Aldo MORO - Deputato Opposizione
II Legislatura - Assemblea n. 10 - seduta del 27-07-1953
Concernente la sfiducia al Governo Dini
1953 - Governo Dini - Legislatura n. 12 - Seduta n. 270
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , prendo la parola al termine di questo dibattito sulla fiducia all' ottavo ministero dell' onorevole De Gasperi , con particolare trepidazione. alle prese di posizione dei vari gruppi della Camera che non hanno avuto fino a questo momento una replica compiuta della mia parte. mi rendo anche conto del particolare significato di questo dibattito, nel quale sembra che le nostre parole non abbiano la possibilità di aprire un dialogo e di convincere, se passibile, altri settori della Camera. probabilmente queste nostre osservazioni finali hanno un valore essenzialmente documentario: tendono a stabilire le responsabilità della mia e delle altre parti di questa Assemblea di fronte alla difficile situazione postelettorale. ciò mi permette, in un certo senso, di parlare con particolare distacco e con spirito accentuato di verità e di serenità. è naturale che un dibattito come questo, relativo alla concessione della fiducia al Governo espresso dalla Democrazia Cristiana dopo le elezioni, abbia avuto un certo carattere polemico, abbia preso le mosse dall' apprezzamento, spesso umanamente, comprensibilmente unilaterale, dei risultati elettorali. questo apprezzamento polemico dei risultati elettorali è stato fatto da tutte le parti, sicché abbiamo assistito in quest' Aula ad una discriminazione alquanto unilaterale di vittoriosi e di vinti; apprezzamenti naturalmente del tutto contraddittori e perciò stesso palesemente arbitrari. a me pare si possa dire serenamente che nella situazione parlamentare che segue alle elezioni del 7 giugno, non vi sia propriamente una forza che possa dirsi vittoriosa, una forza cioè che possa presentarsi, nello schieramento politico e parlamentare, con una capacità decisiva, determinante. ma mi pare, d' altra parte, che emergano delle posizioni base, dei pilastri fondamentali, dei quali, in sede politica e in sede parlamentare, non si può non tener conto. e tra questi pilastri fondamentali, tra questi dati essenziali emergenti dalla consultazione elettorale, è il partito della Democrazia Cristiana che esce da questa lotta concentrica, condotta da tante parti contro di esso, con una grande forza, con una grande capacità rappresentativa, anche se esso non ha, in questo momento, la possibilità di determinare da solo la vita politica del nostro paese. non si può non riconoscere che la Democrazia Cristiana resta il perno, il centro della vita politica del nostro paese; e mi pare che in questo momento, mentre da tante parti si cerca di valorizzare il significato, il peso dei propri voti, la Democrazia Cristiana compia un dovere di fronte al paese, quando richiama l' attenzione sull' entità e sul significato dei suffragi che essa ha conseguito, in condizioni così difficili, nella recente consultazione elettorale. non si può parlare, a proposito di questi risultati, dell' effetto di una coercizione spirituale né (come mi pare abbia detto, o ha fatto intendere, l' onorevole Nenni) si può parlare, per il nostro partito, di una dominante impostazione fideistica: settori dell' elettorato cattolico sono infatti andati in altra direzione. in realtà, sullo sfondo di un' alta ispirazione cristiana, sullo sfondo di un indubbio orientamento ideologico, si è delineata e consolidata una formazione politica che ha un essenziale significato civile, sociale, nazionale, una formazione politica che, dopo avere assunto negli anni scorsi pesanti responsabilità nella vita del nostro paese, si può ritenere sia entrata davvero come elemento determinante nella storia d' Italia. ed è doveroso, d' altra parte, a questo punto, di fronte ai mormorii che hanno accolto alcune mie affermazioni ed in relazione a quanto è stato detto dall' onorevole Nenni, dall' onorevole De Martino e da ultimo dall' onorevole Togliatti circa l' azione esercitata dalla Chiesa in questa consultazione elettorale, è doveroso dire che la Chiesa ha, per posizione concordataria, oltreché nella coscienza sociale del nostro paese, il diritto di intervenire con la sua funzione di magistero, con la sua funzione di orientamento spirituale in quelle materie che abbiano significato e peso nella vita della Chiesa, anche se queste materie tocchino o si avvicinino alle scelte politiche. si tratta di un diritto costituzionale che non permette di considerare né sul piano giuridico — come si è tentato — né sul piano politico — come è stato fatto in questi giorni nel dibattito parlamentare — come illecita o irregolare la condotta della Chiesa, nell' esercizio della sua funzione di magistero nei confronti dei suoi fedeli. e qualche osservazione io ritengo ancora di dover fare in merito alle polemiche che abbiamo sentito riecheggiare in questa Assemblea a proposito del mancato scatto della legge elettorale maggioritaria , indicata come il simbolo, come l' espressione di una politica che è stata sconfessata dal corpo elettorale . non è mia intenzione, e sarebbe cosa di pessimo gusto, riaprire ora in modo polemico la discussione su quella legge elettorale che l' onorevole De Gasperi nel suo intervento iniziale in questo dibattito ha dichiarato inattuale e caduca. noi vi dicemmo, quando ci chiedevate di sottoporre la legge elettorale ad un referendum, che la legge elettorale aveva in sé il significato, il meccanismo di un referendum, e noi prendiamo atto, da sinceri democratici quali noi siamo, che il risultato di questo referendum è stato negativo. potremmo dire che si è perduto per un soffio, ma non mi sembra che sia di buon gusto in questo momento fare una questione quantitativa. noi prendiamo atto della situazione, ma riteniamo doveroso in questo momento, mentre noi siamo appunto di fronte ad una assunzione di responsabilità del Parlamento, ch' è conseguenza di una precedente assunzione di responsabilità del paese, richiamare un momento solo la nostra impostazione relativa alla legge, e ricordare che essa prevedeva, appunto, l' attribuzione di un margine di sicurezza politica, di un margine di sicurezza di direttiva politica, acquisibile all' altissimo livello della maggioranza assoluta che appunto non è stata raggiunta. l' attribuzione, precisamente, di un margine di sicurezza da conferire a questo livello per una articolata e composita politica di centro. noi desideravamo assicurare un chiaro e deciso orientamento democratico al nostro paese, un netto orientamento politico che non precludesse del resto quei naturali sviluppi, quei naturali svolgimenti che sono nella forza delle cose, nel libero agire della storia. avremmo voluto guidare in modo responsabile e deciso, avendo la forza parlamentare per farlo, nella incerta situazione politica interna ed internazionale, il nostro paese. era questo soltanto il nostro intento. noi oggi ci pieghiamo a questa situazione, ma non possiamo non indicare al popolo italiano quei frutti d' instabilità ed incertezza della situazione politica che derivano dalla sua decisione del 7 giugno. l' onorevole Nenni vede questa Assemblea più libera, più dialetticamente aperta, capace di scegliere tra diverse politiche e se ne compiace, come se ne compiace per altro verso l' onorevole Covelli. mi pare di risentire l' eco delle acute osservazioni dell' onorevole Basso nel dibattito sulla legge elettorale , quando egli esaltava il significato aperto e mobile delle assemblee parlamentari dominate dalla proporzionale. ma dobbiamo domandarci se l' essere posti di fronte a diverse scelte, in una situazione politica incerta, difficile e per tanti versi immatura, l' essere posti di fronte a queste scelte senza avere una sicura forza base di orientamento e di indirizzo, sia un bene o sia un male. lo stesso fatto che da una parte l' onorevole Nenni, il quale pensa evidentemente ad una certa scelta, si compiaccia di questa situazione di cose e, dall' altra parte, se ne compiaccia l' onorevole Covelli, il quale pensa ad una scelta tutta diversa, dimostra come possa essere pericolosa quest' apertura dialettica delle assemblee parlamentari, quando non sussistano situazioni chiare di politica interna e di politica internazionale che permettano di prendere una direttiva sicura nell' interesse del paese. dopo questa parentesi, permettetemi di ritornare un momento a quella politica di Governo (non voglio chiamarla politica di centro, perché sembra che questa parola, per la sua scarsa carica emotiva, non incontri la simpatia dell' Assemblea) che è stata quadripartita, tripartita, bipartita, ma fondata sempre su una certa solidarietà politica. si assume che questa politica sia stata sconfessata e rinnegata dagli elettori, benché essa abbia ora in concreto una, sia pur debole, maggioranza. questa politica del Governo è sconfessata dalla destra (lo abbiamo visto nel corso della campagna elettorale e lo abbiamo sentito ripetere con drastica insistenza prima dall' onorevole De Marsanich , poi dall' onorevole Covelli) forse per ripudio di quel tanto di esclusivistico e di rigido che essa aveva e soprattutto per motivi di polemica legittimistica, o nazionalistica, o conservatrice. ma a parte questo discorso sull' esclusivismo, sul tono rigido della politica cosiddetta centrista che ebbe espressione nella legge elettorale , non mi pare che una considerazione complessiva e serena del risultato elettorale permetta di parlare propriamente di una sconfessione, di una sconfitta di questa politica. se questa politica significava la difesa delle istituzioni repubblicane come sono fissate dalla Costituzione, una politica ad orientamento sociale, la tutela non esasperata ed agitata, ma serena e consapevole degli interessi nazionali nell' ambito della solidarietà internazionale, io dico che questa impostazione esce confermata dalla consultazione elettorale. anche da sinistra si afferma che la politica di centro è stata battuta e sconfessata. ha cominciato a metterla in stato di accusa l' onorevole Saragat, il quale ha parlato a questo proposito di un immobilismo sociale, che sarebbe stata la ragione del diniego che l' elettorato ha opposto a questa politica ed alla legge elettorale . ma, senza disconoscere quel tanto di ulteriore progresso sociale , di ulteriore sforzo sociale che per dovere morale e politico noi dobbiamo fare, perché davvero non si può dire mai che sia stata fatta tutta la politica sociale che sarebbe stato desiderabile fare; senza negare questa circostanza, credete davvero, onorevoli colleghi , che si possa parlare di immobilismo, che si possa parlare di una ripulsa delle esigenze sociali alla quale si sarebbe opposto l' elettorato dinanzi all' opera, per tanti versi grandiosa, anche se naturalmente ancora incompleta, compiuta in questi anni negli investimenti, nella riforma agraria , nei lavori per il Mezzogiorno? potrete dire che queste cose possono e devono essere continuate, integrate, portate più a fondo, e ci troverete consenzienti nei limiti di quelle possibilità obiettive alle quali pure si deve guardare, perché è evidente. onorevole Nenni, che non si può fare soltanto una classificazione dei bisogni, ma occorre fare anche una classificazione dei mezzi offerti, nell' ambito interno e internazionale, per la soluzione dei problemi sociali. potrete dire che si può e si deve fare di più, ma non mi sembra giusto dire che questa politica è stata sconfessata e lo è stata sul terreno dell' immobilismo sociale. poi vengono le accuse più complesse dell' onorevole Nenni, dell' onorevole De Martino e da ultimo dell' onorevole Togliatti. dice l' onorevole Nenni: è stata sconfessata dall' elettorato la politica delle forze laiche, le quali sono mancate alla loro funzione e invece di fare una politica di centro hanno fatto una politica di destra. e precisa l' onorevole Nenni: « non si è posta d' accordo la Repubblica con le masse popolari , non si è assicurata la laicità dello Stato, non si è fatta una politica socialista » . non tocca a me, naturalmente, difendere la politica dei partiti che hanno condiviso con noi la responsabilità di Governo o la responsabilità parlamentare in questi anni, soprattutto se questi partiti non ritengono di potersi difendere su questo terreno. ma, a nostro parere, guardando le cose dal punto di vista di quel socio di questo raggruppamento di Governo che è stata la Democrazia Cristiana , in questi anni vi sono stati un contemperamento e una affermazione, in una politica equilibrata e complessa, di questi vari motivi, che sono, a titolo diverso, tutti in certo modo egualmente rappresentativi della nostra civiltà e del nostro momento storico. e non solo per apporto ideologico e politico dei partiti di democrazia laica, ma anche per apporto del nostro partito, che ha cercato di vedere modernamente, con libertà di spirito, questi problemi fondamentali della nostra vita sociale e politica. abbiamo fatto in questi anni una politica di libertà, difendendo la libertà; abbiamo fatto insieme, in uno sforzo meritorio di conciliazione che resta sul piano storico, una politica di progresso sociale , sulla quale non ritorno, perché, pur riconoscendone le insufficienze, non posso ritenere che onestamente si possa disconoscere il nostro sforzo in questa direzione. le istituzioni repubblicane sono state difese nella loro profonda sostanza democratica, si è sviluppalo il senso dello Stato, della sua dignità, dei suoi compiti sempre crescenti nel mondo moderno, della sua insostituibile funzione nella società umana. noi respingiamo il significato polemico dello Stato laico , ma affermiamo la funzione dello Stato in ogni campo, la sua autonomia, il suo compito nella storia umana. è stato un lavoro complesso, pur con le sue possibili deficienze, un lavoro articolato, un lavoro che ha richiesto contemperamenti di diversi punti di vista , per cui non mi sembra adatta la definizione che ha dato, mi sembra, l' onorevole Togliatti di questa politica, che sarebbe stata l' espressione di una piccola oligarchia democristiana. è stata una politica democratica, una politica di mediazione di diverse esigenze, una politica di garanzia della libertà, è stata soprattutto una politica umana. perché è questa la sintesi alla quale noi intendiamo pervenire, quando parliamo di libertà e di progresso sociale : intendiamo aver presente l' uomo intero, con tutte le sue esigenze. contro i miti, contro gli estremismi, contro le forme irrazionali e violente della vita politica, intendiamo affermare — come abbiamo inteso affermare e difendere in questi anni — i diritti della persona umana, quella persona umana alla quale si richiamava l' impegno programmatico comune assunto dai quattro partiti alla vigilia della competizione elettorale. permettetemi di dire ancora — benché tutti i giudizi rischino sempre di essere unilaterali — che io vedo anche un altro significato in questa complessa, sconcertante votazione del 7 giugno. io vedo, e sono disposto a riconoscere con la sincerità e serenità alla quale ho detto di volermi ispirare, che il 7 giugno l' elettorato ha in un certo senso reagito alla rigidezza dello schieramento centrista; cioè il 7 giugno l' elettorato si è posto di fronte il problema dell' appartenenza delle diverse forze politiche alla democrazia, ed ha cercato di dare una sua risposta, ritenendo che ai quattro partiti di centro, che sono stati certamente i primi e più alti difensori della democrazia, si dovesse aggiungerne qualche altro e si dovesse fare uno sforzo in questo senso. l' elettorato ha risposto con delle speranze, forse con delle illusioni, alla nostra richiesta di una definizione democratica che servisse come linea di discriminazione in questo delicato momento della nostra vita politica. l' elettorato ha risposto in certo senso con altri interrogativi ed ha cercato di introdurre dei fermenti di possibile, anche se difficile, rinnovamento democratico delle forze che si trovano al lato destro e sinistro dello schieramento centrista. la rigidezza della impostazione elettorale, che era una esigenza fatale della situazione — come io ebbi a notare nel mio ultimo intervento sulla legge elettorale — perché si trattava di salvare qualche cosa di essenziale, se non ha permesso lo scatto del premio, è servita, in certo modo, a mettere in crisi le forze che sono alla sinistra e alla destra del nostro schieramento e a porre il problema del loro rapporto da un lato con il centro democratico e dall' altro con l' estrema verso cui quelle forze erano in passato naturalmente confluite. quindi abbiamo oggi una situazione che presenta qualche elemento di novità, nel senso che l' elettorato ha richiesto alle forze politiche di tenere un atteggiamento democratico conseguente e di svincolarsi dai legami avuti in passato nell' interesse della democrazia e del paese. qualche accenno a questa revisione di posizioni si nota già alla destra del nostro schieramento, cioè nel raggruppamento monarchico. non si può disconoscere il significato, oltre che tattico anche sostanzialmente politico, della rescissione di quel patto che fu valido nelle elezioni amministrative e che comportava l' unità di azione delle cosiddette forze nazionali ed il pratico accantonamento, per realismo politico , di quel problema istituzionale che è stato, nelle mani del partito nazionale monarchico , una formidabile arma elettorale. si è determinato così un incerto e grezzo inizio di normalizzazione, un avviamento al superamento di certe posizioni di agitata infatuazione nazionalistica. c' è, insomma, una certa pressione esercitata nei riguardi del raggruppamento monarchico da parte del suo elettorato che, per quanto abbia idee non del tutto chiare e ideali confusi, ha in sé però un certo fermento democratico ed è fatto anche di povera gente . non è dato ora sapere se si tratti di un vero processo di rinnovamento e se vi siano prospettive di un rivolgersi del partito nazionale monarchico verso una posizione, magari anche di conservazione sociale, ma più serenamente democratica e più effettivamente inserita nella dialettica politica del paese. bisogna comunque considerare con attenzione la situazione. situazione certo difficile, evoluzione incerta verso uno sviluppo democratico, perché non si possono dimenticare i contatti e quella che apparve per lungo tempo una unità di obiettivi delle forze monarchiche con quelle del Movimento Sociale Italiano , accomunate in una politica di punta, fatalmente trascinate a un estremismo nazionalistico e tendenzialmente totalitario. io ho cercato di ascoltare con attenzione e di meditare sul discorso dell' onorevole De Marsanich . ho presente l' accenno al corporativismo, a questa sintesi che dovrebbe essere naturale delle forze del lavoro e delle forze del capitale, a questa specie di armonia prestabilita che non si riesce a capire come possa invece in concreto essere realizzata, se non attraverso una interpretazione autoritaria da parte dello Stato. ho sentito le istanze nazionalistiche vivacemente affioranti nella posizione assunta da questo movimento, contro il quale sarebbe facile ripetere — ma io non lo faccio — le accuse, i sospetti di reviviscenza di quell' ideale del fascismo che è stato superato e condannato dal popolo italiano . ma ciò che soprattutto mi rende perplesso nei confronti di queste forze è quel loro interpretare — come dire? — una situazione romantica di scontento, di attesa da parte di folle imprecisate; un senso di fredda separazione da questa Assemblea e, in certo modo, dal paese. è in ciò che io vedo l' aspetto più pericoloso della politica del Movimento Sociale in questo momento. parlando poi di fermenti che sono stati introdotti fiduciosamente da una parte dell' elettorato nello schieramento politico generale, io credo si debba considerare anche la sinistra. è sempre difficile analizzare i voti e stabilire quelle che ne sono state le motivazioni, che sono qualche volta motivazioni inconsapevoli o non del tutto consapevoli, ma a mio personale parere si deve riconoscere un certo afflusso di forze autonomistiche nell' elettorato dell' onorevole Nenni, si deve riconoscere il sorgere di una problematica: una manifestazione di fiducia in questo senso, una consegna data da queste forze alla loro rappresentanza parlamentare. questa potrebbe essere in teoria la premessa di una politica rinvigorita di sinistra, di una politica sociale nello spirito della democrazia politica cui vogliamo restare fedeli. e per il paese, di al là da ogni considerazione di partito, noi dovremmo augurarcelo, noi dovremmo desiderarlo; ma in realtà noi dobbiamo guardare ora non alle speranze, alle attese, alle manifestazioni di fiducia di una parte imprecisabile di quell' elettorato, ma alla realtà delle cose e, in rapporto alla realtà delle cose, dobbiamo valutare la proposta dell' onorevole Nenni — come egli ha detto — per un incontro a mezza strada. l' onorevole Nenni dice di aver cercato il dialogo, di aver cercato lungamente una possibilità d' intesa colle forze del centro e si dice convinto della possibilità di un incontro a mezza strada, su queste basi: in politica estera , cessazione dell' oltranzismo atlantico e accantonamento della CED; in politica interna , ancoraggio sulle posizioni dei sindacalisti cristiani per lottare contro la disoccupazione e la miseria, per favorire l' elevazione del tenore di vita delle masse popolari , per stabilire cordiali, costruttive relazioni con le organizzazioni sindacali ed economiche. dal che mi pare che amori, nella impostazione dell' onorevole Nenni, una sorta di interpretazione sociale, economica, sindacale, del patto di unità di azione. ma con ciò, attraverso questo espediente abilmente dialettico, l' onorevole Nenni elude quel problema alla soluzione del quale, nei termini più netti, lo ha richiamato l' onorevole Saragat: il problema del vincolo politico, il problema del cordone ombelicale che lega i socialisti ai comunisti nel nostro paese. questo, onorevoli colleghi , è il quesito che ha posto l' onorevole Saragat, è il quesito che ha posto l' onorevole De Gasperi nei suoi colloqui di sondaggio, è il quesito di questa Assemblea ed è il quesito del paese. ebbene, riconosciamo che, pur nella fluidità della situazione, pure in talune manifestazioni di buona volontà , la forza estrema del comunismo costituisce ancora una potente attrattiva, una pesante ipoteca sulla democrazia e sul socialismo italiano. non si può parlare di una politica di centrosinistra che sia libera e autonoma, se essa abbia questa condizione fondamentale alla quale deve sodisfare: di realizzare in ogni momento l' unità, non — notate — sul piano sociale, ma necessariamente sul piano politico, della classe operaia , delle masse lavoratrici . anche noi vogliamo dare una risposta, e una risposta unitaria, ai grandi problemi che interessano le masse lavoratrici : noi siamo convinti che non esiste una democrazia politica, né può svolgersi una ordinata vita nazionale senza una concreta e robusta realizzazione di democrazia sociale . per noi le masse popolari , le masse lavoratrici sono forze attive nella storia, sono nello Stato democratico , sono lo Stato democratico nella sua sostanza umana; ma ciò deve avvenire nella ordinata vita democratica e nella disciplina sociale e statuale. al di fuori di questa disciplina politica, al di fuori di questa disciplina statuale, le masse, nella agitazione sociale, possono diventare, perdendo quella autonomia per la quale esse ci appaiono veramente attrici di storia, lo strumento per la conquista integrale del potere in costante pericolosa subordinazione ad una solidarietà ideologica e sociale che va al di là delle frontiere dello Stato e mette in forse l' autodecisione e l' indipendenza dei popoli. è facile dire in teoria, come mi pare abbia detto oggi l' onorevole Togliatti, che l' ipoteca rivoluzionaria esiste soltanto nei confronti della dittatura o della potenziale dittatura nell' esercizio smodato del potere delle classi privilegiate. perché chi sarà a determinare esattamente quando ci si trovi in una situazione di abuso e di sopruso? e questa ipoteca rivoluzionaria anziché nei confronti di dittature reali o ipotetiche non potrà valere nei confronti della libertà, non potrà servire cioè per soffocare puramente e semplicemente la libertà politica ? e mi pare che nella situazione attuale, se ancora vi fossero dei dubbi circa la sostanziale inconsistenza, la sostanziale inaccettabilità di questa offerta di incontro a mezza strada, di questa alternativa socialista, che diventa espressione di una comune azione di governo di centrosinistra, questi dubbi — dicevo — sarebbero stati dissipati con chiarezza dalle parole con le quali l' onorevole Togliatti si è rivolto all' onorevole Saragat e ha richiamato lui — ed implicitamente anche l' onorevole Nenni — alla disciplina dell' unità della classe operaia . cioè l' onorevole Togliatti ha dato una impostazione sostanzialmente diversa da quella che poteva emergere attraverso una benevola interpretazione del discorso dell' onorevole Nenni e ha detto: non si tratta soltanto di una solidarietà finale della classe operaia , della classe lavoratrice , in quanto sia oggetto di una politica nell' ambito della quale il partito socialista si assume la responsabilità di garantire gli interessi di classe, della classe lavoratrice ; ha detto: no, qui vi è una solidarietà non soltanto finale, terminale, ma vi è una solidarietà politica totale, iniziale. questa è la disciplina dell' unità della classe operaia che l' onorevole Togliatti ha indicato come condizione indispensabile per realizzare le fortune della classe operaia . non vi è, quindi, onorevoli colleghi , più alcun dubbio su questo punto. quali garanzie, dopo queste dichiarazioni, dopo questo esame della situazione, può darci in questo momento l' onorevole Nenni circa il valore sostanziale (non parlo della sincerità delle sue intenzioni), circa l' effettivo valore politico e storico di quest' autonomia socialista dalla quale consegue l' offerta di una comune azione politica o parlamentare? potremmo noi, che abbiamo particolari doveri di prudenza, potremmo noi sacrificare anche in parte, per una speranza, per una attesa che potrebbe rivelarsi illusoria, i supremi valori di libertà, i supremi valori democratici nel senso come noi li intendiamo, con il loro contenuto sociale, ma con una chiara essenza di libertà politica ? potremmo sacrificare questi, che sono fondamentali valori umani, che sono il nostro patrimonio ideologico, che sono il grande retaggio che ci viene da quella passata azione di governo della quale noi non dobbiamo vergognarci? potremmo sacrificare queste cose, che sono patrimonio dei popolo italiano , di fronte a una possibilità così dubbia, di fronte a una realtà sulla quale cade ancora pesante l' ipoteca del partito comunista ? mi pare che, in questa situazione, la nostra posizione non possa che essere assolutamente chiara. il problema del comunismo è il problema di quel denominatore comune del quale parlava l' onorevole Saragat l' altro giorno: quel comune denominatore di sincera, comune accettazione dell' idea democratica, con tutto quello che essa comporta e che costituisce il presupposto, la condizione essenziale indispensabile per una collaborazione politica, per una comune attività. anche se ci si ponga nella posizione più onesta, più obiettiva. qual è quella dello studioso, dello storico nei confronti del partito comunista , non si può non riconoscere che questo denominatore comune della sincera e completa accettazione della democrazia non esiste. se non vi fossero altre ragioni, questa sarebbe sufficiente per farci respingere l' alternativa socialista e quel che essa con tutta probabilità comporta, cioè l' alternativa comunista. ciò non vuol dire, evidentemente, che il partito comunista , non avendo la possibilità, non avendo la vocazione per essere partito di governo, non abbia dei diritti nello schieramento democratico del paese. siccome in qualche caso sono stati negati, mi pare utile rivendicarli. ma non tutti i cittadini italiani possono esprimere forze di Governo: non è mica detto questo. si tratta di diritti sociali e di diritti politici . quella compiuta garanzia democratica, che è stato l' obiettivo politico del Governo negli anni scorsi, sta ancor oggi come un dato fondamentale nella realtà politica del nostro paese, per cui il comunismo — a nostro avviso — si combatte non con l' espediente della dittatura, ma nella dialettica democratica, con l' azione sociale, con l' impero della legge che vale per tutti i cittadini. mi sembra, quindi, del tutto inattuale quella che mi è sembrata la risposta che il partito comunista dà alla attuale situazione politica, la sua formula per le elezioni del 7 giugno, cioè una unità delle diverse forze popolari che sono nel nostro paese. ho ascoltato, sempre con grande attenzione e non da oggi, dai tempi dell' Assemblea costituente , i discorsi dell' onorevole Togliatti, e ho sempre trovato in lui questo invito alla unità popolare, alla unità delle forze che rappresentano le grandi masse del popolo. evidentemente, quando nel 1947, di fronte ad una situazione che si andava normalizzando e uscendo dalle strette immediate del dopoguerra, vi fu una discriminazione tra Democrazia Cristiana e le forze del comunismo, si intese affermare che siffatte politiche di unità popolare, di fronte alla realtà del programma, di fronte alla realtà della funzione esercitata dal partito comunista nello schieramento politico, non sono possibili. e come non erano possibili nel 1947, non sono possibili nel 1953; e il voto popolare del 7 giugno non le ha sollecitate, non le ha rese possibili. ritorniamo un momento all' incontro a mezza strada proposto dall' onorevole Nenni, per dire una parola sui problemi internazionali, in relazione ai quali l' onorevole Nenni mi sembra abbia fatto delle dichiarazioni di un certo cauto possibilismo. così, il riconoscimento che il patto atlantico è ormai acquisito alla realtà costituzionale e politica del nostro paese; il riconoscimento (che mi pare implicito nella realtà dei fatti) che esso non ha ostacolato la politica di distensione, anche se l' onorevole Nenni, in contrasto con qualche altra autorevole opinione, nega che l' esistenza del patto atlantico , come posizione di forza, possa avere favorito la distensione. per quanto riguarda l' oltranzismo atlantico del quale fino a ieri l' onorevole Nenni accusava (mi pare anche che ne abbia fatto accusa all' inizio del suo discorso) l' onorevole De Gasperi , sembra che in definitiva lo veda superato da un certo attendismo dell' onorevole De Gasperi , che non è poi che riconferma dell' acuto senso di responsabilità del presidente del Consiglio nella presente situazione politica internazionale . per quanto riguarda la distensione, non saremmo certo noi a dolercene o ad ostacolarla. non siamo di quelli che all' infuori di ogni concretezza, all' infuori di ogni realismo politico , vanno immaginando la possibilità di uno scompaginarsi dello Stato sovietico . noi non siamo affatto contrari ad ogni seria iniziativa di pace, anche se non sembra possibile realisticamente, allo stato delle cose , attendersi l' inserimento di una nostra efficace, determinante iniziativa in questo senso. ma deve trattarsi evidentemente, onorevole Nenni, di una distensione bilaterale, non meramente tattica: una distensione che non miri a dividere e che non nasca essa stessa da una divisione. deve trattarsi di una coesistenza dei due sistemi ideologici e politici (che noi ammettiamo, perché per noi la guerra non è mai fatale) su una base di fiducia, ma anche di fermezza, di realismo e di forze bilanciate. questa è per noi la vitalità della comunità atlantica: fatto positivo, acquisizione di straordinaria importanza nella realtà politica mondiale ; fatto non solo militare e politico, ma anche economico-sociale: grande tentativo di coordinazione di diverse politiche nazionali, quasi per preparare il mondo a una più larga intesa, se questa intesa — come noi ci auguriamo — è possibile. per quanto riguarda il problema della CED, senza negare le difficoltà che si profilano riguardo al problema della unificazione tedesca e dei rapporti della Germania con la Unione Sovietica e con gli altri paesi, ci sembra onesto riconoscere quello che significa, nella sua immediata, positiva sostanza, questo trattato stipulato dai governi: un tentativo storico, cioè, di superare la vecchia e pericolosa rivalità franco-tedesca, di moderare e controllare, nelle direttive politiche, il riarmo germanico, e soprattutto di costituire in un settore essenziale una operante solidarietà europea, una solidarietà europea che ha valore in sé in quanto elimina i conflitti, in quanto avvia al componimento e all' unificazione, e ha valore come naturale, necessaria integrazione del sistema atlantico al quale la realizzata unità europea porta la voce autentica e unitaria dell' Europa. quindi, da questo punto di vista , noi non abbiamo che da fare una riserva. siamo presenti, attenti, con senso di responsabilità , nello svolgersi della situazione internazionale; stando bene attenti a che non avvenga, sul piano internazionale, quello che — come dicevo — si può temere sul piano interno: che si faccia, sotto specie di bilateralità, di incontri, di composizioni, l' interesse esclusivo di una parte. seguiamo e controlliamo gli eventi internazionali guardando agli interessi unitari dell' Europa e alla causa della pace. un ultimo accenno mi sia consentito per Trieste, di adesione — del tutto naturale, del resto — a quello che il presidente del Consiglio e ministro degli Esteri ha detto nel suo intervento, a proposito dell' imprescrittibile diritto italiano su Trieste, della necessità di una maggiore e migliore comprensione da parte dei nostri naturali alleati di questo problema e del significato dirimente che esso ha per il popolo italiano . accedeva l' onorevole Nenni a questa affermazione del presidente; solo si doleva che essa fosse l' espressione di un Governo che non rappresenta larghi settori dell' Assemblea. possiamo essere tranquilli: il voto del presidente non è il voto del Governo, ma è l' espressione della volontà di tutta l' Assemblea e del popolo italiano . di fronte a questa situazione, onorevoli colleghi , si presenta dinanzi a voi un Governo di minoranza, espresso con alto senso di responsabilità dalla Democrazia Cristiana . credo che a sostenere questo Governo vi sarebbe dovuto essere una naturale maggioranza, una maggioranza la quale, dando vita a questo Governo, permettendo a questo Governo di svolgere le sue essenziali funzioni nei confronti del paese, non avrebbe pregiudicato in nulla l' ulteriore svolgimento della situazione e avrebbe anzi permesso di guardare con serenità ed attenzione ad una situazione politica che si sarebbe andata man mano decantando e chiarendo. una tale maggioranza avrebbe potuto assumere la forma di una partecipazione diretta o di un semplice appoggio parlamentare. sembrerebbe però, allo stato delle cose , che questo Governo non solo non abbia la maggioranza precostituita , ma neppure la maggioranza acquisita nell' Assemblea. mi sia dunque consentito di rivolgere in questo momento un appello al senso di responsabilità di tutte le forze politiche , perché questo Governo di minoranza altro non è se non un tentativo di esprimere nelle sue esigenze essenziali, elementari, questa Assemblea e un tentativo di non pregiudicare gli sviluppi ed i chiarimenti della situazione politica. di fronte a questa situazione evidentemente ci si assume una responsabilità, quando si cerca di affrettare gli eventi, quando si cerca di sospingere a determinate scelte, quando si evita di attendere i chiarimenti più opportuni della situazione politica. io comprendo le esigenze di partito dell' onorevole Saragat. comprendo che egli ritenga di doversi accingere ad un compito di recupero di talune forze del socialismo democratico e che a questo scopo egli pensi di essere in posizione più libera, più responsabile, più attiva al di fuori di ogni vincolo particolare, benché effettivamente si possa distinguere tra il vincolo della comune responsabilità governativa ed il vincolo della comune responsabilità parlamentare. s' intende bene che si può servire, come l' onorevole Saragat ha servito negli ultimi anni, la causa della solidarietà democratica anche mediante l' opposizione costituzionale. ma bisogna considerare la situazione in concreto, la situazione di oggi, per vedere a che cosa porti, a quali conseguenze porti, quale sviluppo determini una siffatta solidarietà riaffermata nella forma dell' opposizione costituzionale. e naturalmente, questo appello al senso di responsabilità si rivolge ad altri partiti, che hanno condiviso la nostra impostazione politica, che hanno avuto una comune piattaforma elettorale, hanno servito la stessa causa dell' Italia e della democrazia. l' appello si rivolge infine a tutte le forze, le quali sentono in questo momento come un dovere quello di dare un Governo al paese, sentono il significato dello sforzo fatto, dell' onere che si assume la Democrazia Cristiana nell' intento di interpretare in questo momento le esigenze essenziali e indifferibili della vita politica del nostro paese. per questo il presidente del Consiglio ha presentato uno scarno, concreto programma, un programma intorno al quale potrebbero riunirsi uomini di buona volontà , un programma che può andarsi colorando e chiarendo a mano a mano che il Governo acquisti maggiore autorità e vengano consensi e indirizzi da parte dell' Assemblea. attraverso l' affermazione di questo Governo si servono quindi, in questo momento, gli interessi del popolo italiano , si evita di pregiudicare la situazione, si permette di chiarire l' indirizzo della nostra vita politica. credo che il paese, quale che possa esseri l' esito di questo dibattito, apprezzerà lo sforzo della Democrazia Cristiana , la quale, consapevole del mandato ricevuto dai suoi undici milioni di elettori. consapevole di essere il centro naturale della situazione politica del paese la sola forza capace di esprimere la delicata posizione di equilibrio nella quale sono le opposte forze di questa Assemblea, si presenta e chiede per sé l' onore di governare. il paese apprezzerà lo sforzo unitario della Democrazia Cristiana stretta attorno al suo capo, all' onorevole De Gasperi che è la sintesi delle varie forze, dei vari motivi che sono presenti nella nostra affermazione politica. credo che il paese apprezzerà e del resto giudicherà rettamente circa le responsabilità che si assumono le diverse forze politiche in questo dibattito. noi crediamo di aver fatto il nostro dovere e ci siamo assunte le nostre responsabilità; si assumano gli altri le loro, nell' interesse del nostro paese.