Pietro NENNI - Deputato Appoggio
II Legislatura - Assemblea n. 712 - seduta del 05-02-1958
politica estera
1958 - Governo III Fanfani - Legislatura n. 3 - Seduta n. 541
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi sono senz' altro a sua disposizione e a disposizione della Camera per rispondere al ministro degli Esteri . mi varrò della opportunità che mi è offerta di intervenire subito sul dibattito per esprimere il pensiero del mio gruppo anche sugli ordini del giorno che sono stati presentati, in modo da evitare un secondo intervento. sembra a me che le dichiarazioni del ministro degli Esteri abbiamo solo in parte colmato il vuoto (autentico, questo) delle dichiarazioni del Governo intorno ai maggiori problemi internazionali, quali sono andati ponendosi e sviluppandosi prima, durante e dopo la conferenza NATO a Parigi. il ministro degli Esteri si è allineato stasera alla opinione media europea, la quale considera ormai acquisito che si va abbastanza rapidamente, e senza troppi ritardi, verso la convocazione della conferenza est ovest che noi reclamiamo da mesi e nella quale riponiamo molte speranze. della evoluzione dello spirito pubblico in Italia, in Europa, in America il ministro degli Esteri ed il Governo si sono accorti soltanto adesso dopo la presa di posizione di quasi tutti i parlamentari del mondo. in questo senso non è mai troppo tardi noi saremmo lieti di dare atto al ministro della sua migliore disposizione, se non dovessimo costatare nelle dichiarazioni del ministri l' assenza di ogni preciso impegno sui maggiori problemi del momento. non deriva infatti, dal discorso del ministro degli Esteri , alcun preciso impegno del Governo se non sulle due questioni che sono di più difficile soluzione: quella del disarmo, indissolubile, anche a nostra opinione, dalla questione del controllo, e quella della unità tedesca. noi socialisti siamo fra i pochi in Europa che considerano estremamente importante la questione tedesca, anche se ad essa non diamo carattere pregiudiziale. ma, onorevole ministro, all' infuori di queste due questioni, sulle quali ella sembra volersi impegnare, su tutte le altre la sua risposta continua ad essere completamente negativa; è una conferma, non una smentita dell' atteggiamento negativo tenuto dal Governo alla conferenza della NATO a Parigi. ella sembra, onorevole Pella, non darsi conto che in politica estera , come in politica interna , come in politica sociale , ogni atto comporta ulteriori atti, ogni successo apre la via a nuovi successi. ogni passo in avanti crea le condizioni di ulteriori passi in avanti. mi è avvenuto di recente di paragonare il gioco della diplomazia a quello delle scatole cinesi : ne apri una e ne trovi un' altra; ne apri una seconda e ne trovi una terza e via di seguito. così avviene in campo internazionale , come del resto in campo nazionale. si risolve un problema, e ne sorge un altro, il quale sarà di più facile soluzione appunto perché è stato risolto il primo. orbene, onorevole ministro, che ella dica come ha detto, di gradire il rifiorire di iniziative sovietiche o di altri paesi per risolvere i più urgenti problemi internazionali; che affermi di non essere stato colto di sorpresa dalla intensificata attività della diplomazia è cosa di cui le darei atto assai volentieri se ripeto, la sua risposta sui problemi di fondo non fosse negativa. qual è, infatti, la posizione che ella assume sulle tre questioni fondamentali che stanno di fronte all' Europa e al mondo? sulla proposta della conferenza ad alto livello alla quale l' Unione Sovietica invita i paesi dell'est e dell' ovest, e quelli neutrali, ella prende in apparenza una posizione positiva; insiste sulla necessità di una adeguata preparazione (per il che non le do torto giacché ritengo anch' io indispensabile una adeguata preparazione); ma lascia subito intravvedere la corda di sottintesi pericolosi accennando a condizioni pregiudizialmente negative. sul secondo problema, quello della zona disatomizzata, sul quale dovrà, a giorni, come ella ha annunciato, pronunziarsi la NATO, ella fa sfoggio di scetticismo. perché negare ogni importanza alla proposta polacca? perché dire che è cosa militarmente senza importanza e politicamente di scarso rilievo? è, onorevole ministro, il punto di partenza di una serie di negoziati, che prendono le mosse dal piano Rapacky, per investire gradatamente gli altri problemi verso i quali converge l' attenzione dell' opinione pubblica nazionale e internazionale. risolvere la questione della zona disatomizzata vuol dire fare un passo avanti verso la soluzione della questione della fascia dei paesi neutrali; risolvere la questione della fascia dei paesi neutrali o disimpegnati, come dicono gli inglesi, vuol dire arrivare al cuore della soluzione del problema tedesco. a mio giudizio nella tesi esposta due giorni or sono in questa Aula dal collega Saragat circa la zona neutra e la unificazione tedesca, il punto debole è di ignorare la connessione dei problemi fra di loro, è di sottovalutare il metodo che consiste nel cominciare dalle cose possibili, subito, per arrivare a quelle di più complicata soluzione. sancito il principio della creazione di una zona disatomizzata, diventerebbe più facile affrontare la soluzione di problemi che, oggi, sembrano, e sono, assai complessi e difficili, ma che l' Europa e il mondo devono risolvere se vogliono trarsi fuori della minaccia di una terza conflagrazione mondiale. la stessa posizione scettica, distaccata ella assume di fronte alla proposta non più sovietica ma ormai diventata inglese, di un patto di non aggressione fra i paesi del blocco di Varsavia e quelli del blocco atlantico. l' osservazione che ella fa, che, dopo tutto, ciò non cambia gran che alla situazione odierna, che sarebbe pleonastica rispetto all' analogo impegno già assunto da tutti i paesi che aderiscono all' Onu, sembra, in ordine di fatto, inoppugnabile, ma come può sfuggirle, onorevole ministro, che ogni atto politico, ogni atto interessante le relazioni internazionali fra gli Stati, assume il carattere che ad esso conferiscono le circostanze in cui esso diviene realtà? quando, 12 anni or sono, alla storica riunione di San Francisco , quasi tutti i paesi del mondo sottoscrissero la dichiarazione di non aggressione, ciò poteva apparire pleonastico. uscivamo dalla guerra, con le illusioni, proprie ai popoli che escono dalle guerre; c' era stato, nella guerra e nella vittoria comune, il più clamoroso dei riavvicinamenti, quello tra il sistema capitalistico americano e il sistema sovietico; credevamo di essere fuori per sempre o per lunghi anni dalle ansie, dai tormenti, dalle preoccupazioni di un nuovo conflitto. in quel momento la firma di un accordo di non aggressione poteva sembrare cosa, dopo tutto, di scarsa importanza. oggi non è così. assistiamo al riacutizzarsi della guerra fredda ; siamo assaliti dalle più gravi preoccupazioni. non vi è bisogno, per questo, di drammatizzare le cose: la realtà è di per se medesima abbastanza drammatica. siamo nel cuore della più seria crisi che i popoli abbiano conosciuto negli ultimi 10 anni. la violenza distruttrice delle armi nucleari sospende sull' umanità il terrore. ed ella viene a dirci, onorevole ministro, che un patto di non aggressione fra i due blocchi sarebbe di scarsa importanza, che militarmente e politicamente lascerebbe le cose al punto in cui sono? no. oggi un patto di non aggressione tra i due blocchi , proprio perché firmato quando l' umanità è sotto la minaccia di una guerra nucleare , anche se non rovescia la situazione, la trasformerebbe psicologicamente e politicamente; darebbe nuova fiducia alle forze di pace , rimetterebbe in cammino idee che negli ultimi tempi hanno subito un rallentamento e qualche volta addirittura un indietreggiamento. ella assume la medesima posizione nei confronti di tutte le proposte che sono state avanzate negli ultimi tempi, per cui, in definitiva, non si vede cosa potrebbe uscire dalla conferenza che ella dice di auspicare e davanti alla quale fa tabula rasa dando per scontato che ciò che si può fare subito conta poco e ciò che non si può fare è in definitiva ciò che conta. ed è vero che altri problemi esistono, che altri problemi dovranno essere affrontati dalle diplomazie e dai governi. e tuttavia le questioni mature per essere dibattute in una conferenza ad alto livello , sono quelle che ho elencato: la proposta polacca di disatomizzazione di una zona dell' Europa centrale; quella di più vasta portata dei laburisti inglesi e dei socialdemocratici tedeschi, per la creazione di una fascia di paesi neutrali. disarmo e unificazione tedesca vanno considerati nella dinamica di una politica internazionale non statica ma in movimento. altrimenti non si farà nulla di nulla. se non si comincia dai problemi oggi maturi rispetto alla opinione pubblica e alla situazione obbiettiva, non rimane, allora, se non l' attesa di non so quali miracolose soluzioni scaturite all' infuori della volontà degli uomini. il suo scetticismo, onorevole Pella, in confronto ai problemi reali è un elemento di debolezza anche a volere escludere che sia ad arte calcolato. in questo senso il suo discorso è negativo, come negativo era stato l' atteggiamento del Governo alla conferenza di Parigi, anche se non fosse vero quanto pubblicarono i giornali sul presidente del Consiglio che andava offrendo le sue, anzi le nostre montagne per le rampe dei missili americani. ma vera o falsa che fosse l' offerta (e ho già dato atto al senatore Zoli della sua smentita), sta di fatto che a Parigi il Governo non ha preso la posizione del governo belga, di quello norvegese, del governo danese. sta di fatto che, se l' esame delle richieste americane è stato rinviato, ciò va ascritto a merito dei governi che hanno immediatamente preso una posizione di resistenza nella questione della installazione sul loro suolo nazionale delle rampe dei missili americani. il ministro degli Esteri ci fa carico di avere drammatizzato la situazione; fa carico a me di avere esagerato, allorché ho detto che da dieci anni in qua non ci siamo mai trovati di fronte ad un problema altrettanto angoscioso per il nostro paese. noi non drammatizziamo nulla. noi abbiamo fiducia nel cammino della pace; il nostro augurio e il nostro interesse politico sono che la campagna elettorale coincida non con una drammatizzazione della situazione internazionale ma con una fase di rinascente fiducia nella pace. quello che ci auguriamo è che le elezioni coincidano con la riunione della conferenza est ovest . nessuno ha il diritto di attribuirci pensieri e atteggiamenti a noi estranei. la verità delle cose è che il sentimento più profondo in noi è la salvaguardia della pace. tutto il resto viene dopo. quindi nessuna drammatizzazione, anche perché noi siamo convinti che malgrado gli errori del nostro e di altri governi non si arriverà a misure estreme e le forze di pace continueranno ad essere, in Italia, in Europa, nel mondo, forti quanto basta per rendere inutili misure militari, le quali per certo non contribuiscono né alla pace né alla distensione. e veniamo al fondo del problema. il ministro dice che per ora non vi è nessuna decisione operativa. lo sappiamo. ho dato lettura delle deliberazioni di Parigi che rinviano ogni decisione operativa a una data del resto non molto lontana, giacché la conferenza militare della NATO, competente per decidere come e dove verranno installate le rampe di lancio dei missili americani, dovrebbe tenersi nel primissimo mese di marzo. il Governo dice che a Parigi non ha preso nessun impegno, ma sta di fatto che la risposta data oggi dal ministro degli Esteri è un « sì » senza condizioni. quando il ministro fa della installazione delle rampe dei missili americani in Europa e in Italia un elemento della difesa dell' Europa o, peggio ancora, della difesa degli USA, si lascia prendere in un ingranaggio al quale non potrà più sottrarsi, che oggi gli prende un dito, e gli prenderà domani il braccio, non purtroppo il dito o il braccio suo, ma quello del paese. l' America, argomenta il ministro degli Esteri , non ha in questo momento armi adeguate per rispondere ad una aggressione ipotetica che partisse dall' Unione Sovietica con l' impiego dei missili intercontinentali. intanto, onorevole ministro, gli americani sostengono che i missili intercontinentali non sono a punto né nell' Unione Sovietica , né in America; che non esiste, per ora, la possibilità di una produzione in serie di tali armi. inoltre noi non abbiamo mai messo in dubbio che la scienza e la tecnica americana siano perfettamente in grado, in un termine di tempo più o meno breve, di raggiungere o magari di superare l' Unione Sovietica nella produzione delle armi nucleari , salvo a farsi raggiungere a loro volta in una gara che rischia di non aver mai fine. non ci ha perciò sorpresi la prova di pari capacità, o quasi, data dagli americani nel campo dei satelliti artificiali. per parte mia non ho mai avuto il minimo dubbio su questo punto. non mi sono, come altri, esaltato all' idea della potenza americana quando gli USA avevano la disposizione esclusiva delle bombe atomiche; non mi sono esaltato per la politica dell' Unione Sovietica quando Mosca ha lanciato il primo missile intercontinentale. non si venga quindi a gemere sui pericoli che potrebbero correre gli USA ove noi rifiutassimo di impiantare in Italia le rampe per i missili a media gittata. gli USA hanno ben altro e ben più valide possibilità in questo campo. non per niente hanno organizzato attorno all' Urss una serie di basi dalle quali sono perfettamente in grado di fronteggiare qualsiasi eventuale pericolo. i due colossi sono in grado di garantire la loro reciproca sicurezza. ognuno di essi è in grado di scatenare rappresaglie terribili contro ogni eventuale atto di aggressione. le rampe in Italia non aggiungono nulla alla difesa degli USA e dell' Europa. se governi, come quello belga, come quello norvegese e quello danese, hanno potuto, fin dal primo istante, pur mantenendo la loro stretta adesione alla Alleanza Atlantica , prendere su di sé la responsabilità di un rifiuto, è perché non sono in gioco né la difesa dell' Europa, né quella degli USA. se si accetta per l' Italia il rischio della rappresaglia alla quale ci esporremmo accogliendo nel nostro suolo le armi del deterrente americano è per altri motivi. dice il ministro degli Esteri che è da escludere un conflitto che tragga origine da piccoli incidenti di frontiera. è in parte esatto, anche se l' ipotesi non è da escludere in assoluto. nessuno può sapere quali sarebbero state le conseguenze di un conflitto locale che fosse scoppiato tra la Turchia e la Siria. nessuno è in grado di valutare cosa succederebbe in Europa e nel mondo, se un conflitto locale si accendesse lungo le frontiere tra lo Stato di Israele ed il nuovo Stato unito dell' Egitto e della Siria. e, tuttavia, onorevole ministro, nella misura in cui è valida l' ipotesi da lei formulata, diventa ancora più evidente che noi non abbiamo nessun interesse nazionale od europeo, ad assumere parvenza o figura di belligeranti, con armi non prodotte da noi e non comandate da noi. confermo che impegni del genere rimetterebbero in discussione il patto atlantico , o almeno una delle sue clausole, quella che garantisce la non automaticità dell' intervento militare dei paesi dell' alleanza nel caso in cui uno di essi venga aggredito. perché non vi sia la automaticità di intervento, occorre che il Parlamento abbia il tempo di riunirsi, di discutere, di valutare una determinata situazione. il patto atlantico contempla espressamente due garanzie: demanda alla decisione autonoma di ognuna delle parti l' azione che giudicherà necessaria, « ivi compreso l' impiego della forza armata » per ristabilire e mantenere la sicurezza della zona dell' Atlantico del nord; afferma che le disposizioni del trattato saranno applicate dalle parti in conformità con le rispettive procedure costituzionali. quest' ultima garanzia è tanto più importante per noi tenuto conto dei poteri che, in caso di guerra, la Costituzione conferisce al Governo, al Parlamento ed al Capo dello Stato e tenuto conto dell' articolo 11 della Costituzione, in base al quale l' Italia esclude la guerra dai mezzi propri per risolvere i conflitti internazionali. ma, onorevoli colleghi , cosa rimarrebbe di codeste garanzie il giorno in cui il comando atlantico, che poi è il comando americano, decidesse l' impiego di tutti i mezzi di cui dispone contro una minaccia di aggressione o magari una aggressione in atto in zone lontane? le cose in Inghilterra sono arrivate al punto che gli aerei da bombardamento che trasportano bombe nucleari tengono il cielo in permanenza. ciò ha allarmato opinione pubblica , ha dato luogo a discussioni in Parlamento, ha costretto il Governo a prendere determinati impegni. orbene, quando una situazione del genere si fosse creata in Italia, quando il comando atlantico avesse installato rampe per missili a media gittata, chi ne controllerebbe, se non il comando stesso, l' uso e l' impiego? cosa diventerebbe, nell' eventualità di un conflitto, il diritto del Parlamento di considerare se siamo di fronte ad un caso in cui l' esecuzione degli obblighi del trattato comporti l' impiego dei mezzi militari o altre forme di solidarietà nei confronti di un paese aggredito? in queste condizioni affermare che nessuna deliberazione è stata presa, è vero soltanto in linea formale. quanto il ministro degli Esteri ha detto oggi alla Camera vale un impegno tanto assurdo e intempestivo in quanto è preso prima della conferenza militare della NATO che deve riunirsi nel mese di marzo; prima che il Governo si sia collegialmente e responsabilmente pronunciato; prima che il Parlamento abbia espresso il proprio pensiero. tutto è fin d' ora rimesso al comando atlantico, il solo a poter giudicare l' entità di un eventuale pericolo di aggressione e i mezzi per fronteggiarlo. ecco perché noi continueremo ad opporci, con tutti i mezzi democratici che sono a nostra disposizione, alla avventurosa politica del Governo. ecco perché sollecitiamo ancora una volta il Parlamento ad accettare la via di mezzo che gli abbiamo offerto con il nostro ordine del giorno , il quale comporta l' impegno per il Governo di consultare il Parlamento, l' impegno per il Parlamento di attendere il risultato della competizione elettorale, prima di autorizzare l' installazione in Italia delle rampe per i missili americani. ciò è tanto più agevole se si tiene conto che i missili a media gittata non potranno essere a disposizione dell' Europa se non da qui ad un anno, a stare a quanto dicono gli americani. o di qui a due anni, come si è detto nel parlamento inglese. noi insistiamo, e se la Camera respingerà il nostro ordine del giorno , porteremo la questione davanti al corpo elettorale ; faremo arbitri gli elettori tra noi e la maggioranza; domanderemo al paese di difendersi dal rischio di diventare deposito e bersaglio di armi nucleari . onorevole presidente , ho detto che avrei approfittato del mio intervento anche per dire l' opinione del gruppo socialista sugli ordini del giorno . lo farò brevissimamente. v' è una mozione comunista. ho letto che la Democrazia Cristiana astenendosi dal presentare, a conclusione del dibattito, un ordine del giorno motivato, ritiene di porre in grande imbarazzo chi ha in questo momento l' onore di parlarvi e il gruppo parlamentare socialista. mi consenta la Camera di dire che noi non siamo minimamente imbarazzati nel votare, come faremo, la mozione presentata dai nostri colleghi comunisti. penso che semmai l' imbarazzo dovrebbe essere di coloro che la respingeranno soltanto perché c' è in calce la firma dei deputati comunisti. si torna, così, alla disputa che si è svolta in Francia negli ultimi mesi sui « voti maledetti » , che sarebbero i voti dei comunisti. senonché autorevoli giornali non di parte nostra hanno assai opportunamente ricordato, in Francia, come in un parlamento democratico non ci siano voti maledetti: ma soltanto rappresentanti di una parte, grande o piccola, del popolo che hanno il diritto di essere giudicati per ciò che propongono senza preclusioni o apodittiche maledizioni. ora, onorevoli colleghi , contro che cosa votate? votate contro una mozione nella quale è scritto che la Camera chiede al Governo di utilizzare ogni possibilità di trattativa e di intesa tra i blocchi e di esaminare la possibilità e le condizioni di una partecipazione dell' Italia alla zona europea disatomizzata o neutra. onorevole Fanfani, se ella presenta una mozione o un ordine del giorno che impegni il Governo a fare quanto è possibile per creare una situazione di distensione in Europa e favorire un incontro est ovest , stia certo che noi voteremo la sua mozione o il suo ordine del giorno (senza preoccuparci se le firme sono di uomini... bene, onorevole Fanfani! non si tratta dunque per voi di considerare il contenuto di una mozione o di una proposta, ma di votare contro i suoi firmatari! senonché nella realtà delle cose voi votate proprio contro l' invito alla distensione, contro l' invito rivolto al Governo di esaminare la possibilità per il nostro paese di aderire alla zona disatomizzata. farete lo stesso votando contro l' ordine del giorno socialista, anche se — in assoluto — i nostri non sono sempre per voi « voti maledetti » ; lo sono nella occasione presente, in cui vi chiediamo di salvaguardare le prerogative del Parlamento, vi chiediamo di vincolare gli impegni del Governo al voto esplicito della Camera, vi chiediamo di attendere — prima di alienare la sovranità della nazione nella questione dei missili — il risultato delle prossime elezioni. voi votate contro! se, onorevoli colleghi , fossimo sensibili soltanto agli interessi della propaganda, dovremmo ringraziarvi della opportunità che ci offrite di presentarci al paese forti di un argomento al quale il paese è estremamente sensibile in tutti i suoi strati, i nostri elettori e i vostri, i ceti sociali che noi più direttamente rappresentiamo e i ceti sociali che voi rappresentate. nonostante il piccolo vantaggio che il nostro atteggiamento ci vale sul piano della polemica, lasciatemi deplorare che non abbiate accettato nella nostra proposta il profondo amore per il paese che la ispira; l' interesse che portiamo alla causa della pace e ad un corso nuovo della politica internazionale che dilegui le nubi della guerra fredda e consenta a tutta l' umanità di consacrarsi alle opere pacifiche del progresso, della produzione, del lavoro.