Palmiro TOGLIATTI - Deputato Opposizione
II Legislatura - Assemblea n. 707 - seduta del 29-01-1958
1958 - Governo I Amato - Legislatura n. 11 - Seduta n. 16
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

ella senza dubbio ricorderà, signor presidente , ed anche i colleghi ricorderanno che nell' ultima discussione sulla politica estera del nostro Governo, che ebbe luogo alcuni mesi or sono, noi sostenemmo, contrariamente all' opinione di altri gruppi della Camera e, naturalmente, a quella del ministro degli Esteri e del Governo, essere la politica estera italiana da parecchi anni puramente « subalterna » , subordinata, cioè, dettata da interessi e direttive politiche di altri paesi; non dettata dall' interesse nazionale , né dalla sollecitudine di assumere nel campo dei rapporti internazionali quelle iniziative che rispondano alla difesa di tali interessi e all' affermazione e all' aumento del prestigio dell' Italia nel mondo. i fatti sono schierati in folla a dimostrazione di questa nostra tesi. la critica che noi facevamo è stata dimostrata esatta, in modo clamoroso, dagli avvenimenti degli ultimi tempi. ritengo sia difficile oggi negare ancora quella che noi chiamammo l' assenza di una politica estera italiana. nel corso degli ultimi mesi, e particolarmente nelle ultime settimane, in un momento critico della situazione internazionale, quando vecchie questioni e proposte sono state affacciate e sostenute in modo nuovo, e proposte nuove sono state presentate e agitate da diverse parti allo scopo di trovare una via d' uscita alle difficoltà attuali, il nostro Governo ancora una volta ha offerto la prova che non ha e forse non è in grado di avere — una propria libertà di movimento. sotto questo aspetto, la situazione è diventata ancora peggiore di quanto non fosse in precedenza. prima, noi sentivamo essere la politica del nostro Governo dettata da circoli dirigenti degli USA. una « SU » gravava sulla vostra libertà d' azione, la imitava e impediva; ora si è aggiunta a questa un' altra « SU » il Sant' Uffizio , che interviene persino nei dibattiti interni al nostro Governo, ignoti, del resto, alla maggioranza dei cittadini, e rivolge i rimproveri che tutti voi conoscete a quei ministri che sembra abbiano avuto l' ardire di richiedere una modificazione qualsiasi della politica estera del nostro Governo per renderla più aderente a quelle esigenze e richieste di una iniziativa di pace che vengono da tante parti della nostra opinione pubblica e sono dettate, del resto, dalla necessità stessa. eppure, negli ultimi mesi e nelle ultime settimane, direi che si sono mossi un po' tutti o quasi i rappresentanti dei grandi Stati europei e del mondo. chi in un modo, chi nell' altro, tutti hanno mostrato di adoprarsi alla ricerca di qualcosa che consenta di superare l' attuale punto morto delle relazioni internazionali, di uscire dalla pesante atmosfera di guerra fredda che oggi grava su tutti i paesi, riaprire il processo della distensione e fare, quindi, opera di pace. si sono avuti ripetutamente ammonimenti, proposte, iniziative degli Stati del blocco cosiddetto orientale, cioè degli Stati socialisti. si è manifestato un imponente schieramento di Stati e di popoli in difesa della pace alla conferenza del Cairo, dalla quale è uscita la richiesta di una politica di distensione, sotto l' insegna della neutralità tra i due blocchi che si affrontano oggi sull' arena internazionale. in realtà, la rivendicazione da parte di questi popoli di una politica di neutralità è rivendicazione di indipendenza. né possiamo dimenticare che si tratta di un miliardo di uomini che abitano una parte sterminata del nostro globo; di paesi che sono destinati a esercitare un' influenza sempre più grande sui destini di tutta l' umanità. ma anche nella parte occidentale, cioè nel blocco dei paesi che sono stretti in una serie di alleanze aggressive che vanno dal patto atlantico agli altri che voi conoscete, sono risuonate voci e sono state avanzate proposte nuove. si tratta del Primo Ministro inglese, del presidente del Consiglio francese, ciascuno dei quali ha mostrato di volersi muovere nella ricerca della ripresa del processo distensivo. non è stato immobile, in determinati momenti, nemmeno il cancelliere della Germania occidentale . hanno preso posizioni atte a una nuova salvaguardia della loro sicurezza esponenti autorizzati dei governi del settore settentrionale europeo, dalla Danimarca alla Norvegia. persino dagli USA, negli ultimi giorni ci è giunta la notizia di un importante atto, che può essere un contributo di un certo valore alla causa della distensione: la conclusione di un accordo culturale tra la Repubblica nordamericana e l' Unione Sovietica . anche gli USA, dunque, si muovono in una direzione nuova. ma soprattutto si muove l' opinione pubblica . non vi è consultazione di opinione pubblica latta nei differenti paesi del mondo occidentale, la quale non abbia manifestato la richiesta, da parte della maggioranza dei consultati, di una politica che ponga fine alla guerra fredda , attraverso un contatto tra i capi dei grandi Stati dell' Oriente, cioè degli Stati socialisti, e dell' Occidente, per giungere, attraverso nuove trattative, a nuovi accordi, che allontanino le gravi minacce che ora incombono sulla umanità. tutti, in un modo o nell' altro, hanno fatto qualche movimento, in questa direzione, hanno per lo meno accennato a qualche iniziativa. solo il governo italiano , solo il ministro degli Esteri del nostro paese sono rimasti fermi, ancorati all' estremità fanatica e aggressiva dello schieramento atlantico, ancorati alla loro politica subalterna, non rispondente agli interessi del nostro paese, dettata dalle sfere dirigenti degli USA, cioè del più grande Stato imperialista del mondo. se guardiamo poi al modo come l' opinione pubblica è stata manovrata dai partiti governativi e dagli organi che il Governo, in un modo o in un altro, influenza o controlla, assistiamo alla ripresa delle più vecchie, più sciocche, più inutili, più dannose e anche più pericolose espressioni del fanatismo antisovietico e anticomunista e dell' estremismo atlantico: indegna compagna che dovrebbe servire a elevare una barriera che impedisca di muoversi nella direzione segnata dagli interessi del nostro paese e della pace. si ha l' impressione che gli uffici del nostro ministero degli Esteri e della nostra Presidenza del Consiglio , per quanto riguarda le questioni internazionali, siano diventati semplici uffici di copisteria, dove seggano amanuensi qualificati incaricati della parafrasi di documenti che sono già stati posti in circolazione dai dirigenti della politica estera degli USA. quando parla il presidente del Consiglio italiano alla conferenza di Parigi, tutti si accorgono che egli rimastica i discorsi e le dichiarazioni del segretario di Stato americano. quando il presidente Zoli risponde all' ultima lettera del Primo Ministro Bulganin, tutti si accorgono che il documento non contiene una battuta che esca dal binario tracciato dalla precedente lettera del presidente degli USA. una iniziativa italiana non vi è. è la gravità di questa constatazione sta nel fatto che anche su noi prima di tutto, grava la minaccia che incombe oggi su tutti i continenti; e grava inoltre una minaccia particolare proprio in conseguenza di questa assenza di una politica italiana e dell' asservimento del nostro Governo alle richieste, alle proposte e alle direttive dei dirigenti della politica imperialistica degli USA. voi, senza discussione, senza muovere alcuna riserva, senza far comprendere chi vi siate, in qualsiasi modo, associati alla serie di riserve che sono state avanzate da altri paesi europei di peso eguale al nostro, ammettete che il territorio italiano, i porti, i mari, le montagne, le pianure, le città abitate dagli italiani, possano diventare uno stato di cui gli USA possano servirsi a piacer loro, per piazzarvi le loro armi atomiche e nucleari più micidiali, e trasformare così l' Italia nella prima linea della loro politica aggressiva. di fronte a questa situazione è necessario che, ancora una volta, venga affrontato a fondo, in pieno, il problema della nostra politica estera , e venga avanzata, in modo anche più insistente e urgente che nel passato, la richiesta di mutamento di indirizzo; la richiesta che finalmente il nostro paese, attraverso le iniziative del proprio Governo, senta di avere una politica che lo faccia contare qualcosa nel mondo e soprattutto lo faccia contare qualcosa nell' azione che oggi da tante parti sembra che debba essere condotta per superare le difficoltà attuali, iniziare un nuovo periodo di distensione, aprire la via a una politica di pace. forse è bene rifarsi, a questo punto, alla conferenza dei paesi del patto atlantico , che ebbe luogo a Parigi dal 16 al 19 dicembre dell' anno scorso . in questa conferenza è spettato ai rappresentanti italiani un merito, quello di essere i soli fra i delegati dei grandi paesi europei che si siano piegati alle richieste, anzi al dettato americano senza avanzare la minima obiezione di sostanza o di forma. la conferenza era stata ampiamente preparata soprattutto nei suoi aspetti propagandistici, attraverso una campagna cui avevano partecipato i dirigenti dei grandi stati dell' Occidente, il presidente degli USA, il Capo del dipartimento di Stato e altri esponenti pubblici del mondo occidentale, attraverso dichiarazioni ufficiali, discorsi, articoli. tutti gli organi che esercitano una qualche influenza sulla opinione pubblica erano stati posti in azione. dal modo stesso come venne condotta questa preparazione, veniva però alla luce assai chiaramente che l' iniziativa stessa della conferenza partiva dalla coscienza presente nei dirigenti della politica occidentale, di una situazione critica degli schieramenti militari e degli schieramenti politici dell' imperialismo. non per nulla alla vigilia della conferenza, nel mese di novembre, il comitato militare del patto atlantico pubblicò un rapporto dove, dopo aver fatto una esposizione dello stato della situazione militare, aggiungeva « che in tutti i paesi aderenti al patto atlantico si può oggi costatare una inquietudine crescente e uno sbandamento dell' opinione pubblica a danno di una ferma volontà di resistenza » . l' opinione pubblica cioè resisteva, come tuttora e sempre più resiste alla politica aggressiva, che è la politica del patto atlantico , che è la politica, in particolare, dei circoli dirigenti degli USA. si disegnava quindi da parte del comitato militare del patto atlantico , come primo obiettivo, fondamentale per la conferenza di Parigi, il rilancio psicologico e politico della guerra fredda , la intensificazione di essa, allo scopo di portarla a un livello più alto, attraverso la utilizzazione di nuove armi aggressive di terrore e di sterminio. alla base dello stato d'animo che predominò nella preparazione della conferenza di Parigi vi era però anche un altro fatto, che si lega strettamente al primo, e cioè la consapevolezza, che sta penetrando, da un lato, nell' opinione pubblica e, dall' altro lato, nei circoli dirigenti dei grandi paesi imperialistici, di una non più negabile superiorità del mondo socialista sul mondo imperialistico in tutta una serie di importanti settori dello sviluppo economico e politico. prima di tutto veniva attirata l' attenzione sulla superiorità del primo Stato socialista del mondo nel campo scientifico. non è necessario qui ricordare le ripercussioni che ebbero nel mondo intero i due lanci di satelliti artificiali fatti nell' Unione Sovietica . a stato più volte sottolineato che la superiorità manifestata dal lancio dei satelliti artificiali deve essere prima di tutto ed essenzialmente intesa come superiorità scientifica e tecnica, legata al progresso generale dell' istruzione e della ricerca, alla formazione di nuovi quadri, all' educazione allo studio della gioventù e delle grandi masse lavoratrici . sono questi i fattori che attribuiscono oggi al primo paese socialista del mondo il primo, o per lo meno uno dei primi posti nel progresso delle tecniche moderne più avanzate e della scienza in generale. da questa superiorità scientifica che oggi nessuno può più negare e dai più particolari campi in cui essa si è manifestata, venivano però tratte dai circoli dirigenti dei paesi occidentali essenzialmente e quasi esclusivamente le conseguenze relative alla preparazione militare. di qui l' ondata di panico che artificialmente venne diffuso in tutto il mondo, con il grido d' allarme che si dovesse far fronte a un nuovo, imminente, tragico pericolo per la civiltà occidentale. in realtà, quando vennero lanciati i due satelliti artificiali, non solo, ma anche prima, quando i dirigenti dell' Unione Sovietica comunicarono al mondo che erano riusciti a realizzare il razzo atomico e nucleare intercontinentale, cioè quella che viene chiamata l' arma assoluta, capace di trasportare strumenti di sterminio in qualsiasi punto del globo, anche dopo questa prima comunicazione, accolta del resto con scetticismo nel mondo occidentale, i dirigenti dell' Unione Sovietica fecero immediatamente proposte concrete di avvicinamento e discussione allo scopo di giungere al divieto di qualsiasi arma di sterminio. queste proposte diventarono poi tanto più insistenti quanto più in prosieguo di tempo venne data la dimostrazione pratica che effettivamente l' Unione Sovietica possedeva quelle armi che aveva dichiarato di possedere, occupando quel posto che tutti noi sappiamo che occupa nello sviluppo delle tecniche e della scienza. il mondo occidentale reagì in termini puramente militari, non allo scopo di trovare la via per la discussione dei nuovi elementi della situazione, e quindi per fare qualche passo verso la distensione e verso una politica di pace, ma unicamente per tendere la situazione sempre di più, fino al limite estremo. oggi ci sentiamo più deboli — dissero gli occidentali — dobbiamo quindi raccogliere tutte le forze, tendere ad ogni costo a conquistare la superiorità nello sviluppo degli strumenti più terribili di distruzione e non badare a nient' altro. di contatti, distensione e pace, nella situazione attuale, non si può più parlare. e qui sorge una questione: quando è che il mondo occidentale pensa a una politica di distensione e di pace? quando è forte o quando è debole? perché nel passato dirigenti politici e militari delle alleanze occidentali sempre hanno dichiarato, e in modo assai altezzoso, che sapevano di essere i più forti. perché anche allora respinsero le misure atte a dare ai popoli distensione, tranquillità e pace? cerchiamo di tornare col pensiero all' epoca, oggi assai lontana, quando gli USA possedevano quello che nessuno negava che essi possedessero, il monopolio della costruzione e del possesso delle armi di sterminio atomico. allora né gli USA né il mondo occidentale avevano nulla da temere. perché non fecero allora le proposte necessarie per giungere a un disarmo reale, alla liquidazione degli armamenti atomici , prima di tutto, e, quindi, a una nuova situazione internazionale? ricordiamo benissimo che allora gli USA invadevano il mondo con le loro riviste, con le loro pubblicazioni, coi loro discorsi, con le dichiarazioni di tutti i loro uomini più o meno responsabili in cui minacciavano ad ogni passo l' altra parte, il mondo socialista, di distruzione totale. persino il quadro della totale distruzione della città di Mosca venne fatto circolare sulla copertina di una grande rivista americana. oggi il mondo occidentale dice di non poter fare una politica di distensione perché è il mondo socialista, che è più forte! ripeto: quando è che farete una politica di distensione? quando la volete? quando siete forti o quando siete deboli? credo che questo richiamo al passato sia uno degli elementi che meglio contribuiscono a provare che la politica occidentale, quale si è espressa per più di un decennio nelle iniziative del governo americano , e dei paesi del patto atlantico e nella loro condotta, sia stata essenzialmente una politica di provocazione e di aggressione ispirata dall' odio fanatico contro un regime che si pensa di poter cancellare dalla faccia della terra attraverso l' impiego di armi sterminatrici. oggi però, non si tratta soltanto più di superiorità nel possesso delle armi più moderne. alla vigilia della conferenza di Parigi il senso di inferiorità e di crisi che tendeva a prevalere nel mondo occidentale, derivava anche da fattori economici e da fattori politici. sul terreno economico si è stabilito oggi un nuovo tipo di concorrenza tra il mondo capitalistico e il mondo socialista. a questo nuovo tipo di concorrenza sembra che gli stessi più grandi paesi imperialistici non siano preparati; né si sentano in grado di affrontarlo con prospettive sicure di riuscire vittoriosi. non per nulla sono state recentemente pubblicate nell' America le cifre da cui risulta che gli aiuti dati a paesi cosiddetti sottosviluppati o scarsamente sviluppati dagli USA nel corso degli ultimi anni sono assai inferiori agli aiuti che sono stati dati dal primo Stato socialista nel mondo, dall' Unione Sovietica . credo del resto che le cifre date dagli uffici americani siano di gran lunga inadeguate alla realtà, perché assai probabilmente non tengono conto degli aiuti che sono stati dati dal primo Stato socialista del mondo, nell' interno del campo socialista, ad altri paesi, e dell' Europa e dell' Asia, che marciano sulla via del socialismo. la questione principale poi è che quegli aiuti sono dati senza condizioni politiche, mentre gli aiuti che sono dati dagli USA sono dati tutti e sempre alla condizione di creare uno stato di soggezione e di asservimento per i paesi che li ricevono. nel campo strettamente politico non c' è dubbio che il cosiddetto blocco occidentale ha dovuto registrare nel corso degli ultimi mesi pesanti fallimenti. un fallimento è stata un anno fa l' impresa aggressiva di Suez, da cui è uscito accresciuto il prestigio del popolo e del governo egiziano, cioè di un popolo e di un Governo che lottano per la loro indipendenza, che vogliono assicurare a se stessi il pieno godimento di tutte le ricchezze naturali della loro terra. ma dopo questo fallimento ve n' è stato un altro, anche più significativo, il fallimento della dottrina di Eisenhower. questa dottrina venne formulata allo scopo di sostituire nel medio e nel vicino Oriente una supremazia degli USA a quella che era stata la supremazia degli imperialismi inglese e francese. e questa dottrina non soltanto ha fatto fallimento, ma giustamente è stato osservato che ha operato come quell' arma che, una volta lanciata, cade addosso a colui che l' ha lanciata, ferisce colui che voleva ferire. la lotta per imporre la dottrina di Eisenhower ai paesi del medio e vicino Oriente ha contribuito al risveglio della coscienza nazionale di questi paesi; ha contribuito a rendere popoli, governi e partiti consapevoli del fatto che essi hanno oggi un nuovo nemico, contro il quale devono stringere le file, a cui devono opporre la loro solidarietà in difesa della propria indipendenza. questo nuovo nemico è l' imperialismo americano. il lancio della dottrina di Eisenhower ha creato probabilmente persino una premessa di quella che si suole chiamare, anche nei documenti del nostro Governo viene chiamata, la penetrazione del comunismo in Africa ed Asia, la espansione sovietica nei paesi già coloniali. quando si va a cercare che cosa vi è di reale alla base di questa espansione, si trova qualche trattato di commercio a condizioni normali, ed aiuti economici che vengono dati senza alcuna condizione politica. assieme a questo, però, vi è qualcosa di assai più importante: vi è la solidarietà di tutto il mondo socialista, con tutto il suo peso economico e politico, con il movimento di emancipazione che parte dai popoli dell' Africa e dell' Asia e che oggi è diventato una delle forze che decidono delle sorti del mondo. vi è la partecipazione dei rappresentanti dell' Unione Sovietica alla conferenza di Bandung e alla conferenza del Cairo, vi è il sostegno attivo dato alla lotta del popolo egiziano contro l' aggressione inglese e francese, vi è l' azione energica condotta dalla diplomazia sovietica per impedire che una nuova aggressione avesse luogo, con l' aiuto della Turchia, contro il popolo della Siria. vi è un processo che non si arresta. vi è, da un lato, un processo di liberazione, che abbraccia centinaia di milioni di uomini, da un asservimento che non possono più tollerare e non tollereranno più. vi è, dall' altra parte, una coincidenza degli obiettivi di questo movimento con i grandi obiettivi del socialismo, che vuole liberare tutti gli uomini dallo sfruttamento e da qualsiasi forma di servitù. è da questo complesso di fattori, onorevoli colleghi , che derivano alla vigilia della conferenza di Parigi, quel senso di inferiorità e quello stato di vera crisi che i dirigenti del cosiddetto blocco occidentale denunciavano. a questo avrebbero dovuto riparare le decisioni della conferenza di Parigi. ma come, in quale modo riparare? ora, io non desidero eludere i problemi che esistono e non si possono eludere. è in atto una competizione mondiale tra il capitalismo ed il socialismo, tra l' imperialismo ed i popoli che non vogliono più essere soggetti all' imperialismo. questa competizione si è aperta nel 1917, quando per la prima volta fu rotta la catena dell' imperialismo e la classe operaia prese il potere in un grande Stato. il mondo dell' imperialismo ha tentato in tutti i modi di superare la situazione, risolvendola a proprio favore. ha tentato con gli interventi militari, con le guerre, con il blocco economico, con i cordoni sanitari; ha scatenato inaudite campagne di menzogne, di provocazione, di fanatismo, di cieco odio contro popoli interi. non è riuscito nel suo scopo e non ci riuscirà. i regimi socialisti hanno progredito e progrediscono. vanno avanti; occupano oggi quelle posizioni che voi sapete sulla via del progresso. per noi, il problema di fondo che è posto da questa competizione è già risolto ed è risolto a nostro favore. ma sul terreno della politica internazionale i problemi non si possono porre in questi termini. guai se la politica internazionale dovesse essere collegata a questa competizione, in modo tale che il mondo ne risultasse spaccato in due parti, a seconda dei sistemi sociali e politici che esistono da una parte e dall' altra, e queste due parti non avessero altro da fare che armarsi e prepararsi allo scontro finale con armi di sterminio! guai se fosse così! sarebbe la fine della storia degli uomini e forse dello stesso genere umano. la competizione esiste. per noi è risolta, e la conferma della soluzione dovrà venire dallo sviluppo degli avvenimenti storici. ma nei rapporti internazionali il problema deve essere posto in modo diverso, in termini di convivenza, di concorrenza pacifica, di competizione nel campo economico e scientifico, e in termini di collaborazione dappertutto ove sia possibile, cioè di coesistenza e convivenza, di distensione dei rapporti internazionali e di pace. a Parigi il problema è stato affrontato in modo radicalmente opposto. non distensione, ma rilancio e intensificazione della guerra fredda . non competizione pacifica, ma corsa agli armamenti atomici e nucleari dall' una e dall' altra parte. non disarmo, e nemmeno ripresa di trattative ragionevoli per un divieto delle armi sterminatrici: non incontro per esperire la possibilità di accordi parziali, ma un passo avanti decisivo nella direzione opposta, e che dovrebbe essere compiuto con l' istallazione di nuove armi aggressive e di sterminio prodotte dall' imperialismo americano e da esso piazzate sul territorio europeo dei paesi che fanno parte del patto atlantico . questa assurda visione del modo come si debbano affrontare oggi i problemi dei rapporti internazionali risulta nel modo più evidente, prima di tutto, dal discorso tenuto dal presidente degli USA in apertura della conferenza di Parigi oltre che dal documento conclusivo. lascio da parte (me ne occuperò, caso mai, in seguito) le untuose fioriture ideologiche di cui sono infarciti i discorsi dei dirigenti la politica estera americana. tutta la analisi della situazione culmina in un' affermazione centrale: « noi possediamo oggi quello che si potrebbe chiamare il più potente edificio militare del mondo » . l' affermazione, così perentoria, e contraddetta in altra parte dello stesso discorso, ha uno scopo preciso, oltre a quello di ristabilire una fiducia molto scossa. dopo di essa, inevitabilmente, tutte le questioni della politica estera , dei rapporti tra i due blocchi e tra i singoli Stati, dei contatti, delle proposte e degli accordi eventuali non possono più essere viste altro che in termini di guerra fredda e di preparazione alla guerra calda. vane sono tutte le affermazioni sul sistema della libertà, che sarebbe caratteristico del blocco occidentale . si è di fronte a un blocco che afferma puramente e semplicemente di voler continuare ad essere null' altro che la più potente organizzazione militare del mondo e quindi dominare il mondo con le armi e col terrore delle armi. di qui la conseguenza ultima, registrata nelle decisioni finali della conferenza di Parigi. ivi, dopo aver parlato della sfida del blocco sovietico — cioè dell' avanzata del mondo socialista sulla via del progresso scientifico, del progresso economico e della influenza politica in tutto il mondo — non si riesce a concludere altro se non che il mondo occidentale deve organizzarsi per resistere a questa influenza. e come? sul piano militare! questo è il punto di partenza e il punto di arrivo ! tutto il resto è subordinato a questo. perciò tutto si conclude con la proposta della fornitura delle ogive nucleari da parte degli USA a tutti i paesi del blocco occidentale , cioè della installazione di armi di sterminio nei paesi aderenti al blocco atlantico. questa è stata la conferenza di Parigi. le decisioni che in essa sono state prese confermano quello che noi avevamo preveduto. da questa conferenza non poteva uscire, data la sua stessa impostazione, altro che una accentuazione della guerra fredda , il tentativo di giungere a un coordinamento dei differenti patti aggressivi esistenti in tutto il mondo, dall' Europa al Medio Oriente e all' Estremo Oriente , e cioè il tentativo di trasformare la stessa Alleanza Atlantica in un blocco disposto ad opporsi anche con le armi al movimento di indipendenza dei popoli africani ed asiatici. da questa conferenza non poteva uscire altro che una nuova minaccia all' indipendenza e alla tranquillità dei popoli del mondo intero. che cosa vuol dire accettare queste posizioni? vuol dire prima di tutto una corsa alla rovina economica! è difficile sapere esattamente quanto costi un' ogiva atomico nucleare. secondo notizie di fonte americana, costerebbe circa un milione di dollari, pari a seicentoventicinque milioni di lire . per quel che riguarda le basi di lancio di queste bombe, secondo una rivista italiana, una di queste basi verrebbe a costare cento milioni di dollari , pari a 62 miliardi e mezzo di lire. non lo so. faccia lei il conto. le faccio perciò osservare, egregio collega, che io, pongo il problema per tutti i paesi anche quelli che hanno come moneta il rublo. lo pongo nell' interesse di tutti i popoli, costretti a questa pura distruzione di ricchezza, costretti a tollerare pesi insopportabili, che alla lunga possono spingere verso crisi di miseria inenarrabile. ad un conto approssimativo, si può calcolare che una base di lancio per missili equivale, per il suo costo, a quattro navi mercantili di 10 mila tonnellate, a 780 appartamenti per una famiglia, a 2.110 edifici scolastici, a un milione 100 mila stipendi mensili di un maestro di scuola elementare . ebbene, per tutti i paesi, per tutto il mondo, noi rivendichiamo che queste somme vengano spese per le navi, per gli appartamenti, per gli edifici scolastici, per gli stipendi dei maestri di scuola e non per far salire la guerra fredda fra i diversi blocchi a un livello di tensione più alto ancora di quello a cui non sia giunto fino ad ora. si comprende come di fronte alle proposte che venivano dai dirigenti americani, profonde perplessità vi siano state nella maggior parte dei partecipanti alla riunione di Parigi, comprendo perfino il cancelliere della Repubblica Federale Tedesca e compresi la maggior parte dei rappresentanti degli altri Stati atlantici, fatta eccezione, però, dei nostri rappresentanti, i quali trovarono il modo di far capire o di dichiarare o di far dichiarare, a un certo momento, dal nostro ambasciatore negli USA. che l' Italia non aveva alcuna obiezione da fare, accettava cioè completamente e supinamente le proposte degli americani. sull' altare della fedeltà atlantica, l' onorevole Pella sacrificava il suo neoatlantismo (di cui già, del resto, si era pentito nell' ultimo dibattito di politica estera davanti a questa Assemblea parlamentare ) buttava alle ortiche il suo embrione di un piano per l' aiuto di popoli del Medio Oriente , si schierava senza riserve sulla posizione americana. è necessario chiedersi, a questo punto, che cosa può significare l' accettazione delle proposte americane per un paese come il nostro, per un qualsiasi altro paese europeo. superfluo precisare che in presenza di queste armi americane, le quali non sono armi di difesa, ma di aggressione, suscita automaticamente la possibilità di una rappresaglia, cioè è legata automaticamente alla possibilità che il luogo, il territorio, la città, il porto dove si trovino o accanto ai quali si trovino questi strumenti di morte vengano a loro volta fatti oggetto dell' impiego di analoghi strumenti di sterminio e cancellati quindi dalla carta dei luoghi abitabili. perché i paesi dell' Europa dovrebbero accettare questo? perché dovrebbe accettarlo il nostro paese? siamo noi sottoposti a una minaccia tale che ci imponga di correre questo rischio? e dove va a finire la indipendenza del nostro paese se concediamo l' uso sul nostro territorio di queste armi, che sono armi statunitensi anche se portano il marchio della NATO? i dirigenti degli USA hanno dichiarato ufficialmente che l' impiego dei missili, dove che siano le basi del loro lancio, non dipenderà dai paesi dove le basi stesse saranno installate, né dal loro governo, né dalle rispettive autorità militari (e tanto meno dunque, dipenderà dal parlamento di quelle nazioni), ma soltanto dalle autorità americane, cioè dal comando americano della NATO. di fronte alle riserve avanzate da alcune parti contro questa condizione, il segretario di Stato americano ha precisato che non sarà possibile interrogare continuamente i capi responsabili su quello che si dovrebbe fare nell' uno o nell' altro caso in cui si ponesse la questione dell' impiego dei missili. la decisione verrà presa unicamente dai capi militari degli USA. ora, onorevoli colleghi , è noto come gli USA agiscono in questo campo. già presentemente essi tengono in volo continuamente, giorno e notte, sul continente europeo pattuglie cariche di bombe all' idrogeno pronte ad essere gettate su obiettivi già determinati nell' Oriente. nei « casi di urgenza » , l' ordine dell' impiego di questi strumenti di sterminio — ha dichiarato il segretario di Stato americano — potrà essere dato dai comandanti americani locali, senza nemmeno ricorrere al presidente Eisenhower. ma che cosa si intende poi per « caso di urgenza » ? altre dichiarazioni del segretario di Stato americano precisano che il caso di urgenza si verificherà « anche se soltanto una uniforme o una bandiera americana dovesse essere attaccata » . in altre parole, noi italiani dobbiamo cedere il nostro territorio per l' installazione di armi americane di sterminio, che possono entrare in funzione anche a seguito dell' ordine di un semplice comandante americano o per difendere l' onore di una bandiera americana, che è cosa rispettabilissima, ma di cui a noi non importa proprio niente. ed è noto come i comandanti perdono a volte la testa. nel corso dell' ultima guerra, una città olandese è stata completamente rasa al suolo per la inesatta interpretazione di un telegramma cifrato da parte di un comandante dell' arma aerea tedesca. noi dovremmo dunque esporre parte del nostro territorio alla distruzione totale, alla trasformazione in un inferno o in un deserto, senza che possa intervenire da parte nostra alcuna manifestazione di volontà dettata dalla nostra condizione di Stato sovrano ed indipendente. la cosa appare poi anche più grave quando si seguano le correnti di opinione pubblica americane e si osservi come, sugli organi di stampa più qualificati, dirigenti responsabili della politica estera e militare americana diffondano e accarezzino l' idea della guerra preventiva ; sostengano la necessità di attaccare per primi e di effettuare un attacco, rapido e mortale, per la distruzione totale del nemico. e noi poi sappiamo che questa sarebbe anche, inevitabilmente, la distruzione nostra. francamente, di fronte a queste manifestazioni di pazzia, e a tutta l' impostazione della politica americana, la nostra risposta alla pretesa di porre il nostro territorio a disposizione dei comandi militari americani non può essere che negativa. non si può accettare di fare del nostro paese la vittima di una politica aggressiva che noi non possiamo che condannare, alla quale non possiamo avere alcuna sorta di interesse. è altresì comprensibile come, di fronte alle pretese americane, in tutta l' Europa occidentale sempre più forte si faccia l' inquietudine delle popolazioni e si manifestino da tutte le parti resistenze, ostacoli, proteste. dalla conferenza di Parigi, quindi, è uscito un indirizzo di politica internazionale che noi riteniamo debba essere respinto, in quanto contiene in sé e porta nel suo sviluppo a un continuo aggravamento della situazione internazionale. è necessario, invece, che vengano riprese le trattative e i contatti per trovare un punto di convergenza verso il disarmo, verso un regime di pacifica coesistenza, di distensione e di pace. si obietta, a questo punto, che le trattative per il disarmo sono durate degli anni e sono fallite. ma perché sono fallite? sono fallite, prima di tutto, perché la caratteristica di queste trattative è sempre stata questa: che tutte le volte che da parte della Unione Sovietica veniva avanzata una proposta la quale, più o meno coincidendo con le precedenti proposte fatte dagli Stati occidentali, offriva la possibilità di un accordo, sempre gli Stati occidentali o hanno ritirato la proposta loro, o l' hanno modificata, o vi hanno aggiunto condizioni politiche di altra natura, tali che rendevano impossibile l' accordo. se noi esaminiamo le proposte conclusive presentate dagli occidentali come un ultimatum, a cui seguì la fine delle trattative, parecchie cose colpiscono. la più grave di tutte è il netto rifiuto di qualsiasi posizione di principio sul problema dell' impiego delle armi atomiche e nucleari. ma noi sappiamo che queste armi cambiano il carattere stesso della guerra, fanno sì che non si possa più parlare di guerra ma soltanto di sterminio di un popolo da parte di un altro popolo. un divieto di principio dell' uso di queste armi la parte occidentale lo ha sempre respinto. si dice, nel documento conclusivo delle potenze occidentali, che il divieto può essere accettato solo se si accettano i casi di difesa individuale o collettivo di uno Stato. ma tutti sanno che cosa vuol dire il termine « difesa » in questi casi non vi è nessuna guerra di aggressione la quale non sia stata presentata come una guerra di difesa da coloro che la iniziavano. il divieto assoluto dell' impiego delle armi atomiche e nucleari dovrebbe invece essere il punto di partenza , se si vuole davvero creare una fiducia reciproca e quindi la possibilità di andare avanti nella soluzione dei rimanenti problemi. grave, particolarmente grave, è che, per anni interi, da parte delle potenze occidentali si sia respinta qualsiasi proposta di accedere collettivamente a questo divieto; grave, soprattutto, per uomini politici come quelli che oggi governano l' Italia, uomini di parte cattolica, per i quali dovrebbe essere evidente, io credo, poiché tale è la loro dottrina, che una guerra la quale non è più guerra ma soltanto sterminio di popoli deve essere, in qualsiasi caso, considerata un delitto. in secondo luogo, il documento conclusivo occidentale delle trattative per il disarmo fissava per le forze armate delle grandi potenze un livello sostanzialmente equivalente alle forze attuali. le potenze occidentali, cioè, non proponevano, dopo anni di dibattito sul disarmo, una riduzione degli armamenti! rifiutavano persino una riduzione dei bilanci militari, affermando di poterla accettare solo a condizione che venissero risolte determinate questioni politiche e il famoso problema dei controlli. i controlli sono il cavallo di battaglia della campagna di incitamento dell' opinione pubblica contro i paesi socialisti, e contro di noi. in realtà, chi faccia un esame attento di tutte le proposte che dal 1945 in poi sono state presentate dall' una e dall' altra parte a proposito del divieto delle armi atomiche , della riduzione degli effettivi militari, degli armamenti e dei bilanci militari, trova che non vi è proposta avanzata dall' Unione Sovietica nella quale non si parli di controlli e non si proponga un efficace sistema di controllo. si parte dalla risoluzione votata all' unanimità dall' Assemblea delle Nazioni Unite nel 1945, dal piano dettagliatissimo di controllo della produzione atomica presentato dall' Urss. nel 1947, e si giunge sino alle ultime più recenti proposte. ma da parte occidentale a qualche cosa di diverso si fa riferimento quando si parla di controllo. si intende, cioè, un controllo che dovrebbe precedere gli accordi sul disarmo, precedere qualsiasi accordo sul divieto delle armi atomiche e nucleari, precedere gli accordi sulla sospensione degli esperimenti atomici, e così via . ora, è evidente che un controllo instaurato prima di un accordo non soltanto non ha alcun obiettivo, ma non è altro che una forma di spionaggio. uno Stato serio, di fronte a una proposta simile, non può far altro che prendere una posizione negativa. e veniamo pure alla « reciprocità » . l' onorevole Pacciardi forse non ha osservato le carte annesse alle differenti proposte occidentali. da esse risulta che gli USA hanno sì proposto una specie di controllo aereo sul loro territorio, ma hanno con grande cura escluso da qualsiasi controllo del genere tutti i paesi nei quali si trovano le vere basi di attacco contro l' Unione Sovietica , nel Medio Oriente , nel vicino Oriente, in Asia, in Africa e così via . ma io volevo giungere a un punto di analisi più profonda. credo si debba riconoscere che alla instaurazione di un controllo reciproco di qualsiasi natura non si può giungere e non si giungerà mai fino che non sia raggiunto un certo grado di fiducia reciproca. è questo il vero problema che oggi deve essere risolto. ma un certo grado di fiducia reciproca non lo si conquista affrontando immediatamente i più gravi problemi politici che dividono il mondo occidentale dal mondo socialista. la fiducia reciproca non la si può raggiungere se non affrontando le questioni in modo parziale, isolandone alcune dalle altre e giungendo ad accordi limitati, per la soluzione dell' uno o dell' altro dei problemi più acuti che oggi dividono il mondo occidentale dal mondo socialista. per questo sono da apprezzare, ritengo, le proposte fatte dai governanti dell' Unione Sovietica negli ultimi tempi e che via via, attraverso una serie di lettere rivolte ai capi dei grandi Stati europei , altre manifestazioni, discorsi e contatti, giungono a isolare alcuni problemi, quali possono essere la sospensione degli esperimenti atomici da una data determinata; l' impegno a non fare uso di armi nucleari ; la conclusione di un trattato di non aggressione fra il blocco atlantico e il blocco di Varsavia; la creazione di una zona di disarmo atomico al centro dell' Europa e che comprenda le due Germanie , la Polonia e la Cecoslovacchia; il non intervento nel Medio Oriente ; la fine della propaganda di guerra; lo sviluppo dei traffici commerciali e dei rapporti culturali. a queste proposte se ne sono aggiunte, per quanto riguarda il nostro paese, altre di natura particolare esposte nella lettera del Primo Ministro Bulganin al presidente del Consiglio dei ministri Zoli e precisate anche in un contatto che ha avuto luogo tra parlamentari ed uomini politici italiani e il ministro degli Esteri dell' Unione Sovietica alcune settimane or sono. fino ad oggi, però, la posizione del blocco occidentale , anche di fronte a questo nuovo metodo di affrontare i problemi, il cui merito va ai dirigenti dell' Unione Sovietica , è negativa. vediamo, ad esempio, il testo della lettera inviata dal presidente Eisenhower in risposta alla lettera del Primo Ministro sovietico Bulganin. fa dispiacere dover rivolgere a un documento redatto da un uomo politico di tale peso una critica di ordine morale. certo è però che si nota in questo documento la continua presenza di una mal celata ipocrisia, mascherata da una fraseologia propagandistica di lega non molto alta e che non riesce a nascondere i termini reali delle questioni. come è possibile, per esempio, che il presidente degli USA proponga come primo punto del suo documento il rafforzamento delle Nazioni Unite , quando gli USA sono responsabili. della continua, permanente violazione dello statuto delle Nazioni Unite , che si attua con l' esclusione della Cina popolare dalla organizzazione stessa? ci troviamo qui di fronte a un flagrante caso di violazione della Carta delle Nazioni Unite , di cui sono responsabili gli USA organizzatori della maggioranza che vota contro l' ammissione della Cina popolare al consesso degli Stati del mondo intero. come è possibile che coloro che sono i responsabili di questa flagrante violazione dello statuto dell' Onu parlino di rafforzamento delle Nazioni Unite ? è evidente che qui ci troviamo di fronte a pura ipocrisia. se passiamo alla parte più strettamente politica, vengono qui presentate come condizioni per iniziare un contatto e cercare di giungere a un accordo questioni tal; che possono essere sollevate solo a scopo di provocazione e di rottura. lascio da parte il problema della Germania, di cui mi occuperò in seguito. ma qui si propone né più né meno che di rivedere la struttura politica, e quindi anche la struttura economica, dell' Europa orientale , di modificare lo status quo dell' Europa, cioè di cambiare la situazione del mondo. è assurdo e persino ridicolo porre un problema simile. oggi nell' Europa orientale esistono degli Stati che hanno un ordinamento economico e politico differente da quello degli USA, della Francia, dell' Inghilterra, dell' Italia, un ordinamento politico socialista, e vanno avanti per la loro strada. è assurdo pretendere che per iniziare una trattativa che tenda a eliminare la guerra fredda , o per lo meno a raggiungere qualche risultato in questa direzione, gli USA pretendano di cancellare dieci anni di storia, ritornare alla situazione del 1945, quando nella Cina governava ancora il tiranno di Formosa, quando ancora i paesi dell' Europa orientale non avevano fatto quei progressi che ora hanno compiuto, sotto la direzione della classe operaia , con dei regimi socialisti. sollevare simili questioni come condizioni di una trattativa con chi proponeva, invece, di limitare il dibattito ad alcuni punti, per trovare un accordo tale che ristabilisse la fiducia, e quindi consentisse di andare meglio avanti nell' affrontare questioni più generali, vuol dire soltanto, sotto il manto di una ipocrisia pseudodemocratica, proporsi di far fallire qualsiasi sorta di avvicinamento e di incontro. sulla falsariga della lettera del presidente degli USA, abbiamo avuto, poi, la lettera del presidente del Consiglio italiano, che ho già qualificato come una parafrasi, in sostanza, di quella del primo, ma nella quale però non sono stati evitati alcuni errori che, direi, sono quasi errori di grammatica, cioè spropositi che fanno ridere. parlare, per esempio, nei riguardi del vicino e Medio Oriente , di un attivo intervento della Unione Sovietica , a un anno di distanza dall' aggressione della Francia e dell' Inghilterra contro l' Egitto per impossessarsi del canale di Suez, mi pare che sia veramente una sciocchezza così madornale che solo può essere qualificata come errore di grammatica. non vi siete accorti di dire una enormità? ma tutta la lettera, nonostante le frasi untuose, che vorrebbero dare la impressione di una volontà di pace, non è che un tentativo di sollevare problemi tali che rendano impossibile un avvicinamento e una discussione. il segretario della Democrazia Cristiana a questi argomenti ne aveva aggiunto, per conto suo, uno, particolarmente bislacco, che nella lettera del presidente Zoli è soltanto accennato di lontano, e secondo il quale impossibili sarebbero i contatti allo scopo di migliorare le relazioni fra il nostro paese e l' Unione Sovietica perché troppo forte è in Italia il partito comunista . non so se il segretario della Democrazia Cristiana volesse dire, con questo, che sarebbe necessario, a fine preparatorio, l' intervento dei dirigenti dell' Unione Sovietica nella situazione italiana e nei confronti del nostro partito per cercare di ridurne la forza. mi sembra che nel passato egli avesse svolto, a proposito della necessità di una politica di distensione e di pace, considerazioni un po' meno ridicole. il fatto che oggi si sia valso di una simile argomentazione fa meraviglia. forse ciò si spiega con l' avvicinarsi del periodo elettorale, in cui gli argomenti che partono dalle sacrestie acquistano un peso che di solito non possono avere nelle discussioni fra persone intelligenti; oppure col fatto che egli abbia paura di ricevere a sua volta, come testé ha ricevuto un ministro, un rabbuffo da parte del Sant' Uffizio . ad ogni modo, a questo argomento dell' onorevole Fanfani non abbiamo da rispondere altro se non che noi siamo forti, oltre che per le ragioni che non sto qui a ripetere, anche perché ci opponiamo alla politica estera che viene fatta dal governo italiano , perché ci siamo opposti e abbiamo combattuto energicamente questa politica estera a partire dal 1948, perché abbiamo lottato contro l' adesione al patto atlantico e contro l' asservimento del nostro paese all' imperialismo americano. anche per questo noi siamo diventati e siamo forti, e tanto più forti diventeremo quanto più continueremo con energia e con fiducia in questa lotta. fino a che voi continuate a condurre una politica estera subordinata e di asservimento all' imperialismo straniero come avete fatto fino ad ora, voi aggiungete soltanto altre corde al nostro arco. la presenza in Italia di una forza nazionale e di classe così grande come è il nostro partito, e che ha i legami internazionali che non può non avere come partito del proletariato, dovrebbe e potrebbe invece persino essere un elemento di rafforzamento della posizione dell' Italia nei rapporti con le altre potenze, qualora noi avessimo alla testa del nostro Governo uomini che fossero in grado di fare una politica estera abile ed intelligente. nella lettera del presidente Zoli a questo argomento del segretario della Democrazia Cristiana viene però soltanto alluso. è invece sollevata e posta al centro la questione tedesca. ma qui mi sia permesso di dire che ci troviamo di fronte a un puro travisamento della verità. sento odore di ipocrisia, e assai forte, quando mi si parla di « libere elezioni » nella Germania, mentre nella Repubblica federale è proibito il partito comunista da alcuni anni, ed è proibita qualsiasi propaganda di quel partito che ha il potere nella Germania orientale . come avete il coraggio di avanzare una proposta di « libere elezioni » quando non ponete come punto di partenza che bisogna dare la libertà a tutti i partiti? ma voi travisate la verità anche perché nascondete i fatti così come sono accaduti. la proposta più avanzata e precisa per giungere all' unificazione della Germania fu presentata dall' Unione Sovietica il 10 marzo 1952 con una nota dell' allora ministro degli Esteri di quella nazione...... ove si proponeva un trattato che avrebbe dovuto essere sottoscritto da tutte le grandi potenze. questo trattato, al punto primo, diceva esattamente così: « la Germania è restaurata in un solo Stato, cioè si pone fine alla spartizione della Germania e la Germania unita riceve la possibilità di svilupparsi come Stato autonomo indipendente e pacifico » . al punto due si sanciva il ritiro di tutte le forze armate e di tutte le basi militari straniere dalla Germania. al punto tre si garantivano tutti i diritti democratici. al punto quattro la libertà di tutti i partiti politici . al punto quinto si stabiliva il divieto delle organizzazioni di tipo fascista. ai punto sei l' impegno per la Germania unificata di non entrare in nessuna coalizione militare. queste proposte sono state fatte, e chi le ha respinte è stata la Germania occidentale attraverso il cancelliere Adenauer, sono state le potenze occidentali, perché esse volevano non l' unità della Germania, ma il riarmo della Germania di Bonn, così come oggi, che la Germania di Bonn è riarmata, vogliono che essa sia provveduta di armi atomiche e nucleari di sterminio. questa è la verità che sarà bene restaurare. ma a proposito della questione tedesca è bene precisare ancora di più. l' unificazione della Germania non è possibile sino a che si parte da una politica di posizioni di forza, perché non vi è nessuno Stato serio il quale possa cedere urla posizione qualsiasi quando sa che si gioca da posizioni di forza. si abbandoni la politica da posizioni di forza e la via per risolvere la questione tedesca potrà essere trovata, con l' aiuto dei due governi della Germania. si abbandoni la guerra fredda , si allontanino tutti gli strumenti di sterminio atomico dalla Germania, come primo passo , si allontanino tutte le truppe straniere dal territorio tedesco: allora sarà aperta la via alla unificazione della Germania. porre il problema dell' unificazione della Germania come si fa nella lettera del presidente Zoli, sulla falsariga del messaggio del presidente degli USA, come condizione preliminare per l' inizio di qualsiasi conversazione o trattativa per il superamento della situazione attuale è, oltre a tutto, anche un assurdo politico. di ciò, del resto, credo si rendono conto oggi in Germania esponenti di tutte le tendenze politiche; non soltanto i socialdemocratici, il cui capo ha dichiarato recentemente, nella seduta del 23 gennaio, al Bundestag, che la corsa al riarmo non potrà mai condurre alla riunificazione della Germania, ma anche lo stesso presidente del gruppo parlamentare liberale, il quale ha ribadito lo stesso concetto, affermando che per risolvere il problema dell' unità della Germania è necessario un sistema di sicurezza collettiva europea, che se si vuole il ritiro delle truppe sovietiche dalla Germania orientale si deve anche volere il ritiro delle truppe occidentali dalla Germania dell' ovest. se ci si vuole avvicinare alla unificazione della Germania il piano Rapacky, che la Polonia e la stessa Unione Sovietica presentano come obiettivo di un primo e limitato accordo, è il punto da cui oggi si deve partire. ma del piano Rapacky, cioè di una proposta concreta che è stata avanzata per tentare di superare l' attuale punto morto, la nostra diplomazia tace. la lettera del nostro presidente del Consiglio non ne fa cenno. ufficiosamente e sui giornali, si fa sapere che l' Italia è contraria. ma allora, perché parlate dell' unità della Germania? nessun cenno nella lettera del presidente Zoli, nessuna risposta alla proposta concreta di conclusione di un patto di non aggressione , nonostante che quando il presidente del Consiglio italiano scrisse questa lettera, il 18 gennaio, già vi fosse stata la presa di posizione del Primo Ministro inglese Macmillan, del 4 gennaio, in cui si affermava la necessità e la opportunità di un patto solenne di non aggressione tra i due blocchi che oggi dividono l' Europa, come primo passo per giungere al superamento della situazione attuale. perché l' Italia non potrebbe muoversi per questa strada? si dice che basta la Carta dell' Onu. ma questa Carta non ha impedito l' aggressione all' Egitto! nulla dunque di concreto nella lettera del presidente del Consiglio italiano, nulla se non un richiamo, e nella solita forma provocatoria, a questioni che non possono servire ad altro, quando vengono sollevate in questo modo, che ad approfondire il distacco che oggi separa i due blocchi e che invece deve essere superato. quale il risultato di questa politica? il risultato è che oggi, nel momento in cui da tutte le parti vengono suggerite iniziative che tendono a superare le difficoltà della situazione attuale, l' Italia è assente. il risultato è, inoltre, che noi veniamo seriamente compromessi di fronte a tutto il mondo: compromessi di fronte ai popoli afro-asiatici, ai paesi del medio e vicino Oriente che vedono in noi gli assertori, e non si comprende nemmeno il perché, della dottrina di Eisenhower; compromessi persino di fronte a quel movimento di indipendenza che già si fa strada anche nei paesi dell' America Latina . il presidente della nostra Repubblica, in un discorso pronunciato a Teheran, aveva timidamente accennato ad alcuni elementi di una politica nuova verso i popoli del medio e vicino Oriente. questi elementi sono stati totalmente cancellati dalle successive dichiarazioni fatte ad Ankara e dal comunicato dell' incontro coi dirigenti dello Stato turco. e tutti sanno, nei medio e vicino Oriente, che l' Italia ha dato un effettivo appoggio all' aggressione del popolo egiziano da parte dell' imperialismo inglese e francese; tutti sanno che gli aeroporti italiani sono stati utilizzati dalle forze aeree di guerra mandate dalla Francia e dall' Inghilterra per aggredire le città e il popolo egiziano . sono cose che tutti sanno e che sono state persino documentate fotograficamente sulla grande stampa. per quel che ci riguarda, una questione emerge sopra tutte le altre ed è quella della possibilità o meno che sul territorio italiano vengano installate basi di lancio di missili atomici e nucleari americani, cioè di armi aggressive contro i paesi socialisti. noi riteniamo che siffatta proposta debba essere respinta, per motivi che hanno tratto alla dignità e alla indipendenza del nostro paese, e per motivi che riguardano la sicurezza del nostro territorio, la salvezza e l' esistenza stessa delle nostre popolazioni. riteniamo quindi che da parte del governo italiano non soltanto debba essere presa una iniziativa per inserirsi attivamente nella ricerca dei primi passi che avviino un processo di distensione dei rapporti tra i due blocchi , ma che il nostro Governo debba interessarsi alla proposta, che già e stata affacciata, di fare anche dell' Italia una zona da cui siano assenti tutti gli armamenti atomici e nucleari. ciò è stato proposto per il centro dell' Europa, ed è cosa ragionevole. ma ciò che è ragionevole per la Germania, perché non dovrebbe esserlo per noi? comprendiamo l' obiezione: i razzi di portata di centinaia e migliaia di chilometri continueranno ad esistere ai limiti di queste zone neutralizzate. lo sappiamo. però intanto sarà fatto un passo che tenderà a creare una certa fiducia, che tenderà a porre in termini nuovi il problema della riunificazione tedesca, che avvicinerà le due parti e renderà quindi possibile uno sviluppo positivo ulteriore. inutile la discussione se sia da neutralizzarsi il bersaglio o il punto di partenza . noi siamo per la neutralizzazione atomica e nucleare tanto del bersaglio quanto del punto di partenza . il punto di partenza e il bersaglio estremi sono l' Unione Sovietica e gli USA. ebbene, sollecitiamo un contatto fra queste due grandi potenze, che tenda alla eliminazione almeno di una parte di quel rischio di sterminio che grava su tutto il mondo in conseguenza della tensione dei rapporti tra di esse. ma l' Italia è inserita nell' Europa in un punto particolare, ed è circondata da altri paesi: tra cui, ad Oriente, paesi del campo socialista e la Jugoslavia perché non dovrebbe essere possibile, sull' esempio di ciò che viene proposto per le due Germanie , per la Polonia e per la Cecoslovacchia, e separatamente da questa iniziativa che dovrà seguire il suo corso, che il nostro Governo cerchi qualcosa di analogo nei riguardi dell' Italia, soprattutto nella direzione dell' Oriente? a questa proposta da noi avanzata è stato risposto, sul quotidiano della Democrazia Cristiana , opponendo a ciò che noi proponiamo, cioè la neutralizzazione atomica dei paesi che si affacciano sull' Adriatico, una parola d'ordine limitata: « via i missili sovietici dall' Albania! » questa parola d'ordine viene lanciata dal quotidiano democristiano non so se per irrisione o a scopo di smascheramento. ma io posso dichiarare ai colleghi della Democrazia Cristiana che noi accettiamo questa parola d'ordine e siamo disposti a scriverla sui nostri manifesti elettorali, integrandola come deve essere integrata: a via i missili sovietici dall' Albania e via i missili americani dall' Italia! perché i nostri due partiti non si mettono d' accordo per condurre su questo tema una campagna comune? un passo in avanti che venga fatto in questa direzione sarà favorevole tanto al popolo albanese quanto al popolo italiano . a noi spetta difendere gli interessi e la vita del popolo italiano , ma siamo sicuri di trovare comprensione e rispondenza nel popolo albanese e negli uomini che governano l' Albania. infine, noi facciamo carico ai nostri governanti di non aver espresso alcuna opinione circa la possibilità di un incontro di capi di Stato e di Governo al più alto livello per affrontare le questioni che oggi sono state presentate dalle parti più diverse e che devono essere autorevolmente discusse e risolte. anche qui la linea del nostro Governo coincide esattamente con quella del dipartimento di Stato americano , cioè tende ad allontanare in modo indefinito qualsiasi possibilità di un simile incontro. noi riteniamo che il nostro Governo, seguendo del resto le orme di altri governi, tra l' altro persino del Primo Ministro inglese, debba dichiarare il proprio interesse a che abbia luogo un simile incontro e debba dichiararlo proprio adesso, perché in questo momento noi sentiamo che vi è la possibilità che l' incontro abbia luogo e che attraverso di esso si giunga alla soluzione di alcuni dei problemi che oggi si dibattono. tutte queste questioni interessano profondamente il nostro popolo. tutto il popolo e soprattutto la popolazione lavoratrice. gli uomini semplici, i poveri, quelli che, quando si tende la situazione internazionale non hanno il modo di prendere un aereo e di andare nei paesi dell' America meridionale o in altri luoghi dove si speri che non abbiano a cadere strumenti di sterminio. il popolo italiano spera e attende che si instauri una politica di pace. il popolo italiano vuole scuotere da sé l' incubo dello sterminio atomico. vogliamo essere sicuri che il nostro paese non debba essere condannato alla distruzione perché un qualsiasi generale Johnson abbia dato il segnale dello sterminio dell' Europa. vogliamo vivere al di fuori di questo incubo, lavorare e produrre in pace. e il problema che ci sta davanti è di tale capitale importanza che noi pensiamo debba essere consultato il popolo stesso. avremo presto una campagna elettorale e non v' è dubbio che già nel corso di essa su queste questioni sarà consultato il popolo. ma anche al di fuori di questo la nostra opinione è che prima di trasformare il nostro paese nella linea avanzata di una guerra di sterminio suscitata e provocata dall' imperialismo americano contro i paesi socialisti, il popolo stesso debba esprimere il proprio giudizio. non vi possono essere difficoltà formali e giuridiche che impediscano, o prima o dopo le elezioni, quando il problema dovesse essere deciso concretamente, di far sentire la volontà popolare , o di riuscire, per lo meno, a rendere consapevole tutto il paese di quello di cui si tratta. negli ultimi tempi la situazione internazionale è peggiorata, nonostante le parole che vengono pronunziate dall' una o dall' altra parte e nonostante le proposte che finora da una parte sola sono state avanzate. dobbiamo rendercene conto. dovete rendervene conto prima di tutti voi governanti; dovete sentire la responsabilità che grava sopra di voi. noi vi richiamiamo a questa responsabilità. si tratta dell' avvenire del popolo italiano , d' un avvenire che voi state compromettendo nel modo più grave e più pericoloso che mai si potesse immaginare. non avete una politica estera autonoma, siete ossequienti agli ordini di un imperialismo straniero il quale considera il nostro paese come un territorio di cui possa servirsi per le proprie imprese aggressive. rendetevi conto delle vostre responsabilità! noi vi chiameremo a renderne conto davanti al popolo, mobiliteremo tutte le nostre forze nella richiesta di una politica di distensione, di un' iniziativa di pace, di una decisione che respinga dal nostro territorio gli strumenti di sterminio che vi si vorrebbero installare, e lasci aperte all' Italia le vie di uno sviluppo pacifico nel lavoro e in quella che potrà essere la nostra prosperità.