Pietro NENNI - Deputato Maggioranza
III Legislatura - Assemblea n. 209 - seduta del 15-10-1959
Sui problemi di politica estera
1959 - Governo I Moro - Legislatura n. 4 - Seduta n. 110
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , ritengo utile premettere che, presentando il 3 ottobre scorso, cioè mentre si avviava alla fine la visita negli USA dell' onorevole Segni e dell' onorevole Pella, l' interpellanza che svolgo oggi, non avevo in animo di aprire un dibattito generale di politica estera . questo non per il motivo che è stato sottolineato dalla stampa governativa, cioè per il timore, la preoccupazione di un voto della Camera che nelle circostanze attuali non può essere che di approvazione. a partire dal 1953 in poi tutti i ministeri hanno più o meno abusato dei viaggi in America e dei voti di fiducia sulla politica estera come di diversivi per la loro politica interna . rimane tipico nei nostri ricordi il tentativo quasi ingenuo con cui l' onorevole Scelba, mentre il suo ministero stava tirando le cuoia, si affidò al miracolo di un viaggio in America, facendosi precedere da un voto di fiducia , che ottenne, or non ricordo bene, se su una mozione o un emendamento del nostro gruppo socialista in materia di disciplina dei petroli. ma l' onorevole Scelba era come il cavaliere antico che andava combattendo ed era morto; e il viaggio in America e quel voto di fiducia non lo salvarono dal suo destino. credo non si possa escludere che un uguale destino sia sospeso sull' onorevole Segni. 1 in verità, onorevoli colleghi , la ragione per cui pare a noi del gruppo socialista che non vi siano le condizioni di un serio dibattito di politica estera e di politica generale, è che l' opposizione, in questo momento, non ha di fronte a sé un interlocutore valido. intendiamoci: c' è un ministero, vi sono dei ministri ai quali possiamo chieder conto dei loro atti, come io mi accingo a fare. ma il loro andare o restare, al punto in cui siamo, dipende più dal congresso della Democrazia Cristiana che non dalle vicende parlamentari. non è nemmeno escluso in assoluto che alla fine del mese ci possiamo trovare di fronte alla medesima équipe ministeriale: ciò vorrebbe dire che tutto a Firenze sarebbe terminato in « tarallucci e vino » , con un colossale equivoco del quale la Democrazia Cristiana dovrebbe rendere conto all' opinione pubblica . ma anche in questo caso, poco probabile, l' interlocutore tornerebbe ad essere valido; vorrebbe dire, cioè, che tra progresso e conservazione, tra centro e destra, tra distensione e guerra fredda la Democrazia Cristiana , nel suo congresso, avrebbe scelto il secondo corno del dilemma. avremmo per certo una situazione difficile, ma si tratterebbe anche di una situazione chiara. la prova, onorevoli colleghi , della confusione in atto e della scarsa validità attuale dell' interlocutore che sta di fronte a noi, la si può dedurre da tre episodi che hanno preceduto l' odierna discussione. gli onorevoli Segni e Pella sono davanti a noi con l' avallo di tre approvazioni sulla materia che forma oggetto della mia interpellanza: una della direzione della Democrazia Cristiana , l' altra del Consiglio dei ministri , la terza del gruppo parlamentare democratico cristiano . la direzione della Democrazia Cristiana è un organo, ormai, senza reali poteri, alla vigilia — com' è — di rassegnare il proprio mandato al congresso che ha convocato. in linea generale, si può dire che ha altre gatte da pelare, come tutti noi, uomini di partito, alla vigilia di un congresso abbiamo altre gatte da pelare. risulta inoltre profondamente divisa, proprio sui problemi di politica estera dei quali stiamo discutendo. giornali governativi di stretta obbedienza — cito in questo caso il Resto del Carlino — ci hanno fatto sapere che, nel corso della riunione della direzione della Democrazia Cristiana , il fanfaniano De Stefani , l' altro fanfaniano Malfatti, il dottor Granelli, della « base » , e perfino il vicepresidente del Senato Ceschi si sarebbero fatti portavoce dei più triti luoghi comuni distensivi. dopo di che la direzione ha espresso il proprio unanime compiacimento e plauso ai pellegrini di Washington in un contesto che ha un suono assai diverso dal linguaggio degli onorevoli Segni e Pella. ed anche stamane, del resto, il collega onorevole Codacci-Pisanelli, sviluppando la mozione del gruppo democristiano, lo ha fatto in un contesto che ha un suono diverso. il legame tra il compiacimento della direzione della Democrazia Cristiana e le prospettive da essa formulate, è stato affidato ad un « pertanto » , che si è detto fosse fatica particolare dell' onorevole Moro: « pertanto, la Democrazia Cristiana si augura che l' iniziato processo di distensione dei rapporti internazionali prosegua e si approfondisca, si consolidi e si mostri effettivamente capace di dare la sicurezza dei confini e degli ideali democratici » . inoltre, la direzione della Democrazia Cristiana ha espresso il voto che « si sviluppi sempre più intenso l' interessamento dell' Italia nei diversi settori della vita internazionale, specie in quelli ove la forza di fermenti nuovi sul terreno economico, sociale e politico fa maturare avvenimenti importanti per l' avvenire del paese » . in questo testo si è voluto, da parte di elementi della Democrazia Cristiana , vedere addirittura un riferimento al riconoscimento della Cina e, in ogni caso, al ruolo dell' Italia per l' allargamento dell' area di libertà, nei paesi afro-asiatici, che è un tema introdotto dall' onorevole Fanfani nella politica estera del nostro paese e dopo di lui lasciato cadere per far posto a lacunose generalizzazioni sull' aiuto alle zone sottosviluppate. vi è quindi da domandarsi quale rapporto esista fra i propositi della direzione della Democrazia Cristiana e la politica estera dell' onorevole Pella. in ogni caso una agenzia democristiana, l' agenzia Radar , ha potuto scrivere che « proprio nel settore della politica estera emerge la divergenza fra la linea ispiratrice della Democrazia Cristiana e l' indirizzo del Governo, appesantito da voti e da consensi che si appalesano condizionati alla destra » . lo stesso si potrebbe dire del voto del Consiglio dei ministri . i ministri hanno un modo solo di non essere d' accordo con il loro presidente del Consiglio ed è quello di dimettersi. ed io non insisterò né ironizzerò sulle molte ragioni che possono averli frenati in questo generoso moto dell' animo o per lo meno possano averli indotti a rinviare tale gesto a quando le cose appariranno più chiare. tuttavia, onorevoli colleghi , come può non sapere di farsa una approvazione unanime, data da un consesso dove siedono uomini i quali pubblicamente, nei precongressi del loro partito, hanno assunto posizioni critiche non soltanto nei confronti della politica estera dell' onorevole Pella, ma nei confronti della politica dello stesso presidente del Consiglio ? terzo « fra cotanto senno » è stato il gruppo democristiano della Camera, anch' esso unanime nel plauso e nell' approvazione, anche se, a quanto si è detto, poco rappresentato in queste riunioni. onorevoli colleghi , vi sono delle unanimità, che sanno di cinismo e questa unanimità sa di cinismo, a meno che i discorsi che noi abbiamo letto sulle colonne de Il Popolo non fossero una invenzione dell' organo ufficiale della Democrazia Cristiana ; discorsi dove la critica e l' opposizione all' attuale Governo vertevano su specifici motivi di politica estera . ecco perché, secondo il nostro giudizio, il discorso sulla politica estera sarà da riprendere dopo il congresso di Firenze e nella situazione che il congresso avrà creato. questo detto, onorevoli colleghi , esporrò assai brevemente le ragioni della mia interpellanza sul viaggio del presidente del Consiglio e del ministro degli Esteri a Washington, sul comunicato che ne dà conto, sugli irresponsabili discorsi che ne hanno costituito la cornice. sorvolo sui tragicomici aspetti della visita e sulla sorte del presidente del Consiglio , giunto alla casa bianca appena in tempo per stringere la mano al proprio anfitrione, il quale prendeva il volo per i campi di golf della California. il New York Times ha parlato di « un trattamento relativamente disinvolto » riservato al Primo Ministro italiano. credo non vi sia altro da dire, anche perché questo per noi non è essenziale. l' essenziale è il carattere, stile guerra fredda , che la visita ha assunto, un carattere forse più comico che allarmante, tale in ogni caso da umiliare, a giudizio nostro, il nostro paese, da tagliarlo fuori da un processo distensivo che seguirà comunque e in ogni caso il proprio corso. onorevoli colleghi , una grande occasione è stata perduta. all' indomani dell' incontro di Camp David l' Italia, a Washington, aveva da dire una sola parola, semplice ed onesta: eccoci! poteva essere per voi, onorevole Segni, l' occasione del vostro nous y voilà, sul ricordo di La Fayette in un' occasione non meno grande, non meno degna, non meno importante. la nostra parola doveva essere: eccoci qua, per concorrere, con voi americani, a rimuovere le difficoltà del nuovo corso distensivo della politica internazionale . noi italiani potevamo meglio di altri tenere questo linguaggio, in quanto possiamo tutto attenderci dalla distensione, nulla attenderci dalla guerra fredda . la Francia ha sulle braccia la guerra di Algeria: che non si sa se sia per ridiventare una questione di Algeria risolvibile in termini di pace: la Germania è territorialmente divisa, in due e subisce tuttora la legge dell' occupazione. noi italiani non abbiamo problemi di tale natura e di tale gravità. la stessa adesione al patto atlantico venne presentata, a suo tempo, come uno stato di necessità (la formula, come vedete, non è nuova né applicabile soltanto ai casi attuali dell' onorevole Segni) in relazione alla sicurezza nazionale, in un' Europa e in un mondo divisi in blocchi militari contrapposti. vi sarebbe stata, a giudizio di noi socialisti, un' altra e ben maggiore garanzia nella neutralità. ma questo non è il problema di oggi. allo stato delle cose non vi è, io credo, chi non veda come per l' Italia la garanzia della sicurezza, la garanzia dei confini, la garanzia della libertà sia nella distensione. invece, che cosa ha contrassegnato il breve passaggio dell' onorevole Segni a Washington? una manifestazione di aperta fiducia nella distensione. questione di bilancio di quello sciagurato viaggio. la prima nota stonata; e sostanzialmente la più grave, comparve nel comunicato ufficiale diramato subito dopo il magro desinare con il presidente Eisenhower. fu con stupore che si lesse nel comunicato, fra altre cose di minor conto, che « il presidente Eisenhower e il presidente Segni hanno anche convenuto che l' attuale situazione internazionale non consente ancora un rilassamento negli sforzi difensivi occidentali » . onorevoli colleghi , che questo lo dicessero i ministri italiani era sbalorditivo ed assurdo; fra l' altro, una gradassata da far ridere o da far piangere. l' America poteva anche avere le sue ragioni, buone o cattive? per ammonire a non smobilitare; non le mancava, però, il modo di far valere le proprie ragioni in sede opportuna, come del resto ha fatto, insistendo presso la Francia, senza fortuna, e insistendo presso la Turchia, senza che sia ancora intervenuta una decisione definitiva, per la creazione, rispettivamente in suolo francese e in suolo turco, delle rampe di lancio dei suoi missili a media portata. del resto, onorevoli colleghi , gli stessi ministri si resero conto dell' assurdità in cui erano caduti, facendo dire ai corrispondenti italiani a Washington che non loro, povere cavie innocenti, ma l' America aveva voluto l' accenno alla necessità. di non rilassare gli sforzi militari occidentali. ad accrescere il nostro stupore vennero infatti i commenti dei giornali. ne cito due, e mi scuso della citazione, ma essa può servire ad edificazione della Camera. ecco quello di Gorresio sulla La Stampa : « sarebbe ingenuo pensare che il concetto sia stato inserito nel documento ufficiale per l' iniziativa dei rappresentanti italiani. Segni e Pella, al contrario, erano piuttosto riluttanti dal fare riferimento alla necessità di continuare la vigilanza. ritenevano che in questo modo si sarebbe data l' impressione che l' Italia non partecipi pienamente alla fiducia che lo stesso presidente Eisenhower ha mostrato di avere sui risultati delle conversazioni con Kruscev, sugli argomenti del disarmo e della distensione. era ovvio che tali riserve sarebbero state interpretate come indizio di scetticismo e di oltranzismo ingiustificati. tenuto conto di tutte le proporzioni, si sarebbe potuto affermare che l' Italia, al momento di mettere una sua parola nel dialogo tra le massime potenze, si rivelava velleitariamente più realistica dei grandi re della terra. da parte americana, tuttavia, nel corso della discussione si è molto insistito perché il concetto venisse mantenuto » . le medesime cose cablava Ugo Stille al Il Corriere della Sera , con in più una informazione che chiariva tutta la faccenda e ci illuminava sulle difficoltà del presidente americano con i suoi generali. « si sa che timori del genere (sul pericolo di un rilassamento in Europa) sono stati comunicati alla casa bianca dal comandante supremo della NATO, generale Norstad, preoccupato del pericolo di una riduzione degli armamenti che egli ritiene tuttora essenziali per mantenere in efficienza il suo dispositivo difensivo. per questo da parte americana è venuta, in modo assai preciso e netto, la proposta di inserire nel comunicato la frase sopra menzionata. la visita di Segni a Washington è sembrata infatti al governo degli USA l' occasione adatta per prendere posizione su questo punto » . onorevoli colleghi , io sono molto scettico sulla validità della tesi esposta nei due articoli citati e nei molti altri articoli che non cito per amore di brevità. dubito, cioè della riluttanza dei nostri ministri ad includere nel comunicato parole che sono appena un pallido riflesso del loro pensiero, del pensiero pubblicamente espresso l' indomani nei loro discorsi. comunque, lo volessero o no, fin da quel comunicato fu chiaro che Segni e Pella utilizzavano il loro viaggio in America non per inserire l' Italia nel nuovo corso della politica internazionale , ma per mettere dei bastoni fra le ruote. che se poi i bastoni sono risultati essere delle canne di giunco, questo non cambia nulla alla realtà delle intenzioni dei rappresentanti del nostro paese. e le intenzioni furono chiare l' indomani, quando le « cavie » si presero la loro rivincita al banchetto del National Press club . ai superstiti dell' oltranzismo maccartista, che sono ancora assai numerosi nella stampa americana e nei circoli ufficiali, il presidente del Consiglio tenne un discorso del quale, se le cose andranno come devono andare, egli non sarà fiero di qui a qualche tempo. tornavano, in quel discorso, tutte le immagini del vocabolario della guerra fredda , tutte le formule oltranziste che ebbero fortuna col defunto Foster Dulles : la pace che si deve edificare « sul granito, e non sulla sabbia » , la volontà di non cedere « al facile ottimismo di quanti credono che basti una stretta di mano e qualche sorriso per risolvere problemi internazionali che il passare del tempo ha contribuito a complicare » , l' esigenza di ottenere « giuste garanzie » , il dovere di « non lasciarsi trascinare da un malinteso desiderio di pace » . e, infine, vi fu quello che mi permetterò di chiamare il ruggito del topo, usando il titolo di un film che, mi dicono, incontri grande successo. disse il presidente del Consiglio : « nessun errore sarebbe più grave di quello che faremmo se smantellassimo gli strumenti ai quali abbiamo affidato la nostra sicurezza » . ed anche qui io non so, onorevoli colleghi , se dobbiamo ridere o piangere per la stonatura tra le parole e il nostro peso militare. naturalmente, l' onorevole Pella non fu da meno e ad un desinare al Pentagono lasciò cadere sulle spalline e le decorazioni dei suoi commensali parole di una solenne goffaggine: « la responsabilità stessa del vostro posto vi indica sicuramente che nessuna pace e nessuna libertà possono essere salvaguardate e protette, se lo scudo degli armamenti non è energicamente sostenuto dal mondo » . ecco, onorevoli colleghi , quello che i nostri ministri sono andati a dire a Washington, arrivandovi nella scia degli incontri di Camp David e di una commozione popolare che ha infiammato di fiducia americani e sovietici, europei, asiatici, africani ed australiani. se il giornale Ordine civile dell' Azione Cattolica e dei Comitati civici ha potuto domandarsi nei giorni scorsi perché mai « i democratici cristiani arrossiscono di vergogna quando si nomina il Governo Segni » , ciò si deve, io credo, a discorsi come quelli di Washington, i quali prolungano sul piano internazionale direttive di politica interna di netto carattere clericofascista. il guaio, per il Governo, e la fortuna, per l' opposizione, è che un simile linguaggio è a tal punto fuori della realtà da lasciare fortunatamente il tempo che trova. mostrare di credere, onorevole Segni, che il nuovo corso internazionale stia tutto in una stretta di mano e in un sorriso, è dare prova di non aver capito nulla. l' incontro di Camp David non è dovuto al caso, non è piovuto dal cielo come una meteora. esso è un punto di arrivo e un punto di partenza . il punto di arrivo del fallimento della politica della forza e delle posizioni di forza; il punto di partenza di un corso politico nuovo, destinato a dare forma concreta alla coesistenza pacifica tra civiltà industriali di tipo radicalmente diverso. perché divenisse possibile l' incontro di Camp David è stato necessario che l' America toccasse con mano l' assurdità del fenomeno di fanatismo e di ignoranza a cui è legato il nome del senatore McCarthy e verificasse l' inanità della politica delle posizioni di forza del fu segretario di Stato Foster Dulles . molti fattori, onorevoli colleghi , hanno contribuito al riesame che gli americani vanno facendo con coraggio della situazione. due, a giudizio mio, sono stati decisivi: la constatazione che l' America andava perdendo iniziativa e prestigio in Asia e in Africa, e la Pearl Harbor tecnica e scientifica di cui gli americani ebbero la rivelazione il giorno in cui il primo Sputnik entrò in orbita. prendeva così fine quello che doveva essere il secolo della assoluta supremazia tecnica dell' America. e anche l' Unione Sovietica onorevoli colleghi , non è arrivata al viaggio del suo Primo Ministro in America per una via facile. è stato necessario innanzi tutto, un aspro travaglio ideologico e politico, non per anco conclusivo col famoso XX congresso di Mosca, anzi, dopo di allora, rientrato in crisi, e solo da poco in qua avviato a prendere concretezza, pur tra superstiti contraddizioni. sul piano ideologico è stato necessario che il partito comunista dell' Unione Sovietica abbandonasse i due principi che ne avevano ispirato l' azione durante l' epoca staliniana: il principio che la lotta di classe si fa tanto più aspra quanto più avanza la struttura socialista della società, e l' altro: che non c' è terreno d' incontro sul piano internazionale fra due sistemi che si affrontano globalmente. che proprio nei giorni scorsi il Primo Ministro sovietico Kruscev sia andato a dire a Pechino che il terreno d' incontro con l' America esiste è fatto che prova quanto profondi siano l' impegno e l' interesse dell' Unione Sovietica per la distensione. non già, onorevoli colleghi , che Pechino sia pregiudizialmente contraria alla distensione. le voci corse in questo senso sono state smentite dai dirigenti del comunismo cinese col telegramma a Kruscev col quale ravvisano nel suo viaggio in America « un immenso contributo alla diminuzione della tensione internazionale e alla causa della pace » . ma obiettivamente la Cina è in condizioni diverse dell' Unione Sovietica . dal punto di vista interno, la rivoluzione cinese attraversa il suo momento di più alta tensione, sotto il peso di uno sforzo creativo, industriale e di lavoro, di cui le popolazioni risentiranno i benefici in termini di benessere solo negli anni futuri. dal punto di vista delle relazioni internazionali, la rivoluzione cinese trova aperti davanti a sé grossi problemi nazionali, come quello di Formosa e del posto di diritto che spetta alla Cina nel Consiglio di sicurezza dell' Onu, come quello della sua presenza nel Tibet in virtù del contestato trattato del 1951 e perfino della frontiera con l' India. ma, proprio perché la situazione obiettiva e tale da comportare elementi di irrequietezza e di instabilità, proprio per questo, onorevoli colleghi , più grande appare la necessità di assecondare una soluzione dei problemi asiatici. certo è, onorevoli colleghi , che Kruscev ha in Europa e in Asia i suoi « duri » i quali lo aspettano al varco di un insuccesso, così come il presidente Eisenhower ha i suoi « oltranzisti » nel suo stesso Governo, nel Pentagono, nella stampa, nei trusts. un fattore, fondamentale, a giudizio mio, opera contro l' oltranzismo e contro i duri: l' interesse evidente dei popoli sovietici, del popolo americano e di tutti i popoli a mettere fine alla guerra fredda ! alla corsa agli armamenti. la pressione universale dei popoli, dopo avere aperto la via per l' incontro a due, ha oggi il compito di tenere sgombra questa via dagli ostacoli, che sono purtroppo ancora assai numerosi. non si sarebbe giunti, onorevoli colleghi , all' incontro di Camp David senza la pressione e l' azione dei popoli, per i quali la pace è la suprema garanzia di sicurezza; non si sarebbe giunti all' incontro di Camp David se non fosse aumentato all' Onu il peso politico dei paesi neutrali e del blocco afro-asiatico, dei paesi cioè che hanno conquistato la loro indipendenza e che sono decisi a difenderla. ed è un motivo di orgoglio e di fierezza per noi socialisti italiani l' aver contribuito con ogni nostra energia all' azione popolare contro la guerra fredda e per la distensione. senza identificare il socialismo in uno dei due blocchi , anzi tendendo al superamento di entrambi, nella volontà di rifare l' unità organica del mondo sulla base della coesistenza pacifica di sistemi politici e sociali diversi. onorevoli colleghi , nel processo in corso il punto dolente è l' Europa. dieci anni di discorsi sull' europeismo si concludono nell' assenza dell' Europa come fattore di politica mondiale . l' Inghilterra occupa un posto assai importante nella politica mondiale , ma il suo distacco dall' Europa non fu mai così evidente come adesso. e non è soltanto un distacco politico ma anche economico, tra i « sei » del mercato comune e i « sette » della zona di libero scambio. i nostri conservatori, i nostri moderati, hanno esultato per la vittoria conservatrice di otto giorni or sono in Inghilterra, quanto noi ne abbiamo sofferto. è del tutto naturale. ma se è vero che la sconfitta laburista ha posto al movimento operaio britannico ed al movimento socialista occidentale problemi assai seri, in testa ai quali c' è la necessità di ridare al socialismo una individualità ed un dinamismo nella lotta del potere incompatibili con ogni politica di pratico inserimento nell' attuale società borghese e capitalista, è anche vera un' altra cosa, è vero cioè che la vittoria dei conservatori si iscrive sotto due aspetti contro la politica del blocco moderato e conservatore tedesco, francese ed italiano. sotto l' aspetto della distensione, sulla quale e con la quale il Primo Ministro conservatore Macmillan ha vinto le elezioni, sottraendo ai laburisti la carta migliore del loro gioco elettorale. sotto l' aspetto della politica europeista alla quale i conservatori inglesi sono meno interessati dei laburisti. non sarà la medesima cosa, onorevole colleghi, ai fini della politica della distensione, avere alla testa del Commonwealth britannico un governo conservatore invece di un governo laburista, ma su un punto, almeno, la continuità governativa inglese è destinata ad operare come un fattore di acceleramento delle iniziative per il riavvicinamento est ovest . infatti, appena rieletto, il Primo Ministro britannico si è posto al lavoro per forzare i tempi nella convocazione della conferenza alla sommità. la Francia di De Gaulle va verso una riqualificazione della sua politica estera che a Parigi viene definita delirante; ma, se riqualificazione ci sarà, sarà nel senso di un esasperato particolarismo. tutta la politica. francese fa capo all' Algeria ed al Sahara: all' Algeria come al problema sul quale si giocano le sorti della quinta Repubblica come si sono giocate quelle della quarta; al Sahara, o più precisamente al petrolio del Sahara, col quale la Francia crede, o si illude, di poter controllare e condizionare tutta l' Europa. Algeria e Sahara distolgono intanto la Francia da problemi che non siano di prestigio e di grandeur, praticamente la isolano nella pretesa di vincolare il resto dell' Europa e l' America ad interessi africani che la Francia non domina, ma dai quali è dominata. resta la Germania occidentale col suo vecchio cancelliere, ultimo continuatore della politica di Foster Dulles . si tratta di una posizione forte, ma rispetto alla quale già molti a Bonn e moltissimi a Washington si pongono il quesito di quanto possa durare la solidarietà americana con Adenauer, dopo che l' America ha per conto proprio abbandonato la politica di Foster Dulles . in queste condizioni, onorevoli colleghi , il discorso sulla fedeltà atlantica, che rimane il tema di fondo delle concioni ufficiali, è una evasione dalla realtà. il problema non è più quello del patto atlantico sì, o del patto atlantico no. non lo è neppure per noi, che conducemmo contro il patto atlantico una azione coerente e conseguente in base ai nostri principi internazionalistici. oggi, all' interno del patto atlantico , coesistono due politiche tra di loro alla lunga incompatibili: la politica del Primo Ministro inglese Macmillan e quella del cancelliere tedesco Adenauer. con chi stiamo? con chi state, onorevoli colleghi della maggioranza? anche il discorso sull' europeismo ha il carattere di una evasione in un momento in cui l' assenza dell' Europa dalla scena mondiale e la sua disarticolazione rischiano di ridurre il dialogo ed il fatto della distensione ad un dialogo e ad un fatto interessanti da una parte gli anglo-americani e dall' altra i sovietici, nell' assenza dell' Europa. in un momento cioè in cui si profila la possibilità che la pace si organizzi non già a spese dell' Europa (che è stoltezza che non sta né in cielo né in terra ) ma senza l' Europa, ciò che sarebbe umiliante e grave per il vecchio continente il quale per tanti secoli ha tenuto l' iniziativa della politica mondiale . con chi stiamo? con chi state, onorevoli colleghi ? con chi vuole la fine della guerra fredda , o con chi la prolunga? con chi stia il ministero in carica lo sappiamo; né tolgono nulla, alla qualificazione oltranzista della sua politica estera , i recentissimi balbettamenti distensivi che il ministro degli Esteri ha fatto intendere alla Commissione del Senato e che farà intendere alla Camera alla fine del dibattito in corso . semplice ipocrisia, onorevoli membri del Governo! c' è il problema della convocazione della conferenza alla sommità. con chi stiamo? con chi state? con chi la sollecita o con chi, con ogni pretesto, cerca di ritardarla? c' è il problema delle rampe per i missili: come non subordinarlo, se si vuol fare opera di distensione, almeno alla piega che prenderanno le discussioni sul disarmo? rinuncio, onorevoli colleghi , per parte mia: ad entrare nel merito dei problemi sui quali la conferenza al vertice, anzi, le conferenze al vertice, dovranno pronunziarsi: problema di Berlino, dell' unificazione tedesca, della zona di disimpegno nel cuore dell' Europa, del disarmo, problemi dell' Estremo Oriente . e questo non già perché il partito socialista non abbia un suo punto di vista , ma perché, più del consiglio che ogni paese ed ogni partito possono e devono dare, vale lo spirito con cui i problemi verranno affrontati: se per cercare una soluzione, che in definitiva non potrà essere che di transizione: o per trincerarsi su posizioni di intransigenza destinate a far naufragare i negoziati. la risposta ai nostri quesiti, onorevoli colleghi , noi non l' aspettiamo dagli onorevoli Segni e Pella: l' aspettiamo dal congresso democratico cristiano di Firenze. tra le scelte che il congresso è chiamato a fare, c' è anche quella tra distensione e guerra fredda . Camp David , onorevoli colleghi , non è soltanto una svolta politica: è una svolta della storia contro la quale i « se » , i « ma » , i « tuttavia » , i « sempre che » sono soltanto dei perditempo. ma c' è un fattore tempo che ha una importanza, enorme e forse decisiva. nulla e nessuno può impedire al nuovo corso di andare avanti. tutti possono, tutti possiamo, contribuire ad accelerare o ritardare questo nuovo corso. allontanare dal potere gli esitanti ed i sabotatori: ecco il compito che si riproporrà al Parlamento subito dopo il congresso di Firenze. se taluni fossero tentati di sfuggire alle proprie responsabilità rispetto ai tempi della distensione, su costoro cadrebbe, come sugli aperti sabotatori della pace, la rampogna del popolo, la rampogna dei nostri figli. noi socialisti, al Parlamento, chiediamo un impegno solo: quello di operare per tradurre sollecitamente in realtà la grande speranza che è nata nel mondo e che nessuno riuscire più a spegnere.