Pietro NENNI - Deputato Maggioranza
III Legislatura - Assemblea n. 269 - seduta del 06-04-1960
Modificazioni al regime fiscale di prodotti petroliferi
1960 - Governo I Moro - Legislatura n. 4 - Seduta n. 122
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , è opinione generale del Parlamento e del paese che la soluzione della crisi ministeriale non abbia chiuso la crisi politica ma l' abbia aggravata rischiando addirittura di trasformarla in una crisi delle istituzioni. importa quindi, a giudizio nostro, che ogni gruppo parlamentare si esprima senza equivoci e senza reticenze; allora, forse, la soluzione, che non è venuta attraverso il meccanismo delle consultazioni e degli incarichi, può darsi venga dal Parlamento. problema di fondo della crisi è stato e rimane quello dei socialisti. ciò perché la situazione politica italiana nel suo sviluppo è giunta ad un punto cruciale , tanto che alcuni importanti organi di opinione moderata europea (più chiaroveggenti dei nostri) considerano ormai inevitabile e improcrastinabile quella scelta fondamentale alla quale faceva riferimento lo stesso neopresidente del Consiglio nel suo discorso al congresso democristiano di Firenze: una scelta fra il conservatorismo, e quindi la cristallizzazione degli squilibri, e il progresso sociale , e quindi le riforme di struttura inerenti alla formazione e alla distribuzione della ricchezza nazionale. la collocazione al centro della vita nazionale del problema dei socialisti e del socialismo non nasce da artifici del mio partito o miei; non nasce da viltà altrui, come è stato detto nel corso di quest' ultimo mese: nasce dalle cose, anzi dal progresso delle cose; si inserisce nelle prospettive di una favorevole congiuntura economica inerente al prodigioso sviluppo dei mezzi di produzione; si inquadra nelle condizioni di relativo equilibrio internazionale create dalla politica della distensione. il problema dei socialisti è, in questo senso, il problema del progresso che la nostra società nazionale deve fare e che farà, seppure non senza incontrare asperrime opposizioni, quelle medesime che da un mese in qua si sono disfrenate per impedire che si compisse il primo passo (timido passo, in verità) accennato dalla direzione della Democrazia Cristiana , con la decisione di promuovere la formazione di un Governo programmatico di centrosinistra, di un Governo cioè che non affidasse la propria qualificazione alle formule ed agli uomini, ma l' affidasse al programma, anzi ad alcuni. punti fondamentali di un programma, tali da rappresentare una svolta. fu questo l' impegno che noi socialisti prendemmo; tale esso rimane nella crisi che continua al di là della crisi ministeriale. ed è per fedeltà a questo impegno che daremo voto contrario al ministero Tambroni e che sollecitiamo la Camera a rovesciarlo per ricondurre la crisi sui suoi binari ed ottenere dalla Democrazia Cristiana la scelta che non ha voluto fare cedendo alle pressioni, alle minacce ed ai ricatti che nei suoi confronti hanno giocato pressoché a colpo sicuro. la nostra posizione, la nostra assunzione di responsabilità non è mai mutata nel corso della crisi. essa fu determinata in termini precisi sin dall' inizio della crisi con la deliberazione della direzione del partito del 25 febbraio. fin da allora la direzione del partito disse, in accordo con i gruppi parlamentari del Senato e della Camera, che condizionava la propria posizione nei confronti di una nuova maggioranza e di un nuovo Governo, non a parole, non a formule, a combinazioni surrogative degli equivoci e delle ambivalenze centriste dell' ultimo decennio, ma ad impegni programmatici e ad atti significativi di rottura con la destra economica e politica. una tale politica — diceva il documento della direzione del nostro partito — ha il suo banco di prova nei problemi già maturi socialmente e tecnicamente per una soluzione democratica, quali le regioni, la nazionalizzazione delle fonti energetiche elettriche, a cominciare da quella nucleare, la democratizzazione della scuola pubblica. né la direzione, né i gruppi parlamentari del nostro partito hanno avuto occasione di mutare alcunché a tale deliberazione, non una virgola; essa rimane per noi il documento in base al quale continueremo a svolgere la nostra azione politica nel Parlamento e nel paese. con quella deliberazione il partito socialista non poneva il problema dell' apertura a sinistra nei termini in cui di essa si era discusso nel 1954-55, nei termini cioè di un suo organico inserimento in una nuova maggioranza parlamentare ; ma annunciava una posizione d' attesa nei confronti di un ministero il quale, in tutto o in parte, avesse fatto proprie le esigenze programmatiche da noi indicate. nel corso delle consultazioni, i nostri gruppi parlamentari fecero presente al Capo dello Stato , al presidente della Camera quando ebbe il mandato esplorativo , all' onorevole Segni quando ricevette il mandato di costituire il nuovo gabinetto, che codesta posizione d' attesa avrebbe trovato la sua espressione nella nostra astensione al momento del voto di fiducia , salvo a vedere più tardi, sulla base dell' esperienza e dei fatti, quale atteggiamento avremmo tenuto nei confronti dei singoli progetti di legge . non era molto: era abbastanza per garantire il nuovo ministero di centrosinistra dagli attacchi esterni della destra e dalle imboscate interne dei « franchi tiratori » , era abbastanza per eliminare lo stato di necessità al quale la Democrazia Cristiana si era riferita, prima e dopo il suo congresso di Firenze, per giustificare l' accettazione di voti liberali e di voti dell' estrema destra . non era molto, ma era abbastanza perché i pochi giornali borghesi che non hanno assunto una posizione di battaglia contro il tentativo di formare un gabinetto di centrosinistra parlassero — e non a torto, a mio giudizio — quasi di un fatto storico, o per lo meno di una svolta di enorme portata. che cosa è stato acquisito nel corso della crisi ministeriale? è stato acquisito, con la deliberazione del 9 marzo della direzione centrale della Democrazia Cristiana , — che le forze politiche alle quali la Democrazia Cristiana si rivolgeva per una collaborazione erano la socialdemocrazia ed il partito repubblicano , con l' esclusione questa volta dei liberali. è stato acquisito che, per parte loro, socialdemocratici e repubblicani accettavano nella loro sostanza i tre punti programmatici enunciati dal nostro partito e non si rifugiavano dietro la menzogna di una maggioranza da raggiungere con l' apporto di alcuni indipendenti, ma consideravano l' astensione dei socialisti come il fatto determinante di una svolta dell' intera situazione politica italiana . è stato acquisito — o almeno è sembrato che lo fosse con la nota ufficiosa dell' Agenzia Italia , della quale il segretario della Democrazia Cristiana onorevole Moro ha assunto le responsabilità — che piazza del Gesù aderiva sostanzialmente al punto di vista socialdemocratico e repubblicano. diceva quella nota che una scelta a destra della Democrazia Cristiana era impossibile, perché avrebbe offerto alla sinistra pericolose armi per capovolgere la situazione politica del paese e perché avrebbe segnato una rottura, irreparabile con tutte le sinistre moderate in tutte le pubbliche amministrazioni. il problema dei socialisti veniva nella nota dell' Agenzia Italia posto nei termini seguenti: « l' ipotesi di un appoggio esterno fornito dal partito socialista italiano deve essere considerata un fatto non condizionante del Governo, il quale sarebbe caratterizzato dal suo programma e dalla tradizione dei partiti che vi partecipano. se di fronte a chiare prese di posizione, di fedeltà democratica del Governo tripartito, questo appoggio venisse acquisito, non si avrebbe altro che un' occasione offerta al partito socialista italiano per dimostrare la propria autonomia » . è stata acquisita anche un' altra cosa, certamente la più importante ed anche la più grave di tutte, e cioè che il congresso di Firenze dell' ottobre scorso non ha chiarito nulla all' interno della Democrazia Cristiana , ha lasciato, l' uno a lato dell' altro, due gruppi, di cui uno — quello di destra — è minoranza nella direzione del partito e lo è assai probabilmente nel Consiglio nazionale , ma, sostenuto da forze esterne, è tuttora e più che mai in grado di imporre alla maggioranza la propria volontà. così soltanto si spiega come dalle posizioni da cui la crisi è partita si sia arrivati al ministero di affari che sta di fronte alla Camera. si è parlato di mistero. onorevoli colleghi , non c' è nessun mistero; c' è una vittoria dei gruppi di pressione , quelli, in primo luogo, delle baronie elettriche e quelli dei clericali. c' è una vittoria della destra interna della Democrazia Cristiana in collusione aperta con quella esterna fino ai fascisti, i quali si preparano a tornare nella maggioranza e che ad una maggioranza da loro condizionata imprimeranno il suggello non già della forza che non hanno, bensì di ciò che rappresentano nella nostra società in violento contrasto con tutta la tradizione democratica italiana e con i valori della Resistenza dai quali la Repubblica è sorta ed ai quali si richiama il più vasto settore della Democrazia Cristiana che nella Resistenza riconosce le proprie origini. se poi si tratterà di una vittoria di Pirro o no, lo si vedrà. ma questo è il fatto che sta di fronte al Parlamento e che il Parlamento è chiamato a giudicare, passando sopra la testa di un ministero introvabile che hai giorni o le settimane o i mesi contati ed altro non è che il prodotto della fuga della Democrazia Cristiana di fronte alle responsabilità che le competono. in tale quadro, onorevoli colleghi , vanno considerati alcuni elementi della confusione generale in cui si è svolta la crisi, ad incominciare dalla decisione del Consiglio nazionale del partito liberale che è all' origine dell' apertura della crisi. nient' altro che un elemento di confusione fu, da parte della Democrazia Cristiana , la designazione dell' onorevole Segni per formare un ministero di centrosinistra, mentre l' onorevole Segni tenacemente, vorrei dire perfino onestamente, dentro il partito e fuori, si era battuto per lo statu quo , ravvisando nella maggioranza di destra che lo sosteneva non uno stato di necessità, ma poco meno che uno stato di elezione. un elemento di confusione, l' accettazione dell' incarico da parte dell' onorevole Segni ed i dieci giorni delle consultazioni « a bagnomaria » e delle trattative con i socialdemocratici e con i repubblicani bruscamente interrotte, lasciando sull' uscio della Camilluccia gli interlocutori, a mezzo della discussione, per andare a portare al Quirinale una rinuncia che nel suo spirito era matura fin dal primo momento. un elemento di confusione, dopo l' incarico all' onorevole Tambroni, la deliberazione del 23 marzo della direzione della Democrazia Cristiana che, passando la spugna sui labili precedenti impegni, si rifugiava dietro quella che il neopresidente del Consiglio ha chiamato nelle sue dichiarazioni la « preminenza del motivo amministrativo sul motivo politico » . un elemento di confusione, il fatto che la presentazione del ministero interinale venga fatta dell' onorevole Tambroni, cioè da chi parlò, al congresso democristiano di Firenze, della necessità di una scelta politica a sinistra, relegando tra gli eventi impossibili l' alleanza con i liberali e con le destre e movendo alle vecchie maggioranze centriste l' accusa, giusta, di aver mancato di volontà politica di fronte alle possibilità di sviluppo democratico ed economico offerte dalla distensione internazionale e dalla prospettiva economica. un elemento di confusione, il tentativo dei liberali e dei monarchici di trascinare nella mischia politica il Capo dello Stato , di metterne in discussione la funzione e le prerogative, senza del resto affrontare di petto l' argomento, sibbene arguendo di una sovrapposizione di poteri che non esiste se non nella misura in cui , come col viaggio a Mosca, il presidente della Repubblica , nell' ambito dei suoi poteri costituzionali, ha sopperito alle carenze degli altri. un elemento di confusione, infine, il discorso del presidente del Senato che, per avere un senso, comportava un seguito, comportava una battaglia politica ed una denuncia circostanziata, in mancanza delle quali il grido « così non si può andare avanti! » diviene una esercitazione di sapore retorico che concorre alla diseducazione politica del nostro paese e non l' aiuta a trovare la sua strada. signor presidente , mi attendevo la sua interruzione. desidero tuttavia far rilevare che ho parlato del presidente del Senato con tutto il rispetto dovuto alla funzione ed alla persona. ritengo però che non vi sia nessuno che possa essere al di sopra del giudizio del Parlamento. che cosa può capire l' opinione pubblica in una tale selva di incongruenze? per fortuna, il furore della destra economica e clericale ha aiutato il paese a capire almeno una cosa, cioè i sottintesi gollisti e l' aperto carattere autoritario delle pressioni che si sono esercitate sulla Democrazia Cristiana e che tentano di esercitarsi in questo momento sul Parlamento. nulla è mancato nel coro della grande paura. né le cose serie, né le cose buffe. non gli interventi che rientrano nell' ordine naturale delle cose, non gli interventi che traggono pretesto dalla fede religiosa per difendere privilegi strettamente materiali messi in causa dalla proposta nazionalizzazione di un servizio di interesse pubblico. queste pressioni non hanno conosciuto limiti. le più petulanti sono state quelle dei giornali clericali. sono penetrate assai più in profondità quelle dei gruppi economici che si sentono minacciati nei loro privilegi, a cominciare naturalmente da quelli elettrici. le prime pressioni sono venute in particolare dalla stampa dell' Azione Cattolica e sono state sfruttate da quella dei grandi padroni, da quella della Confindustria, dai superstiti volteriani del giornalismo liberale. che manifestano oggi la loro erudizione nella citazione delle encicliche papali e delle omelie vescovili. un sacerdote ha detto sull' Avvenire d' Italia il suo scandalizzato stupore per i farisei che accorrono nelle anticamere ecclesiastiche ad avvertire che Annibale è alle porte. sono parole che si addicono assai bene ad organi di stampa i quali cercano di travolgere la Chiesa in campagne in cui sono in discussione interessi materiali che nulla hanno a che fare con la fede religiosa. si è parlato di veto, onorevoli colleghi , relativamente alle pressioni esercitate sulla Democrazia Cristiana e sull' onorevole Segni. personalmente condivido su questo punto l' opinione di Luigi Salvatorelli, secondo il quale si può parlare di opposizione di organi clericali, si può parlare di pronunciamenti privati o anche pubblici di uno o di un altro membro delle gerarchie, ma veto formale dell' autorità competente si può essere sicuri che non vi è stato. anzi direi che, mai come in questo caso, le stesse gerarchie ecclesiastiche hanno dato l' impressione di essere a loro volta divise, perlomeno incerte, anche se taluna delle loro manifestazioni ha pesato molto sulla crisi e ha pesato in modo ingiusto. i vescovi marchigiani hanno approfittato della crisi per ribadire la condanna di ogni forma di collaborazione con il partito socialista italiano. il padre gesuita Lener ha potuto scrivere che l' apertura a sinistra si presenta politicamente come una flagrante contraddizione e moralmente come un vero e proprio tradimento. è vero che egli ha anche scritto in termini significativi che la cosiddetta apertura a sinistra è per i cattolici argomento di ragione, argomento quindi opinabile, e non argomento di autorità, quindi non argomento di ubbidienza. si è letto sul Quotidiano che un Governo a direzione democratica cristiana non si deve fare e non si farà. il Nuovo cittadino , portavoce della curia di Genova, ha affermato che il centrosinistra significa, per la Democrazia Cristiana , rinnegare i suoi impegni con l' elettorato. il bollettino di informazioni del vicariato romano ha richiamato i cattolici ai limiti invalicabili a sinistra. si tratta di manifestazioni gravi le quali dimostrano come il clericalismo sia sempre vivo, addirittura nella forma di sanfedismo che ebbe nell' Ottocento nei confronti del socialismo, dopo di averla avuta nei confronti del liberalismo e della unità nazionale . ma da decenni l' avanguardia politica dei cattolici sa, da autorevoli fonti, che la resistenza agli interventi politici delle gerarchie non incrina la fede ed è soltanto una manifestazione di autonomia e di responsabilità. molto più pesante è stato l' attacco della destra economica. vi è stata tutta una campagna dei suoi organi di stampa contro la cosiddetta apertura al buio, mossa dalla pretesa e dalla illusione di mettere il partito socialista con le spalle al muro. vi è stato un tentativo di sollecitare da noi chiarimenti, impegni, chiusure verso i comunisti; a proposito delle quali noi non avevamo e non abbiamo nulla da aggiungere e nulla da togliere alle posizioni assunte dal nostro partito. quelle posizioni sono state da me ribadite ancora nei giorni scorsi in un discorso a Bruxelles diretto ai socialisti europei, cioè nella loro sede naturale. esse sono fondate sulla piena coscienza che abbiamo di ciò che ci divide dai comunisti sul piano delle prospettive e dei metodi d' azione nella lotta per il potere e nell' esercizio del potere, e circa il valore permanente della democrazia nella costruzione del socialismo. esse sono fondate sull' analoga coscienza che abbiamo negli interessi unitari di tutti i lavoratori nelle loro lotte di rivendicazioni. la campagna di stampa, che si richiama grossomodo alla tradizione liberale, non ha del resto. rispettata la stessa Democrazia Cristiana , nei confronti della quale ha mosso l' accusa di una frana psicologica e morale dei cattolici dinanzi al pericolo socialista. vi è stata una fioritura di dissertazioni sul fato e sulla nemesi dell' onorevole Moro. dopo la nota dell' Agenzia Italia la preoccupazione di questi fogli è stata espressa nell' interrogativo: « e se poi i socialisti accettano? » . non si è esitato a parlare di viltà nei confronti delle correnti di sinistra cattoliche. alla base di tutto questo non vi sono casi di coscienza, ma vi sono gli interessi delle baronie degli elettrici e dintorni. non toglie, onorevoli colleghi , che mezzi di tal genere abbiano provocato tra il 19 ed il 21 marzo la capitolazione della direzione della Democrazia Cristiana , abbiano dato la vittoria alla destra, abbiano portato al ministero di affari. ciò pone molti problemi, ed essenzialmente uno: quello del ruolo dei partiti in una moderna democrazia. esso non può essere se non quello di suscitare, di organizzare forze attorno ad una dottrina, ad una prospettiva, ad un programma; non può essere che quello di una scelta quotidiana sull' ordine di priorità dei problemi da risolvere, nonché sui metodi e sui mezzi per risolverli. ora, rispetto a questo compito, la Democrazia Cristiana si è avverata come il partito meno autonomo (essa che parla tanto della nostra autonomia!), il meno capace di decisioni, non solo perché alberga in sé — e in questo non è sola — due anime, quella progressiva e quella moderata, ma perché tra le due anime e tra i due indirizzi non fa intervenire la legge democratica del numero, la legge della maggioranza e della minoranza, ciascuna nell' ambito delle responsabilità che le sono proprie. io non ho nessun diritto, e non ho del resto nessuna intenzione di intervenire nei problemi interni della Democrazia Cristiana . ma in una situazione in cui i problemi interni di ognuno dei partiti assumono l' importanza di problemi nazionali, credo di poter dire che la Democrazia Cristiana non ha il diritto di rovesciare sul Parlamento le proprie contraddizioni, né il Parlamento ha il diritto di rovesciare le proprie difficoltà sul paese. onorevoli colleghi , si è molto parlato nelle scorse settimane di elezioni anticipate . un anno fa io individuai nell' anticipo delle elezioni il prezzo che il Parlamento avrebbe finito per dover pagare al rifiuto della Democrazia Cristiana di scegliere le proprie alleanze. non sarebbe, lo scioglimento, un colpo di stato , come scioccamente è stato detto, giacché esso è previsto e regolato dalla nostra Costituzione repubblicana. a parte la miseria che ci fa tremare davanti ad ogni spesa, noi socialisti ci sentiamo oggi in grado di affrontare con serenità e con fiducia il giudizio del corpo elettorale . tuttavia, onorevoli colleghi , neghiamo che esista uno stato di cose per cui non vi sia altro da fare che procedere allo scioglimento delle Camere . come contestiamo che esista lo stato di necessità col quale la Democrazia Cristiana ha giustificato ieri le sue collusioni con la destra; come neghiamo che tale stato di necessità esista oggi, mentre l' onorevole Tambroni sembra avviato a riprendere a suo conto i voti dell' estrema destra che persino l' onorevole Segni mostrò di non gradire, allorché, venuto meno l' appoggio critico dei liberali, si risolse a presentare le dimissioni senza neppure sollecitare il dibattito della Camera; così neghiamo che il Parlamento non sia in grado di esprimere una maggioranza. esso avrebbe potuto oggi esprimerne una di centrosinistra, se la Democrazia Cristiana non avesse capitolato davanti all' ukase dei gruppi di pressione di destra. né la nostra astensione avrebbe comportato altro prezzo se non la fedeltà al programma. dicemmo sempre molto chiaramente che non volevamo erigerci a condizionatori di un Governo, ma a condizionatori di un programma. ciò che il Parlamento non deve fare, onorevoli colleghi , è capitolare a sua volta, votando la fiducia ad un ministero il quale rappresenta la negazione in termini non solo delle nostre preoccupazioni, ma delle preoccupazioni del paese, che considera venuto il momento di affrontare finalmente i problemi di fondo della società italiana , ora che questo è possibile. mi chiedo, del resto, se al punto attuale della discussione, il neopresidente del Consiglio e quelli fra i membri del gabinetto che si sono rassegnati controvoglia al Governo amministrativo, non avvertano l' inutilità di persistere nel loro tentativo. noi contestiamo, in linea direi quasi di principio, il concetto di un Governo amministrativo. non lo è il suo, onorevole Tambroni, anche se si fosse limitato a chiedere una tregua ai partiti per votare i bilanci, perché il voto dei bilanci è atto politico per eccellenza. tuttavia, se si ammette l' ipotesi di un governo di tregua o di ponte, giustificato da condizioni o da difficoltà eccezionali (ciò che, a parer nostro, non è il caso), un tale Governo ha bisogno per definizione di una larga maggioranza e di una generale tolleranza. un ministero programmatico, un ministero di opinione può reggersi anche su pochi voti, anche su un voto, dissi in altre occasioni alla Camera. un ministero cosiddetto amministrativo o dispone del consenso o della tolleranza di una larga maggioranza, oppure non ha altro da fare che ritirarsi. l' onorevole Tambroni, ad ogni modo, sa che un ministero il quale si reggesse sui voti fascisti, dovrebbe fare i conti con una implacabile opposizione, che suppongo verrebbe dai ranghi stessi della Democrazia Cristiana e verrebbe certamente e sicuramente da noi, verrebbe da tutta l' opposizione democratica ed operaia. onorevoli colleghi , non ho taciuto i motivi della nostra ansietà di fronte alla situazione che si è creata nelle ultime due settimane. desidero dire le ragioni per le quali il nostro partito ed il nostro gruppo considerano interamente aperta la battaglia per la svolta a sinistra voluta dalla parte più operosa, viva e numerosa del nostro paese. sono ragioni di tre ordini, inerenti le une al programma sul quale la battaglia è stata impostata, inerenti le altre alla situazione generale del paese, dell' Europa e del mondo, e al carattere irresistibile della spinta a sinistra che viene dal paese. non a caso, onorevoli colleghi , noi abbiamo portato avanti tre rivendicazioni come quella dell' ordinamento regionale, della nazionalizzazione delle industrie elettriche e della democratizzazione della scuola pubblica! in esse non si esaurisce il campo delle rivendicazioni operaie e contadine. ve ne sono anche di più urgenti, come quelle che hanno riferimento alle condizioni di vita dei lavoratori, all' accrescimento ed alla garanzia dei posti di lavoro , al sistema assicurativo ed assistenziale, al sistema delle pensioni; ve ne sono che hanno carattere drammatico, come le rivendicazioni dei lavoratori della terra: braccianti, mezzadri, assegnatari, fittavoli, coltivatori diretti e piccoli proprietari. e tuttavia le tre riforme da noi indicate hanno in sé un carattere di frattura nei confronti della destra e dei suoi interessi, che dà ad esse un particolare risalto: hanno, si potrebbe dire, un potere dirompente relativamente alla stagnante situazione politica e sociale nella quale si vorrebbe mantenere il paese. a proposito dell' ordinamento regionale, si è fatta la giusta osservazione che in esso occorre vedere qualcosa di più di un problema di attuazione costituzionale. in verità il mancato ordinamento regionale e la mancata legge sul referendum (che solo di recente è stata votata dalla Camera e che c' è chi ha interesse a cercare di insabbiare al Senato) hanno privato la nostra Costituzione del suo carattere originale, degli organi che tendevano ad avvicinare l' amministrazione al popolo e che davano inizio a forme nuove di democrazia diretta . disse l' onorevole Meuccio Ruini, nella relazione della Commissione dei 75 alla Costituente, che « la innovazione più profonda introdotta dalla Costituzione è nell' ordinamento strutturale dello Stato su basi di autonomia » . per parte sua, l' eminente costituente che fu l' onorevole Mortati (per non parlare che dei moderati) precisò, sempre in sede di Commissione dei 75, che « il progetto di Costituzione non si conforma al tipo di regime parlamentare puro, ma invece realizza un tipo di regime parlamentare misto e semidiretto, e ciò per l' esistenza di due istituti: quello dello scioglimento e quello del referendum » . senza le regioni, a parte quelle a struttura speciale, e senza il referendum, la Costituzione è rimasta monca: è venuto a mancare lo sviluppo in senso autonomistico e in direzione della democrazia diretta che differenzia lo Stato repubblicano dallo Stato monarchico prefascista. onorevole Aldisio, avevo delle serie preoccupazioni, che feci inscrivere nel verbale del Consiglio dei ministri , quando si trattò di accordare alla Sicilia, in una situazione che era ricca di fermenti separatisti, uno statuto che allora giudicai potesse favorire, piuttosto che debellare, quelle tendenze separatiste. ed oggi posso dire che l' esperienza mi ha dato torto e ha dato ragione a coloro che videro proprio nell' autonomia il mezzo per evitare questo pericolo. contro la regione, come contro il referendum, si sono avventate critiche feroci. è vero, onorevoli colleghi , che l' esperienza regionalista non va esente da elementi negativi. ma che cosa, di ciò che è umano, nasce perfetto? in che cosa alcuni dei difetti dell' esperienza regionalista sono diversi dagli aspetti negativi della stessa esperienza parlamentare? non si improvvisa una classe dirigente né al livello delle amministrazioni locali , né al livello dell' amministrazione statale. il solo modo di creare una classe dirigente all' altezza dei suoi compiti è quello di mettere gli uomini alla prova, di decentralizzare gli apparati amministrativi, di dare agli enti locali maggiori poteri e maggiore autonomia. la battaglia per il referendum e per le regioni si inscrive quindi, in prima linea , tra i compiti di quanti vogliono promuovere il rinnovamento delle strutture amministrative del paese, dare senso di responsabilità agli amministratori, moralizzare la Pubblica Amministrazione . nessuno esclude (e noi come gli altri) che in esperienze di questo genere vi possano essere anche alcuni rischi e che nelle leggi vi possano essere dei difetti. a ciò dette una risposta pertinente la Costituente, quando, votando la Costituzione, approvò anche la relazione del presidente della Commissione dei 75, il quale riconosceva che potevano sorgere occasioni e circostanze per rimettere le mani nell' ordinamento costituzionale; ma ammoniva a farlo soltanto in base agli sviluppi, non ancora esattamente prevedibili, dei sistemi istituzionali. in tale campo, il nuovo ministero riprende le riserve del precedente: non si impegna, se non a fior di labbra, per la regione a statuto speciale Friuli Venezia Giulia , reclamata con urgenza dalle popolazioni interessate; è del tutto evasivo rispetto all' ordinamento regionale in generale; ricalca, cioè, le orme dei suoi predecessori. anche la proposta di nazionalizzazione dell' industria elettrica ha assunto carattere urgente nell' odierna società italiana . si tratta di un servizio pubblico a carattere necessariamente monopolistico. è evidente che la sovranità popolare non avrà mai un contenuto concreto se i servizi pubblici essenziali rimangono nelle mani di potenti organismi, in grado di controllare essi il Governo (e di controllare in parte lo stesso Parlamento) invece di essere controllati. gli studi più recenti (e, tra questi, il recente convegno degli « amici del Mondo » ) hanno messo in evidenza come parlare di « irizzazione » , di controllo o di nazionalizzazione dei soli impianti di produzione sia un menare il can per l' aia; sarebbe valido, semmai, il provvedimento opposto, quello della nazionalizzazione della distribuzione e della rete di distribuzione. della riforma esistono tutte le condizioni tecniche, così come quelle finanziarie. ciò malgrado la riforma stagna da anni nonostante abbia tutti i crismi, anche quello della dottrina cattolica. proprio nelle ultime settimane monsignor Luigi Civardi, assistente generale delle « Acli » , e il professore Guzzetti, della facoltà teologica di Milano, hanno precisato che in materia di nazionalizzazione il criterio della Chiesa è quello del bene di tutta la comunità. vi sono dunque tutti i crismi, manca, naturalmente, quello delle baronie elettriche e manca, purtroppo, quello del Governo. anzi, a questo proposito, il presidente del Consiglio fa un passo indietro rispetto al punto al quale, durante lo svolgimento della crisi, erano arrivate le trattative. l' onorevole Segni aveva preso l' impegno di modificare il disegno di legge Colombo sulla disciplina dell' energia nucleare nel senso della nazionalizzazione. l' onorevole Tambroni si limita a considerare il progetto Colombo un « concreto impegno » ed a chiedere al Parlamento che esso sia posto in discussione, cioè lo fa suo senza tener conto degli allarmi che il progetto ha, giustamente, suscitato. come tutti sanno, in questo caso non si tratta di trasferire allo Stato un' industria attualmente in mani private. si tratta, al contrario, di una risorsa energetica interamente nuova e non ancora accaparrata dai monopoli privati, di cui perciò importa stabilire semplicemente se il suo sfruttamento dovrà essere affidato allo Stato oppure agli interessi privati, senza che sorga alcuno dei complessi (ma perfettamente solubili) problemi economici, finanziari, amministrativi a cui darebbe luogo la nazionalizzazione di un apparato produttivo già esistente e posto nelle mani dei privati. il nuovo ministero assume su questo problema un atteggiamento che non posso che qualificare assurdo e che suona sfida ad un' opinione pubblica ormai completamente illuminata sul reale contenuto della questione. rispetto ai problemi scolastici noi muoviamo dalla considerazione che la nostra Repubblica democratica non ha ancora la sua scuola. la Costituzione non è stata attuata né per quanto riguarda la priorità che essa assegna allo Stato nella funzione educativa, né per quanto attiene all' obbligo di assicurare a tutti i cittadini, indipendentemente da ogni discriminazione di classe, una base culturale ed educativa obbligatoria e gratuita. la Costituzione non è stata attuata per quanto riguarda la funzione della scuola nello sviluppo dell' economia nazionale, dove non sono necessari interventi caritativi, ma interventi programmati e larga disposizione di mezzi. abbiamo quindi chiesto nient' altro che il rispetto della Costituzione. non abbiamo lesinato appoggi e plausi alle iniziative che pongano la scuola al primo piano degli investimenti produttivi. nella vessata controversia della scuola privata non abbiamo pregiudiziali da avanzare, che vadano oltre il dettato dell' articolo 33 della Costituzione, il quale sancisce il principio della libertà di insegnamento ed autorizza enti e singoli privati ad istituire scuole ed istituti di istruzione, a condizione che non ne derivino oneri finanziari per lo Stato. vi fu un tempo (mi riferisco al primo ventennio del secolo) in cui i cattolici democristiani militanti nella « lega democratica nazionale » proponevano di tenere la scuola pubblica fuori da ogni competizione confessionale e addirittura sostenevano e proponevano l' abolizione dell' insegnamento religioso nella scuola statale per riservarlo a doposcuola privati. erano i tempi in cui un certo numero di vescovi francesi non esitavano a rendere grazie al petit père Combes che con le sue leggi di separazione, con le sue persecuzioni, come si diceva allora, aveva restituito la Chiesa alla sua funzione missionaria ed evangelica. i tempi sono mutati, ma i termini di un onesto compromesso sono stati di recente indicati dalla sinistra cattolica francese con la formula: « alla scuola privata fondi privati, alla scuola pubblica fondi pubblici » . quello che per noi è fondamentale è che la scuola pubblica, la scuola d' obbligo, le scuole medie, l' università, la ricerca scientifica abbiano subito i mezzi di cui hanno bisogno. la nazione, onorevoli colleghi , sarà ciò che è la scuola pubblica. si pensa generalmente poco che di qui ad una quindicina d' anni una nuova generazione sarà al potere; e dico al potere nel senso più vasto. è la generazione che non ha conosciuto il fascismo, non ha conosciuto la guerra, la Resistenza, la liberazione; è la generazione che in questi anni è alla ricerca di una scuola che non trova e di un insegnamento che sia adeguato ai tempi e che anch' esso non esiste o esiste in misura da non poter sodisfare le esigenze di tutti. ora, se quella generazione dovesse fallire per mancanza di preparazione, il nostro paese resterebbe in coda, in una Europa e in un mondo che camminano a passi giganteschi sul piano della tecnica, della scienza, della cultura. ecco perché abbiamo chiesto e chiediamo i mezzi necessari per la scuola d' obbligo: perché essa sia eguale per tutti, perché formi i cittadini dell' Italia di domani e li prepari alle loro scelte; chiediamo mezzi per la scuola media , per la scuola superiore , per la ricerca scientifica , per le università; chiediamo che la scuola si trasformi in centro consapevole di preparazione della gioventù alla vita democratica . il Governo si limita ad augurare l' approvazione del piano della scuola. il nostro augurio va oltre e abbraccia l' insieme dei problemi scolastici, attraverso il potenziamento della scuola pubblica, la riforma degli strumenti di preparazione degli insegnanti, attraverso misure assistenziali tali da porre la famiglia operaia e contadina in condizioni di avviare i figli alla scuola. su questi tre fondamentali problemi, su queste tre fondamentali rivendicazioni e su quelle che ne costituiscono, in certo qual modo, la raggiera, noi non cederemo di un passo: su di esse, dopo la battaglia parlamentare in corso , la parola sarà data al paese, e siamo sicuri che la pressione del paese, sana e onesta, prevarrà sulla pressione di quanti resistono con accanimento al progresso della democrazia, della tecnica e della scienza, in una parola al progresso umano. un secondo fattore noi consideriamo estremamente favorevole alla svolta a sinistra, e lo ravvisiamo nella situazione europea e mondiale. sappiamo degli ostacoli che incontra la distensione, ma sappiamo anche che essa è in cammino e che non è dato più a nessuno di fermarla. avvenimenti come l' incontro sovietico-americano di Camp David , come l' incontro sovietico-francese del castello di Rambouillet o come quello italo-sovietico di Mosca — reso meno dinamico nelle sue ripercussioni dal fatto che si inseriva nel contesto di una politica estera governativa tuttora ancorata ai miti dell' oltranzismo tedesco — avvenimenti di questo genere segnano una svolta positiva e decisiva rispetto alla vecchia politica delle posizioni di forza e della corsa al riarmo. la loro importanza sta nel semplice fatto che avvengono, che sono una realtà. purtroppo la nostra classe dirigente politica ancora non ha capito di che cosa si tratti, non ha capito che cosa è la distensione. i più recenti discorsi dell' onorevole Segni, le conversazioni che abbiamo avuto con lui nel corso delle consultazioni (a tacere dei discorsi dell' onorevole Pella che ascolteremo ancora ma che per fortuna non ci verranno più dal banco del Governo ) permettono di misurare il ritardo della politica estera italiana rispetto alla politica di altri paesi del blocco atlantico, Germania esclusa ed esclusa la Francia per quanto essa operi su un piano diverso da quello tedesco. la nostra classe politica dirigente non si è accorta che la divisione del mondo non passa attraverso il tracciato dei due blocchi , ma passa all' interno dei blocchi e fuori, fra quanti sono favorevoli e quanti sono contrari alla politica della coesistenza pacifica . la nostra classe politica dirigente deve ancora rendersi conto delle conseguenze dello scoppio della libertà in Africa, che apre delle prospettive interamente nuove all' Europa, su un piano che non può più essere quello del colonialismo, e le apre anche al nostro paese. la nostra classe politica dirigente non si è resa conto di un fatto grandioso che si delinea sotto i nostri occhi: il mondo passa da un aperto o latente conflitto per l' egemonia ad un confronto di civiltà, nel quale tutte le forme di oppressione e di dispotismo sono destinate a sciogliersi e a cedere di fronte alla nuova volontà democratica dell' universo intero. l' onorevole Segni sembra completamente ignorare questo problema, come del resto lo ignora il cancelliere tedesco. eppure, questo è il fatto nuovo; è un evento fra i più grandiosi della storia dell' umanità. l' avvertono per fortuna gli uomini migliori dell' Oriente e dell' Occidente, per i quali è chiaro quanto di recente scriveva l' americano Kennan, vale a dire che la strada verso una politica estera più valida e fattiva passa attraverso il risanamento ed il rafforzamento della nostra società. lo storico e diplomatico statunitense ha dei dubbi circa la possibilità per un paese come il suo, che concede a suo giudizio molto, troppo, al benessere personale e ai divertimenti, di uscire vincente dal confronto. voi del Governo neppure vi ponete il problema, pochi se lo pongono fra i dirigenti della maggioranza. non vedo nessuno che incominci a pensare la nostra politica estera in termini di rinnovamento e rafforzamento della società nazionale italiana. la destra, a questo proposito, non ha che decrepiti miti nazionalistici da proporre. il centro langue nel tran-tran della ordinaria amministrazione . la spinta non può venire che dal socialismo, non può venire che da una moderna ed agguerrita democrazia. allora si potrà sperare in un serio ed organico contributo italiano alla politica della distensione, allora avremo una nostra politica del disarmo, a cominciare da quello che si può fare subito in casa nostra, partendo, per esempio, dalla riduzione della ferma proposta dal nostro gruppo parlamentare . allora avremo una parola da dire sui problemi non ancora risolti della pace, su Berlino, sulla Germania, sul Medio Oriente , senza continuare a ripetere gli stracchi e banali luoghi comuni del periodo della guerra fredda . oggi al vostro orizzonte, signori del Governo, non si vede spuntare niente di nuovo. la cosa è grave perché gli altri camminano, le cose camminano, gli Stati camminano, e noi solo rischiamo di restare fermi. infine, onorevoli colleghi , ciò che ci dà slancio e fiducia nella battaglia per la svolta a sinistra è che ci sentiamo all' unisono con il paese, con i suoi interessi, don la sua volontà. non sottovalutiamo il peso politico dei nostri avversari, ci preoccupa la zona di indifferenza e di disinteresse per la cosa pubblica che si va formando fra noi e i nostri avversari. ci allarmano alcune tendenze giovanili che, appiccicando una terminologia vecchia a cose nuove, potrei chiamare di carattere nichilistico. in campo operaio sappiamo di dover fare i conti con tendenze neoriformistiche a livello aziendale, che il neocapitalismo alimenta con cura sperando così di spezzare la solidarietà dei lavoratori. tuttavia a lato di questi aspetti negativi del quadro della vita democratica nazionale, vi è un fermento di vita operaia e contadina, di vita intellettuale, che prima o poi avrà ragione delle vecchie strutture, delle vecchie abitudini, delle sopravvivenze del passato. voi parlate di attesa, onorevoli colleghi della maggioranza, il paese parla di movimento, anzi è in movimento. vi sono qua e là esplosioni alle quali dovreste fare molta attenzione. voi non ignorate che la condizione dei contadini è intollerabile. alcuni recenti sommovimenti ne hanno dato l' avviso in Abruzzo e altrove; certe manifestazioni, come quelle avvenute in Lucania attorno a una sede di sottoprefettura che non dovrebbe interessare nessuno, sono l' indice di una condizione di cose rimaste immutate da decenni in qua. si pone per la Lucania un problema più vasto, quello dell' intervento tempestivo dell' Iri e dell' Eni nella industrializzazione e nello sfruttamento in loco del metano e delle altre fonti di energia esistenti nella regione. è lo stesso problema della Sicilia. si pone per l' agricoltura, specialmente per quella delle zone depresse meridionali, settentrionali e insulari, non soltanto il problema del piano verde, ma quello della riforma fondiaria , e non soltanto di essa, giacché si è visto nel Fucino come la distribuzione della terra, senza una correlativa organizzazione cooperativa della produzione, della vendita, della industrializzazione, sia insufficiente a risolvere i problemi della terra. a proposito del piano verde, alcune richieste che noi facemmo nell' incontro con l' onorevole Segni avevano trovato una accoglienza che ci parve favorevole. esse riguardavano la legge di modifica degli enti di riforma, per la quale il piano prevede invece la delega, e la legge di modifica dei consorzi di bonifica. nel più vasto campo dell' industrializzazione del paese sorgono ad ogni passo problemi nuovi inerenti alla condizione umana degli impiegati, dei tecnici. di fronte alla sempre più marcata tendenza della società capitalista a concentrare i mezzi di produzione, si afferma con pari intensità la tendenza a ripetere le esperienze del controllo operaio e dei consigli di gestione. le aziende di Stato dovrebbero essere, in questo campo, come in molti altri, all' avanguardia. e non lo sono. sale dal paese l' irritazione per la clericalizzazione della cultura, dell' arte, della televisione, per il monopolio democristiano dei mezzi di informazione, della Rai e della TV. vi è un lento fenomeno di soffocamento di ogni libera voce nel cinema, nell' editoria, nel giornalismo. la nostra forza, ciò che ci dà fiducia, è l' aderenza alle iniziative che stanno prendendo nel paese le classi lavoratrici e le organizzazioni democratiche. siamo nell' anno centenario dei Mille. entreremo tra poco nell' anno centenario dell' unità nazionale . una giovane e vigorosa storiografia di nuovo conio va facendo i conti con la vecchia storiografia agiografica, dinastica, nazionalista, conservatrice, la storiografia dei miti e degli eroi. emerge in piena luce quanto al Risorgimento e al post-Risorgimento abbia nuociuto la mancanza di una rivoluzione sociale di fondo, la quale impostasse in termini nuovi la struttura del paese. ad avvertire che ciò che non è stato fatto deve essere fatto, noi non siamo soli, ma sono in azione ed in agitazione gruppi sempre più numerosi e masse sempre più agguerrite che esprimono le tendenze cattoliche e cristiane della nostra società. esse sono presenti e attive oggi in Spagna, nella lotta contro la decadente dittatura franchista; esse sono presenti nella lotta sindacale francese e nella lotta contro il potere personale del generale presidente; esse sono presenti e attive qui in Italia. in questo momento di confusione, di ipocrisia, di troppa diplomazia, che segnalo ai colleghi della sinistra democratica cristiana nella speranza che essi siano decisi a separare la loro responsabilità, in questo momento una delle voci cattoliche più schiette è venuta dal movimento dei lavoratori democristiani delle province lombarde. è una voce ammonitrice per la maggioranza, che noi per parte nostra accogliamo con favore. « i lavoratori democristiani » — dice testualmente l' ordine del giorno votato a Milano — « esprimono la necessità di giungere ad una profonda chiarificazione che investa i seguenti punti: 1°) individuazione dei motivi politici che hanno provocato l' arresto improvviso e ingiustificato dei tentativi per la formazione di un Governo di centrosinistra, coerente con i programmi originari della Democrazia Cristiana e con le linee fissate dal congresso di Firenze; 2°) volontà di ritenere che un Governo di ordinaria amministrazione non è una risposta a quei pressanti problemi che nel campo del lavoro, dell' attuazione costituzionale, del progresso sociale ostacolano lo sviluppo democratico del paese e pongono scelte precise e indilazionabili; 3°) fermezza nel respingere ogni compromissione a destra con quelle forze di derivazione fascista che rappresentano l' antitesi della lotta democratica ed antifascista della Democrazia Cristiana e legata al patrimonio della Resistenza » . è una voce onesti, fra tante altre, è una voce che si farà ascoltare. in tanto rigoglio di volontà democratica e in tanto risveglio di coscienza, è umiliante e meschino stare a discutere delle sorti di un ministero di affari che collega il proprio destino ai 24 voti fascisti. da destra si leva un vocìo confuso. « voltiamo pagina » — si dice — « non si parli più di svolta a sinistra » ; « basta coi socialisti » . illusioni, signori. sulla pagina nuova troverete scritte le stesse parole che su quella voltata, troverete inscritti gli stessi problemi ed in primo luogo il problema dei socialisti. malgrado ogni difficoltà si va avanti e si andrà avanti, e la via in avanti passa da questi nostri banchi; è la via di una democrazia la quale si compenetra sempre più dei problemi dei lavoratori e del problema del socialismo.