Pietro NENNI - Deputato Appoggio
II Legislatura - Assemblea n. 35 - seduta del 09-10-1953
Sul mercato comune e Euratom
1953 - Governo I Segni - Legislatura n. 2 - Seduta n. 517
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , la Camera avverte come la norma del regolamento che autorizza il presentatore di una interrogazione a dichiararsi sodisfatto o non sodisfatto della risposta del Governo non sia applicabile al tema delle odierne interrogazioni ed al momento in cui esse si svolgono. è troppo presto per esprimere un giudizio su quanto il Governo si appresta a fare. ciò che per parte nostra teniamo a dire è che non mancano motivi di apprensione sulla situazione che nasce dalla decisione anglo-americana. demmo atto lealmente al Governo che la sua iniziativa, nella nuova fase della contesa giuliana, aveva avuto il merito di sbloccare una situazione immobilizzata per cinque anni dalla inoperante dichiarazione tripartita del 1948. aderimmo alla proposta del plebiscito. fummo concordi il 6 ottobre scorso con tutta la Camera nel dar mandato al Governo di realizzare le condizioni atte a garantire in modo effettivo i diritti dell' Italia su Trieste e sul suo intero territorio. non fummo d' accordo col Governo e con altri settori della Camera nella proposta di chiedere la organizzazione del plebiscito ad una conferenza delle cinque potenze, conferenza che per la sua composizione e natura ci pareva destinata, o se preferite condannata, ad una sentenza salomonica tale in ogni caso da portare non al plebiscito ma alla spartizione del Territorio Libero . la Camera ci consenta di ravvisare nella deliberazione anglo-americana e nella odierna comunicazione del nostro Governo la conferma o la legittimazione dei nostri dubbi sul metodo e la procedura che sono stati finora seguiti. i governi di Washington e di Londra, che agiscono anche in nome del governo francese , non hanno accolto la proposta del plebiscito. essi hanno fatto peggio, e mettendo sullo stesso piano la democratica proposta del nostro Governo e la richiesta di Tito dell' annessione pura e semplice di tutto il territorio alla Jugoslavia, previa la internazionalizzazione della città di Trieste, si sono limitati a constatare che l' una proposta e l' altra sono state reciprocamente respinte. vero è, onorevoli colleghi , che nel contempo essi fanno qualcosa d' altro, comunicando al nostro Governo ed a quello di Belgrado la loro decisione di porre termine a Trieste al governo militare alleato. di ritirare le loro truppe, di rimettere l' amministrazione della zona A alle autorità italiane. in sé e per sé si tratta di un atto di parziale riparazione e di giustizia, del quale Parlamento, Governo e paese devono prendere atto. ma è d' altra parte evidente, dal testo stesso della nota anglo-americana, il riferimento alla spartizione del Territorio Libero , reso esplicito dall' affermazione che il loro passo possa portare ad una « stabilizzazione » della situazione che nel passato ha opposto l' Italia alla Jugoslavia. i fatti hanno già dimostrato ai governi di Washington e di Londra che le loro fiducia è caduta nel vuoto, come lo dimostra il furore con cui il loro passo è stato accolto dai circoli dirigenti di Belgrado, Zagabria e Lubiana. epperò, onorevoli colleghi e onorevole presidente del Consiglio , sta di fatto che motivi di inquietudine non mancano nemmeno in Italia. lo testimoniano: il silenzio dei triestini, i quali hanno l' occhio fisso al di là della linea di demarcazione tra le due zone; la costernazione dei profughi istriani, pallida eco della più profonda costernazione dei 50 mila italiani della zona B ; l' invito venuto al Governo dal Comitato di liberazione nazionale dell' Istria di respingere la nota anglo-americana. noi non chiediamo tanto. ma, onorevole presidente del Consiglio , dire che l' Italia manterrà viva la sua proposta di plebiscito ed intanto accettare la situazione di fatto della spartizione, sarebbe mancare di lealtà verso la nazione, verso Trieste e verso gli istriani, che, da Capodistria a Cittanova, sono forse al limite della loro eroica pazienza, se non della loro resistenza. onorevole presidente del Consiglio , una protesta ed una rivendicazione che andassero disgiunte da una politica coerente e conseguente per impedire la spartizione avrebbero un valore morale tanto innegabile quanto inattuabile: si affiderebbe alla storia, non alla azione del nostro Parlamento e del nostro Governo. che cosa quindi domandiamo al Governo? gli chiediamo di prendere atto della decisione degli anglo-americani, ma di chiedere loro una esplicita accettazione della proposta di plebiscito; gli chiediamo di portare la proposta di plebiscito davanti a tutto il mondo, tramite le Nazioni Unite , e di continuare a condizionare la politica estera alla soluzione della questione di Trieste e del territorio che ne costituisce l' indispensabile retroterra. mettiamo in guardia il paese contro la tentazione di glorificare una soluzione parziale che fosse conseguita sulle sofferenze e sul sangue di altri italiani.