Pietro NENNI - Deputato Opposizione
II Legislatura - Assemblea n. 491 - seduta del 06-11-1956
Sulla politica interna
1956 - Governo II Segni - Legislatura n. 3 - Seduta n. 259
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

sui due problemi che oggi tengono in ansia ed in allarme l' opinione pubblica italiana, europea e mondiale il partito socialista ha preso posizione con tutta la chiarezza e la responsabilità che la situazione comporta. nessuna esitazione da parte nostra, nessun dubbio. noi abbiamo condannato senza alcuna reticenza l' intervento sovietico in Ungheria nella forma in cui si è manifestato nella prima e nell' ultima fase, ancora più drammatica, della sommossa ungherese. perché, onorevoli colleghi , questo nostro atteggiamento? esso ci è stato suggerito innanzi tutto dalla fedeltà ad un principio al quale i socialisti non sono mai venuti meno in nessuna circostanza, in nessuna occasione, e al quale spero non verranno mai meno: il diritto dei popoli alla loro indipendenza nazionale ed alla autodecisione del loro destino. il nostro atteggiamento ci è suggerito anche dalla fedeltà ai principi dell' internazionalismo proletario. l' internazionalismo proletario ignora la ragion di Stato , ignora gli interessi di potenza degli Stati, anche di uno Stato rivoluzionario come quello sovietico. l' internazionalismo proletario conosce ed esalta la solidarietà dei popoli, la solidarietà dei lavoratori nelle forme in cui essa si è sempre espressa in modo concreto e positivo: l' azione associata dei popoli e dei lavoratori contro il comune avversario e il comune nemico, la catena della solidarietà attraverso gli Stati e i continenti, questa grande forza morale e politica in funzione della quale il lavoratore che lotta nelle condizioni più difficili sa che milioni di altri uomini sono come lui nella medesima battaglia. ha origine da questa concezione dell' internazionalismo proletario la nostra solidarietà con la sommossa ungherese del 23 ottobre, che fu essenzialmente opera di operai e di studenti, figli di operai e di contadini. i quali intendevano difendere le conquiste socialiste nel solo modo in cui ciò era ormai possibile, abbattendo le sovrastrutture di un sistema politico degenerato in forme di regime poliziesco e di burocratizzazione della economia. questo e non altro chiedevano i manifestanti del 23 ottobre: operai e studenti. questo si doveva fare, questo si dovrà fare, giacché i morti non cadono mai invano e giacché il silenzio che segue una sommossa vinta non può durare a lungo. è vero, onorevoli colleghi , che al movimento popolare ungherese si era mescolato molto contrabbando reazionario. è vero che episodi crudeli di terrore bianco si sono mescolati ad episodi eroici. ma io credo, onorevoli colleghi , che reca ingiuria al proletariato ungherese, che reca ingiuria alla gioventù degli atenei ungheresi chi crede che le forze operaie, le forze popolari, l' avanguardia intellettuale non sarebbero state in condizioni di venire a capo dei residui del passato, non li avrebbero spazzati via senza il concorso di armi straniere che a quelle forze reazionarie hanno se mai dato una bandiera, invece di soffocarne le possibilità di sviluppo. allo stato delle cose , onorevoli colleghi , l' Unione Sovietica non potrebbe restare in Ungheria che in funzione di gendarme, e noi italiani la invitiamo a non farlo; la invitiamo a ritirarsi dall' Ungheria, a non cedere a tentazioni di forza e di potenza, a non tentare di puntellare con le sue armi, che sono le armi che sconfissero il nazismo, un governo fantoccio che non rappresenta né gli operai né gli ungheresi. noi domandiamo al governo di Mosca di rimanere fedele alla sua dichiarazione del 30 ottobre scorso, con la quale assumeva l' impegno di esaminare con gli alleati del trattato di Varsavia la questione del ritiro delle truppe sovietiche dall' Ungheria e dai paesi dell' Europa orientale . restituita alla sua piena indipendenza, l' Ungheria verrà restituita ai suoi operai, ai suoi contadini, ai suoi studenti, verrà restituita al socialismo nella democrazia e nella libertà. l' altra tragedia europea, onorevoli colleghi , ha come teatro l' Egitto. anche in questo caso la condanna dell' imperialismo scaturisce dai principi dell' internazionalismo operaio e proletario. il fatto che nella avventura egiziana sia implicata la responsabilità del governo socialdemocratico francese aggiunge e non toglie vigore alla nostra protesta. l' Inghilterra conservatrice è in regola con la tradizione colonialista della classe che rappresenta quando affida all' invasione di un paese la soluzione di un conflitto. il governo di Parigi no: il governo di Parigi non è in regola con se medesimo, non è in regola con le tradizioni anticolonialiste del movimento operaio e socialista francese. al leader socialista francese Guy Mollet si addiceva il linguaggio del leader laburista Gaitskell e di Bevan, non quello di chi affida alla forza la soluzione di una controversia internazionale. come io credo che non valga per l' Ungheria la giustificazione della minaccia reazionaria, a sventare la quale bastavano le forze dei lavoratori ungheresi, così non vale per l' Egitto la giustificazione che esso ha alla sua testa un dittatore. noi ci auguriamo che gli egiziani si liberino della dittatura di Nasser e di ogni dittatura militare, ma nello stesso tempo rivendichiamo per l' Egitto il pieno diritto alla propria indipendenza il fuoco è cessato in Egitto. ce ne rallegriamo. ma, cessato il fuoco, deve cessare l' occupazione del canale, e solo quando l' occupazione sarà cessata si saranno create le condizioni nelle quali sarà possibile trovare un accordo sui problemi di Suez. a nostro giudizio, onorevoli colleghi , vi sono due domande da fare. come si è giunti all' attuale situazione? come si può uscire dall' attuale situazione? si è giunti alla situazione attuale perché da parecchi anni in qua nessun problema è risolto. tutti i problemi sono accantonati e rinviati. l' Onu rischia di morire della malattia che uccise tra le due guerre la Società delle Nazioni : la malattia dei rinvii, la malattia delle astratte proclamazioni di principio che rimangono lettera morta . da tre anni almeno si discute la questione del ritiro delle truppe straniere: di quelle americane, inglesi e francesi dai paesi del blocco atlantico, di quelle sovietiche dai paesi del blocco di Varsavia. molte parole, nessuna decisione! e tuttavia è evidente che la pace rimarrà precaria ed esposta a tutti i rischi finché le truppe straniere, tutte, senza eccezione, non verranno ritirate ovunque esse siano attualmente accantonate. da più di un anno è latente la questione del canale di Suez. molte parole, nessuna decisione! dal 1948 lo Stato di Israele e gli Stati arabi che lo accerchiano vivono in istato di armistizio e in continui attriti. fiumi di parole, qualche volta fiumi di sangue, nessuna decisione! aperte sono tuttora la questione dell' unificazione tedesca e quella dell' unificazione della Corea. aperte sono la questione dell' Indocina e quella di Formosa. le decisioni sono sempre rinviate ad un indeterminato domani, in una situazione di instabilità in cui casi tragici come quello dell' intervento sovietico in Ungheria o dello sbarco anglo-francese in Egitto rischiano di moltiplicarsi. bisogna uscire da questa situazione. la risposta del ministro Martino alle odierne interrogazioni contiene scarsi elementi positivi che possano rassicurare il paese. talune delle sue parole, onorevole ministro, sono state addirittura imprudenti per chi fa della politica e non della propaganda e per chi assume in un Governo la sua responsabilità. ora, noi domandiamo al Governo non delle parole, ma una politica; gli domandiamo alcune iniziative concrete che valgano, nel momento presente, ad allentare la minaccia da cui ci sentiamo tutti oppressi e soffocati. gli domandiamo di cercare, con tutto l' impegno della sua responsabilità, che si realizzi il ritorno dell' Ungheria alla sua indipendenza; gli domandiamo di riproporre all' Onu il problema del ritiro delle truppe straniere, ovunque esse stazionino, di tutte le truppe, quelle sovietiche, di stanza nei paesi dell' Europa orientale , e quelle della « NATO » di stanza nei paesi dell' Occidente, compreso il nostro. noi domandiamo al ministro degli Esteri non solo di intervenire all' Onu per il ritiro delle truppe anglo-francesi dall' Egitto, cosa che può considerarsi probabilmente in via di soluzione, ma di operare per un accordo organico sulla controversia del canale col sodisfacimento di due interessi che non sono fra di loro contradittori: l' interesse del popolo egiziano ad essere padrone in casa sua e quello degli utenti del canale di vedere garantita in ogni circostanza la libertà della navigazione per tutti i paesi del mondo. gli domandiamo di dire all' Onu che la politica dei rinvii, come fu fatale all' Europa e al mondo negli anni che precedettero la seconda guerra mondiale , può esserlo di nuovo, ora che nubi di minaccia si addensano su quel tanto di distensione che era stato conseguito, e che noi vogliamo salvaguardare e rinsaldare. domandiamo altresì al Governo di appoggiare la richiesta, che sembra sia stata formulata dal Governo svizzero e che, in ogni caso, si impone per la sua logica e urgenza, di un incontro dei capi di Stato o di Governo delle quattro o cinque maggiori potenze (la quinta essendo l' India, secondo la proposta Svizzera) perché esaminino i tragici problemi del momento e trovino una soluzione conforme al diritto e alla ragione. onorevoli colleghi , per gravi che siano gli eventi attuali, essi non hanno scosso la nostra fiducia nella distensione e soprattutto la nostra volontà di realizzarla, di conservarla, di garantirla nell' interesse del nostro e di tutti i popoli. i tragici avvenimenti di Ungheria non hanno posto soltanto problemi, per certo gravi, alla politica estera del Governo; ne hanno posti di gravissimi ai lavoratori del nostro paese, ai lavoratori d' Europa e di tutto il mondo. per la prima volta, dopo parecchi anni, un motivo profondo di disaccordo è intervenuto tra noi e i compagni comunisti. sono problemi che il movimento operaio discuterà e risolverà con il suo senso di responsabilità , nella piena coscienza di ciò che questi problemi sono e di come possono e devono essere risolti. ma sia chiaro che noi respingeremo con l' energia che ci deriva dalla coscienza di essere nella verità ogni tentativo di far passare il contrabbando della reazione sotto il segno della commozione pubblica per i fatti di Ungheria. una delle vergogne del presente momento è che elevino la voce in nome dell' indipendenza e della libertà coloro che testimoniarono il loro amore per la indipendenza e la libertà della loro patria chiamando i tedeschi non solo come gendarmi ma come carnefici del popolo italiano . come siamo certi che senza bisogno di interventi stranieri gli operai e gli studenti ungheresi avrebbero spazzato via la schiuma reazionaria che inquinava la pura corrente delle rivendicazioni popolari, cosi siamo certi che gli operai, i contadini e gli intellettuali del nostro paese non tollereranno attentati alle pubbliche libertà e alle loro libere e gloriose istituzioni e organizzazioni. da questa tribuna il partito socialista italiano chiede al Governo di non avere nessuna indulgenza verso i seminatori di odio; chiede ai lavoratori vigilanza, fiducia, azione. i governi possono mancare al loro dovere, gli organismi internazionali possono venir meno ai loro compiti; l' arbitrato dell' umanità trionferà di tutti gli errori. esso ristabilirà l' indipendenza là dove è stata violata, esso salverà la pace.