Pietro NENNI - Deputato Maggioranza
III Legislatura - Assemblea n. 317 - seduta del 12-07-1960
1960 - Governo II Moro - Legislatura n. 4 - Seduta n. 178
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , il primo pensiero del nostro gruppo, e voglio credere il primo pensiero di tutta la Camera, mentre in una atmosfera di commozione, di allarme e di tensione si apre un dibattito fra i più importanti, forse, della legislatura, va rivolto ai morti della scorsa settimana, alle loro famiglie, ai loro amici e compagni, a quanti del loro tragico destino hanno sofferto come di una crudele ingiustizia. il loro ricordo, noi crediamo, verrà onorato da tutto il paese con il sentimento di solidarietà e di pietà che sempre ispira una vita stroncata nell' ansiosa e tormentata aspirazione verso un mondo migliore. i loro nomi sono: a Reggio Emilia : Lauro Ferioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverbero, Mariano Serri, Afro Tondelli; a Palermo: Rosa La Barbera , Andrea Gancitano, Francesco Bella; a Catania: Salvatore Novello. scrivendo questi nomi negli Atti parlamentari allo inizio dell' odierno dibattito, noi formuliamo l' auspicio che nulla di simile debba più ripetersi e che la catena di sangue venga finalmente spezzata. onorevoli colleghi , è probabilmente la prima volta che la Camera affronta un dibattito sulla fiducia al Governo, giacché di questo si tratta oggi, usando la forma inusitata delle interpellanze, quando i gruppi parlamentari hanno a loro disposizione un mezzo assai più pertinente qual è quello della mozione di sfiducia . in ciò è uno dei sintomi della eccezionalità e della anormalità della situazione parlamentare, caratterizzata dalla presenza al potere di un Governo del quale il meno che si possa dire è che ha perduto la testa e la faccia e dall' assenza di una maggioranza che non sia soltanto una somma di voti in larga parte estorti col rigido richiamo alla disciplina di gruppo. in una simile condizione di cose le interpellanze in discussione, più che al presidente del Consiglio , sono dirette alla Democrazia Cristiana . in esse, o almeno in quella presentata dal nostro gruppo, è implicito l' invito alla Democrazia Cristiana a rinunciare alla politica delle avventure ministeriali in cui si è cacciata e a fare una scelta responsabile in favore della sola maggioranza organica, crediamo noi, che esiste in questo Parlamento e che è la maggioranza di centrosinistra. fuori di tale scelta, dicemmo nello scorso aprile, e con maggiore fondamento ribadiamo oggi, non vi sono che confusione e vuoto di potere , quest' ultimo tanto più pericoloso quanto più il ministero in carica , privo di autorità politica, mostra con i fatti di non saper fronteggiare la protesta popolare, sollevata da alcuni dei suoi atti, altrimenti che con il ricorso alla repressione, come è avvenuto nelle drammatiche giornate della scorsa settimana. vorrei subito, onorevoli colleghi , introdurre nel dibattito alcune osservazioni preliminari rese necessarie dalle deformazioni polemiche alle quali gli ultimi eventi hanno dato luogo in Italia e fuori d' Italia. in primo luogo vorrei chiarire come la espressione « prova di forza » di cui ci si è serviti, impropria in sé, lo è tanto più quando viene ricondotta a una specie di scontro fra l' antifascismo e il neofascismo. non vi è stata e non vi poteva essere una prova di forza fra l' antifascismo e il neofascismo, troppo grande essendo la sproporzione fra l' uno e l' altro, tra ciò che l' uno rappresenta e ciò che l' altro rappresenta. nella misura in cui è identificabile nel Msi, e purtroppo non è la misura esatta, il neofascismo rappresenta soltanto una minoranza assolutamente trascurabile,...... direi la coda velenosa del ventennio. la questione cambia e assume valore di indice della degenerazione dello Stato sorto dalla Resistenza quando un Governo accetta l' appoggio di un movimento il quale è fuori della comunità democratica e, per pagarne i pochi voti, lo sostiene contro la coscienza nazionale. allora la provocazione di una trascurabile minoranza si trascina dietro, come è avvenuto a Genova, la provocazione dei pubblici poteri, e l' urto non è più tra codesta minoranza e la Resistenza, ma è tra i pubblici poteri e il popolo, sul piano della difesa delle istituzioni e non, onorevoli colleghi , come a sproposito si è detto, sul piano del loro scardinamento. il senso degli avvenimenti, dalla protesta vittoriosa del popolo di Genova allo sciopero generale dell' 8 luglio, è racchiuso nell' assurdità morale e politica della situazione creata nell' aprile scorso dall' onorevole Tambroni e accettata o subita dalla Democrazia Cristiana allorché, sotto l' equivoco e la menzogna del ministero di affari, si è, volenti o no, accreditato il cosiddetto Movimento Sociale Italiano , cioè il fascismo nella sua continuità di partito, come elemento condizionante della direzione dello Stato. ciò era inaccettabile per il paese e il paese non lo ha accettato, e non lo accetterà se si dovesse continuare per questa via. un secondo chiarimento preliminare è necessario relativamente a quello che rappresenta, nella difficile formazione dello Stato democratico e nella sua evoluzione, l' intervento diretto del popolo, la cosiddetta pressione della piazza. il virtuosismo declamatorio della destra è scatenato da alcuni giorni in qua contro la pressione popolare, contro la violenza che si ravvisa e si denuncia in ogni diretto intervento popolare nelle contese politiche. si potrebbe osservare, onorevoli colleghi , che se non vi fosse stata nella storia la pressione del popolo, o della piazza, come voi dite, se non vi fossero state delle rotture rivoluzionarie, il mondo sarebbe rimasto fermo a istituti e rapporti politico-sociali di classe, a costumi e a sistemi dei quali stiamo perdendo financo il ricordo. Val meglio porre il virtuosismo della destra e dei liberali a confronto delle pressioni di ogni genere che si esercitano sullo Stato: pressione di interessi privati, di monopoli, del capitale di avventura, della Borsa; pressione degli ordini organizzati, a cominciare da quello ecclesiastico; pressione della stampa, libera, teoricamente,...... ma praticamente distribuita in maniera da assicurare la prevalenza costante degli interessi capitalistici e conservatori. a petto di codesta rete di interventi in parte palesi e in parte occulti, i quali piegano costantemente, quotidianamente, lo Stato ad interessi particolari di classe e di categoria e ad appetiti di gruppi di potere, la pressione della piazza è una manifestazione autentica di vita democratica . non vi è nulla in una società di uomini (e lo Stato è nient' altro che una società di uomini), neppure la legge, neppure il diritto, che possa essere giudicato fuori dai rapporti che di volta in volta si stabiliscono col sentimento popolare. alcuni di voi, onorevoli colleghi , hanno parlato degli agitatori, e in particolare degli agitatori comunisti, come un tempo si parlava di quelli anarchici. altri insistono sugli errori e gli eccessi. vi sono agitatori, vi sono errori ed eccessi che nessuno più del movimento operaio e del Consiglio della Resistenza è interessato a correggere e a contenere: vi è sempre il rischio che ad un movimento di popolo si mescolino elementi asociali. tuttavia la più pertinente osservazione in proposito mi pare quella di coloro i quali nei movimenti di popolo dell' ultima settimana hanno semmai visto delinearsi un contrasto tra la base, e specialmente tra i giovani, e le organizzazioni di partito, ivi compreso il partito comunista . gli avvenimenti hanno dimostrato che nel paese esiste una situazione profondamente mutata. larghi settori dell' opinione pubblica si sono risvegliati dalla loro apparente indifferenza e partecipano in modo attivo alla battaglia contro il clericofascismo. questo stato d'animo della gioventù si è manifestato in forme aperte, che in una certa misura hanno sorpreso quanti credevano in una specie di qualunquismo o di indifferenza politica della gioventù del nostro paese. oggi questa gioventù è all' avanguardia della lotta democratica e della lotta antifascista. quanto agli agitatori, una assai lunga, ahimè, personale esperienza di quando tiravo sassi che oggi non tiro più,...... mi consente di dire che essi non significano nulla. una sollevazione di popolo allorché raggiunge le proporzioni di quella di Genova si fa da sé, per germinazione spontanea. è un fatto di coscienza prima assai di essere un fatto di organizzazione. dove non vi è materia infiammabile, possiamo gettare fiammiferi o magari gettare bombe, ma non brucia nulla. quando la materia infiammabile si è accumulata come il grisou nella galleria di una miniera, allora ogni urto, ogni fiammella, anche la più tenue, bastano a provocare l' esplosione. in questo caso gli incendiari sono coloro che hanno lasciato accumulare il materiale infiammabile, cioè i motivi di inquietudine, di collera, di esplosione popolare. negli avvenimenti dei quali ci occupiamo, signori del Governo, gli incendiari siete voi, voi, in ogni caso, in primo luogo. fare politica, onorevoli colleghi , dirigere la politica e l' amministrazione di un paese che ha gli squilibri del nostro, vuol dire sapere indirizzare l' opinione pubblica , vuol dire prevenire per non dover reprimere, vuole dire saper parlare ai giovani, molti dei quali guardano all' avvenire con disperazione; vuol dire impostare e risolvere i problemi sociali del nostro tempo; vuol dire avere il coraggio di affondare il bisturi nei tessuti corrotti della società e dello Stato. ancora alcuni anni or sono il Governo aveva più o meno coscienza dei limiti entro i quali contenere i rapporti con le forze eversive che rappresentano il regime e gli istituti abbattuti dalla Resistenza. aver smarrito questo senso del limite è la più grave accusa che si possa fare al ministero in carica . è la prova di quanto sia avanzato il processo di infiltrazione clericofascista nei gangli dello Stato, che noi socialisti fummo i primi a denunciare, con una veemenza la quale ci valse l' accusa di essere dei pessimisti se non addirittura dei disfattisti, mentre eravamo al di qua della realtà quale ci è apparsa nelle scorse settimane. sarebbe facile per noi, onorevoli colleghi , sarebbe facile per me, rifarci e rifarmi alle dichiarazioni dell' aprile scorso, nel dibattito di investitura del ministero cosiddetto amministrativo. dicemmo allora che non era tempo di ministeri amministrativi, e che ove di Governo di amministrazione si dovesse e si potesse parlare, esso doveva sorgere dal consenso di una larga maggioranza del Parlamento. negammo che un ministero il quale otteneva l' investitura dai voti dall' estrema destra potesse essere un ministero di tregua, mentre era predestinato a rinfocolare e a far esplodere contrasti e odi profondi che non sono del tutto spariti, né lo saranno finché la vita democratica del paese non sia assisa su più solide basi. le cose, purtroppo, sono andate al di là delle nostre previsioni e dei nostri timori. e se non si provvede, lo Stato rischia di andare alla deriva senza che si possa dire su quali scogli minacci di infrangersi. si è parlato, onorevoli colleghi , di governi forti, di crisi della democrazia, della necessità di salvaguardare il prestigio dello Stato. se n' è parlato, purtroppo, nei termini del 1898, quasi cancellando quanto di nuovo venne introdotto nella vita pubblica italiana nel decennio del paternalismo giolittiano e del riformismo socialista; se n' è parlato nei termini del 1922, saltando a piè pari l' esperienza ventennale dello Stato forte, anzi fortissimo ed autoritario, crollato nella rovina materiale e morale della nostra patria. nella polemica si è perduto di vista come nel 1922 italiano, nel 1933 tedesco, nel 1936 spagnolo, nel 1940 e nel 1958 francesi, cioè nelle grandi crisi politiche degli ultimi quarant' anni , ciò che ha perduto la democrazia parlamentare , ciò che ha abbandonato lo Stato democratico , pressoché inerte, al furore della controrivoluzione di destra, è il distacco delle istituzioni dal popolo, è il loro isolamento rispetto alla coscienza popolare. si è dimenticato il drammatico ammonimento dello scrittore Franz Neumann a non giocare con la tigre dell' autoritarismo, piccolina e graziosa agli inizi, malgrado le unghie, le quali però sono destinate a crescere e ad affondarsi nella carne di tutti coloro che prima o poi vorranno o dovranno opporsi al totalitarismo. si è praticata nella scelta degli uomini una selezione a rovescio, mettendo da parte gli uomini dotati di coraggio e portando avanti quelli tarati dal tatticismo, dall' opportunismo e dal trasformismo. si è organizzato il vuoto attorno allo Stato, senza avvertire che né la natura, né la politica tollerano il vuoto; senza avvertire che il vuoto non si colma con discorsi tracotanti, dietro i quali non vi è nessuna forza morale e politica ma vi sono soltanto le jeeps o i carri armati della « Celere » . troppo, onorevoli colleghi , o troppo poco; troppo se i conti si devono saldare in moneta di sangue; poco, assai poco, anzi nulla, se si devono saldare in moneta di elevazione della nazione alle sue responsabilità democratiche. addirittura, coi governi amministrativi e di affari, si è organizzata la instabilità governativa, la quale è — secondo l' opinione dello scrittore francese Duverger — la conseguenza e non la causa della instabilità e della debolezza, dello Stato. vale a dire che si sono capovolti i termini nei quali si può discutere correttamente della crisi dello Stato democratico con riferimenti e rimedi tratti dalla tradizione moderata e reazionaria del nostro e degli altri paesi. il rimedio vi è, onorevoli colleghi , ma si inscrive non nella traiettoria dello Stato forte, ma nella traiettoria dello Stato giusto; si inscrive nello sviluppo organico della vita democratica , nella soluzione delle questioni sociali, nell' allargamento della base dello Stato, nell' accesso dei lavoratori ai pubblici poteri. a questo punto, onorevoli colleghi , io potrei passare alla parte conclusiva della mia interpellanza diretta alla Democrazia Cristiana , se non fosse utile fissare non solo sul piano generale e storico, come ho tentato di fare, ma su quello tecnico politico, le responsabilità del ministero, del suo presidente, del suo ministro dell'Interno , nell' impiego della forza pubblica , il più sconsiderato, pericoloso, criminoso dagli eccidi di Modena e di Melissa fino ai giorni nostri. non voglio riaprire il doloroso capitolo della cronaca degli ultimi eventi. e tuttavia alcune considerazioni sono indispensabili. la prima riguarda l' autorizzazione a Genova del congresso missino a cento metri, o anche meno, dal sacrario della Resistenza, in una condizione di cose, quindi, in cui solo degli imbecilli o solo dei provocatori potevano immaginarsi che un fatto del genere si potesse svolgere nell' indifferenza d' una città che ha scritto pagine superbe nella storia della Resistenza. la seconda ha riferimento alla proibizione della manifestazione a Roma, a Porta San Paolo , e alla carica della cavalleria contro un corteo di parlamentari i quali recavano una corona di fiori alla lapide ai caduti nella difesa di Roma. ciò che è successo nella capitale il 6 luglio ha una spiegazione sola e non due o tre: ed è che il ministero voleva, con una bravata contro i membri del Parlamento, riguadagnare i 24 voti missini che temeva di aver perduto. la terza considerazione riguarda la mancanza di ogni discernimento, di ogni fiducia nelle organizzazioni dei lavoratori e nel consiglio della Resistenza per il mantenimento dell' ordine, pubblico, mancanza di discernimento e di fiducia a cui sono dovuti i morti di Reggio Emilia e quelli siciliani. in proposito esiste un' ammissione del prefetto di Reggio Emilia circa la mancanza di autocontrollo del reparto che aprì il fuoco. ed esiste la testimonianza del segretario regionale della Democrazia Cristiana emiliana, professor Gorghi, che fa giustizia delle informazioni di stampa tendenti a creare una giustificazione ai comandi della polizia mettendo innanzi un' inesistente provocazione da parte della popolazione. fatti di questo genere non possono sfuggire al giudizio più severo; e se il Parlamento è il Parlamento, se ha coscienza delle proprie responsabilità, essi comportano l' immediato ritiro della fiducia al presidente del Consiglio e al suo Governo. ma, onorevoli colleghi , non vi è soltanto la responsabilità che scaturisce dall' imprevidenza e dal sangue. ve ne è una che scaturisce dalle parole, le quali sono anch' esse dei fatti, a volte di una gravità eccezionale. dica l' onorevole Tambroni alla Camera se egli assume la responsabilità di una nota, che è stata raccolta dalla stampa come avente una origine ufficiale, e nella quale si è potuto invitare la Democrazia Cristiana e il Parlamento a stringersi attorno al presidente del Consiglio per non deludere e non esasperare i troppi cittadini i quali farebbero sapere essere giunta l' ora di farla finita, e se non dovesse farlo lo Stato, lo farebbero essi di loro iniziativa. onorevoli colleghi , è un intollerabile linguaggio di guerra civile , è il linguaggio ispirato alla tecnica di provocare il disordine per imporre il salvatore dell' ordine. è un linguaggio, onorevole Tambroni, che in determinate condizioni — che io mi auguro non si creino — può condurre un presidente del Consiglio davanti alla Corte costituzionale . sempre a proposito delle parole, ci consenta la Camera di non prendere sul serio il tentativo polemico di identificare antifascismo con comunismo, il consiglio della Resistenza col partito comunista , gli obiettivi della popolazione genovese, l' emozione e lo sdegno del paese, con gli obiettivi di un partito, quello comunista, il nostro, gli altri, perché il discorso è uguale per tutti. i partiti hanno i loro obiettivi tattici e strategici. il partito comunista ha i suoi, noi abbiamo i nostri, con coincidenze e divergenze sulle quali ci siamo sforzati di realizzare il massimo di chiarezza. vi è in ogni movimento di popolo un intersecarsi di fini particolari con i fini generali; ma è soltanto una menzogna sovrapporre un simbolo di partito a quello della Resistenza, che è l' autentico protagonista della lotta per la libertà e la democrazia nel nostro paese. ed eccomi, onorevoli colleghi , alla parte conclusiva del mio discorso, che intendo rivolgere alla Democrazia Cristiana . rinunzio ai termini polemici ed ai toni aspri, che pure sarebbero di rigore (e lo diventeranno, ove il dibattito dovesse rimanere senza la conclusione che comporta). la Democrazia Cristiana arriva alla discussione delle interpellanze su una posizione in una certa misura obbligata, in cui la solidarietà che ieri la sua direzione ha espresso al ministero può anche essere considerata il prezzo che essa paga alla lunga serie degli errori delle ultime settimane e degli ultimi mesi. ma su quali posizioni si colloca la Democrazia Cristiana di fronte ai problemi di domani? vi è una prima cosa da dire al Partito di maggioranza relativa, ed è che esso non può fingere sorpresa davanti a quanto è avvenuto, giacché lo aveva, se non previsto, per lo meno intuito. lo aveva intuito una prima volta, nel febbraio scorso, dopo il ritiro dei liberali dalla maggioranza governativa . al ministero Segni rimaneva allora una maggioranza aritmetica piuttosto considerevole, ma il 24 febbraio la direzione centrale della Democrazia Cristiana scelse la crisi extraparlamentare piuttosto che trovarsi a tu per tu nella compagnia dei monarchici e dei fascisti. lo intuì una seconda volta, l' 11 aprile, allorché la lunga crisi era arrivata all' onorevole Tambroni e questi, fino a quel momento preconizzato uomo della sinistra cattolica a lato dell' onorevole Fanfani, aveva sollecitato alla Camera i voti fascisti, con essi strappando la fiducia con appena tre voti di maggioranza; maggioranza che si era dileguata la sera stessa della votazione con le dimissioni dal Governo del ministro Pastore e del sottosegretario Biaggi, seguite da quelle dei ministri Bo e Sullo. si disse allora che una dozzina di membri del Governo avessero chiesto le dimissioni collettive del ministero. il nodo, come i colleghi ricordano, venne tagliato dalla direzione centrale della Democrazia Cristiana appunto con la deliberazione dell' 11 aprile, con la quale riteneva opportuno che venisse riaperta la crisi ministeriale, « i voti fascisti a Tambroni — diceva il comunicato — avendo dato al ministero un significato politico in contrasto con le intenzioni, le finalità e l' obiettiva funzione politica della Democrazia Cristiana nella vita nazionale » . ancora il 28 aprile (il giorno della presentazione dell' onorevole Tambroni al Senato, dopo il fallimento del tentativo dell' onorevole Fanfani di formare un Governo con la socialdemocrazia e con i repubblicani, il quale, per la sua formula e per il suo programma, potesse contare sull' astensione socialista) la direzione centrale della Democrazia Cristiana , pure subendo il reincarico all' onorevole Tambroni, ribadiva la decisione dell' 11 aprile, toglieva cioè con una mano la fiducia che accordava con l' altra mano. allora l' interpretazione corrente nella Democrazia Cristiana fu che il ministero Tambroni fosse un governo di tregua. e di tregua parlò espressamente il Consiglio nazionale della Democrazia Cristiana nella sua riunione del 22-29 maggio: una tregua — diceva il comunicato ufficiale — che doveva permettere ai partiti ed ai rispettivi gruppi parlamentari una adeguata e conclusiva indagine intorno alle collaborazioni da stabilire tra di loro. questi i fatti, onorevoli colleghi . se ne deduce che la Democrazia Cristiana ebbe coscienza dei rischi ai quali il ministero cosiddetto di affari esponeva il paese, ma non seppe né volle evitarne la iattura al paese. il quesito al quale la Democrazia Cristiana non può rifiutarsi di rispondere è il seguente: ritiene ancora di poter considerare il ministero in carica un governo di tregua, ora che dietro di esso vi è il sommovimento più grave e politicamente e socialmente il più largo che si sia prodotto nel nostro paese dal 1948-49 fino ad oggi? ritiene di poterlo ancora considerare un governo di tregua, malgrado i morti di Reggio Emilia , di Palermo, di Catania e quelli di Licata, malgrado l' invito del Consiglio della Resistenza alle dimissioni del Governo ed allo scioglimento del Msi? ritiene ancora di poter considerare il ministero in carica un espediente dilatorio, nell' attesa che si crei, da qui ad ottobre, una situazione diversa, mentre siamo dinanzi alla prospettiva drammatica di un accentuarsi della crisi del paese con un conflitto aperto tra il consiglio della Resistenza ed il Governo? ritiene possibile continuare con il Governo, con il Parlamento, con il paese il gioco pericoloso della fiducia data e nel contempo rifiutata, il gioco delle formule ambivalenti e delle dichiarazioni a doppia o triplice interpretazione? il condizionamento fascista della maggioranza, che snaturava la Democrazia Cristiana in aprile, come viene valutato dalla Democrazia Cristiana in luglio, nello sfondo delle violenze e del sangue in cui i voti fascisti sono più che mai determinanti per le sorti del ministero Tambroni? noi chiediamo una risposta chiara, valendo sempre per noi socialisti l' impegno che prendemmo di favorire quella svolta a sinistra che è nelle attese della maggioranza del paese senza far pesare su di essa ipoteche di nessun genere, né nostre, né a maggior ragione frontiste o comuniste. ora si può constatare, onorevoli colleghi , che una svolta a sinistra, attuata nello scorso maggio, avrebbe evitato le ardue prove, le lacerazioni, il sangue della presente situazione. che cosa sarà domani? vi è nessuno, onorevoli colleghi , in questa Camera; vi è nessuno fuori di qui, fra le alte autorità dello Stato, tra il popolo; vi è nessuno il quale possa credere o sperare che il ministero in carica sia in grado di fronteggiare la situazione interna e quella internazionale, anch' essa gravida di pericoli? non viene allo spirito di nessuno il raffronto con gli avvenimenti della Corea del sud e con quelli della Turchia? a Seul, come ad Ankara, non mancarono i truculenti proclami di governi che denunciavano nei sommovimenti di piazza un attentato allo Stato e alla patria; ma l' America dovette affrettarsi a buttare a mare il fantoccio coreano, per andare incontro alla protesta degli studenti e del popolo, così e soltanto così riconducendo la calma nel paese. in Turchia i carri armati schierati a difesa di Menderes contro gli studenti e il popolo finirono per fare causa comune coi rivoltosi e fu questa la condizione per ristabilire l' ordine. lo so, vi sono differenze enormi di formazione sociale, politica, culturale e di situazioni obiettive tra quei paesi e il nostro; ma vi è oggi un problema comune a tutti i paesi e a tutti i popoli: fondare l' autorità dello Stato sul rapporto di fiducia col popolo, sulla partecipazione del popolo al potere, o sul controllo popolare del potere. questo è il senso storico di una crisi che non è soltanto italiana, ma europea e mondiale. onorevoli colleghi , la risposta che noi sollecitiamo non può essere differita neppure di un giorno. dica ognuno quello che è disposto a fare perché il paese si volga sereno alla costruzione dello Stato democratico e di una società migliore; dica la Democrazia Cristiana , dica la socialdemocrazia se hanno ancora valore per esse gli steccati dell' immobilismo entro i quali si sono confinati andando alla ricerca di una maggioranza autosufficiente di centrosinistra che, come tale, non vi è, all' infuori del nostro apporto nelle forme che abbiamo esposto al Parlamento. pronti sempre ad assumere la nostra parte di responsabilità nel paese, come abbiamo fatto nei giorni scorsi, e nel Parlamento, come facciamo in questo momento, noi socialisti chiediamo una soluzione della crisi del potere valida per oggi e per domani e, ove ciò, per le altrui esitazioni e contraddizioni, non sia immediatamente possibile, chiediamo che si chiuda la pagina del ministero Tambroni, che si riparta da una situazione politicamente pulita, anche se non interamente sodisfacente, tale da ricreare nel paese e nel Parlamento almeno le condizioni della convivenza democratica nel libero confronto delle idee e dei programmi. non credo, onorevoli colleghi , che vi sia presunzione da parte nostra, se chiediamo questo in nome dei caduti della scorsa settimana, non credo che vi sia presunzione se lo chiediamo in nome di tutti i caduti della Resistenza nazionale e democratica.