Pietro NENNI - Deputato Appoggio
II Legislatura - Assemblea n. 6 - seduta del 22-07-1953
Sullo stato di previsione della spesa del Ministero degli affari esteri per l'esercizio flnanziario 1953-54
1953 - Governo I Segni - Legislatura n. 2 - Seduta n. 385
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , non è probabilmente senza significato il caso che mi fa iniziare il dibattito sulle dichiarazioni del Governo dopo essere stato, nella seduta fiume del 18 gennaio scorso, l' ultimo oratore della opposizione nell' appassionato dibattito sulla legge elettorale . vi è, fra la discussione di allora e quella di oggi, un nesso indissolubile. si pretese allora che l' ostruzionismo, al quale ci trovammo costretti a ricorrere dalla natura stessa della legge che stava di fronte al Parlamento, fosse un attentato alla democrazia e al Parlamento. noi ne assumemmo molto tranquillamente la responsabilità davanti al corpo elettorale , ed esso ci ha dato ragione; e ci ha dato ragione proprio per i motivi che determinarono la nostra opposizione, e cioè: meno la legge in sé che la politica che quella legge presupponeva. così le mie prime parole vogliono essere di ringraziamento al corpo elettorale per la maturità democratica di cui ha dato prova. le elezioni si erano presentate per noi in condizioni alquanto difficili. le nostre intenzioni erano state deformate, i diversi episodi dell' ostruzionismo travisati, si era finito col dare maggiore importanza a taluni episodi di esasperazione o di intemperanza piuttosto che alla violenza morale e politica insita nel modo con cui la legge era stata imposta; mezzi eccezionali di pressione sull' opinione pubblica , da quelli materiali del denaro a quelli spirituali della religione, furono impiegati contro di noi: e abbiamo avuto, malgrado tutto, la sodisfazione di constatare che la maggioranza del corpo elettorale si era resa conto dei motivi di fondo che avevano determinato la nostra opposizione e le forme da essa assunte. esattamente come alla fine del secolo scorso, il corpo elettorale ha una volta ancora sanzionato col proprio voto il metodo di lotta dell' ostruzionismo, che per sua natura non è normale ma può essere imposto e giustificato dalla eccezionalità dei valori messi in discussione da una determinata legge. onorevoli colleghi , io credo che nessuna seria valutazione della situazione postelettorale sia possibile se si prescinde da codesto fondamentale dato di fatto . il suo significato è chiaro: il corpo elettorale noti si è limitato a respingere una legge elettorale , ma ha respinto una politica: la politica che con la corresponsabilità del centro detto laico andava sostituendo a un governo un regime. il fatto che più che dalla Democrazia Cristiana il conto della sconfitta del centro democratico sia stato pagato dai partiti laici, risponde ad una grossolana giustizia, e trova spiegazione nel carattere particolare dell' elettorato portato alle urne dall' Azione Cattolica in base ad una valutazione che sovente è più fideistica che politica. per cui, se non si può contestare alla Democrazia Cristiana il diritto di contare i voti senza soffermarsi a pesarli, si deve tuttavia tener conto che una notevole percentuale dei suffragi recati alle urne dall' Azione Cattolica , esprimono fede nella Chiesa e nei suoi difensori piuttosto che adesione politica al partito della Democrazia Cristiana e al suo Governo. in tali condizioni, era pressoché inevitabile che fossero i partiti laici dello schieramento centrista a sopportare il peso della sconfitta. il loro elettorato è fra i più politicizzati, ed è quindi ad esso che noi ci rivolgemmo con particolare insistenza e, se dobbiamo giudicare dai risultati, con particolare successo, chiamandolo giudice dell' equivoco di un sedicente centrismo che via via si era parlato su posizioni autentiche di destra ed era venuto meno alla propria funzione, la quale credo potesse individuarsi nella necessità, per i liberali, di difendere i valori laici della tradizione del Risorgimento; per i repubblicani, di mantenere il contatto tra lo Stato repubblicano e le masse che avevano contribuito all' avvento della Repubblica, e per i socialdemocratici nella necessità di dare un contenuto alla democrazia politica per le classiche vie della realizzazione della democrazia economica e della difesa costante degli interessi di classe di tutti i lavoratori. in altri termini, onorevoli colleghi , credo che si possa dire che con la condanna del centro laico il corpo elettorale ha mostrato di condividere il nostro giudizio su una collaborazione, o una pseudo-opposizione costituzionale le quali, nel quinquennio trascorso, mancarono all' assunto di condizionare la Democrazia Cristiana sul terreno laico, sul terreno della democrazia politica e sul terreno della democrazia economica. se un tale condizionamento vi fosse stato, assai probabilmente il corso della precedente legislatura sarebbe risultato del tutto diverso. credo si possa dire che la responsabilità dei gruppi ai quali mi riferisco fu di soffocare nella stessa Democrazia Cristiana , e in ogni caso nel paese, le forze di progresso, che sono notevoli e alle quali il conformismo socialdemocratico, repubblicano o liberale tolse l' occasione di manifestarsi. noi abbiamo concorso non poco a restituire il Parlamento alla sua dialettica, e non certo per riprendere a nostro conto l' esperienza centrista della passata legislatura. ci siamo perciò proposto e ci proponiamo di porre davanti al Parlamento la necessità della scelta fra politiche diverse; ed in codesta possibilità restituita dal voto del 7 giugno al Parlamento ravvisiamo l' elemento nuovo della legislatura da pochi giorni inaugurata. ciò che intendiamo fare è stimolare il raggruppamento, l' iniziativa, l' azione delle forze di progresso di tutti i gruppi della Camera, garantendo alla nuova maggioranza non soltanto il concorso dei nostri voti — che la metterebbe al sicuro nel Parlamento da ogni minaccia di destra — ma anche e soprattutto rafforzandola nel paese, contribuendo a indirizzare verso di essa la fiducia della classe operaia organizzata e delle masse popolari . in tal senso, onorevoli colleghi , noi crediamo che esista in questo Parlamento una possibilità di alternativa socialista che noi non lasceremo invalidare con intransigenze negative, le quali concorrerebbero non meno del nullismo centrista ad immobilizzare la situazione su una posizione di equilibrio delle forze, esposta, in ogni momento, al rischio di essere rovesciata. insomma, pare a noi che la nuova legislatura si trovi dinanzi alla scelta fra l' apertura a sinistra, implicita nel suffragio del 7 giugno, e la condanna a sparire senza lasciare traccia di sé. altre ipotesi, a nostro giudizio, non esistono, giacché chi parla di una soluzione di destra — sottointendendo l' allargamento della maggioranza governativa al gruppo monarchico — mostra di aver capito poco delle elezioni e della situazione che esse hanno creato nel paese. una tale operazione riverserebbe a sinistra i gruppi del centro laico e perfino gli elettori dell' estrema destra , e determinerebbe quell' orientamento verso il Fronte popolare che, allo stato delle cose , la Democrazia Cristiana sembra temere più di ogni altra cosa. si è chiesto, onorevoli colleghi , da molte parti, anche dopo le elezioni, cosa sia l' alternativa socialista e a che cosa ci impegna, dato che mai non avemmo mai l' illusione o la speranza di conseguire nelle elezioni del 7 giugno una maggioranza socialista. ora fin dall' inizio della campagna elettorale noi demmo una risposta chiara ed onesta, della quale non si volle tener conto, e che ribadiamo qui, dicendo che per noi l' alternativa socialista postula l' apertura a sinistra della maggioranza del Governo e l' inserimento delle masse operaie nello Stato democratico e repubblicano per una politica intesa a trasfondere nelle leggi e nel costume del nostro paese i principi democratici, le garanzie di libertà, le riforme economiche che sono inscritte nella Costituzione repubblicana. a questo punto, onorevoli colleghi , bisogna dare una risposta a chi ci domanda se l' apertura a sinistra sia oggi possibile e vuol conoscere quali ne siano, per la parte che ci concerne, le condizioni. dopo di che resterà da vedere se il Governo che chiede la fiducia della Camera, per la sua composizione, per il metodo a cui si vuole ispirare, per il programma che ha enunciato, sia un avvio o un ostacolo alla formazione della nuova maggioranza democratica. la nostra risposta circa la possibilità di un' apertura a sinistra è affermativa; vale a dire che noi consideriamo obiettivamente possibile, nella situazione attuale, l' apertura a sinistra; ravvisiamo nella situazione interna e internazionale e nella sua prevedibile evoluzione un elemento positivo per riprendere con il centro la collaborazione di dieci anni or sono, collaborazione che fu interrotta dalla Democrazia Cristiana nel 1947, che fu rovesciata dal verdetto elettorale del 18 aprile del 1948 e nella quale, negli anni particolarmente aspri del triennio 1949-1951, furono introdotti latenti elementi di guerra civile in rapporto ad una situazione internazionale estremamente tesa che faceva temere lo scoppio di una terza guerra mondiale . si parla spesso. onorevoli colleghi , delle occasioni che i socialisti hanno mancato, soprattutto delle occasioni che io personalmente avrei mancato. e se ci si riferisce a banali occasioni di carriera personale, può anche darsi che sia vero; se invece si allude ad occasioni politiche di interesse generale per la classe lavoratrice del nostro paese allora credo che nei dieci anni trascorsi noi non abbiamo mancato nessuna occasione che fosse suscettibile di aprire e portare a compimento la rivoluzione democratica che fu l' obiettivo che ci ponemmo esattamente dieci anni or sono ricostituendo il partito socialista . non mancammo l' occasione del 1943 quando, con l' appello all' unità antifascista, realizzammo la prima e necessaria tappa della ricostruzione democratica del paese. non mancammo l' occasione del 2 giugno 1946, quando, promovendo l' unione democratica e repubblicana per risolvere la questione istituzionale e dare al popolo una moderna Costituzione, consentimmo al paese di superare, senza gravi scosse, una delle fasi più delicate ed ardire del suo sviluppo democratico. nel 1948 e ancora più marcatamente dal 1949 al 1951, l' andamento della politica governativa e l' inserimento del paese nel conflitto che si andava delineando nel mondo, posero il problema interno in termini di potere o di opposizione assoluta; e quindi anche in quella circostanza non mancammo nessuna occasione. ma già alla fine del 1951, e nel 1952, allorché riemersero i primi elementi di distensione internazionale ed interna noi cercammo di porre in valore ogni possibilità di ripresa se non della collaborazione almeno del dialogo. oggi riteniamo obiettivamente possibile fare di più, vale a dire che consideriamo attuabile un incontro a mezza strada, sempre che vi sia da una parte e dall' altra la capacità di intendere la situazione nei suoi elementi dialettici di movimento e di superamento. a quali condizioni stimiamo possibile un vero e proprio patto di politica estera , interna e sociale fra i gruppi che dovrebbero formare la nuova maggioranza democratica? il mondo cammina, onorevoli colleghi , e negli ultimi due anni ha fatto molta strada. è in atto una profonda trasformazione psicologica e politica che ha le proprie origini nel fallimento della politica della forza e nella constatazione che la corsa al riarmo rovina il mondo e rovina, in particolare, i paesi di più debole formazione economica, senza comportare nessuna soluzione dei problemi del dopoguerra. taluni ritengono che il miglioramento relativo della situazione internazionale dipenda dallo sforzo militare dell' Occidente. è un errore. un mese fa, nel rapporto annuale del generale Ridgway, allora comandante supremo delle forze atlantiche in Europa, si poteva leggere come, malgrado gli sforzi compiuti per aumentare gli effettivi ed il materiale delle truppe alleate in Europa, per organizzare gli approvvigionamenti ed istruire i quadri, il dispositivo atlantico rimanesse talmente inefficiente rispetto all' Unione Sovietica da essere attualmente impossibile far fronte con successo ad un attacco. si leggeva altresì in quel rapporto che « un eventuale attacco sovietico troverebbe le forze alleate in uno stato di debolezza critica » . nessuno pensa in Europa che in tali condizioni di cose la situazione sarebbe radicalmente modificata se, ratificato il trattato della CED, si procedesse al riarmo delle dodici divisioni tedesche che il trattato della CED prevede. i rapporti diventerebbero più tesi, risorgerebbe per l' Europa l' incubo della forza militare germanica, ma non si sarebbe fatto nessun passo innanzi verso una soluzione organica della questione tedesca o verso una di quelle situazioni di forza che lasciano una delle parti in una condizione di debolezza tale che essa non ha più che da arrendersi e da capitolare. perché allora, malgrado lo stato di cose descritto dal generale Ridgway, ed ammesso che esso sia esatto, l' incubo di una terza guerra si è piuttosto allontanato che avvicinato? a nostro giudizio, bisogna vedere nella tendenza sempre maggiore alla distensione il trionfo della ragione sulla forza ed una rivincita del buonsenso sull' odio e sulla paura. si ritorna all' idea di un equilibrio nel mondo, sempre possibile e più che mai necessario oggi, sulla base della coesistenza pacifica fra sistemi politici e sociali differenti. una delle manifestazioni più tipiche a nostro giudizio di questa nuova volontà di equilibrio e di distensione si è avuta negli ultimi mesi con il rovesciamento della politica britannica e la presa di coscienza di quella che ho chiamato la giovine Europa, un' Europa ancora sbandata e priva di capi eppure in movimento, un' Europa che non vuol vivere di paura fra i due colossi, che non vuol diventare un campo di battaglia , un deposito o un bersaglio di bombe atomiche, che non affida la propria sicurezza alla sola Alleanza Atlantica o al volume e al peso delle armi ma alla sua partecipazione attiva alla organizzazione della sicurezza collettiva ed alla sua eventuale mediazione per risolvere motivi di attrito fra altri continenti. questo è il senso della iniziativa britannica, alla quale non tarderà ad affiancarsi una analoga iniziativa europea, debba essere essa francese o debba essere italiana, come noi fervidamente auguriamo. orbene, una tale iniziativa comporta una scelta che non si pone più in termini assoluti tra patto atlantico o non patto atlantico ma tra quello che io chiamo oltranzismo atlantico e la tendenza ormai rappresentata da Londra a metter fine alla guerra fredda con una pace senza vincitori e senza vinti mentre a Washington tuttora prevale la tendenza a prolungare la guerra fredda fino ad una problematica vittoria occidentale, più o meno prossima alla capitolazione senza condizioni. il contrasto fra queste due tendenze si farà sempre più evidente. invano alla conferenza della piccola Bermuda si è tentato la loro conciliazione fingendo di accettare i principi dell' una e i principi dell' altra. l' idea della conferenza a quattro, e tutta una serie di condizioni e di limiti che la insecchiscono e la burocratizzano fino al rischio di renderla impossibile. è in condizioni analoghe che abbiamo visto maturare l' armistizio in Corea, ammesso e pressoché concluso da diversi mesi e di fronte al quale è mancato per lungo tempo al governo americano il coraggio di metter fine alla resistenza dei comandi locali e al sabotaggio del « vecchio terribile » che per conto degli americani è alla testa dei sudisti. assistiamo ad una serie di atti contradditori che si annullano vicendevolmente, ad un fare e un disfare, volere e non volere, che stupiranno gli storici di domani e intanto disorientano l' opinione pubblica mondiale senza peraltro attenuare la volontà di concorrere al ristabilimento della pace. al fondo di tutto ciò cosa c' è, onorevoli colleghi ? c' è in alcuni l' illusione del disfacimento interno del sistema sovietico, illusione che da trenta anni in qua periodicamente rifiorisce, per essere clamorosamente smentita dai fatti, ed alla quale nelle ultime settimane è sembrato dessero un simulacro di consistenza i dolorosi eventi del 17 giugno a Berlino ed il caso Beria. c' è il terrore in alcuni autorevoli responsabili americani di incorrere nell' accusa di connivenza col comunismo e di esporsi alla caccia delle streghe. c' è la resistenza di chi si è installato nella guerra fredda e ci si trova a proprio agio. ci sono interessi capitalistici che mal si acconciano all' idea della fine della guerra e fanatismi che non intendono disarmare. eppure, onorevoli colleghi , l' avvio è dato e non può essere fermato. l' armistizio in Corea, di cui si stanno concordando gli ultimi dettagli, si trascinerà dietro la pace, il riconoscimento e l' ammissione all' Onu della Cina, la soluzione della questione di Formosa. il primo passo compiuto verso l' incontro dei quattro per affrontare la questione tedesca farà fare alla situazione altri passi in avanti. si arriverà all' incontro dei Cinque Grandi che noi propugniamo da mesi e che ci valse l' accusa di sabotatori della pace. l' annuncio stesso che nel 1955, cioè fra due anni, cesseranno gli aiuti americani è un elemento che deve indurre il nostro Governo, e tutti i governi europei, a ripensare e a ridimensionare la loro politica estera . insomma c' è una fase diplomatica che si chiude, quella che perseguì l' obiettivo della difesa dell' Europa da una immaginaria minaccia sovietica, alla quale noi non credemmo mai, ed alla quale oggi non crede più nessuno. l' Italia, per quanto la riguarda, troverà, a nostro giudizio, nella distensione internazionale la propria sicurezza e la via di soluzione dei suoi problemi nazionali, da quello di Trieste a quello dell' ingresso nell' Onu. appunto per questo, onorevoli colleghi , noi sollecitiamo un cambiamento di direttive nella nostra politica estera : per servire ad un tempo la causa del nostro paese e la causa della pace in Europa e nel mondo. pare a noi, onorevoli colleghi , che una tale prospettiva renderebbe oggi possibile un incontro a mezza strada sulla base dell' impegno reciproco di controllare strettamente gli accordi internazionali e militari, per ricondurli e mantenerli entro i limiti difensivi con cui si disse che erano assunti e di associare l' Italia ad ogni iniziativa di pace e di distensione volta al superamento del contrasto che tiene diviso il mondo, al componimento dei conflitti in corso , alla fine della guerra fredda e della guerra economica , all' accantonamento dei problemi che, come la ratifica del trattato della CED, costituirebbero oggi un ostacolo alla distensione mondiale ed alla stessa integrazione e unità politica dell' Europa. nella politica interna e sociale gli ostacoli a un incontro, che non debba essere uno scontro, dovrebbero essere minori, se fosse uguale in tutti l' ossequio, non soltanto formale ma sostanziale, alla Costituzione; se parole come quelle scritte in questi giorni dall' l'Osservatore Romano circa la necessità di porre riparo all' accentuato prepotere padronale dell' industria e nell' agricoltura o se preoccupazioni come quelle esposte dai sindacalisti cattolici al presidente del Consiglio circa le difficoltà attuali dell' occupazione operaia, interessassero il Governo e costituissero la base della sua iniziativa sociale. sembrerà strano, ma l' elenco, del resto assai breve, dei problemi sui quali a giudizio nostro è possibile il ravvicinamento fra la sinistra e il centro, io lo enuncio qui per la prima volta, e non ebbi l' occasione e l' opportunità di intrattenere il presidente del Consiglio quando, col mio compagno senatore Morandi, fummo da lui ricevuti durante la fase di sviluppo della crisi. l' onorevole De Gasperi non stimò necessario in quell' incontro, che pure durò più di due ore, leggerci la dichiarazione governativa che andava elaborando, né noi avevamo occasione di illustrare il nostro programma. e ciò perché fin dalle prime parole, l' onorevole De Gasperi oppose una vera e propria pregiudiziale all' apertura a sinistra, almeno nel momento presente. pareva a noi che non dovesse essere difficile metterci d' accordo sull' abrogazione della legge elettorale contro cui si è pronunziata la maggioranza degli elettori; sulla sollecita approvazione delle leggi di attuazione della Costituzione, incominciando dal referendum e dall' adeguamento delle leggi di Pubblica Sicurezza e dei codici; sull' abbandono delle misure legislative annunciate nella precedente legislatura e concernenti la limitazione del diritto di organizzazione e di sciopero, l' inasprimento delle sanzioni penali per l' occupazione di terre o di fabbriche, la limitazione della libertà della stampa. agevole ci pareva accordarsi su misure urgenti, da tempo reclamate dal nostro partito, quali il controllo popolare e la democratizzazione della gestione degli strumenti mediante i quali lo Stato agisce nella vita economica: Iri, istituti di finanziamento, la Cassa per il Mezzogiorno enti riforma, Federconsorzi, ARAR, enti parastatali; per attuare la riforma dei contratti agrari; per affrettare, con criteri più arditi e moderni, la riforma fondiaria ; per nazionalizzare i principali monopoli dell' industria e controllare le condizioni di produzione e di vendita di alcuni prodotti. ci pareva che fosse venuto il momento di mettere in cantiere la grossa questione della riforma della burocrazia statale e della rivalutazione della funzione pubblica , rinunziando alla legge di delega. ritenevamo potessero trarre rapida esecuzione provvedimenti da anni reclamati, come la democratizzazione del sistema del collocamento, l' osservanza dei contratti collettivi e delle leggi di protezione sociale, che è problema fondamentale per il Mezzogiorno. ci sembrava che l' accordo potesse estendersi alla revisione della politica creditizia e fiscale, dove si tratta di facilitare la piccola e la media attività produttiva nei vari settori economici e di accrescere la capacità di consumo delle categorie a redditi più bassi e a quello della politica degli scambi con l' estero, dove il problema è di ordine politico a cui finora è soggiaciuto. ma direi, onorevoli colleghi , che in campo sociale l' intesa era da realizzarsi più che su un elenco a fisarmonica di riforme, su un metodo e su una volontà. un Governo al quale noi dovessimo dare il nostro appoggio o partecipare enucleerebbe la propria attività generale attorno ai problemi del lavoro e della produzione; comincerebbe non dall' inventario dei mezzi, ma da quello dei bisogni; non si darebbe requie finché non avesse ridotto la disoccupazione a limiti normali e tollerabili; sacrificherebbero ogni spesa, anche le spese militari, al di là del minimo indispensabile alla lotta contro la disoccupazione e la miseria; non esiterebbe ad esigere austerità di costumi dai ceti ricchi per aiutare i ceti poveri a salire, non fosse che d' un gradino, nella scala sociale ! un Governo al quale noi collaborassimo stabilirebbe cordiali relazioni di collaborazione con le organizzazioni sindacali ed economiche, a cominciare dalla Confederazione generale italiana del lavoro . e qui forse, senza volere, o volendolo, sono scivolato sul terreno minato, quello in cui mi attendono i consenzienti e i dissenzienti. forse questa collaborazione coi sindacati e le leghe non è per caso il cavallo di Troia che ci si accusa di voler introdurre nella piazzaforte dello Stato democratico ? non è questa l' ipoteca comunista, come direbbe Saragat, che noi vorremmo far pesare sullo Stato democratico ? parliamoci dunque francamente e apertamente: cosa si vuole da noi? che aiutiamo lo Stato democratico e la Repubblica a consolidarsi e le masse a disciplinare la lotta di classe nell' ambito costituzionale e democratico? un tale impegno corrisponde al realismo democratico al quale il partito socialista ha informato, sempre che sia stato possibile, la propria azione. non invocherò a questo proposito la storia passata del partito socialista italiano dalla sua fondazione in poi, ma, se fosse necessario, mi appellerò all' iniziativa e all' azione politica e sociale dei socialisti nei dieci anni della ricostruzione democratica, durante i quali siamo stati sempre nello Stato, siamo stati sempre nella democrazia. il patto di unità d' azione realizza, onorevoli colleghi , la convergenza di tutto il movimento operaio italiano sul terreno della lotta per la democrazia e la difesa della democrazia. nel suo testo, il patto contempla la lotta per l' attuazione di principi e postulati politici e sociali che sono quelli medesimi iscritti nella Costituzione repubblicana; nella sua prassi, il patto realizza l' unità di tutte le forze del lavoro , operaie, democratiche e popolari, e non soltanto di quelle socialiste e comuniste, nelle agitazioni sindacali e nelle lotte di rivendicazione delle garanzie democratiche di libertà. si è discusso della nostra autonomia, si è detto che la via che conduce alla sede del nostro partito passa per le botteghe oscure . sono delle sciocchezze alle quali non credono neppure coloro che se ne valgono. noi conosciamo, onorevoli colleghi , in che cosa la situazione di oggi è ancora diversa da quella del 1943 e del 1946. tuttavia, ogni passo verso di noi implica una modificazione sostanziale della politica verso tutta la classe operaia , verso tutte le organizzazioni sindacali ed operaie! diversamente, un tale passo non avrebbe senso: esso si trasformerebbe in un elemento di confusione, di divisione e di aggravata crisi della democrazia politica. non è il contrasto ideologico quello che ci preoccupa. quando la Democrazia Cristiana dichiara di voler liquidare il comunismo o il socialismo, non abbiamo niente da dire. il punto in questione è di sapere con quali mezzi essa intende perseguire tale obiettivo. se è allargando la sfera della propria influenza politica, se è con l' appello alla socialità cristiana, se è debellando la miseria e combattendo la disoccupazione come oggi da molti si dice, essa è nel proprio diritto. decideranno i fatti della efficacia delle diverse propagande. e quanto alle misure sociali, la Democrazia Cristiana ci troverà sempre un passo avanti ed in situazione tanto più favorevole quanto minore sarà l' abbrutimento che sovente nasce dalla miseria. ciò che troviamo puerile, assurdo, inammissibile e concepire la lotta al comunismo e al socialismo in termini di polizia, attraverso la discriminazione fra i cittadini nell' esercizio dei loro diritti costituzionali , fra gli operai nella fabbrica, fra i contadini nel campo, fra gli impiegati nell' ufficio e gli insegnanti e i professori nella scuola. quando con il pretesto dell' anticomunismo si ricorre alla discriminazione, onorevoli colleghi , rendetevi conto che si distrugge l' essenza stessa dell' ordinamento democratico e si intaccano le basi della Repubblica. non abbiamo nessun cavallo di Troia da introdurre nella cittadella democratica; ma l' apertura verso di noi vuol dire apertura verso tutta la classe lavoratrice del nostro paese. diversamente noi dovremmo mazzinianamente rispondere: se no, no. ed ora c' è da chiedersi se l' ottavo gabinetto De Gasperi rappresenti una apertura o una chiusura verso la politica di cui ho cercato di tracciare le linee direttive. niun dubbio sulle intenzioni del presidente del Consiglio di fare come se il 7 giugno nulla fosse accaduto, come se il centro democratico fosse in piedi, come se la Democrazia Cristiana avesse vinto la battaglia del 7 giugno e disponesse ancora della maggioranza assoluta . e con questo spirito, come già ho detto, che egli, dopo di avere sollecitato la missione di sondaggio, che sperava potesse servirgli a tacitare gli scrupoli e la ribellione di Saragat, ha poi accettato l' incarico di formare il nuovo Governo senza avere non dico affrontato, ma neppure posto il problema dell' allargamento della maggioranza. come in queste condizioni egli si illuda di poter governare sulla ristretta base che gli offre la Democrazia Cristiana , non è risultato né dalla faticosa gestazione del ministro né dalla dichiarazione ministeriale. nella fase di formazione del Governo, l' onorevole De Gasperi ha rinunciato, come ho già detto, financo al tentativo di metterci in imbarazzo escludendo che esiste una benché minima possibilità di apertura a sinistra, e ciò non tanto sulla base di una valutazione politica quanto di una pregiudiziale negativa che sembra affondare le sue radici in preoccupazioni essenzialmente di coscienza e religione. a confermare l' impressione che l' onorevole De Gasperi abbia volontariamente voluto precludere l' allargamento della maggioranza a sinistra sono intervenute alcune designazioni ministeriali delle quali si può dire che costituiscono una apertura verso il sanfedismo. se da questo punto di vista i casi più clamorosi sono stati quelli dell' onorevole Bettiol e dell' onorevole Togni, la cui odierna lettera aperta non modifica il mio giudizio su di lui, certo il caso politicamente di maggior rilievo è quello dell' onorevole Gonella, il quale si avvia a diventare nelle alte sfere democristiane il rappresentante di quell' integralismo cattolico alla Padre Lombardi , che si direbbe abbia abbandonato, anche in materia di rapporti fra lo stato e la Chiesa, il pensiero cattolico moderato e offre oggi una tardiva occasione di rinascita a certo anticlericalismo rozzo e becero, del quale il partito socialista italiano subì, l' influenza soltanto al tempo della sua infanzia romantica e che esso si guarda bene dall' incoraggiare, giacché è un mezzo di rottura dell' unità fra gli operai e i contadini. se il ministero superasse il « Capo delle tempeste » cioè il voto di fiducia , i fatti chiarirebbero alla svelta il significato di talune designazioni, ivi compresa quella, per tutt' altre ragioni singolare e sorprendente, del ministro della Difesa . difficile invece è darsi esatto conto del significato della presenza dell' onorevole Fanfani all' interno. se ciò implicasse il passaggio da un orientamento puramente poliziesco del ministero dell'Interno a un orientamento politico-sociale, l' operazione potrebbe avere un valore indicativo. ma vi è motivo di temere che essa sia soltanto una parvenza. finora l' onorevole Fanfani (e in generale il gruppo di « iniziativa democratica » ) ha frenato, piuttosto che accelerato, il processo interno di decantamento democratico e sociale della Democrazia Cristiana . parlando di recente col deputato laburista Crossman, il neoministro dell' Interno ha osservato che alla Democrazia Cristiana poteva capitare qualche cosa di peggio che perdere la battaglio della riforma elettorale per poche decine di migliaia di voti: le poteva capitare di vincere con poche decine di migliaia di voti. certo l' onorevole Scelba non avrebbe detto nulla di simile, convinto, come egli è sempre stato, che sempre si possa supplire con l' efficienza della polizia alla carenza del consenso. ma dirlo, come ha fatto l' onorevole Fanfani, ed entrare in un gabinetto di minoranza e in esso assumere il dicastero degli Interni, a me pare un atto evidente di contradizione. il solo quesito che l' onorevole Fanfani e i suoi amici di « iniziativa democratica » sembrano non essersi posto, è con chi portare le istanze sociali di cui si dicono portatori. e per la prima volta, anche l' onorevole De Gasperi , nella sua dichiarazione ministeriale, ha lasciato nell' ombra il fondo politico di ogni programmazione di Governo: con chi? egli ha parlato ieri senza guardarsi attorno, ciò che gli sarebbe bastato per avvertire, anche fisicamente, i profondi cambiamenti intervenuti nella formazione, e quindi nel funzionamento della Camera. si direbbe che egli ignori che il centro democratico è in pezzi e che la Democrazia Cristiana è in minoranza. del suo discorso si è detto scherzosamente che è stato il « discorso del traforo » ma « traforo » verso, chi, e per andare dove, onorevole De Gasperi ? il presidente del Consiglio ha posto il problema della funzionalità del Parlamento senza risolverlo giacche ha enunziato una serie di misure programmatiche (alcune da noi ritenute sbagliate, alcune giuste, in generale insufficienti) senza dire su quale maggioranza contava, quale maggioranza sollecitava. una tale ambiguità basterebbe da sola perché la Camera rovesciasse un Governo il quale mostra fin dall' inizio di affidarsi al caso è di rinunziare alla propria funzione guida. il programma che abbiamo inteso ieri è quello dell' immobilismo: manca in esso il soffio di una ispirazione politica generale capace di dare rilievo ai singoli provvedimenti. eppure sarebbe bastato all' onorevole De Gasperi riferirsi alle recenti inchieste parlamentari sulla disoccupazione e la miseria per alzare la visione del Governo dalla pura amministrazione ai grandi problemi sociali della nazione e del popolo che non possono ne conveniamo, essere risolti in un giorno, ma che bisogna vedere nella loro intierezza e tragicità per affrontarli con mezzi adeguati. l' onorevole De Gasperi non ha creduto di dover dare un giudizio sulle difficoltà assai acute che travagliano parecchi settori fondamentali della nostra industria, ed in particolare quello metalmeccanico, soprattutto nel settore dell' industria statale, e quella tessile, ma è indubbio che egli, rinunziando ad un giudizio di Governo, ha di fatto accettato la tesi della Confindustria, che vede la soluzione soltanto nei premi di esportazione e nella libertà del mercato dei capitali. il programma di devolvere meccanicamente le eccedenze attive di bilancio alla copertura del deficit e di coprire nuove spese solo con nuove imposte, condanna alla immobilità l' iniziativa governativa; e ciò è tanto più grave in quanto una azione puramente meccanica per la riduzione del deficit del bilancio statale oggi è molto illusoria. il Governo non ha parlato della riforma fondiaria , neppure nelle prospettive che furono della Democrazia Cristiana nella passata legislatura. è evidente che quando l' onorevole De Gasperi ha dichiarato che il Governo dedicherà il prossimo periodo alla attuazione totale della riforma agraria , egli ha inteso dire che nei due prossimi anni porterà lo scorporo in tutto e per tutto a 580 mila ettari, quando il latifondo di per sé solo importerebbe un esproprio che è stato valutato in 2 milioni e 400 mila ettari. in materia di contratti agrari, l' onorevole De Gasperi ha prospettato lo svuotamento della riforma Segni, già votata dalla Camera, quando ha detto che il Governo crede opportuno di rivedere la legislazione sui contratti agrari allo scopo di risolvere alcune questioni di fondo, quale ad esempio l' avvicendamento delle famiglie quando esse diventino insufficienti di numero alle necessità dei fondi. il che vuol dire che si propone di togliere dalla legge la stabilità del conduttore sul fondo, che è il perno della funzionalità della legge Segni sui contratti agrari. la legge sull' imponibile che egli ha annunziato, sarebbe una buona legge, per ora soltanto allo stato di promessa. sempre in materia di riforma agraria , si direbbe che il Governo ignori come, nell' ambito della legge Sila e della legge stralcio , non si possa più procedere con i criteri finora seguiti. gli enti di riforma vanno democratizzati, i rapporti con gli assegnatari precisati e portati su un livello di collaborazione, i poteri dei presidenti degli enti limitati, le rappresentanze contadine immesse nei consigli di amministrazione degli enti. né si presenta più positivo e solido il programma del presidente del Consiglio nella parte dedicata alla politica tributaria . infatti, mentre il Governo si impegna a proporre la legislazione atta a colpire lo scandalo delle società di comodo, limita l' ulteriore e immediata miglioria dell' accertamento al puro terreno amministrativo, respingendo ancora una volta il necessario ampliamento dei poteri di accertamento. in campo politico, tutto il programma annunciato ieri e posto sotto il segno della ambiguità. si dice della legge elettorale (per strappare la quale l' onorevole De Gasperi mise a soqquadro il Parlamento e il paese) che essa è « inattuale e caduta » , ma non si annuncia la sua abrogazione che sarebbe il solo modo di renderla effettivamente inattuale e caduta. viene ribadita la richiesta della delega per la riforma della burocrazia; il referendum è circondato di molte riserve: non è esplicitamente detto se verrà ritirato il disegno di legge limitativo del diritto di sciopero, che ha acceso tante polemiche nella passata legislatura. la formula più cauta adoperata dall' onorevole De Gasperi per annunciare « disposizioni che sanciscano la validità giuridica dei contratti collettivi e la determinazione dell' ambito entro il quale si possa esercitare il diritto di sciopero » , lascia campo alle più diverse interpretazioni e non esclude affatto che il nuovo Governo rimanga sulle posizioni del vecchio. è sparito dalla dichiarazione programmatica il tema, di per sé offensivo, della legge « polivalente » e non si è fatta menzione del disegno che fu presentato davanti al Parlamento, limitativo della libertà di stampa . ma la formula del programma governativo circa la necessità « di riassorbire nelle disposizioni legislative generali facenti parti dell' aggiornamento del codice penale , tutte le misure necessarie per la difesa dell' ordinamento costituzionale » può servire per il meglio e per il peggio per l' adeguamento dei codici allo spirito moderno della Costituzione o per l' aggravamento delle pene per reati sociali. e poi onorevole De Gasperi , vi sono i silenzi. silenzio sull' amnistia, silenzio sull' abrogazione delle misure disciplinari prese dalle amministrazioni pubbliche e private per fatti di sciopero e soprattutto in occasione degli scioperi contro la legge truffa ; silenzio sulle nuove direttive della politica interna , della politica scolastica , dell' assistenza sanitaria , dell' adeguamento delle pensioni. nella politica estera onorevoli colleghi , il presidente del Consiglio non ha ceduto nulla benché non abbia neppure accentuato il proprio oltranzismo. il comunicato della conferenza di Washington gli ha consentito un comodo ma aleatorio riferimento e ripiegamento. il ministro degli Esteri ha troppa la esperienza delle conferenze internazionali per non sapere a quante menzogne convenzionali si ricorre onde ottenere un voto di unanimità e come questi voti di unanimità non tolgono nulla a contrasti di fondo, come quello che spinge la diplomazia britannica a liquidare la guerra fredda senza vinti e senza vincitori, mentre fa battere il passo alla diplomazia americana su posizioni che ci si illude possano portare alla vittoria della guerra fredda ; come quello che trattiene la Francia dal ratificare il tratto della CED mentre per convesso spinge il dipartimento di Stato ad ottenere tale ratifica ad ogni costo, financo con la minaccia di chiudere i cordoni della borsa. bisogna riconoscere, onorevoli colleghi , che l' onorevole De Gasperi parlava ieri in un momento assai delicato della sua politica estera , mentre l' invito americano alla Jugoslavia a discutere di particolare accordi e di aiuti militari riproponeva al paese il problema del carattere illusorio di una alleanza, la quale non ci ha consentito di risolvere nessuno dei nostri problemi nazionali ed ha compromesso il maggiore fra di essi, quello del territorio di Trieste. tutti possono approvare il presidente del Consiglio quando egli afferma la necessità che « siano tutelati senza debolezze i diritti delle nostre genti » e quando proclama che « è giunta l' ora di rendere giustizia al popolo italiano » , ma, onorevoli colleghi , spenta l' eco degli applausi, rimane il fatto che tanto la politica estera di Sforza, guidata dall' idea che non occorresse condizionare l' adesione italiana al patto atlantico giacché esso era di per se medesimo suscettibile di risolvere i nostri problemi nazionali, quanto la politica estera dell' onorevole De Gasperi , dominata da mia concezione missionaria della funzione italiana nell' Alleanza Atlantica , non hanno ottenuto giustizia per il nostro popolo. gli aiuti americani a Tito preoccupano ogni italiano ma non sono diversi nella loro ispirazione e funzionalità dai riarmo della Germania di Bonn o dagli aiuti alla Spagna: fanno parte di una politica nelle spire della quale la questione del territorio di Trieste, anziché risolta, è stata aggravata. in altre occasioni, per esempio dopo l' incidente a Trieste del marzo dell' anno scorso , l' onorevole De Gasperi si è servito di espressioni anche più drastiche, per deplorare l' egoismo e l' incomprensione degli alleati, eppure la questione non ha fatto un passo innanzi, né ne farà finché la politica estera italiana non abbia acquisito una maggiore capacità di iniziativa e nello stesso tempo di elasticità. l' attendismo esplicito di alcune delle dichiarazioni fatte dal presidente del Consiglio non ci aiuta a risolvere i nostri problemi più dell' oltranzismo che fu la nota dominante della politica estera degasperiana. cosa significa l' affermazione del presidente del Consiglio che « l' Italia non può assumere responsabilità più vaste di quelle a cui ha possibilità e diritti; se altre potenze più determinanti mutassero atteggiamento, la libertà di decisione già di per se stessa riservata alla Camera sarebbe ripresa anche in sede di Governo » ? se questo linguaggio enigmatico dovesse servire a preparare una evoluzione della nostra politica estera passi, ma è assai probabile che serva a star fermi, mentre attorno a noi tutto è in movimento e noi non possiamo subordinare il nostro atteggiamento a quello delle potenze « più determinanti » , ma dobbiamo contribuire nella misura delle nostre possibilità a sbloccare una situazione che quale è non presenta prospettiva alcuna di soluzione per i nostri problemi regionali e per i problemi europei. non vogliamo onorevoli colleghi , un' Italia isolata o rassegnata, né un Europa ridotta a semplice espressione geografica, ma un' Italia elemento attivo della distensione e della pace in un' Europa crescente e che soltanto nella riconciliazione è la condizione permanente della propria e della nostra sicurezza. per queste ragioni, onorevoli colleghi , il gruppo parlamentare del partito socialista italiano negherà la fiducia all' ottavo ministero De Gasperi , e per una ragione che tutte le riassume: l' insufficienza, o meglio l' inefficienza a cui questo Governo sarebbe condannato, non soltanto per l' ambiguità del programma, ma per il rifiuto di adeguarsi alla situazione creata dal corpo elettorale il 7 giugno. possa la Camera avvertire a tempo l' elemento di disillusione che si diffonderebbe nel paese se il Parlamento venisse a dire con il proprio voto che tutto continua come prima se non addirittura peggio di prima. una tale disillusione sarebbe, nelle presenti circostanze, un elemento di demoralizzazione e di sfiducia del popolo nella democrazia. quale attaccamento può sentire il popolo verso le istituzioni parlamentari se l' elettore fosse costretto a dirsi che egli ha torto anche quando ha ragione, quando col proprio voto ha rovesciato o per lo meno cambiato la situazione che preesisteva? rifletta il gruppo socialdemocratico; riflettano i democratici di ogni formazione ed affiliazione, rifletta la stessa Democrazia Cristiana al pericolo insito nel rifiuto di accogliere le indicazioni della maggioranza del paese; lasciando marcire una situazione che quale è non può durare e che ci si ripresenterebbe aggravata e complicata da qui a poche settimane. con il nostro volo contrario noi esprimiamo fiducia nella democrazia e fiducia nel Parlamento. non puntiamo sul peggio ma prepariamo il meglio. offriamo alla Camera l' occasione di garantire la funzionalità del Parlamento e la stabilità del Governo nel solo modo in cui ciò è possibile, accettando per parte nostra ed invitando la Camera ad accettare le responsabilità inerenti ad un corso nuovo della politica italiana che, chiusa l' epoca degli aspri contrasti del quinquennio trascorso, si accinga con serenità e fiducia alla ricostruzione morale, politica ed economica della nostra patria.