Ugo LA MALFA - Deputato Opposizione
III Legislatura - Assemblea n. 392 - seduta del 08-02-1961
Domanda di autorizzazione all’utilizzazione di intercettazioni di conversazioni telefoniche
1961 - Governo IV Berlusconi - Legislatura n. 16 - Seduta n. 511
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

nell' esprimere il voto dei deputati del partito repubblicano , devo francamente dichiarare che non siamo sodisfatti delle dichiarazioni del ministro per quanto riguarda l' esame del passato. onorevole Colombo, ella ci ha fatto una esauriente descrizione della politica fin qui seguita dal Governo e per esso dalle istituzioni dipendenti: Cassa per il Mezzogiorno e altri organi. ma ella sa benissimo che almeno in questo Parlamento gli aspetti positivi della politica del Mezzogiorno li conosciamo. conosciamo quello che avviene in certi settori di riforma e di trasformazione agraria, in talune zone di agricoltura collocate nella pianura, come sappiamo dove si creano e come si creano certi centri di industrializzazione. quindi, questa esposizione se può servire all' opinione pubblica del paese, evidentemente non serve a noi che, intervenendo in questo dibattito, conoscevamo questi elementi. la verità è, onorevole ministro, che l' accento non è stato qui posto su quello che si è fatto. il nostro dibattito non aveva uno scopo descrittivo, ma uno scopo comparativo. in altri termini, qualsiasi politica di sviluppo territoriale deve avere un termine di confronto affinché la discussione abbia un significato. questo ormai è il sistema con cui si discutono i problemi di sviluppo economico anche in sede internazionale. se leggiamo i documenti dell' Unione Sovietica sui suoi progressi economici, vediamo che non sono mai descrittivi, ma sono sempre comparati allo sviluppo di un altro tipo di economia, per esempio all' economia degli USA. e se leggiamo i documenti sullo sviluppo dell' economia degli USA o di fenomeni collaterali (aspetti sociali, istruzione), vediamo che vi sono sempre riferimenti ad altre aree e zone territoriali. questo è ormai il tipo di analisi che dobbiamo introdurre nel nostro Parlamento. da questo punto di vista , onorevole ministro, ella non ha potuto smentire — né lo poteva — il significato della comparazione che è appunto dato da certi studi e da certe conclusioni di ordine statistico ed economico, come quelli che ho citato del professor Tagliacarne. cioè che in dieci anni di attività, lo squilibrio fra nord e sud non è diminuito, ma si è aggravato. questo non significa che non si sia fatto nulla: significa che si è mancato allo scopo di correggere il divario. certamente, se non avessimo fatto nulla, ci saremmo trovati in condizioni ben più gravi. il nostro problema è quello di sapere se gli strumenti e la politica adoperati sono stati adeguati al fine da raggiungere. è qui, onorevole ministro, la sostanza del problema. e da questa considerazione discende la necessità di una modificazione della nostra politica, rispetto a questi dati comparativi e non semplicemente descrittivi. ad un certo punto è risultato, sia dal suo discorso, sia dal discorso del collega Malagodi, che molti dei provvedimenti presi, specialmente quelli nel settore dell' industrializzazione, daranno (per essere stati presi quasi alla fine del decennio trascorso) un notevole risultato negli anni futuri. non so se questo sia vero, trattandosi di previsione, ed entro quale limite sia vero; se veramente il processo di industrializzazione, aiutato dai provvedimenti del 1957 e del 1959, sia capace di rettificare il diverso sviluppo industriale nelle diverse zone del paese. non lo so perché anche qui abbiamo bisogno di un continuo controllo dei dati per essere sicuri di questa affermazione. comunque, proprio perché alcune ammissioni noi abbiamo fatto, per esempio, sui tipi di programmazione da seguire, proprio perché cominciamo a chiamare l' iniziativa privata alla partecipazione a questo tipo di programmazione, con questo confessiamo di adottare o di adombrare una politica che, se avessimo adottato otto anni fa, ci avrebbe dato migliori risultati. cioè, siamo sempre di fronte a questo problema: ci accorgiamo della necessità di introdurre nuovi strumenti e una politica economica più vasta proprio quando i risultati negativi di una politica non ben articolata si fanno sentire. ora, non vorrei che il nostro ottimismo rispetto alle necessità della situazione si rivelasse fra cinque anni non adeguato allo sviluppo stesso della situazione. e mi riferisco ad un' osservazione notevole che ha fatto l' onorevole Malagodi, quando ha detto: badate che c' è stato un economista che ha previsto, per esempio, che la manodopera in certi paesi ad alto sviluppo industriale sarebbe diventata così scarsa, anzi così inesistente, da creare una richiesta di manodopera dalle zone di disoccupazione. stiamo attenti a questi concetti, onorevole ministro, perché l' esperienza degli USA ci insegna che le possibilità di assorbire manodopera dipendono, in zone ad alto sviluppo industriale , dall' andamento della congiuntura. gli USA in questo momento si trovano in periodo di recessione, con cinque milioni di disoccupati sul mercato. questo ci dice che le previsioni di espansione economica delle zone più progredite, con possibilità di assorbimento della manodopera disoccupata esistente, sono soggette ad andamenti congiunturali che possono mettere in forse i risultati. d' altra parte, il mercato comune non è un organismo che ha quel tanto di possibilità dirigistica per cui può far fronte a queste oscillazioni congiunturali. è grave allora che noi ci si fondi su un fattore emigratorio nell' area nazionale ed estera, che può essere aleatorio e può creare domani gravi conseguenze, e non fondiamo invece il rapporto lavoro-sviluppo economico territorialmente, cioè non fissiamo la manodopera nelle condizioni migliori per cui la stabilità del mercato del lavoro e la stabilità dei consumi siano assicurate. da ogni punto di vista , quindi, la nostra analisi deve andare oltre certe forme di ottimismo che evidentemente possono derivare da un certo momento congiunturale, ma che possono cadere in altro momento congiunturale. nel mio intervento dicevo che noi abbiamo una soprapposizione di politica nel Mezzogiorno su diversi piani e, in corrispondenza con questi diversi piani di politica economica nel Mezzogiorno, abbiamo una strumentazione contrastante. ma ella, onorevole ministro, su questi aspetti fondamentali non ha detto nulla alla Camera: cioè, come conciliamo i vari piani di politica economica e i vari strumenti di questa politica economica ? e vengo agli aspetti più notevoli. da certi punti di vista , è vero che le mozioni presentate sono state ricche di indicazioni particolari: riforme strutturali, prolungamento o no della Cassa, facciamo questo o quello, sviluppiamo l' agricoltura o l' industria. ma è altrettanto vero che non ci siamo trovati in condizione di concludere proprio perché tutta questa politica dev' essere ripensata nella sua unità e nei suoi strumenti. possiamo noi prorogare la Cassa? e quale rapporto ha la Cassa per il Mezzogiorno nella sua politica, per esempio, coi piani regionali ? ella ci ha detto che i piani regionali (che l' onorevole Malagodi ha messo in discussione almeno come corrispondenza ad un' entità amministrativa) saranno inquadrati in una politica nazionale. ma il problema che avevamo sollevato è un altro: quale sia il rapporto fra politica nazionale e Cassa per il Mezzogiorno e politica regionale. d' altra parte, diverse e talvolta contrastanti politiche sono operanti, perché noi abbiamo il piano di rinascita della Sardegna, la Cassa per il Mezzogiorno , gli studi regionali, i nuclei o poli di espansione. come si inquadrano questi diversi piani politici e questi diversi strumenti? dal punto di vista delle stesse infrastrutture, noi siamo ancora in fase di discussione. lo stesso onorevole Malagodi ha detto che le infrastrutture non sono compiute. lo ha detto anche il presidente dell' organizzazione degli industriali, il quale ha mosso l' appunto al Governo di non aver facilitato l' industrializzazione per non aver compiuto le infrastrutture. d' altra parte, cosa si può osservare per quanto riguarda la Cassa? si può osservare che la Cassa ha fatto una politica così larga, rispetto ai suoi mezzi, che non ha potuto completare tali infrastrutture. vi sono infatti delle inchieste che ci dicono che molte infrastrutture sono rimaste incompiute. questo delle opere incompiute è uno degli aspetti più paradossali della nostra politica economica . tutto il problema va quindi riesaminato. dopo questo discorso, i colleghi potranno chiederci perché noi approviamo la mozione. ebbene, noi l' approviamo perché nella sua seconda parte vi è il riconoscimento di una esigenza che è stata posta da noi, quella di discutere il problema, e non già di arrivare a conclusioni immediate: queste si potranno avere soltanto quando lo schema di politica di sviluppo ci sarà presentato. fin dal primo momento noi abbiamo detto: facciamo pure questa discussione per chiarire i problemi. ma come concludiamo quando ci troviamo di fronte a contrasti di politica e di strumentazione che vanno rimeditati soprattutto dal Governo? rimandiamo quindi le nostre decisioni al momento in cui, in base a questa discussione che ha messo in luce i vari aspetti del problema e i contrasti esistenti in materia politica, il Governo ci presenterà un piano unitario e ben coordinato. noi ci troviamo quindi, in definitiva, nella strana situazione di non poter dare la nostra adesione alle dichiarazioni del ministro relative al passato, ma di essere d' accordo con le conclusioni della mozione, in cui si parla di rinviare le nostre decisioni sino al momento in cui verrà presentato uno schema di sviluppo. devo dire però, onorevole ministro, che ogni volta che sento parlare di schemi, ho l' impressione che non se ne voglia far niente. abbiamo già avuto lo schema Vanoni del 1954, l' abbiamo discusso, ma non ne abbiamo tentato una seria applicazione. ora, non vorrei che dichiarando in una mozione che discuteremo di questi problemi sulla base di uno schema, questo schema diventi talmente evanescente e inconclusivo da non prestarsi affatto ad una discussione. sarebbe comunque curioso che noi facessimo un processo alle intenzioni. noi ci troviamo di fronte ad uno dei più gravi problemi della vita politica economica e sociale del nostro paese. noi dobbiamo scegliere cioè una politica capace di dare alla nostra economia un equilibrio e capace di assicurarle uno sviluppo armonico. l' onorevole Malagodi ricordava che in passato io sono stato banditore della politica di liberalizzazione. è vero; e sarebbe strano che io me ne pentissi, o che avallassi il sospetto dell' onorevole Malagodi secondo il quale avrei cambiato indirizzo. onorevole Malagodi, la politica di liberalizzazione non è il liberismo. qui è l' errore. la politica di liberalizzazione non ha significato liberismo, ma ha significato una lotta contro certe incrostazioni parassitarie della vita nazionale e ha coinciso con una fase interessante. noi abbiamo liberalizzato nel momento in cui iniziavamo una politica a favore del Mezzogiorno, cioè nel momento in cui allargavamo il mercato di consumo interno e dovevamo offrire, nell' ambito di esso, beni a prezzi di concorrenza, come dovevamo far sì che la struttura industriale italiana si preparasse ad adeguarsi a quelli che sono stati poi gli sviluppi del mercato comune . abbiamo quindi fatto una doppia azione riguardante sia il mercato interno sia quello internazionale. ma è sempre necessaria alla nostra economia questa duplice azione, rivolta contemporaneamente al mercato interno e a quello internazionale. giustamente l' onorevole Giorgio Napolitano ammoniva a guardarsi dal pericolo di fondare la nostra economia, non ancora sufficientemente equilibrata, sul mercato esterno più di quanto non le assicuri stabilità. non cautelandosi, alla prima crisi di carattere internazionale, che noi non possiamo escludere, tutto il nostro sistema economico entrerebbe in crisi. la nostra politica economica deve rassodare il mercato interno , costituire forti strutture, aumentare i consumi e quindi il potere di acquisto della popolazione gravitando solo in parte sul mercato estero; deve esservi cioè un giusto rapporto fra questi due sviluppi, in modo da realizzare una tranquillizzante struttura economica. non prestiamo troppa attenzione, onorevoli colleghi , alle voci che giungono dai settori economici privati, perché in quella prospettiva non si può avere una visione unitaria dei problemi, che deve essere invece propria di una classe politica responsabile. non può spettare agli imprenditori privati il compito di assicurare alla nostra economia uno sviluppo equilibrato e una politica di consumi che non subisca oscillazioni in conseguenza di fatti esterni. quando avremo trovato, attraverso i piani di sviluppo, gli strumenti concreti per raggiungere questo risultato, noi avremo determinato una svolta nella politica del nostro paese; ma non avremo fatto tutto intero il nostro dovere di classe politica dirigente fino a quando non avremo risolto questi problemi.