Pietro NENNI - Deputato Opposizione
II Legislatura - Assemblea n. 296 - seduta del 15-07-1955
Bilancio ministero affari esteri
1955 - Governo II Segni - Legislatura n. 3 - Seduta n. 166
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , la Camera mi consentirà un' osservazione preliminare su un problema che non è soltanto di metodo ma è anche di fondo. mi riferisco alla validità, alla utilità di una discussione sulla fiducia la quale si trascini — com' è nel nostro costume — straccamente per giorni, fra l' indifferenza o quasi dei deputati, e con scarso interesse da parte dell' opinione pubblica , svolgendo temi generali, magari eccellenti, che servono più a nutrire i volumi degli Atti parlamentari che non a portare un elemento vivo, polemico, immediato nella questione della fiducia. credo che la Camera darebbe una maggiore qualificazione a questo tipo di dibattito se essa adottasse il metodo che è seguito in altri paesi di antica tradizione parlamentare, nei quali la discussione sulla fiducia si esaurisce nella seduta in cui il Governo si presenta dinanzi alla Camera; una seduta che a volte si prolunga tardi nella notte, ma che trae dall' immediatezza dello scontro la propria maggiore efficacia. in verità, è soltanto con un tipo di dibattito di questo genere che si può avere la speranza, o almeno l' illusione, di modificare una situazione parlamentare con un discorso. il sistema che noi seguiamo ci fa cadere nell' accademia e credo che ciò non avvenga a caso (questo è il problema di fondo che si inserisce in un problema di metodo). da troppo tempo assistiamo a crisi ministeriali di carattere extraparlamentare. da troppo tempo il Parlamento è estraniato o si estranea dalle correnti vive del pensiero politico del paese e perde il proprio controllo della situazione. in verità, onorevoli colleghi , se tutto deve farsi a piazza del Gesù o alla Camilluccia, o — peggio ancora — se tutto deve farsi nelle sedi o nelle succursali della Confindustria, tanto, varrebbe chiudere bottega. né, credo, si possa imputare all' esistenza dei partiti, alla disciplina dei partiti tale stato delle cose , ma piuttosto al fatto che si vanno formando dei gruppi egemonici di politicanti i quali si sostituiscono al Parlamento e ai loro stessi partiti. in un simile stato delle cose è abbastanza naturale che l' ultima e lunga crisi politica , della quale la crisi ministeriale è soltanto una incidenza, si sia svolta in condizioni tali per cui è stato possibile, a questi ristretti gruppi, fare rientrare le cose nell' alveo da cui tendevano ad uscire. credo che sia questo un problema sul quale faremmo bene a riflettere, perché non abbiamo interesse, nessuno, a determinare una svalutazione degli istituti parlamentari che sarebbe grave di conseguenze per la democrazia parlamentare . ciò premesso, vorrei, onorevoli colleghi , dare atto, nel modo spero il più chiaro, delle ragioni per le quali il gruppo parlamentare socialista, disponendosi a votare, allo stato delle cose , contro il ministero Segni, intende esprimere due sentimenti e due volontà, che non sono affatto contradittorie, come da qualcuno è stato detto: intende condannare la formula quadripartitica, sulla quale il Governo è sorto, ed il compromesso programmatico intervenuto fra democristiani e liberali ed avallato dai socialdemocratici e dai repubblicani; intende stimolare e portare avanti i fermenti distensivi e progressivi inerenti all' impegno assunto dall' onorevole Segni di completare l' ordinamento giuridico della Repubblica e di assicurare l' imparzialità della amministrazione nell' applicazione della legge. in verità, una formula di questo genere, in sé e per sé, dovrebbe essere considerata una banalità, e tuttavia acquista sapore di novità dopo otto anni di incontrollata prepotenza dell' onorevole Scelba al ministero dell'Interno e dopo i deliri maccartisti ai quali abbiamo assistito, in quest' ultimo anno, da parte dell' onorevole Scelba con i fatti, e da parte dell' onorevole Saragat con le parole. da questo duplice e non contradittorio intento trae origine, onorevoli colleghi , l' espressione « opposizione propulsiva » di cui si è valso, negli scorsi giorni, il comitato centrale del partito socialista , riprendendo una idea ed un concetto che fu dai socialisti largamente usato e dibattuto all' inizio del secolo, quando, avendo vinto la sua battaglia contro la reazione novantottesca, il partito socialista si trovò a dover sorreggere i primi passi dei ministeri Zanardelli e Giolitti, per ciò che di nuovo era nella loro pratica di Governo rispetto al problema dei rapporti tra capitale e lavoro, tra Stato e popolo, e nello stesso tempo a combatterli per la insufficienza dei loro programmi e per i loro persistenti legami con gli interessi dei ceti conservatori di allora. le ragioni dell' opposizione socialista al quadripartito sono così note che su di esse non intendo più soffermarmi. mi pare che il tempo e gli eventi abbiano liquidato l' illusione del compianto l' onorevole De Gasperi che l' alleanza della Democrazia Cristiana coi partiti minori di democrazia laica potesse costituire la base materialmente autosufficiente dello Stato democratico e repubblicano sorto col voto popolare del 2 giugno 1846. a codesta liquidazione hanno concorso molti fattori, oltre la nostra opposizione. vi ha concorso assai efficacemente la sinistra cattolica — la sinistra democristiana — la politica che ha trovato la sua espressione coerente e conseguente nel pensiero dell' attuale Capo dello Stato , ormai posto dalla sue funzioni al di fuori e al di sopra delle nostre polemiche, e la sinistra sociale che fece capo all' onorevole Dossetti e a Cronache sociali , e dalla quale è uscito l' attuale gruppo dirigente della Democrazia Cristiana ; uscito, intendo dire, nel senso che viene da quel gruppo e che ne ha abbandonato il fondamentale nocciolo ideale e politico, che, se non sbaglio, fu di rifiutare le alleanze di centro perché invece di condizionare a sinistra la Democrazia Cristiana ne favorivano le tendenze moderate interne, e fu di salvare la sostanza storica, se non la forma politica organizzata, della collaborazione tripartitica delle tre forze popolari del paese, la cattolica, la socialista, la comunista. a codesta liquidazione ha concorso in modo decisivo, dopo le elezioni del 7 giugno, la esperienza ministeriale dell' onorevole Scelba, nella quale il quadripartito ha rinunciato a valersi dei motivi di copertura ideali, che De Gasperi ravvisava nella necessità di un contrappeso laico o ghibellino al neoguelfismo cattolico, per diventare in maniera aperta lo strumento politico e sociale della destra economica. per cui, oggi, dietro il quadripartito stanno le oligarchie economiche e finanziarie degli elettrici, degli zuccherieri, dei cementieri, dei petrolieri, ai quali i partiti sono pronti a sacrificare idee e programmi, ed anche gli uomini che non rigano dritto, come hanno appreso a loro spese gli onorevoli Tremelloni e Villabruna. mai queste oligarchie, che hanno a loro disposizione pressoché tutta la stampa e l' editoria, hanno mostrato tanta audacia come nelle ultime settimane, con attacchi diretti non soltanto a noi, che vi abbiamo fatto addirittura il callo, ma alla stessa Democrazia Cristiana , e con tentativi di ricatto che non sono rimasti senza effetto. v' è stata, dal Il Corriere della Sera al Messaggero, dal Giornale d' Italia al Resto del Carlino , dal La Nazione a Il Mattino ed a venti altri giornali delle grandi famiglie plutocratiche e della Confindustria; vi è stata — dicevo — tutta una campagna a base di articoli su: « cosa vuole la Democrazia Cristiana ? » , a base di accuse contro la stessa Democrazia Cristiana di prolungare la crisi politica del paese con le sue divisioni interne, a base di ancora più precise accuse all' attuale gruppo dirigente della Democrazia Cristiana di avere sovvertito la esperienza degasperiana, accuse delle quali l' onorevole Fanfani si è affrettato a fare ammenda. perfino « concentrazione » è stata sospettata di tenerezza verso il partito socialista italiano. qualcheduno — si è scritto con evidente allusione all' onorevole Gonella — ha iniziato fin dal congresso di Torino un dialogo abbastanza cordiale con l' onorevole Nenni. qualcun altro — si è detto con riferimento all' onorevole Pella — si è convertito in extremis al terzo tempo sociale. altri ancora — e l' accenno assai probabilmente riguarda l' onorevole Andreotti — ha sposato la causa della giusta causa . sono rispuntate perfino le vecchie, arrugginite definizioni, che ebbero tanto successo durante l' epoca fascista, di « massimalismo cattolico » e di « bolscevismo bianco » . non poteva mancare, e non è mancata, la polemica di sapore risorgimentale sui pericoli ai quali verrebbe esposta la libertà da un incontro sul terreno sociale tra socialisti e cattolici; polemica tanto artificiosa che il suo autore, il Missiroli, nella prefazione al libro che predilige, aveva già risposto confutandola, laddove scrive che « la lotta per la giustizia sociale si risolve sempre in una lotta per la libertà » . questo vale anche per lei, onorevole Gui! precedentemente non si era salvato da campagne del medesimo genere l' onorevole Saragat, ogni qual volta aveva tentato di evadere dalla galera scelbiana per poi rientrarvi, ed essere allora ricoperto di lodi. perfino l' onorevole Malagodi è stato ammonito ad essere meno intransigente, quando è sembrato che tirasse troppo la corda irrigidendosi sul programma, a rischio di perdere il quotidiano controllo della situazione economica da posti come il ministero dell'Industria , il sottosegretariato per il demanio e soprattutto il CIP, che interessa molto i gruppi monopolistici del nostro paese. onorevoli colleghi , il quadripartito, sopravvivendo ed operando sotto questi controlli e questi ricatti, è oggi una vera e propria caricatura dell' autorità dello Stato. la sua congenita debolezza, le sue interne divisioni, il fatto che ad ogni voto è e rimane esposto ad una crisi, ne fanno lo strumento ideale degli interessi monopolistici e finanziari interni e stranieri. se l' onorevole Segni è l' uomo di carattere tenace e puntiglioso che tutti abbiamo imparato a stimare in questi ultimi anni, presto sarà alle corde, per parlare in gergo pugilistico, o metterà gli altri alle corde ciò che naturalmente gli auguro. del resto, le esperienze amare per l' onorevole Segni e per alcuni dei suoi giovani ministri sono incominciate con l' elaborazione del programma. questa si compone, a giudizio nostro, di due parti: l' una sodisfacente, l' altra del tutto insodisfacente. la parte sodisfacente del programma ha riferimento all' impegno del completamento degli istituti giuridici dello Stato. ma, onorevoli colleghi , è un impegno che si ritrova in termini pressoché identici, se non con eguale buona fede e buona volontà , in tutti i programmi ministeriali da cinque o sei anni a questa parte. si tratta, del resto, d' una materia assai sfuggevole, a manovrare la quale la buona volontà del ministero vale sino a un certo punto, giacché si deve fare ogni giorno i conti con la cattiva volontà della maggioranza parlamentare . a questo proposito io faccio, a nome del gruppo socialista, formale richiesta al presidente della Camera perché, in unione con il presidente del Senato , voglia convocare le Camere entro luglio, e comunque prima delle vacanze estive, per la elezione dei cinque giudici della Corte costituzionale di designazione parlamentare. motivo di sodisfazione è stato per il Parlamento e per il paese udire il presidente del Consiglio dichiarare che « non può il Governo non osservare il principio che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge » . senonché negli incontri che ho avuto con l' onorevole Segni durante lo svolgimento della crisi mi è sembrato che egli non abbia una chiara idea della devastazione che, in questo campo, è avvenuta, negli ultimi anni, dei principi elementari dello stato di diritto , sopraffatto dallo Stato di polizia e da una pratica amministrativa che in ogni campo ha creato due categorie di cittadini, due tipi contrastanti di diritti e di doveri. restaurare l' eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge vuol dire rivedere da cima a fondo non tanto la legislazione, quanto l' interpretazione che si è data alle leggi; vuol dire abrogare norme e pratiche che vanno dalle famigerate istruzioni del 4 dicembre alle direttive impartite alla polizia e all' Arma dei carabinieri . né ci si illuda che le discriminazioni abbiano indebolito le sinistre, anche se possono averci creato delle difficoltà. esse hanno indebolito lo Stato, con conseguenze che potevano essere o potrebbero diventare d' una gravità eccezionale se il paese si fosse trovato o si trovasse a dover superare una di quelle prove di fondo in cui l' elemento decisivo e determinante non è l' apparato statale, ma e la fedeltà delle masse popolari alle istituzioni e allo Stato. vi è, onorevole presidente del Consiglio , un costume da restaurare; vi sono pratiche discriminatorie da eliminare, che vanno dai passaporti al diritto di riunione, alla tutela della dignità e della libertà del lavoratore nella fabbrica, alla uguaglianza da ristabilire negli uffici di collocamento e negli enti della riforma agraria , al controllo sulle amministrazioni comunali, del quale controllo non temiamo la severità ma denunciamo la scandalosa parzialità. tutto ciò che l' onorevole Segni farà in questa direzione, lo collocherà fra i grandi servitori dello Stato. a questo proposito io le chiedo, onorevole presidente del Consiglio , l' annullamento delle sanzioni disciplinari inflitte ai pubblici dipendenti per motivi attinenti ad attività politiche e sindacali. ciò fu richiesto dalla Camera con la votazione quasi unanime di un ordine del giorno Di Vittorio fin dalla seduta del 2 dicembre 1953. si chiedeva allora l' annullamento delle sanzioni disciplinari fino alla data di applicazione dell' amnistia. noi domandiamo che il provvedimento sia esteso alla data di elezione del nuovo presidente della Repubblica , verso il quale è salito il riconoscente omaggio di tutto il popolo, e dei servitori dello Stato in primo luogo. e qui arrivo a quello che, con una espressione che rubo a Filippo Turati, chiamerò il rosario delle delusioni, sgranato dall' onorevole Segni in materia di riforme sociali e di indirizzo economico. su questo capitolo il compromesso Fanfani-Malagodi-Saragat ha legato le mani al presidente del Consiglio , il quale, mentre poteva fare un ministero destinato a lasciare una profonda impronta nella storia politica del nostro paese, ne ha fatto uno che mi sembra dover essere considerato soltanto di passaggio. la delusione è grande, soprattutto nelle campagne, dove il nome dell' onorevole Segni e quello del suo giovane collaboratore onorevole Colombo sono nomi di battaglia, e di battaglia progressiva. il compagno Sampietro del nostro gruppo ha illustrato il significato e la portata del compromesso intervenuto non soltanto sulla giusta causa , ma in generale sulla riforma fondiaria . il compagno onorevole De Martino ha drasticamente indicato cosa significhi per il Mezzogiorno la mancata riforma dei patti agrari ed il rinvio della riforma fondiaria . né io ritornerò su questo argomento. per l' Iri altra delusione. non è bastato il voto del Parlamento, non sono bastate le richieste unanimi delle organizzazioni sindacali , quelle cattoliche comprese, per ottenere che il distacco delle aziende Iri. dalla Confindustria intervenisse come prologo alla riorganizzazione del settore delle aziende a partecipazione statale . il distacco ricompare nelle dichiarazioni ministeriali, ma ricompare nella vettura Negri delle « successive fasi » , come le ha chiamate l' onorevole Segni alla fine di una laboriosa riorganizzazione dell' Iri, al cui punto di partenza si colloca la creazione di un ministero del demanio e delle partecipazioni statali sul quale non abbiamo niente da dire. per quel che riguarda la ricerca e la coltivazione degli idrocarburi, prendiamo atto con sodisfazione, onorevole Segni, dell' impegno suo, che ovviamente comprende così la ricerca come la coltivazione, di sospendere ogni autorizzazione fino a che la materia non sia disciplinata. siamo anche concordi sulla opportunità di una sollecita regolamentazione legislativa di questa delicata materia, che ha così decisivi rilievi sul presente e avrà tanto peso sui futuri destini della nostra vita economica. riteniamo per altro deludenti e inaccettabili i termini in cui il presidente del Consiglio ha voluto porre i criteri direttivi della nuova legge. sorprende, in primo luogo, il silenzio mantenuto sulla funzione e sui poteri dell' azienda dei petroli dello Stato, che è uno strumento decisivo per una politica nazionale in questo settore. qualsiasi politica del petrolio non può che passare attraverso di essa. il suo potenziamento, la sua autonomia costituiscono l' elemento essenziale di quella svolta che noi abbiamo reclamato e che ancora reclamiamo. le indicazioni fornite dal presidente del Consiglio circa le garanzie e i vincoli amministrativi per cautelarci dalla politica accaparratrice del cartello internazionale, pur non essendo in sé cattive, sono per altro una illusoria difesa di cartone contro una dura realtà quale è quella della pressione degli interessi monopolistici del cartello internazionale. sono una diga di carta, onorevole Segni, in un mare assai tempestoso! solo la nazionalizzazione del settore, a nostro giudizio, attraverso l' autonoma azione delle aziende dello Stato, costituirebbe la soluzione economicamente corretta. in ogni caso, nessuna garanzia giuridica può surrogare la necessità di una posizione autonoma, attiva, aggressiva, dell' ente di Stato, di una lotta aperta al cartello in materia di produzione e di prezzi. la dichiarazione ministeriale afferma che il Governo fa del piano Vanoni la base della sua politica economica . senonché il piano Vanoni è per ora poco più di una idea, indubbiamente feconda e geniale, per l' attuazione della quale sono da creare gli strumenti, e dal cui contenuto soltanto si potrà valutare la consistenza e l' indirizzo del piano che, per sé e in sé, non può non incontrare la schietta adesione del settore socialista. intanto il Governo è alle prese con la pressione di formidabili interessi, di cementieri, di zuccherieri, di elettrici, di agrari; è alle prese con richieste (queste perfettamente legittime) che vengono dal mondo del lavoro . ogni giorno esso sarà posto di fronte ad una scelta e a una crisi, facilitata dal fatto che il compromesso programmatico trae precisamente origine dal rifiuto della Democrazia Cristiana a scegliere. questo il punto centrale della crisi politica del paese e delle crisi ministeriali che sono la traduzione in termini parlamentari del malessere dell' opinione pubblica . costretto a formare un gabinetto di conciliazione degli inconciliabili, l' onorevole Segni ha risolto la crisi ministeriale ma non ha risolto la crisi politica . questa lo riafferrerà e, più del presidente del Consiglio , riafferrerà la Democrazia Cristiana , a Roma come a Palermo e come a Cagliari: perché ormai il problema ci pone negli identici termini nella capitale, nelle regioni, nelle province e nei comuni. riconosco volentieri che un compromesso può essere giustificato quando si dimostri che non si poteva fare altrimenti. ma in questo caso si poteva fare altrimenti. all' interno della Democrazia Cristiana forze considerevoli di sinistra e di destra hanno decisamente puntato su soluzioni diverse per quanto si riferisce alla formula di Governo e al programma: la sinistra socialdemocratica ha preso parte e causa per il tripartito senza i liberali; e nello stesso partito liberale la sinistra ha duramente attaccato la destra. senza bisogno di essere al corrente delle segrete cose, si ricava dalla cronaca stessa della crisi ministeriale la diretta impressione che vi è stato, nel suo corso, un momento durante il quale l' onorevole Segni si è posto il problema della formazione di un gabinetto senza i liberali, o di un gabinetto monocolore. e può sembrare straordinario (un collega giornalista ha detto « pirandelliano » , un altro ha parlato di « suicidio morale » che sia stata proprio la socialdemocrazia a respingere la soluzione tripartitica o quella monocolore, le quali entrambi (e naturalmente la prima meglio della seconda) ponevano la Democrazia Cristiana nella necessità di fare una scelta definitiva. che questo sia stato il comportamento della socialdemocrazia nella crisi fa dire ai miei compagni che v' è qualcuno che prega per noi, perché senza molta fatica possiamo recuperare alla svelta fino all' ultimo elettore della socialdemocrazia. i socialisti si rendono conto delle difficoltà della Democrazia Cristiana , ma si rendono anche conto del fatto che il paese non può sopportare e pagare con l' inefficienza governativa il prezzo delle esitazioni dell' onorevole Fanfani. il centro non ha più la capacità di resistere alla pressione che da sinistra esercitano larghe masse popolari , ivi comprese le masse cattoliche, e che da destra esercitano forze che proprio dalla confusione quadripartitica traggono gli elementi per sopravvivere alla crisi o alla morte degli interessi e degli ideali che rappresentano. è in questa situazione obiettiva, onorevoli colleghi , che si colloca l' esigenza di muovere i primi passi verso l' apertura a sinistra. si domanda che cosa sarebbe costato a un Governo monocolore democristiano o a un Governo tripartitico senza i liberali; che cosa sarebbe costato l' appoggio dei socialisti. rispondo, onorevoli colleghi , che non sarebbe costato niente: niente alla Democrazia Cristiana , niente ai suoi alleati socialdemocratici e repubblicani. niente, se non l' obbligo di essere quello che dicono di essere, di attuare le riforme sociali che dicono di volere e di non aver potuto applicare perché non hanno una maggioranza qualificata per farlo, di fare avanzare la democrazia economica fino ai limiti del loro, non del nostro programma. il prezzo ricadeva su noi. e noi eravamo e siamo disposti a pagarlo. né si tratta di un prezzo di poco conto per un partito come il nostro. si tratta di un prezzo salato: prima di tutto perché le riforme del terzo tempo sociale, se sono effettivamente una gran cosa, tuttavia sono lungi dal comprendere le nostre istanze economico-sociali anche di carattere immediato; in secondo luogo perché sappiamo perfettamente, onorevoli colleghi , che non sarebbe serio offrire a un governo i nostri voti per far passare alcune leggi sociali, salvo ad abbandonarlo l' indomani alla vendetta dei gruppi e degli interessi offesi da quelle stesse riforme; in terzo luogo perché ciò comportava e comporterebbe per noi la necessità di avallare una politica interna che sappiamo non poter essere quella che noi auspichiamo nei confronti dei comunisti e nei confronti nostri, e una politica estera che parte da una valutazione del tutto contraria a quella che noi abbiamo dato e diamo della funzione dell' Italia in Europa e nel mondo. eppure io credo, onorevoli colleghi , che il partito socialista italiano avrebbe accettato questa responsabilità, senza nascondersene le difficoltà, e l' avrebbe accettata per tre ragioni. perché sono presenti alla coscienza nostra, come del resto sono presenti alla coscienza dei comunisti e delle masse operaie contadine e del pubblico impiego , alla coscienza dell' avanguardia democratica del paese, alcune esigenze inderogabili della società italiana , per risolvere le quali sono necessari anche da parte nostra dei sacrifici. perché bisogna, onorevoli colleghi , fare qualche cosa per creare una situazione nuova, per dare sodisfazione all' anelito di giustizia sociale delle masse, per strappare la società italiana all' immobilismo nel quale affoga e sprofonda. perché la situazione internazionale è migliorata e non impedisce, oggi, che si possa divergere sui mezzi e gli strumenti della nostra politica estera senza che ci crei delle incompatibilità insormontabili. il miglioramento della situazione mondiale è oggi ammesso da tutti, è stato sottolineato dall' onorevole Segni e perfino dall' onorevole Bettiol. da ogni parte si levano voci più o meno sincere al successo della conferenza dei « quattro » . voglia la Camera ricordarsi che noi abbiamo cominciato a parlare nel 1951 di una conferenza del tipo di quella che sta per riunirsi a Ginevra, e che allora ci si è risposto che tendevamo a introdurre dei cavalli di Troia nella cittadella occidentale, che volevamo dividere e non unire il mondo, che volevamo eliminare l' Italia da negoziati ai quali l' Italia e tutti gli altri paesi, grandi o piccoli, hanno il diritto di partecipare. voglia la Camera darci atto che l' idea della neutralità militare, non politica, non morale, che oggi ha fatto tanti progressi in tutto il mondo e ha il suo valido pellegrino nel Primo Ministro indiano Nehru, è stata avanzata dal partito socialista nel 1948, e allora schernita e presentata dalla maggioranza come un inganno. ieri un giornalista americano mi diceva: ormai siamo tutti un po' neutralisti, perché i problemi interni stanno per prendere il passo sulle preoccupazioni di carattere internazionale. nessuno quindi più dei socialisti italiani è a posto nell' augurio che la conferenza di Ginevra apra la via alla soluzione pacifica dei problemi mondiali ed europei. quanto all' europeismo esaltato dall' onorevole Segni, esso ha ai nostri occhi contorni assai imprecisi. do atto all' onorevole La Malfa , che ce lo chiede, che noi saremmo in errore se mettessimo nel medesimo calderone i patti militari e i processi di integrazione europea . vorrei che l' onorevole La Malfa desse atto a noi che le nostre diffidenze sono nate e nascono dal fatto che i problemi militari hanno avuto la precedenza su quelli economici e su quelli politici e costituiscono l' essenza stessa di un certo europeismo. per noi socialisti l' europeismo concreto e positivo è legato alla soluzione di due problemi. in primo luogo alla rapida conclusione di un patto di sicurezza europea, facilitata, oggi, dal riconoscimento sovietico che non si può escludere la garanzia né eventualmente la presenza dell' America e degli americani in Europa, dopo che per due volte, nello spazio di meno di un quarto di secolo, abbiamo chiamato gli americani a risolvere le nostre sciagurate guerre. il secondo problema che per noi sta alla base di ogni europeismo concreto e positivo è la riduzione degli armamenti e la interdizione delle armi atomiche , l' interdizione della guerra auspicata dalla voce di Einstein, tanto potente anche al di qua della tomba essendo il più nobile degli ideali, ma un ideale forse ancora lontano. su questi punti chiedo al presidente del Consiglio di impegnarsi a fondo. gli chiedo inoltre di voler procedere finalmente al riconoscimento della Cina. l' onorevole Segni, parlando del ristabilimento di buone relazioni con tutti i paesi e tutti i continenti, per certo alludeva alla Cina. dia ai suoi propositi forma concreta, mandando a Pechino un ambasciatore e un addetto commerciale di larghe capacità e di larga iniziativa. vi è molto da fare in Cina per industrie come le nostre che sono alla ricerca di mercati esteri e che rischiano di essere tagliate fuori da uno dei principali mercati del mondo. noi domandiamo anche una politica realistica per l' ingresso dell' Italia nell' Onu; una politica — intendo dire — che cerchi e trovi il terreno di conciliazione tra la tesi sovietica che si oppone alle ammissioni individuali e la tesi americana che si oppone alle ammissioni in gruppo di quei paesi che, come il nostro e come altri, hanno completamente assolto agli obblighi dei trattati di pace. per Trieste, onorevole presidente del Consiglio , non vi sono saluti da inviare, ma una politica da intraprendere e da portare a compimento. all' atto dell' approvazione del memorandum era stato formulato un programma che si fondava sulla rivitalizzazione del porto, sull' industrializzazione della città, oltre che su una serie di misure complementari. la rivitalizzazione del porto era legata alla ripresa dei traffici con il centro-Europa, e l' onorevole Martino si era impegnato a indire una conferenza internazionale entro poche settimane. non si è fatto nulla. l' industrializzazione era legata ai pronto e organico impiego del fondo di rotazione, il cui finanziamento è assicurato, tra l' altro, dal ricavato del prestito Trieste. anche qui si è ancora in alto mare ed anzi le cose si sono parecchio ingarbugliate. quanto alle misure complementari, esse sono compromesse o annullate, oppure ridotte a mero carattere assistenziale. le conseguenze di tali errori sono state disastrose, onorevole Segni. la sfiducia verso l' Italia è penetrata in tutti i circoli: quelli capitalistici e quelli dei lavoratori; con la differenza che, mentre i primi hanno sempre modo di salvaguardare i propri interessi imboscando ed esportando i capitali, ai secondi si prospetta la disoccupazione e la miseria. si verifica in tal modo un esodo da Trieste dell' unica mano d'opera che oggi è richiesta: quella altamente qualificata. su 8 mila triestini finora emigrati in Australia, 5 mila sono operai altamente qualificati, e se ne sta prospettando un flusso sempre maggiore. per garantire la vita e lo sviluppo del porto di Trieste è necessario indire la conferenza internazionale senza ulteriori indugi, adeguare le tariffe ferroviarie con l' Austria a quelle adottate dalla Germania per Brema, riportare a Trieste i suoi servizi marittimi tradizionali. per l' industria è necessario che il fondo di rotazione sia impiegato solo per Trieste, assumendo altre provvidenze per Gorizia ed eventualmente per Udine, e assicurando la partecipazione dei triestini alla gestione del fondo. infine, occorre che il Governo impartisca chiare disposizioni ai suoi rappresentanti a Trieste perché recedano dall' atteggiamento del tutto illiberale e sopraffattore che esse pongono in atto nei riguardi della vita democratica dei partiti e delle organizzazioni, soprattutto di sinistra. se per i triestini l' Italia cessasse, onorevoli colleghi , di essere sinonimo di libertà, la battaglia italiana a Trieste sarebbe seriamente compromessa. il presidente del Consiglio non ha parlato dell' Alto Adige , ed io farò come lui. tuttavia, esistono problemi che vanno esaminati e risolti anche in connessione all' ordinamento dato alla regione che si volle fosse una in due o due in una, dando vita ad una situazione che tra attentamente studiata nelle conseguenze che ha avuto. io non posso che rammaricarmi, onorevole Segni, che il ministero che ella ha costituito, per le contradizioni che ha in se medesimo, si presenti senza fiato e con scarsa consistenza. una occasione è stata perduta per fare le cose nuove attese dall' opinione pubblica ; altre si ripresenteranno. in fondo, onorevole Segni, l' opposizione propulsiva dei socialisti può anche essere considerata come un auspicio di un secondo ministero Segni, liberato dalla soffocante tutela della destra economica. onorevoli colleghi , ho il dovere di dare una risposta all' onorevole Gui. egli ha paura dei salti mortali. in mezzo, tra le ideologie e i problemi concreti, dice l' onorevole Gui (e su questo ha perfettamente ragione), vi è qualche cosa. onorevole Gui, il concetto marxista di libertà e di democrazia è certamente diverso da quello professato dalle diverse scuole cristiane. e, d' altro canto, la nostra valutazione delle condizioni in cui la Russia è arrivata alla rivoluzione di ottobre e alla dittatura del proletariato , mentre l' Inghilterra è arrivata al laburismo ed alla democrazia parlamentare , di cui non neghiamo l' efficienza, si fonda sulle condizioni storiche in cui il proletariato è stato posto nella sua lotta per la libertà e per la democrazia. l' onorevole Gui si rivolge a noi e dice: « non noi democristiani dobbiamo scegliere, siete voi socialisti che dovete fare la vostra scelta » . onorevole Gui, ella ha dunque l' impressione che non abbiamo scelto? dove era, onorevole Gui (non dico lei personalmente, che è molto giovane); dove era il movimento cattolico quando i socialisti italiani hanno intrapreso in Italia la grande lotta di emancipazione dei lavoratori per dare concretezza alla libertà e alla democrazia? a questa lotta i socialisti hanno pagato il meglio del loro sangue e delle loro energie. ma io potrei sembrare un accaparratore, onorevole Gui, se mi rifacessi soltanto al 1892, agli ultimi anni del secolo scorso, ai primi anni di questo secolo. io voglio rifarmi alle recenti esperienze degli ultimi dieci anni, onorevole Gui. la nostra scelta l' abbiamo fatta nel 1944, allorché abbiamo preso l' iniziativa della lotta per la democrazia e la libertà, in un sistema di democrazia parlamentare . e abbiamo fatto questa scelta con la piena coscienza della nostra responsabilità; l' abbiamo fatta col sentimento che, se riusciremo ad aprire la via di una evoluzione pacifica delle forze del lavoro , non vi sarà bisogno di nessuna dittatura e nella democrazia si attuerà il socialismo. i problemi concreti dei quali parliamo che cosa sono, se non il contenuto stesso di questa lotta per la libertà e per la democrazia? che senso hanno lo spartiacque, la cortina che si vorrebbe creare tra una concezione astratta della libertà e della democrazia e il mondo reale in cui la libertà e la democrazia si affermano e si difendono facendo avanzare le classi lavoratrici e assicurando loro nella società il posto a cui hanno diritto? questo è quello che abbiamo fatto negli ultimi dieci anni. questo è quello che ha fatto, con noi, il partito comunista attuando, insieme, la politica della classe operaia del nostro paese secondo le caratteristiche storiche ed ambientali dell' ambiente in cui si è svolta e si svolge in Italia la lotta di classe e la lotta per la democrazia in tutti i campi, in tutte le direzioni. onorevole Gui, quando noi vi offriamo un incontro sui problemi concreti, vi offriamo un incontro sul terreno della libertà e della democrazia; vi offriamo un incontro per creare anche da noi quelle condizioni di evoluzione democratica che esistono in altri paesi dell' Occidente, per i quali viva è anche la nostra simpatia, senza che questo ci faccia dimenticare che se in altri paesi del mondo le vie percorse per attuare il socialismo sono state o sono diverse, gli è perché la società aveva e ha posto i lavoratori di quei paesi nella condizione di dovere ricorrere alla forza e alla violenza. onorevoli colleghi , nulla sarà lasciato di intentato da parte dei socialisti per favorire ogni elemento di distensione e di progresso. la nostra diplomazia è di non avere diplomazia, la nostra furberia è l' onestà. perciò noi non abbiamo fatto sfoggio di abilità nei confronti del gabinetto Segni ed abbiamo detto e diciamo che ci proponiamo, con tutto l' impegno di cui saremo capaci, di far scoppiare le contradizioni del quadripartito. questo, in concreto, che cosa vuol dire? vuol dire che ci batteremo per le leggi agrarie Segni contro il compromesso Fanfani-Malagodi-Saragat. vuol dire che eserciteremo ogni nostra pressione sul giovane ministro dell'Agricoltura perché leghi il suo nome ad un progetto decente, e, quando questo progetto verrà dinanzi alla Camera, come base di discussione, cercheremo di introdurvi noi, d' accordo credo con la maggioranza di voi democristiani, il principio della giusta causa permanente, senza di che il Parlamento si metterebbe in aperto conflitto con milioni di contadini. vuol dire che riprenderemo l' ordine del giorno Pastore per il distacco immediato delle aziende Iri. dalla Confindustria per votarlo, speriamo insieme con l' onorevole Pastore e i sindacalisti della Cisl in ogni modo insieme con i tanti democristiani che lo hanno approvato e che non vorranno smentire se stessi . vuol dire che ci impegneremo a fondo perché la nuova legge sui petroli garantisca e tuteli gli interessi collettivi della nazione e dell' azienda di Stato . noi siamo convinti, onorevoli colleghi , che riusciremo a raggruppare su questi problemi la larga maggioranza di progresso sociale che è alla Camera e che non può capitolare di fronte alla destra economica. per concludere vorrei dire che si tratta di una politica, non si tratta di una manovra: e, proprio perché si tratta di una politica e non di una manovra, sulla motivazione democratica dell' apertura a sinistra noi siamo e rimarremo intransigenti. ogni passo verso l' apertura a sinistra deve necessariamente comportare la critica aperta di ogni discriminazione, di ogni egemonia, di ogni trasformismo e di ogni immobilismo, cioè la critica dei vizi che il quadripartito porta in sé congenitamente. la critica socialista di questi vizi sarà incessante e potrà anche diventare aspra, ove sia necessario. non si tratta di rinunciare alla lotta, non si tratta di rinunciare alla polemica; si tratta di offrire ad ogni lotta e ad ogni polemica una prospettiva di superamento. lo abbiamo fatto, lo facciamo, lo faremo con un senso di responsabilità , con una pazienza, con una tenacia che sono — credetelo, onorevoli colleghi — pari alla nostra devozione agli interessi dei lavoratori e di tutto il popolo italiano .