seno delle fratture, le quali non sarebbero nell' interesse della causa per cui combattiamo noi, né della causa per cui combattete voi, colleghi della sinistra democristiana, e per cui combattono i lavoratori di ispirazione cattolica, ma nell' interesse esclusivo dei ceti reazionari, della conservazione politica e della conservazione sociale. anche la considerazione di questi elementi ha avuto il suo peso nel determinare la posizione che io credo di avere ormai chiaramente definito circa il nostro atteggiamento verso questo Governo. ma passiamo ora all' analisi più attenta delle dichiarazioni ministeriali. il problema della posizione e della funzione del nostro partito e del movimento comunista nella società nazionale deve avere preoccupato assai l' estensore delle dichiarazioni ministeriali che ci sono state lette l' altro giorno. ed io comprendo le preoccupazioni, dato che questo estensore era sottoposto, proprio a questo proposito, non soltanto alle perentorie richieste pubblicamente espresse da organi di stampa di vastissima tiratura, ma alle pressioni, forse anche più efficaci, che partivano dall' interno del suo stesso partito. il risultato è tale che oltre a denunciare palesemente che vi sono state queste pressioni, del resto a tutti note, rivela una scoraggiante povertà — mi permetta l' espressione, l' onorevole Fanfani — di pensiero politico. vi è stato non so quale esponente della direzione della Democrazia Cristiana che, parlando in questi giorni in un pubblico comizio, avrebbe detto che l' obbligo della lotta contro il comunismo deriverebbe al governo italiano da impegni internazionali. voglio credere che si tratti di una espressione sfuggita ad un oratore sprovveduto, perché, se così non fosse, ciò vorrebbe dire che ad una parte dell' indipendenza nazionale voi avete rinunciato. voi siete tenuti a rispettare la democrazia perché questo è scritto nella Costituzione repubblicana, e siete tenuti a rispettare la democrazia quale è definita in questa Costituzione, non quale possa essere definita da non so quale consesso di rappresentanti di altre potenze. voi siete dunque tornati, nelle vostre dichiarazioni, alla logora giaculatoria dei due totalitarismi ed all' assalto che noi, come forza più consistente (la ringrazio del riconoscimento, onorevole Fanfani), prepareremmo alle istituzioni democratiche. non è male ricordare che precedenti presidenti del Consiglio già avevano capito la necessità di rinunciare, nel presentare le loro formazioni governative, al rimasticamento di queste banalità. poiché ella, onorevole Fanfani, c' è ricascato, desidero ripeterle chiaramente un invito. se si tratta del presente, se il Governo, cioè, possiede prove e indizi — ma, intendiamoci, prove o indizi che non siano le circolari false che vengono fabbricate in quegli uffici che a questo scopo vennero organizzati da uno dei precedenti ministri dell' Interno — se voi avete prove e indizi, dicevo, che noi organizziamo un assalto alto Stato ed alla legalità democratica, dovete trasmettere queste prove e questi indizi all' autorità giudiziaria . se non lo fate, fornite a tutti la prova che, quando parlate di queste cose, la vostra è pura speculazione e provocazione politica. siccome però ella, onorevole Fanfani, usando il verbo al passato ha detto che si è tentato già di dare l' assalto alla legalità repubblicana, desidero ricordarle ancora da questa tribuna ciò che ho già detto in precedenti dichiarazioni e cioè che attacchi agli ordinamenti democratici dello Stato si sono verificati, nell' ultimo decennio, due volte: una prima volta nel 1953 con la « legge-truffa » , che sopprimeva di fatto il libero Parlamento, ed una seconda volta nel 1960 con il Governo Tambroni, che meditava un colpo di mano appoggiato dai fascisti. ebbene, tanto la prima quanto la seconda volta fu il partito democristiano l' autore di questo assalto e noi fummo tra le forze dirigenti del movimento che respinse l' assalto e che, l' una e l' altra volta, vi condanna alla sconfitta. quanto ai due totalitarismi io le concedo, onorevole Fanfani, le circostanze attenuanti. ella è forse troppo giovane e nei passati decenni i suoi interessi erano così diversi, così lontani dai nostri che non si può farle troppo severo rimprovero se le è sfuggita, a partire da quegli anni, una delle costanti della storia politica del nostro paese, dell' Italia degli ultimi venti e dieci anni. vero che avrebbe potuto colmare la lacuna con l' esperienza fatta dopo il crollo del fascismo e l' instaurazione della Repubblica. sembra però che neanche questa esperienza le sia servita. la costante della storia politica italiana a cui mi riferisco non sta soltanto nella opposizione radicale, nella lotta aspra, continua, senza soste contro i nemici della democrazia, ed in particolare contro il fascismo, a cui noi abbiamo dato il maggiore contributo di attività, di valore e di sacrificio. il nostro contributo decisivo alla lotta antifascista ci è stato riconosciuto ieri persino da uno dei più solenni ruderi della vecchia pubblicistica conservatrice prefascista e della pubblicistica mussoliniana, il Missiroli, su uno dei giornali di più grande tiratura. ma non è questo il fatto più importante. il fatto più importante è l' indirizzo che ha avuto la nostra azione. il fatto più importante è l' elaborazione politica a cui noi abbiamo dato vita nel corso della lotta contro il fascismo e nel corso di questo più che decennio, ormai, di vita del regime democratico repubblicano. il fatto più importante sta nel carattere unitario che abbiamo voluto e saputo mantenere sempre alla lotta antifascista, facendo tutto il necessario perché l' unità sempre si mantenesse, e sta anche nella elaborazione politica che noi abbiamo sollecitato e cui abbiamo dato il maggiore dei contributi. l' unità che noi volevamo non doveva, infatti, manifestarsi soltanto nella collaborazione reciproca a scopo di meglio raggiungere gli obiettivi immediati che ci proponevamo. noi facemmo il possibile perché tale unità si manifestasse, inoltre, nella elaborazione di un programma politico di rinnovamento del paese dopo il crollo del fascismo, sulla base del quale doveva essere condotta la ricostruzione di un' Italia democratica, non lasciando fuori nessuno dei gruppi i quali potessero dare un contributo alla vita e alla vitalità di uno Stato democratico , ma in pari tempo modificando profondamente la struttura economica, politica, sociale di questo Stato, attuando le riforme necessarie perché queste modificazioni si realizzassero e in questo modo aprendo la via a una società nuova e all' avvento, alla testa di essa, di nuove classi dirigenti , legate prima di tutto ed essenzialmente al lavoro. questa elaborazione politica, che fu comune a noi, ai compagni socialisti, a molte forze democratiche ed alla più viva corrente del partito democristiano , è la vera costante nuova della lotta politica quale si è sviluppata in Italia negli anni in cui si combatté contro il fascismo e, dopo il crollo del fascismo, nel primo decennio di vita dello Stato democratico e repubblicano. le masse operaie e lavoratrici, principalmente per opera nostra e per nostra ispirazione, si muovono oggi in questa direzione. una direzione che liquida il messianismo, onorevole Fanfani, a cui ella è ancora ridotto; così come liquida l' aspirazione ingenua e schematica a copiare regimi politici i quali, anche se altrove hanno avuto la loro fortuna ed il loro successo, perché rispondevano alle circostanze storiche di quei paesi, non corrispondono, per i loro istituti e per la loro struttura, alle nostre condizioni, tradizioni e necessità. non liquida, però, l' aspirazione e la lotta per creare, partendo dalle condizioni nostre e nelle condizioni nostre, una società nuova. ecco la costante politica che ella non è stato capace di cogliere e da cui bisogna partire per giudicare qual è la parte che spetta al nostro partito nell' evoluzione della lotta politica italiana . ed in che cosa si è espressa, praticamente, questa costante politica? si è espressa, praticamente e prima di tutto, nella Costituzione repubblicana, nella quale è affermato il principio della sovranità popolare , è affermata la necessità dall' avvento dei lavoratori alla direzione della vita politica nazionale, è affermata la necessità di profonde riforme economiche e politiche che rendano possibile questo avvento, sono indicate le linee di uno Stato che non è il vecchio Stato liberale né il vecchio Stato democratico di marca prefascista, ma avrebbe dovuto essere e deve diventare qualcosa di nuovo e di diverso, quello a cui aspirano le masse lavoratrici . onorevole Fanfani, sono oramai più di dieci anni che vi poniamo questo problema. applicate la Costituzione! soltanto applicando la Costituzione, pienamente, in tutte le sue parti e con coerenza, potrete aprire la strada al progresso economico, politico e sociale. questa è la vera sfida che vi abbiamo lanciato, che manteniamo e che vi ripetiamo adesso. non quell' abracadabra del se che ella lancia a noi, chiamandoci non so in qual modo a dare la prova se sia necessaria oppure no, per fare ciò che noi vogliamo, una rivoluzione. noi chiediamo che si applichi la Costituzione repubblicana totalmente. necessario fare una rivoluzione per questo? ditecelo, dunque, se è così. intanto, a questa applicazione leale ed integrale della Costituzione non avete mai voluto accingervi, sia per il giudizio di marca prettamente reazionaria che davate sul nostro movimento, sia per non essere riusciti ad afferrare quella costante della lotta politica della classe operaia nel corso degli ultimi decenni di cui vi ho parlato. vi siete quindi mantenuti, per anni ed anni, al limite vero e proprio del colpo di mano . dopo il 18 aprile del 1948, avete persino discusso tra voi se si dovessero chiudere le sezioni del nostro partito e quelle dei sindacati confederali . vi siete fermati quando avete visto che il paese su quella strada non vi avrebbe consentito di andare avanti. siete però caduti, in seguito, nelle disgraziate avventure del 1953 e del 1960. le rivoluzioni non si fanno a comando e non le fanno i partiti. sono il risultato inevitabile di conflitti che maturano per anni, per decenni e più a lungo ancora, e quando scoppiano spetta ai partiti rivoluzionari dirigerle verso un obiettivo di rinnovamento radicale delle società. il compito di ora non è questo. di applicare la Costituzione repubblicana. accettate questa nostra sfida, se volete essere un Governo democratico, un Governo che rinnova qualcosa nella direzione della nostra vita politica. ma questa non è solo la nostra sfida, questa è in pari tempo la vera ipoteca nostra su tutto lo sviluppo politico del paese. un' ipoteca scritta nella Costituzione, che pesa e deve pesare su tutta l' attività di tutti i governi i quali vogliano continuare a chiamarsi democratici. nelle attuali dichiarazioni governative abbiamo ritrovato, qua e là, l' affermazione del rispetto delle norme costituzionali. non sono però sfuggite all' impressione che anche per questo si trattasse solo di una specie di giaculatoria d' obbligo. » mancata la specificazione e quindi la chiarezza della sostanza. il presidente del Consiglio mi sembra si sia dimenticato di dire, a questo proposito, ciò che doveva esser detto e che, d' altra parte, altre volte e da altri presidenti del Consiglio venne ricordato. prima di tutto che la lotta dei partiti è una cosa ed un' altra cosa è l' attività del Governo. che il Governo non può avere altra ideologia o ispirazione ideologica che non sia quella che sta scritta nella Costituzione del paese. che non è possibile, di conseguenza, alcuna discriminazione politica verso il nostro partito e alcuna discriminazione tra i cittadini sulla base di giudizi e contrasti ideologici o politici. questo rimane uno dei punti fondamentali dai quali noi partiremo per giudicare l' attività di questa formazione governativa. la denuncia e la lotta dovranno continuare e continueranno, in questo campo, perché si tratta, effettivamente, di uno dei punti discriminanti per ciò che si riferisce al carattere democratico o non democratico di un Governo e delle sue attività. ella, signor presidente del Consiglio , ha persino fatto un accenno ai voti nostri che sarebbero fin d' ora rifiutati e respinti. la cosa ci interessa più o meno, oggi, in questa situazione. potrà interessare noi e questo Governo in altre situazioni e per votazioni particolari. non scendiamo ora all' esame di questo problema. mi sia però consentito aggiungere che, sul terreno politico parlamentare, una discriminazione dei nostri voti non soltanto è cosa assurda, ma è cosa persino ridicola. veda, signor presidente della Camera: tra pochi mesi saremo convocati per eleggere il presidente della Repubblica . vi è qualcuno il quale voglia dichiarare che in quella occasione i duecento voti dei deputati e senatori comunisti non conteranno? se vi è qualcuno, si faccia conoscere. nelle elezioni dell' aprile del 1955 i nostri voti furono parte determinante, non soltanto della operazione politica che portò all' elezione dell' attuale presidente, ma anche della maggioranza con la quale egli venne eletto. credo sarebbe persino offensivo per l' alta carica repubblicana che qualcuno dichiarasse ora che di quei nostri duecento voti nel calcolare la maggioranza con cui era stato eletto il presidente della Repubblica non si doveva tener conto. ritornando al vostro se ed ai ragionamenti che vi si collegano, la questione di fondo, per ciò che si riferisce alla relazione col nostro partito, mi pare si riduca ancora una volta al famoso quesito di quale sia il metodo migliore da adottarsi per combattere il partito comunista , se questo cioè deve essere combattuto respingendo a priori ed in blocco tutto ciò che esso propone, qualunque sia il contenuto delle sue proposte, oppure se si debba, accettando la sfida che noi abbiamo lanciato da anni a tutti i governi repubblicani, scendere sul terreno delle applicazioni costituzionali che noi proponiamo, accogliendo o almeno prendendo in considerazione le ragionevoli proposte che noi facciamo. attorno a questo quesito si è svolto, sappiamo, nelle vostre file, onorevoli colleghi della maggioranza, e continua a svolgersi un ampio dibattito e noi pure ci siamo interessati alla questione e abbiamo dato la nostra risposta. la risposta a questa alternativa da parte nostra è sempre stata la stessa. le proposte che noi facciamo hanno un valore reale positivo in sé. noi non le avanziamo perché voi le respingiate ed in questo modo sia più facile a noi di smascherarvi e denunciarvi davanti all' opinione pubblica . le avanziamo perché sono nell' interesse delle masse lavoratrici , nell' interesse della nazione nel suo complesso, del progresso della nazione sulla via della democrazia e verso la giustizia sociale . consideriamo quindi in modo favorevole ogni accoglimento di proposte nostre, ogni movimento anche timido e parziale nella direzione da noi auspicata. di ogni passo fatto in questa direzione noi non potremo che trarre vantaggio. questa è la risposta nostra. la risposta che risulta dalle vostre dichiarazioni mi sembra che stia nel mezzo. voi accettate i temi, o almeno una parte dei temi che noi proponiamo, ma, nell' elaborare la soluzione, cercate vie intermedie le quali diano l' apparenza di un rinnovamento, ma eludano la necessità di esso, rinviandolo, oppure riducendo tutto a pure attuazioni burocratiche, le quali non affrontano e non risolvono la sostanza dei problemi che vengono posti. per dimostrare come sia vera questa mia affermazione, mi accosterò al programma governativo per le sue parti principali e, prima di tutto, per quello che si riferisce alla politica estera . a questo proposito devo dire che noi esprimiamo, non soltanto un dissenso. ma una preoccupazione seria, una preoccupazione accorata. la situazione che sta davanti a noi, per quel che riguarda i rapporti internazionali, è assai grave. nessuno lo può negare. vi sono stati momenti di estrema acutezza nel corso dell' estate scorsa, poi vi fu una certa attenuazione del contrasto, ora di nuovo ci troviamo a un punto di estrema tensione dei rapporti internazionali e le prospettive non possono essere tracciate con sicurezza. né si può nascondere che la maggiore responsabilità della presente acutizzazione della situazione internazionale risiede nell' attività dell' odierna amministrazione americana. non serve a nulla parlare di pace per diecimila anni. » una espressione che lascia indifferenti. cosa saranno le società umane fra diecimila anni, nessuno lo sa. ma noi vogliamo la pace per i prossimi 10, 20, 30, 50 anni. ecco quello che vogliamo. e il metodo che si seguirà per avere la pace subito, in una prospettiva avvicinata, è questo metodo che ci deve garantire che la conquista della pace sia qualcosa di permanente, che rimanga, che sia un bene conquistato per sempre da tutti i popoli. ora, negli ultimi dieci o venti mesi, risalgono all' amministrazione repubblicana gravi responsabilità, per avere compiuto atti che rinnegano ogni metodo atto a garantire un progresso verso la pace. vi è stata, prima di tutto, l' aggressione a Cuba: primo atto di politica estera dell' amministrazione americana attuale, atto grave, violazione palese di tutti i principi del diritto internazionale e di tutti i principi sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite . si deve in seguito all' iniziativa dell' amministrazione degli USA l' avvio di una corsa sfrenata agli armamenti, ciò che ha reso inevitabile la risposta della parte orientale, ha reso inevitabile la ripresa degli esperimenti atomici ed impossibile giungere ad un contatto attraverso il quale venissero composte almeno alcune delle più gravi divergenze che oggi esistono fra i due blocchi di potenze in cui è diviso il mondo. ci troviamo in questo momento alla vigilia di una riunione solenne di rappresentanti di un considerevole numero di Stati, i quali dovrebbero di nuovo affrontare il problema del disarmo generale e controllato e giungere a conclusioni. ebbene, alla vigilia di questa riunione, ecco che l' amministrazione americana respinge la proposta di un preliminare incontro di vertice che serva a orientare in senso positivo i lavori di questo consesso; e, a proposito delle esplosioni nucleari, cosa assolutamente inammissibile, presenta alla parte orientale un vero e proprio ultimatum, che dovrebbe essere senz' altro accettato perché si possa dare inizio al dibattito sul disarmo. » evidente che ci troviamo di fronte ad un gruppo oltranzista e guerrafondaio, che non sappiamo qual peso relativo possa avere nel determinare tutta la politica degli USA, che però nel corso dell' ultimo anno ha determinato, con la sua azione, un' estrema esasperazione di tutte le relazioni internazionali. e non facciamoci illusioni! noi siamo convinti che la guerra può essere evitata, e voi tutti conoscete, in particolare, quale è il mio pensiero circa il carattere di una guerra che dovesse scoppiare oggi, dato il grado di sviluppo che hanno raggiunto gli armamenti di natura distruttiva. non si può avere altra prospettiva, ove si giungesse a questa catastrofe, che della totale distruzione della nostra civiltà. ed è in relazione a questo giudizio che noi rivolgemmo negli anni passati un così pressante invito all' intesa e all' azione comune per allontanare il pericolo dello sterminio atomico. il pericolo, oggi, è più grave, più imminente di quanto mai non sia stato. io posso anche ammettere che il carattere sterminatore della guerra attuale, date le armi che sono in possesso delle due parti, in un certo senso agisca come freno allo scoppio di un conflitto. però, rendiamoci conto che non è pensabile che si continui all' infinito con la corsa al riarmo e, soprattutto, con la corsa al riarmo atomico, con la catena dei rifiuti ad una trattativa ragionevole, con le proposte ultimative e col sabotaggio di ogni lavoro comune per il disarmo; non è pensabile che si possa continuare all' infinito per questa strada senza che si giunga a un punto di rottura. ella, onorevole Fanfani, ha persino avuto un accenno, a Napoli, assai confuso, in realtà, al fatto che, qualora venissero scoperte armi difensive tali per cui l' una o l' altra — o entrambe le parti — potesse presumere di essere in grado di ridurre l' effetto dell' attacco atomico della parte avversaria, allora le prospettive della guerra atomica diventerebbero prospettive reali. lo spero bene; ma: io ritorno su quelle sue parole per rilevare che questo è proprio il punto a cui si sta arrivando nella evoluzione della scienza militare e nello sviluppo delle armi di sterminio e della difesa dalle armi di sterminio. ma quale difesa garantirebbe i popoli dalla distruzione, quale difesa potrebbe salvare, anche in un caso siffatto, la nostra civiltà? questo è il motivo fondamentale, in sostanza, che deve spingerci alla ricerca di nuove elaborazioni e di nuove posizioni politiche, le quali guidino la politica estera d' un paese che voglia effettivamente allontanare la minaccia di sterminio della nostra civiltà e fare opera di pace. non sentite, dunque, la profonda contraddizione che passa fra le prospettive, che a un certo momento possono non più essere allontanate, dello scoppio di un conflitto nucleare e quella timida, parziale, velleitaria elaborazione di nuove formulazioni che voi fate nelle vostre dichiarazioni programmatiche e che non osa tradursi in alcun atto reale, tale che possa contribuire a modificare profondamente, radicalmente la situazione internazionale che sta davanti a noi? il punto centrale delle vostre posizioni in politica estera è l' affermazione di una continuità con tutta la politica precedente, continuità che voi esprimete con il termine di fedeltà agli impegni atlantici. ora, voi sapete benissimo che il problema del patto atlantico in senso formale attualmente non viene posto e non esiste. il problema che esiste, però, è quello della situazione che sta oggi davanti al mondo ed è di giudicare se e in quale misura gli indirizzi della politica atlantica, quali vennero formulati all' inizio e quali si sono applicati nel prosieguo degli anni passati, corrispondano a questa situazione, diano una risposta adeguata alla gravità dei fatti che sono oggi davanti a noi. non si tratta dunque di fedeltà o non fedeltà atlantica. si tratta di operare un reciso distacco da indirizzi di politica internazionale che non corrispondono più in alcun modo alla situazione odierna, oppure vi corrispondono soltanto nel senso che tendono, se continuati, ad esasperarla, a renderla sempre più grave. il problema emerge del resto dalla considerazione di chiunque consideri le cose oggettivamente anche al di fuori dell' ambito politico e parlamentare. recentemente ha iniziato le sue pubblicazioni una interessante rivista di studi storici e politici, organo dell' Istituto di studi storici dell' università di Roma. il principale articolo, che nel primo numero di questa rassegna è dedicato all' esame delle questioni della politica internazionale , è scritto dal Toscano e tratta della partecipazione dell' Italia al patto atlantico , del modo come si è venuti ad essa e del suo significato. orbene, questo studio, dovuto a uno studioso assai autorevole, che nessuno potrà sospettare nemmeno della più lontana parentela con un partito che si collochi a sinistra dello schieramento parlamentare, incomincia proprio con l' affermazione che il patto atlantico è sorto in una situazione tale di cui non esiste più oggi nessuno degli elementi. l' autore così si esprime: allora (quando venne stipulato il patto atlantico ), gli USA possedevano il monopolio delle armi atomiche ; gli europei, tutti in condizioni economiche disastrose, erano convinti che Washington da sola avrebbe potuto sopportare l' onere degli armamenti e che un eventuale conflitto si sarebbe svolto praticamente soltanto a due. nello stesso tempo, la minaccia principale alla sicurezza dell' Occidente era localizzata alle frontiere dell' Europa. tutte queste premesse sono ora cambiate. l' Unione Sovietica ha raggiunto ed in certi settori addirittura superato il potenziale militare degli USA; gli stati membri dell' alleanza, le cui condizioni economiche appaiono assai migliorate, sono invitati ad intensificare i propri armamenti convenzionali, ormai considerati essenziali alla loro difesa nell' eventualità di una crisi bellica. la minaccia principale non è più soltanto alle frontiere dell' Europa e gli USA attraversano un prolungato periodo di recessione economica. come vedete, si tratta di un esame fatto in modo oggettivo e che parte, del resto, da alcune affermazioni, relative, per esempio, alle minacce di guerra che sarebbero venute dalla parte orientale, che non condividiamo e che sono da respingere. da questo esame emerge però chiaramente come la situazione che ci sta oggi davanti sia radicalmente diversa da quella del periodo in cui l' Alleanza Atlantica venne costituita. questo giudizio diventa poi ancor più evidente se si allarga il quadro, se alle considerazioni sopra esposte si aggiungono quelle relative alla sconfitta che l' oltranzismo atlantico occidentale ha ricevuto nella guerra fredda , al fatto che i paesi del campo socialista sono diventati sempre più forti, solidi ed uniti, che gli Stati nuovamente liberi occupano uno spazio sempre più esteso in tutto il mondo ed esigono di contare sempre di più, che è in formazione, anzi esiste ormai, un fronte dei paesi neutrali, forza politica degna di sempre maggiore considerazione e che la minaccia dello sterminio atomico, soprattutto, è diventata qualcosa di assai più reale ed urgente di quanto non poteva essere dieci o quindici anni or sono. ebbene, quale politica volete far corrispondere a questa situazione? la politica atlantica, dite voi? allora fateci il favore di dire qual è la politica atlantica, perché noi ne conosciamo due, tre, quattro, anche cinque, se volete. vi sono negli USA per lo meno due indirizzi di politica estera , di cui quello oltranzista in sostanza è quello che finisce sempre per avere il sopravvento, o almeno è prevalso negli ultimi mesi. esiste una politica atlantica del cancelliere Adenauer, il quale punta sulla questione tedesca per impedire qualsiasi distensione e si affida all' armamento convenzionale ed atomico della Germania per preparare una rivincita dopo la sconfitta subita dall' hitlerismo nella seconda guerra mondiale . vi è una politica atlantica di De Gaulle , che coincide in parte con quella di Adenauer, ma non totalmente. vi è una politica atlantica inglese, incerta, oscillante ed alla fine sempre costretta a capitolare di fronte alle richieste assai più perentorie dell' oltranzismo d' oltreoceano. vi è poi la politica atlantica dei piccoli staterelli tipo Portogallo, Grecia e così via , i quali si interessano essenzialmente di ricevere dollari in cambio delle basi che concedono all' organizzazione militare dell' alleanza. a quale di queste politiche voi aderite? fateci il favore di dirlo, quando parlate di politica atlantica e di fedeltà ad essa; e fateci il favore di dirlo in modo preciso, su questioni precise. noi intendiamo sapere, per esempio, se il nostro Governo aderisce o no alla richiesta di sanzioni contro la Repubblica di Cuba avanzata dagli USA a tutti i paesi del patto atlantico . vi sono stati paesi, come il Canadà, che hanno respinto questa insolente richiesta. attendiamo ancora di conoscere l' opinione del governo italiano . desideriamo conoscere qual è la vostra posizione circa il dramma dell' Algeria. non avete trovato il modo di dire una parola di solidarietà umana col popolo algerino , oggi sottoposto al massacro brutale da parte di forze colonialiste, di vili fascisti che calpestano tutte le leggi, tutti i principi dell' onore, della lealtà, della moralità, per difendere il vecchio colonialismo e razzismo. fateci il favore di dire qual è la vostra posizione circa il problema dell' armamento atomico degli eserciti dell' Alleanza Atlantica e in particolare di quello della Germania di Bonn. voi avete fatto una dichiarazione, inserita quasi di soppiatto, forse per nasconderla o per cercare di nasconderla, nella vostra esposizione ministeriale, a proposito delle basi missilistiche nel nostro paese, affermando che la loro esistenza accrescerebbe il prestigio del paese... la nostra opinione, ad ogni modo, è che simile dichiarazione è di pretta marca oltranzistica. è l' oltranzismo che sostiene posizioni come questa. partendo da dichiarazioni di questa natura si giunge a stimolare la corsa al riarmo atomico ed allo sterminio dell' umanità. non è attraverso la installazione di basi di missili americani che si rialza il prestigio del nostro paese. l' organizzazione di queste basi è stata una delle più sciagurate decisioni che abbiano potuto essere prese dai nostri governi sotto le pressioni dello stato maggiore degli USA. quello che noi vi chiediamo è di prendere posizione, e in modo positivo, sul problema della creazione di una zona disatomizzata nell' interno dell' Europa. questa è la questione che sta oggi davanti al governo italiano , non quella di rialzare il proprio prestigio installando armi atomiche dell' esercito americano sul nostro territorio, esposto in questo modo allo sterminio. vi chiediamo, infine, di precisare quale è la posizione del governo italiano relativamente al problema del riconoscimento dei diritti della Repubblica democratica cinese e della sua ammissione, previo riconoscimento di questi diritti, nell' Onu. non abbiamo mai compreso perché il nostro Governo si associasse in questo campo alle posizioni americane. tanto meno lo comprenderemo per un Governo il quale dice di voler rinnovare qualcosa anche nel campo delle relazioni internazionali. riteniamo che anche per quanto concerne la Repubblica democratica tedesca sia necessario un riconoscimento da parte nostra. per quanto riguarda le trattative tra est ed ovest voi dite di essere favorevoli ad esse. sta bene; però la risposta da voi data alla proposta di una riunione al vertice all' inizio della conferenza per il disarmo, è stata negativa. ancora una volta vi siete, sostanzialmente, accodati alle posizioni degli USA. noi abbiamo approvato le iniziative prese l' estate scorsa dall' onorevole Fanfani. se non dal ministro degli Esteri , per avere un contatto con l' Unione Sovietica e sollecitare l' inizio di una trattativa circa il problema tedesco e di Berlino. ma quale esito ha avuto quella vostra iniziativa? ci permettiamo di dire che l' esito è stato assai scarso: non avete ottenuto niente, o quasi niente. l' accettazione della vostra proposta, nel momento in cui la avete fatta, avrebbe forse potuto evitare determinate esasperazioni, quali vennero dopo il 13 agosto... ma ella non è un alleato di Kruscev! perché ella non ha chiesto ai suoi alleati di fare proposte tali da consentire alla Unione Sovietica di non riprendere i suoi esperimenti? perché non ha proposto, recentemente, agli USA ed all' Inghilterra, di mantenere in piedi le loro avances del 13 ottobre, che prevedevano la fine degli esperimenti nucleari, ma che, quando vennero accettate dall' Unione Sovietica , subito furono ritirate dalla parte occidentale? siamo lieti del fatto che vogliate mantenervi sulla linea che avete preso la scorsa estate; però rileviamo che la vostra iniziativa, allora, è stata prevalentemente velleitaria, e non poteva nemmeno portare a determinate conclusioni, perché si esauriva in affermazioni generiche invece di concludersi con precisi atti politici. orbene, di fronte alla attuale crisi delle relazioni internazionali, di fronte alla gravità dei pericoli che minacciano il nostro paese, tutti i paesi ed il genere umano, vi chiediamo oggi qualcosa di più, scelte decisive ed atti tali che siano per lo meno l' inizio dell' elaborazione di una politica nuova, corrispondente alla situazione che oggi si è creata. voi ripetete che l' Alleanza Atlantica è una difesa, un baluardo della democrazia. ebbene, nell' Alleanza Atlantica siete politicamente solidali con regimi che non hanno niente a che fare con la democrazia. con il Portogallo totalitario; con la Francia, dove la democrazia è in decomposizione ed avanza il fascismo; con la Germania di Bonn, paese profondamente penetrato da aspirazioni revansciste, nettamente reazionarie e hitleriane. siete politicamente solidali persino con la Spagna di Franco, la quale ha dato il suo territorio agli USA per l' organizzazione di basi, che di fatto sono anche basi dell' Alleanza Atlantica . una scelta democratica esige un' azione reale, energica, per la condanna e la distruzione delle armi atomiche . esige non solo la richiesta di trattative e di un vertice immediato, che prepari il successo della conferenza per il disarmo, ma l' elaborazione, per tutto il mondo occidentale, dei principi di una pacifica coesistenza ed un' azione per farli accettare. esige un nuovo rapporto coi paesi nuovamente liberi, e non per affermare un nuovo tipo di colonialismo attraverso la penetrazione in questi paesi dei grandi monopoli della metropoli, ma per aiutare, in questi paesi, lo sviluppo di economie autonome e forti. esige, infine, un nuovo ben studiato rapporto politico con i paesi neutrali. ma che ha da fare, con queste esigenze che sgorgano dai fatti, la tanto da voi decantata fedeltà agli indirizzi atlantici? non ha da fare assolutamente nulla e nulla di questo noi abbiamo trovato nelle dichiarazioni ministeriali. la lotta per la pace deve quindi continuare: deve continuare nelle masse popolari , in tutti gli strati della popolazione, nelle forme larghe e unitarie che ha preso e deve continuare ad avere. noi salutiamo le iniziative come quelle del sindaco di Firenze e di altri eminenti uomini politici e di cultura che si muovono in questa direzione. ma sappiamo che le loro iniziative tanto maggior valore avranno quanto più le masse dei lavoratori aderiscano ad esse, le sostengano, le facciano proprie, le facciano avanzare. quella nuova politica estera democratica di cui la vecchia conservazione politica non vuole sapere, deve essere imposta dal movimento delle masse popolari . quanto ai temi della politica interna , li ho già rapidamente toccati parlando del giudizio che è stato dato del nostro partito e dei rapporti del Governo con esso. alcune questioni di indirizzo sono però di tale peso che intendo dedicare ad esse ancora qualche parola » un fatto che la politica interna della maggior parte dei governi che l' Italia ha avuto nel corso degli ultimi dieci anni è stata essenzialmente una politica di accentramento burocratico, di trasgressione delle norme costituzionali e di legge a scopo di partito, e di supino asservimento ai grandi gruppi dirigenti delle classi privilegiate. in questa politica interna , diventata tradizionale e di cui è necessario rompere la continuità, erano insiti elementi gravi di trasformazione dell' ordinamento democratico repubblicano in un regime di partito, elementi di degenerazione. di corruzione, di clericalizzazione dello Stato italiano. più evidenti sono le esiziali conseguenze di questi errati indirizzi politici in alcuni settori dell' amministrazione dello Stato , nella magistratura, per esempio, nei servizi della Presidenza del Consiglio e dei gabinetti ministeriali, in tutto ciò che si chiama, in particolare, il sottogoverno. il sottogoverno non è cosa democratica, perché sfugge a qualsiasi controllo democratico. se si vuole dunque innovare qualche cosa, bisogna partire di qui, radicalmente cambiando gli indirizzi che sono stati seguiti fino ad ora e non con misure parziali. sta bene che escludiate i magistrati della Corte dei conti dai gabinetti ministeriali » cosa ragionevole, ma non è cosa decisiva. quello che decide è l' indirizzo generale, e cioè che siano sottoposte a controllo pubblico, e cioè al controllo parlamentare, tutte le attività che fanno capo ai diversi ministeri e in particolare alla Presidenza del Consiglio ; che sia ridotta sempre più ed annullata la sfera dell' arbitrio governativo, che oggi paurosamente si è allargata. per questo noi approviamo la misura di soppressione della censura per le rappresentazioni teatrali, ma teniamo ferme le richieste dell' abolizione di qualsiasi forma di censura preventiva per la produzione cinematografica, secondo la proposta che è stata presentata dall' Associazione nazionale degli autori cinematografici e secondo la proposta di legge presentata alla Camera per iniziativa dei compagni socialisti. riteniamo che possano esistere commissioni di tipo amministrativo solo per il giudizio sulle opere cinematografiche le quali non possano esser viste dai minori di anni sedici. alla magistratura, infine, deve essere demandato solo l' accertamento eventuale delle violazioni del codice penale . rivendichiamo, cioè, in questo campo una linea di piena aderenza al dettato costituzionale. chiediamo che i servizi della radio e della televisione vengano liberati dalla determinante influenza politica governativa, che cessino di essere strumento di governo e di partito per diventare, sotto un controllo pubblico, un servizio pubblico fatto nell' interesse di tutti. approviamo l' iniziativa di inserire nella dichiarazione ministeriale l' affermazione della volontà del Governo di attuare finalmente l' ordinamento regionale. e l' approviamo non per motivi di partito, ma perché si tratta di un decisivo problema di sviluppo della democrazia, di estensione dell' area della partecipazione organizzata dei cittadini alla direzione della vita politica e soprattutto di applicare integralmente la Costituzione repubblicana. mi sia consentito, però, di fare alle cose che sono state dette, a questo proposito, alcune serie osservazioni. nell' estate del 1960, se non sbaglio, venne costituita la commissione Tupini per lo studio del problema dell' attuazione dell' ente regione . » passato più di un anno prima che venissero conosciuti i risultati dei lavori di quella commissione. si tratta, dunque, allora soltanto di una misura dilazionatrice. ora ci viene detto che la formazione dei consigli regionali dovrebbe aver luogo soltanto dopo le elezioni del 1963. a questo proposito esprimiamo chiaramente il nostro reciso dissenso. la Costituzione, entrata in vigore il I gennaio 1948, affermava che entro un anno dovevano essere eletti i consigli regionali . » assurdo che oggi ci si venga a dire che i costituenti erano gente così scriteriata che non comprendeva la gravità di quella decisione e che entro un anno le elezioni non si potevano fare. no, la questione è un' altra. i costituenti e la Costituzione non considerarono la creazione dell' ente regione come una semplice misura di ordine amministrativo. la considerarono come una misura politica, indispensabile per la costruzione di tutta l' architettura dello Stato democratico e repubblicano. ma questo elemento, di decisiva importanza, è stato via via sempre più sfumato tanto che ora, nelle considerazioni che vengono fatte, non lo si trova più. vedremo le leggi che verranno presentate per risolvere i problemi che sono stati posti; solleciteremo la loro presentazione; parteciperemo attivamente alla discussione del loro contenuto e fin d' ora chiamiamo tutti coloro i quali sono interessati alla realizzazione della Costituzione repubblicana a dare il loro contributo alla elaborazione e al dibattito. il movimento per la creazione dell' ente regione deve continuare e continuerà. da questo movimento dovrà uscire una spinta alla realizzazione effettiva in questo campo, e senza ulteriori tergiversazioni, delle disposizioni costituzionali. per ciò che si riferisce al Friuli Venezia Giulia , stranamente abbiamo constatato che le affermazioni che sono state fatte nell' attuale dichiarazione ministeriale rassomigliano quasi parola per parola alle cose che erano state dette nella dichiarazione ministeriale fatta, sempre dall' onorevole Fanfani, se ben ricordo, nell' agosto 1960. perché dunque non si è andati avanti? in realtà non si è andati avanti perché si è partiti da un punto sbagliato, di voler mettere d' accordo tre progetti che divergono profondamente. nella commissione, poi, la quale doveva esaminare questi progetti e fonderli assieme, si è alzato un rappresentante del partito democristiano a fare opposizione di principio all' istituzione della regione. » evidente che in queste condizioni nulla si poteva fare. se non si superano questi ostacoli, le dichiarazioni che voi avete fatto rimarranno ancora una volta prive di conseguenze, come sono rimaste prive di conseguenze quelle che avete fatto nell' agosto 1960. ed il punto di partenza deve essere non un impossibile tentativo di conciliazione di tesi non conciliabili, ma un preciso atto di politica governativa. sempre per il Friuli Venezia Giulia , noi siamo favorevoli a che le elezioni per la costituzione del Consiglio regionale di questa regione, trattandosi di regione a statuto speciale , siano fatte in modo diretto, secondo il modello della Sicilia, della Sardegna e della Valle d'Aosta . vi sono però altre questioni collegate al problema della vita delle regioni su cui sarebbe bene che avessimo precisazioni dal Governo. prima di tutto deve essere completato il regime di autonomia della Sicilia, risolvendo finalmente la questione dell' Alta Corte ed altre questioni che sono tuttora pendenti. qual è la posizione del Governo a questo proposito? deve essere attribuita alla regione sarda l' esecuzione del piano regionale di rinascita. anche a questo proposito vorremmo che il Governo prendesse una chiara posizione corrispondente a quelli che sono stati i deliberati e le richieste dell' assemblea regionale. esatto. se così è stato, mi correggo. per quanto riguarda la Valle d'Aosta , si tratta di risolvere il problema della zona franca , a proposito del quale numerosissime promesse sono state fatte, ma nessuna ancora è stata mantenuta. collegato al problema delle regioni è quello delle autonomie locali, che debbono essere finalmente restaurate e difese in modo organico. il progetto Scelba di una nuova legge comunale e provinciale dovrebbe essere ritirato o profondamente trasformato. ma il problema che deve essere risolto e che è acuto, è quello di mutare radicalmente la pratica di violare sistematicamente i disposti di legge per quanto riguarda i termini di permanenza dei commissari prefettizi e gli interventi delle autorità prefettizie per limitare la libertà di decisione dei comuni e delle province. esistono numerosi comuni e province in cui oggi non vi è un' amministrazione democratica in conseguenza di questa pratica. tale è la situazione che esiste, per esempio, nella città di Roma, dove tutti i termini di legge per quel che riguarda la permanenza del commissario prefettizio sono ormai stati violati e dove si assiste ad una vera decomposizione dell' amministrazione capitolina, essendo il regime commissariale incapace di assicurare una gestione efficace, quale si richiede nelle circostanze presenti. si impegna il Governo ad indire per la prossima primavera le elezioni municipali a Roma? prende in questo senso un impegno formale? è così per Napoli, e per le altre città e province per le quali tale decisione deve essere presa? in questa atmosfera di tendenza a trasformare l' ordinamento democratico in regime di partito, di trasgressione delle leggi e di clericalizzazione dello Stato che si è venuta aggravando la situazione della nostra scuola ed è da questo punto che bisognerebbe partire per giudicare se le misure che oggi vengono proposte corrispondano alla gravità della situazione e alle necessità del momento. queste misure sono quasi esclusivamente di natura tecnico-organizzativa. si tratta cioè di aumento di mezzi, di sviluppo dell' organizzazione scolastica, di costruzione di nuovi edifici e così via . questa espansione materiale della scuola, che corrisponde ad una esigenza imperiosa, di cui è consapevole tutto il paese, è di per sé un fatto democratico, e noi approviamo tutto ciò che verrà fatto per sollecitare questo processo. attraverso questa espansione si prepara anche un nuovo rapporto tra la scuola pubblica e la scuola privata , il cui peso specifico tende a ridursi e dovrà progressivamente ridursi. la battaglia per la scuola non può però ridursi a questo, anzi deve diventare a un certo punto prevalentemente di ordinamento e di indirizzo culturale, se non si vuole che le misure di ordine tecnico ed organizzativo non producano l' effetto che esse devono produrre. » tragico pensare che solo dopo tanti anni dall' abbattimento del fascismo e dalla approvazione della Costituzione repubblicana il partito dominante sia giunto a convincersi della necessità di porre il problema della scuola al centro dell' attività governativa. doloroso pensare che noi in questo campo occupiamo ancora gli ultimi posti nelle statistiche indicative della situazione di tutti i paesi dell' Occidente europeo. ma questa arretratezza non si combatte e non si supera se non si affronta e non si risolve il problema di una profonda riforma democratica dell' ordinamento scolastico. a questo proposito i progetti finora presentati sono nettamente insufficienti. essi rivelano una curiosa incapacità di giungere alla traduzione in atto di nuovi principi educativi e di nuovi metodi di insegnamento, rispondenti alle esigenze della società e dell' anima moderna. si rimane nell' ambito del compromesso, delle modificazioni parziali; non si affrontano e non si risolvono con coraggio i problemi di fondo . perciò la proposta che viene fatta di una inchiesta sulle condizioni della scuola noi l' accettiamo, purché l' inchiesta faccia capo al Parlamento, con la inclusione, s' intende, di tecnici competenti dell' organizzazione scolastica; ma pensiamo sia utile che i lavori della Commissione si indirizzino nel senso del dibattito per la elaborazione di nuovi indirizzi culturali e di linee di riforma dello sviluppo della scuola per renderlo aderente alle necessità del giorno d' oggi. non dobbiamo poi dimenticare che ci troviamo oggi di fronte anche al pericolo che una parte dei grandi monopoli capitalistici prendano nelle mani, per conto loro, il problema della scuola, organizzando le proprie scuole private di cui si servano a scopo paternalistico e affaristico, disgregando ancora maggiormente quello che dovrebbe essere l' edificio unitario della scuola nazionale. oltre a questi problemi, anzi, al di sopra di essi, sta però un' altra questione, anche più grave di quelle che finora ho sollevato, relativa ai rapporti tra i cittadini e lo Stato ed all' impiego della forza pubblica , in particolare nei conflitti del lavoro. l' ordinamento repubblicano non ha migliorato, anzi, in certa misura ha persino peggiorato la situazione a questo proposito, fatta eccezione dei primi pochi anni. è di ogni giorno l' intervento brutale della forza pubblica contro lavoratori che non compiono alcun atto di violenza, che esercitano unicamente i diritti che sono garantiti loro dalla Costituzione repubblicana. e si giunge, nell' impiego della forza pubblica , fino alla carica armata dei cortei di scioperanti, ai ferimenti ed alle uccisioni. proprio in questi giorni vi è una recrudescenza di questi interventi della forza pubblica ed il Governo non può cavarsela dando la colpa agli esecutori. occorrono direttive precise e nuove. nel saluto che è stato dato dal ministro dell'Interno , nell' assumere la propria carica, ai funzionari di quel dicastero, non abbiamo visto nulla di questa natura. vi era un richiamo a continuare a fare tutto ciò che è stato fatto finora. tutto ciò che è stato fatto finora deve essere, invece, cambiato. » necessario liberare le forze di polizia dal compito di difendere il padronato dalle manifestazioni di scioperanti, di lavoratori, i quali scendono nella strada per rendere pubbliche le loro rivendicazioni. » necessario che nei conflitti del lavoro lo Stato ragionevolmente si collochi sempre dalla parte dei lavoratori. il Governo di questa Repubblica deve sapere di essere il Governo di uno Stato fondato sul lavoro. non possono le forze di polizia , che sono al servizio dello Stato e non dei padroni, diventare strumento di intimidazione e di provocazione contro i lavoratori. l' ultima parte della mia esposizione sarà dedicata ad alcune osservazioni sulle misure di natura economica. questa parte verrà trattata con maggiore ampiezza da altri compagni del nostro gruppo ed io mi limiterò ad alcune considerazioni di ordine molto generale. non vi è dubbio che è da questo settore della vita nazionale, cioè dall' economia, dal modo come la gente vive e lavora, è retribuita ed è trattata in fabbrica, nei campi e negli uffici, che sorgono in modo insistente e talora impetuoso le richieste di nuovi indirizzi di Governo. » diffusa in tutti gli strati della popolazione lavoratrice la convinzione che l' avanzata economica degli ultimi anni non si sia tradotta in progresso di tutta la nazione, ma in squilibri, contraddizioni e crolli, di cui le conseguenze gravano in modo pesante sulla massa degli uomini che vivono soltanto del loro lavoro. non è risolto il problema del lavoro, si è acutizzato il problema del Mezzogiorno, più aspro è diventato il tessuto oggettivo dei conflitti di classe, in crisi profonda sono tutte le strutture o le principali strutture della nostra agricoltura. nelle vostre parole, nelle cose che sono state dette da parecchi dei vostri colleghi al congresso della Democrazia Cristiana sembra che ci si sia resi conto di questa realtà. ma quali ne sono le cause? ecco il problema a cui io non ho trovato una risposta nei lavori del vostro congresso di Napoli, né nelle vostre dichiarazioni ministeriali. si tratta senza dubbio, in parte, di carenza di azione governativa, di indirizzi errati, di difetti di funzionamento di differenti apparati dello Stato. ma non si tratta soltanto di questo; anzi, queste cause hanno un valore secondario. al fondo di tutto vi è il fatto che l' avanzata economica è stata controllata e diretta dai grandi gruppi monopolistici e rivolta a fare il loro interesse esclusivo, ai danni dell' interesse, non solo degli operai, ma di tutta la nazione. questo è il problema che deve essere affrontato. qui vi è qualche cosa che deve essere controllato, contenuto, spezzato, se si vuole davvero correggere la situazione. noi abbiamo salutato il fatto che in un convegno, convocato non dal partito comunista , ma da partiti di terza forza , repubblicani, radicali, socialdemocratici, a Roma, al teatro Eliseo, si sia giunti alla stessa conclusione a cui noi eravamo giunti: e cioè che l' essenziale, oggi, è di svolgere un' azione tale che sia azione di rottura del potere dei grandi gruppi monopolistici, i quali dominano incontrollati la vita del nostro paese e asserviscono a sé prima di tutto l' apparato dello Stato e, quindi, tutta la nazione. dal vostro programma questo elemento scompare, oppure è confinato del tutto al margine. sorge quindi il giustificato dubbio se noi ci troviamo di fronte veramente ad un piano di rinnovamento economico, o se, invece, non si tratti soltanto del limitato e cauto proposito di correggere certi difetti e squilibri troppo evidenti, con misure tali che possano essere anche accettate se non da tutti, per lo meno da una parte dei grandi gruppi monopolistici; in quanto contribuiscano a rendere più facile il loro dominio e persino possano aiutarli ad estendere la loro influenza su nuovi settori dell' economia nazionale. gli stessi gruppi monopolistici che possono essere colpiti da alcune delle misure che voi prevedete, se non vi è in coloro che prendono queste misure la precisa intenzione di rompere il loro potere, avranno probabilmente tutta la possibilità — agendo fuori e dentro il Governo stesso — di manovrare in snodo tale che le misure previste si risolvano in ultima analisi ancora a loro vantaggio. assisteremo certo, in conseguenza di queste misure e degli stessi indirizzi che voi annunciate, ad un maggior intreccio dell' apparato dello Stato col capitale monopolistico, il che porrà una serie di problemi nuovi e gravi. affinché questa situazione non si risolva in una palese involuzione politica noi riteniamo quindi necessario che vi sia, da parte dello Stato, l' inizio per lo meno d' una rottura dello strapotere dei grandi gruppi monopolistici nel quadro della vita economica e della vita politica nazionale. voi avete parlato molto di operatori economici, in modo indifferenziato. sapete però benissimo che la grande massa degli operatori economici non è oggi minacciata da nessuno. non vi è nessun partito, nessuna forza politica oggi che chieda misure contro la grande massa degli operatori economici. ma questa massa di operatori economici è essa stessa, oggi, in gran parte penetrata dalla necessità d' una azione la quale rompa il potere dei grandi gruppi monopolistici, che pesa anche su di loro, comprimendoli e impedendo il loro sviluppo. questo è un problema d' indirizzo generale, ma che si traduce e si tradurrà via via in posizioni e rivendicazioni concrete. vi sono oggi problemi acuti, che richiedono soluzioni rapide, radicali, immediate; vi sono problemi a proposito dei quali noi non ammettiamo — perché sarebbe esiziale — un nuovo rinvio. avete detto che finalmente si intende prendere misure per una liquidazione o per un inizio di liquidazione dei rapporti mezzadrili nelle campagne. rendiamoci conto che, se misure di questo genere fossero state adottate dieci o anche soltanto cinque anni or sono, come venivano rivendicate dalla grande massa dei mezzadri del nostro paese, si sarebbe salvata una parte della nostra struttura agricola tradizionale. oggi in questo campo assistiamo a un crollo di tale estensione e di tale natura che riempie gli animi di amarezza. nemmeno la produzione cinematografica ha potuto sottrarsi alla rappresentazione della drammatica situazione che esiste nelle zone di mezzadria. l' amarezza è per le sofferenze di una massa di famiglie contadine italiane, ma essa si accompagna allo sdegno e alla collera, perché è certo che queste sofferenze non vi sarebbero state se le proposte che partivano dalla massa dei lavoratori consapevoli della situazione fossero state discusse ed accolte, come avrebbero dovuto essere. le misure che si propongono ora, che cosa saranno, quale estensione avranno? si avrà soltanto qualche zona più estesa di paternalismo nelle campagne? oppure vi sarà effettivamente una spinta a risolvere, attraverso la liquidazione dei contratti spuri nel Mezzogiorno ed attraverso l' eliminazione dell' istituto della mezzadria, il problema di una riforma agraria , vasta, radicale, quale è prevista dalla Costituzione e di cui abbisogna il nostro paese? questo è l' interrogativo che noi poniamo. accetteremo i primi passi che verranno fatti in questa direzione, collaboreremo alla elaborazione delle misure necessarie a compierlo. ma poniamo l' accento sulla questione di fondo, di indirizzo generale di tutta l' attività governativa. se non si modifica questo indirizzo in senso veramente nuovo, le misure parziali potranno servire a ben poco. vi sono altri problemi che urgono da tutte le parti e che richiedono di essere risolti subito. che cosa pensate delle ferrovie calabrolucane? il Governo è disposto a dichiarare immediatamente che prenderà le misure per la nazionalizzazione di questo tronco ferroviario e quindi per la sua riorganizzazione? e per quel che riguarda l' entità delle pensioni della previdenza sociale , perché tanta esitazione a dire il limite che voi proponete come minimo? siete per le 15 mila lire? e quale è l' aumento che proponete? qualche cosa di preciso avrebbe anche potuto esser detto nella dichiarazione ministeriale, perché noi sappiamo quale attesa vi sia nel mondo infelice dei pensionati, per cui un aumento anche di poche migliaia di lire vuol dire un' esistenza un po' meno tormentata, un po' meno angosciata. questi sono però problemi parziali. in linea generale, voi affermate di voler attuare una determinata programmazione dell' economia. accettiamo questo indirizzo. lo riteniamo indispensabile, se si vuole opporre allo sviluppo monopolistico dell' economia un' alternativa di sviluppo democratico; e siamo convinti che in questa direzione dovrà svilupparsi tutta la politica economica del nostro paese, e non solo ora, per superare gli squilibri del momento, ma anche negli anni futuri. ma se si accetta, e non si può non accettare, questo indirizzo, sorgono seri problemi nuovi, che sono problemi di sviluppo e persino di trasformazione e rinnovamento profondo del nostro ordinamento democratico. questi problemi dovranno, ad un determinato punto, essere affrontati con piena coscienza degli obiettivi che si vogliono e si debbono raggiungere, nell' ordine economico e nell' ordine politico. noi diciamo sin d' ora, per quel che riguarda l' ordine economico, che siamo contraria qualsiasi programmazione la quale sia fondata sul contenimento dei salari o su qualche cosa che assomigli al contenimento dei salari nella forma, per esempio, di risparmio forzato, o in altre analoghe. riteniamo che occorra, invece, una estensione progressiva e radicale della quota del reddito nazionale che spetta alla classe operaia , ai contadini lavoratori, a tutte le categorie che vivono di reddito fisso e di lavoro. in questo quadro si pone tutto il problema dei rapporti con il movimento organizzato dei lavoratori. a questo tema nella dichiarazione ministeriale troppo poco spazio è stato dedicato. se si intende fare davvero nel mondo attuale, in uno Stato democratico e con metodi democratici, una politica di programmazione economica con intenti di progresso sociale , si pone subito con acutezza il problema della difesa della funzione del sindacato nell' azienda e della tutela delle libertà sindacali e delle libertà generali del cittadino che lavora, sul luogo stesso del lavoro. nella situazione attuale noi sappiamo benissimo che non si può pretendere di giungere, in Italia, attraverso misure legislative, alla fine dello sfruttamento dell' uomo da parte dell' uomo. si può e si deve però pretendere che, nel piano di programmazione generale, venga riconosciuta la funzione positiva delle lotte operaie e della cosciente presa di posizione degli operai, considerati come fattore del processo di produzione, attraverso le loro libere organizzazioni sindacali . ecco un campo nuovo, sul quale bisogna avere il coraggio di avanzare, rispettando i principi della nostra Costituzione, ma comprendendo che: il mondo va avanti, che l' economia si sviluppa, e che a questo processo di sviluppo devono corrispondere un adeguamento e un' espansione delle organizzazioni democratiche e dei loro compiti. giungo in questo ad un secondo gruppo di questioni, che sono di ordine politico. quando si tratta di programmazione non ci si può ridurre a prevedere la formazione di determinati nuovi organismi, la loro funzione o l' intreccio delle diverse loro funzioni, il modo con cui essi si possano inserire nel vecchio ordinamento della burocrazia statale, e così via . se ci si limita a porre il problema a questo modo, si va a finire in una specie di attivismo burocratico, incapace di fare opera vera tanto di programmazione economica, quanto di trasformazione dei rapporti economici e sociali. noi siamo scettici e critici, onorevole Pantani, circa la sua, fantasia costruttiva, che temiamo sempre si esplichi prevalentemente, se non esclusivamente, nel campo della burocrazia e non abbia invece il coraggio di innovare ciò che deve essere innovato nel campo non della sola burocrazia, ma dello sviluppo degli organismi democratici in generale. questo è il tema che ci si presenta, se effettivamente vogliamo fare opera di programmazione. già esiste una sentenza della Corte costituzionale nella quale, sebbene in forma alquanto confusa, si richiama il dettato costituzionale per cui la programmazione economica deve essere fatta attraverso leggi. e evidente che in questo modo il Parlamento viene ad assumere (e noi non possiamo che esserne lieti) un compito nuovo, al quale deve essere adeguata anche la strutturazione di tutti i suoi organismi di lavoro e particolarmente di quelli che dovranno controllare l' attività di Governo e della burocrazia. non si tratta però soltanto della programmazione nei suoi aspetti normativi; si tratta soprattutto della preparazione degli indirizzi programmatici, che deve essere tale da sollecitare una partecipazione attiva delle masse lavoratrici , degli operatori economici non monopolistici, della scuola e del grande mondo del lavoro . sinora qualcosa di questo genere è avvenuto, però in modo disordinato, tumultuoso, confuso, in contrasto, in polemica, in lotta contro gli indirizzi governativi. così la Cassa per il Mezzogiorno è stata una risposta — non starò ad esaminare in questa sede quanto buona e quanto cattiva — alle proposte partite dalle organizzazioni sindacali che chiedevano un piano del lavoro. così, misure concrete riguardanti determinati settori della nostra attività economica e determinate zone del nostro paese, relative alla industrializzazione di una città come Taranto, o al progresso economico del Valdarno, o alla rinascita della Sardegna, all' industrializzazione della Sicilia e così via , sono state in gran parte il punto di arrivo di lotte che hanno impegnato masse lavoratrici , organizzazioni operaie, cittadinanze di regioni, province, città intere. questo movimento dovrà continuare e continuerà. però, obbligo di un Governo il quale si proponga di fare opera democratica e di introdurre il criterio della programmazione nella direzione dell' attività economica nazionale, è quello di dare forma organica a questa partecipazione di masse lavoratrici e cittadine e delle loro organizzazioni all' elaborazione della programmazione economica. ciò vuol dire che sì presenta oggi in particolare al movimento operaio un campo nuovo d' azione sul quale è necessario che esso sappia muoversi ed avanzare, infrangendo ogni chiusura settaria, ma senza perdere la propria autonomia organizzativa e politica, senza ridursi a forza subalterna in un regime che sia diretto nell' interesse del grande capitale monopolistico, allo scopo di raggiungere l' obiettivo nuovo di contribuire all' elaborazione di un programma economico di rinnovamento nazionale. la stessa vostra impostazione esige questo progresso. in ciò sta uno dei momenti positivi delle cose che avete detto, e sarà nostra cura far leva su di esse per far progredire nel paese il movimento politico e le lotte reali che sono indispensabili per sollecitare ed avere uno sviluppo democratico della nostra economia. a questo si collega in modo diretto la rivendicazione dell' ente regione ; per cui non comprendiamo perché vogliate rimandare a dopo le elezioni politiche del 1963 la formazione dei consigli regionali , mentre dovreste sollecitarne la formazione immediata, anche rinviando a più tardi le definitive precisazioni burocratiche e legislative, per avere da questi consigli un efficace contributo alla necessaria programmazione economica locale e generale. onorevoli colleghi , dalle cose che ho detto risulta chiaramente, credo, la nostra posizione e la nostra linea di condotta. noi siamo in opposizione a questo Governo, per l' assenza, nel modo come si presenta al paese, di indirizzi generali esplicitamente affermati di rinnovamento democratico, tali che possano dare pieno affidamento per il futuro della nostra economia e del nostro ordinamento politico. siamo in opposizione a questo Governo per l' assenza di un efficace indirizzo di politica estera , di distensione e di pace, che corrisponda alla gravità della situazione internazionale oggi esistente e dei pericoli che in essa maturano. riconosciamo ciò che vi è di nuovo nell' impostazione programmatica, nei temi che essa presenta all' attenzione non soltanto del Parlamento, ma del paese. abbiamo esposto le nostre critiche in modo aperto. ci riserviamo di discutere in concreto tutte le misure che verranno proposte; e a proposito di esse il nostro voto sarà sempre a favore di ciò che, con valutazione oggettiva, riterremo conveniente e giusto, anche se si tratti solo di un avvicinamento parziale a quel rinnovamento, a quella svolta che noi rivendichiamo per il bene del nostro paese, per lo sviluppo della nostra democrazia. sappiamo che quanto vi è oggi di positivo e di nuovo in ciò che viene proposto deriva non soltanto da necessità oggettive o da valutazioni personali e da nuove riflessioni di uomini politici , ma è la conseguenza di un movimento reale che è partito dal basso. allo sviluppo di questo movimento reale noi, come abbiamo fatto finora, continueremo a dare tutte le nostre forze, perché si estenda, si organizzi, avanzi, perché abbia un contenuto programmatico sempre più preciso e perché sia solidamente unitario, anche se la sua unità dovrà, nelle condizioni di oggi, articolarsi in modo assai più differenziato che nel passato. questo è il compito che oggi ci proponiamo, per adempiere il quale tendiamo le nostre forze, confortati dai risultati che abbiamo ottenuto finora e che si esprimono anche nella nuova situazione politica che oggi si è creata. nutriamo sicurezza nel successo della nostra azione; nel successo del movimento e delle lotte delle masse lavoratrici , per garantire la pace, per fare avanzare l' Italia sulla via della democrazia e del socialismo, per fare veramente della Repubblica italiana una Repubblica fondata sul lavoro.