Amintore FANFANI - Presidente del Consiglio Maggioranza
III Legislatura - Assemblea n. 541 - seduta del 17-11-1961
Sugli sviluppi della crisi nei Balcani
1961 - Governo I D'Alema - Legislatura n. 13 - Seduta n. 537
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , dopo il resoconto diffuso, ma purtroppo non esauriente — per l' incompletezza delle notizie pervenute — che il sottosegretario agli Esteri ha fatto in quest' Aula sull' evento triste per l' umanità e particolarmente doloroso per noi italiani, noi membri del Governo abbiamo ascoltato con profonda attenzione, e sempre con grande rispetto, le parole ora serene, ora concitate, spesso severe, con le quali i rappresentanti dei vari gruppi politici hanno fissato la loro attenzione sulle indicazioni fornite ed hanno cercato di prospettare il loro pensiero circa i problemi di oggi e di domani. confesso, onorevoli colleghi , che, pur ascoltando con deferente attenzione le vostre dichiarazioni, il mio pensiero, più volte, dalle vostre parole veniva sollecitato a rimeditare atti e fatti che i nostri soldati, partiti dal cielo d' Italia e ormai assurti nel cielo dei martiri, sabato scorso hanno terminato di compiere. in questo momento, noi che abbiamo da voi la responsabilità non soltanto di governare, ma anche di orientare, nel senso più nobile ed alto, le nostre popolazioni, dobbiamo cercare di raccogliere la grande lezione che questi uomini ci hanno dato, per tradurla — come essi, operando, intendevano fare — in direttive di vita, in direttive di azione. e, in primo luogo, faremmo torto a questi nostri caduti se non immaginassimo di ascoltare un loro invito a volere per loro, d' ora in avanti, un particolare bene alle loro famiglie. ecco in che senso, senza raccogliere qualche espressione polemica in merito agli interventi assistenziali annunciati dal Governo, si proietta doverosa luce sull' impegno e sull' opera che il Governo medesimo, a nome del Parlamento e a nome del popolo italiano , si assume nei confronti delle famiglie dei nostri fratelli scomparsi. i tredici aviatori hanno lasciato le loro famiglie, i loro reparti, il loro paese, per recarsi in una terra lontana; e con questo atto richiamano la nostra attenzione sulla profonda convinzione che li ha mossi. una convinzione che esprime veramente una profonda, intelligente, umana e cristiana concezione politica. al popolo congolese, che esita, tergiversa, si tormenta nella ricerca della propria indipendenza e della propria libertà, attraverso giornate tragiche e sempre difficili, questi uomini con il loro accorrere e con il loro sacrificio dicono che noi non intendiamo, dopo i gravi fatti, negare il nostro aiuto, né circoscriverlo con richieste e con condizioni impossibili. la stessa generosità con la quale essi sono partiti, si sono sacrificati e sono morti ci invita a non dimenticare l' alta funzione civile che l' Italia da millenni ha sempre esercitato. essa ci invita a persistere nel comprendere ed aiutare i popoli nuovi e le loro difficoltà, non dimenticando che anche noi — e solo un secolo fa — eravamo fra gli Stati nuovi e passavamo per tragiche giornate. e i nostri morti ci ammoniscono a persistere nel sentire il dovere della solidarietà al di là di ogni discriminazione di paese, di colore, di storia, nel rispetto del valore della persona umana. questi morti ci indicano un' altra lezione. essa è rivolta al Governo ed al nostro popolo. essi ci dicono che noi dobbiamo essere più esigenti e nei confronti del comando delle Nazioni Unite e nei confronti del governo congolese. qualcuno ha voluto dire che nei giorni scorsi il Governo avrebbe dovuto compiere certi passi che però non tutte le parti politiche hanno qui apprezzato. ma se si tornerà con pacata lettura a quello che il sottosegretario Russo ha esposto, si vedrà che vi sono state profonde ragioni di rispetto per quella che speravamo fosse ancora la vita viva dei nostri aviatori, che ha impedito ad alte autorità dell' Onu e del Congo di fare quello che noi pressantemente, ansiosamente abbiamo in ogni ora richiesto a queste autorità. era per rispetto, così ci è stato detto, della vita dei nostri aviatori, presunti prigionieri, che si esitava a fare e non si fece un determinato intervento. ma l' esperienza dimostra che le dimensioni del Congo — che qui sono state spesso dimenticate — la geografia e la molteplicità tribale di quel paese richiedono da parte dei governanti, dell' Onu e di quanti con noi intendono partecipare a un' alta opera di assistenza, maggiore cautela. non dico nel senso di prudenza a fare, ma nel senso di fare ciò che si deve con tutti quegli accorgimenti, con tutta quella preveggenza, che evitano di porre a inutili cimenti la vita di coloro che accorrono ad adoperarsi per un' alta opera di umanità. i nostri soldati, con la loro esperienza tormentata e martirizzata, aggiungono per noi tutti un ultimo avvertimento: il problema del Congo deve essere attentamente riesaminato. quando sarà passato questo momento di raccolto dolore e sarà evitato il rischio di apparire come forzatrice di una particolare situazione, l' Italia, anche in virtù del sacrificio che è stato compiuto dai nostri soldati, credo abbia il dovere ed il diritto di porre di nuovo il problema del Congo all' attenzione delle Nazioni Unite . si è chiesto da qualche settore della Camera di rivolgere un particolare invito al ministro Segni, che presiede attualmente la nostra delegazione all' Onu. ebbene, onorevoli colleghi , se oltre a quelle che vi sono state qui riferite dal sottosegretario Russo altre direttive non sono state impartite al di là del caso tragico ed eroico che ci preoccupava, è stato perché abbiamo un grande rispetto per il Parlamento. noi non abbiamo evitato questa discussione (quasi impauriti, come si è voluto scrivere), ma l' abbiamo attesa in sede idonea, e quindi distinta dalla doverosa e prioritaria manifestazione di cordoglio di ieri, per poter ricavare dall' espressione autorevole del Parlamento l' orientamento per intraprendere una seconda azione, quella che — distanziata leggermente nel tempo dalla manifestazione di ricordo, di gratitudine, di omaggio ai nostri caduti — ci consentirà di riproporre il grave problema del Congo, ancora una volta a fronte alta, in seno all' organizzazione dei popoli di tutta la terra, mentre additeremo i nostri caduti non come dei bianchi che opprimono, ma come dei bianchi che muoiono generosamente per la libertà e la sicurezza degli altri popoli.