Palmiro TOGLIATTI - Deputato Opposizione
III Legislatura - Assemblea n. 270 - seduta del 07-04-1960
Abrogazione dei commi secondo e terzo dell'articolo 68 della Costituzione, in materia di autorizzazione a procedere nei confronti di parlamentari; Per un richiamo al regolamento e sull'ordine dei lavori (1464); Proposta di legge costituzionale; Per lo svo
1960 - Governo I Amato - Legislatura n. 11 - Seduta n. 29
  • Comunicazioni del governo

devo confessare che nel prepararmi a questo intervento nel dibattito sulle dichiarazioni di questo Governo non sono potuto sfuggire al dubbio se veramente fosse necessario presentare a voi, onorevoli colleghi , una esposizione politica di una certa ampiezza, oppure se non fosse più opportuno che mi limitassi ad una pura e succinta dichiarazione di voto . questa, infatti, sarebbe ampiamente sufficiente a precisare il nostro giudizio sul programma di questo Governo e sulla sua composizione; composizione che corrisponde a quella del Governo precedente, con qualche peggioramento non trascurabile (come quello relativo al responsabile del dicastero degli scambi con l' estero), e ampiamente sufficiente anche a far derivare da questo giudizio il nostro voto negativo. la realtà, però, è che oggetto del nostro dibattito non è tanto il programma che ci è stato presentato e non è nemmeno il carattere con il quale il presidente del Consiglio ha voluto presentare la formazione che egli presiede, chiedendoci, alla fine della sua esposizione, con quella che non vorrei definire una scorrettezza, ma certamente una incongruenza costituzionale come già ha posto in rilievo l' onorevole Gullo, che ci astenessimo dal giudicarlo. quello di cui dobbiamo giudicare è il complesso dei motivi per cui a questo Governo si è arrivati, e se risulta — come in realtà risulta per concorde giudizio di tutti quei partiti che, in qualsiasi modo, si richiamano ad una tradizione democratica e liberale — che questo Governo è da condannarsi, che rappresenta un momento di decadenza ed abbassamento del livello della nostra vita parlamentare; quello di cui dobbiamo discutere e giudicare è il motivo per cui a questa decadenza si è potuti giungere. oggetto del nostro dibattito è, e deve essere, la situazione che ha portato al Governo attuale. oggetto del nostro giudizio deve essere la politica che ha avuto come suo sbocco inevitabile l' attuale situazione e il Governo che oggi ci si presenta. il dibattito che si sta sviluppando è, in sostanza, quello che i liberali chiesero due mesi or sono e al quale l' onorevole Segni si sottrasse, facendo comprendere che lo faceva per sottrarsi, in pari tempo, all' indecorosa sorte di doversi reggere con i voti del partito neofascista . questa sorte indecorosa è stata riservata a lei, onorevole Tambroni, e sarebbe stato interessante sapere se è lei che l' ha voluto, se è invece il suo partito che ha deciso in questo modo e, nel suo partito, quali sono le correnti e quali gli uomini che hanno voluto che si giungesse a questo esito. e scusatemi se parlo, a proposito del partito della Democrazia Cristiana , di correnti. mi sembra che, al punto di spaccatura interna a cui quel partito è giunto, sia ingenuità e ipocrisia del tutto fuori luogo non parlarne. ritengo sia stato veramente per eccesso di cortesia polemica o per eccesso di tatticismo che l' onorevole Reale ieri, nel suo intervento, abbia voluto considerare il partito della Democrazia Cristiana come un blocco la cui unità non possa essere messa in dubbio. ella ha voluto, onorevole presidente del Consiglio , incominciare ricordando le vicende della crisi, però si è fermato alla cronologia, e le è stato già fatto osservare che la sua cronologia è essa stessa parziale e quindi non corretta. non ha voluto risalire dalla cronologia alla politica, e tutti noi siamo rimasti delusi, in attesa dell' esame delle cause, dei motivi, dei moventi politici di quello sviluppo della situazione che ha portato a questo Governo. molte cose, nel corso di questa crisi, non le abbiamo comprese. non abbiamo compreso la lentezza con cui essa, in un determinato momento, si è sviluppata; ci permetta, il presidente della Camera , di affermare che nemmeno abbiamo compreso la necessità di quella consultazione interlocutoria alla quale egli generosamente e con intelligenza si è prestato; non ne abbiamo compreso il successivo corso ed il punto di arrivo . la decisione dei liberali è stata effettivamente la causa di ciò che è capitato o non soltanto un pretesto, una semplice occasione? la domanda è legittima. ci si può chiedere se il Governo presieduto dall' onorevole Segni fosse mal sopportato da una delle frazioni del partito democristiano e dalla frazione oggi in esso prevalente, non soltanto perché si reggeva su determinati voti, ma anche perché alcune misure che esso aveva portato avanti alla Camera e per le quali la Camera si è pronunciata avevano urtato non soltanto i liberali, ma una frazione stessa del Partito di maggioranza . parlo del referendum e delle decisioni relative alla istituzione della regione Friuli Venezia Giulia . fatto sta che quel Governo venne definito Governo determinato da uno stato di necessità, però il Governo di necessità a un determinato momento risultò un Governo impossibile. impossibile risultò, poi, qualsiasi altro governo, e dall' intervento del rappresentante del partito repubblicano avevamo diritto di attenderci qualche maggior chiarimento circa i motivi per cui si giunse ad una così drammatica rottura nelle trattative per la costituzione di un Governo di centrosinistra. il chiarimento anche qui, per eccesso non di cortesia ma di tatticismo, non è venuto. valgono quindi le interpretazioni correnti, le quali affermano che vi sono stati nel momento decisivo interventi di poteri che si muovono al di fuori dell' ambito costituzionale, esponenti sia della grande industria sia delle gerarchie ecclesiastiche. emergono in questo modo gli elementi di una crisi che non è più soltanto governativa, ma è assai più vasta. noi abbiamo infatti delle assemblee parlamentari nelle quali siede un Partito di maggioranza relativa che non è in grado di esprimere un Governo che si fondi sopra un chiaro programma, perché non è in grado di esprimere una coerente linea politica e di muoversi per la realizzazione di essa, sollecitando tutti quei concorsi che un partito deve sollecitare quando vuole attuare la propria posizione politica. d' altra parte, abbiamo un' opposizione che è, sì, maggioranza ma essa stessa non può esprimere un Governo perché è divisa in due parti opposte e, quindi, non può esprimere una politica unica, anzi, può soltanto esprimere due politiche opposte. però, con questa opposizione il Partito di maggioranza relativa rifiuta la collaborazione esplicita, tanto se si tratta dell' opposizione di sinistra quanto se si tratta dell' opposizione di destra. questo non contraddice con il fatto che il Partito di maggioranza abbia costituito un Governo come quello Segni, che per un anno si è retto con l' appoggio di partiti della destra e non esclude il fatto che questo Governo, se uscirà vittorioso da questo dibattito, vi riuscirà con l' apporto dei voti della destra. il Partito di maggioranza , infatti, vuole i voti della destra per i suoi governi. non vuole, però, e non può concludere con i partiti della destra un accordo programmatico. abbiamo letto, a questo proposito, le veramente invereconde dichiarazioni dell' onorevole Andreotti in un articolo sulla rivista che egli dirige. ivi egli dice apertamente che la Democrazia Cristiana respinge un accordo di questo tipo con i partiti della destra, ma non ne respinge il voto, perché questo è proprio ciò che gli permette di distruggere la base elettorale dei partiti della destra, incorporandone via via nelle proprie file una parte sempre più grande. un accordo programmatico turberebbe l' accaparramento dei voti di quelle masse lavoratrici che sono ancora orientate verso il partito della Democrazia Cristiana , ma sono in pari tempo democratiche ed antifasciste. il processo di dissanguamento della destra, quindi, deve avvenire senza un accordo programmatico. per uscire da questa situazione, che appare chiara sin dall' inizio della crisi, risulta che alla sommità si muovono, ma in direzioni diverse ed opposte, due volontà. l' una, che è espressa da chi, secondo la Costituzione, deve orientare la vita politica del paese e deve particolarmente manifestarsi quando ha luogo una crisi di Governo , richiede che si costituisca un Governo caratterizzato da un programma per il quale si schieri una maggioranza parlamentare ben definita. ciò non è però possibile, se non con un Governo che sposti verso la sinistra il proprio asse parlamentare. dall' altra parte vi è un' altra volontà, che non vuole che ciò avvenga, lo impedisce e ad un certo momento interviene bruscamente e decide. tutta la situazione allora è bloccata. al paese non può essere data una linea politica; si costituisce il Governo dell' onorevole Tambroni. di qui la gravità della crisi di fronte alla quale oggi ci troviamo. gli elementi che ho denunciato sono infatti tali, che determinano anche esteriormente il fatto che non ci troviamo davanti ad una pura crisi di Governo , perché in essa affiorano gli elementi di una profonda crisi costituzionale e di regime. gli organi stessi a cui spetta di determinare l' indirizzo politico del paese non sono più in grado di farlo. il Parlamento e il paese non possono avere una politica. il Partito di maggioranza non la può e non la vuole dare. coloro che desidererebbero che questa linea politica venisse data e la sollecitano sono nell' azione loro paralizzati da una forza altrettanto potente, anzi più potente di loro, che si muove in senso opposto. orbene, questo è il punto di arrivo di un lungo periodo di decadenza dell' istituzione parlamentare, di un lungo periodo di inadempienza delle norme costituzionali e delle norme che dovrebbero regolare la vita politica del paese. il punto di approdo di dieci anni di Governo democristiano; di dieci anni di monopolio politico del partito della Democrazia Cristiana . questo è il problema che oggi dobbiamo esaminare e giudicare. questa è la politica che richiede da noi oggi un esplicito esame ed un chiaro giudizio di condanna. noi comprendiamo quindi benissimo che in questa situazione abbiano potuto essere esaminati e discussi con passione tutti i problemi più seri della nostra vita costituzionale: dei poteri del presidente della Repubblica , del regime dei partiti e della loro funzione nel nostro ordinamento, dell' efficienza dello stesso Parlamento nella sua funzionalità. sono echeggiate nell' Aula del Senato — signor presidente , mi permetterà quest' accenno — espressioni in cui risonavano a questo proposito accenti di denuncia e di amarezza. gli stessi temi sono stati affrontati sulla stampa, ove sono continuamente trattati. e non senza intenzioni malevole e travisamenti atti a disorientare l' opinione pubblica , quando si tratta della stampa che esprime le opinioni della grande borghesia . noi non possiamo più negare che esistano fatti ed elementi tali che spingono alla considerazione critica di questi problemi. non si possono chiudere gli occhi davanti a questa realtà. non si può negare che già ci troviamo di fronte ad uno scuotimento e ad una crisi analoga a quella che hanno subito le istituzioni parlamentari francesi nel corso degli ultimi due anni e che ha portato al crollo del regime democratico parlamentare ed alla creazione di un regime di potere personale. inevitabili e giustificati sono quindi l' allarme, le preoccupazioni, le denunce. ritengo inoltre che sarebbe un grave errore investire senz' altro con la qualifica di qualunquista o di fascista chiunque affronti questi temi e denunci, con l' amarezza che può esservi nell' animo suo, gli elementi di degenerazioni del regime democratico che in questo modo diventano evidenti. una delle condizioni perché un movimento antidemocratico possa svilupparsi sta proprio nel fatto che le forze della democrazia, che le forze più direttamente collegate con le masse popolari non sappiano fin dall' inizio far proprie quelle critiche, quelle preoccupazioni, quelle esigenze ed anche quelle insofferenze che si creino in una parte dell' opinione pubblica e delle masse cittadine e che abbiano nei fatti la loro giustificazione. questo errore venne compiuto dalle forze democratiche italiane nel primo dopoguerra e fu una delle cause per cui il movimento antidemocratico fascista poté avanzare e ad un certo momento prendere il sopravvento, anche, s' intende, grazie ad altri fattori. la preoccupazione e l' allarme devono esistere in noi prima di tutto. noi dobbiamo saperli estendere e portare nelle masse popolari , perché questa è una delle condizioni della nostra possibilità e capacità di difendere le istituzioni parlamentari ed il regime democratico, così come abbiamo voluto che esso si instaurasse nel nostro paese dopo il crollo del fascismo. » evidente che una delle condizioni di questa denuncia, della sua efficacia e della sua giustezza è che vengano indicate esattamente le cause e le responsabilità, che non si taccia di fronte ai fatti, che non si consideri il partito democratico cristiano come una entità mitica e unita, quando tutti sappiamo fino a che punto esso è lacerato nel proprio interno, e che tutti i problemi che derivano da questa situazione non vengano elusi con dichiarazioni superficiali, che non toccano il fondo delle questioni. questo ci porta a dedicare qualche attenzione a taluno dei temi che sono stati sollevati e discussi nel corso delle ultime settimane e particolarmente in rapporto alle vicende di questa crisi. uno di essi riguarda i poteri del presidente della Repubblica , questione sollevata e dibattuta anche in quest' Aula, credo, dal segretario del partito liberale ed a proposito del quale è stato detto — non so se completamente a torto o a ragione — che di esso si deve discutere in quest' Aula, a preferenza che sugli organi di stampa. intendo dedicare a questo tema alcune riflessioni, anche per confutare le affermazioni errate che a proposito di esso sono state dette e tuttora si sentono circolare. noi riteniamo che è assurdo considerare il presidente della Repubblica come una entità non politica, una specie di macchina calcolatrice, elettronica, se si vuole, un funzionario incaricato unicamente di fare il conto dei voti dei singoli gruppi parlamentari , di raccogliere le decisioni dei partiti, tirare le somme e poi far sapere quale è il risultato. » profondamente sbagliato considerare a questo modo il presidente della Repubblica e la sua funzione. il presidente della Repubblica è il più alto funzionario dello Stato, ma egli esce da un voto politico , squisitamente politico. di solito egli esce anche da un partito politico , anche se è chiaro che, accettando di essere presidente della Repubblica , egli rinuncia, anzi, deve rinunciare ad essere o a voler essere il capo di questo partito. quindi, nella soluzione di una crisi di Governo il presidente della Repubblica non può non fare, anzi, deve fare una esplicita scelta politica. una scelta politica l' atto da cui deriva la designazione dell' incaricato a costituire il nuovo ministero. non solo, ma all' incaricato il presidente della Repubblica non può non dare una indicazione sul modo come egli debba contenersi nel formare il Governo e nell' elaborare quello che sarà il programma governativo. direi che questo è il momento preciso, indicato dalla Costituzione, in cui i poteri politici del presidente si debbono manifestare. non ammissibile, invece, sarebbe — e sottolineo il condizionale — una ingerenza determinante del presidente della Repubblica nell' attività quotidiana del Parlamento, del Governo e dei partiti. questo sarebbe contrario allo spirito e alla lettera della nostra Costituzione. se ciò avvenisse, si avrebbe allora veramente una deviazione verso un regime presidenziale, estraneo alla nostra Costituzione, e tanto più pericolosa sarebbe la cosa data la situazione in cui si trova il Partito di maggioranza , così diviso nel proprio seno, incapace di elaborare e presentare un chiaro, concreto, coerente indirizzo di politica nazionale. se i contrasti, i chiarimenti, le ricerche e le intese che questa situazione richiede dovessero passare attraverso la persona del presidente della Repubblica , si avrebbe la stessa deviazione verso un regime di natura presidenziale che è estraneo alla nostra Costituzione. comprendo che il problema è assai delicato, ma credo non sia stato inopportuno che noi abbiamo anche a questo proposito indicato un certo pericolo. la deviazione verso un regime presidenziale è cosa da evitarsi, perché sottolinea quei momenti di incertezza e di crisi costituzionale che d' altra parte vengono messi in evidenza da tutta una serie di altri fatti che nel corso di questa crisi, particolarmente, sono venuti alla luce. la più grande confusione viene sparsa ad arte dai nemici o dai tepidi amici della democrazia quando essi trattano, e tendenziosamente trattano, di solito, in relazione col funzionamento dell' istituto parlamentare e delle nostre istituzioni in generale, del sistema dei partiti. l' onorevole Degli Occhi ha voluto anche in questo campo spezzare una lancia a favore di tesi assolutamente inconsistenti. » persino ridicolo, al punto cui è arrivato oggi lo sviluppo democratico nel nostro paese, credere che basterebbe ritornare al sistema elettorale uninominale perché fossero corretti i difetti nel funzionamento del Parlamento in rapporto con l' esistenza dei partiti. il sistema uninominale non sopprime l' esistenza dei partiti, anzi, direi, che in un certo senso acutizza determinati difetti di questo sistema, perché acutizza la lotta interna dei gruppi, delle frazioni e dei singoli. il sistema dei partiti è sancito esplicitamente dalla nostra Costituzione. nella realtà, non vi è democrazia senza partito politico e là dove esistono diverse classi che si contendono la supremazia nella direzione della società non vi è democrazia senza pluralità di partiti politici . e questa pluralità esisterà fino a che non sia creata, attraverso le vicende che la storia determinerà, una società unitaria quale non esiste oggi nel nostro paese, non esiste nel mondo occidentale e in tante altre parti del mondo. il partito è per se stesso un elemento di democrazia, e non di democrazia indiretta . e un elemento di democrazia diretta , perché chiama lo stesso cittadino, attraverso l' iscrizione al partito e l' attività di partito, a esprimere un' opinione politica, a manifestarla e darle valore attraverso la propria azione. l' esistenza dei partiti, in sostanza, è il modo con il quale le grandi masse della popolazione accedono alla direzione dello Stato, attraverso la vita stessa del partito politico . assurdo misconoscere e negare tutto questo. sono da condannare le esagerazioni e ostentazioni del potere delle direzioni dei partiti quando si tratta di risolvere crisi come l' ultima, di determinare, ad esempio, quali saranno i ministri o i sottosegretari, e così via . ma il sistema dei partiti, come tale, deve essere difeso e valorizzato come una nostra grande conquista. esso deve restare alla base dello sviluppo della democrazia italiana. se vi sono dei difetti, il problema concreto che richiede di essere esaminato è quello del modo come si è sviluppato il sistema dei partiti in Italia nel corso dell' ultimo o dei due ultimi decenni, attraverso le vicende che voi tutti conoscete. l' Italia per venti anni aveva ignorato i partiti politici ; le era stato imposto il sistema del partito unico , in una società dove non esisteva soltanto una classe, bensì diverse classi, di cui una aveva tutto il potere, e quella opposta lottava nel modo come poteva, per il proprio interesse e anche per il potere. questo fatto ha lasciato una traccia profonda nel nostro paese, non dobbiamo dimenticarlo. il sistema di un solo partito è stato ed è tuttora il punto di orientamento di due grandi forze dirigenti della nostra società: la grande borghesia capitalistica, industriale ed agraria, e la gerarchia dirigente della Chiesa cattolica . queste due grandi forze non veggono al di là del sistema del partito unico , agente dell' interesse della grande borghesia , secondo gli uni, realizzatore della mitica unità dei cattolici, secondo gli altri. queste forze non giungono a concepire una tolleranza e una dialettica democratica. da esse parte, quindi, una spinta antidemocratica e tendenzialmente totalitaria, che il partito della Democrazia Cristiana ha accolto e ha sodisfatto. si dice che dopo il 1948 il partito della Democrazia Cristiana ; ha compiuto il grande sacrificio di far accedere alla collaborazione con esso i rappresentanti di altri partiti, che avevano allora nel Parlamento una più considerevole rappresentanza di quanto non abbiano oggi. ma è proprio da allora che incomincia il danno, perché nell' anno 1948 doveva avere inizio l' applicazione della Costituzione; entro fanne 1948 avrebbe dovuto aver luogo l' elezione dei consigli regionali per dare vita a quelle regioni che la nostra Costituzione ha istituito, e quindi non sono più da istituire, ma solo da realizzare, perché già esistono nell' ordinamento costituzionale dello Stato. da quell' anno avrebbero dovuto avere attuazione le grandi riforme che la Costituzione prevede, la riforma agraria , la riforma industriale, quella dell' insegnamento, della previdenza e così via . invece da quell' anno — e tolgo l' espressione da uno scritto di uno dei dirigenti del partito repubblicano — incominciò a venire avanti il carro armato della conquista del potere esclusivo da parte del partito della Democrazia Cristiana , con tendenza all' organizzazione non più di una società e di una collaborazione democratica, ma con l' aperta tendenza ad un totalitarismo appena mascherato. coloro che collaboravano allora con la Democrazia Cristiana è probabile volessero cose diverse da quella; ma questo è ciò che venne fatto, questo è ciò che risultò. e l' insegna sotto la quale si è compiuto questo movimento, voi tutti lo sapete, è stata l' insegna dell' anticomunismo. non credo che siano i motivi ideologici che abbiano ispirato l' aspra lotta contro di noi durante quel periodo e che la ispirino tuttora. non ci credo o ci credo poco. d' altra parte, nella nostra Costituzione non vi è nulla, non vi è nemmeno una parola che possa giustificare una preclusione verso un qualsiasi partito politico sulla base di una differenziazione ideologica. ricordo che nei dibattiti della Costituente il punto di partenza nostro e di altri partiti fu quello che non si dovessero scavare trincee ideologiche nel campo delle forze antifasciste, democratiche e popolari che avevano instaurato la Repubblica. la discriminazione ideologica è l' inizio del potere esclusivo e della tendenza a un mascherato totalitarismo. l' anticomunismo, però, se ha avuto una spiegazione, l' ha avuta di natura non ideologica, ma strettamente politica e sociale, derivante dalla stessa situazione che vi era nel paese. le forze che hanno combattuto in modo conseguente e sempre perché venisse applicata la Costituzione, perché si creasse in Italia un ordinamento democratico nuovo fondato sui principi costituzionali, perché si attuassero le riforme che la Costituzione prevede, sono state le forze della classe operaia , delle masse contadine e di ceto medio di opinioni avanzate. allo loro testa vi era il partito comunista , vi era il partito socialista , vi erano i sindacati unitari confederali. questo è il fatto che ha determinato, nella realtà, l' offensiva e la discriminazione anticomunista. l' anticomunismo ubbidì anche a sollecitazioni che venivano dall' estero e che ebbero disastroso effetto nell' annientare la possibilità di una politica autonoma nazionale del nostro paese. ciò che ho indicato fu però, per le nostre classi dirigenti , la loro giustificazione reale, derivante dal movimento delle forze reali del paese. l' anticomunismo è stato indispensabile elemento per la saldatura di quella alleanza, anzi di quella fusione di fatto per cui la Democrazia Cristiana è diventata il partito di fiducia della grande borghesia industriale e agraria. l' anticomunismo è stata l' insegna di tutti coloro che non volevano che si applicasse la Costituzione nella sua parte riformatrice, sociale e democratica. sotto l' insegna dell' anticomunismo doveva quindi essere condotta la lotta per il potere esclusivo della Democrazia Cristiana e questa lotta fu in pari tempo lotta per la restaurazione del potere capitalistico nelle vecchie forme tradizionali, quali esistevano prima e quali si era stabilito nella Costituente che dovessero essere profondamente riformate, e lotta per la riscossa clericale contro lo Stato repubblicano, contro i suoi principi di laicità, di indipendenza e autonomia completa nel proprio ordine. attraverso questa lotta e questo processo è evidente che il partito della Democrazia Cristiana ha cambiato la sua natura, è diventato quel coacervo di gruppi, di correnti, di interessi, di tendenze, che non sono tenuti insieme né da un programma politico e nemmeno da quella tradizione a cui adesso sentiamo qualcheduno fare riferimento, ma unicamente dal fatto che tutti concordano nel rivendicare il potere esclusivo del partito della Democrazia Cristiana . la riduzione a funzione di satelliti dei partiti che in un primo periodo hanno collaborato con la Democrazia Cristiana e la parallela progressiva invadenza dei poteri ecclesiastici nell' ambito della vita civile, della vita politica e dell' organizzazione dello Stato, sono state espressione e conseguenza ad un tempo di questo processo. oggi è interessante rilevare che non vi è nessuna delle frazioni della Democrazia Cristiana che rinunci a questo elemento, nessuna che sinceramente riconosca la necessità che il partito democristiano scenda sul terreno della tolleranza ideologica e della ragionevole coalizione politica con tutti coloro i quali si muovono apertamente nell' ambita delle istituzioni repubblicane e dell' applicazione dei principi fissati dalla Carta Costituzionale del nostro Stato, che rinuncia a quella egemonia che è in se stessa e per il modo come si è attuata e si mantiene elemento di degenerazione e corruzione di tutta la vita democratica . solo al congresso di Firenze si son fatte sentire alcune voci che echeggiano, ma in modo ancora lontano, la ricerca politica seria d' una nuova via di sviluppo della democrazia italiana. noi insistiamo però nel dire che questa non deve essere una via nuova; deve essere la via che avevamo deciso che venisse seguita quando venne approvata la Costituzione repubblicana. da essa nessun partito si dovrebbe allontanare, ad essa deve oggi ritornare prima di tutti il partito della Democrazia Cristiana , rientrando in quell' ambito democratico da cui è uscito. » evidente che il sistema del monopolio. politico democristiano è destinato a entrare in crisi quando sorge dal paese una forte spinta di rivendicazioni democratiche e sociali, e quando esso entra in crisi è il partito stesso della Democrazia Cristiana che si lacera e contorce. se osservate la cronaca degli ultimi anni, vedete che ciò avviene ogni volta che dalla base, dalle masse operaie e contadine e dal ceto medio lavoratore o intellettuale parte una spinta per la soluzione di quelle questioni economiche e sociali che la Costituzione repubblicana dice che devono essere risolte, una spinta per il sodisfacimento di rivendicazioni vitali che non possono essere sodisfatte se non trasformando la struttura economica e sociale dello Stato italiano. il monopolio politico democristiano è, infatti, il sistema dell' inadempienza costituzionale. di fronte alle esigenze costituzionali, esso si incrina e si spezza. si potrebbe quindi stabilire un parallelo e una concordanza precisi tra lo sviluppo dei movimenti operai e contadini nel nostro paese e lo sviluppo delle crisi interne del partito della Democrazia Cristiana . ecco, ad esempio, il movimento impetuoso dei contadini per la terra e, parallelamente, la protesta generosa della classe operaia , attuata con grandiosi scioperi politici , che sono stati il più grande contributo che la classe operaia abbia dato alla salvezza e allo sviluppo della democrazia italiana, contro gli eccidi, contro l' intervento della polizia nei conflitti di lavoro. questo movimento si sviluppa fra il 1949 e il 1950. affiorano allora i primi profondi dissensi nel campo democristiano. momento culminante della crisi democristiana diventa il 1953, quando, attraverso un forte e vittorioso movimento che parte anche esso dalla classe operaia , dalle masse contadine e dal ceto medio di opinioni avanzate, la legge truffa viene sconfitta e vengono con essa annientati i propositi — in questo caso già apertamente totalitari — del partito clericale. la crisi sembra per un certo periodo superata, grazie al tentativo di dare una struttura diversa, più moderna e meglio articolata, al vecchio partito democratico cristiano , mettendo da parte alcuni dei suoi vecchi dirigenti. ma oggi già siamo a un altro momento cruciale, decisivo, d' importanza tale che sollecita e provoca una crisi nuova e ancora più profonda che nel passato di tutto lo schieramento clericale, mettendo in forse la sua stessa unità. oggi, infatti, esiste ancora una volta nel paese una situazione di generale malcontento, di critica radicale, di insodisfazione aperta per gli indirizzi politici che sono stati seguiti fino ad ora sotto l' insegna della Democrazia Cristiana . questa situazione si esprime nei modi più diversi, con impetuosi movimenti di massa, soprattutto, di cui avrò modo di parlare ancora, ma anche in altre forme, altrettanto evidenti ed altrettanto significative. la protesta esplode da tutti i campi. vi è stata la protesta di tutti i fisici italiani per la irresponsabile passività e servilità del nostro Governo a proposito delle bombe atomiche fatte esplodere nel Sahara dal governo francese . vi sono stati convegni di scienziati che hanno levato la loro voce per denunciare l' insufficienza tragica delle nostre strutture scolastiche a far fronte al problema del rinnovamento della cultura nazionale, del progresso scientifico, tecnico e culturale del nostro paese. vi sono state le proteste dei produttori di strumenti di cultura, come sono gli uomini di teatro, dell' arte cinematografica, e così via . vi sono le 500 mila firme di giovani raccolte per chiedere che venga ridotta la ferma militare, dato che è in corso un processo di distensione che consente siffatta misura. vi sono le 70 mila firme raccolte nell' Umbria perché venga organizzato l' ordinamento regionale. vi è stato il grandioso movimento unitario per rivendicare il piano di rinascita della Sardegna, l' applicazione di questo piano ed il controllo della sua applicazione da parte degli organi autonomi della regione sarda. tutto questo esprime un' esigenza che parte dalle profondità della vita nazionale e dell' animo popolare, l' esigenza di uno spostamento a sinistra dell' asse della politica nazionale, in tutti i campi, nella politica estera , in quella economica, in quella interna. la generalità di questo movimento non consente di dire che essa sia opera dei soliti sobillatori, dei soliti propagandisti. esso parte dalla diffusa coscienza che la vita politica e sociale italiana deve essere finalmente staccata dall' alveo del vecchio conservatorismo tradizionale e delle vecchie preclusioni reazionarie; deve essere resa più moderna, più avanzata, più libera, più democratica, più rispondente alle esigenze di sviluppo della nazione italiana nel mondo moderno e alle ingiunzioni della nostra Costituzione. una ripercussione di questo movimento si è avuta in tutti i partiti, con gli spostamenti e le fratture avvenute non soltanto nella Democrazia Cristiana , ma nel partito socialdemocratico , nel repubblicano e persino in seno al partito monarchico . per questo la mossa compiute. dal segretario del partito liberale per sollecitare l' attuale crisi di Governo , è stata da noi definita, e credo che correttamente debba essere così definita, nient' altro che come un' azione di contrattacco tendente a ostacolare o ritardare quel mutamento che invece viene imperiosamente richiesto dalla grande maggioranza della popolazione. il movimento non si arresta. deve giungere a risultati concreti e sensibili. e prima di tutto, nell' ambito della politica estera . questo è un punto che finora, non so se volutamente, certo ingiustamente, è stato trascurato da quasi tutti gli oratori che sono intervenuti. in sostanza, invece, questo è il punto più importante. gli spostamenti di opinione pubblica che si stanno verificando, e di cui ho parlato, avvengono all' ombra di una situazione internazionale modificata e che è giunta a un punto in cui i processi progressivi, che tendono alla distensione, non si possono più negare né arrestare. essi discendono, infatti, da trasformazioni oggettive davanti alle quali è ridicolo chiudere gli occhi e sono legati a una lotta conseguente condotta da forze di pace che non si muovono soltanto nei paesi socialisti ma si manifestano in tutto il mondo, anche nel campo dei paesi atlantici. da oltre sei mesi i fautori della continuazione della guerra fredda si sono mossi per ostacolare il processo della distensione. si sono mossi in Germania, in Francia, negli USA e particolarmente nel nostro paese, dove hanno condotto e conducono un' offensiva scalmanata utilizzando i grandi organi di cosiddetta informazione dell' opinione pubblica . questa campagna è valsa, sì, a turbare l' atmosfera, ma non è riuscita a rovesciare l' indirizzo generale di sviluppo dell' odierna situazione internazionale, che procede verso la continuazione e il consolidamento dei processi distensivi. ella ha detto, onorevole Tambroni, che il suo Governo si propone di avere un maggiore impegno a favore della pace e della distensione. le parole sono buone, migliori di quelle dette in altre occasioni, e gliene diamo atto. ma come il Governo intende realizzare questo impegno, con quali proposte, con quali iniziative, e quali posizioni assumendo a proposito delle questioni che oggi campeggiano nella scena internazionale? siete consapevoli o no, signori del Governo, che qualcosa deve cambiare nelle tradizionali posizioni dell' atlantismo e dell' oltranzismo atlantico anche per quel che riguarda la direzione della nostra politica estera ? se il Governo abbia questa convinzione, non lo sappiamo. certamente ciò non risulta dall' esposizione governativa, come non risulta ed è, anzi, negato dai punti programmatici della Democrazia Cristiana . la necessità di un superamento dell' oltranzismo atlantico è risultata dallo stesso viaggio fatto a Mosca dal presidente della Repubblica , accompagnato dal ministro degli Esteri . il nostro giudizio su questo viaggio rimane positivo: riconosciamo come fattori positivi il contatto, l' avvicinamento, lo scambio di idee. risultati concreti positivi sono stati ottenuti per ciò che si riferisce agli scambi culturali ed economici. riconosciamo inoltre un valore positivo al fatto che gli esponenti del nostro Governo e gli organi stessi della pubblica opinione sono stati costretti, in questa occasione, ad informare gli italiani che i dirigenti dell' Unione Sovietica conducono una politica di pace, che essi vogliono effettivamente la distensione e la pace internazionale. il nostro giudizio sul viaggio del Capo dello Stato a Mosca è dunque positivo nel suo complesso; abbiamo però alcune osservazioni critiche da fare e desideriamo farle in questa sede, in quanto dal viaggio stesso sono emersi alcuni elementi negativi che devono essere messi in evidenza proprio in questo momento. non intendo riferirmi alla mobilitazione scandalosa delle forze conservatrici e reazionarie per screditare l' iniziativa, andando alla ricerca del responsabile per esporlo al pubblico ludibrio. è forse anche superfluo andare oggi alla ricerca di chi abbia messo in atto questa mobilitazione: certo vi ha avuto parte qualche elemento del Governo o ad esso assai vicino. non ci soffermiamo sulla ricerca di ogni, piccolo episodio che potesse servire ad una speculazione per rinfocolare stantie e stupide campagne anticomuniste. non possiamo però tacere che, quando abbiamo avuto notizia delle ridicole bestemmie anticomuniste pronunciate dal cardinale Ottaviani, offendendo la dignità del presidente della nostra Repubblica, ci siamo chiesti perché il nostro Governo non avesse preso pubblicamente una iniziativa qualsiasi per far sentire che quello era un intervento indebito e scandaloso delle autorità ecclesiastiche nello svolgimento dell' attività politica del nostro Governo. non insisto su questi temi. desidero invece attrarre l' attenzione della Camera su due errori fondamentali, risultati dal complesso della visita. il primo è consistito nel voler impegnare il presidente della nostra Repubblica nello esporre ai dirigenti sovietici, a proposito di alcuni problemi centrali dell' attuale situazione internazionale, le tesi oltranziste del cancelliere Adenauer. non vi era affatto bisogno che proprio il nostro paese facesse questo. nel farlo, il nostro Governo si è messo contro gli interessi nazionali , poiché accodare l' Italia, ancora una volta, alla Germania espansionista, militarista e tendenzialmente fascista, è cosa contraria a questi interessi. passando al contenuto delle cose che sembra siano state dette negli incontri di Mosca, è necessario osservare che non si può porre il problema della città di Berlino, come sembra sia stato posto dalla delegazione del nostro Governo. non possiamo invocare una consultazione plebiscitaria per Berlino mentre la respingiamo per l' Alto Adige ; e la respingiamo giustamente, per motivi politici, cioè perché si tratta di un problema risolto da strumenti internazionali ai quali non può essere negato valore, allo stesso modo che il problema della città di Berlino e del suo statuto è un problema che può soltanto essere dibattuto sulla base degli strumenti internazionali che ne hanno fissato i termini. prendere una posizione simile vuol dire respingere quella ricerca di un compromesso a proposito della questione di Berlino, che è il meno che si possa chiedere alla parte occidentale e a un Governo come quello italiano. nella ricerca di un compromesso si orientano, del resto, gli esponenti effettivamente più ragionevoli del campo atlantico. ma ci si imbatte qui in una serie di questioni che hanno un valore quasi pregiudiziale. non siamo mai riusciti a sapere quale sia il pensiero esatto del nostro Governo a proposito delle frontiere polacche e di quelle cecoslovacche. porre il problema di Berlino e della Germania collocandosi alla coda di Adenauer, vuol dire, infatti, contestare queste frontiere, cioè sollevare una questione che potrebbe essere risolta solo dalle armi. in secondo luogo, che cosa pensa il nostro Governo e che cosa pensano i partiti di questa Camera del riconoscimento della Repubblica democratica tedesca ? ho ascoltato con interesse l' esposizione che è stata fatta alcune settimane or sono dall' onorevole Saragat nella Commissione esteri, quando abbiamo sentito una breve informazione dell' onorevole Pella in merito ai contatti avuti nella capitale sovietica. l' onorevole Saragat giustamente diceva che non possono essere respinte puramente e semplicemente le richieste che vengono avanzate dalla parte sovietica, che bisogna giungere a una reciproca comprensione. intendo però far osservare a lui ed ai nostri governanti che la parte orientale, diciamo così, è in questo campo soltanto creditrice, e la parte occidentale soltanto debitrice. esistono infatti oggi due Stati tedeschi. la parte orientale riconosce la Repubblica di Bonn , la parte occidentale nega, invece, il riconoscimento della Repubblica democratica tedesca , la quale, tra l' altro, è uno Stato pieno di vigoria, di vitalità ed in piena espansione industriale, che ha raggiunto un alto livello di sviluppo della propria economia, che commercia con tutti i paesi del mondo e deve essere riconosciuto per il solo fatto che esiste e sopprimerlo nessuno può. se non si parte da questo riconoscimento, qualsiasi discussione a proposito del modo di risolvere il problema dell' unità tedesca e quello di Berlino è pura accademia, oppure copre il fatto che non si vuole giungere a un' intesa, che non si vuole liquidare la guerra fredda e ci si accoda alle posizioni di Adenauer. questi è ancora oggi coerente con le dichiarazioni che fece tempo fa, secondo cui il governo federale considera le regioni al di là dell' Oder-Neisse come territori dello Stato tedesco . a queste dichiarazioni si aggiungono quelle dell' attuale ministro dei Trasporti della Repubblica federale , secondo cui l' est tedesco comprende non soltanto l' Elba e l' Oder, ma anche la Boemia e tutti i territori che i tedeschi hanno popolato in passato. ecco rispuntare i principi del vecchio militarismo tedesco e dell' hitlerismo. del resto, desumo che una recente pubblicazione del parigino Le Monde che, dopo che il generale De Gaulle ha manifestato la propria opinione favorevole al riconoscimento delle attuali frontiere polacche, nella Germania di Bonn è cominciata una campagna di rivendicazioni anche verso la Francia, cioè è stato avanzato il problema della revisione delle frontiere francesi, belghe e danesi. la casa editrice Schild di Monaco pubblica una carta geografica in cui fra i territori da rivendicare è compresa l' Alsazia-Lorena, oltre a una grande parte dell' attuale Stato polacco. quando si apprendono queste cose e quando, d' altra parte, sappiamo che nella Germania si sviluppa un movimento organizzato di carattere militarista con centinaia di organizzazioni che raccolgono gli aderenti delle SS tedesche e delle SA hitleriane e li addestrano alla politica ed alla guerra; quando si assiste ai rigurgiti di razzismo hitleriano quali si sono avuti alcune settimane or sono, si deve non soltanto essere preoccupati: si deve dire ai nostri governanti che essi hanno commesso un fatale errore politico quando, nelle conversazioni di Mosca, hanno accodato l' Italia alle posizioni oltranziste del cancelliere Adenauer. queste posizioni non aprono alcuna prospettiva: all' infuori di quella di un ritorno alla guerra fredda , dell' esasperazione della guerra fredda , della guerra vera e propria e della catastrofe, quindi, per la nostra civiltà. considero inoltre un errore la scoperta, che sembra sia stata fatta dalla delegazione del nostro Governo a Mosca, che secondo i dirigenti sovietici la distensione non deve né può significare la fine o la conciliazione di differenti indirizzi ideologici. ma questo è sempre stato vero. » stato sempre detto e ripetuto da tutti che la distensione non può significare questo. l' ideologia di un paese socialista, dove non esistono più classi, non può conciliarsi, ma può coesistere con l' ideologia di un paese in cui esistono ancora le classi e il regime capitalista. la stessa ricerca del benessere che viene fatta in un paese socialista è qualche cosa di qualitativamente molto diverso dalla ricerca del benessere che viene fatta nei grandi Stati capitalisti di avanzato sviluppo industriale e che a un certo punto chiude gli uomini nel proprio egoismo e atomizza la società umana. la ricerca del benessere è fatta, in un paese socialista, per portare a un superiore livello di vita e di cultura tutta la società, con uno sforzo collettivo a cui tutti sono chiamati a collaborare. esiste, quindi, una differenza ideologica profonda anche in quel campo in cui è oramai aperta una competizione che investe tutti i paesi. lo strano è che i nostri governanti siano dovuti andare a Mosca per scoprire queste verità elementari. ma assai più grave è che essi, poi, dal loro errore abbiano voluto ricavare l' avventata conseguenza che, dato che i regimi socialisti continueranno ad esistere, a svilupparsi e a rafforzarsi, non vi potrà mai essere né distensione né pace. gravissima conseguenza, che distrugge qualsiasi possibilità di intesa, esclude che vi possa essere una competizione, pacifica e civile, la quale non porti alla guerra, e conclude alla impossibilità di una politica di distensione e di vera pace. ma, io intendo, a proposito di politica estera , sollevare anche un' altra questione, relativa all' attività dell' onorevole Martino alla conferenza di Ginevra per il disarmo. vorrei sapere, poiché non vi era governo qui in Italia, a nome di chi l' onorevole Martino ha preso a Ginevra le sue posizioni; da chi derivassero le sue istruzioni. il vecchio ministro degli Esteri era in carica solo per assicurare il disbrigo degli affari correnti, ma qui non si trattava di un affare corrente. l' onorevole Martino avrebbe dovuto dar prova almeno di un po' di prudenza, sapendo che in Italia veniva dibattuto il problema di uno spostamento a sinistra dell' asse del Governo. egli non solo non ha avuto questa prudenza, ma si è presentato come la lancia spezzata dei più oltranzisti tra gli avversari di una politica di disarmo. è giunto a difendere, non so con quali argomenti, perché la causa è veramente difficile a difendersi, la vecchia posizione occidentale, secondo la quale bisogna stabilire un controllo prima di aver preso un qualsiasi impegno reciproco di disarmo. non si comprende bene a che cosa il controllo servirebbe, in questo caso. forse a fare un assurdo censimento mondiale di tutte le armi per decidere poi quelle che devono essere distrutte e quelle invece — che possono continuare ad essere adoperate. posizioni assurde, nelle quali l' onorevole Martino ha impegnato la responsabilità del nostro paese e sulle quali, io credo, la maggioranza dei cittadini italiani non possono e non debbono consentire. il piano per il quale egli ha parlato esclude qualsiasi impegno concreto di disarmo. si esaurisce nel fissare i termini generali per l' istituzione di nuove commissioni, e nel fare vaghe promesse per un futuro che non si precisa, mentre dall' altra parte sono state avanzate proposte concrete di riduzione controllata di armamenti entro un determinato periodo di tempo , e non in forma ultimativa ma come base di discussione. ora io chiedo: siete voi d' accordo con le posizioni dell' onorevole Martino? se voi siete d' accordo con queste posizioni vuol dire che, effettivamente, anziché volere un maggiore impegno per una politica di pace e di distensione, voi non siete capaci nemmeno di avvicinarvi all' elaborazione di una politica concreta di distensione e di pace. per quel che si riferisce alla situazione interna e alle questioni ad essa collegate, dominante è oggi il tema della ripresa economica . questo tema è stato dominante nell' esposizione, in realtà assai povera, fatta dall' onorevole Mattarella, il quale, parlando a nome della Democrazia Cristiana si è accontentato di leggerci alcune di quelle cifre che tutti abbiamo avuto occasione di vedere nel testo della relazione economica generale che ci è stata distribuita. egli ha fatto, e da molti viene fatta, l' esaltazione della ripresa economica , il che è sempre possibile in periodo di alta congiuntura. tutti possiamo essere sodisfatti dello sviluppo economico che vi è stato perché esso è opera del lavoro italiano, dell' attività, dello sforzo e anche del sacrificio della grande maggioranza dei cittadini italiani. però, la questione che si pone è quella del carattere che ha avuto e mantiene lo sviluppo economico del nostro paese e che risulta particolarmente evidente in questo periodo di ripresa. indichiamolo rapidamente. un aumento della produzione industriale innegabile, che tocca il 10,9 per cento nell' ultimo anno in confronto col precedente, che però fu un anno di depressione. di conseguenza una enorme accumulazione di ricchezza e di potere economico a uno dei poli della società, nelle mani dei grandi gruppi monopolistici che dominano la vita economica del paese. come fattore decisivo di questo sviluppo, una incredibile intensificazione del ritmo e del rendimento del lavoro nelle fabbriche, in tutte le fabbriche del nostro paese e prima di tutto in quelle dei grandi complessi monopolistici. l' aumento dei salari che vi è stato non tocca nemmeno la decima parte di questa intensificazione del ritmo del lavoro, e quindi dello sfruttamento della forza di lavoro dell' operaio. ma oltre a questo squilibrio fondamentale di classe, sono rimasti, rimangono, si sono accresciuti e si accrescono altri squilibri. il primo, il più grave, è tra industria e agricoltura. nell' agricoltura abbiamo, sì, un aumento del 3 per cento della produzione agricola, ma ad esso corrisponde una diminuzione quasi analoga del reddito agricolo. vuol dire che si apre tra l' agricoltura e l' industria una forbice preoccupante. gli squilibri regionali, poi, si sono accentuati; regioni intere si trovano di fronte alla prospettiva della decadenza, non avendo assistito ad alcuno sviluppo industriale nel corso degli ultimi anni, e si è accentuato lo squilibrio fondamentale, tra il nord e il sud. tutte queste constatazioni che si possono fare sulla base delle statistiche, si traducono per il cittadino in fatti assai concreti, nel disagio, nella miseria, nel tormento della esistenza di decine di milioni di lavoratori. i salari che noi abbiamo sono i più bassi di tutta l' Europa occidentale . l' aumento dei salari reali dal 1950 al 1958 che, secondo le statistiche, sarebbe stato in Italia del 15 per cento , è stato nella Germania occidentale del 56, in Olanda del 32, in Francia del 42, in Belgio del 27 per cento . la rapacità del nostro ceto industriale, dei grandi monopoli industriali italiani risulta evidente da queste cifre. le cifre dell' occupazione e della sottoccupazione permangono a livelli che non hanno confronti in nessun altro paese dell' Europa occidentale . ma oltre a questo esistono infiniti altri squilibri e sperequazioni. non bisogna contentarsi delle medie che ci vengono date. sì, a Milano viene data una media di reddito annuo per abitante di oltre 300 mila lire. però a Milano l' operaio qualificato meccanico ricava in media dalle 50 alle 55 mila lire al mese. il manovale — ed oggi i manovali tendono a prevalere nelle grandi fabbriche, perché tale è la tendenza dell' organizzazione della fabbrica moderna — percepisce da 44 a 50 mila lire al mese, mentre il minimo vitale costatato ufficialmente dagli uffici municipali è di 84 mila lire al mese. e tralascio le altre categorie, come il settore dell' abbigliamento in cui la media mensile è di 30 mila ed altre che stanno più in basso. sorge così un gravissimo problema, di fronte al quale è assurdo che noi da anni chiudiamo gli occhi, il problema dell' orario di lavoro . oggi in Italia non si fanno più le otto ore, perché, per riparare alla grave situazione in cui versa, l' operaio è costretto a fare una, due e anche più ore straordinarie. questa è la situazione che si può riscontrare in tutte le fabbriche. le otto ore non esistono più: abbiamo le dieci e anche le dodici ore. aggiungiamo a questo gli squilibri regionali spaventosi, che non possono non preoccupare. tanto per citare un esempio, il salario minimo nel campo metalmeccanico è a Siracusa inferiore del 25 per cento a quello della stessa categoria dell' Italia settentrionale. a che punto sta, a questo proposito, l' applicazione della legge per la validità dei contratti di lavoro erga omnes ? onorevole Tambroni, ella non ne ha parlato nella sua esposizione programmatica. esiste una situazione concreta, di fatto, a cui bisogna porre riparo attraverso l' applicazione di questa legge. questa legge è stata approvata dal Parlamento, ma non credo abbia finora dato luogo a nessun atto preciso di Governo che valga a stabilire una situazione più sopportabile per i lavoratori di intere regioni d' Italia. se passiamo all' agricoltura, la situazione non è meno grave. il reddito del mezzadro nella provincia di Bologna — provincia dove si dice esista un certo benessere — è di 260-300 lire a testa al giorno; annualmente oscilla tra le 99 mila e le 127 mila lire. dove vi sono stati investimenti, il reddito sale a 150 mila lire, vale a dire 400 lire al giorno. per i braccianti le ultime cifre ci danno un salario di 1.700 lire giornaliere a Milano, ma ci danno un salario di 903 lire a Sassari, 971 a Palermo, 817 a Cosenza. tra operai adulti e giovani operai il divario di salario è del 50 per cento . a Milano il salario settimanale di un giovane operaio tocca la cifra massima di 7.400 lire, partendo da un minimo di 3.900 lire. a Napoli, alla fine dell' apprendistato, cioè a 21 anni, il giovane operaio percepisce tre mila lire per settimana. ecco la situazione della nostra classe operaia , dei nostri lavoratori. vogliamo preoccuparci di questa situazione e partire da qui per costruire una politica economica nazionale? ma non si può costruire in questo campo una politica economica nazionale se non dando inizio a un' azione antimonopolistica, con atti che facciano sentire veramente a tutto il paese che nel Governo esiste la volontà di tagliare le unghie ai grandi sfruttatori della forza di lavoro italiana, ai trivellatori delle ricchezze della nazione. ma non è questa l' intenzione del Governo, onorevole Tambroni, il Governo di cui ella faceva parte come ministro del Bilancio e che era presieduto dall' onorevole Segni ha attuato la famosa riduzione dell' 1,40 per cento dei salari per la riorganizzazione del fondo pensioni. oltre a ciò, ella, onorevole Tambroni, credo il 19 febbraio di quest' anno, ha presentato un disegno di legge in cui si propone una nuova riduzione dello 0,35 per cento , sempre con qualche pretesto amministrativo. in questo modo si calcola — o almeno calcolano i dirigenti sindacali — che dei 200 miliardi che sono stati conquistati dagli operai con le lotte economiche dell' anno passato, ben 60 miliardi sono stati assorbiti da queste misure di cosiddetta riorganizzazione del fondo pensioni. dei pensionati non parlo, perché tutti sapete, onorevoli colleghi , che essi vivono tutti in condizioni miserevoli. o meglio, non tutti. ho ricevuto una lettera — scusate se ve ne do conoscenza — in cui un operaio meccanico specializzato mi dice che dopo aver versato 30 anni di marchette egli riceve oggi una pensione di 17 mila lire al mese. in pari tempo mi segnala il caso di un umile servitore della Pubblica Amministrazione il quale è stato messo a riposo con una pensione di 35 mila lire al mese. ma sapete chi è? » il cane poliziotto Dox. ora, io non contesto a questo animale intelligente e anche simpatico, che ho avuto occasione di ammirare, le sue zuppe quotidiane e la paglia secca per riposarsi; però riconosco che per avere questa fortuna in Italia non basta nemmeno essere poliziotto; bisogna anche essere un cane! la realtà è che esiste in Italia una fascia vastissima, abbracciante la maggioranza della nostra popolazione lavoratrice, di disagio, con tendenza alla miseria e con tendenza al peggioramento, soprattutto negli ultimi tempi, per l' aumento che stanno subendo i prezzi. di qui il malcontento, di qui i movimenti che hanno avuto luogo nel corso degli ultimi tempi, né credo che voi, colleghi del Governo, della Democrazia Cristiana e di altri partiti, vorrete attribuirli all' opera dei soliti sobillatori. si tratta di manifestazioni unitarie, partite soprattutto dalle campagne e che riguardano regioni intiere: il Veneto, la Calabria, la Puglia, la Lucania, la Toscana. ricordate lo scoppio di collera del Fucino, il movimento di occupazione di terre dell' Arneo, in provincia di Lecce, le proteste in provincia di Matera contro la miseria, per, chiedere che venga utilizzato, finalmente, quel metano che apre una speranza di un certo sviluppo economico a quella regione. ricordate gli ultimi movimenti, di cui abbiamo avuto notizia ieri, da un' altra provincia delle Puglie. e accanto a questo le proteste di regioni intiere per la situazione disperata in cui esse si trovano e le richieste avanzate dall' Umbria, dalla Toscana, dall' Emilia, per richiedere che venga applicata la Costituzione repubblicana, realizzando quel regime di autonomia regionale , che è stabilito nella nostra Costituzione come una realtà del nostro ordinamento politico, non come una speranza o una attesa. si ha l' impressione che una parte della popolazione, ma una parte molto grande, solo adesso si accorge di ciò che deve essere la Repubblica. se ne accorge dopo aver visto per anni e anni di seguito le promesse venire dopo le promesse, ma non essere mai mantenute. se ne accorge di fronte allo spettacolo della decadenza economica che la circonda e alla realtà del proprio disagio, mentre sente esaltare i grandi successi e l' avanzata dei grandi monopoli capitalistici. sente che la Repubblica deve essere un organismo il quale sodisfi le esigenze di vita delle grandi masse lavoratrici e che estenda le forme di organizzazione della democrazia in modo che dal basso possano intervenire quella spinta e quell' azione che sono necessarie e indispensabili affinché uno sviluppo economico venga sollecitato da adeguate misure, realizzato attraverso una politica organicamente concepita e organicamente applicata. onorevole Tambroni, quale è la vostra posizione a proposito dei gravi, indilazionabili problemi che sorgono da questa situazione? voi affermate di essere un Governo amministrativo. contesto questa affermazione. voi non siete un Governo amministrativo, siete un governo politico, perché sulle questioni principali che si sono poste negli ultimi tempi, che sorgono dal movimento di masse ingenti della popolazione, che sono state dibattute nelle trattative stesse per costituire il Governo e all' interno di tutti i partiti, voi prendete posizione contro determinate soluzioni e sbarrate la strada, in questo modo, a quegli adempimenti e a quelle realizzazioni che ormai sono diventati inevitabili. voi avete introdotto nella vostra esposizione persino alcune frasi che vogliono suonare critica al regime dell' autonomia speciale di cui godono la Sicilia e la Sardegna. per quel che riguarda l' ordinamento regionale, la cui realizzazione è urgente necessità del momento politico italiano, voi tacete. fate una promessa, direi piuttosto una mezza promessa, a proposito del Friuli Venezia Giulia ; però immediatamente aggiungete che questo dipenderà dal parere della commissione. ritorna, così, il vecchio doppio giuoco: il Governo promette una cosa, ma in Commissione i democratici cristiani , che forse appartengono ad un' altra corrente o alla stessa a cui appartiene il presidente del Consiglio , votano contro; ed il problema non viene risolto. a proposito della energia elettrica voi respingete il programma di nazionalizzazione dei grandi monopoli elettrici, che è ormai maturo e ha dato luogo, in grandi centri come Milano, a uno schieramento di tutti i partiti politici eccetto quelli che sono asserviti ai grandi monopoli elettrici, per chiedere la nazionalizzazione. ripresentate, facendola vostra, la legge Colombo, la quale respinge persino quel proposito di nazionalizzazione di tutti gli impianti nucleari di produzione di energia elettrica che per lo meno dai colloqui che avevamo avuto con l' onorevole Segni e da ciò che era circolato sui giornali, si poteva pensare fosse ormai una conquista acquisita da parte della stessa direzione della Democrazia Cristiana . per ciò che si riferisce alla campagna, che cosa significa il fatto che vogliate prolungare il piano verde a dieci anni? intendete far questo raddoppiando gli stanziamenti oppure mantenendoli nella stessa misura? perché, in quest' ultimo caso, raddoppiare la durata del piano significherebbe soltanto ridurre a metà l' efficacia del piano stesso così come esso è ora concepito. ma circa il modo di applicazione del piano verde, che è il problema che oggi viene dibattuto nelle campagne, siete a favore o contro uno spostamento delle sue misure a vantaggio dei piccoli e medi coltivatori? per tutte queste questioni voi fate ostacolo al progresso che deve essere compiuto. ma esiste un altro problema, che è problema di fondo . voi perpetuate, con la vostra presenza al Governo, e la perpetuate proprio presentandovi come Governo puramente amministrativo, la politica la quale ha condotto ai risultati che oggi la maggioranza della nostra Assemblea deplora e considera segno di decadenza del regime democratico e parlamentare. voi perpetuate il monopolio politico della Democrazia Cristiana , mettendogli la nuova maschera del Governo amministrativo. ma io vi chiedo: dal momento che siete un Governo amministrativo, ciò vuol forse dire che sarà diminuito di una linea il potere che il partito democratico cristiano e i suoi dirigenti continueranno a esercitare attraverso il Governo e il sottogoverno, per mezzo delle scelte, delle nomine, delle discriminazioni e così via ? sarà diminuito di una linea questo potere? no, sarà probabilmente accresciuto, perché il controllo sarà anche meno efficace di quanto abbia potuto essere nel passato. se volevate costituire un Governo amministrativo, avevate la strada di chiamare a questo Governo amministrativo anche i rappresentanti di altri partiti: forse non si sarebbero rifiutati. allora avreste dimostrato che non vi è in voi questa cupidigia di potere esclusivo che è l' impronta di tutta l' attività del vostro partito. per ciò che riguarda la continuazione, come voi avete detto, della lotta contro la corruzione, vi ha già efficacemente risposto il compagno Gullo. ma io debbo darvi ancora una risposta per ciò che riguarda i problemi della libertà. voi dite che continuerete nella difesa della libertà. come continuerete? ma se la libertà è stata minacciata negli ultimi dieci anni lo è stata dalla politica del partito della Democrazia Cristiana . il punto decisivo per decidere se vi è uno sviluppo democratico e se vi è garanzia di libertà, in un paese moderno, sono le condizioni fatte all' operaio, al lavoratore nelle fabbriche, sul luogo di lavoro. e noi sappiamo che ivi la libertà non vi è, che attraverso la persecuzione e la discriminazione sul lavoro e negli uffici di collocamento le libertà sindacali e le libertà politiche del lavoratore vengono sistematicamente calpestate e distrutte. che cosa avete da dire a questo proposito? il Governo ha nelle proprie mani gli strumenti necessari per far fronte a questa situazione e radicalmente correggerla, se vuole. ma la questione della libertà ha anche un altro aspetto. se si considera l' atteggiamento che hanno i dirigenti del partito della Democrazia Cristiana , che avete voi, che ha avuto l' onorevole Segni, che hanno avuto altri ministri e presidenti del Consiglio , si deve concludere che noi siamo decaduti da un regime in cui la libertà è sancita dalla Costituzione e dalle leggi e i diritti del cittadino sono proclamati dalla Costituzione e dalle leggi in termini invariabili a un regime in cui i diritti del cittadino sono octroyés, concessi, volta per volta, dal benestare, dalla benevolenza del presidente del Consiglio , del ministro dell'Interno , di quello o quell' altro esponente della formazione governativa. non escludo, onorevole Tambroni, che l' animo suo sia disposto in questo campo ad essere più arrendevole di altri. non lo escludo, ma non mi interessa questo problema, mi interessa il principio. la difesa della libertà e dei diritti del cittadino, il rispetto delle norme e dei termini che sono scritti nelle leggi, sono qualcosa che deve valere prima di tutto per il Governo, altrimenti i cittadini sono essi stessi nella situazione che domani potranno invocare la vostra carenza per giustificare qualsiasi azione loro. lo scivolamento da un regime democratico a un regime paternalista è una delle cose peggiori che possano avvenire in un paese che è uscito da una tragica esperienza come quella del fascismo. la vostra soluzione, quindi, è la peggiore delle soluzioni che potevano essere date a questa crisi governativa . da questa convinzione noi partiremo nel votare contro il vostro Governo. e stiano tranquilli i colleghi di parte repubblicana, il cui organo di stampa ha detto che si preparerebbero nelle nostre file degli squagliamenti, non so come organizzati. no, noi non prenderemo esempio dalla minoranza, sia pure esigua, del partito repubblicano . e circa le prospettive, poiché ci si dice che, se il Governo cadrà, vi sarà un Governo di destra alla testa del quale vi saranno non sappiamo quale Taviani o Andreotti che potrebbero darci non so quali noie, ebbene, questo è un problema che esamineremo a suo tempo, se si porrà. il blocco esplicito della Democrazia Cristiana con i partiti della destra creerebbe una situazione che sarà compito nostro esaminare, per derivare da esso le conseguenze che dovranno esserne derivate. ma in un certo senso, per ciò che si riferisce alla moralità e alla chiarezza dei rapporti politici, direi che sarebbe perfino da preferire un Governo che si regga attraverso un esplicito blocco programmatico di destra, a un Governo il quale si regga, come il vostro forse si reggerà, con l' ennesimo acquisto di voti da quel partito comodino che è il Movimento Sociale Italiano . onorevole presidente del Consiglio , desidero precisare che il nostro voto sarebbe contrario anche nel caso in cui ella, attraverso nuove dichiarazioni, tentasse di presentarsi come una specie di Governo-ponte verso una soluzione di sinistra. si tratterebbe infatti, in questo caso, di un espediente più raffinato, ma analogo alle vecchie collaborazioni servili a un governo clericale. la sfera della corruzione e della demoralizzazione politica verrebbe estesa in tutte le direzioni a proposito di ogni voto, di ogni misura governativa, di ogni vertenza sindacale. nell' urna dei voti segreti, più non si riuscirebbe a distinguere, nemmeno con lontana approssimazione, come si sarebbe formata una maggioranza. tutto ciò che è essenziale al corretto funzionamento delle istituzioni parlamentari si sarebbe messo da parte o snaturato. l' istituto stesso del Parlamento scenderebbe più in basso di parecchi gradini. l' agitazione antiparlamentare troverebbe in questa realtà efficace alimento e i pericoli che questa agitazione rivela diventerebbero più gravi. e che cosa corrisponderebbe di fatto a questo Governo non politico, di semplice amministrazione, di rinvio, di ponte per la soluzione di problemi che non si devono rinviare? corrisponderebbe sempre e soltanto la prosecuzione senza limite alcuno del monopolio politico democristiano, l' affermarsi di una volontà di incontrollato dominio che le vicende stesse della crisi hanno esasperato. noi voteremo, quindi, contro e in ogni occasione faremo di tutto per rendere possibile e — se dipenderà da noi — per affrettare la caduta del vostro Governo. quale Governo vogliamo noi dunque? vocia destra. lo sappiamo! si è parlato e trattato di una soluzione di centrosinistra. ora, noi sappiamo benissimo che siffatta soluzione veniva in gran parte, per lo meno, perseguita con spirito anticomunista. vi era chi la perseguiva per sfondare a sinistra, come è stato detto al congresso di Firenze, e la sinistra in questo caso saremmo noi. altri la perseguiva per realizzare quel bizzarro ed ossessivo sogno dei dirigenti democristiani che è l' isolamento del nostro partito. i dirigenti della Democrazia Cristiana non hanno ancora capito che questo problema, per un partito come il nostro, non si pone più, dati i rapporti reali, date le radici che noi abbiamo affondato nelle masse lavoratrici . se mai, si isolano coloro che non tengono conto della nostra esistenza ed attuano verso di noi una politica di pura discriminazione. con questo spirito anticomunista, in sostanza, da molti sono state rivolte al partito socialista quelle ingiunzioni e quelle lusinghe che tutti conoscete. nella mente di chi le ha mosse probabilmente non v' è altro che il proposito di fare col partito socialista la stessa cosa che venne fatta in passato coi partiti che collaborarono dopo il 1948 con la Democrazia Cristiana e che voi sapete come uscirono infranti da quella collaborazione. cioè, asservire anche il partito socialista , portarlo a una crisi di fondo, fargli perdere quella forza che gli viene, e che noi auguriamo al partito socialista che continui a venirgli, dal contatto con le masse operaie, contadine e di ceto medio di opinioni avanzate, di coscienza democratica e socialista. tutte queste cose le sapevamo e le sappiamo. ma nonostante questo, noi consideriamo che uno spostamento a sinistra dell' asse governativo sarebbe stato cosa favorevole, in quanto per la prima volta noi vedevamo che non era legato soltanto alla illusorietà di una formula, ma a rivendicazioni precise, nelle quali potevamo in gran parte concordare e che ritenevamo fossero ragionevoli, giuste, adeguate alla situazione del momento. il pericolo che vedevamo e vediamo sempre è che, partendo da queste rivendicazioni, si giunga, attraverso le successive concessioni al partito dominante, a perdere qualsiasi qualifica programmatica, cioè a costituire di nuovo un Governo del vecchio tipo, che rinnovi la vecchia pratica centrista. questo è un pericolo e noi apertamente lo denunciamo. il processo di spostamento a sinistra dell' asse governativo è cosa necessaria, e nella misura in cui potrà dipendere da noi cercheremo di favorirlo. creare una situazione nuova, diversa, rompere il monopolio politico della Democrazia Cristiana , tornare a una realtà politica, quale è preveduta e tracciata a grandi linee dalla Costituzione repubblicana, riconosciamo però che non è cosa facile, oggi. non si potrà ottenere né in un giorno né in un anno. si deve quindi saper seguire, per ottenere questo scopo, tutte le strade possibili: oltre a quella dello spostamento dell' asse governativo, non si deve abbandonare la via delle convergenze, dei contatti, delle collaborazioni, delle comprensioni con forze che, provenendo da tutti i settori democratici e liberali, si orientino per il sodisfacimento di alcuni fondamentali rivendicazioni, quelle che oggi sorgono dalla realtà stessa del nostro paese e dalla coscienza delle masse lavoratrici . è in questa linea di molteplice attività che noi continueremo a muoverci. essenziale abbiamo detto al nostro congresso e ripetiamo qui — è che si formi una nuova maggioranza democratica di sinistra. se, nel porre questa esigenza, solleviamo il problema delle discriminazioni e condanniamo le discriminazioni politiche, lo facciamo non a difesa nostra, perché noi siamo cresciuti e andati avanti nel regime delle più aspre discriminazioni, prima fasciste e poi clericali: lo facciamo a difesa dei principi della democrazia che stanno alla base della Carta Costituzionale e sui quali deve essere costruito l' edificio politico italiano. andremo avanti in tutte le direzioni che ho indicato. sappiamo e ripetiamo che elemento essenziale perché una nuova maggioranza democratica di sinistra si costituisca e possa assumere la direzione politica del paese, è il movimento, l' agitazione, la lotta delle masse lavoratrici operaie, contadine, del ceto medio , degli intellettuali, di tutti coloro che oggi sono colpiti nei loro interessi, nelle loro aspirazioni, nei loro ideali dalla situazione che si è creata, di coloro che vogliono salvare la democrazia italiana, che vogliono difenderla e farla progredire. forze della libera espressione dei cittadini, ma ogni responsabile azione in questo senso, può dare la misura dell' effettiva volontà politica di aiutare l' affermarsi di quanto è giusto ed onesto. per questo intendiamo sostenere il Governo che la Democrazia Cristiana sta cercando di assicurare alla guida del paese, quando esso afferma la necessità di una ricerca che deve essere condotta con spirito aperto e liberale, per trovare soluzione alle difficoltà di carattere internazionale che intorno alla questione sono andate formandosi. secondo noi, che viviamo direttamente questa vicenda, sarà bene procedere sollecitamente al previsto incontro con il governo austriaco , che ha fatto proprio il desiderio di vedere superati i contrasti derivanti dall' attuazione dell' accordo di Parigi: riteniamo infatti necessario e quindi auspicabile che l' aspetto internazionale della questione trovi la sua conclusione al più presto; al più presto, per dare modo ad una effettiva, ripresa dei contatti politici che in sede interna potrebbero dimostrarsi, per tutti, i più adatti e naturali a garantire un positivo processo di reciproco maggiore rispetto e di intesa tra le popolazioni di lingua diversa che vivono nella stessa terra. lasciare aperta ulteriormente una fase della questione non può servire a quanti concretamente operano per ristabilire limiti realistici a situazioni che condizionano ogni progresso duraturo della vita locale. se tra i due governi italiano ed austriaco — così come è nelle nostre attese — si troverà lo spirito che ha permesso di raggiungere, con reciproca sodisfazione, l' accordo De Gasperi-Gruber , non vi possono essere dubbi sulla possibilità di un completo chiarimento della reale portata dell' attuazione dell' accordo di Parigi, che può essere data in base all' attuale statuto speciale autonomo. statuto che, ancora oggi, si presenta, nei suoi limiti costituzionali, come possibile base di incontro e di sviluppo, se non si cerca di dare all' autonomia l' esclusivo significato di strumento di blocco etnico; in questo senso respingiamo quanto è stato qui affermato, e cioè che sinora si sia solo agito con spirito nostalgico, che per parte nostra abbiamo sempre contrastato, per svuotare, a svantaggio del gruppo etnico tedesco, la portata politica dello statuto di autonomia. non è stato facile procedere, è vero. ma i progressi non possono mai dipendere da uno sforzo unilaterale di obiettività e di lealtà costituzionale. a questa lotta noi continueremo a dedicarci e siamo certi di avere la forza necessaria per portarla avanti, fino al conseguimento di nuovi successi.