Pietro NENNI - Deputato Maggioranza
III Legislatura - Assemblea n. 166 - seduta del 25-06-1959
1959 - Governo I Moro - Legislatura n. 4 - Seduta n. 82
  • Attività legislativa

una dichiarazione di voto del gruppo parlamentare socialista sul bilancio degli Esteri è resa necessaria non tanto dal discorso del ministro (che, a parte l' abituale giro d' orizzonte contenuto in termini aridamente burocratici, ha ricalcato temi di propaganda nei quali riesce difficile o impossibile trovare una linea di efficiente politica estera conforme agli interessi della nazione e della pace), quanto dagli avvenimenti internazionali sopraggiunti nel corso della discussione, e in primo luogo dalla sospensione della conferenza di Ginevra fra i ministri degli Esteri delle quattro potenze che sono ancora in stato virtuale di armistizio con la Germania. di codesto avvenimento allarmante, e che tuttavia non fa tramontare la speranza, la possibilità e la necessità di un accordo provvisorio su Berlino e sulla conferenza al vertice, il ministro ha dato la spiegazione più banale: quella che inscrive le difficoltà della conferenza nel conto della intransigenza di una sola delle parti. rovesciare l' argomento sarebbe facile. meglio è cercare di individuare contro quale scoglio la conferenza di Ginevra abbia urtato e come questo scoglio possa essere aggirato. l' opinione pubblica mondiale e quella italiana non attendevano e non attendono molto dalla conferenza dei ministri degli Esteri , se non che essa apra la via alla riunione ai vertici, dei capi di Stato e dei capi di governo , accordandosi sulle linee generali di un nuovo statuto per Berlino. se l' obiettivo, limitato, non è stato raggiunto in sei settimane di tutt' altro che inutili negoziati, pare a noi che ciò si debba in buona parte al fatto che la conferenza non era abilitata ad affrontare la discussione dei problemi di fondo , dei quali lo statuto provvisorio di Berlino è soltanto un aspetto. i problemi di fondo sono quelli dell' unificazione tedesca e della sicurezza europea, in rapporto al disarmo graduale e controllato ed alla creazione di una zona neutralizzata, o per lo meno disatomizzata, dalla Svezia al Mediterraneo al Mar Nero . su tali vitali problemi fu incentrato l' intervento del collega e compagno Riccardo Lombardi nella discussione generale . la risposta del ministro è stata evasiva su tutti i problemi di fondo . la contrapposizione, che il ministro ha cercato di stabilire fra la creazione di una zona disatomizzata nell' Adriatico ed i problemi generali dell' avvio al disarmo controllato, è puramente arbitraria, un modo di imbrogliare le carte. la verità è che gli ostacoli sui quali è andata a cozzare la conferenza di Ginevra hanno la loro causa e la loro origine nella difficoltà di arrivare ad una soluzione provvisoria per Berlino, se questa soluzione viene ricercata al di fuori delle prospettive generali rispetto ai problemi di fondo ai quali ho fatto riferimento, ivi compreso quello della creazione della zona disatomizzata. credere, come sembra credere il ministro degli Esteri , che per lungo tempo ancora i problemi tedeschi possano essere considerati nel quadro dell' armistizio del 1945, come se il tempo non fosse passato o non passasse, è un errore che può avere incalcolabili conseguenze. l' unificazione tedesca non è soltanto un problema interno dei tedeschi, come sostiene Mosca, non è soltanto un problema dei vincitori del 1945, come si sostiene in Occidente: la sua soluzione è innanzitutto in funzione della volontà dei tedeschi, ma anche della conclusione della pace e della fine del regime di occupazione nelle forme che ha assunto sia all' ovest sia all' est. inoltre, la unificazione tedesca pone in Europa un fondamentale problema di sicurezza. in primo luogo, quello del futuro regime militare della Germania unificata e della sua collocazione rispetto all' attuale divisione dell' Europa e del mondo in blocchi contrapposti. fino a che i quattro, che hanno un particolare diritto di presenza e di intervento in Germania in base all' armistizio del 1945, non avranno condotto, tra loro, un esame approfondito di questi problemi di fondo e dal confronto non saranno scaturite prospettive circa i modi ed i tempi dell' unificazione della Germania e della sicurezza europea, fino a che questo non sarà avvenuto, conferenze come quella che si è tenuta per sei settimane sulle rive del Lemano, o quella che sta per aprirsi da qui a due settimane, rischieranno sempre di aggirarsi in un vicolo cieco . perciò il nostro intervento, l' intervento dell' Italia, che non ha alcun interesse alla pietrificazione dello statu quo , che non ha alcun interesse al riarmo atomico, che non ha alcun interesse alla gara di missili ed alla creazione di rampe per il loro lancio avrebbe dovuto e dovrebbe manifestarsi nel senso della sollecitazione della conferenza al vertice. è esattamente il contrario di ciò che avviene ad opera del Governo e del ministro degli Esteri . senonché, onorevoli colleghi , nessuno s' illuda in Europa, nessuno si illuda nel nostro Parlamento che un mancato accordo fra ovest ed est sblocchi una situazione la quale non regge più il peso delle proprie contraddizioni. la mancanza di un accordo avvierebbe l' Europa ad una crisi di fondo che la eliminerebbe dalla scena mondiale e la farebbe ritrovare prima o dopo dinanzi ad uno scontro o ad un incontro fra l' Unione Sovietica e gli USA dei quali farebbe in tutti i casi le spese. onorevoli colleghi , una parola ancora sul tema delle relazioni italo-francesi che ha trovato nel discorso del ministro degli accenti soltanto convenzionali. il palpito di romanticismo a cui ha dato luogo la celebrazione italo-francese di Magenta, di Solferino e di San Martino è sembrato propizio per rilanciare l' idea di un assurdo triangolo Parigi-Bonn-Roma e di un patto del Mediterraneo su posizioni di chiusura e di pietrificazione della attuale frattura dell' Europa e di ostilità nei confronti del mondo arabo e del mondo africano. tale è il sottinteso di alcuni entusiasmi francofili fioriti sul terreno di ben individuate nostalgie per una politica interna autoritaria ed una politica estera di forza. si assiste, a proposito dell' ospite dell' Italia, ad un curioso rovesciamento di posizioni. gli adulatori dell' amletico capo della quinta Repubblica sono generalmente reclutati fra coloro che furono petainisti nel giugno 1940, quando De Gaulle lanciava ai francesi ed all' Europa l' appello al coraggio ed alla resistenza, contro Pétain il quale lanciava l' appello alla resa. i suoi critici — e noi con essi — sono tra coloro che allora lo ammirarono e anche lo seguirono. in tale rovesciamento di posizioni ognuno ritrova spontaneamente il suo posto naturale. la nostra solidarietà è con la Francia che resiste al potere personale... che condanna la guerra di Algeria, che prepara la rivincita della democrazia. ma, al di sopra delle vicissitudini della politica interna francese e di quella italiana, noi restiamo fedeli all' amicizia ed alla collaborazione con la Francia sulla base della fiducia nella libertà, che or fa un secolo fece trovare Mazzini su posizioni critiche rispetto alla guerra regio-imperiale di Lombardia, prima ancora che Villafranca ne chiarisse i termini e il limite. ci piace ritrovare lo stesso spirito mazziniano nelle parole del presidente della Repubblica quando ieri a San Marino ha auspicato una intesa italo-francese che renda valido e fecondo il contributo dei due paesi, nella indipendenza, nella libertà e quindi nella pace. ciò contro cui mettiamo in guardia non il Governo, ma il Parlamento ed il paese, è una intesa che consenta alla quinta Repubblica francese di costituire entro la NATO un gruppo di pressione sulla Gran Bretagna e sugli stessi USA contro ogni proposito di conciliazione e di compromesso. ciò può finire col far di noi lo strumento della politica francese in Africa e nel Mediterraneo e lo strumento dell' oltranzismo del cancelliere Adenauer, oggi battuto in breccia sia dalle cose sia dagli uomini del suo stesso partito. l' amicizia e la collaborazione dell' Italia con la Francia e con tutti i paesi mediterranei che noi auspichiamo, oggi, come sempre, non può svilupparsi che sul terreno dell' affermazione dei valori della democrazia e deve avere come obiettivo la creazione di una componente europea della politica mondiale che sia un elemento di pace e sia verso l' Africa un fattore di liberazione dei popoli dai superstiti gioghi coloniali ed imperialistici, e di progresso civile, tecnico e sociale. e giacché questi propositi, queste idee, queste speranze ed attese non hanno posto nella politica del Governo e del suo ministro degli Esteri , così il nostro voto continuerà ad essere: no!