Giuseppe SARAGAT - Deputato Opposizione
II Legislatura - Assemblea n. 8 - seduta del 24-07-1953
Delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia e di indulto e disposizioni sull'azione civile in seguito ad amnistia
1953 - Governo IV Andreotti - Legislatura n. 7 - Seduta n. 321
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , il nostro partito ritorna in questa Camera dopo una battaglia combattuta con piena lealtà, e ci ritorna duramente provato. noi socialisti democratici non siamo abituati a misurare la bontà di una causa sul metro del successo. ma siamo anche abituati a valutare obiettivamente le ragioni delle nostre sconfitte. la causa per cui ci battevamo era ed è una causa giusta. noi ci battevamo per consolidare la democrazia nel nostro paese; democrazia che per noi è la premessa di ogni modo di vita civile, e quindi del più civile di tutti, che è il modo di vita socialista. il rimprovero che muoviamo a noi stessi è di non averla saputa difendere con efficacia. del resto, sarebbe errato ritenere che il corpo elettorale abbia voltato le spalle a quei principi inscindibili di giustizia sociale e di libertà politica che sono la ragione di essere delle nostre lotte. è stato detto che il corpo elettorale ha votato non tanto contro la legge quanto contro la politica che essa implicava. e si è voluto ravvisare questa politica nel tentativo della Democrazia Cristiana di assicurarsi una maggioranza assoluta . questo non è che un aspetto del problema. è certo che si è fatto di tutto da parte del partito socialista italiano per indebolire la nostra posizione presentandoci per quello che non siamo; è certo che si è fatto di tutto da parte del partito socialista italiano per far correre al paese il rischio di un Governo monocolore o, peggio, di un Governo di destra, rischio che diventava tanto maggiore quanto più le nostre posizioni venivano presentate al corpo elettorale sotto una luce falsa. è certo che la Democrazia Cristiana ha, a sua volta, fatto di tutto per coonestare questa interpretazione. mi riferisco non tanto al modo come è stata condotta la campagna elettorale quanto al modo come si è reagito al tentativo del nostro partito di ridurre, in sede di negoziazione con la Democrazia Cristiana , il premio di maggioranza . è capitato allora a noi qualche cosa di simile a quello che ci sta capitando adesso: il nostro onesto tentativo di allora è stato reso vano da una violenta campagna che ci ha costretti a cedere. ma è rimasta nel paese l' impressione che la posta del giuoco fosse, non già il consolidamento della democrazia, ma il consolidamento della Democrazia Cristiana . ma questi non sono che motivi secondari, che hanno acquistato un particolare rilievo proprio dal sorgere di un motivo ben più importante. la verità è che le elezioni politiche si sono svolte per noi secondo uno schema suggerito da una situazione che gli avvenimenti internazionali di questi ultimi mesi avevano profondamente modificato. la situazione che ci aveva suggerito la tattica del collegamento con la Democrazia Cristiana era dominata da urla acuta tensione internazionale, provocata soprattutto dalla politica egemonica della Russia sovietica . sarà opportuno ricordare che il motivo profondo della nostra scissione di palazzo Barberini va ricercato nella preoccupazione di molti socialisti italiani di assicurare al nostro paese uno statuto internazionale che garantisse la sua piena autonomia. è inutile ricordare le vicende dell' Europa dopo il 1945, quando parecchi Stati furono privati della loro sovranità e l' aspirazione alla rivoluzione sociale fu pagata col terribile prezzo dell' autonomia nazionale. noi socialisti democratici , fedeli all' insegnamento di Filippo Turati e di Giacomo Matteotti, crediamo che soltanto in una patria libera sia possibile costruire un socialismo libero. ecco perché il nostro partito è stato indotto in questi anni a regolare la propria azione in funzione delle preminenti esigenze di una solidarietà democratica, tanto sul piano della politica interna quanto su quello della politica estera . ebbene, nel corso dei primi mesi di quest' anno, la situazione internazionale si veniva sensibilmente mutando. la morte di Stalin segna l' inizio di una svolta nei metodi della politica interna ed estera sovietica. è probabile che gli obiettivi della politica estera sovietica non siano mutati; ma è evidente che la svolta dell' attuale Governo russo sottolinea una profonda crisi di quel sistema. le cause di questa crisi possono essere individuate nella pressione insostenibile cui sono sottoposte le classi lavoratrici della Russia e, più particolarmente, dei paesi satelliti , per effetto della corsa sfrenata agli armamenti, pressione che è giunta a un punto di rottura. la politica della guerra fredda implica una riduzione crudele dei consumi, uno sfruttamento inumano dei lavoratori. oggi, dopo i fatti di Berlino, che hanno visto operai denutriti marciare contro i carri armati , siamo in grado di valutari i moventi di quella svolta. un nuovo equilibrio pare si stia costituendo fra produzione di armi e quella dei generi di consumo; e questo nuovo equilibrio è la causa determinante del nuovo equilibrio verso cui si tende nei rapporti ira il mondo sovietico e il mondo occidentale. l' interesse generale consiste, pure senza allentare la vigilanza e senza rinunciare alla necessaria sicurezza, nel favorire la realizzazione di questo nuovo equilibrio. interprete eloquente di questa esigenza è stato Churchill, il cui noto discorso riscuote l' approvazione incondizionata di tutti i socialdemocratici. la tendenza verso la distensione internazionale si stava sviluppando nell' atto in cui noi, durante le elezioni, permanevamo prigionieri di ma tattica elettorale elaborata quando la tensione internazionale era al suo vertice. questo è il motivo fondamentale del nostro insuccesso, e a questo motivo si legano e prendono rilievo gli altri che ho già segnalato. attenuate nell' opinione pubblica le preoccupazioni relative alla sicurezza nazionale, il corpo elettorale ha votato esclusivamente in funzione delle sue preoccupazioni economiche; e ha votato sinistra. se il nostro partito, che è un partito di sinistra, non ha beneficiato di questa spinta, ciò è dovuto al fatto che è venuta meno nella coscienza degli elettori la ragione profonda del nostro collegamento; essa è apparsa come una remora che frenasse le nostre istanze sociali. coloro che si stupiscono o fingono di stupirsi della nostra posizione attuale, dimostrano con ciò stesso di non avere inteso i profondi motivi democratici e patriottici della nostra tattica passata. abbiamo sentito parlare di impegni ripudiati, di svolte dettate da egoismo cieco di partito, di richiami della foresta. sono lieto che il presidente del Consiglio abbia smentito le frasi contro i partiti laici attribuitegli dai giornali. il nostro partito è fuori dal Governo; è all' opposizione dal 1950. esso!, al congresso di Genova, fu autorizzato ad uscire dall' opposizione nell' ipotesi che dalle elezioni uscisse con forze tali da permettergli di diventare, se non un elemento assolutamente determinante, certo un elemento notevole per dare al futuro Governo un indirizzo nettamente sociale. ciò, purtroppo, non si è verificato. è assurdo quindi parlare di una nostra diserzione da un esercito di cui non facevamo parte. il nostro atteggiamento di benevola opposizione verso il precedente Governo può aver generato confusione: si è identificata la solidarietà democratica con una politica sociale di centro, mentre noi eravamo contrari a una politica sociale di centro tanto prima quanto adesso. ed oggi si immagina che esista un incompatibilità fra la nostra opposizione costituzionale e quella solidarietà democratica cui non verremo mai meno, sempre quando i problemi si porranno in termini di alternativa fra libertà e dittatura. solo che oggi, in seguito ai risultati delle elezioni, siamo convinti che, affinché questa solidarietà democratica diventi operante, occorre lavorare seriamente per allargare le basi della democrazia verso sinistra. non vorrei che nella presa di posizione di alcune zone della Democrazia Cristiana contro di noi vi fosse un riflesso, una certa mentalità per cui nella Democrazia Cristiana stessa si è visto e si vede il problema italiano in termini di alternativa fra un regime democristiano ed un regime comunista. so di non fare invano appello alle correnti democratiche della Democrazia Cristiana e soprattutto all' alta coscienza democratica del presidente del Consiglio ricordandogli che il giorno in cui le forze della democrazia laica in Italia dovessero scomparire, quel giorno la democrazia italiana riceverebbe un colpo mortale. noi siamo democratici perché siamo socialisti e siamo socialisti perché siamo coerentemente democratici. noi sappiamo che senza democrazia non esiste il socialismo, ma che senza la presenza di un forte movimento di democrazia socialista la libertà politica , alla lunga, cede sempre il campo alla dittatura. non chiediamo ai democristiani di condividere queste nostre convinzioni; chiediamo loro semplicemente di rispettarle. in ogni caso il problema che si pone per noi oggi è di riassumere con piena autonomia quella funzione che e propria di tutti i partiti socialisti democratici dei paesi liberi, funzione che le particolari circostanze in cui si è venuto a trovare il nostro paese — uscito da una terribile sconfitta e particolarmente vulnerabile nella sua stessa indipendenza nazionale — ci avevano indotto a subordinare a compiti che lo svolgimento delle vicende internazionali ci permette oggi di considerare meno preminenti. non v' è alcun rovesciamento della nostra politica; non vi è alcuna svolta sensazionale, come si è voluto far credere. vi è soltanto un partito che, consapevole della sua insostituibile funzione per l' avanzata delle classi lavoratrici e per la difesa della democrazia, regola la sua funzione in rapporto alla mutata situazione generale e agli insegnamenti del responso delle urne. quali sono le indicazioni che ci vengono dal corpo elettorale ? i quattro partiti collegati non hanno ottenuto la maggioranza che avevano sollecitato. è puerile voler sofisticare su questa decisione del corpo elettorale ed è assurdo cercare di eludere gli insegnamenti per il fatto che la somma dei deputati dei quattro partiti collegati risulta superiore di qualche unità a quella degli altri partiti. la verità brutale è che i quattro partiti collegati, che cinque anni or sono avevano ottenuto i suffragi dei due terzi del corpo elettorale , il 7 giugno non hanno raggiunto neppure la metà dei voti. vi è quindi qualcosa che il corpo elettorale ha condannato. sarebbe un errore credere che il corpo elettorale abbia voluto condannare con il suo voto la democrazia. può darsi che questa condanna ne sia la tragica conseguenza; ma certo il verdetto delle urne ha un altro significato. ciò che il corpo elettorale ha voluto condannare è una politica di immobilismo sociale; è la politica che fa sì che in Italia, secondo la parola di un alto prelato, i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sono sempre più poveri. Dodici milioni di elettori hanno votato per una politica socialista. questo risultato prende rilievo dalla importante esposizione fatta ieri l' altro dal nostro compagno Vigorelli, presidente della Commissione di inchiesta sulla miseria. su quattro italiani, uno vegeta in condizioni di inumanità quasi totale, uno vive nell' indigenza, uno conduce una vita appena appena possibile e uno nuota nell' abbondanza. sappiamo benissimo che i vari governi presieduti dall' onorevole De Gasperi hanno fatto delle riforme. diamo atto, anzi, che nessun altro governo democratico borghese ne ha mai fatte altrettante nel nostro paese. ma il problema italiano è di quelli che non si risolvono che con una vera rivoluzione democratica tanto nei metodi di governo quanto nella politica economica generale. ed è questo che la Democrazia Cristiana non ha voluto capire. si direbbe che la democrazia italiana pretenda di svilupparsi sfuggendo alle esigenze che si sono imposte per lo sviluppo delle altre democrazie, compresa quella più capitalistica di tutte: quella americana. nei paesi del nord dell' Europa è in corso da decenni una vera rivoluzione democratica, che ha cambiato il volto di quegli Stati e ha fondato la libertà politica su basi incrollabili. per non fare che un esempio, in quei paesi un evasore fiscale, soprattutto se è un grosso evasore fiscale, è considerato un delinquente comune e come tale viene punito. da noi, invece, è possibile leggere, per La Penna del direttore di un grande giornale del nord, un commento come questo: « dove i giornali hanno pubblicato le liste dei contribuenti per l' imposta Vanoni, si è diffuso uno stato d'animo di rassegnata ilarità. sarà difficile per lo Stato imporre una severa disciplina ficcale se esso non darà maggiori garanzie sulla difesa del pubblico denaro. il mormorio, le voci, le denunce sul dilagare della corruzione non giungono alle orecchie dei ministri? stupisce l' apatia e il disinteresse di onesti membri del Governo, di onesti uomini di tutti i partiti, di fronte ad accuse che minano le basi del regime. chi è costretto a trafficare per i ministeri romani afferma, sia pure volgendo gli occhi al cielo, sia pure sospirando, che la corruzione non è minore di quella esistente ai tempi del fascismo » . mentre per salvare la democrazia occorrerebbe una rivoluzione democratica nei metodi del Governo e nella politica sociale , siamo alla rassegnata ilarità di fronte alle liste dei contribuenti e alle voci diffuse di corruzione non minore di quella esistente ai tempi del fascismo. so benissimo, onorevole presidente del Consiglio , che ella depreca questo stato di cose e che fa di tutto per correggerlo; ma il problema non si risolve con la sola buona volontà , bensì con una politica giusta. ed è proprio questa politica giusta che oggi manca. del resto, il programma presentato dal presidente del Consiglio costituisce un passo indietro rispetto a quello dei precedenti governi De Gasperi : manca in esso un vero spirito di rinnovamento democratico della vita del paese. il primo atto di rinnovamento democratico della vita sociale del paese è la creazione dello strumento di azione di qualsiasi governo. lo Stato moderno esige efficienza funzionale e rapidità di decisione e di azione; presuppone, inoltre, un ordinamento strutturale ben più complesso e organico di quello che lo Stato liberale borghese avesse previsto ai a suoi inizi. l' attuazione di una politica sociale democratica ha come presupposto l' esistenza di uno Stato modernamente preparato alle esigenze dello sviluppo economico e tecnico del nostro tempo. l' attuale nostro ordinamento amministrativo è pesante e lento. le ragioni principali si hanno nella complessità dei controlli, nel permanere di consuetudini e di regolamenti amministrativi di antichissima data e nell' inadeguato funzionamento della burocrazia. ma la riforma della burocrazia, dalla quale dipende in modo preminente ogni riforma dello Stato e i cui aspetti tecnici sono ben noti a tutti, non può essere realizzata se non è accompagnata dalla convinta e decisa partecipazione degli stessi impiegati dello Stato. il problema della riforma della burocrazia è fondamentalmente un problema umano, un problema proprio degli impiegati dello Stato; e a questi spetta di contribuire a risolverlo. ma questa collaborazione degli statali è possibile solo se il Governo esprime quelle forze sociali di cui gli statali fanno parte. ed è qui la debolezza della politica vostra, che non tiene conto della rappresentatività e quindi della autorità di un Governo che vuole essere in grado di fare una politica veramente sociale. per la parte che si riferisce alla attività economica, il programma di Governo elenca una serie di provvedimenti; ma ciò che lo denunzia come insufficiente a risolvere i problemi della classe lavoratrice è il rifiuto di accedere ad una visione veramente organica dei problemi, di accedere alle esigenze di una meno casuale disciplina degli investimenti e di un allargamento del mercato di consumo. una politica sociale concreta chiede una azione economica e sociale coordinata, cioè l' impostazione di piani economici orientativi che predispongano pluriennali e consapevoli sforzi per raggiungere gradualmente mete possibili. la passata legislazione ci offre un solo e tardivo tentativo a grande respiro di piano pluriennale: il piano per il Mezzogiorno, di cui noi socialdemocratici — se lo permettete — rivendichiamo almeno una parte della ideazione. un piano analogo sarebbe necessario per l' intera nazione in modo da coordinare nel tempo gli investimenti pubblici e disciplinare quelli privati, porre le premesse degli investimenti sociali indispensabili laddove mancano ed affiancare lo sviluppo industriale ed agricolo italiano a quello dei principali paesi esteri, contenendo l' accrescimento dell' industria a cui si stanno chiudendo i mercati di sbocco e curando quelli nei quali si mantiene il predominio dei paesi a economia arretrata. questa visione organica manca totalmente nei vari progetti prospettati nel programma di Governo . ma dove non soltanto manca organicità ma addirittura si palesa la volontà di non fare è nel campo della politica agraria. il presidente del Consiglio ha detto: « dedicheremo il prossimo periodo alla attuazione totale della riforma agraria nell' ambito delle leggi in vigore che prevedono appunto l' esecuzione biennale » . e sta bene. ma poi si leggono alcune frasi molto preoccupanti che lascerebbero intendere che un' altra legge sarà elaborata, « mettendo alla prova, in un congruo periodo di tempo , la capacità tecnica e l' apertura sociale dei proprietari » . se le parole hanno un senso, questo vuol dire che, completata la legge stralcio , della riforma agraria non si parlerà più. non è questo, onorevole presidente del Consiglio , che si attendono da un Governo democratico milioni e milioni di contadini poveri il cui livello di vita è tra i più bassi del mondo! non è questo che prescrive la Costituzione della Repubblica! ci pare di trovare in questa formulazione una eco della mentalità, ormai dilagante tra larghe zone della Democrazia Cristiana , che si riassume nella frase: « le riforme sono inutili, anzi pericolose, perché dove si sono fatte le riforme i comunisti guadagnano voti » . a parte il fatto che ciò non è vero, a parte il fatto che dove il livello di vita migliora, la democrazia, sia pure lentamente, si consolida, questa mentalità è indice di una concezione che sottolinea una sfiducia totale nei valori della giustizia sociale . si rivedano pure i criteri che hanno presieduto alla legge stralcio , ma si rivedano per assicurare una diffusione delle forme cooperativistiche, e non per lasciare le cose come stanno, perché le cose come stanno sono intollerabili. la verità è che voi, democratici cristiani , non avete più fiducia nella vostra dottrina fautrice di una piccola proprietà contadina creata artificiosamente, e avete paura della nostra, fautrice di forme cooperativistiche che garantiscono la giustizia sociale e la produttività. di qui il vostro immobilismo che traspare in modo singolare in questo campo della riforma agraria , e da cui non uscirete che avviandovi coraggiosamente verso le nostre concezioni. qualcosa c' è nel vostro programma che pare voglia andare incontro ai bisogni popolari, ed è nella parte fiscale. ma anche qui sentite subito il bisogno di dare un compenso ai ceti capitalistici, eliminando l' attuale imposta di negoziazione sui titoli azionari. nessun accenno è fatto nel vostro programma al problema della disciplina dei monopoli. i grandi complessi monopolistici hanno ormai assunto in Italia gran parte del potere economico, e per conseguenza una buona parte del potere politico reale. per contrasto proprio del sistema capitalistico, questi gruppi monopolistici si astengono dall' utilizzare in pieno le loro capacità produttive e si preoccupano, invece, di sfruttare e mantenere il dominio economico conseguito cercando i grandi profitti nelle pratiche restrittive. negli altri paesi questi problemi sono stati posti e avviati a soluzione: la pubblica opinione è regolarmente informata, l' attività dei monopoli è disciplinata, commissioni di vigilanza di nomina parlamentare difendono l' interesse del consumatore. da noi questo problema gravissimo è completamente ignorato, né il programma del Governo ha tenuto conto delle autorevoli critiche che per il problema del Mezzogiorno si sono levate, soprattutto in riferimento alla necessità dello sviluppo industriale di quelle regioni. il piano per il Mezzogiorno, regolato dalla Cassa, deve essere integrato, nell' ambito di un piano generale di industrializzazione del paese, da interventi diretti a insediare nel Mezzogiorno nuove industrie, secondo criteri di ripartizione regionale che tengano conto delle esigenze dei costi come di quelle sociali. nel campo della politica del lavoro, voi affermate che, a norma dell' articolo 40 della Costituzione, si dovrà poi giungere alla determinazione dell' ambito entro il quale si possa esercitare il diritto di sciopero. questo è ovvio. ma con quale spirito procederete a questa determinazione? il vostro programma, su questo punto fondamentale, tace. ebbene, noi riaffermiamo il principio della libertà di sciopero e respingiamo nella maniera più decisa la distinzione tra sciopero politico e sciopero economico e la distinzione tra le varie categorie di lavoratori, vale a dire i dipendenti dello Stato e i dipendenti delle aziende private. nulla si dice, nel vostro programma, del problema drammatico della previdenza, delle assicurazioni sociali e dell' assistenza sociale, e nulla, infine, del problema scolastico. qui è l' immobilismo più assoluto. come volete che si possa educare il popolo italiano alla democrazia quando la scuola italiana, nella sua stessa struttura, è profondamente antidemocratica? la nostra scuola cristallizza, fin dagli inizi, le differenze di livello economico della popolazione. per i poveri non vi è possibilità di andare avanti. si moltiplicano le università, si estende la pletora dei disoccupati intellettuali e mancano le scuole professionali. in altri termini, l' attuale ordinamento scolastico è insieme inefficiente, e, al tempo stesso , esuberante e costoso. in Italia si crede che il problema della scuola si risolva nel dibattito tra i signori professori clericali e i signori professori massoni. il problema è ben altro. il problema è di dare all' Italia ciò che ancora le manca, e cioè una scuola adeguata alle esigenze culturali e professionali delle classi lavoratrici . e potrei continuare a elencare le insufficienze del programma, se per tutte non bastasse la vostra concezione del modo come si debba pareggiare il bilancio. noi socialisti siamo tenacemente contrari a ogni avventura monetaria che colpirebbe soprattutto le classi lavoratrici , i piccoli risparmiatori, i pensionati. ma il pareggio del bilancio è un obiettivo che si pone come coronamento di una politica di sviluppo della produzione, e non come una meta da raggiungere a scadenza fissa, che implica una politica deflazionistica. le assicurazioni che a questo proposito ci ha dato il presidente del Consiglio non ci assicurano affatto. c' è un bilancio umano, che governa lo steso bilancio dello Stato , ed è a questo equilibrio del bilancio umano che dobbiamo tendere, in un paese in cui dieci milioni di uomini non mangiano la carne che una volta all' anno. tutto il vostro programma non esce dai limiti di una politica generale economica che si rifiuta di evadere dai vecchi schemi condannati dalla esperienza di paesi più progrediti e dalla scienza economica più aggiornata. il perno della vostra politica non è il lavoro, ma il capitale. anche se credete con le vostre non sufficienti e non organiche riforme di tendere un trattato di pace al lavoro, si sente nel vostro programma questo compromesso continuo tra i ricchi e i poveri, tra i capitalisti e i lavoratori, mentre la democrazia non può essere salvata che collocandosi coraggiosamente sul piano dei lavoratori. ed allora bisogna prendere atto che, nonostante tutta la vostra buona volontà , non siete riusciti ad esprimere un Governo capace di andare incontro alla classe lavoratrice ; e non vi siete riusciti perché la formula di Governo è sbagliata. voi siete l' espressione di correnti sociali che, grosso modo, possono essere definite di centro; forze sociali insostituibili e preziose per l' equilibrio della democrazia, ma incapaci da sole a sostenerla. per sapere ciò che si deve fare basterà, anche in questo caso gettare sui risultati elettorali non già uno sguardo corrucciato, ma uno sguardo attento ed indagatore per strappare ad essi le indicazioni necessarie. la prima indicazione è molto chiara: la politica sociale di centro è stata condannata. la seconda indicazione è egualmente chiara: l' immensa maggioranza del corpo elettorale vuole una politica sociale che veda il centro orientarsi decisamente verso sinistra. è possibile tradurre in termini politici questa indicazione? è possibile, in altri termini, allargare o almeno tentare di allargare verso sinistra le basi della democrazia? questo mi pare sia il problema di fondo dell' attuale situazione. e c' è veramente da stupire che la presa di posizione del nostro partito sia stata accolta in alcune zone del vostro partito con tanta incomprensione. o esistono le condizioni per risolvere questo problema, oppure la Camera attuale è condannata. pensare di eluderlo con il sacrificio inutile dei partiti di democrazia laica è semplicemente assurdo. è finito, del resto, il periodo di facili accorgimenti che potevano valere al tempo del movimento qualunquista. la dura presa di posizione dei movimenti monarchici sta a dimostrare che anche nelle zone più facili al compromesso prevale il senso reale degli antagonismi politici. la lotta politica diventa in Italia più difficile, ma anche più seria. del resto, l' unico modo per educare la democrazia ed il corpo elettorale non è di mascherare con compromessi i risultati del suo voto, ma di metterlo di fronte alle conseguenze concrete dei suoi atti. e questo vale non solo per il corpo elettorale ma anche per i partiti, e soprattutto per quelli che, come il partito socialista italiano, hanno grossi conti da rendere ai loro elettori. il partito socialista italiano ha condotto la sua campagna elettorale in nome di una alternativa socialista che, come è stato del resto riconosciuto in questa Aula, non era l' equivalente della conquista del potere, ma era l' equivalente di un Governo di centrosinistra. potevano i dirigenti di quel partito pensare seriamente che — non parlo dei partiti democratici non socialisti — il nostro partito, avrebbe accettato di far pesare su un cosiffatto Governo l' ipoteca, sia pure indiretta, di una dittatura? evidentemente, no. la difesa di ufficio che il segretario del partito socialista italiano ha fatto in questa Camera democraticità del partito comunista può essere considerata con serena indulgenza; ma quando egli ci dice che il patto di unità d' azione « realizza la convergenza di tutto il movimento operaio italiano sul terreno della lotta per la democrazia e in difesa della democrazia » , e quando egli ci dice che « non è mai esistita una minaccia sovietica » , allora non solo noi socialisti democratici italiani, ma tutti i socialisti democratici di tutti i paesi del mondo accoglieranno le sue parole veramente con una rassegnata ilarità. il patto di unità d' azione ha spezzato l' unità del socialismo italiano e ha arrestato lo slancio dei lavoratori verso la democrazia premessa della loro vera unita. il patto di unità d' azione alla formula vera e giusta di Claudio Treves, « i socialisti con i socialisti e i comunisti con i comunisti » , ha sostituito una formula ibrida che consente la dittatura comunista e paralizza l' azione del socialismo. quando l' onorevole Togliatti interviene nel dibattito che si è aperto tra noi e il Psi non fa che sottolineare la sua paura di vedere ricostituita l' unità dei lavoratori italiani sul piano della democrazia politica e nel quadro della Internazionale socialista . l' onorevole Togliatti è vero che interviene nel nostro dialogo rivendicando il diritto di partecipare ad una maggioranza democratica, e rivendica questo diritto perché il partito comunista italiano rappresenta sei milioni di lavoratori. l' onorevole Togliatti ha ragione quando chiede che le rivendicazioni economiche e sociali dei lavoratori comunisti vengano tenute in gran conto da qualsiasi governo democratico. ma l' onorevole Togliatti ha torto quando pretende di partecipare ad una maggioranza democratica. per allinearsi con altre forze occorre avere con esse un denominatore comune politico. orbene, tra noi e voi questo denominatore comune non esiste. leggevo qualche giorno fa sull' L'Unità le conclusioni di un lungo articolo tradotto dalla rivista sovietica Il comunista . ebbene, tra gli altri fatti di cui quell' articolo fa gloria al partito comunista russo, c' è quello di aver combattuto ed annientato i menscevichi. ebbene, onorevole Togliatti, noi siamo dei menscevichi, e la prospettiva che un giorno una rivista comunista nostrana possa elencare fra le benemerenze del partito comunista italiano quella di avere « annientato » i menscevichi italiani, francamente non ci garba punto. le esigenze politiche del partito comunista italiano sono sodisfatte dal suo diritto di agire come forza di opposizione. questa è la vera esigenza politica del partito comunista italiano a cui noi socialisti democratici siamo tenuti ad andare incontro. non ponga, quindi, l' onorevole Togliatti dei problemi che sono insolubili; e, se si ostina, siamo noi che abbiamo il diritto di dirgli che lo fa per mettere il bastone fra le ruote al nostro tentativo di allargamento della maggioranza verso sinistra, in modo da comprendere in esso tutte le forze virtualmente democratiche. ma non inaspriamo queste polemiche, e sfidiamoci alla logica delle cose e alla virtù risanatrice del tempo che può favorire quel superamento di cui oggi gli uomini non sono capaci. vediamo, invece, di saggiare la validità o meno della posizione del partito socialista italiano sul piano della politica estera . oggi è in corso di sviluppo la distensione internazionale che offre al segretario del partito socialista italiano argomenti per una critica retrospettiva della politica delle nazioni dell' Occidente e del nostro paese. quando il nostro partito aderì alla politica atlantica, da quella parte ci si disse che ci rendevamo complici di una politica di guerra. noi eravamo in buona compagnia, perché con noi erano tutti i socialisti aderenti all' Internazionale. a distanza di parecchi anni, invece, al posto della guerra abbiamo la prospettiva di una distensione. questa distensione ha, a nostro avviso, la sua causa reale nella profonda crisi che scuote il sistema sovietico. sono i lavoratori di quel paese che, al di là di un pesante capitalismo di Stato sotto la ferula di una burocrazia avida di dominio, anelano alla conquista dei diritti dell' uomo e del cittadino che le caste dominanti deridevano come ideologie borghesi e in cui le classi oppresse vedono invece la premessa di una loro reale emancipazione. questa crisi, soffocata dalla personalità gigantesca di Stalin, scomparso il dittatore, si dilata in proporzioni che oggi ancora sono imprevedibili, ma scuote dalle sue fondamenta un sistema su cui agisce l' implacabile forza delle cose, rappresentata in ultima analisi dalla volontà degli uomini di vivere in modo più umano. ma noi possiamo tranquillamente ritenere che tra i motivi dominanti della crisi russa (che, come ognun vede, è una crisi nel senso della democrazia) si pone la politica di resistenza del mondo occidentale. quando una corsa sfrenata agli armamenti, come quella che si è verificata da anni in Russia, anziché aprire prospettive di una facile egemonia mondiale, apre prospettive di un conflitto, sullo sfondo del quale si leva lo spettro della disfatta, allora si spiegano molte cose e molte resipiscenze. è vero che le forze atlantiche in Europa sono talmente inefficienti da essere attualmente impossibile con esse far fronte ad un attacco sovietico; ma i russi sanno benissimo che dietro questo velo di forze esiste quella che Hindenburg chiamava l' implacabile industria americana. se l' Europa ha dovuto stringere alleanza con l' America è proprio perché sapeva che con le sue sole forze non avrebbe potuto reagire alle minacce che le venivano dallo Stato sovietico . noi abbiamo sempre detto che la politica atlantica era suggerita da uno stato di necessità e che non ci saremmo installati in essa, ma che avremmo lavorato per contribuire a creare le condizioni del suo superamento. questo superamento sarà possibile il giorno in cui lo spirito democratico permeerà di sé la politica estera di tutti gli Stati, e ciò avverrà quando lo spirito democratico sarà la norma regolatrice della vita interna dei popoli. questo superamento è quindi legato all' evoluzione politica interna dei paesi sovietici ed all' arresto della involuzione di quella dei paesi che oggi sono democratici. siamo ancora lungi da questa meta. in ogni modo questa politica oggi si risolve o pare che si risolva nella distensione. non rinneghiamola quindi nella sua sostanza, ma soprattutto non respingiamo i frutti che con essa oggi possiamo cogliere. andiamo quindi alacremente innanzi verso la distensione, con la convinzione che solo per questa strada è possibile realizzare quel disarmo generale e controllato che permetterà di fondare la pace su basi stabili. salutiamo tutte le forze che lavorano per la distensione, ma salutiamo soprattutto quelle che hanno creato le premesse affinché questa distensione fosse possibile. salutiamo le forze della classe lavoratrice europea; salutiamo soprattutto le forze della classe lavoratrice socialdemocratica italiana che da anni ha saputo trovare un giusto equilibrio fra la difesa della patria, le rivendicazioni sociali e la lotta per la pace. ricordiamo che il nostro partito in questa Camera, nel quadro della politica atlantica, tre anni fa ha chiesto il riconoscimento della Repubblica popolare cinese ; ricordiamo che due anni fa in questa Camera il nostro partito ha posto il problema dell' unità tedesca in termini che allora sembravano utopistici e che oggi sono sulla via della realizzazione. il problema dell' unità tedesca sarà nei prossimi anni al centro della politica mondiale : su questo punto oggi, di fronte ai nuovi avvenimenti che hanno mutato la situazione esistente due anni fa, il nostro partito non ha preso posizioni, salvo quelle generiche che derivano dall' accettazione delle conseguenze di una leale applicazione del patto atlantico . si può ammettere senza difficoltà che la CED rientri in queste conseguenze, ma la imminenza delle elezioni tedesche, che possono mutare i dati del problema, consiglia una saggia attesa. per il fondo della questione tedesca, si può pensare che tanto la formula russa (Germania neutralizzata), quanto quella americana (Germania inserita nel sistema occidentale), quanto quella dei socialisti democratici tedeschi (Germania unita senza condizioni) dovranno conciliarsi in una formula di mediazione. quale sarà questa formula non è dato oggi di sapere; certo essa dovrà tener conto dei sacrosanti diritti dei tedeschi all' unità nella piena indipendenza, ma dovrà tener conto anche delle legittime preoccupazioni di tutti gli Stati confinanti. è facile però fra tutti i partiti politici italiani un accordo orientativo su questo problema. il problema vero che interessa oggi l' Italia è quello del Territorio Libero di Trieste . per questa parte, le dichiarazioni del presidente del Consiglio incontrano l' approvazione incondizionata di tutti i democratici del nostro paese. ma quanta maggiore efficacia queste dichiarazioni avrebbero se venissero da un Governo che, anziché rappresentare il 40 per cento della Camera, rappresentasse la grande maggioranza del paese! non è, questo, uno dei motivi minori per richiamare ai loro urgenti doveri tanto i dirigenti della Democrazia Cristiana quanto quelli del partito socialista italiano. l' allargamento a sinistra della base della democrazia italiana costituirebbe la premessa non soltanto per una politica sociale più ardita, ma per una politica estera che permetterebbe al paese di porre con maggiore efficacia nei consessi internazionali i suoi problemi vitali. ed i problemi vitali dell' Italia sono, oltre a quello del Territorio Libero di Trieste , quello dell' emigrazione, i cui termini sono posti in un modo che offende, prima che i nostri interessi, la nostra dignità di italiani; il problema degli scambi commerciali che, se non realizzati in condizioni di parità, rendono risibili le affermazioni di democrazia e di eguaglianza, che risuonano così spesso nei consessi internazionali. se si vuole lavorare veramente per la distensione, è facile oggi incontrarsi, sia che si parta, come noi, dal patto atlantico , sia che si parta da posizioni diverse. ed allora perché l' incontro a metà strada, cui il segretario del partito socialista italiano ha fatto cenno, è così difficile? l' incontro è difficile perché il partito socialista italiano non ha fatto alcun passo in avanti; e non ha fatto alcun passo innanzi perché rimane inchiodato all' immobilismo di una politica genericamente frontista, nell' atto in cui tutto si muove nel senso della democrazia e della pace. eppure, l' impostazione data dal partito socialista italiano alla campagna elettorale e gli impegni assunti dai dirigenti di quel partito verso gli elettori, attraverso la formula dell' alternativa socialista, implicavano la possibilità di risolvere il problema che ci travaglia. ritorniamo così al punto di partenza : è possibile tradurre in termini politici l' indicazione del corpo elettorale per una maggioranza di centrosinistra? questa maggioranza deve avere un comune denominatore nella politica interna , nella politica estera e nella politica sociale . il comune denominatore nella politica interna si chiama democrazia, senza che su di essa gravi l' ipoteca totalitaria o reazionaria; il comune denominatore nella politica estera si chiama distensione e lotta per la pace, nel quadro dello statuto internazionale che l' Italia si è dato per garantire la sua sicurezza, e nel quadro delle sacrosante rivendicazioni per ottenere la restituzione alla Italia del Territorio Libero di Trieste ; il comune denominatore nella politica sociale si chiama lotta a fondo contro la disoccupazione e la miseria, per la realizzazione progressiva della giustizia sociale . questo il problema che, prima che dal nostro partito, è stato posto dal corpo elettorale . il Governo attuale non è in grado di dare una risposta efficace a questo problema. ecco perché il nostro partito non gli accorderà la fiducia. ma esistono in questa Assemblea le forze che possono risolverlo, solo che lo vogliano. noi quindi facciamo appello al senso di responsabilità della Democrazia Cristiana perché esca dal suo immobilismo centrista e facciamo appello al senso di responsabilità del partito socialista italiano perché esca dal suo immobilismo frontista. se il nostro appello non dovesse essere accolto, una pesante responsabilità ricadrebbe su coloro che si fossero sottratti ai loro impegni solenni. in ogni caso, il nostro massimo dovere di socialisti democratici è di non trascurare nulla per acquisire alla ricostruzione della democrazia italiana e alla difesa efficace degli interessi delle classi lavoratrici forze preziose che, diversamente, potrebbero essere perdute per sempre. a questo dovere non verremo meno, né ci lasceremo deviare dal miraggio di compiti diversi, ma in ogni caso meno importanti. il paese si serve nella convergenza di compiti particolari degnamente assolti, e non in altro modo. noi abbiamo fatto il nostro dovere. agli altri partiti di fare il loro.