Pietro NENNI - Deputato Maggioranza
III Legislatura - Assemblea n. 477 - seduta del 13-07-1961
Sulla situazione politica internazionale
1961 - Governo II Moro - Legislatura n. 4 - Seduta n. 318
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , alla fine del dibattito mi sembra si possa dire che la Camera si trova di fronte ad una maggioranza la quale ha ammesso il proprio disaccordo fondamentale non già sulle prospettive lontane, ma su quello che sarebbe necessario fare oggi, pur tuttavia rifiutandosi di trarre le conseguenze delle proprie contraddizioni e dei propri contrasti. noi non abbiamo udito parlare, nel corso del dibattito, che di limiti e di prudenza, mentre, per altro verso, da ognuno si riconosce che la congiuntura economica favorevole, l' impetuoso progresso dei mezzi di produzione, le più larghe disponibilità finanziarie, le grandi lotte dei lavoratori consentono obiettivi più audaci di rinnovamento democratico e di progresso sociale . maggioranza e Governo rispondono di no ed insistono sulla emergenza in termini che per l' onorevole Moro raggiunsero ieri sera forme di angoscia e che per altri sono un pretesto. si ha così l' impressione che l' emergenza sia per i convergenti un dato permanente della situazione italiana, implicito nel solo fatto che c' è un partito comunista , che c' è un movimento fascista che trova alimento nei residui della lunga dittatura mussoliniana e che tra l' uno e l' altro non vi sarebbe posto se non per delle maggioranze grigie, incolori, capaci di far numero, ma non di fare una politica. se questo fosse vero, onorevoli colleghi , se ci muovessimo ancor oggi tra le medesime difficoltà ed i medesimi rischi di un anno fa, come non trarne allora la conseguenza che maggioranza e Governo hanno interamente fallito al loro compito? se è sospesa ancora sul Parlamento la minaccia di una soluzione a destra in una crisi di Governo la quale si aprisse in una fase come l' attuale di relativa tranquillità interna e facilità finanziaria, allora è evidente che nulla a maggior ragione potrà porsi in movimento non appena si entri, come è possibile, anzi come è probabile, in una fase di maggiore difficoltà. è la nazione che in queste condizioni viene condannata all' immobilismo di fronte alla soluzione dei suoi problemi di fondo . una tale valutazione trasuda una pessimistica valutazione delle condizioni attuali del paese che noi non abbiamo condiviso e che non condividiamo. si può dire che una tale valutazione delle cose sarebbe ammissibile in un caso solo, cioè quando si riconoscesse, come un dato definitivo, che per tutta la legislatura in corso non esistono nel nostro paese alternative di alcun genere. ma chi facesse una constatazione di questo genere svaluterebbe in pieno la vita democratica , la funzione del Parlamento, il compito dei partiti, il compito dei gruppi in questo Parlamento. la verità emersa invece dal dibattito è un' altra: è che il centrismo rappresenta, allo stato attuale delle cose, il limite insuperabile della Democrazia Cristiana e dei suoi alleati. e allora, onorevoli colleghi , se è così, non possiamo che ripetere alla fine del dibattito quello che abbiamo detto all' inizio: che cioè quel limite va forzato oggi e non domani e che entro quel limite non esistono prospettive di una politica di centrosinistra. doverosamente mi occuperò degli interventi a cui la mozione socialista ha dato luogo e lo farò nella maniera più breve e succinta. credo intanto di poter considerare che l' abituale aggressione al partito socialista italiano, introdotta nel dibattito dal leader della socialdemocrazia, finisce per rappresentare un caso ossessivo: non è possibile più tenerne che un conto assai limitato. nell' onorevole Saragat si ritrova quella che i penalisti chiamano la baldanza, la sicurezza, la lucidità del falso testimone. il falso testimone non ha dubbi, non ha incertezze; il testimone veritiero è sempre tormentato dal dubbio di dire qualcosa che non corrisponda interamente alla verità delle cose: il falso testimone procede per affermazioni recise, prefabbricate, precostituite, che non tengono alcun conto della realtà delle cose. ecco perché una polemica in queste condizioni può finire per diventare un perditempo per noi, per la Camera, per l' opinione pubblica . non si è collocato, per fortuna, a questo livello l' onorevole Reale, anche se egli ha ceduto alla tentazione di cercare nella polemica con noi un diversivo al fatto di cui non poteva non avvertire la gravità: che cioè il partito repubblicano , con il voto che sta per dare, rinuncia ai vantaggi considerevoli sul piano morale della posizione critica che aveva assunto contro la degenerazione centrista dell' attuale maggioranza e contro il deterioramento della prospettiva di centrosinistra. dall' impegno condizionato che recentemente aveva permesso al segretario del partito repubblicano italiano di dire che ogni giorno è ottobre, stiamo passando al contratto senza termini. è vero che i repubblicani non rinunciano alla volontà di riproporre i termini del contratto, ma non è detto per nulla che possano trovare, di qui ad alcuni mesi, le condizioni favorevoli che ancora esistono in questo momento. devo dare atto che chi cammina per la propria strada, preoccupato solo di accentuare il carattere centrista e conservatore delle maggioranze, è l' onorevole Malagodi, il solo che combatte sul suo terreno la sua battaglia, con un obiettivo preciso che costituisce il fondamento attuale dell' azione dei liberali: impedire qualsiasi avvicinamento fra forze di ispirazione cattolica e forze di ispirazione socialista. anche il collega e compagno Togliatti è nella logica della sua posizione quando critica alcuni atteggiamenti dei quali io rivendico la responsabilità. la logica di chi non volendo il fine di una politica che rompa le contrapposizioni fra i due blocchi (o non volendola se si fa senza il patrocinio del partito comunista ) prende atto — e ha diritto di farlo — delle difficoltà che altri hanno accumulato sulla via che credevamo potesse essere aperta a soluzioni di altro carattere e di altro tipo. non rimane per questo meno vero, onorevoli colleghi , che il partito socialista ha la coscienza di avere con il suo atteggiamento, nel corso degli ultimi anni, resa impossibile l' avventura reazionaria che avrebbe posto i lavoratori e l' avanguardia democratica di fronte a problemi non dissimili, nella loro sostanza, da quelli che nella vicina Francia hanno scardinato il sistema democratico. del discorso dell' onorevole Moro credo si possa dire che esso sia stato ad un tempo un contributo importante sul piano delle prospettive di un domani imprecisato ed una evasione dal dibattito da noi sollevato con la mozione di sfiducia . a chi da destra o dal centro dice: basta con i socialisti, il segretario della Democrazia Cristiana è sembrato che volesse ricordare come il problema dei socialisti e delle forze del lavoro che a noi fanno capo condizioni il presente e l' avvenire della democrazia nel nostro paese. il discorso che egli ha pronunziato ieri sera potrà e dovrà avere i suoi sviluppi fuori di qui, nella stampa, nelle sedi di partito, nel prossimo congresso della Democrazia Cristiana , del quale sembra essere stato una introduzione, ma ha anche dimostrato come alla coscienza della esistenza del problema non si associ nell' onorevole Moro la volontà politica di affrontarlo sul solo terreno in cui ciò sia possibile: quello delle cose da realizzare immediatamente. l' area democratica della quale l' onorevole Moro parla è quella delimitata dalla Democrazia Cristiana e dai suoi attuali alleati. altri considerano quell' area un pascolo riservato. egli no. e però egli non si rende conto che il solo incontro che poteva esistere fra partiti e movimenti di diversa origine, formazione ed ispirazione fu quello realizzato dalla Costituente, con la Costituzione, attraverso un incontro fra gli ideali democratici e socialisti e quelli cristiani, che fu fra i maggiori fatti storici del tempo. quello era l' ambito entro il quale muoversi e muoversi realizzando integralmente la Costituzione in ognuno dei suoi principi e in ognuno dei suoi postulati. il problema, dopo di allora, è stato appunto quello degli strumenti d' azione per attuare la Costituzione. un' area democratica da allargare esiste in realtà, ma, per noi socialisti, in senso molto diverso da quello dell' onorevole Moro e dei convergenti. essa si sostanzia nella esigenza dell' avanzamento umano civile e politico dei lavoratori, del loro potere effettivo nella società, e, quindi, delle riforme di struttura e d' una profonda modificazione nei rapporti di classe. la democrazia, per noi, non consiste, o non consiste soltanto, nelle garanzie puramente formali della libertà, ma nella sostanza della libertà, nella limitazione e nella progressiva eliminazione delle forze egemoniche che dominano l' economia e che, attraverso l' economia, dominano in gran parte lo Stato coi gruppi di pressione dei quali anche il congresso democristiano di Firenze ebbe la tentazione di occuparsi. l' onorevole Moro ha lasciato senza una risposta questo contenuto reale di ogni seria politica di allargamento dell' area democratica per rincorrere pretese incompatibilità delle quali si rifiuta di esaminare il contenuto concreto. onorevoli colleghi , io ritengo che non sia più possibile ravvisare una contraddizione fra la cosiddetta disponibilità democratica dei socialisti e la battaglia che i socialisti combattono nella Confederazione generale italiana del lavoro per l' unità sindacale e per un adeguamento e un rinnovamento delle lotte e delle strutture sindacali. il problema non è più quello di pronunziarsi sulle posizioni da noi assunte in piena e consapevole responsabilità. il problema da esaminare, se mai, è quello del contenuto delle lotte sindacali, dell' apporto che esse recano allo sviluppo d' una società democratica. che l' unità sindacale sia un' esigenza fondamentale dei lavoratori è del resto dimostrato dal fatto che da tempo ormai, per volontà di base e, qualche volta, per consenso di vertice, le organizzazioni sindacali , in molte lotte importanti, camminano l' una affiancata all' altra. non è possibile, onorevoli colleghi , parlare della difesa socialista delle posizioni di potere dei lavoratori nelle amministrazioni comunali rette da socialisti e da comunisti, se non si considera la presenza operaia e contadina negli enti locali nella sua concretezza, cioè nello sforzo e nell' impegno dei socialisti per un' utilizzazione democratica di tutte le forze dei lavoratori. non è possibile, sotto questo angolo visuale , valutare lo stesso significato delle Giunte dove i socialisti sono con i democristiani, se anche in questa nuova esperienza non si vede una manifestazione della nostra volontà di utilizzare tutte le energie democratiche necessarie per la costruzione di una società e di uno Stato moderno. né ha senso tornare con monotonia sulla ispirazione neutralistica della nostra azione in campo internazionale , la quale discende dai nostri principi internazionali e dalla nostra tradizione, se poi ci si rifiuta di discutere il contenuto concreto delle nostre proposte nelle varie questioni dell' organizzazione del paese. orbene, non appena da questo discorso generico sulla ispirazione neutralistica si trascorre all' esame delle responsabilità concrete che noi assumiamo sui singoli problemi, allora è evidente che siamo soltanto al servizio della pace, dell' organizzazione della pace, della volontà di pace del nostro popolo e di tutti i popoli. ora, onorevoli colleghi , che cosa in maniera concreta la Democrazia Cristiana ha fatto o può fare, non già per catturare i socialisti nella sua area politica (che è una cattura impossibile), ma per allargare concretamente l' area democratica alle forze dei lavoratori? questo è il vero problema. dire, come ha fatto ieri sera il segretario della Democrazia Cristiana , che la nostra critica delle convergenze attuali sarebbe sbagliata, perché in verità poi non siamo in grado di offrire se non un altro tipo di convergenze ancor più generiche ed elastiche, vuol dire cercare in un distinguo una evasione alla realtà delle cose e dei problemi; vuol dire confondere il punto di partenza di una politica con il suo eventuale punto di arrivo . se ci si colloca, onorevoli colleghi , al punto di partenza , cioè alla situazione attuale, è chiaro che tutto quello che poteva fare il partito socialista era di offrire il proprio appoggio a forze che si fossero concretamente impegnante per una politica di rinnovamento e di trasformazione organica di alcune almeno delle strutture del nostro paese. questo è quello che noi facemmo nei primi mesi del 1960, prospettando alla Democrazia Cristiana alcuni punti programmatici, cioè chiedendo un' azione la quale effettivamente incidesse sulle strutture economiche e sociali del paese. ma, onorevoli colleghi , se non vi è posto per il meno, come può esservi posto per il più? se non si riesce a ottenere un impegno su queste cose relativamente modeste, come si può porre oggi un obiettivo più vasto e più ampio, quale quello che sembrò echeggiare ieri sera nelle parole dell' onorevole Moro? l' accordo necessario è quello sui programmi immediati, sui metodi e sugli strumenti in cui si articola il progresso democratico. sulla politica di progresso democratico è giusto chiedere una chiarezza assoluta, ma non meno chiaro deve essere l' impegno di tradurre in potere concreto per i lavoratori il cosiddetto allargamento dell' area democratica. da questo punto di vista è illuminante la posizione che ieri sera l' onorevole Moro ha preso a proposito degli eventi siciliani. egli rivendica, e a giusto titolo, la rottura democristiana con il gruppo fascista e monarchico dell' assemblea regionale; ma considera che tale rottura avrebbe dovuto implicare l' accettazione da parte dei socialisti delle convergenze, delle quali, tra l' altro, in Sicilia non vi sono neanche le forze numeriche. che contro questo proposito, onorevoli colleghi della Democrazia Cristiana , si sia realizzata nelle urne una coalizione negativa, era nella fatalità delle cose. non abbiamo ancora scoperto modi diversi per dire no quando si vuol dire no. e i no possono anche venire da forze che danno a quel no una portata e un' interpretazione le quali non hanno nessun rapporto fra di loro. nessuno, onorevoli colleghi , che abbia un minimo di buona fede può dire che vi sia stata o vi sia in Sicilia collusione fra i socialisti e la destra. vi è stato, onorevoli colleghi , un rifiuto democristiano di discutere con i socialisti per verificare la possibilità di una comune piattaforma programmatica. per quattro mesi il gruppo socialista dell' assemblea regionale ha continuato a chiedere un incontro, senza sapere a priori quale ne sarebbe stata la conclusione, ma dimostrando con ciò solo il suo desiderio di cercare una soluzione. i socialisti siciliani, mentre respingevano il metodo immorale degli accordi sottobanco, erano pronti a discutere con la Democrazia Cristiana per verificare se vi fossero o non vi fossero le condizioni di un' intesa o di un accordo. è così che, dopo quattro mesi di una crisi, i socialisti siciliani hanno assunto la responsabilità di formare la Giunta di governo per un compito nettamente delimitato e per un tempo estremamente breve fissato a non oltre il 31 luglio, di dare alla Sicilia un bilancio, di far votare l' esercizio provvisorio e di ottenere dal Parlamento nazionale le garanzie necessarie perché l' applicazione dell' articolo 8 dello statuto siciliano, se lo scioglimento dovesse diventare inevitabile, avvenga in forme apertamente ed onestamente democratiche. onorevole Moro ed onorevole Fanfani, sono sorpreso che né il segretario della Democrazia Cristiana , né il presidente del Consiglio , su questa questione che interessa oltre 4 milioni di abitanti della Sicilia, non abbiano sentito l' obbligo morale di dire una parola che rassicurasse il Parlamento e la Sicilia. ne prendo atto e mi consenta di ascrivere questo all' attivo dell' atto di coraggio che i socialisti hanno compiuto in Sicilia. onorevoli colleghi , nessuno tra di voi ignora che si voleva esattamente qualcosa di molto diverso: si voleva arrivare al 30 giugno senza bilanci, senza esercizio provvisorio e sciogliere l' assemblea regionale in condizioni tali da infliggere alla Sicilia ed all' assemblea una umiliazione immeritata. dando quindi atto all' onorevole Moro della sua volontà di non chiudere la porta al dialogo con noi, si deve constatare che ad esso egli non ha apportato, con il discorso di ieri, il contributo di impegni programmatici e di azione, fuori dei quali il dialogo rischia di diventare accademia. nessuno può dimenticare a questo proposito il lungo onesto sforzo del nostro partito per modificare la situazione. la nostra politica è imperniata, sì, sulla negazione del frontismo, ma anche sulla negazione del centrismo. i due termini rimangono per noi interamente validi, l' uno e l' altro. nella sua lunga storia, è capitato sovente al partito socialista di dover avere anche il coraggio della solitudine, pur di far sorgere le condizioni di un risveglio energico di volontà e di azione democratica e popolare. se necessario, io credo che il partito a nome del quale ho l' onore di parlare questo coraggio lo ritroverà. onorevoli colleghi , presentando la nostra mozione noi avevamo in animo, come dissi all' inizio del dibattito, due obiettivi: rendere chiaro davanti all' opinione pubblica che se la situazione politica rimane all' attuale insufficiente livello, ciò avviene contro la nostra volontà e senza il nostro consenso; sollecitare i gruppi parlamentari di centrosinistra a salvare le prospettive di centrosinistra dal deterioramento e dal discredito che su di esse si è andato accumulando ed alle quali questa sera voi state per aggiungere un' ultima palata di terra. il fondamento della nostra mozione era di impedire che ci si potesse considerare responsabili del deterioramento di una situazione per lo meno inadeguata ai tempi ed ai problemi del paese, cosa questa che nessuno contesta, nessuno nega, forse neanche gli uomini che siedono al banco del Governo . quanto al discorso dell' onorevole Fanfani, mi permetta il presidente del Consiglio di dire che credevo che le sue ambizioni si collocassero molto al di sopra dell' elenco di provvedimenti che ha comunicato stasera alla Camera. le stesse battaglie che ha combattuto in questi ultimi due anni mostravano un' intenzione, una volontà, un desiderio, che si collocano di là dai limiti dell' ordinaria amministrazione . ora, una gestione governativa la quale non voglia essere di ordinaria amministrazione , si deve caratterizzare per poche ed essenziali scelte. così sarebbe stato se il Governo si fosse impegnato per la scuola, ai cui problemi è sfuggito, negando anche la più piccola sodisfazione ai convergenti, che su alcuni aspetti di tale problema avevano chiesto assicurazioni e garanzie le quali non hanno ottenuto neanche lo stralcio che, dopo il tono dei loro discorsi, pareva a noi fosse un punto acquisito. così sarebbe stato se il Governo avesse indicato una scelta, ad esempio, sulla politica agraria, in merito alla quale il suo giudizio politico e quello della maggioranza avrebbe dovuto essere esposto questa sera, senza ricorrere alla copertura dilazionatrice di una conferenza, che ha già dato molte risposte sul piano tecnico ed altre ne darà, ma tutte alternative, e perciò non in grado di surrogarsi alla decisione ed alla responsabilità politica del Governo. così sarebbe stato, se il presidente del Consiglio avesse espresso, per le regioni, una chiara volontà realizzatrice, invece di sanare il manifesto dissenso fra i convergenti con un ennesimo rinvio e con un' espressione che io vorrei che il presidente del Consiglio chiarisse: quell' accenno ad esperienze del nord e del sud che, se vogliono soltanto dire che in Italia può perfino capitare che non vi sia una maggioranza democristiana, mi pare non escano dal dettato della Costituzione... così sarebbe, onorevoli colleghi , se in materia di politica estera ci fossimo trovati di fronte ad una presa di posizione che non fosse un semplice riecheggiamento di tesi e di posizioni altrui, ma che esprimesse una volontà italiana in un momento in cui su questioni di prestigio di grandi o di piccole nazioni sovrasta l' angosciosa preoccupazione della pace da salvaguardare ad ogni costo. il Governo, quindi, per ammissione implicita di tutti coloro che sono intervenuti nel dibattito per sostenere la validità delle convergenze, e per ammissione implicita dello stesso presidente del Consiglio , non può impegnarsi sui problemi di fondo . ed è questo, onorevoli colleghi , che con la nostra mozione noi dichiariamo non conforme agli interessi della nazione e del popolo; è questo che con tranquilla coscienza e senza cedere, onorevole Fanfani, a nessun moto di impazienza, ci consente di lasciare alla responsabilità dei convergenti la decisione che stanno per prendere in favore dello statu quo . credo di non sbagliarmi se prevedo non lontano il giorno in cui il Parlamento riconoscerà di aver perduto questa sera un' occasione per mettere su un binario più sicuro le sorti del paese e l' avvenire della nazione.