Ugo LA MALFA - Deputato Opposizione
II Legislatura - Assemblea n. 581 - seduta del 06-07-1957
Norme in materia di organizzazione delle Università
1957 - Governo IV Berlusconi - Legislatura n. 16 - Seduta n. 404
  • Attività legislativa

onorevole ministro, come ella ben sa, sono un attento lettore di documenti governativi e parlamentari e, quindi, dei documenti economici e finanziari che con la discussione dei bilanci ci presentate. da qualche anno, però — e mi rivolgo quindi al senatore Medici non soltanto come ministro del Tesoro del Governo attuale, ma come ministro del Tesoro del Governo precedente, che ha preparato i documenti di bilancio — mi domando quale politica economica sia contenuta in questi documenti, quali prospettive e quali soluzioni di fondo la politica economica e finanziaria intenda darci ed affrontare. v' è, oggi, un elemento di affinità, di contatto tra le politiche economiche dei vari paesi, e se, accanto ai documenti nazionali, leggiamo documenti di valore internazionale, come i rapporti dell' OECE, del Fondo Monetario , della Banca internazionale dei pagamenti, notiamo gli elementi di questa analogia. ad esempio, riusciamo ad intravedere ovunque gli elementi di una politica antinflazionistica o quelli diretti a mantenere ed assicurare un equilibrio della bilancia dei pagamenti . e se dovessimo considerare la situazione italiana un poco in superficie e paragonarla alle situazioni di altri paesi, per lo meno del mondo occidentale, con riguardo ad alcuni problemi contingenti, il mio giudizio dovrebbe essere positivo. per esempio, dovrei dire leggendo i vostri documenti finanziari e la relazione stessa del governatore della Banca d'Italia , che la capacità di controllo che noi abbiamo avuto della spinta inflazionistica di questi ultimi tempi è senz' altro notevole e ci dà anche un titolo di benemerenza rispetto ad altri paesi. del resto questa comincia ad essere una tradizione della nostra politica finanziaria . così, se considero il problema dell' equilibrio della bilancia dei pagamenti , trovo che la nostra politica è stata condotta con molta accortezza, con molta sensibilità dei problemi, e quindi con risultati notevoli. e se pongo il terzo dei problemi che possono costituire materia di analogia, il problema del cosiddetto pareggio del bilancio dello Stato (problema che a mio giudizio ha un significato particolare; non lo sopravaluto come molti in questa Aula o in seno al Governo fanno), trovo anche qui un elemento positivo. sono tre aspetti di politica economica degni di attenzione. e quando su di essi, sul problema della bilancia dei pagamenti , sul problema della lotta contro l' inflazione, sul problema dell' equilibrio del bilancio dello Stato , è possibile dare un giudizio positivo, evidentemente qualunque governo si potrebbe considerare più che sodisfatto. tuttavia quello che mi colpisce è la costanza con cui, da qualche anno, noi poniamo l' accento su questi problemi, che nel circolo della politica economia internazionale hanno indubbiamente valore, e ne trascurano altri. noi cioè, puntiamo su questi elementi per caratterizzare la nostra politica economica e, come tanti oratori hanno detto in quest' Aula, poniamo sullo sfondo di una politica economica , che io chiamo di carattere assolutamente normale, il famoso schema di lotta contro la disoccupazione. il quale, in definitiva, ha finito con l' avere una funzione ben strana nella politica del nostro paese, quella di un rituale che bisogna rispettare e al quale occorre rendere omaggio. nel fatto che noi mettiamo l' accento su certi aspetti analogici della nostra politica economica e finanziaria rispetto ad altri paesi e ci riferiamo genericamente allo schema che il compianto ministro Vanoni ci ha lasciato in eredità, sta l' errore di prospettiva di tutta la nostra politica economica e finanziaria e quindi la mancanza stessa di una politica economica e finanziaria alla quale accennavo prima. oggi infatti, onorevole ministro, nel mondo, dal punto di vista della politica economica e finanziaria che segnano, i paesi si distinguono in due grandi gruppi quelli che hanno problemi di strutture economiche squilibrate da correggere e da superare e quelli che, più o meno completamente, hanno superato problemi di squilibrio strutturale. quando noi esaminiamo ad esempio, la politica degli USA, possiamo considerare che questo paese abbia superato la fase di risoluzione dei suoi problemi strutturali, che io faccio coincidere approssimativamente con la cosiddetta epoca del New Deal . si capisce che in questo paese la questione della spinta antinflazionistica, o del pareggio del bilancio, o dello stesso equilibrio della bilancia dei pagamenti , diventi fondamentale e caratterizzi una politica economica . lo stesso possiamo dire, ad esempio, per l' Inghilterra. è individuabile per esso un periodo in cui, per usare un termine di moda, si sono superati problemi strutturali. e adesso si comprende come l' Inghilterra ponga in primo piano problemi di equilibrio della bilancia dei pagamenti , del bilancio dello Stato , del controllo del mercato per evitare spinte antinflazionistiche. e passiamo ad un altro paese, alla Germania occidentale , che oggi fa testo tra i paesi che hanno avuto uno sviluppo economico notevole in questi ultimi anni. non mi voglio fermare sul carattere della politica economica che ha portato a tali risultati; ma anche per questo Stato dobbiamo considerare che non esistono problemi strutturali fondamentali. esiste il problema di uno sviluppo normale della sua politica economica . ma, onorevole ministro, noi non ci troviamo in queste condizioni. non dobbiamo darci l' illusione che apparteniamo a questo circolo internazionale, in cui si pone l' accento su determinati problemi. la nostra condizione oggi non è simile a quella degli USA, della Germania, della Gran Bretagna , dei Paesi Bassi e del Belgio. noi partiamo da una situazione ben diversa non abbiamo problemi di un semplice controllo di una congiuntura favorevole; abbiamo squilibri notevoli di carattere strutturale da superare. siamo in una fase che altri paesi hanno affrontato in tempi precedenti, e che noi non abbiamo affrontato. o, per lo meno, se anche l' abbiamo affrontata, non l' abbiamo esaurita. si tratta, onorevole ministro, di una differenza di fondo che ci deve far riflettere. quando io esamino i vostri documenti e leggo che il reddito nazionale è aumentato nel 1954, nel 1955, nel 1956, che gli investimenti sono aumentati e così pure i consumi, posso apprezzare lo sforzo che il nostro paese ha compiuto e che è indice di una vitalità notevole. posso leggere, più o meno, gli stessi indici di sviluppo per gli altri paesi. ma devo altresì osservare che, grosso modo, tutti questi indici di sviluppo della vita economica internazionale hanno carattere congiunturale. cosa vuol dire che si tratta di indici di sviluppo di carattere congiunturale? vuol dire che una certa combinazione tra la spinta dell' attività statale e la spinta privata ha dato risultati positivi in tutte le economie, per lo meno in tutte quelle del mondo occidentale (non mi occupo in questo mio intervento dell' Oriente). anche in Italia noi abbiamo avuto una spinta congiunturale fatta di iniziative libere e di iniziative dello Stato, la quale ha dato notevoli risultati. paragonando queste spinte con quelle della Germania, dell' Inghilterra, di altri paesi, noi possiamo ben dire che in questo o quel campo abbiamo avuto risultati anche più notevoli. e tutto questo va bene . ma è un quadro normale di sviluppo e di politica, onorevole ministro. questo presuppone che certi problemi di struttura siano stati risolti. ma per l' Italia non è così: i problemi di struttura non sono stati risolti, anzi sono più che mai lontani dalla loro soluzione. posso comprendere che oggi la Germania occidentale , non avendo problemi di struttura, si concentri sugli aspetti congiunturali della sua attività economica. e così pure, la Gran Bretagna . ma noi, onorevole ministro, abbiamo solo questi problemi? quando il Governo viene qui a fare — mi si perdoni l' espressione — una confusione tra problema congiunturale e problema strutturale, sottoponendo al nostro esame indici congiunturali per darci l' impressione di risolvere problemi strutturali, ne arguisco che l' atteggiamento del Governo è evasivo e non è diretto ad orientare ed illuminare il paese sui suoi fondamentali problemi. noi ci sentiamo qualche volta elogiare dagli stranieri e non teniamo conto del fatto che questi elogi presupporrebbero un' attività ed uno sforzo molto più complessi di quelli che in realtà facciamo. diamo allora a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio; separiamo cioè i due aspetti della politica economica . se noi vogliamo considerare la politica economica nel suo aspetto congiunturale normale, possiamo anche prenderci questi elogi né io li ho risparmiati all' inizio del mio discorso; ma se vogliamo invece aver riguardo ai problemi di fondo , dobbiamo essere chiari sui caratteri negativi della politica dei governi in questi anni. e, onorevole ministro, questo dobbiamo farlo anche per ragioni di obiettività. il paese ha avuto, anche nel passato, fasi di sviluppo della sua economia, di attuazione di una politica finanziaria pregevole. abbiamo avuto fasi di inflazione, ma abbiamo avuto la capacità di correggere l' inflazione; abbiamo avuto squilibri nel bilancio dello Stato anche notevoli, ma abbiamo avuto la capacità di correggerli. abbiamo avuto squilibri notevoli nella bilancia dei pagamenti , ma abbiamo avuto la capacità di rientrare nella normalità. ma se la storia della nostra politica economica e finanziaria appare positiva, per quel che concerne la soluzione di alcuni normali problemi, è deludente dal punto di vista della capacità di affrontare i problemi strutturali di fondo del nostro paese. il problema delle aree depresse e quello della disoccupazione noi ce li trasciniamo da decenni, qualunque congiuntura economica, favorevole o sfavorevole, avessimo avuto. ed è questa l' obiezione che continuamente facciamo ai cosiddetti liberisti della nostra azione economica. noi conosciamo il grande valore creativo che ha l' iniziativa privata nello sviluppo di un sistema economico : ma mai, o raramente, nella politica economica e finanziaria del nostro paese, l' iniziativa privata ha saputo e potuto affrontare problemi di struttura. noi abbiamo potuto così costatare concretamente quali sono i limiti creativi della cosiddetta iniziativa privata libera nel nostro paese. cioè, l' iniziativa privata non è in grado di affrontare problemi di struttura, anche perché non si capisce dove e come li potrebbe affrontare. non vi è nessun esempio al mondo, quando si siano posti problemi di strutture squilibrate, di aree depresse, di forti aliquote di popolazione disoccupata, in cui la soluzione di tali problemi sia derivata dall' iniziativa privata . non è suo compito. ma, appunto, dobbiamo intenderci; anche qui vi è sempre un equivoco fra coloro che dicono che non spetta all' iniziativa privata affrontare problemi di struttura e coloro che danno ad intendere che lasciando tutto libero si risolverebbero problemi del genere. no, ognuno abbia il senso del limite. possiamo affermare che mentre l' iniziativa privata ha capacità di sviluppare una congiuntura favorevole, non ha nessuna capacità di modificare le strutture equilibrate di un paese senza una politica di direzione economica attuata dallo Stato. la quale non è politica di statizzazione, come comunemente si dice, ma è politica di orientamento e di guida economica che nel mondo moderno è considerata fondamentale, anche ai fini di un sicuro sviluppo dell' iniziativa privata . non vi è nessuno, credo, che viva oggi nel mondo dell' iniziativa privata e che non capisca come i calcoli che può fare dal suo particolare punto di vista per una politica di sviluppo economico siano condizionati dallo sviluppo generale del sistema. per cui, anche se egli, titolare di una iniziativa privata , fosse il più abile iniziativista possibile, una percentuale di errori gli potrebbe derivare dal fatto che l' orientamento generale del sistema economico non è sicuro e non è razionale. allora, se noi sappiamo che la congiuntura in sé, anche se favorevole, non risolve problemi strutturali, noi siamo in grado di stabilire i limiti fra le due posizioni. sappiamo che uno sviluppo congiunturale favorevole ha sempre bisogno di un controllo da parte dell' attività governativa. ma vi sono poi, per noi, problemi di squilibrio strutturale, che non hanno avuto soluzione nel passato anche con congiunture favorevoli, e bisogna che prima o dopo siano affrontati. è possibile che questo nostro paese, dopo avere scoperto l' esistenza di profondi squilibri strutturali, continui ad occuparsene così malamente, cosi parzialmente e così disinvoltamente? onorevole ministro, questo nostro dopoguerra, dal punto di vista economico e finanziario, è un dopoguerra interessantissimo. noi siamo arrivati ad esso avendo una conoscenza puramente letteraria delle leggi di sviluppo dell' economia moderna. abbiamo avuto l' esperienza di prima del fascismo e la parentesi fascista, tutt' altro che valida ai fini della sperimentazione delle leggi di sviluppo cui accennavo. ma, lentamente, la nostra conoscenza letteraria è diventata esperienza di Governo e di Parlamento. abbiamo cominciato con la politica di difesa monetaria, dovuta alla iniziativa di uomini come Einaudi ed il governatore della Banca d'Italia , Menichella. dopo qualche anno di vuoto, di attesa, siamo passati ad alcune esperienze di riforme strutturali la riforma agraria (qui veramente, onorevole Medici, la sua competenza è indiscutibile), la Cassa per il Mezzogiorno , la politica di liberazione degli scambi. queste esperienze parziali di carattere strutturale furono condotte nel giro di pochi anni, tra il 1950 e il 1953. e dopo? dopo abbiamo vissuto, per così dire, di rendita, onorevole ministro. non abbiamo fatto pressoché nulla o ben poco. che quelle fossero esperienze parziali ce lo ha detto un uomo che partecipò intimamente alla loro elaborazione, il compianto ministro Vanoni. egli avvertì con noi l' esigenza della riforma agraria , della politica delle aree depresse, della liberazione degli scambi, avvertì, cioè, il significato di esperienze che noi oggi definiamo esperienze parziali, ma che allora ci sembravano totali. lascio alla sua libertà di dimostrarmi che di esperimenti e di non esperienze si tratta. sono state le prime, grandi esperienze di rottura di un sistema tradizionale. il passaggio del ministro Vanoni allo schema, si può considerare il passaggio da una coscienza parziale dei problemi di struttura ad una coscienza totale di essi. questo è il profondo significato del piano di lotta contro la disoccupazione. in altri termini, noi abbiamo lentamente ricevuto una totale illuminazione sui problemi del nostro paese, superando anche schemi tradizionali quale poteva essere, ad esempio, per noi il problema del Mezzogiorno, come la sola manifestazione dello squilibrio strutturale del nostro paese. dalla fanciullezza ho imparato che lì sta la ragione della crisi del mondo italiano, il motivo primo e fondamentale della sua non modernità. oggi non lo penso più. in effetti, lo schema di sviluppo investe la totalità del problema strutturale italiano. esso considera che non vi sia modernità di sistema economico nel nostro paese, finché la depressione e la disoccupazione non siano state in ogni regione combattute e soppresse. ma mentre le esigenze parziali non sono state schemi astratti, ma una politica vissuta, la visione generale del problema italiano non è diventata mai una esperienza concreta o, come dice l' onorevole Bonino, un esperimento di carattere totale. è rimasta, cioè, uno schema, un qualche cosa che noi coltiviamo come una gracile pianticella, attingendo ai fatti congiunturali per far finta di risolvere i problemi che lo schema vorrebbe risolvere. questa, signor ministro, è una esercitazione che dura da molti anni e che non può durare ulteriormente, anche perché comporta non solo delle responsabilità di fronte al paese, ma anche delle notevoli responsabilità di ordine internazionale. noi ci presentiamo con un viso ben truccato ma non facciamo sì che, tolto il trucco, all' estero si scoprano le numerose rughe che solcano il nostro volto. voglio dire che il problema dei nostri squilibri strutturali va affrontato seriamente una volta per tutte, perché ciò rappresenta la condizione stessa del nostro; inserimento in un sistema internazionale di democrazia politica ed economica. onorevole ministro, potrei divertirmi a questo punto a leggere una infinità di cifre che dimostrano non solo la non attuazione del piano, ma dimostrano altresì l' aggravamento degli squilibri strutturali che la congiuntura favorevole produce. il mio eterno chiodo è di vedere due Italie che marciano ciascuna per proprio conto; una Italia che progredisce, si sviluppa e si civilizza (se un grado di civiltà economica è anche un grado di civiltà generale), e una Italia che rimane in eterne condizioni depresse, anche se esiste la politica per le aree depresse. potrei, dicevo, leggere un lungo elenco di cifre, ma annoierei i colleghi, e d' altra parte non è questo il tempo più propizio a siffatte esercitazioni. mi limiterò ad illustrare alcuni dati della parte della relazione che si riferisce ai redditi da lavoro fra il 1950 e il 1956. è detto nella relazione che mentre dal 1950 al 1956 il reddito da lavoro dei dipendenti dell' industria è aumentato dell' 87,8 per cento e il reddito da lavoro nelle attività terziarie (trasporti, commercio, ecc), del 76,5 per cento , il reddito da lavoro dei dipendenti dall' agricoltura è aumentato solo del 19,5 per cento . questi dati sono incompleti, in quanto bisognerebbe precisare il numero di coloro che producono questi redditi, ma resta lo squilibrio fondamentale rappresentato dall' aumento limitatissimo del reddito da lavoro in agricoltura, rispetto all' aumento degli altri redditi da lavoro, a non parlare dell' aumento dei profitti. la relazione così spiega questo diverso andamento: « il modesto aumento percentuale avutosi nel ramo agricolo rispetto agli altri due rami è da mettere in relazione con l' incremento che nello stesso intervallo di tempo si è avuto nel prodotto netto dei corrispondenti rami e colla circostanza che i redditi da puro lavoro dipendente in agricoltura avevano già raggiunto nel 1950 un livello di rivalutazione rispetto al periodo prebellico alquanto maggiore di quello dell' analogo reddito negli altri settori dell' attività economica privata. occorre inoltre rilevare che l' andamento dell' occupazione dipendente nell' agricoltura ha avuto nel periodo considerato tendenza a diminuire, contrariamente a quanto avvenuto negli altri settori, nei quali l' occupazione è aumentata » . onorevole ministro, non so se queste affermazioni siano valide, comunque bisogna dimostrarlo. di primo acchito, esse sembrano arbitrarie. comunque, v' è qui un problema di fondo a cui non si può dedicare una sola pagina della relazione, se ci si avvia a prendere sul serio un piano di lotta contro la disoccupazione e la depressione. qui figurano tre quarti dei dati sperimentali per mettere su un terreno concreto il piano. come si è potuto produrre questo grave squilibrio fra redditi agricoli e redditi non agricoli, e dove esso ci porterà ai fini della lotta contro la disoccupazione? se dall' andamento dei puri redditi da lavoro (dati che io ritengo fondamentali) passiamo alla considerazione dell' andamento dei consumi, incontriamo altri dati, che a mio giudizio, pur essendo incompleti, non suffragano l' esistenza di una politica di sviluppo economico e di attuazione del piano. e, a questo proposito, onorevole ministro, visto che non possiamo fare in concreto oggi una politica di sviluppo , mettiamo almeno a posto i dati fondamentali per renderla possibile domani. è mai possibile che noi non conosciamo ancora alcuni dati che ci aiuterebbero nella migliore impostazione del problema? è mai possibile che noi parliamo di sviluppo di consumi in relazione al piano Vanoni mettendo insieme automobili, radio, biglietti cinematografici, consumi alimentari, consumi di vestiario? tutte queste cifre vanno articolate per darci la chiarezza del problema di fondo , che è un problema di struttura della nostra economia. so che voi avete messo insieme un comitato di esperti per il piano Vanoni. non chiedo una politica di sviluppo , al presente Governo. è troppo tardi per realizzarla. chiedo che almeno gli esperti approfondiscano i problemi della formazione, dello sviluppo degli investimenti e dei consumi, in maniera che ne possiamo trarre delle linee direttive per la futura attuazione del piano. almeno questo chiedo. onorevole ministro, noi abbiamo la necessità di realizzare una politica di sviluppo economico, in adempimento dei doveri che abbiamo verso il paese. abbiamo cominciato — ripeto — con esperienze parziali, che l' onorevole Bonino considera negative, ma che io considero positive, nonostante gli errori che contengono. non si fa, non si modifica la struttura del paese senza errori. l' errore è la condizione necessaria dell' operare. abbiamo cominciato; ma non riusciamo a passare dalle esperienze parziali ad una esperienza totale. abbiamo avuto un coraggio da leone in periodi più difficili, anche economicamente, dell' attuale. perché ci siamo fermati? che cosa è avvenuto? sembriamo essere stanchi. continuiamo a discutere problemi che hanno sì la loro importanza (lotta contro la spinta inflazionistica, pareggio del bilancio, equilibrio della bilancia dei pagamenti ), ma che devono essere inquadrati in una attiva e concreta politica di attuazione del piano. ciò che non avviene. vi è la necessità di dare al nostro paese la soluzione dei suoi problemi di fondo . e inutile che parliamo di democrazia se questa non la realizziamo nel suo contenuto anche sostanziale, e se non estinguiamo la disoccupazione e la depressione economica e sociale. nessuno più di me crede alla libertà come fondamento di un vivere democratico, ma la libertà non è in contrapposizione ad un criterio di perfettibilità dal punto di vista della vita materiale degli uomini; anzi, non deve essere in contrasto. noi abbiamo il dovere di attutire il piano di lotta contro la disoccupazione da un punto di vista interno e da un punto di vista internazionale. andiamo verso il mercato comune . non sono molto entusiasta di questo trattato per il mercato comune , che mi sembra una locomotiva molto sbuffante e assai poco veloce. tuttavia, andiamo, sia pure con tutti gli accorgimenti, con tutte le nostalgie e con tutte le riserve, verso il mercato comune . dobbiamo quindi risolvere due problemi strutturali, risolvere il problema strutturale della disoccupazione ed inserire l' economia nazionale in una struttura internazionale. questo è un compito di enorme importanza. nel passato siamo stati capaci di agire nelle due direzioni. mentre si iniziava la politica per il Mezzogiorno, abbiamo affrontato la politica di liberalizzazione; abbiamo cioè sperimentato la possibilità di muoverci sia sul terreno interno che su quello internazionale, disarticolando le strutture tradizionali del nostro paese e rinnovandole. oggi il problema ci si pone in un quadro più vasto. mentre la liberalizzazione era l' aspetto parziale di una politica di allargamento internazionale del mercato, e mentre la Cassa per il Mezzogiorno e la riforma agraria erano aspetti parziali di una politica di riforme strutturali interne, oggi, col piano di lotta contro la disoccupazione e con il mercato comune , abbiamo alle viste riforme strutturali totali e profonde. ma come e quando ci prepareremo a così imponenti obiettivi? ho fatto questo discorso a lei, onorevole Medici, per scrupolo di coscienza. so che questo è un Governo che dovrà portarci alle elezioni, e come tale non potrà che affrontare limitati problemi. il mio rammarico riguarda il tempo perduto. faccio oggi questo discorso affinché si preparino almeno gli strumenti e si chiariscano i problemi che debbono portarci il mercato comune e al piano di lotta contro la depressione e la disoccupazione. si tratta, in sostanza, di una preparazione dei dati fondamentali e anche di un inizio di progettazione della politica che domani dovremo attuare. io le chiedo, senatore Medici, di essere franco nella sua risposta sui punti in cui è necessario esserlo, perché non essere franchi non serve al paese, né all' opinione che altri debbono avere di noi. la prego di darmi qualche assicurazione sulle possibilità di adeguare gli studi tecnici e preparatori ai problemi che modestamente ho cercato di sollevare, riconoscendo con me che ogni piano di sviluppo economico è ancora lontano da ogni iniziale attuazione.