Palmiro TOGLIATTI - Deputato Opposizione
II Legislatura - Assemblea n. 563 - seduta del 05-06-1957
Concernenti il conflitto in Bosnia e la situazione nelle Repubbliche già facenti parte della Jugoslavia
1957 - Governo I Amato - Legislatura n. 11 - Seduta n. 8
  • Comunicazioni del governo

ella vorrà concedermi, signor presidente , e anche voi, onorevoli colleghi , vorrete concedermi che le circostanze in cui si è prodotta la crisi da cui è uscito il Governo attuale e le circostanze stesse in cui questo nuovo Governo si presenta al Parlamento e al paese sono state e sono strane, atte più che altro a generare non solo perplessità ma confusione. non vi è stato un dibattito parlamentare da cui il precedente Governo sia uscito sconfitto. anzi, il precedente Governo, presieduto dall' onorevole Segni, ricevette nelle ultime settimane della propria esistenza alcune attestazioni di fiducia dalla Camera e dal Senato, tanto su questioni particolari quanto su temi generali della propria politica. la crisi è sorta dal seno dei partiti che facevano parte della precedente coalizione governativa: su questo tutti sono d' accordo. ma in qual modo e per colpa di chi, è difficile dire. a questo proposito abbiamo letto con una certa curiosità e con interesse l' ordine del giorno presentato in Senato dal senatore Luigi Sturzo, contenente una protesta per il fatto che dall' interno dei partiti escano disposizioni e ingiunzioni tendenti ad alterare il corretto corso della vita democratica e parlamentare. alla nostra curiosità e all' interesse non nego però che si è mescolata una certa maliziosa sodisfazione. tutti sappiamo, infatti, che il senatore Luigi Sturzo è stato nel nostro paese uno degli autori, forse il più efficace autore, del sistema di queste ingiunzioni che tendono ad alterare il corretto corso della vita parlamentare. tutti ricordiamo come la sua attività in questo senso, in un periodo di lotte politiche assai acute, abbia avuto conseguenze pesanti per le sorti della democrazia italiana. siamo lieti che dopo tanti anni il senatore Sturzo sia giunto a formulare un' autocritica. speriamo ne tengano conto anche i suoi allievi e continuatori. fatto sta che nel nostro caso la fiducia nel Governo era stata riconfermata da uno dei partiti della coalizione governativa persino a costo di sacrificare il proprio segretario, che era contrario a questa riconferma. di colpo la crisi si produce per il distacco dalla coalizione di questo stesso partito, in seguito alla presa di posizione del suo segretario, già vicepresidente del Consiglio dei ministri . e il distacco non è stato motivato con il sopravvento di qualche fatto nuovo che sia stato denunciato davanti al Parlamento o all' opinione pubblica ; bensì come il risultato di un logorio e di contrasti interni al precedente Governo che sarebbero stati in atto da molto tempo, di cui però non si era parlato prima e sino ad oggi non si è parlato apertamente, mettendo le carte in tavola , fatta eccezione per il piccolo accenno fatto ieri al Senato dal presidente Zoli, e sul quale avrò modo di ritornare. anche a questo proposito quindi il giudizio che noi possiamo dare è difficile. per quanto riguarda il corso stesso della crisi, credo che questa volta l' elemento caratteristico sia stato il fatto che non sono stati affrontati né dibattuti, né dai partiti che fecero parte del precedente Governo, né dai partiti della destra, questioni sostanziali di programma. anzi, quando noi abbiamo cercato di farlo, di presentare, cioè, problemi di programma politico e di orientamento del Governo che si stava per costituire, siamo stati considerati come dei guastafeste, nonostante presentassimo le nostre proposte col senso di responsabilità che ci deriva dal fatto di essere il più forte partito dell' opposizione parlamentare. è incominciato invece il giuoco delle formule, si è discusso se occorresse continuare col tripartito, oppure ritornare al quadripartito, o tentare un bipartito, ovvero cavarsela col monocolore. dietro a questo giuoco delle formule, abbastanza difficile era scoprire che cosa in ogni caso si nascondesse. il risultato è stato quello che abbiamo visto ieri al Senato: una rottura profonda del partito della Democrazia Cristiana con quei partiti che sono stati i suoi alleati fino a ieri sul terreno governativo, e una nuova amicizia nella direzione dei partiti della destra, non costituzionale e incostituzionale, la quale ha dato al Governo voti non sollecitati, è stato detto, ma nemmeno respinti. il risultato quindi è oggi chiaro, chiarissimo. se mi si permette di usare un aggettivo che forse si addice all' odierna congiuntura politica, direi che è inequivocabile. nella sua chiarezza questo risultato racchiude però una tale somma di elementi contrastanti, una tale serie di interrogativi, alcuni dei quali angosciosi, che si pongo alla coscienza del cittadino di sentimenti democratici e repubblicani, che la confusione non è stata diminuita, ma, se possibile, è stata resa ancora più grande. in realtà siamo tratti alla conclusione che ci troviamo di fronte a una crisi di Governo dalla quale è sorta una crisi, o almeno sono, sorti i primi elementi di una profonda crisi di tutto il nostro regime democratico repubblicano. ora, io mi sono chiesto e mi chiedo: veramente questa confusione e questo risultato sono da ricondurre soltanto agli episodi più o meno meschini della vita interna dei partiti della precedente coalizione governativa, o alle vicende della nostra vita parlamentare? si possono ricondurre soltanto all' egoismo che viene rinfacciato ai partiti e alle loro direzioni; a quel giuoco, in apparenza assai complicato, ma in realtà abbastanza chiaro, che si svolge nel momento in cui ci avviciniamo ad una consultazione politica generale, tra il partito della Democrazia Cristiana che palesemente, per proprie dichiarazioni, tende a conquistare la maggioranza assoluta e quindi a consolidare in linea non soltanto di fatto, ma di diritto, il proprio monopolio politico totale, i partiti della destra che vogliono scuotere da sé l' abito di eterni aspiranti ad avere una funzione politica positiva e riconosciuta, e i partiti del centrosinistra, preda di una profonda crisi, che è conseguenza della stessa loro linea di condotta in tutti gli anni passati, e particolarmente nella collaborazione con la Democrazia Cristiana ? tutto questo esiste, io non lo nego. di tutte queste circostanze tornerò ancora a parlare. però tutto questo non basta a spiegarci la confusione della situazione attuale e la profonda crisi del nostro regime democratico, quale si è manifestata e si sta manifestando in questi giorni. per questo il nostro sforzo credo dovrebbe essere volto a cercare se non ci troviamo di fronte ad uno di quei processi che spingono gli uomini, i partiti, le assemblee politiche, a certe determinazioni anche al di fuori della volontà loro esplicita e, consapevole; e cioè, se non ci troviamo di fronte a una crisi che si inserisce in un processo più generale che ha luogo, o che si prepara non soltanto nel nostro paese, ma anche di là dalle nostre frontiere. per quello che si riferisce, a ciò che sta di là dalle nostre frontiere, non si inserisce forse questa nostra crisi in un momento di grave incertezza e di vera e profonda crisi che interessa tutto il cosiddetto mondo occidentale, o per lo meno la maggior parte dei paesi che ne fanno parte? e, per ciò che si riferisce all' Italia in particolare, non ci troviamo noi di fronte al punto di arrivo d' un lento processo di involuzione conservatrice e reazionaria che ci ha gradatamente staccati da quelli che erano i punti di partenza, gli atti fondamentali da cui è uscita la nostra nuova democrazia, da cui sono uscite la Repubblica e la Costituzione repubblicana? nelle relazioni internazionali il momento è assai grave. si sono avuti negli ultimi mesi sviluppi drammatici, tempestosi. si era iniziato un processo distensivo, anche se in modo parziale, limitato. questo processo, però, non si è sviluppato. anzi, hanno avuto il sopravvento forze che tendevano ad arrestarlo, a farlo andare indietro. sono tornati a dominare sulla scena internazionale i forsennati, coloro i quali hanno detto, confessato e proclamato che la loro politica internazionale consiste nel portare il mondo intiero sull' orlo di un abisso, e cercare di trarre il maggior profitto per se stessi da questa situazione. ad un certo momento, verso la fine dell'anno passato, è sembrato perfino che stessimo per cadere nel fondo di un precipizio. in Ungheria, in una serie di eventi prodottisi per cause che non è necessario qui stare a indagare, si è inserito il tentativo di realizzare qualcosa di quella politica di « liberazione » dei popoli dell' Oriente europeo dai regimi che essi si sono dati, e si è così arrivati a un limite estremo, al di là del quale vi era soltanto più una prospettiva, la caduta in un regime fascista, e il salto nel precipizio di una guerra, che anche da quella parte ci minacciava. per sfuggire a questa inevitabile prospettiva, si è fatto ciò che era necessario fare. contemporaneamente veniva scatenata una guerra di aggressione contro il popolo egiziano , una guerra ingiustificata, condannata da tutti gli uomini liberi del mondo intiero e che ha avuto serie e gravi ripercussioni non soltanto sulla economia, ma sulla politica di alcuni Stati, fra i principali dell' Europa, e sugli animi degli uomini. ci si è fermati a tempo; ma ci si è fermati all' ultim' ora, e la situazione è carica tuttora di molti fra gli elementi e fattori che ci avevano spinto fino all' orlo dal precipizio. oggi continua nel Mediterraneo una guerra spietata, feroce, condotta dal governo francese contro il popolo algerino , colpevole soltanto di reclamare la propria indipendenza nazionale, il riconoscimento cioè di quei diritti che ad ogni popolo oggi dovrebbero essere riconosciuti. la Repubblica francese , nostra grande vicina, è spinta, da questa guerra stessa e dalla cieca ostinatezza con cui la conduce, verso una catastrofe economica, politica, sociale. altri paesi imperialistici perdono una dopo l' altra le loro posizioni, e le ripercussioni si fanno sentire in tutta la loro situazione interna e internazionale. il Medio Oriente , dove la guerra era stata scatenata dagli imperialisti inglesi e francesi e dal loro servo di Israele, sta facendo l' esperienza di un nuovo colonialismo, che ostenta metodi diversi, ma ha le stesse mire di dominio degli imperialismi che furono sconfitti nella guerra contro l' Egitto. e intanto, gli eserciti di tutti i paesi stanno cambiando il loro armamento. le armi classiche (vedete un po' dove va a finire il classicismo!) vengono abbandonate soltanto, sostituite dalle armi atomiche e nucleari. si dice che queste sono soltanto armi tattiche; però i competenti ci spiegano che la differenza non è di qualità, né di quantità, è soltanto di terminologia, perché l' impiego di queste armi atomiche , cosiddette tattiche, già di per sé equivale all' impiego delle bombe atomiche e termonucleari e non può non portare all' uso di queste bombe. ma in qualsiasi conflitto scoppiasse — è stato spiegato da uomini responsabili dell' attuale politica degli USA — le armi atomiche e termonucleari verranno impiegate. quindi non vi sono più né limiti né varianti. d' altra parte, il solo allestimento di queste armi richiede esperienze e tentativi che già fanno pesare sugli uomini orribili minacce, che nessuno più nega essere reali. la prospettiva che si apre all' umanità in queste condizioni ha qualcosa di un incubo, che grava e sempre più graverà sugli animi quando più le semplici circostanze di fatto verranno conosciute, e oggi esse vengono sempre più ampiamente conosciute nel mondo intiero. e allora sorge dall' animo degli uomini semplici, delle moltitudini che amano la vita e la libertà, delle nazioni che vogliono difendere la propria esistenza, sorge la necessità — espressa in modo sempre più chiaro — che si cambi strada, sorge la esigenza di una svolta, la richiesta che si inizi un' era nuova nello sviluppo delle relazioni internazionali. altrimenti, a che vale stare a discutere (e la discussione ha veramente qualcosa di macabro) se, scoppiando un conflitto, sarà tutta la civiltà umana odierna che verrà distrutta o soltanto una parte di essa e quale? ho apprezzato un' interruzione che il presidente del Consiglio ha fatto a un nostro compagno al Senato, quando ha detto che il problema che oggi si pone non è soltanto quello di giungere a una sospensione degli esperimenti atomici e a una condanna delle armi termonucleari e atomiche, ma è assai più profondo. onorevole presidente del Consiglio , io non nego l' importanza dei risultati anche parziali, che possano essere raggiunti per aprire una via nuova allo sviluppo delle relazioni internazionali; però ritengo che veramente il tema che deve essere affrontato riguarda il fondo dei rapporti tra i popoli, le nazioni e gli Stati nel momento attuale. bisogna eliminare l' incubo che oggi grava sulla umanità. aprire una strada nuova! fino a che questa strada nuova non sarà aperta è inevitabile che in tutti i paesi si attraversino momenti di angoscia, di confusione profonda, di crisi sempre più grave. si sta infatti aprendo un contrasto insuperabile fra le coscienze e le aspirazioni degli uomini, che vogliono vivere e andare avanti nello sviluppo di tutto ciò che l' umanità ha creato nel corso della sua storia, e le prospettive di incubo che escono dall' attuale sviluppo delle relazioni internazionali. ho detto che ho apprezzato, signor presidente del Consiglio , una sua interruzione in cui mi è parso di scorgere una certa coscienza di questa realtà. non ho invece apprezzato la parte del suo discorso di ieri al Senato dove ella, in tono che veramente mi è parso troppo elementare e persino infantile, affrontava il problema della divisione del mondo in due blocchi , ripresentandoci quelle tesi « che vengono ripetute quotidianamente, con le stesse parole, con la martellante monotonia che caratterizza qualsiasi macchina propagandistica, nei discorsi, nelle note, nelle dichiarazioni, negli articoli di stampa dedicati alla campagna » contro l' Unione Sovietica , contro i partiti comunisti e contro il nostro movimento. non ho apprezzato il modo come ella ha affrontato questo problema. è mancata a lei in quel momento la capacità di scoprire il fondo della questione. la discussione del tema « quale dei due blocchi sia stato o sia aggressivo » è una discussione in parte storica e in parte polemica. questa stessa rivendicazione io le stavo presentando in questo momento. il dibattito storico e la discussione polemica potremo continuarle. vi sono sedi adatte a questo. ma non troveremo, attraverso questo dibattito, la strada per uscire dalla situazione attuale. qual è la vera questione, il vero problema? il vero problema è che ci troviamo di fronte al crollo di tutta una concezione dei rapporti internazionali, la concezione che ha dominato dal 1948 in poi, fondata sulla esistenza e la contrapposizione di differenti blocchi politici e militari, volti, dall' una e dall' altra parte, a determinati scopi. gli scopi che il blocco atlantico occidentale si proponeva non sono stati raggiunti. è un fatto che nessuno può negare. il campo dei paesi socialisti si è non solo rafforzato, ma esteso nel modo che a tutti è noto, e in Europa e in Asia. ma non basta. la vecchia concezione, fondata sulla contrapposizione dei due blocchi , non corrisponde più alla realtà odierna delle cose, contraddistinta non solo dal già ricordato rafforzamento del mondo socialista, ma dall' affermarsi di una molteplicità di Stati nuovi, dall' avvento sulla scena della storia di nuovi popoli, che vogliono la loro indipendenza e intendono seguire vie nuove di sviluppo economico e politico. a questa situazione nuova la vecchia dottrina dei blocchi non corrisponde più. non vale più molto, oggi, la ricerca, propria appunto della vecchia concezione, di chi sia o non sia l' aggressore, di chi sia il bene intenzionato e chi il male intenzionato. se si dovesse rimanere legati a questa vecchia e sorpassata dottrina, la prospettiva non potrebbe essere che catastrofica, come riconoscono ormai le migliori intelligenze del mondo. occorre quindi trovare un' altra via e questa non può essere che quella del ritorno a una politica di distensione e comprensione reciproca. tale politica però non deve avere soltanto un contenuto negativo. l' errore compiuto nel passato è stato forse di limitarsi a eliminare certi mali e accontentarsi di ciò. non si è passati dal negativo al positivo. la distensione, invece, non deve essere soltanto intesa in senso negativo; deve acquistare un contenuto positivo, tradursi in un reale avvicinamento di posizioni, in una reale comprensione e intesa fra le grandi forze che oggi dominano la scena dei rapporti internazionali. se non si giunge a questo, i nemici della distensione finiranno fatalmente sempre per avere il sopravvento. a questo proposito, mi sia permesso ricordare come nel passato fummo noi comunisti italiani ad avanzare per primi l' idea di una grande intesa fra il mondo cattolico e quello comunista, allo scopo di creare una nuova situazione internazionale. questa idea sorgeva dalla realtà delle cose e, in particolare, dal modo come noi ci muoviamo nella situazione italiana. essa non partiva, senz' altro, da una determinazione della politica estera dei singoli Stati; prevedeva però, come conseguenza inevitabile, una modificazione di questa politica. la nostra idea non venne compresa, si irrise ad essa e si cercò di passare oltre; ma fu un gravissimo errore. infatti il problema che noi additavamo allora e additiamo oggi all' attenzione di tutti deve essere inevitabilmente risolto. se non lo sarà per quella via, lo sarà per un' altra via. e coloro che hanno respinto quella via, forse, a un certo momento, dovranno riconoscere di essere stati tagliati fuori, perché altre forze saranno andate avanti con maggior decisione e senza chiusure fanatiche per la strada che deve essere seguita. la questione si pone oggi in modo acuto nell' ambito della politica dei singoli Stati e, quindi, nell' ambito della politica dello Stato italiano, della nostra politica estera . ma qual è, dov' è una politica nazionale italiana? ecco la domanda che io mi sono posto parecchie volte nel corso degli ultimi anni. perché, nel momento in cui sono avvenuti, per esempio, i più gravi fatti che hanno sconvolto la scena internazionale, ho riconosciuto che vi era una politica francese, di aggressione imperialistica, cieca, brutale; ho riconosciuto una politica inglese, analoga a quella francese, con qualche sfumatura; ho riconosciuto una politica americana, che si differenziava dalle precedenti per molti punti; ho riconosciuto e riconosco che esiste oggi una politica estera tedesca, la quale ha per suo fondamento lo sviluppo dell' economia industriale di quel paese e le aspirazioni di dominio che le sue classi dirigenti di solito avanzano sulla base di questo sviluppo. a questo punto mi sono chiesto; ma qual è, dov' è una politica italiana ? una politica estera incomincia infatti dalla distinzione. se non vi è distinzione, e se non vi è una distinzione sui problemi fondamentali del momento, anzi se non vi è una distinzione la quale tenda ad abbracciare un orizzonte assai vasto, una politica estera nazionale non vi è. questo è il rimprovero più grave che dobbiamo fare ai governi che hanno fatto la nostra politica estera negli anni passati; e questo rimproveriamo anche a lei, onorevole Zoli, per le dichiarazioni che ha consacrato a questa parte del suo programma. nel momento in cui avvenivano i fatti più drammatici, scoppiava una guerra e si era sull' orlo di un abisso, il nostro ministro degli Esteri , onorevole Martino, in modo faticoso, penoso, arrancava da una riunione all' altra, da un paese all' altro, al seguito delle grandi potenze, di cui alla fine approvava tutta la linea di condotta, non senza qualche volta ricevere qualche schiaffo, che ha ferito, in una certa misura, la nostra dignità nazionale. quando è stato aggredito l' Egitto, per trovare qualche cosa che distinguesse la politica italiana dalla politica aggressiva che stavano facendo la Francia e l' Inghilterra e da quella americana, siamo dovuti andare a cercare con il lanternino qualche frase, qualche aggettivo, in qualche nota del giornale della Democrazia Cristiana : documenti privi di qualsiasi ufficialità e di qualsiasi valore, per determinare la politica estera di un paese come il nostro. alla fine, l' Italia ha dato ufficialmente la propria adesione alla linea di condotta delle grandi potenze imperialistiche dell' Europa occidentale . per quanto riguarda la distensione, il nostro Governo ha avuto persino paura, nel passato, di adoperare questo termine. anche qui, per trovare un accenno alla necessità di una distensione, abbiamo dovuto leggere i resoconti di quella Internazionale dei partiti cattolici che si è riunita alcune settimane or sono ad Arezzo e dove l' onorevole Fanfani auspicò, con una propria e discutibile motivazione, un ritorno a una politica di distensione internazionale. ma anche questa non era la politica del nostro Governo; direi che non era nemmeno la posizione del partito dominante, perché non corrispondeva affatto a ciò che veniva sostenuto da tutti i rimanenti organi di quel partito. mi sia permesso a questo proposito di toccare — sia pure di sfuggita, signor presidente — una questione di grande delicatezza, ma che pur deve essere toccata. qual era il contenuto della lettera che il presidente della nostra Repubblica aveva deciso di inviare al presidente della Repubblica degli USA? e perché questa lettera non è stata inviata? quale contrasto esisteva? comprendo, signor presidente , che è questione di estrema delicatezza perché investe una personalità i cui atti il Parlamento non deve sottoporre a discussione. però, dal momento che il fatto è avvenuto e tutti ne hanno parlato, noi abbiamo il diritto di chiedere che sia sodisfatto l' interesse che abbiamo a conoscere meglio quali sono le differenti posizioni che possono esistere anche nel Partito di maggioranza e nel Governo il proposito di temi di importanza fondamentale per la vita della nazione. a proposito del disarmo, l' onorevole Zoli ha ieri ricordato le dichiarazioni fatte dall' onorevole Piccioni all' Assemblea delle Nazioni Unite . ma sono appunto quelle dichiarazioni che noi critichiamo, è in quelle dichiarazioni che non troviamo la linea di una politica nazionale italiana, perché esse si riducono all' affermazione che « ogni proposta, purché seria e leale, diretta a favorire il disegno, troverà l' Italia pienamente favorevole e consenziente » . ma quale è la proposta nostra? quale è la nostra politica? da questa dichiarazione ciò non risulta: non risulta che cosa proponiamo noi, quale iniziativa prendiamo per riuscire a far emergere il nostro paese a far emergere la personalità dell' Italia nel dibattito delle grandi questioni che interessano l' opinione pubblica del mondo intiero. a proposito delle relazioni con la Cina, l' onorevole presidente del Consiglio ha detto ieri che il problema interessa l' Onu e che ivi esisterebbe una situazione che non consente un riconoscimento. la verità è che la Cina non fa parte dell' Onu perché lo statuto dell' Organizzazione delle Nazioni Unite è apertamente violato a suo danno. perché non dobbiamo dirlo? perché l' Italia non può avere a questo proposito una propria posizione, di coerenza con se stessa quando dichiara di voler regolare la propria condotta secondo i principi dello statuto delle Nazioni Unite ? Nazioni Unite ? l' onorevole presidente del Consiglio , ieri, dovendo parlare della Cina era molto imbarazzato. ha usato i termini « territorio » , « popolazione » , poi ha inventato una nozione geografica che a me è riuscita nuova, quella di una « Cina continentale » , di cui non avevo mai sentito parlare, perché non sapevo che esistesse una Cina extracontinentale. ella, onorevole presidente del Consiglio , ha avuto persino paura di dire che esiste una Repubblica popolare cinese , che raccoglie un popolo di 600 milioni di abitanti, i quali si sono conquistati la libertà e l' indipendenza che amministrano i loro poteri e le loro ricchezze e vanno avanti sulla via del socialismo. quando ha parlato del commercio con la Cina, si è dimenticato di dire che, mentre per una iniziativa privata , non contrastata dal Governo, si tentava qualche cosa in questo campo, il Governo mandava missioni ufficiali nella Cina di Ciang Kai Scek , cioè distruggeva di proposito quello che dall' altra parte si tentava di costruire. per ciò che si riferisce ai popoli arabi , noi abbiamo bisogno di una politica diversa da quella che fanno i francesi, gli inglesi e gli americani. abbiamo bisogno di una nostra politica, che ci porti a ristabilire relazioni di fiducia reciproca e di amicizia, e a rendere possibile un' effettiva collaborazione con i paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente . questa è una necessità vitale per il nostro paese. l' Italia è stata grande nella storia, commercialmente, politicamente e anche idealmente, quando è riuscita a esercitare questa funzione, a stabilire questi legami che oggi sono tutti o interrotti o seriamente compromessi. voi, dopo aver detto qualche frase di obbligo e di cortesia, avete dichiarato il vostro appoggio all' azione e alla nuova dottrina degli USA, cioè al nuovo colonialismo, al nuovo imperialismo, che tende a penetrare e affermarsi in questi paesi con metodi nuovi. avete persino osato dire che attraverso la avanzata di questo nuovo imperialismo verrebbero consolidate nel Medio Oriente le libere istituzioni e i liberi regimi. in Giordania, il primo risultato di questa nuova politica è stato un colpo di stato monarchico-fascista (forse per questo ella lo gradisce, onorevole Zoli, data la base attuale del suo Governo), che ha soppresso qualsiasi sorta di libertà democratiche e di movimento popolare. avete infine accennato alla cosiddetta « liberazione » dei popoli dell' Europa occidentale , cioè avete preso una posizione contraria a quella che si deve prendere se si desidera una politica di distensione. questo stolto appello alla « liberazione » , cioè alla rinascita del capitalismo, inevitabilmente provoca dall' altra parte nuove chiusure, nuovi sbarramenti. può provocare persino — e legittimamente — un rallentamento del processo di democratizzazione che è in corso nella maggior parte di questi paesi, sulla base delle conquiste economiche e politiche che essi già hanno realizzato. a tutto questo voi non pensate: dovete schierarvi agli ordini del padrone americano; del resto non vi importa nulla, ma intanto distruggete le possibilità di una politica di pace. quando siete venuti alla questione più grave, più acuta, oggi, quella degli esperimenti termonucleari, avete avanzato un « se » : se si farà qualche cosa, sarà in questa direzione. ma che cosa farete? e quando ce lo direte? credo che quando si è saputo che l' onorevole Pella avrebbe assunto l' incarico di ministro degli Esteri , vi sia stata, in una parte dell' opinione pubblica , l' attesa che dalla direzione dell' onorevole Pella su questo ramo della nostra amministrazione, uscisse qualche cosa di nuovo: l' inizio o il tentativo, almeno, di una politica nazionale. in realtà, dalle dichiarazioni che sono state fatte dal presidente del Consiglio , e da ciò che egli ha confermato nel suo discorso di ieri al Senato, nulla di nuovo è risultato. ancora sta davanti a noi, non risoluto, il problema che sollevavo in principio. abbiamo bisogno di una politica nazionale italiana, la quale contribuisca ad aprire la strada all' Europa occidentale , a tutta l' Europa, a tutti i paesi del mondo verso un nuovo ordinamento delle relazioni internazionali. oggi questa politica non c' è. non vi abbiamo detto e non vi diciamo di uscire dal patto atlantico . voi avete l' esempio che nell' ambito del patto atlantico , che voi considerate come una catena che vi impedisce di avere qualsiasi iniziativa politica, altri paesi fanno quello che vogliono quando ciò loro conviene. l' Inghilterra riprende le sue relazioni commerciali con la Cina, con la quale ha già ripreso le proprie relazioni diplomatiche. le trattative e le proposte per il disarmo vanno avanti senza di voi. ad un certo punto vi saranno dei fatti compiuti, ma voi non ne avrete saputo nulla. ma noi siamo un paese di 50 milioni di uomini! nell' Europa capitalistica, siamo, dopo la Germania occidentale , il paese più popoloso, la nazione più forte per il proprio coefficiente umano, e siamo anche in una situazione economica di sviluppo. perché la nostra voce non si deve sentire? è necessario che la nostra voce si senta, e si senta in due direzioni fondamentali. in due direzioni ci si deve muovere per fare una politica la quale sistematicamente tenda alla distensione dei rapporti internazionali. la prima è lo stabilimento di nuovi rapporti con i paesi socialisti — tutti — dell' Europa e dell' Asia; la seconda è lo stabilimento di nuove relazioni di fiducia reciproca, di amicizia e di collaborazione coi popoli arabi del Mediterraneo e con i paesi del Medio Oriente . un' Italia che si muova in queste direzioni potrà veramente riconquistare e attuare una propria vocazione nazionale. potrà dare il proprio contributo, il contributo della sua autorità e della sua forza, per far prendere alle relazioni internazionali un indirizzo nuovo, per far compiere quella svolta verso la salvezza dell' umanità attraverso il ritorno a rapporti pacifici e fraterni fra tutte le nazioni, che è indispensabile, oggi, al mondo intiero, se vogliamo andare avanti, se vogliamo allontanare l' incubo della catastrofe che pesa attualmente su di noi. per quanto riguarda la vita nazionale, altrettanto gravi problemi incombono, e nell' economia e nella politica. il nostro paese, come gli altri paesi dell' Europa occidentale , ha goduto, negli ultimi 4 o 5 anni, di una congiuntura favorevole. l' avete registrata voi e la registriamo noi. vi è stato un aumento della produzione industriale, in questo periodo, di circa il 40 per cento , inferiore soltanto a quello della Germania occidentale , che è superiore al 50 per cento nello stesso periodo; aumento peraltro sempre molto inferiore agli sviluppi che si sono avuti nella maggior parte dei paesi socialisti, ma questo è un altro problema. ma quale è stato il risultato di questo sviluppo? se ci allontaniamo dalle cifre e cerchiamo di esaminare le condizioni reali della vita degli uomini e del lavoro umano, quali sono le cose che constatiamo? constatiamo che in questi anni, proprio in questi anni in cui vi è stato questo aumento nella produzione industriale , la disoccupazione non è diminuita. essa oscilla sempre attorno alle stesse cifre. questa è la prima constatazione. la seconda constatazione che dobbiamo fare è che la intensità del lavoro umano nelle fabbriche e, quindi, l' intensità dello sfruttamento dei lavoratori da parte dei capitalisti, ha raggiunto limiti inauditi, il che è dimostrato non soltanto dalle statistiche, ma è dimostrato dall' indice più grave, quello degli infortuni sul lavoro nelle officine che aumentano in modo pauroso. nelle campagne ci troviamo di fronte a una situazione generale di disagio e di depressione, che determina fenomeni preoccupanti, di aumento della disoccupazione da un lato, come conseguenza dei progressi tecnici che si stanno compiendo, e in pari tempo di fuga dalle campagne della gioventù e di famiglie intiere di coltivatori, perché le condizioni nelle quali si vive in gran parte delle campagne italiane non sono più sopportabili da uomini che vogliono vivere decentemente. non si è ridotto in questi anni, anzi è aumentato, lo squilibrio tra le regioni settentrionali e le regioni meridionali . sono le statistiche che lo dimostrano e vi risparmio le cifre. analogamente non si è ridotto, anzi è aumentato, lo squilibrio fra i redditi di lavoro e i redditi non di lavoro. ecco ciò che dobbiamo constatare dopo aver riconosciuto che abbiamo vissuto in una congiuntura favorevole. queste circostanze spiegano ampiamente l' attuale accendersi di conflitti di lavoro nelle città, nelle campagne, nel settore del pubblico impiego . questi conflitti rivelano una situazione che i lavoratori non si sentono di poter sopportare. nel Polesine, per strappare un miglioramento minimo delle loro condizioni di esistenza, migliaia e migliaia di contadini sono costretti a una lotta che scuote l' economia di tutta una regione. e lo stesso sta avvenendo in altri importanti settori. qual è la causa di tutto questo? la causa è una sola, fondamentale. la ricostruzione del nostro paese dalle rovine lasciate dalla guerra, ricostruzione cui il popolo italiano ha dato tutte le proprie energie, alla quale ha partecipato con uno slancio a volte entusiasmante, si è trasformata, per opera della direzione politica del paese, in una restaurazione capitalistica di tipo deteriore. si è avuto così il ritorno al dominio nel campo economico del vecchio ceto privilegiato con tutti i suoi difetti e con tutte le sue tare, legato come è, per tradizione storica vorrei dire, alle situazioni più arretrate e ingiuste, avido di profitti non guadagnati con il lavoro, pronto a sfruttare le commesse dello Stato e soprattutto pronto sempre ad accrescere i propri profitti intensificando lo sfruttamento della manodopera e a chiedere poi, nel momento in cui il lavoratore protesta e si muove, la protezione dei governanti. si sono fatti progressi? non lo neghiamo. la discussione che ha avuto luogo al Senato, se la Repubblica sia amata o no, è una discussione che per noi non ha un contenuto. La Repubblica è amata dalle masse popolari e lavoratrici perché nella Repubblica queste masse hanno fondato una grande speranza, perché nel regime repubblicano sono riuscite a strappare qualche cosa e perché sono convinte che nel regime repubblicano, attraverso la lotta democratica, riusciranno ad andare avanti, ad assolvere al compito, che sta davanti a loro, di diventare la vera classe dirigente della nazione, ciò che non sono ancora, ciò che voi finora avete impedito e impedite che esse siano. si sono fatti, senza dubbio, dei progressi; noi non lo neghiamo. nei dibattiti che hanno luogo in sede internazionale noi sosteniamo che nell' attuale situazione politica italiana , attraverso una forte pressione partita dalle masse popolari guidate da grandi organizzazioni politiche e sindacali, si è riusciti a contenere, per lo meno per una certa parte, l' applicazione di quelle leggi di tendenza del capitalismo che portano a un progressivo immiserimento delle masse lavoratrici . quando voi però ci ponete il problema della cosiddetta socialità vostra e la vantate, come se dipendesse da essa ciò che si è riusciti a conquistare, allora vi diciamo che la questione deve essere vista con maggiore attenzione, perché questa vostra famosa socialità ha condizioni e limiti ben determinati e sbocca in qualche cosa che deve essere considerato con grande attenzione. la vostra socialità soprattutto esiste nella misura in cui si esercita in tutta la società una pressione che parte dalle masse popolari per rivendicare una modificazione delle condizioni del lavoro e dell' esistenza, per rivendicare terra, salario e libertà. qualora questa pressione venisse meno, non so che cosa accadrebbe. ma non verrà meno, anzi, si accrescerà continuamente, deve accrescersi continuamente. questo sentono le masse lavoratrici e questa è la vera causa, onorevole Zoli, non la nostra abilità o capacità di organizzatori, che è un altro problema, questa è la vera causa delle radici profonde che noi manteniamo nelle masse del popolo italiano , nelle campagne e nelle città e che stiamo mettendo nel ceto medio . il popolo comprende che è necessaria questa forza combattiva per guidare le masse popolari a rivendicare e strappare ciò che occorre per migliorare le loro condizioni di esistenza, per farle avanzare sulla via del progresso. quanto al limite della vostra cosiddetta socialità, esso sta prima di tutto nel fatto che voi, partito della Democrazia Cristiana , per il modo come sono andate le cose, per tutto ciò che il fascismo ha distrutto delle vecchie strutture politiche della borghesia italiana, siete diventati il partito cui danno la loro fiducia i gruppi dirigenti della grande borghesia industriale e della grande proprietà terriera. questo è un fatto e questo è il punto da cui bisogna sempre partire per giudicare la vostra azione. infine, nella vostra cosiddetta socialità è di anno in anno sempre più palese la tendenza a mettere capo a un paternalismo di nuovo tipo, che è fatto da un lato di concessioni, quando non se ne può fare a meno, ma in pari tempo di discriminazione. le concessioni sono fatte a chi si assoggetta, a chi ha quella tessera. una volta si diceva la tessera del pane, tra poco lo si dirà di nuovo, lo si dice già. a questo si accompagna la creazione di una rete di organizzazioni che esercitano un controllo e una pressione sulle masse lavoratrici e costituiscono la base organizzata di un regime. questo è un sistema che fa molto comodo ai grandi industriali. nell' industria in infatti, in conseguenza dello sviluppo di questo sistema e della vostra cosiddetta socialità, si è giunti o alla perdita o alla limitazione, e ad una limitazione assai grave, delle stesse capacità contrattuali del sindacato. si è giunti alla contestazione continua, alla limitazione e alla negazione dei diritti democratici dei lavoratori. nell' agricoltura, quel tanto che si è riusciti ad ottenere di riforma agraria — e per ottenerlo sono stati necessari anni di lotta e sacrifici sanguinosi — ha portato alla creazione di nuove sfere di tensione, di nuove organizzazioni che pesano sulla massa degli assegnatari, come ora si dice, cioè di questi nuovi coltivatori, che non riescono ad essere veramente quello che dovrebbe essere un libero contadino sulla propria terra. di qui partono le lotte che hanno luogo di continuo e a queste lotte voi reagite con una politica determinata, la quale vi porta in costanza ad accentuare nel nostro paese la creazione di un tipo particolare di capitalismo di Stato , che però è qualcosa che viene fatto senza un piano, vivendo alla giornata, e di più rendendo sempre più estesa e più grave l' applicazione del criterio della discriminazione politica, che un criterio contrario alla nostra Costituzione. ieri, onorevole presidente del Consiglio , ella ha aspramente polemizzato con l' onorevole Saragat a proposito dell' attività che i socialdemocratici avrebbero svolto in seno al Governo, cercando di procurarsi certi vantaggi. debbo dire che per quanto noi siamo avversari dell' onorevole Saragat, l' asprezza delle sue battute non ci ha dato alcuna sodisfazione. in sostanza, sotto la bonomia avvocatesca con cui ella ha denunciato i fatti a cui si riferiva, abbiamo scoperto — mi consenta di dirlo — una sconcertante dose di cinismo politico. ella ha detto che non si è trattato di disperdere o di sottrarre denaro dello Stato. ma cosa c' entrano i denari dello Stato? vi sono beni superiori al denaro. non si vive soltanto di pane e di denaro. si vive di diritto, anche, e nella nostra Costituzione è scritta l' uguaglianza dei cittadini davanti alla legge e davanti a tutta l' amministrazione dello Stato . voi questo avete sottratto ai cittadini, e questo è un bene morale assai più importante che non quel bene materiale che voi dite di non aver dissipato, ma a questo proposito forse sono leciti i dubbi. voi avete pronunciato, denunciando queste cose, un atto di accusa non contro l' onorevole Saragat, ma contro voi stessi. l' onorevole Saragat, che rappresenta un partito di cui fanno ancora parte dei lavoratori, ha cercato — e ha fatto male — di approfittare della situazione creata da voi, ma voi siete i responsabili per aver creato questa situazione, che sotto il Governo dell' onorevole Scelba avete perfino cercato di sancire formalmente in una serie di istruzioni alle amministrazioni pubbliche . nella nostra Costituzione è scritta l' uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge e dinanzi all' amministrazione dello Stato . questo è il principio che voi vi siete messo sotto i piedi. nella attuale situazione economica del nostro paese noi consideriamo per lo meno come una avventura l' organizzazione del mercato comune europeo. ma di questo tema parleremo in altra occasione. consideriamo però anche l' organizzazione del mercato comune europeo come uno strumento assai pericoloso perché può accentuare quelle tendenze che ho denunciato e che danno l' impronta fondamentale alla vostra attività non solo economica, Ina anche politica. il fatto più grave è che noi vediamo crearsi attraverso l' attività vostra le basi economiche e politiche di un regime che non è più quello sancito dalla nostra Costituzione, la quale parla di una Repubblica fondata non sulla discriminazione politica, ma sul lavoro, sui diritti democratici e sull' uguaglianza di tutti i cittadini. è evidente che sono le vecchie classi privilegiate che approfittano anzitutto di questa situazione. voi ne traete profitto come partito, esse socialmente. di qui viene la vostra involuzione reazionaria, di qui il vostro distacco da determinati principi che un tempo affermavate e che ora buttate a mare. ciò che avete fatto a proposito della giusta causa ne è la prova più evidente. mi sia consentito aggiungere, a questo riguardo, che la concessione che ella, signor presidente del Consiglio , nel suo discorso di ieri sera al Senato sembra aver voluto fare quando ha lasciato capire che, discutendosi dei patti agrari , il Governo non porrebbe la fiducia e quindi lascerebbe il Parlamento arbitro di decidere sulle modifiche da apportarsi eventualmente al disegno di legge che sta davanti a noi, non contiene alcun elemento positivo. a che serve oggi dichiarare che non verrà posta la questione di fiducia ? la questione di fiducia è già stata posta dall' onorevole Segni e dall' onorevole Colombo, quali presidente del Consiglio e ministro dell'Agricoltura , e in conseguenza di quella questione di fiducia , sulla quale è stata ottenuta la maggioranza di due voti venuti dai settori della destra, il principio della giusta causa è stato respinto. di modo che domani potrebbe esservi, nella nostra Assemblea, persino una preclusione al riesame di tale questione. come si esce da questo vicolo chiuso? in modo solo se ne può uscire. bisogna che il Governo riveda la propria posizione, ritiri o modifichi esso stesso il disegno di legge che sta davanti a noi. allora il problema viene superato, perché ci si trova in una situazione nuova. ma finché ella ci dice solamente che non porrà la questione di fiducia , non possiamo dirle grazie, soprattutto perché sappiamo anche che ella intanto si è acquistati i voti della destra monarchica e fascista, i cui componenti, per seppellire la giusta causa , si schiereranno tutti senza alcuna esitazione che potrebbe esservi nel campo della Democrazia Cristiana , rimanendo al Governo sulle proprie posizioni, non servirebbe affatto a compensare lo squilibrio creato da quello schieramento. ella ha creduto di fare una concezione a noi e ai contadini che combattono per la giusta causa . una volta ancora, invece, ha messo in luce la gravità del problema e la necessità di un mutamento di indirizzo politico . da questo complesso di elementi noi partiamo per giudicare la situazione politica e parlamentare che sta oggi davanti a noi. il centrismo è stato una formula atta a coprire la involuzione reazionaria di cui ho parlato. però, afferma l' onorevole Zoli, il centrismo è legittimo; esso fu il responso dato dalle urne il 7 giugno 1953. mi consenta di dirle che il suo ragionamento non mi ha affatto persuaso. esso non risponde ai dati di fatto. infatti i partiti di centro, il 7 giugno, non ottennero la maggioranza, e il peso che essi hanno in Parlamento sarebbe stato assai minore se la legge con cui si votò il 7 giugno fosse stata equamente e completamente proporzionale, come invece non fu. ma vi è un altro argomento. non dimentichi, onorevole Zoli, che l' approvazione della legge truffa e la scelta di una maggioranza non vennero disgiunte nella consultazione degli elettori. fu la nostra proposta, quella, la proposta che io feci da questo banco: ma chi dirigeva allora la vostra azione assai inconsultamente non l' accettò, per cui la scelta della maggioranza e l' approvazione della legge truffa vennero presentate come una cosa sola. non si può ora, con degli arzigogoli aritmetici, fare la distinzione che allora non si volle. la realtà è che i partiti di centro non ebbero la maggioranza, ma si trovarono di fronte a una maggioranza di elettori divisi in due parti una prevalente, composta da 10 milioni di elettori, la sinistra; l' allora di assai minore importanza, la destra. se fosse come ella dice, la legge truffa sarebbe scattata, e invece non scattò. ad ogni modo, signor presidente del Consiglio , questa è la situazione che è stata davanti a tutti noi dal 7 giugno in poi. era possibile una soluzione che consentisse una larga e solida maggioranza? ritengo che era possibile, e i fatti l' hanno dimostrato, e voi stessi lo dite quando ci indicate come segni di attività positiva, di conquiste della legislatura attuale, l' approvazione del distacco delle aziende Iri dalla Confindustria, la legge sugli idrocarburi, la legge fiscale, l' elezione della Corte costituzionale ; le quattro cose importanti di questa legislatura. ebbene, in tutti questi quattro casi il risultato si è avuto per una confluenza dei voti nostri coi voti vostri non completi. questa era dunque la soluzione. in qual modo si doveva organizzare politicamente questa soluzione? questo non lo so; questo era il problema da risolversi, attraverso i necessari accordi. voi, invece, siete partiti dal primo giorno con l' intenzione, manifesta o riposta, di annullare i risultati del 7 giugno. è accaduto così che ad un certo momento avete pensato si dovessero rifare le elezioni, come vi suggeriva il signor Adenauer dalla Germania. poi avete messo su il Governo Scelba, il quale ha cercato di annullare i risultati del 7 giugno con quella offensiva contro di noi che era destinata al fallimento e che con un fallimento finì. ma siete andati avanti e tuttora andate avanti per quella strada. per questo vi siete condannati all' immobilismo; per questo tutta la legislatura è rimasta legata a una situazione in apparenza senza via d' uscita, ma che in realtà una via di uscita l' aveva, quella cioè che voi avete rifiutata. ma per quale scopo vorreste annullare i risultati del 7 giugno? occorre ricordare alcuni fatti di grande rilievo. ricordate prima di tutto che vi siete presentati il 7 giugno con il proposito aperto di modificare l' ordinamento costituzionale. questo era infatti il contenuto dei famosi tre progetti di legge che presentaste al corpo elettorale : per la modifica del codice penale , contro la libertà di stampa e contro le libertà sindacali. lo stesso tentativo, del resto, di conquistare i due terzi dei seggi con la legge truffa tendeva a uno scopo di revisione costituzionale. persino il presidente Einaudi se ne accorse e vi mise in guardia. è per questo che la Costituzione non volevate applicarla, e che si è dovuto compiere tutto quello sforzo per costringervi ad applicarla in qualche campo. quanta pena ci è voluta per strapparvi la elezione dei giudici costituzionali ! e del resto, per quanto riguarda il funzionamento della Corte costituzionale , non sappiamo bene se essa si trovi in una situazione normale. non sappiamo ancora nulla circa le vere ragioni e il significato delle dimissioni del presidente De Nicola , circa le cause che le hanno provocate. quello che sappiamo è che quando ci furono le prime deliberazioni della Corte costituzionale che si richiamavano ai principi della Costituzione e li difendevano, incominciò il vostro lavorio per annullare il suo operato, con disegni di legge che andavano in direzione opposta. vi è stato imposto il voto per un presidente della Repubblica che dava e dà affidamento di fedeltà ai principi della Costituzione. appena eletto, egli si rivolse al Parlamento e al paese con un nobile messaggio che tutti ricordiamo. in quel messaggio si annunziava una svolta, o per lo meno si indicava la necessità di una svolta nella politica nazionale, la quale portasse all' avvento delle classi lavoratrici alla direzione politica e fosse ottenuta con l' applicazione integrale della Costituzione, nella lettera e nello spirito. attendiamo ancora che i governi facciano qualche cosa per muoversi in quella direzione. quando ella, onorevole Zoli, ha parlato, nella sua dichiarazione introduttiva di « augusti insegnamenti » , non so a chi pensasse l' onorevole Covelli nell' ascoltarla, ma noi certamente pensavamo che la persona cui ella si riferiva non è il capo del nostro Stato. ci troviamo di fronte, quindi, a una sempre meno latente e sempre più aperta crisi costituzionale e ad una precisa minaccia di trasformazione e di ulteriore degenerazione del regime democratico in un regime clericale di tipo totalitario. per questo faremo particolare attenzione ai problemi di ordine costituzionale che voi avete presentato. per ciò che si riferisce alle regioni, manteniamo la nostra rivendicazione accoppiandola a quella del riconoscimento e della difesa delle autonomie comunali. chiediamo che la Costituzione venga applicata integralmente, giungendosi all' abolizione dell' istituto del prefetto, che è contrario alla nostra Costituzione. circa quanto ella ha detto ieri sera, cioè che non verranno fatti ostacoli alla preparazione della necessaria legge finanziaria , osserviamo che tutto questo non dovrebbe essere nemmeno tema di dibattito, perché è dal 10 gennaio 1949 che l' ordinamento regionale doveva entrare in funzione. siamo al 1957! si deve realizzare, senza indugi, ciò che è scritto nella Costituzione. ella ha poi parlato della riforma del Senato e si è intrattenuta sul problema del Consiglio superiore della magistratura . anche a questo proposito desidero esprimere alcune opinioni. per ciò che si riferisce alla riforma del Senato, non le nascondo che vi sono fra noi delle perplessità. esse sono particolarmente forti in me, personalmente. si può ammettere che il numero dei senatori sia inadeguato ai compiti di quell' Assemblea. quando saranno di più dovranno però allargare l' Aula delle loro sedute. ad ogni modo, il problema non è questo. la questione è che la nostra Costituzione dice che il Senato è « eletto » a base regionale e che i senatori sono « eletti » a suffragio universale e diretto. il principio, quindi, del carattere elettivo del Senato è una delle colonne della Costituzione. ora, il sistema che ci è stato finora presentato per la riforma che si progetta, sottrae alla elezione una parte dei senatori e sostituisce al principio costituzionale qualcosa di assai bizzarro la creazione di una lista di candidati alla designazione senatoriale, lista che verrebbe costituita in sostanza su indicazione dei partiti o, per lo meno, con un criterio di partito, in vario modo mascherato. questo sistema non mi sembra accettabile. vi è qui l' inizio di una involuzione verso un' oligarchia di partiti, che è in contrasto con il nostro ordinamento costituzionale. se vi sono uomini politici dal passato ricco, generoso, interessante, oggi esclusi dall' assemblea senatoriale, si presentino agli elettori e si faccino eleggere. se domani si presenteranno nuovi partiti a una consultazione elettorale per il Senato, se saranno eletti candidati indipendenti non collegati ad alcun partito, voi accrescendo, sulla base di una lista costituita con criteri di partito, il numero dei senatori, metterete senz' altro queste nuove forze in condizione di inferiorità. la mia opinione, onorevole Gonella è che se vuol fare questa riforma, se si vuol aumentare il numero dei senatori, si deve diminuire, in modo puro e semplice, il quoziente elettorale. questa è la strada maestra . non tocchiamo i principi della costituzione lasciamoli stare. senza dubbio, anche il mutamento del quoziente tocca la Costituzione, ma non ne modifica i principi. anche per l' aumento del numero dei senatori non eletti, ma designati dal presidente della Repubblica , noi abbiamo forti riserve, soprattutto in una situazione in cui vediamo che le maggioranze sono di uno o due voti il passaggio dai cinque senatori designati ai 10 o 15 può contenere seri pericoli. per quanto concerne la questione della magistratura, noi siamo favorevoli a che alla magistratura venga dato un ordinamento autonomo e indipendente nel senso più ampio della parola. mi sia consentito ricordare che ho avuto l' onore di fare approvare dal Governo del tempo l' attuale ordinamento giudiziario , che da alla magistratura la più ampia sfera di diritti e di prerogative che mai essa abbia avuto in Italia, che è più liberale anche di quello che ebbe la firma dell' onorevole Vittorio Emanuele Orlando nel primo decennio di questo secolo e che in seguito era stato messo in disparte. vi è però in questo ordinamento una falla che io allora, per quanto l' avessi rimarcata, non riuscii a colmare. ed è questa: che la inamovibilità del magistrato in un caso non esiste, nel caso in cui il magistrato viene promosso per iniziativa del ministro. in questo caso l' assegnazione del magistrato all' una o all' altra sede dipende dal ministro, cioè unicamente dal potere esecutivo . se si accoppia l' esistenza di questa falla con la pratica, che è invalsa in una delle sezioni della Corte di cassazione , di assegnare l' uno o l' altro processo a determinate corti col pretesto della legittima suspicione, si arriva praticamente annullare il diritto del diritto del cittadino al giudice naturale e si può aprire la strada a deviazioni e involuzioni molto gravi. ad ogni modo, su questo problema porremo la nostra attenzione perché è tuttora in corso un processo che desta in tutti i cittadini di sentimenti democratici e repubblicani l' impressione di uno scandalo, non di una legittimità, né di una giuridica necessità. più grave di tutte è la minaccia di clericalizzazione dello Stato, di cui ampiamente si è parlato e che non riconosciamo che esiste perché, in sostanza, è essa quasi una vocazione del partito cattolico . quando prima si proclama che il partito cattolico è il partito che deve accogliere nelle sue file, in modo unitario, tutti i cattolici e poi si afferma, in linea di dottrina, che spetta alla Chiesa cattolica e alle sue gerarchie dare un indirizzo per la soluzione di tutte le questioni, anche della vita politica e sociale quotidiana, è evidente che si arriva a un regime totalitario di tipo clericale. noi riconosciamo che questo pericolo esiste. il nostro compagno Scoccimarro ha fatto vedere al Senato in che cosa consiste, denunciando fatti concreti, ed ella, onorevole Zoli, ha fatto male a dire che questo è tema di interrogazioni, perché alle interrogazioni, lo sappiamo tutti, di solito il Governo non risponde e in generale non ne tiene nessun conto. la realtà è che la minaccia che grava sulla nostra democrazia è seria. noi però, mentre riconosciamo che il pericolo esiste, respingiamo la posizione che recentemente è stata presa e che consiste nell' invocare una specie di nuova guerra di religione , di Kulturkampf, iniziato da un gruppo di partiti politici con la richiesta di annullamento del Concordato con la Chiesa cattolica . questa non è una soluzione. è una fantasticheria, un' avventura. noi riteniamo che la soluzione sta nel chiedere prima di tutto che il Concordato venga applicato. nel Concordato, e in atti ad esso collegati, esplicite clausole impediscono a determinate organizzazioni religiose di svolgere la loro attività nell' ambito politico; impongono loro di stare al di fuori dei partiti, di astenersi da tutto quanto è tradizionale e proprio dei partiti politici . noi chiediamo che queste clausole vengano applicate e chiediamo un impegno del Governo in questo senso. l' applicazione di un siffatto principio tornerebbe a tutto vantaggio delle autorità religiose, del resto, soprattutto in un paese come il nostro. facciamo dunque carico ai partiti che hanno collaborato con la Democrazia Cristiana dal 1948 sino ad oggi di non essersi battuti su questo terreno; di avere lasciato che si creasse, a poco a poco, la situazione attuale. non si arriva infatti mai di colpo a un regime clericale. vi si giunge passo a passo, perdendo una posizione per volta. a un certo punto ci si accorge che una situazione nuova è creata in linea di fatto e non si può più nulla contro di essa. noi respingiamo però, ripeto, la proposta di abolizione del Concordato. la politica cui questa proposta sembra ispirarsi non ha alcuna consistenza, ne alcuna possibilità di attuazione. noi riteniamo invece che occorra sviluppare — e questo ci proponiamo di fare noi stessi — la politica che portò il nostro partito a votare l' articolo 7 della Costituzione. la vecchia concezione da cui sorgevano i contrasti tra laicismo e clericalismo, propri del secolo scorso, è oggi in gran parte superata. noi lottiamo per una società nuova fondata sul lavoro, per una società socialista, e in questa società pensiamo che la religione e la Chiesa cattolica possano avere il loro posto e lo avranno, in normali rapporti con lo Stato. onorevole collega, ella si muove ancora nell' ambito della vecchia lotta fra clericali e anticlericali. io ne sono al di fuori. l' essenziale è di dare allo Stato un contenuto sociale nuovo, che permetta l' avvento dei lavoratori alla direzione del paese mediante la realizzazione delle riforme politiche ed economiche indicate dalla Costituzione. quando ci si sia incamminati per questa strada, i problemi si spostano, non esistono più problemi di urto e di contrasto. si cerca una intesa nuova tra le masse lavoratrici , al di là delle diverse concezioni o fedi religiose. sulla base di questa intesa, anche i rapporti fra Stato e Chiesa finiscono per configurarsi in altro modo. il pericolo della clericalizzazione assume però particolare importanza in relazione con l' attuale spostamento della direzione politica del paese, con l' appoggio che monarchici e fascisti danno alla attuale formazione governativa. questo appoggio dà una nuova spinta alla involuzione reazionaria del nostro regime, rende ancor più grave la minaccia dell' instaurazione di un totalitarismo clericale. questo appoggio significa un arresto di quel processo di applicazione della Costituzione che dovrebbe essere l' attività fondamentale di tutti noi nuove vie di progresso in tutte le direzioni. a questo proposito, signor presidente del Consiglio , vorrei dirle che non contano le qualità personali, né contano le date. proprio ella, che è di Predappio dovrebbe sapere che non è il punto di partenza che decide del punto di arrivo . quelli che contano sono i fatti; e il fatto è che dal giorno in cui si è presentato questo Governo, il quale ha ricevuto e riceverà i voti dei monarchici e dei fascisti, si è creata una situazione nuova nel paese, nei suoi gruppi dirigenti, in quelle sfere superiori dell' apparato dello stato che sono ancora assai moderatamente democratiche e repubblicane. le forze del passato della conservazione, della reazione sono piene di baldanza. sentono venuta la loro ora. si dispongono all' attacco contro la democrazia. guardano al Governo con la speranza che questo attacco sia dal Governo sostenuto. da tutto questo esce un pericolo reale, effettivo, a cui bisognerà reagire. tutto il processo di rivoluzione reazionaria, che ho cercato di indicare e documentare, ne riceve un acceleramento pauroso. noi accusiamo i partiti del centrosinistra del fatto che la loro attività, come partecipi dei governi che si sono succeduti negli anni passati, ha contribuito a questo processo. voi avete fatto tutto quanto sta in voi per servire la Democrazia Cristiana . nel momento in cui la Democrazia Cristiana ha incominciato a muoversi per questa strada, e forse avrebbe potuto ancora essere trattenuta voi l' avete spinta nella direzione contraria ai principi democratici. vi siete così compromessi e, permettetemi di dire, in qualche caso avete anche offeso il vostro onore. siete andati, in occasione di non so quali manovre, a dire a soldati e ufficiali che era vicino il momento in cui essi avrebbero dovuto agire per mettere a posto non so quante centinaia o migliaia di nemici della patria. e questi nemici eravamo noi, i distruttori del fascismo, i fondatori della Repubblica. avete farneticato, e continuate a farneticare, della crisi famosa del nostro partito, che non esiste. il nostro partito discute le proprie questioni, le risolve, progredisce, conferma, approfondisce la propria linea politica e si rinnova attraverso i suoi dibattiti. questo è tutto. ma questo farneticare vi ha chiuso gli occhi davanti alla realtà, vi ha reso schiavi di coloro contro i quali dovevate vigilare, vi ha impedito di ottenere un risultato qualsiasi per arrestare l' involuzione della Democrazia Cristiana , affrontare e risolvere i problemi reali di oggi, contribuire a migliorare la situazione politica del paese. siete giunti al punto da cadere perfino nell' isterismo, come fanno i vostri giornali, quando noi, ponendosi gravi problemi politici davanti alle assemblee parlamentari, esprimiamo, com' è nostro dovere, la nostra opinione come partito che siede in queste assemblee e deve prendere apertamente le proprie posizioni. alla fine, vi siete posti al servizio della Democrazia Cristiana per suscitare una crisi nel partito socialista ; e anche questa crisi, se si fosse sviluppata in quel determinato modo, sarebbe servita ad accelerare ancora di più quel processo di involuzione reazionaria che sto denunziando e di cui voi stessi soffrite. avete fatto tutto questo in nome dell' anticomunismo. non vi siete accorti che questo era il falso scopo che veniva a voi presentato dal partito della Democrazia Cristiana per impedirvi di scorgere e adempiere quella funzione democratica che forse vi spettava. avete voluto tagliare, protestate tuttora che dovete tagliare qualsiasi legame con noi. ma perché non lo avete fatto durante la lotta di resistenza? come avreste fatto a combattere contro il fascismo se aveste rotto i legami con il partito comunista ? come avreste fatto a fondare la Repubblica, se aveste messo al bando queste masse di milioni di elettori che seguono il nostro partito? come avremmo fatto a darci una Costituzione che afferma grandi principi di trasformazione e di progresso sociale , se queste forze non fossero entrate nel giuoco, se non avessero fatto pesare, com' era necessario, le loro posizioni, i loro orientamenti, i loro ideali? avete sbagliato tutto il vostro indirizzo politico , perché mentre non ci avete distrutto, né potrete distruggerci mai perché siamo parte integrante della realtà sociale e politica del paese, avete ridotto voi stessi al lumicino e ora vedete come siete trattati! mi auguro che voi facciate per lo meno nel vostro interno la critica che è necessaria e ne ricaviate le conclusioni negative e positive che ne derivano. quanto alla nostra posizione, si è detto che noi rivendichiamo un Fronte popolare . in verità, noi non siamo legati ad alcuna formula. parecchi di noi ricordano gli insegnamenti che ricevettero in tempi assai lontani, prima ancora della prima guerra mondiale , quando si diceva che per uscire dalle situazioni difficili ciò che occorre è il concretismo. brutta parola, che indica però la necessità di orientarsi sui problemi reali e sulla loro soluzione, per riuscire ad andare avanti e spingere in avanti tutta la situazione. siamo sempre stati contrari e riteniamo sia impossibile in Italia a un solo partito assumersi il compito di affrontare e risolvere, da solo, i problemi del rinnovamento delle strutture economiche e politiche del paese. il partito che dimentichi questa verità, a cui noi siamo stati sempre legati e da cui non ci stacchiamo, non può che andare verso una involuzione conservatrice e reazionaria. la collaborazione tra forze popolari e politiche diverse è una necessità. di questo si deve tener conto; ma, ripeto, non siamo legati ad alcuna formula. vediamo il pericolo che ci minaccia tutti nel campo internazionale e nel campo delle relazioni interne. lo denunciamo al popolo con un richiamo alle origini e ai principi, alla resistenza antifascista da cui è uscita la democrazia italiana, alla lotta di liberazione da cui è uscito il nostro regime parlamentare , alla unità democratica e popolare da cui sono uscite le prime assemblee e la Costituzione repubblicana. questa e non altra è e deve rimanere la trama della nostra vita costituzionale. sentiamo che il paese è davanti a una svolta. anzi, una svolta oramai è iniziata. non è però quella svolta che venne annunciala dal presidente della Repubblica nel suo messaggio. quella era la svolta necessaria. quella che voi preparate e state compiendo va nella direzione opposta. si deve farle ostacolo. si deve impedire che porti a risultati fatali. per questo è necessario un grande risveglio di energie democratiche in tutti i partiti dello schieramento repubblicano. a questo risveglio noi lavoreremo e daremo il nostro contributo. continueremo nella lotta, con tutte le nostre energie, per sviluppare l' azione dei lavoratori per un più elevato livello di esistenza, per richiedere e imporre l' applicazione integrale della Costituzione repubblicana, in tutto ciò che essa dice e prescrive, la fine del regime della discriminazione politica, la fine del fanatismo che è alla base di questo regime, il rispetto dei diritti del lavoro, l' attuazione di quelle riforme che sono indispensabili per il rinnovamento del nostro paese, l' avvento delle classi lavoratrici alla direzione della cosa pubblica . questa è la vera svolta di cui il nostro paese ha bisogno! per ottenerla noi impegniamo in un' azione nuova, in una lotta energica, senza infingimenti e senza compromessi, tutta la forza del nostro partito.