Pietro NENNI - Deputato Opposizione
II Legislatura - Assemblea n. 564 - seduta del 06-06-1957
1957 - Governo Tambroni - Legislatura n. 3 - Seduta n. 273
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , se noi non assistiamo e non partecipiamo in questi giorni ad una di quelle svolte politiche di fondo le quali imprimono il loro segno su tutta un' epoca della vita pubblica , pur tuttavia di una tale svolta abbiamo sotto gli occhi i segni premonitori tra contraddizioni, spinte, resistenze, controspinte ed equivoci, che di per se medesimi sono un indice della serietà della situazione. il segno più caratteristico delle incertezze di questa situazione sta nel fatto che mentre normalmente un voto sulla fiducia si può dire completo nei suoi effetti, almeno immediati, non appena uno dei due rami del Parlamento si è pronunziato, noi ci troviamo invece alla Camera, dopo il voto del Senato, con tutti i problemi ancora aperti. se ciò significa, comune ho l' impressione, che la Camera ha coscienza dei pericoli inciti in uno spostamento dell' asse politico verso destra, io credo che dobbiamo tutti rallegrarci di queste incertezze ed esitazioni e che il paese non ci criticherà per questo. si sa infatti come avventure destrorse del genere di quella di cui si è parlato, e di cui si sono avuti alcuni prodromi, incominciano; si sa anche come finiscono, solo che si interroga la storia degli ultimi quarant' anni , assai fertile in esperienze di codesta natura. all' incertezza del Parlamento hanno contribuito molti fattori ed anche il modo con cui la crisi ministeriale è stata aperta neppure come crisi extraparlamentare nel senso vero e proprio del termine, ma come crisi interna del gabinetto Segni o, forse meglio, come crisi interna della socialdemocrazia, al di fuori di qualsiasi indicazione politica per la sua soluzione. grande è stata in questo — pare a me — la responsabilità della socialdemocrazia e la responsabilità personale del collega Saragat. è di moda da un pezzo in qua presentare l' onorevole Saragat come l' espressione della volubilità o della incoerenza. egli non è stato in questa crisi né volubile né incoerente, ma direi piuttosto che è stato terribilmente logico con ciò che voleva, vale a dire un ritorno alla politica quadripartitica detta di ferro, della quale in tempi recenti e calamitosi egli era stato la mente e l' onorevole Scelba il braccio. si spiega così che il collega Saragat abbia impedito nel marzo scorso la crisi ministeriale che l' onorevole Matteo Matteotti voleva aprire sui patti agrari e sulla giusta causa permanente. dalla crisi come la voleva l' allora segretario generale della socialdemocrazia, dalla crisi come la voleva da tempo la sinistra socialdemocratica sarebbe scaturita una chiara ed inequivocabile indicazione a sinistra, con la denuncia del compromesso sui patti agrari , con la denuncia del centrismo, con una chiara ed impegnativa assunzione di responsabilità da parte dei socialdemocratici nella direzione della politica di unificazione socialista, che erano poi le cose che l' onorevole Saragat non voleva, o non voleva più, o non voleva in quel determinato momento. invece dalla crisi che si è aperta nel buio e nella confusione è uscito questo ministero a cui si è aggrappata, non per caso, l' estrema destra fascista e monarchica imprimendogli il proprio segno. vorrei dire innanzi tutto, onorevoli colleghi , che di un fatto noi socialisti ci rallegriamo, cioè della fine del quadripartito. ce ne rallegriamo perché ad esso risale, e ai minori partiti della coalizione non meno che al maggiore, la responsabilità della involuzione che si è compiuta dal 1948 in poi. ce ne rallegriamo perché ad esso risale la colpa di aver distolto la seconda legislatura del Parlamento repubblicano dall' indirizzo ad essa impresso ed indicato dalle elezioni del 7 giugno 1953, il dato fondamentale delle quali, onorevole presidente del Consiglio , fu il plebiscito in esse implicito sulla e contro la cosiddetta legge-truffa. ce ne rallegriamo perché senza la collaborazione dei socialdemocratici non da oggi, ma già dal 1954, la Democrazia Cristiana si sarebbe trovata nella necessità di una qualificazione e di una scelta che, anche se fosse stata una scelta a destra, oggi, assai probabilmente, sarebbe scontata nei suoi effetti e nei suoi risultati, mentre un grosso problema politico si apre allorché andiamo verso la fine della legislatura. ce ne rallegriamo perché sono cadute le coperture delle quali dal 1953 in poi la Democrazia Cristiana si è valsa per eludere le responsabilità che le competono. la copertura che la socialdemocrazia offriva a sinistra, i liberali l' offrivano a destra; ragion per cui la Democrazia Cristiana aveva un alibi e una giustificazione da opporre ad ogni critica e ad ogni denuncia. metteva a tacere la propria ala sinistra con l' argomento della necessaria collaborazione coi liberali e delle concessioni ad essa collaborazione inerenti. faceva tacere la propria base popolare vantando l' avallo dei socialdemocratici. da questo pulito di vista, noi consideriamo il centrismo come il maggior equivoco della vita pubblica italiana dal 1953 in poi, e si potrebbe dire dal 1948 in poi. che l' equivoco sia finito è per noi un motivo di sodisfazione. che alla fine dell' esperienza centrista la Democrazia Cristiana si sia trovata esposta al ricatto o ad una manovra della destra non ha nulla di straordinario: sempre l' immobilismo giova alla conservazione, l' alimenta e se ne alimenta. minori motivi di sodisfazione abbiamo di fronte alla soluzione che si è data alla crisi: in primo luogo perché il monocolore, fase transitoria inevitabile verso una definitiva chiarificazione, di per se medesimo costituisce un aggravamento e un appesantimento del monopolio democristiano del potere; in secondo luogo perché il carattere interclassista e politicamente poliedrico della Democrazia Cristiana rischia di riprodurre nel monocolore i motivi e le cause di immobilismo del quadripartito; infine, perché il programma del nuovo ministero, nella parte in cui risente delle concessioni che il presidente del Consiglio ha creduto di dover fare a richieste pubblicamente — ripeto, pubblicamente — avanzate dal nostro partito, è tale da risultare inapplicabile sulla base della maggioranza che si è costituita al Senato. questo è vero per quanto riguarda la dichiarazione di principio sul disarmo e la interdizione delle esplosioni nucleari, per dare concretezza alla quale noi attendiamo una iniziativa italiana del ministro degli Esteri fuori dal palleggiamento delle responsabilità che da anni è in corso fra i due blocchi militari. questo è vero per l' ente regione . io non so, onorevole presidente del Consiglio , se ella alludesse a me o a chi quando, nella sua dichiarazione ministeriale, accennò ai convertiti del regionalismo. sta di fatto che io ebbi molti dubbi, undici anni or sono, quando si trattò di concedere l' autonomia regionale alla Sicilia, in una situazione resa incandescente dalla esistenza di un movimento separatista che non si sapeva da chi fosse alimentato. quei dubbi, alla prova dei fatti, sono risultati infondati: la Sicilia ha potuto tanto più facilmente liquidare il separatismo, che era in realtà un focherello di sterpi, in quanto ha trovato nella autonomia regionale un motivo supplementare di fiducia in se medesima. non si tratta più di essere unitari con Mazzini o federalisti con Cattaneo: la storia ha macinato i motivi di quella vecchia polemica; non si tratta neppure di convertiti al regionalismo. per lei onorevole Zoli, per me, per l' onorevole Malagodi, per tutti i membri del Parlamento si tratta di applicare alla Costituzione e basta, a termine della VIII disposizione transitoria , i consigli regionali devono essere eletti entro un anno, vale a dire entro il 27 dicembre 1948. siamo nel giugno del 1957 e non si può davvero parlare di fretta inconsiderata se noi dominiamo che la Camera voti sollecitamente la legge elettorale già approvata al Senato. se questo è il significato delle sue parole, senatore Zoli, quando ha detto che non intende insabbiare nessuna legge ed ha assunto l' impegno di porre sollecitamente mano allo studio del problema finanziario « per concludere e non per differire » , si prepari ad assistere al discioglimento della maggioranza di questi giorni, non appena si parlerà delle regioni. la stessa cosa avverrebbe non appena arrivasse al vaglio della Camera la legge sulla obbligatorietà dei contratti di lavoro e non appena arrivasse al vaglio della Camera la legge sulla obbligatorietà dei contratti di lavoro e non appena il ministro delle Partecipazioni applicasse il provvedimento, di sua competenza, del distacco delle aziende Iri dalla Confindustria. e la stessa cosa — ed a maggior ragione — arriverà per la legge di riforma dei patti agrari , a proposito dei quali come a proposito della giusta causa permanente, l' impegno del presidente del Consiglio è importante, ma avevo bisogno di essere confermato e precisato (e lo stesso stamattina) con l' annuncio che la questione sarà posta all' ordine del giorno della prossime sedute. c' è in Parlamento una maggioranza che va dalla Democrazia Cristiana ai comunisti su questo problema, maggioranza che ha già votato, otto anni or sono, la giusta causa permanente e che è pronta a ritrovarla, solo che non entri in giuoco il meccanismo del voto di fiducia cui dovette ricorrere l' onorevole segni poche settimane or sono. ma, onorevole presidente del Consiglio , ella non ignora che la maggioranza costituitasi avant' ieri al Senato non la seguirebbe né nella questione della giusta causa permanente né in quella degli emendamenti Pastore. sarebbe dunque una maggioranza occasionale di un giorno, di una sera; sarebbe la maggioranza di un dispettuccio da dozzina? con quale dignità per voi, signori della Democrazia Cristiana ; con quale interesse per il paese? forse il riposto pensiero del presidente del Consiglio è di inaugurare il sistema delle maggioranze pendolari e interscambiabili. debbo, onorevole Zoli, toglierle in proposito ogni illusione, semmai ella ne ha avute. questo, per noi socialisti, è impossibile. non possiamo accettare il criterio delle maggioranze interscambiabili o pendolari. do atto all' onorevole Fanfani dell' importanza delle dichiarazioni da lui fatte nell' odierna seduta. esse comportano un attento esame. e tuttavia, se le prospettive politiche dell' onorevole Fanfani rimangono nel quadro della strategia delle mezze ali (come egli ha qualche volta detto, e che considero una strategia cinica), esse si urtano, per parte nostra, a una vera e propria impossibilità politica. sarebbe qualcosa di peggio del quadripartito e io dovrei chiedere scusa all' onorevole Saragat e all' onorevole Pacciardi di averli combattuti per quello che ho sovente chiamato il « patto scellerato » con il partito liberale , e che scellerato obiettivamente era nella misura in cui ha impedito lo sviluppo sociale possibile nell' attuale Parlamento. noi ci proponiamo di mettere il nuovo Governo alla prova dei suoi impegni sociali, non per giocare alle maggioranze interscambiabili, ma prima di tutto perché questo è il nostro dovere verso i lavoratori, e poi per persuadere il Parlamento e le masse popolari che sono dietro la Democrazia Cristiana del carattere assurdo della maggioranza che si è costituita al Senato, per far scaturire dai fatti e dalle cose la dimostrazione che la Democrazia Cristiana è fuori della realtà allorché parla di una apertura sociale e rifiuta la necessaria qualificazione politica. dico qualificazione, non apertura. « con chi? » . questa è la domanda che al congresso di Napoli fu posta ai democristiani dall' uomo che il Parlamento ha poi elevato alla più alta magistratura dello Stato. « con nessuno » , fu la risposta, ribadita in seguito al congresso di Trento. ma con nessuno non vi è riforma sociale che possa arrivare in porto . con nessuno oggi non si fa neppure della ordinaria amministrazione . ho parlato, onorevoli colleghi , di una maggioranza assurda. quella che si è costituita avant' ieri al Senato non è soltanto una maggioranza assurda: è una maggioranza scandalosa, in rapporto ai valori democratici repubblicani e di libertà ai quali tanti democristiani, fra cui l' onorevole Zoli personalmente, hanno dato un notevole contributo nel ventennio della dittatura mussoliniana e nelle lotte della Resistenza e della liberazione. dire — come ha fatto il presidente del Consiglio al Senato — che i voti di uno dei settori della nuova maggioranza egli non li cerca, non li desidera, non li sollecita, è la espressione di un sentimento altamente rispettabile. ma in Parlamento vi è un modo solo per rifiutare i voti di un determinato gruppo, ed è quello di dichiarare, fuori di ogni ambiguità, che il Governo non considera voto di fiducia quello determinato dall' apporto delle destre. ecco che cosa il paese repubblicano attende da lei, onorevole Zoli. in mancanza di una dichiarazione ferma e inequivocabile su questo punto i voti dell' estrema destra , negoziati o no, graditi o no, qualificherebbero il nuovo ministero, qualificherebbero la Democrazia Cristiana . quei voti darebbero l' avvio, se non ancora ad una organica consistenza, a quel clericomonarco-fascismo ad uso delle classi dirigenti , la cui apparizione nei lontani anni del 1921-22 fu più pericolosa e decisiva, ai fini della disintegrazione dello Stato costituzionale, dello stesso squadrismo. ha pensato il senatore Zoli, ha pensato il suo ministro dell'Interno , hanno pensato il ministro guardasigilli e quello della difesa al significato che assume o che assumerebbe e alle conseguenze pratiche ed immediate che si potrebbero avere col confluire della destra monarchico-fascista nella maggioranza ministeriale, non tanto e non solo qui, nella capitale, dove esistono sufficienti strumenti di controllo, ma lungo i mille canali o rivoli in cui si fraziona l' esercizio del potere? hanno pensato alle ripercussioni che un tale fatto è destinato ad avere nelle prefetture, nelle questure e nelle stazioni dei carabinieri giù giù fino ai gradi infimi dell' autorità statale? hanno pensato all' interpretazione che di quanto è avvenuto al Senato o può avvenire alla Camera darà il rozzo mondo agrario provinciale, che, quando non rimpiange il manganello, rimpiange il 1898? operazioni di questo genere sono sempre estremamente pericolose. all' onorevole Zoli può bastare il ricordo della sorte toccata nel primo dopoguerra al tentativo di Giolitti di esorcizzare Mussolini. operazioni simili sono particolarmente pericolose in un paese come il nostro dove la restaurazione democratica è recente e incompleta, l' ordinamento dello Stato repubblicano ancora fragile, la struttura sociale indebolita da sopravvivenze semifeudali nelle campagne, dal disuguale sviluppo e dal ritardo dell' industria, dalle distanze africane esistenti fra i diversi ceti sociali, dallo squilibrio ira nord e sud e tra zone industrializzate e zone depresse . faccia attenzione, onorevole Zoli (credo che sia inutile che io glielo dica), e faccia attenzione chi è entro e chi è sopra di lei. che voi lo vogliate o no, che ne abbiate coscienza o no, contro un connubio con la destra si scatenerebbe la più fiera lotta che le forze democratiche abbiano combattuto da dodici anni in qua. tutti i motivi polemici di un passato lontano e recente, dall' anticlericalismo risorgimentale all' antifascismo tornerebbero a galla con una virulenza che forse neppure noi sospettiamo. il paese si troverebbe spaccato in due, come nei momenti peggiori della sua storia. assisteremmo al naufragio degli sforzi tentati dal Capo dello Stato , secondato con piena lealtà dal nostro partito e da una vasta corrente della Democrazia Cristiana , di creare una situazione nuova, un nuovo equilibrio nel quadro di una politica di distensione. qui forse torna opportuno inserire la risposta che debbo al senatore Zoli e all' onorevole Fanfani sulla natura e le caratteristiche del partito socialista italiano. il senatore Zoli è ancora fermo alla tesi della nostra identificazione coi comunisti, in un momento in cui i motivi di discussione e anche di polemica tra noi e i compagni comunisti sono, purtroppo, assai seri e profondi. l' onorevole Fanfani ha, da parte sua, ripreso in altra sede l' originalissima polemica delle occasioni che noi avremmo mancato per differenziarci dai comunisti, anche in occasione dell' ultimo voto al Senato. onorevole Fanfani, noi non siamo alla ricerca di motivi di differenziazione dai comunisti. quando motivi di questo genere sono scaturiti dalle situazioni e dalle cose, non abbiamo esitato un istante a dire e a fare quello che ci pareva doveroso dire e fare: abbiamo, sui gravi e tragici eventi dello scorso anno , detto la verità o, più modestamente, quella che a noi pareva la verità. abbiamo a Venezia rinunciato al patto di unità d' azione e al frontismo, pur ribadendo la permanente necessità della solidarietà di classe tra tutti i lavoratori. e tuttavia, senatore Zoli e onorevole Fanfani, non uno di questi atti e fatti, non una delle polemiche nelle quali ci siamo scontrati e nelle quali potremmo scontrarci anche domani, ci sono stati suggeriti da motivi vili di compiacenza verso l' anticomunismo, ma soltanto dal modo con cui noi consideriamo l' evoluzione della lotta di classe nel nostro paese; i modi, le forme, gli strumenti e i mezzi del divenire del socialismo nel nostro paese e nella nostra epoca, in cui il socialismo è inseparabile dalla democrazia e dalla libertà. se siamo diversi, onorevole Zoli, dai socialisti di altri paesi è sempre perché il nostro paese è diverso da altri paesi, diverso dall' Inghilterra non meno che dalla Russia, con problemi sociali che altri hanno già risolto, con un più rozzo ambiente borghese, con meno matura coscienza democratica nelle classi dirigenti : se siamo diversi è perché siamo maggiormente esposti al quotidiano arbitrio dall' alto, cui sovente ha risposto, e non poteva essere diversamente, la rivolta dal basso. nessuno ha lavorato nella società italiana per la democrazia più di quanto ha fatto il nostro partito. a taluni di voi può fare comodo dimenticare ciò che l' Italia era quando sorse il partito socialista e cosa è divenuta anche per merito della spinta progressiva dei socialisti. a taluni di voi può far comodo dimenticare quale ruolo il nostro partito ha avuto nel difficile guado dal crollo del fascismo, sotto le rovine della disfatta militare, alla ricostruzione dello Stato, guado durante il quale le nostre rivendicazioni sono state sempre e solamente di ordine democratico. a taluni di voi può far comodo dimenticare che anche negli anni più recenti, l' impegno del nostro partito in politica estera , in politica interna e in politica economico-sociale, si è configurato entro il quadro di una generale politica di distensione che è la forma nuova della convivenza e della collaborazione interna tra forze politiche e sociali diverse. ciò che vorrei che voi sapeste e valutaste onorevoli colleghi di parte democristiana, è che se l' operazione accennata al Senato verrà portata a compimento alla Camera, se dovesse diventare la realtà politica di domani, voi avreste con le vostre mani distrutto quei germi di distensione che sono andati maturando dal 1953 in poi, che furono investiti dagli uragani internazionali dello scorso autunno, che stanno riprendendo consistenza e forza. perché vi si consiglia di farlo? ecco quello che vorrei sapere, ecco quello che non riesco a capire, a meno di non accettare come definitivo il giudizio negativo che fu dato sulla vostra prima esperienza politica di Partito Popolare e democratico. nessun paese più del nostro è esposto alle interferenze della situazione internazionale. qual è questa situazione? essa è per certo cattiva, e tuttavia il dato suo fondamentale è la stagnazione in conseguenza di quella che ho chiamato una volta alla Camera l' interpretazione conservatrice della distensione; la distensione concepita in termini di statu quo . tre fatti obiettivi giustificano la nostra fiducia nella pace e la nostra volontà di contribuire al suo consolidamento. non vi è stata, e non si delinea, la crisi economica del sistema occidentale che era stata prevista non soltanto dagli economisti marxisti, ma da molti economisti liberali. la congiuntura non è più favorevole per l' Europa occidentale come nei due o tre anni trascorsi. e tuttavia l' avvio a forme di integrazione economica europea, come il mercato comune , quando fossero circondate dalle garanzie da noi reclamate, può essere un elemento di progresso e di sviluppo. in ogni caso non pesa sul mondo e sull' Europa la minaccia di una di quelle crisi economiche di fondo che il capitalismo ha più di una volta risolto o tentato di risolvere con la guerra. non vi è stato, e non vi sarà, il crollo del sistema dei paesi dell'est che molti hanno considerato imminente durante la tragica crisi ungherese e quella polacca. è in corso nei paesi dell'est e nella stessa Unione Sovietica un processo di democratizzazione della vita pubblica , delle strutture economiche, del costume politico, se non ancora delle sue strutture. esso subisce arretramenti e crisi, ma connaturato com' è, a nostro giudizio, ai progressi stessi del comunismo, nel campo della produzione, della istruzione e del livello di vita delle popolazioni, non può che andare avanti. è storicamente irreversibile. la sola possibile liberazione, alla quale ella ha accennato, onorevole presidente del Consiglio , dei paesi e del popoli d' Europa orientale è inerente a codesto processo che va aiutato, incoraggiato, sostenuto, e fuori del quale vi sarebbe soltanto la controrivoluzione e con la controrivoluzione la guerra. il terzo dei fattori ai quali accenno è che di fronte ai terribili progressi delle armi termonucleari, all' orrore che suscitano nelle popolazioni, alla rivolta dell' intellighenzia europea e mondiale, nessuno oggi si sente di impiegare o sfidare le armi atomiche . sono, come ho detto, fattori negativi, e che operano in senso statico, ma sono fattori i quali offrono comunque larghe possibilità alla iniziativa dei costruttori di una politica di convivenza, di coesistenza, di pace. non sarebbe esatto dire che nulla si vuole. progressi stanno per essere realizzati nel campo del disarmo o perlomeno del controllo degli armamenti. si delinea la prospettiva di una intesa diretta fra Mosca e Washington al punto che l' Europa ne è preoccupata, mentre avrebbe molti motivi per compiacersene. il sorriso di Kruscev sugli schermi televisivi americani è probabilmente qualche cosa di più di un gesto propagandistico, per quanto io abbia la debolezza di confessarvi che, anche se si trattasse soltanto di propaganda, preferisco il sorriso al digrignare dei denti. l' Inghilterra ha preso in questi giorni una iniziativa nella questione cinese che può darsi sia soltanto in apparenza osteggiata dall' America, che comunque apre interessanti prospettive anche al nostro paese se le sapremo cogliere e se non preferiremo farci tagliare fuori dall' Inghilterra, dalla Germania, dalla Francia, dal Belgio, dallo spazio vitale per i nostri commerci che la Cina è in grado di offrirci. nell' ambito dei blocchi in cui si configura malauguratamente la divisione dell' Europa e del mondo si avvertono scricchiolii, spostamenti, adeguamenti, all' ovest come all' est. l' Europa occidentale ha potuto, nel corso della crisi di Suez, valutare fino a qual punto essa è debole, malgrado le basi navali ed aeree americane, malgrado i sacrifici che si impone in materia di armamenti, solo se viene ostruita la via d' acqua per cui passano i suoi approvvigionamenti petroliferi. si fa strada l' idea che la questione tedesca è risolvibile soltanto nel quadro di una neutralizzazione della Germania unificata. la Camera mi consenta un piccolo peccato che non è di vanità, mi consenta di ricordare la sorpresa con la quale il Governo e la maggioranza reagirono, nel novembre scorso, all' invito che da questa tribuna rivolsi all' allora ministro Martino per chiedergli di sottoporre all' Onu, nel quadro delle iniziative per sbloccare la situazione in Egitto ed in Ungheria, la proposta del ritiro contemporaneo delle truppe straniere ovunque esse stazionino, quelle sovietiche dai paesi dell' Europa orientale , quelle della NATO dai paesi dell' Europa occidentale . sembrò un sacrilegio. non molte settimane fa abbiamo ascoltato a Roma il leader del partito laburista inglese esporre il piano della creazione di una fascia di Stati neutrali in Europa. nei giorni scorsi Krusciov in persona ha formulato una proposta analoga, chiedendo nella nota intervista televisiva il ritiro delle truppe americane dalla Germania occidentale e dai paesi dell' ovest in cambio del ritiro delle truppe sovietiche dalla Germania orientale , dalla Polonia, dall' Ungheria e dalla Rumenia. oh lo so, onorevoli colleghi , lo so quello che si dice, che sarebbe un marché des dupes che le divisioni sovietiche resterebbero a portata di mano dell' Occidente e quelle americane dovrebbero passare l' Atlantico. non sto a discutere, perché non ne ho la competenza, il valore di queste idee strategiche e tattiche nell' epoca dei bombardieri a reazione, della bomba H e dei missili intercontinentali. sta di fatto che se il ritiro generale delle truppe straniere non è ancora attuabile, attuabile è per certo il contemporaneo ritiro delle truppe americane e sovietiche dalla Germania. sarà un primo importante passo, sarà uno di quei progressi sostanziali nella costruzione della pace, le cui benefiche ripercussioni verranno risentite da tutta l' Europa. l' Europa è di fronte ai problemi del Medio Oriente , dove la differenza di atteggiamento dell' America in Egitto e in Giordania, quando si tratta del petrolio per l' Europa e quando si tratta del petrolio dell' Arabia per gli USA, ha messo a nudo il carattere del puritanesimo del signor Dulles del quale si è detto che abbia la testa nelle nuvole e i piedi nel petrolio. anche l' Italia è di fronte ai problemi del Medio Oriente e del mondo arabo , che per noi si dovrebbero concretare in tre direttive: a favore della federazione dei popoli e degli Stati arabi , contro i sovrani feudali e le dittature militari, e per un' intesa degli arabi con gli ebrei dello Stato di Israele . un vasto, un vastissimo campo di azione è davanti all' Italia, in cui lo spirito neutralistico che anima la nostra concezione della politica estera italiana e dell' europeismo, può trovare un facile terreno di intesa anche con chi si colloca dal punto di vista della fedeltà alla politica delle alleanze, agli obblighi delle alleanze. purché questa fedeltà venga intesa in senso dinamico e non dogmatico, di cose in movimento, di sicurezza collettiva, di disarmo e di distensione. con questa situazione europea e mondiale, onorevoli colleghi , che cosa ha a che fare l' operazione di politica interna dell' agganciamento dell' estrema destra , la quale è fuori di ogni prospettiva, non ha peso politico, visto che la realtà europea — dell' Europa occidentale — si chiama socialismo democratico , si chiama Democrazia Cristiana , si chiama comunismo, almeno limitatamente all' Italia e alla Francia, ma non si chiama fascismo in nessun caso, in nessuna occasione, in nessuna prospettiva? non voglio riprendere qui il vasto esame della situazione interna nei suoi aspetti economici e sociali che ho di recente fatto in altra sede. che cosa ne risulta? ne risulta che il difetto della ricostruzione è che essa, per mancanza di iniziativa e di coraggio, ha riprodotto pressoché tali e quali, anche se ad un livello leggermente superiore, gli squilibri economici di prima della guerra. ne risulta il carattere intollerabile di una situazione caratterizzata da un indubbio progresso economico al quale non ha corrisposto un analogo progresso sociale . ne risulta che ci troviamo alle soglie della seconda rivoluzione industriale, avendo ancora da risolvere i problemi della nostra agricoltura, della liquidazione delle sopravvivenze feudali, della industrializzazione del Mezzogiorno. ne risulta che siamo forse alla vigilia della integrazione italiana nel mercato comune europeo in uno stato di spaventosa impreparazione. ragion per cui noi abbiamo chiesto, e ne facciamo formale proposta al Parlamento e al Governo, un piano economico di 4 anni, tale da farci giungere alla prima scadenza quadriennale del trattato del mercato comune , in condizione di trarne i vantaggi che la nostra economia e i nostri lavoratori possono attendersene. ne risulta che, mentre la produzione e il lavoro stanno per fare un prodigioso salto qualitativo che esige un tipo nuovo di tecnico e di operaio specializzato, la nostra scuola pubblica è del tutto incapace di darci questi tecnici e questi operai qualificati. che dico? essa ci lascia ancora sulle braccia milioni di analfabeti, e sforna di preferenza umanisti invece che scienziati e tecnici. ne risulta che le aziende Iri e le aziende a partecipazione statale sono ancora vincolate a direttive privatistiche in netto contrasto con la loro funzione, come sa per certo il neoministro delle Partecipazioni. ne risulta l' insabbiamento del piano Vanoni attraverso l' insufficienza della politica finanziaria degli investimenti pubblici e la mancanza di un serio controllo degli investimenti privati. ne risulta che oggi, come negli anni precedenti, a ricostruzione presso che ultimata, il numero dei disoccupati è stazionario. ne risulta un pericoloso distacco tra Stato e lavoratori, tra Stato e organizzazioni sindacali , tra Stato e produttori di lavoro e di ricchezza. e potrei continuare, se non temessi di abusare dell' attenzione della Camera. ma, onorevoli colleghi , c' è una sola esigenza della nostra vita economica e sociale la quale quadri con l' operazione destrorsa di cui ella, onorevole Zoli, rischia di essere la prima vittima? no; non c' è uno solo di questi problemi che si risolva nel quadro d' una politica clerico-monarchico-fascista, che sarebbe una politica di gretta conservazione e di ottusa reazione. non c' è uno solo di questi problemi che si risolva nel quadro d' una politica integralista che voglia associare ad un certo attivismo sociale, un sistema politico del tipo salazariano. tutta questa è roba vecchia, aumentata da paure e da odi che da tempo avrebbero dovuto lasciare il passo a forme nuove e moderne di vita sociale, nelle quali l' egualitarismo socialista s' incontra con l' egualitarismo cristiano ed evangelico e può essere la sorgente di notevoli realizzazioni. è la vita, onorevole Zoli, che va a sinistra. il suo amico onorevole La Pira vede in questo un disegno della divina Provvidenza; io ci vedo, più modestamente e pedestremente, una legge della storia. ma, via della Provvidenza o legge della storia, questa è la realtà del mondo moderno. il suo partito ha lasciato a lei, onorevole presidente del Consiglio , la responsabilità d' una decisione, d' una scelta, che assumeranno il carattere d' una specie di giudizio di appello. decidendo e scegliendo, io le auguro di ispirarsi ai valori delle grandi lotte democratiche che le valsero una condanna a morte, che è il più bel titolo della sua vita.