Giuseppe SARAGAT - Deputato Opposizione
III Legislatura - Assemblea n. 210 - seduta del 16-10-1959
Sulla fame nel mondo
1959 - Governo I Cossiga - Legislatura n. 8 - Seduta n. 89
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , si è detto che questo dibattito è piuttosto fiacco — almeno così hanno scritto i giornali — ma a me non pare. ieri abbiamo udito dei discorsi interessanti, anche se un poco strani: l' onorevole Togliatti che quasi rilascia un certificato di buona condotta al Governo attuale; l' onorevole Nenni che fa del possibilismo sulla NATO; un oratore dell' estrema sinistra che fa l' elogio dell' onorevole Nenni. si è trattato di una commedia degli equivoci. però l' unico logico mi è parso l' onorevole Togliatti, che ha capito che non si può trattare della politica della distensione roteando gli occhi e digrignando i denti, e ha fatto un discorso distensivo, nel quadro del suo orientamento. non vorrei che toccasse a noi socialdemocratici apparire, fra qualche tempo, come l' estrema sinistra di questa Camera. ma, nell' attesa, vorremmo precisare ora le nostre posizioni sui punti fondamentali della politica attuale, anzi su un punto fondamentale. vi sono molti problemi che interessano l' Italia, ma il nostro partito preferisce in questo momento non occuparsi che del problema fondamentale: quello della distensione. quindi non tratterò nel mio intervento — che spero relativamente breve — il problema dell' unità europea, quello del mercato comune , né il problema dell' area di libero scambio, né il problema dell' Onu: tutti problemi estremamente importanti, ma che mi pare mi farebbero uscire, in questo momento, dal seminato. il problema che oggi ci preoccupa è quello della distensione internazionale, ed è su questo punto che limiterò il mio intervento. la distensione internazionale non si può dissociare dal problema della distensione interna. credo che sarebbe ozioso, del resto: sollevare questioni di forma del problema della distensione interna non si deve discutere in questa sede, ma in altra. lo sappiamo, però vi è una tale connessione tra le due cose che penso sia necessario trattare della distensione internazionale non eludendo questo problema che la pubblica opinione pone in tutti i momenti, anche se gli oratori intervenuti in questo dibattito, per ragioni di opportunità o di prudenza, non lo hanno prospettato. del resto, penso che a voler eludere il problema della distensione interna si corre il rischio di avallare talune interpretazioni di questa distensione che noi non possiamo accettare; è meglio quindi affrontarlo nel quadro di un esame della politica estera del Governo. vediamo prima qual è la situazione internazionale e qual è la posizione del nostro partito e, in generale, del socialismo democratico europeo, sul problema fondamentale della distensione internazionale. alcuni parlano come se il mondo fosse entrato in un' atmosfera di Arcadia: in una atmosfera idilliaca, come se tutti i problemi fossero risolti; altri invece hanno l' aria di paventare la distensione. come se essa fosse qualcosa di pericoloso, che nascondesse non sappiamo quale insidia per le istituzioni democratiche, per la sicurezza dei popoli e via discorrendo. i primi tendono a considerare i secondi come dei fautori di guerra fredda , i secondi tendono a considerare i primi come provocatori che cercano di ingannare la, democrazia, di portarla sul terreno minato. penso che bisogna portare il problema su un piano di maggiore obiettività. la nostra opinione, che corrisponde con quella dell' Internazionale socialista , è che effettivamente la spinta verso la distensione ha cause direttive profonde, e probabilmente si tratta di una spinta irreversibile. in primo luogo, il mondo si trova per la prima volta di fronte al possesso di armi le quali hanno un potere distruttivo tale da mettere in pericolo l' esistenza stessa del genere umano. per la prima volta nella storia ci troviamo di fronte a questa situazione, quindi il problema della pace si pone non più come si poneva una volta: ma si pone in termini di sopravvivenza stessa del genere umano. ecco il carattere drammatico che prende la discussione della pace oggi. in secondo luogo alcuni dei problemi che sono stati lasciati in sospeso dalla seconda guerra mondiale si sono acutizzati. basterà per ora riferirci al problema di Berlino, al problema della lacerazione della Germania; ed è proprio dall' eccesso di pericolosità che derivava da questa situazione che ha sorto l' impulso a tentare di migliorare l' atmosfera internazionale e trovare il modo di distendere le relazioni tra le maggiori potenze. il problema di Berlino innegabilmente si è acutizzato al momento delle dichiarazioni fatte dal Primo Ministro Kruscev nel novembre 1958, dichiarazioni che furono considerate, a torto del resto, un ultimatum. in ogni caso, quali che siano le cause che hanno portato il mondo nel vicolo cieco di una crisi pericolosa, è da questa stessa crisi che è sorta l' impulso per cercare di trovare una via di uscita. il mondo non è quindi entrato nell' età dell' oro e nell' età della pace perpetua, ma non è neppure vittima, come abbiamo visto, di un miraggio fallace quando tenta di risolvere il problema della distensione internazionale. è proprio la pericolosità della situazione che ha spinto i maggiori responsabili della politica mondiale a tentare di trovare la via di una politica più conforme agli interessi del genere umano. non cadiamo quindi nei facili ottimismi di alcuni, ma consideriamo invece con grande fiducia e con grande speranza questo generoso tentativo che viene fatto per creare nel mondo una atmosfera nuova. l' unica cosa che dobbiamo veramente paventare è che questo tentativo non riesca. questo si che sarebbe veramente drammatico. se questo generoso tentativo fallisse il mondo si troverebbe in un vicolo cieco . quindi dobbiamo fare di tutto perché questo tentativo venga portato a una soluzione positiva. ma appunto per l' enorme importanza che questo generoso tentativo ha per la storia del mondo dobbiamo contribuire a esso con un senso di profonda responsabilità, con un impegno effettivo e avendo bene in chiaro quali sono i dati del problema. l' Italia non è tra le maggiori potenze mondiali, ma ha una importanza (è stato detto anche da altri oratori) probabilmente decisiva nella politica mondiale , non fosse altro che come elemento marginale, ed è importante anche per l' obiettività dei suoi giudizi. un paese che non ha colonie, per esempio, è portato a giudicare il problema coloniale con maggiore obiettività delle grandi potenze, che invece sono ancora gravate da questa ipoteca colonialista. un paese che non ha obiettivi egemonici, evidentemente è portato a giudicare i problemi della politica estera con maggiore serenità degli altri paesi. un paese che ha problemi di carattere sociale profondi ancora da risolvere è portato a considerare con simpatia quei paesi che si trovano in condizioni analoghe. soprattutto un paese che non ha ideologie da esportare si trova nella situazione più obiettiva per portare un contributo serio alla discussione internazionale per la distensione. dopo la tragica avventura fascista l' Italia ha ritrovato fortunatamente la sua vocazione di nazione che deve la sua stessa esistenza al principio della libertà. mi pare quindi che il nostro paese è in grado di portare un contributo serio a questo dibattito internazionale. ma proprio per questo errano coloro i quali sottovalutano le nostre possibilità e rivelano con ciò probabilmente la nostalgia per quella politica che l' Italia conduceva al tempo della dittatura. si vede questa nostalgia affiorare in molti scritti, in molti discorsi: l' Italia contava, di più quando c' era la dittatura, e via discorrendo. errano poiché dipende da noi far sì che l' Italia conti nella situazione attuale del mondo in ragione proprio della sua qualità democratica, della sua vocazione democratica. perché l' Italia possa dare un contributo concreto alla distensione internazionale occorre in primo luogo che la pubblica opinione sia informata in modo esatto dei veri dati del problema, e occorre in secondo luogo una politica governativa che esprima in modo effettivo queste aspirazioni profonde della nostra pubblica opinione verso una politica di pace nella sicurezza. il popolo italiano vuole la pace. mi pare sia questo il dato fondamentale. il popolo italiano vuole la pace nella libertà, vuole la pace nella sicurezza. questo mi pare il sentimento più profondo del popolo italiano . chi dissocia l' idea di pace dall' idea di sicurezza cade nello stesso errore di chi dissocia l' idea di libertà da quella di giustizia. sono posizioni che, per noi socialdemocratici almeno, non sono comprensibili. non possiamo dissociare l' idea di pace da quella della sicurezza, come non possiamo dissociare, ripeto, l' idea della libertà da quella della giustizia o viceversa. noi sappiamo quindi che sono due dati inscindibili sicurezza e libertà, ed è proprio per questo, onorevoli colleghi , che, senza contraddizione alcuna, come credono alcuni oratori dell' estrema sinistra , associamo la nostra aspirazione profonda verso la distensione internazionale al mantenimento di quegli strumenti che, nella situazione attuale del mondo, garantiscono la nostra sicurezza. aderiamo, quindi, alla politica di solidarietà delle potenze democratiche, come quella che è più idonea in questo momento a garantire un equilibrio di forze e a garantire soprattutto l' autonomia del nostro paese. molte volte, in quest' Aula, è stato detto come sono sorti gli strumenti difensivi che prendono nome dalla NATO, la quale è stata creata per stabilire un equilibrio che minacciava di spezzarsi a danno del mondo occidentale. e noi, francamente, non comprendiamo questo oltranzismo anti-NATO, questo oltranzismo antiatlantico che ancora affiora in certi ambienti di questa Camera e che ci pare il risultato, il postumo di quello spirito egemonico di gruppi politici che furono insensibili alle minacce che 10 o 12 anni fa hanno pesato sul nostro paese, come su altri, furono insensibili alle minacce contro l' autonomia del nostro paese e purtroppo molte volte se ne resero, sia pure involontariamente complici. scartiamo quindi questo oltranzismo anti-NATO e antiatlantico e poniamo il problema nei suoi termini reali di responsabilità di sicurezza per tutti. secondo me la distensione internazionale si pone nella ricerca di nuovi equilibri, di più stabili equilibri, nella eliminazione delle cause che hanno fatto sorgere, in questo dopoguerra, la minaccia di un nuovo conflitto e hanno creato il clima della guerra fredda . nel nostro paese, purtroppo, un dibattito sulla politica estera comporta, quale substrato, la preoccupazione per l' autonomia dello Stato, così come un dibattito sulla politica interna comporta sempre, quale substrato, una preoccupazione per il problema della libertà umana. questi due dati, sicurezza e libertà, che nei paesi più progrediti sono già acquisiti e sui quali tutti i partiti sono d' accordo, qui sono materia di contestazione. non voglio dire che taluni partiti non hanno sensibilità per questi due valori: soltanto, attribuiscono ad essi un significato diverso. questa è la vera tragedia italiana. noi intendiamo la sicurezza in modo diverso da come la intendono altri partiti che siedono in questa Camera. in Inghilterra questo non è, e laburisti e conservatori hanno tutti della nozione di sicurezza la medesima opinione politica e la medesima opinione hanno della nozione di libertà. qui, invece, siamo ancora divisi su questo principio fondamentale. l' onorevole Togliatti ieri ha potuto dire: ma la libertà è di discutere su questo problema. come se vi fosse differenza fra la nozione sua di libertà e la nostra. in Inghilterra credo che non sarebbe concepibile ciò, e questo è un punto sul quale tutti sono d' accordo, laburisti e conservatori. è ciò che rende più drammatico il dibattito nelle nostre assemblee quando si parla di politica interna e sociale, rimane questo problema della libertà, che è interpretato in modo diverso. lo stesso vale per la politica estera : il problema della sicurezza è interpretato da noi in modo diverso da come lo interpretano altri colleghi di questa Camera. il che rende più difficile la discussione. ma noi pensiamo che solo il giorno in cui questi due valori potranno avere per tutti noi un significato comune, veramente si potrà dire che la democrazia in Italia sarà definitivamente consolidata. il giorno che. in questa Camera non vi saranno più dissensi sulla nozione di libertà politica o sulla nozione e di sicurezza del paese, è chiaro che il dibattito di politica interna o di politica estera si svolgerà in una atmosfera diversa da quella in cui si svolge oggi. noi crediamo che il risultato maggiore della distensione sia quello di creare nella discussione l' omogeneità fra questi due valori fondamentali. dobbiamo prendere atto con obiettività che esiste un dissenso di fondo nel modo di concepire la sicurezza nazionale fra, per esempio, il partito comunista o il partito socialista italiano. certo è che secondo la concezione che abbiamo noi della sicurezza, la solidarietà occidentale, nella situazione attuale, è un dato che non si può eliminare. ogni tentativo per indurci ad allentare i rapporti pacifici e difensivi che ci uniscono alle grandi democrazie dell' Occidente, alla democrazia britannica alla democrazia americana, alla democrazia canadese, secondo me, e un ostacolo al contributo che l' Italia può dare alla politica di distensione. non siamo alleati con la Spagna, e voi lo sapete. quali possono essere i motivi per realizzare un nuovo equilibrio, quali possono essere le forze che valgano a creare un nuovo equilibrio tra il mondo occidentale ed il mondo sovietico e, prima, ancora; quali sono le cause dell' antagonismo che dovrebbero essere rimosse? questo mi pare sia il problema grosso che noi dobbiamo esaminare. la distensione, badate, non è uno slogan che si deve accettare senza riflettere e ripetere sulle piazze, è una cosa seria sulla quale bisogna meditare, è una politica che va praticata con una tecnica diplomatica ed una tecnica parlamentare, una politica che deve partire da dati concreti. e quali sono gli elementi concreti della politica di distensione? mi pare che primo elemento concreto sia la volontà di tutti i popoli indistintamente, di tutti i governi indistintamente, di non ricorrere alla guerra come mezzo per risolvere i problemi internazionali. il secondo elemento mi pare sia la volontà di tutti i popoli e di tutti i governi di alleggerire la pressione degli armamenti mantenendo l' equilibrio delle forze. problema fondamentale quindi mi pare quello del disarmo, di un disarmo effettivo, controllato, simultaneo. non ha senso parlare di disarmo prima e controllo dopo e viceversa. mi pare che disarmo e controllo debbano essere simultanei. il problema si risolve in questo senso. del resto stamane è apparsa sui giornali una dichiarazione del presidente della Repubblica austriaca, Schaerf, riportando un colloquio avuto col Primo Ministro sovietico, dalla quale pare che Kruscev acceda ad un criterio di controllo generale; non è ben chiaro se intende questo controllo in modo simultaneo, ma non lo esclude. chiaro che il buon censo porterà ulteriormente su questa posizione. se Kruscev ritiene che non si debba fare il controllo prima del disarmo ha perfettamente ragione; ma se ritiene che si debba fare dopo ha torto. è chiaro che controllo e disarmo devono procedere simultaneamente ad ogni modo è certo che problema fondamentale è quello del disarmo effettivo e pertanto garantito da un controllo. come si è arrivati a questa prospettiva? ciò è implicito nella situazione di pericolosità determinata dalla presenza delle armi atomiche ed all' idrogeno e dal desiderio, ripeto, dei popoli di liberarsi dai fardelli eccessivi che le spese militari fanno pesare su di essi. l' elemento veramente positivo della situazione attuale, secondo me, è l' udienza che questo appello di tutti i popoli ha trovato presso i governi maggiormente responsabili, il governo britannico , il governo americano , quello sovietico. ma il disarmo sarà facilitato, a nostro avviso, se al tempo stesso saranno affrontati i problemi che si sono venuti acutizzando in questi ultimi anni. qual è il problema che ha determinato l' acutizzarsi della situazione e la ha resa così pericolosa? lo sapete: è il problema di Berlino. dal mese di novembre dello scorso anno ad oggi è questo il problema che domina la scena internazionale. nel novembre del 1958 il Primo Ministro sovietico ha posto il problema della pace tra le due Germanie e quello della trasformazione dello statuto di Berlino. è da quel momento che è cominciata una situazione di pericolosità da cui poi è scaturito questo impulso di tutti i popoli verso un tentativo di distensione generale fin da quel momento, ripeto, che si è toccato il punto massimo della pericolosità e allo stesso momento si è dato inizio a questo tentativo generoso di distensione. dobbiamo dare atto che l' iniziativa è venuta soprattutto dal partito laburista ed è poi stata accolta dai conservatori britannici. il problema della pace con le due Germanie e, in caso di rifiuto da parte degli occidentali, quello della pace separata a scadenza fissa dell' Unione Sovietica con la Germania orientale poneva l' Occidente di fronte ad una situazione che fu considerata come un ultimatum. in che cosa può consistere, a nostro avviso, il problema di Berlino? l' onorevole Togliatti lo ha posto ieri, ma non ha precisato esattamente il punto fondamentale. quando ha parlato del problema delle due Germanie ha detto delle cose esatte per quanto si riferisce allo sviluppo sociale. infatti anche noi pensiamo che non si può venire ad una fusione matura senza tener conto degli altri aspetti sociali del problema. sarebbe assurdo, per esempio, che si reclamasse la proprietà delle terre che sono state espropriate, solo per il fatto della unificazione della Germania. ma c' è un elemento di fondo che non abbiamo sentito nelle dichiarazioni dell' onorevole Togliatti ed è quello della volontà di questi popoli. vi sono 19 milioni di tedeschi che avrebbero diritto di dire che cosa pensano su questo problema. mi sembra che questo sia un elemento importante. mi rendo conto che vi sono altre questioni, come quella della sicurezza generale, che bisogna tenere presenti, ma non si può affrontare il problema nel suo aspetto generale senza tener conto della volontà del popolo germanico . prima di tutto io dico: esiste un problema di Berlino separato da quello tedesco? teoricamente sì, si può isolare un problema dall' altro, ma è chiaro che quello di Berlino lo si deve risolvere razionalmente senza distaccarlo da quello della Germania. dirò di più: esiste un problema tedesco separato da un problema più generale della sicurezza europea? secondo me è impossibile. mi sembra difficile risolvere il problema di Berlino sul serio riducendo di 100 uomini l' armata inglese o l' armata americana o eliminando una stazione radio. si può dare una soluzione radicale senza risolvere il problema della Germania ed il problema della Germania senza risolvere quello europeo? è impossibile! non si tratta qui di voler mettere molta carne sul fuoco come fanno le persone di cattiva volontà quando non vogliono risolvere i problemi. noi saremmo felici se problemi di questa portata si potessero risolvere a pezzetti; purtroppo essi vanno affrontati in blocco. non è quindi un volersi ritirare, ma sono le cose che si pongono in questo modo. del resto Kruscev ce lo ha insegnato l' altro mese quando ha posto in blocco il problema del disarmo: non lo ha certo spezzettato, ma, ripeto, lo ha posto in blocco. e il problema leve ragionevolmente essere posto così: io non vedo come sia possibile porre il problema del disarmo se non in modo globale, in modo serio, considerandolo in tutti i suoi aspetti. poi, evidentemente, nella pratica attuazione ci vorrà una certa gradualità di sviluppo; ma, lo dico ancora una volta, il problema deve essere posto nella sua integrità. questo vale anche per i problemi di carattere politico dello statuto europeo. si tratta di vedere qual è la connessione tra questi problemi particolari ed il problema di carattere più generale: problema dell' unita germanica e della sicurezza europea. io credo che il problema di Berlino, separato dal problema generale tedesco ed europeo non potrà trovare una soluzione sodisfacente. questa è la nostra convinzione. in questo senso, se è vero che Kruscev, sollevando il problema di Berlino, come dicono alcuni, ha cercato di mettere in imbarazzo gli occidentali, è pur vero che, sollevandolo, ha messo in imbarazzo se stesso . in altre parole, se questa era la sua intenzione, di mettere in imbarazzo gli altri: ha cominciato col porre in imbarazzo se stesso perché ha aperto tutto il problema della Germania, tutto il problema dell' equilibrio europeo, tutto il problema generale dello statuto europeo; ed ha dato agli occidentali l' opportunità di aprire un dibattito. se poi gli occidentali sono così poco logici da non cogliere l' occasione per aprire il dibattito, tanto peggio per loro. a me pare che essi si trovino veramente in una condizione ideale per approfittare del fatto che il problema è stato sollevato, e per porlo nei suoi veri aspetti. è vero che la situazione di Berlino è anormale. qualcuno si è stupito di questa frase detta da Kruscev e ripetuta da Eisenhower. ma chi può contestare l' esattezza di questa affermazione? una città circondata da un paese con un regime sociale completamente diverso, staccata dal paese a cui spiritualmente vorrebbe aderire, si trova indubbiamente in una situazione anormale. ma la anormalità della situazione di Berlino è il risultato dell' anormalità ancora maggiore della situazione germanica: non c' è una anormalità berlinese separata dalla maggiore, dalla più vera anormalità della lacerazione in due di un paese che ha diritto, come tutti i paesi, di ritrovare una sua unita, sia pure attraverso una certa gradualità e tenendo conto di una situazione obiettiva di sicurezza di tutti i paesi. chi ignora questa anormalità maggiore, questo problema della lacerazione della Germania è portato a vedere il problema tedesco in un modo piuttosto angusto. e se taluno vuol porre il problema della normalizzazione di Berlino senza tener conto della necessità di risolvere il problema maggiore della situazione anormale in cui si trova la Germania o inganna se stesso , o inganna gli altri. non ho capito che cosa voglia dire lo statuto di città libera per Berlino. confesso la mia ignoranza. che cosa significa la frase pronunciata, se non erro, da Kruscev nel mese di novembre dello scorso anno ? tutta l' Europa è piena di tragici monumenti di questi statuti di città libera, che segnarono veramente la fine delle libertà di un paese. non è questo il problema. dare lo statuto di città libera a Berlino è come condannare quella città a rinunziare alla speranza legittima che essa ha di diventare un giorno la capitale di una patria unita. se noi sopprimiamo questa speranza nei berlinesi, spezziamo questa molla morale, questa molla politica che li anima; seppelliamo il problema di Berlino; risolviamo questa anormalità con un delitto storico; perché liquidare la libertà di 2 milioni e mezzo di uomini è distruggere un principio che deve essere sacro per tutti: quello dell' autonomia dei popoli. chi chiede quindi un mutamento dello statuto di Berlino senza volere un riesame generale, unitario del problema tedesco, non pone il problema nei suoi termini reali, oppure segue delle vie non conformi alla distensione internazionale, perché vuole la capitolazione della città. purtroppo abbiamo dovuto sentire nella Commissione degli affari esteri qualcosa del genere, quando un parlamentare, che non è comunista, ha detto: è ora di finirla con questa città che è un avamposto delle forze capitalistiche nel cuore dei paesi socialisti. se si pone il problema in questo modo, lo si pone in un modo che non risponde ai principi fondamentali della democrazia. 2 milioni e mezzo di uomini che vogliono vivere in un certo modo hanno il diritto di vedere appagato il loro legittimo desiderio. non è questa, quindi, la via della distensione. e conosciamo tutti, per personale esperienza, ripeto, i tragici monumenti degli statuti di città libera: basta guardare le Fosse Ardeatine per vedere il monumento della città libera di Roma. è sufficiente avere un minimo di cuore, un minimo di cervello. ora, il problema tedesco, ossia il problema della liquidazione delle anomalie che permangono nel mondo germanico, si pone dalla fine della guerra ad oggi. è un problema che ha cause profonde e che non penso si possa risolvere molto rapidamente. bisogna essere obiettivi per ora non vediamo, onestamente, uno spiraglio di luce per la soluzione di questo problema. purtroppo, non lo vediamo ancora. sappiamo che al fondo di tutto c' è un problema di equilibrio di forze e sappiamo che, se la giustizia astratta e la giustizia politica vogliono una certa cosa, vi è tuttavia un equilibrio di forze contro il quale non possiamo far nulla e che rende più difficile la realizzazione di questo obiettivo. dobbiamo, purtroppo, dire che la responsabilità maggiore di questa situazione, di questa lacerazione della Germania, a nostro avviso, ricade sull' Unione Sovietica , che ha voluto costruire nel cuore dell' Europa (forse per ragioni di carattere difensivo) un sistema imperiale che permane. ma sono grandi anche le responsabilità degli occidentali stato detto più volte in quest' Aula, e lo abbiamo detto anche noi molte volte in Commissione degli esteri, che il criterio obiettivo che deve guidare la politica estera occidentale con la Russia è quello del mantenimento dell' equilibrio militare. questo mi pare che sia il criterio fondamentale. del resto, è in virtù di questo criterio che noi aderiamo alla NATO, proprio per mantenere questo equilibrio, perché sappiamo che lo scioglimento della NATO, anche se avesse come contropartita lo scioglimento del Patto di Varsavia , distruggerebbe l' equilibrio a nostro danno. la NATO è un' associazione: una volta sciolta, è sciolta. il Patto di Varsavia è un nome che copre una realtà che preesisteva e che esisterebbe anche dopo il suo scioglimento. quindi, il problema non si può porre in questi termini. ora, è in virtù di questo criterio del mantenimento dell' equilibrio delle forze che la presenza delle truppe alleate a Berlino è indispensabile fin tanto che non abbia inizio un processo unitario, fin tanto che perduri la situazione assurda della divisione germanica. il ritiro di quelle truppe significherebbe una rottura dell' equilibrio e il mondo occidentale non può accettarlo. ma se ciò vale per gli occidentali, questo vale anche per i sovietici: se noi non vogliamo che l' equilibrio si spezzi a nostro danno, i sovietici hanno diritto di non vederlo spezzato a danno loro. non si può chiedere all' Unione Sovietica un mutamento dello status europeo, cioè l' unificazione della Germania, e quindi la rinuncia al controllo di una parte di quelle zone che oggi controlla, senza darle una contropartita che mantenga inalterato l' equilibrio. ecco perché è sorta nel 1955, alla conferenza di Ginevra, l' idea della fascia neutrale, anche se oggi sappiamo che è una idea di difficile realizzazione. l' idea di una fascia neutrale è strettamente legata all' idea di un processo di spostamento, di mutamento dello statuto politico europeo. ma noi ci rendiamo conto che: al punto in cui sono le cose, è molto difficile procedere in questa direzione. in questo momento bisogna porre il problema nei suoi termini veramente reali. ma questo non ci deve scoraggiare. pare a noi che nella situazione attuale vi siano due cose da fare, rinunciando per il momento al piano grandioso di una soluzione radicale dello statuto europeo. la prima è una manifestazione di buon senso : prima di tutto, non fare delle sciocchezze. questo mi pare che sia fondamentale. cioè, non tentare di risolvere dei problemi — che si sa che non si possono risolvere — risolvendoli male e pregiudicando situazioni che oggi non sono mature, ma che si possono maturare in modo definitivo in avvenire. è meglio rinviare la soluzione di un problema non ancora maturo, anziché cercare di dargli una soluzione che lo risolverebbe a rovescio. ma questo è un aspetto preliminare. qual è l' altra cosa che si deve fare? qual è una cosa positiva da fare? in un mondo in cui tutto tende a cristallizzarsi in questo equilibrio di forze che oggi è immutabile qualche cosa di positivo si può fare lo stesso. a me pare che quel tanto che si può estrarre dalla situazione attuale, anche se la situazione è enormemente difficile, lo possiamo ricavare obiettivamente se esaminiamo il viaggio che il presidente Kruscev ha fatto negli USA, se esaminiamo poi l' invito che la Russia ha fatto ad Eisenhower ad andare in Russia e l' accettazione da parte di Eisenhower di andarci. mi pare che sia in questo fatto politico un elemento che dobbiamo esaminare. prima di tutto il viaggio di Kruscev negli USA e già, in se stesso importante, indipendentemente dai risultati diplomatici che può avere avuto, anche se Kruscev e Eisenhower non si sono messi d' accordo su nessun punto, però la presenza nel mondo americano del capo del mondo sovietico è un fatto di una importanza storica incalcolabile, come la presenza del capo americano nel mondo sovietico ha una importanza psicologica umana incalcolabile. essa è l' indice della volontà delle due maggiori potenze di discutere (questo mi pare evidente). quando Kruscev insiste per andare in America, evidentemente va perché vuol discutere, e quando Eisenhower va in Russia è perché vuol discutere. questo è l' indice della volontà delle due maggiori potenze mondiali di tentare di trovare una via di uscita. questo è enormemente importante. si passa dalla fase dell' isolamento alla fase di discussione: è una svolta storica di cui conviene essere consapevoli. si discute molto sui motivi che possono avere indotto l' America ad invitare Kruscev e quest' ultimo ad accettare l' invito americano. tutti si rendono conto che la spiegazione è nelle cose stesse. io ero a Mosca quando l' invito è stato fatto e posso testimoniare la gioia schietta e sincera del mondo moscovita, gioia che non era imposta dalla polizia, gioia che si vedeva dagli occhi della gente, i cittadini di Mosca erano contenti, erano contenti i moscoviti che allora frequentavo, le cameriere dell' albergo, il facchino che portava i bagagli, l' operaio che incontravi nella strada. credo che uguale sodisfazione vi sia stata negli altri paesi, negli USA, in Inghilterra, in Italia, tra i lavoratori di tutti i paesi. veramente, quando l' entusiasmo è universale, mi pare che il giudizio non possa essere che uno. quando un giudizio è universale, è chiaro che è un giudizio sicuro ed esatto, è chiaro che la volontà unanime di tutti i popoli verso il tentativo di distensione nasce dalla volontà di consolidare la pace, di superare ciò che può minacciarla. che cosa può minacciare la pace? diciamo subito che il problema tedesco, anche se è gravissimo, il problema di Berlino, anche se è gravissimo, non sono suscettibili — a nostro avviso — di minacciare la pace. sono problemi molto gravi, ma da noi non possono minacciare la pace. è probabile che su Berlino si troverà un compromesso provvisorio, che potrà prolungare la situazione per parecchi anni; è probabile che assisteremo alla lacerazione della Germania per parecchi anni ancora senza che ciò possa minacciare la pace. che cosa può minacciare la pace? evidentemente questi fatti politici non recenti sono fra gli elementi della crisi politica e forse ne sono l' origine lontana; ma ciò che minaccia la pace è altro. la minaccia alla pace, come è sentita da tutti i popoli del mondo, che sono quelli che hanno ragione, perché in questa materia chi ha ragione è l' uomo della strada, è data dalla corsa agli armamenti. si può discutere qual è la causa della corsa agli armamenti, ma l' uomo della strada si ferma su questa constatazione: la corsa agli armamenti è la cosa che ci spaventa, anche se sappiamo che queste armi sono talmente distruttive da rendere impossibile una guerra. ma il solo fatto che esse vengano fabbricate e che si trovino nelle mani di qualcuno basta a spaventare la gente. si può obiettare che la corsa agli armamenti è la conseguenza della volontà egemonica degli uni o del timore degli altri di essere aggrediti; ma ciò non toglie che l' importanza del viaggio di Kruscev è proprio nella tendenza all' attenuarsi della volontà egemonica da parte della Russia sovietica . questo mi pare evidente. così come l' accettazione del viaggio da parte degli USA mi pare debba considerarsi come un attenuarsi del timore da parte delle potenze occidentali di essere aggredite. del resto, ciò che io dico mi pare confermato da alcune interviste rilasciate recentemente da uomini che appartengono alla democrazia non socialista. cito, ad esempio, una intervista rilasciata al Paese Sera dal direttore del Messaggero. in essa è detto fra l' altro: « quando c' è stato il viaggio, abbiamo tirato tutti un sospiro di sollievo! » . che cosa significa ciò? secondo me, questi commenti sono l' indice della sensazione che si è provata per questo viaggio; viaggio che significa rinuncia, da parte della Russia, a certi piani egemonici, a cui corrisponde, da parte nostra, un senso di liberazione dal timore di essere aggrediti, dal timore di un conflitto. e ciò anche se la proposta di disarmo totale, avanzata da Kruscev, lungi dall' apparirci, al punto in cui stanno le cose, un risultato concreto, perché essa manca ancora dell' elemento essenziale — il controllo — e per la genericità della sua formulazione quel che più conta, come dicevo: è che la Russia pare essersi messa sulla linea di attenuare la sua volontà egemonica: ammesso che questa volontà esistesse. la trasformazione di questo mondo nel senso democratico in campo internazionale mi sembra piuttosto evidente. la spiegazione di questa nuova tendenza, della Russia — perché, più che di una politica, si tratta di una, tendenza — va ricercata in alcuni ordini di fattori. il fattore fondamentale consiste nella raggiunta convinzione della Russia di essere ormai al riparo da qualsiasi possibile minaccia. la Russia è un paese che ormai possiede una tale forza militare che la mette al riparo da qualsiasi possibilità di attacco. così, oggi non esiste più quel complesso di inferiorità che si era impadronito dei russi ai tempi dell' hitlerismo, la Russia è ormai sicura che, in casa sua, nessuno può più disturbarla. e questo è un elemento importantissimo; è un fatto positivo di cui si deve prendere atto. è qui la differenza fra la dittatura sovietica e le dittature di carattere nazionale, tipo quella hitleriana, così come vi è differenza fra le dittature di Cromwell e di Franco. il contenuto umano di queste dittature è già diverso. il secondo elemento che domina nella politica. sovietica mi pare che sia questa evoluzione, sia pur lieve, da un sistema di dittatura ad un sistema che si avvicina al tipo della democrazia politica è un processo che è cominciato dal ventesimo congresso e che continua ancor oggi. chi va in Russia prova l' impressione — non dico che ci sia la libertà esistente in Inghilterra o negli USA — di un popolo non più soffocato, non più sotto la minaccia costante della polizia. si ha l' impressione di un popolo che comincia a respirare. ed è strano che, mentre in Russia ci si avvia verso questa forma di maggior democrazia, alcuni gruppi italiani fanno la strada opposta, vanno dalla democrazia alla dittatura; nel momento in cui si è rivelata una certa superiorità tecnica, credono di assecondare questo processo facendo professione di fede antidemocratica. terzo elemento importante è la volontà popolare russa di star meglio. è indiscutibile che il popolo russo , che pure ha un altissimo livello culturale e produttivo, ha un basso livello di vita, non adeguato al suo livello produttivo. chiaro che questo popolo desidera star meglio. il processo non si sviluppa naturalmente in modo automatico. abbiamo avuto recrudescenze orribili, come quella ungherese; abbiamo avuto ritorni di fiamma spaventevoli, e non è escluso che in avvenire ce ne siano ancora. io credo però che la spinta sia in quella direzione. del resto, noi socialdemocratici lo pensavamo già da molti anni. nel 1928 mi trovavo, emigrato politico, a Vienna; parlando con Otto Rauer, nel momento del peggior terrorismo sovietico contro le popolazioni contadine, egli cercava di spiegare il fenomeno dicendo che l' aumento del benessere del popolo russo gli avrebbe fatto ritrovare il cammino della libertà. chi è del resto il democratico sincero che ritenga impossibile l' evoluzione di un popolo verso la libertà? significherebbe rinnegare la nostra fede. non è quindi impossibile che il popolo russo , dopo aver raggiunto un certo livello di capacità produttiva e culturale, evolva verso la libertà. detto questo, il viaggio di Kruscev, per chi si attendeva da esso di miracoli, può essere stato, sotto certi aspetti una delusione. voglio essere sincero: è stata un po' una delusione anche per noi. del resto, non si tratta di un fatto psicologico esclusivamente mio. un deputato laburista, appartenente all' ala sinistra anche se non bevanista, ha manifestato la stessa delusione. cosa è che ci ha deluso del viaggio di Kruscev? prima di tutto ci ha deluso la sua incapacità a vedere il mondo esterno, quando non si tratti di un mondo comunista. l' America non è solo quella di Hollywood e della danza del cancan; l' America è una cosa seria, è l' America di Lincoln, di Jefferson. quest' uomo ha dato l' impressione di non vedere il mondo americano. ne ha visto gli aspetti negativi mettendo l' accento su di essi, diversamente da Goethe che, quando va a Napoli, non vede solo gli straccioni e i loro lati negativi, ma anche l' affetto che i « lazzaroni » hanno per la propria patria. a Kruscev manca questo spirito. abbiamo notato la sua propensione per i contatti con gli industriali e l' avversione per i contatti con le classi lavoratrici . egli si è trovato molto bene con i Rockfeller, ma si trovava male con i capi operai. a mio avviso, il colloquio avuto con i sindacalisti di San Francisco è stato presentato in modo falso. non si è trattato di un dissidio volgare, ma di una cosa utile. il colloquio è durato parecchie ore ed è finito cordialmente, da buoni amici. secondo la stampa i sindacalisti si sarebbero comportati da maleducati. ma che altro avrebbero dovuto fare se non parlare di problemi sindacali? se Eisenhower domani dovesse andare in Russia, Kruscev potrebbe aver ragione a chiedergli quale è la situazione dei negri in America ed Eisenhower avrebbe torto se rispondesse in maniera isterica. come ha fatto Kruscev. ma di là di questi aspetti che ci hanno deluso, rimane il fatto dell' affermazione da parte di Kruscev della volontà di pace di fronte a tutto un popolo che è abituato a guardare la gente negli occhi. rimane il fatto positivo di una discussione che è stata avviata, rimane soprattutto la prospettiva di un disarmo progressivo. il problema del disarmo è stato posto e deve essere affrontato; la sua soluzione sarebbe facilitata se si potesse giungere prima ad un accordo sui problemi di Berlino, della Germania e via discorrendo; ma, a sua volta, la soluzione di questi problemi sarebbe facilitata se si compissero progressi sulla via del disarmo controllato. per rimuovere fin dall' inizio la causa di possibili equivoci, dire subito che noi siamo contrari a porre il problema di un alleggerimento della pressione militare in certe zone d' Europa se ciò non sia accompagnato da un mutamento, almeno progressivo, dello statuto politico: se così non fosse, infatti, si tratterebbe di una farsa. siamo quindi favorevoli alla fascia neutrale ma solo nella misura in cui si avvii a soluzione il: problema dell' unità tedesca; saremmo contrari se questo problema non venisse risolto o addirittura non venisse nemmeno posto. al contrario, la Russia deve essere (e lo è certamente) abbastanza perspicace per sapere che, se non si pone il problema dell' unità tedesca, purtroppo non si può nemmeno porre il problema del disarmo della Germania occidentale : tutti gli osservatori politici seri devono convenire su questo. ma anche se non si può porre il problema in questo modo, noi siamo tuttavia favorevoli a un disarmo generale — anche se progressivo, graduale, limitato — che riguardi tutte le potenze. naturalmente noi socialdemocratici non possiamo accettare le discriminazioni che si vorrebbero introdurre a proposito di armamenti; vorrei che mi si intendesse bene, e proprio per questo voglio essere su questo punto molto preciso, soprattutto per quanto riguarda la fabbricazione delle armi atomiche . non possiamo accettare che la Russia possa avere missili intercontinentali e l' Italia, invece, archi e frecce. se vi sono, come purtroppo vi sono, armi terribilmente distruttive, chi le ha non può impedire che gli altri le abbiano anch' essi. non possiamo accettare una simile discriminazione, indipendentemente da valutazioni di ordine pratico che potessero guidare gli Stati maggiori dei governi responsabili. vorremmo che tutti avessero archi e frecce (saremmo tutti più tranquilli); ma poiché queste diaboliche armi vi sono, purtroppo, bisogna averle tutti! riteniamo pertanto che ogni tentativo di creare una discriminazione nel possesso degli armamenti, anziché favorire la distensione, accrescere la tensione internazionale, crescerà sospetti e determinerà disagi, perché si avrà l' impressione di trovarsi di fronte ad un tentativo di rottura dell' equilibrio fra le forze da parte di chi intendesse servirsi della distensione per spostare a proprio favore tale equilibrio. siamo invece favorevoli alla limitazione nella fabbricazione delle armi nucleari . ci rendiamo conto che gravi pericoli sono insiti nella diffusione della fabbricazione delle armi nucleari . sarebbe stato logico limitare la fabbricazione di tali armi all' Unione Sovietica e agli USA che, avendone il possesso, sono in grado di mantenere reciprocamente l' equilibrio delle forze. purtroppo gli inglesi hanno voluto anch' essi la bomba atomica (i laburisti hanno tentato di giustificare questo fatto in un modo che, per la verità, non mi è parso molto abile). ancora più pericolosa noi consideriamo ogni diffusione ad altri paesi della fabbricazione (parlo, ripeto, della fabbricazione, non del possesso di armi di questo tipo a scopo difensivo, essendo contrari a simili discriminazioni) delle armi atomiche . diciamo questo perché gravi pericoli sono insiti nel fatto che un piccolo paese (poniamo, una piccola nazione del Medio Oriente o di qualsiasi altra regione del globo) abbia proprie armi nucleari , perché difficilmente i loro dirigenti avrebbero il senso di responsabilità che hanno invece i dirigenti americani e sovietici, per quanto riguarda l' uso di tali armi. questa estensione della fabbricazione delle armi sarebbe quindi pericolosa e d' altra parte non sposterebbe l' equilibrio delle forze: si pensi, infatti, che l' Inghilterra ha meno di cinque bombe all' idrogeno e che è il caso di chiedersi che cosa quelle bombe possano contare rispetto a quelle russe ed americane. non parliamo poi della Francia, che in questo momento sta impegnandosi a fondo per costruirne una. porre il problema in termini di prestigio, insomma, significherebbe creare un incentivo a fabbricare le bombe atomiche per potenze che potrebbero essere meno responsabili nel maneggio e nell' uso di tali armi e il cui comportamento potrebbe di riflesso avere conseguenze incalcolabili. quindi, se siamo contro le discriminazioni per il possesso delle armi, siamo però favorevoli ad un tentativo di bloccare la fabbricazione e di limitarla ai paesi che oggi l' hanno. i paesi che oggi fabbricano tale tipo di armi sono tre. naturalmente, nel quadro di questa situazione, noi saremmo favorevoli a limitare la fabbricazione. la prima fase è quella di cercare di impedire che tali paesi fabbrichino le armi, mentre la seconda consiste in una limitazione della fabbricazione ai paesi che già l' attuano. ogni tentativo, quindi, per arrivare a questa limitazione mi pare da assecondare. non ho bisogno di dire che noi siamo favorevoli pienamente alla cessazione degli esperimenti nucleari perché siamo contrari alla estensione della fabbricazione ed anche perché sappiamo che i due maggiori paesi li hanno già fatti e non riteniamo necessario che se ne facciano altri. mi pare di essere stato molto chiaro: noi siamo contrari al possesso ed alla fabbricazione di tale tipo di armi e siamo favorevoli alla cessazione degli esperimenti. un passo innanzi è necessario compierlo anche nel campo degli armamenti convenzionali, che occorre limitare. questo è ovvio. ogni proposta sugli armamenti, ripeto, non deve essere scoraggiata a condizione che si tratti di un disarmo controllato. le iniziative che l' Occidente può promuovere per favorire la distensione internazionale non si esauriscono nei dialoghi tra i ministri degli Esteri e i dirigenti sovietici, tra i capi di governo ed i dirigenti sovietici; altre iniziative devono essere intraprese. io credo che sia molto sottovalutato il problema dei rapporti culturali, nel senso che è difficile oggi stabilire dei rapporti culturali col mondo sovietico. ne ho la prova in un discorso che Kruscev ha tenuto pochi giorni fa a Krasnojarsk, nella Siberia centrale, durante il quale egli ha appunto detto quanto sia difficile porre il problema nel modo in cui lo possiamo intendere noi. egli ha detto inoltre che, durante il suo viaggio negli USA, gli è stata prospettata ripetutamente l' opportunità di un cosiddetto libero scambio delle idee. e qui cito testualmente la traduzione dall' inglese che a sua volta deriva dal russo: « essi cercavano di convincermi della necessità di disseminare su larga scala nel nostro paese libri e films specialmente scelti da loro e di avere libertà per le emissioni radio. essi desiderano imporci ogni sorta di sciocchezze che avvelenerebbero la coscienza del popolo sovietico . possiamo noi accettare questo? evidentemente no. il nostro popolo non desidera mangiare il cattivo cibo avvelenato col veleno delle idee borghesi » . ed ha aggiunto: « lasciate che ognuno di noi prenda il meglio, che si scambi ciò che è il meglio, e voi mangiate pure i vostri cibi marci » . non mi sembra, onorevoli colleghi , un discorso liberale. è chiaro che noi ci troviamo di fronte non ad uno spirito liberale che vuole confrontare le idee del mondo libero con quelle del mondo sovietico, ma di fronte invece ad una dittatura che fa filtrare quello che le fa comodo. su questo punto il discorso sarebbe lungo. su molte cose posso essere d' accordo con voi, ma bisognerebbe vedere su chi ricade la responsabilità di questa situazione. in nome della libertà molte volte vengono commessi soprusi che devono essere controllati. vero è che il linguaggio di Kruscev è preoccupante. noi non sappiamo che cosa essi considerino cibo corrotto. ciò d' altra parte crea una situazione imbarazzante, perché i paesi occidentali possono porre il problema negli stessi termini. in un mondo libero, invece, tutto ciò che rappresenta il pensiero russo deve essere confrontato liberamente con il pensiero nostro. ma, a parte questi rapporti diretti che hanno rivelato il carattere totalitario del regime sovietico, mi pare che vi sia qualcosa di più importante che il mondo occidentale può fare, indipendentemente dai contatti con il mondo sovietico. i problemi della distensione internazionale non si risolvono unicamente sul piano diplomatico o nei rapporti tra potenza e potenza: vi è un immenso campo di azione in cui gli occidentali potrebbero esercitare un' azione preminente e tale che, se condotta con coerenza e in modo positivo, potrebbe avere una influenza decisiva sullo sviluppo della pace nel mondo e sullo sviluppo della distensione internazionale. il destino del mondo è subordinato ai rapporti tra est ed ovest, come tutti sappiamo; ma questi rapporti, se dipendono in gran parte dalle decisioni dei capi di governo , è pur vero che indirettamente dipendono dalla volontà dei popoli, volontà che è, in ultima analisi, determinante nella politica di tutti i paesi, compresa la politica del mondo sovietico. tutti i popoli vogliono la pace e tutti vogliono la giustizia: queste sono cose fondamentali. occorre eliminare le cause che nascondono al popolo russo , secondo me, le contraddizioni in cui esso ancora, vive. è in questo campo che noi occidentali possiamo fare molto, ma dobbiamo cominciare col dare l' esempio. occorre creare una situazione mondiale che dia risalto, di fronte alla coscienza dei sovietici, alle ingiustizie che il loro governo compie a danno di alcuni popoli dell' Europa centrale. ma l' Occidente può fare questo se, a sua volta, si presenta con le Mani Pulite . se l' Occidente vuole influire in questo senso, è necessario che allontani da sé la taccia di ipocrisia, per indurre il popolo sovietico a prendere conoscenza dell' ingiustizia del suo imperialismo sui popoli di razza bianca. è necessario, per questo, che l' Occidente liquidi prima di tutto il suo imperialismo coloniale. l' ondata di odio che si è levata nel mondo in questi anni contro l' Europa, da parte dei popoli dell' Africa e dell' Asia, che cos' è se non il prodotto del colonialismo tradizionale? lo stesso ascendente che la Russia ha su quei popoli nasce da questa situazione. se il popolo sovietico molte volte non vede le aberrazioni di cui è lo strumento, e perché questa realtà oppressiva gli è nascosta da un' altra realtà oppressiva, che giunge alle sue orecchie come un appello di liberazione, come se la Russia. fosse il faro della libertà. è per questo che vediamo molte delegazioni recarsi a Mosca, come se andassero alla Mecca della libertà. l' Occidente ha molto da fare in questo campo. la via giusta era quella indicata dai laburisti che, subito, dopo la guerra, con il loro buon senso e con il loro equilibrio, hanno dato la libertà ai 50 milioni di abitanti dell' Asia meridionale, intrattenendo in seguito buoni rapporti con questi popoli, tanto è vero che l' India è ancora, legata, sia pure da un punto di vista puramente morale, con il Commonwealth britannico la politica giusta è questa, non quella delle mostruosità di Hala, dei delitti compiuti nel Kenya, delle repressioni nel Nyassa, della politica dei coloni algerini, della politica dei nazionalisti sudafricani e via discorrendo, o della politica. di persecuzione in atto in certe zone dell' America contro la popolazione negra. questa politica veramente ci danneggia e danneggia tutta l' umanità. è chiaro che se vogliamo mettere il popolo russo di fronte alle sue responsabilità: dobbiamo prima di tutto assumerci le nostre. è certo, ad esempio, che le violenze che i russi hanno compiuto contro gli ungheresi probabilmente non sarebbero state evitate: erano decise dallo stato maggiore ; ma è certo che lo choc prodotto dall' avvenimento nella coscienza dei lavoratori sovietici sarebbe stato maggiore se in quel momento non vi fosse stato il delitto di Suez, che ha nascosto di fronte alla coscienza di tutti la realtà delle cose ed ha impedito di capirci qualche cosa: da una parte erano gli aggressori degli ungheresi, dall' altra gli aggressori del popolo egiziano . è chiaro che lottando contro il colonialismo tradizionale — ella, onorevole Pella, e ministro degli Esteri di un paese che non ha colonie — noi implicitamente lottiamo anche per la libertà dei popoli che sono oppressi in Europa e che non possono godere delle loro libertà. questa è la verità. e contribuiamo in modo effettivo, così, alla distensione internazionale. vi è un altro campo in cui l' Occidente ha possibilità illimitate d' azione e che costituisce il punto di riferimento valido per tutti: è quello delle condizioni della classe lavoratrice . questo è un punto importante ed è il terreno sul quale veramente politica estera e politica interna si confondono, quello in cui la distensione internazionale si rivela essere, al tempo stesso , causa ed effetto della distensione interna. il popolo russo sa che nelle democrazie occidentali il livello di vita della classe lavoratrice è nettamente superiore al suo. il popolo russo preme con la forza della sua massa enorme, talvolta con la voce coraggiosa di qualche lavoratore per avere un livello di vita più alto. è noto che nel suo recente viaggio nella zona del Pacifico, in Siberia, a Vladivostok (è lui stesso che lo dice) una massaia gli ha chiesto: « come mai quando lei viene qui i magazzini sono pieni di merce? rimanga ancora perché così avremo sempre merce nei magazzini » . è Kruscev stesso che lo racconta e questo è un elemento di maggiore democrazia in Russia in quanto il dittatore ha il coraggio di dire quali sono le aspirazioni del suo popolo. Kruscev, fra le risate degli uditori, ha aggiunto di aver detto ai dirigenti di Vladivostok: « quando partirò non ritirate la merce dalle vetrine » . nello stesso discorso Kruscev ha aggiunto che in Russia si fabbricano meno automobili che negli USA per evitare agli operai la difficoltà del parcheggio. sono battute semiserie che stanno però) a provare quanto forte sia nel popolo sovietico l' aspirazione a un più alto livello di vita, che sia paragonabile a quello altissimo che ha sul piano culturale. guai se l' Occidente accetta la stupida alternativa o l' unico benessere. lo sviluppo tecnico è posto al servizio dell' uomo, non è una alternativa al benessere, ma ne è la condizione. a questo proposito vorrei affermare una cosa — forse mi farò rimproverare quale uomo insensibile al progresso tecnico — cioè che vi è oggi una sopravalutazione di un certo sviluppo tecnico che, in ultima analisi, se allarga le conoscenze teoriche è nato da scopi bellici ed è rivolto a fini essenzialmente militari. non a caso i pionieri ne sono stati gli hitleriani. vi è la tendenza a una piuttosto automatica identificazione tra sviluppo tecnico e civiltà. coloro che sopra valutano lo sviluppo tecnico sono sempre gli stessi. li ho conosciuti quando ero giovane. essi si inebriavano della Germania guglielmina che al principio del secolo era al vertice della tecnica. si è visto nella prima guerra mondiale come quella generazione fosse barbara. poi li ho incontrati nel feticismo della tecnica americana (noi invece ammiravamo l' America non per i frigidaires, ma per la dichiarazione di indipendenza, ammiravamo l' America di Lincoln e non l' America delle automobili lunghe dieci metri). adesso sono pronti a giurare sulla Russia e pronti domani ad esaltare la Cina se inventerà una tecnica più alta. questo feticismo per la tecnica non deve contaminare noi democratici. la tecnica è una cosa enormemente importante, ma la pienezza della cultura e della civiltà implica altri valori di moralità, di fede nella libertà e di amore per la giustizia, che sono molto, ma molto più importanti. la tecnica al servizio dell' uomo è una cosa stupenda e noi ci inchiniamo di fronte ad essa. ma se ammiriamo le grandi democrazie è per qualcosa di più importante delle loro tecniche. noi aspiriamo ad una società che non sia né di mandarini, che pare si voglia creare con la riforma della scuola, né di robot, ma di uomini. non dobbiamo quindi cadere nell' errore di rallentare l' impegno sociale — questa è la sostanza — con la scusa di sviluppare la tecnica, come vorrebbero molti reazionari dell' Occidente che hanno scoperto un' improvvisa ammirazione per i russi, proprio allo scopo di obbligare gli operai ad accettare salari più bassi. non dobbiamo cadere nell' errore di rallentare l' impegno sociale; al contrario, dobbiamo aumentarlo. ed è qui che la distensione sul piano internazionale si lega a quella interna. si tratta di garantire e di consolidare le istituzioni democratiche che danno a tutti la libertà; si tratta di lavorare per risolvere il problema della condizione umana. i partiti democratici debbono rendersi conto che, in ultima analisi, vincere nel mondo chi avrà dato la risposta più efficace al più alto bisogno degli uomini, che è quello di diventare veramente umani. questo accresciuto impegno sociale? secondo me, è il senso vero della distensione interna. chi non intende questo non ha appreso la lezione degli avvenimenti di questi ultimi anni. porre il problema della distensione interna in termini di abbandono dell' intransigenza democratica, in termini di rinuncia alla difesa delle pubbliche libertà, è una cosa assurda. la democrazia garantisce a tutti, senza discriminazione alcuna, le libertà costituzionali, ma non impegna i democratici ad andare sottobraccio con coloro che in questo momento non lo sono né sul piano del Governo, né su quello dell' opposizione. certo noi non possiamo confondere la dittatura del partito comunista con le dittature fasciste o hitleriana. sappiamo che al fondo della dittatura comunista vi è una ispirazione di giustizia sociale che, anche se deviata dal suo alveo naturale che è la libertà, non cessa per questo di dare talvolta dei risultati possenti. ma noi socialisti democratici sappiamo che la strada della libertà e della democrazia è l' unica che conduce alla pace vera e alla giustizia. la distensione internazionale è favorita certamente da coloro che vedono in essa ciò che essa veramente è, cioè il fattore decisivo per il consolidamento della pace, per l' estensione dell' area della libertà dei popoli, per la realizzazione della giustizia sociale . è con questa certezza, onorevoli colleghi , che il nostro partito continua con fervore la lotta per la distensione internazionale, lotta che si identifica con quella per la costruzione di un mondo in cui ogni nazione sia al riparo dalla violenza esterna ed interna, sia al riparo dalla violenza della guerra e della dittatura, un mondo in cui ogni popolo possa vivere secondo il proprio genio e la propria volontà, un mondo in cui ad ogni individuo sia garantito il supremo dei diritti umani , che è quello di vivere liberi in ma patria libera.