Ugo LA MALFA - Deputato Opposizione
II Legislatura - Assemblea n. 568 - seduta del 26-06-1957
Sulla situazione politica generale
1957 - Governo IV Berlusconi - Legislatura n. 16 - Seduta n. 375
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , la nostra posizione rispetto al Governo era stata definita in occasione del voto di fiducia . noi avevamo preso atto, attraverso le successive dichiarazioni programmatiche del presidente del Consiglio Zoli, che alcune nostre esigenze trovavano sodisfazione, anche rispetto agli impegni programmatici della vecchia formula quadripartita o tripartita. tuttavia, trovavamo segno di grande equivoco, e quindi di debolezza, nelle dichiarazioni programmatiche stesse, il fatto che il Governo, nel fare quelle dichiarazioni programmatiche , non avesse esattamente stabilito i suoi rapporti con le forze della destra. è vero che l' accettazione delle dichiarazioni programmatiche del Governo Zoli da parte delle destre era prova di una assai accentuata disinvoltura, ciò che evidentemente non può essere imputato al Governo stesso, ma la Democrazia Cristiana aveva il fondamentale interesse di chiarire la situazione politica anche in relazione alla posizione di responsabilità che da un decennio mantiene nel reggimento del Governo del paese. il nostro voto contrario non derivava quindi dalle considerazioni programmatiche, ma dall' equivoco dello schieramento. devo tuttavia dire che le seconde dichiarazioni del presidente del Consiglio , quelle che abbiamo udito ieri sera, ci sembrano dal punto di vista programmatico ancora più impegnative, in quanto stabiliscono un ordine di priorità, non nel senso che si voglia obbligare il Parlamento a seguire quell' ordine, ma nel senso che, per parte sua e nel quadro della politica che il Governo intende svolgere, esso si riserva l' iniziativa su certi problemi. è appunto per questo che noi riteniamo che un ulteriore passo sia stato fatto rispetto alle precedenti dichiarazioni. ne diamo atto all' onorevole Zoli, anche se abbiamo costatato che l' ordinamento regionale è stato posto in secondo piano rispetto alle leggi sulla Cassa per il Mezzogiorno , ai trattati europeistici e ai patti agrari . francamente ci pareva che a chiarire le posizioni dal punto di vista programmatico sarebbe stato utile l' ordine del giorno liberale che noi consideravamo proponibile. esso non intendeva, infatti, vincolare l' autorità del Parlamento, ma prendere atto di una volontà programmatica del Governo e manifestare una volontà contraria. se l' ordine del giorno liberale fosse stato dichiarato proponibile, l' Assemblea, nel votarne il contenuto, si sarebbe diversamente divisa da come si è divisa nella questione procedurale e si sarebbe determinato quel diverso schieramento politico che avrebbe servito a fugare ogni dubbio e ogni incertezza. il fatto che, per una ragione procedurale, noi abbiamo visto respingere l' ordine del giorno liberale, ha certamente aiutato a mantenere l' equivoco nel quale si trovano le forze di destra e ha certamente aiutato la Democrazia Cristiana a mantenere, sul problema degli schieramenti, il suo equivoco stesso. tuttavia noi riteniamo che gli impegni programmatici assunti, nella prima discussione, dal Governo Zoli e confermati, attraverso l' ordine di priorità, con le comunicazioni di ieri, saranno rispettati dal Governo. d' altra parte, osservo che questi impegni programmatici, come propri della Democrazia Cristiana , sono risultati dalle trattative stesse che l' onorevole Fanfani ha condotto nel tentativo di ricreare la formula quadripartita o tripartita. ci è sembrato che il contrasto sugli orientamenti programmatici non fosse soltanto il contrasto fra la destra liberale e la sinistra repubblicana, come Il Popolo ha affermato. se i precedenti hanno un senso e se il corso delle trattative — almeno secondo la nostra interpretazione — ha un senso, evidentemente la Democrazia Cristiana ha considerato come punto insormontabile il rispetto delle dichiarazioni programmatiche del Governo Zoli, che evidentemente essa ha fatto proprie nelle sue successive elaborazioni. non si è trattato quindi di un conflitto tra sinistra repubblicana e destra liberale, rispetto a cui — mi permetta, onorevole Fanfani — la Democrazia Cristiana è stata soltanto mediatrice; ma si è trattato altresì di un contrasto fra gli impegni programmatici del Governo che la Democrazia Cristiana ha espresso in nome proprio e certe esigenze che il partito liberale aveva avanzato, anche attraverso l' ultimo discorso dell' onorevole Malagodi alla Camera. non siamo quindi noi a chiedere — anche se lo faremo — il rispetto degli impegni programmatici specifici assunti dal Governo Zoli, ma è la stessa Democrazia Cristiana che, attraverso il Governo, ne risponde al paese. e questo, ripeto, ci tranquillizza. ci tranquillizza per quanto riguarda i patti agrari , rispetto ai quali la nostra posizione è stata di estrema chiarezza. il nostro presidente, onorevole Macrelli, ha posto la sua firma agli emendamenti presentati dall' Unione italiana del lavoro , e noi manterremo fede a questi emendamenti e li difenderemo fino in fondo. ma vi è anche un impegno riguardante l' approvazione della proposta di legge Amadeo sui consigli regionali , con la presentazione contemporanea di una legge finanziaria . anche su questo punto noi crediamo di poterci aspettare dalla Democrazia Cristiana e dal Governo Zoli il rispetto degli impegni assunti. non sta certo a noi stabilire se questi impegni programmatici della Democrazia Cristiana , e soprattutto quello relativo alle regioni, possano esser condivisi dalle forze di destra che oggi appoggiano il Governo. noi non possiamo pensare che anche in questa materia e con tali forze esistano degli accordi sottobanco. l' onorevole Malagodi ha avuto già la franchezza di dirci che in precedenti casi accordi di questo genere esistevano. non so se la Democrazia Cristiana si sente di avallare tale asserzione. comunque, e con riguardo alla materia in esame, non pensiamo minimamente che manifestazioni programmatiche esplicite come quelle del Governo Zoli, della Democrazia Cristiana e del segretario politico della Democrazia Cristiana in persona, possano essere di fatto smentite da accordi che non conosciamo e che comunque non possono riguardare il Parlamento e i rapporti fra Parlamento e Governo. debbo dire per inciso — perché non vorrei aprire qui una discussione — al gruppo liberale e alle forze di destra che l' accanimento con cui essi combattono l' attuazione di uno dei fondamentali istituti della Costituzione, accusando i repubblicani di tendere alla disgregazione dello Stato o di minacciare addirittura l' unità dello Stato, è un argomento non degno assolutamente di considerazione. infatti quando la Costituente, nel pieno del suoi diritti sovrani, ha deliberato di dare questo ordinamento allo Stato, non ci trovavamo di fronte a una masnada di forze disgregatrici che avessero la libidine di distruggere l' unità dello Stato, ma ci trovavamo di fronte a forze politiche altamente qualificate che deliberavano sulla Costituzione della Repubblica italiana , e sapevano di assumere responsabilità eccedenti le responsabilità stesse di un Parlamento normale. ma poi, fra gli altri argomenti, debbo dire al gruppo liberale e alle forze di destra che questo divario che esse tendono a creare tra alcune regioni che godono già di statuto speciale e altre che non avranno nessuna sorta di statuto regionale, questo sì è una minaccia all' unità dello Stato. esso tende a dare carattere eccessivamente autonomistico allo statuto delle regioni che ne godono e mantiene il potere accentrato in altre. crea una forza centrifuga nelle regioni a statuto speciale , mentre la propagazione dell' ordinamento regionale ha l' effetto opposto: ricondurre le regioni a statuto speciale in una normalità costituzionale che — questa sì — rappresenta e garantisce l' unità dello Stato democratico . ma se da un criterio prettamente politico e costituzionale noi passiamo al fondo del problema, noi costatiamo che l' avere concesso uno statuto speciale a certe regioni, e soprattutto (e mi riferisco alla Sicilia e alla Sardegna) a regioni a economia depressa, ha costituito un ulteriore motivo di depressione per le regioni che non hanno uno statuto regionale. se l' onorevole Malagodi, che è un tecnico, avesse la compiacenza di interrogare gli esperti delle questioni meridionali (per esempio gli esperti della « Svimez » ) e coloro che studiano con attenzione questi problemi, avrebbe costatato che, nel quadro della depressione delle regioni meridionali , si sono salvate molto più le regioni a statuto speciale che le altre che non hanno nessuna sorta di ordinamento autonomistico. il che vuol dire che la nostra politica è iniqua anche da un altro punto di vista . noi abbiamo regioni — come la Calabria, la Campania o la Puglia — che soffrono oltre che per le depressioni strutturali storiche, anche per il fatto che, nella gara per vincere la depressione, altre regioni, attraverso l' articolazione regionale, hanno avuto modo di vivificare il loro mondo economico e politico più di quanto esse non possano. e noi non possiamo fare una politica così incoerente da premiare alcune regioni attraverso un ordinamento autonomo, e da castigare altre non concedendolo. in questo gioco in cui l' ordinamento regionale non è fattore di disgregazione, ma fattore vivificatore delle forze locali, la stessa Italia centrale rischia di perdere la corsa, se l' ordinamento regionale non dà a tutte le regioni modo di difendersi e di essere presenti. penso che questo fatto regionale debba essere meditato a fondo e che le forze di destra e il partito liberale , prima di usare parole grosse, e di assumere un atteggiamento propagandistico che ha un carattere accentuatamente anticostituzionale o comunque di disprezzo verso le forze politiche che hanno portato alla Costituzione della Repubblica italiana , debbano seriamente riflettere. con questo, onorevoli colleghi , io avrei finito se non dovessi dire che questa grave crisi con tutte le sue continue oscillazioni ha un significato profondo. non è la prima volta che il nostro paese, che le forze politiche del nostro paese devono scegliere una strada. in questi giorni, abbiamo dimostrato che la concezione di un quadripartito che sia stato sempre compatto e che per dieci anni abbia retto la vita pubblica italiana è una concezione che non ha nessuna aderenza alla realtà delle vicende politiche del nostro paese. abbiamo ricordato nel nostro giornale che una crisi di proporzioni minori, ma di eguale significato, si ebbe in Italia nel secondo semestre del 1949. dal 1947 in poi noi avevamo avuto un quadripartito che aveva assicurato la stabilità monetaria, aveva dato una politica internazionale al nostro paese, aveva difeso le istituzioni interne, aveva grandi ragioni di benemerenza. ma, all' ombra di tale governo fra il 1948 e il 1949 si ebbe una lunga e profonda discussione sugli orientamenti della politica economica e sociale. alcuni consideravano che il quadripartito, dopo aver risolto alcuni problemi fondamentali, si era fermato in una sorta di immobilismo economico e sociale e non riusciva a dare uno sviluppo dinamico alla politica del nostro paese. vi era chi sosteneva il contrario, e la crisi del Governo De Gasperi , credo il quinto, alla fine del 1949 vide precisamente scavarsi un solco tra le forze della sinistra all' interno del quadripartito e le forze più moderate. non dovete dimenticare, onorevoli colleghi , che a partire dal 1950 il partito liberale non partecipò alla coalizione e che dal 1950 al 1953 si ebbe forse il solo esempio di grande politica di sviluppo economico che sia occorsa in questi ultimi anni. la riforma agraria , la politica delle aree depresse, la liberalizzazione degli scambi furono le manifestazioni più salienti di tale politica. ora, noi non siamo solo di fronte ad una crisi di schieramenti politici, che sarebbe una esercitazione vuota, lasciatemelo dire: siamo di fronte alle necessità di una scelta, nel campo degli orientamenti di politica economica e sociale soprattutto. perché, onorevole presidente del Consiglio , parliamoci chiaro: l' onorevole Vanoni, sulla base di quelle esperienze, ci ha lasciato una grande eredità, almeno dottrinaria e teorica: il suo schema generale di lotta contro la disoccupazione. ma non raccontiamo al popolo italiano delle non verità. il piano di lotta contro la disoccupazione è stato ed è rimasto ineseguito e rimarrà ineseguito finché questo piano non avrà la specificazione delle forze politiche che possono realmente attuarlo. e la Democrazia Cristiana su questo piano dovrà fare una scelta, come una scelta è stata fatta nel secondo semestre del 1949 quando si trattò di decidere se fare o non fare la riforma agraria . dietro ai problemi di schieramento vi sono, dunque, problemi sostanziali: se noi dobbiamo dare un nuovo impulso, un nuovo sviluppo alla vita economica e sociale del nostro paese, facendo di esso una vera democrazia moderna (il piano di lotta contro la disoccupazione è il punto di arrivo di una democrazia moderna) o se noi dobbiamo rimanere molto al di qua di questo grande esperimento democratico e anche degli stessi esperimenti parziali del periodo 1950-53, ancorandoci a una politica moderata, rispettabile ma incapace di scalfire i problemi strutturali di fondo del nostro paese. da questo punto di vista le traversie politiche di questi mesi hanno un' importanza relativa, se noi, superando come possiamo la difficoltà del momento, sappiamo vedere nelle forze e nei problemi futuri del nostro paese. e sapremo dare un contenuto profondamente innovatore alla terza legislatura repubblicana. noi ci rendiamo conto che due partiti sono e saranno in difficoltà prima delle elezioni: la Democrazia Cristiana e il partito socialista italiano. ci rendiamo conto financo dei loro problemi. siamo così comprensivi che sappiamo attendere; ma è certo che questi due partiti ci dovranno dire un giorno o l' altro quel che intendono fare per rafforzare le sorti della democrazia non solo politica, ma economica e sociale nel nostro paese.