Palmiro TOGLIATTI - Deputato Opposizione
I Legislatura - Assemblea n. 990 - seduta del 17-10-1952
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1987)
1952 - Governo II Craxi - Legislatura n. 9 - Seduta n. 556
  • Attività legislativa

ella mi permetterà di osservare, signor presidente , che l' attuale dibattito sul bilancio del ministero degli Esteri della nostra Repubblica, e quindi necessariamente sugli indirizzi, sui risultati e sulle prospettive della politica internazionale del nostro paese, se si fa eccezione per qualche battuta (e in particolare se si fa eccezione per l' intervento di ieri dell' onorevole Pietro Nenni, il quale è riuscito, afferrando i problemi di fondo della nostra politica internazionale , a impressionare profondamente tutti noi, e fuori di qui), ha sofferto di un difetto, comune a tutti gli oratori che sono intervenuti: la frammentarietà. si è parlato, onorevoli colleghi , di Trieste, delle sorti di questa città e del territorio che la circonda in relazione con le aspirazioni nazionali e con le attuali condizioni della politica internazionale , ma dai più questa stessa questione è stata considerata isolandola dal complesso delle rimanenti, con la conseguenza di non riuscire nemmeno in questo campo a vedere concretamente quale è la situazione che sta davanti a noi, se è stato giusto quel che è stato fatto e che cosa possa esser fatto per avanzare verso una soluzione conforme con il sentimento della maggioranza degli italiani. si è esaltata una determinata cosiddetta tendenza europeistica, che sarebbe l' ispiratrice della politica dell' attuale nostro Governo. anche qui però non ho visto alcuno sforzo per indagare e precisare che cosa concretamente possa significare questa tendenza nel quadro della precedente politica governativa e dei suoi eventuali sviluppi. così le critiche, che sono state numerose, alla politica estera dell' attuale Governo, sono state isolate e disperse, anche se hanno investito tutti o quasi tutti i campi dell' attività governativa. esse hanno così perduto gran parte del significato che avrebbero potuto avere. a me pare, onorevoli colleghi , che si sarebbe forse potuto evitare questo difetto di frammentarietà se vi fosse stata una esposizione introduttiva sulla posizione attuale del Governo circa i problemi fondamentali della politica internazionale nel momento presente. siffatta esposizione, ponendo al centro quelle poche questioni decisive su cui il Parlamento avrebbe dovuto esprimere una propria opinione, avrebbe orientato e permesso al dibattito di dare più di quanto esso non abbia dato sino ad ora. comprendo benissimo che la pratica parlamentare non lo richiedeva. la pratica parlamentare non richiede che un dibattito sul bilancio degli Esteri venga aperto da una dichiarazione del ministro. comprendo però in pari tempo che il prestigio e l' autorità del Parlamento si servono facendo ciò che è necessario perché i dibattiti che in esso si svolgono, e soprattutto i dibattiti su un tema così importante come quello della politica internazionale del paese, possano essere giustamente orientati e dare quindi un risultato che ponga le decisioni del Parlamento italiano a quel posto, di fronte all' opinione pubblica , cui noi crediamo abbiano il diritto di collocarsi. questo sarebbe stato tanto più necessario perché, come ha detto ieri l' onorevole Nenni, i fatti si svolgono attualmente in maniera tale che non si può sfuggire alla impressione che una tappa della politica internazionale stia per chiudersi e un' altra per aprirsi. intendiamoci, non mi riferisco alle prossime elezioni presidenziali americane, che non riesco ancora a capire quale influenza possano avere sul corso della politica internazionale di quel paese e di tutti gli altri, a seconda del sopravvento dell' uno o dell' altro candidato. mi riferisco ad altri avvenimenti, che rappresentano i presupposti, a mio giudizio, per un siffatto mutamento del corso della politica internazionale . è a tutti noto, prima di tutto, che il peso della politica di riarmo imposta ai paesi « atlantici » in preparazione ad una guerra di aggressione si fa sentire in modo sempre più grave. i popoli manifestano una stanchezza e una sfiducia di cui l' uomo politico intelligente non può non tener conto. in alcuni settori si è giunti a un limite che è presso alla rottura: nel settore tedesco, per esempio, che sta al centro dell' Europa. è in corso una guerra che dura ormai da più di due anni, nonostante che da una parte, quella dei coreani del nord e dei cinesi, siano state offerte tutte le oneste possibilità di porvi fine rispettando le norme internazionali. ciò nondimeno la guerra continua e ognuno si rende conto che gravi possono esserne gli sviluppi possibili, futuri e anche immediati. zone di possibili rotture possono ravvisarsi in altre parti del mondo; né ho bisogno di ricordare l' importanza che può assumere un fatto come la rottura delle relazioni diplomatiche fra l' Inghilterra e la Persia, di cui abbiamo avuto notizia ieri. di fronte a questo quadro non si può non domandarsi se sarà possibile andare avanti molto tempo per la strada seguita sinora e che può portarci a breve scadenza a eventi drammatici e anche catastrofici. questo, onorevoli colleghi , è il problema che ormai in tutta l' Europa si affaccia alla mente degli uomini di Stato più chiaroveggenti, così come affiora nelle considerazioni di tutti coloro che si rendono conto che vi è una china sulla quale, se si continua, non si può a un certo punto che precipitare. si può andare avanti per la strada seguita sinora senza che determinati aspetti della situazione internazionale assumano un carattere febbrile, preludio di catastrofi? senza che la minaccia d' una catastrofe diventi imminente? mi pare non solo difficile, ma quasi impossibile. ma si può cambiare strada. in quale modo e quale è la strada che si può prendere e che consente di evitare il pericolo d' una catastrofe? questa e non altra è la questione che sta oggi davanti agli uomini di Stato consapevoli di tutta Europa, del mondo intiero. in tale situazione, un dibattito attorno a questo problema, in cui avessimo confrontato le nostre differenti opinioni e da cui fosse uscita un' opinione della maggioranza del Parlamento a favore di un mutamento di politica che aprisse una via di pace per noi e per tutti i popoli, sarebbe stata una cosa oltremodo buona: buona per noi e buona per tutti gli altri popoli. ad ogni modo, anche se questo non è avvenuto, non possiamo sfuggire alla constatazione che questo è l' ultimo bilancio degli Esteri che viene esaminato da questa Assemblea, che questa è probabilmente l' ultima discussione generale di politica estera che avrà luogo in questa Camera. sorge spontanea una domanda: non potremmo confrontare il punto di partenza col punto d' arrivo? che cammino abbiamo fatto? da che cosa siamo partiti, e dove siamo arrivati? siamo venuti qui nel 1948, dopo una campagna elettorale ardente, nella quale i temi della politica estera furono al centro della discussione, più ancora che i temi della politica interna ed economica (non si profilavano ancora quelle minacce alla Costituzione repubblicana che pongono oggi al primo piano della attenzione del nostro paese la difesa della Costituzione e della libertà). discutemmo ampiamente, di fronte alle masse popolari , di politica estera . da un lato si esaltava l' aiuto economico americano, che avrebbe dovuto dare all' Italia il benessere, consentirle di uscire dalla depressione in cui si trovava come conseguenza della guerra. noi mettevamo in guardia contro questa illusione; dicevamo che non sarebbe stato così, che quell' aiuto americano si sarebbe trasformato in un danno, che, per il modo e per la intenzione con cui veniva concesso, ne sarebbe venuto un aggravamento del disagio economico e quindi si sarebbe giunti ai patti militari cui sarebbe stata richiesta l' adesione dell' Italia e alla ripresa, quindi, di una politica esiziale per la nazione italiana. ci si rispose, durante la campagna elettorale , che non era nell' intenzione dei partiti allora uniti nel Governo, o attorno ad esso, di far aderire l' Italia a un qualsiasi blocco internazionale che spezzasse il mondo in due campi avversi. quell' impegno non è stato mantenuto. oggi siamo venuti a sapere, inoltre, che, nel momento stesso in cui venivano fatte dai partiti allora e tuttora governativi quelle affermazioni, nelle quali sembrava specchiarsi un desiderio di mantenere l' indipendenza del nostro paese ed evitare l' intervento di una forza straniera nelle sue cose interne, proprio in quel momento vi era chi nel Tirreno si accingeva a sbarcare armi e scatenare la guerra civile nel caso che i partiti allora al Governo non avessero riportato la vittoria elettorale. s' informi, onorevole collega; legga i giornali. nel corso di quella campagna elettorale , d' altro lato, venne sbandierata la dichiarazione tripartita , che avrebbe dovuto aprire la via alla definitiva soluzione della questione di Trieste. questo avveniva allora. a che punto siamo oggi? per quel che riguarda il trattato di pace , per la parte relativa alle questioni che allora, nel 1948, non erano state ancora definite, esse lo sono state tutte nel modo più sfavorevole al nostro paese. l' iniziativa famosa, di cui si parlò l' anno passato, di revisione del trattato di pace non servì nemmeno a ingannare una parte dell' opinione pubblica . è caduta nel nulla! la questione di Trieste — voi dovete riconoscerlo, e del resto gli oratori intervenuti nel dibattito a questo proposito prima di me l' hanno essi stessi riconosciuto — si pone oggi in modo incomparabilmente più grave che non si ponesse immediatamente dopo la firma del trattato di pace . allora si presentava la possibilità della formazione di quel famoso staterello libero soggetto a un regime autonomo sotto controllo internazionale; oggi, quando noi diciamo che questa sarebbe ad ogni modo una soluzione più favorevole del regime attuale, ci si dice che essa non è l' ideale e si sottolineano le difficoltà cui sarebbe legata. lo sappiamo; ma forse che è un ideale per un italiano il trattato di pace stesso? no, non è un ideale! è la dura conseguenza dei terribili errori commessi dalle classi dirigenti italiane sotto il fascismo! la questione, però, è che oggi, di fatto, è difficile persino comprendere come a una soluzione simile si possa arrivare, perché sono stati fatti tali e tanti passi indietro per cui oggi non è più di tutto il cosiddetto Territorio Libero né della zona B che si discute, ma della zona A . la zona B di fatto è annessa alla Jugoslavia. quando oggi aprite un dibattito, quando si conduce sulla stampa internazionale un dibattito che probabilmente riflette le discussioni che hanno luogo fra i dirigenti della politica estera dei singoli paesi, non si discute più della zona B , ma solo delle concessioni ulteriori relative alla zona A , e a sfavore dell' Italia, che dovrebbero essere fatte per giungere a una soluzione che sodisfi la Jugoslavia e coloro che l' hanno presa sotto il loro patronato. per quello che riguarda l' Organizzazione delle Nazioni Unite , rimaniamo fuori di essa; ed è stata bene contradetta da parecchi degli oratori che mi hanno preceduto la vostra argomentazione che si limita a far ricadere la responsabilità di questa nostra mancata ammissione sulla posizione che l' Unione Sovietica ha a proposito di questa questione. il problema è che noi noli possiamo essere ammessi all' Organizzazione delle Nazioni Unite se non quando venga nuovamente riconosciuto e applicato il principio della universalità dell' Organizzazione delle Nazioni Unite , per cui entrarono in essa, quando venne costituita, paesi che avevano un regime capitalista, paesi con un regime socialista, e paesi che avevano regimi diversi sia da quello socialista che da quello capitalista, come sono molti paesi delle zone fino a ieri ancora, coloniali. ora, se è vero che noi non potremo essere ammessi nell' Organizzazione delle Nazioni Unite se non il giorno in cui questo principio venga dalla maggioranza degli aderenti nuovamente riconosciuto e affermato, come fate voi a rigettare la responsabilità della nostra non ammissione sull' Unione Sovietica , la quale lotta e si adopera proprio perché questo principio venga riconosciuto e affermato? ma quale è la vostra posizione a questo proposito? se voi volete prendere una posizione in proposito — e voi esitate a prenderla perché temete di urtare il volere dell' imperialismo americano — voi non potete dire altro se non che l' Italia richiede che l' Organizzazione delle Nazioni Unite ritorni ad essere una organizzazione universale, per entrare nella quale non vengano fatte discriminazioni circa i regimi sociali ed economici dei singoli paesi. la posizione italiana, quindi, non può che coincidere con quella dell' Unione Sovietica . non siamo nelle Nazioni Unite ; siamo però — si dice — nel patto atlantico ed è dal patto atlantico — si aggiunge, con determinate intenzioni o sfumature di intenzioni — che sta ora sorgendo una cosa nuova, una organizzazione europea di tipo non so se unitario o federalista o quale altro. va bene . di questo parleremo a lungo, perché questo e forse il punto centrale di tutto il dibattito, però intanto vediamo quali sono le conseguenze concrete del fatto che siamo nel patto atlantico . la nostra adesione al patto atlantico , avvenuta nel 1949, ha significato prima di tutto per il nostro paese il fatto che è stata approfondita e resa permanente, legandola a posizioni internazionali dell' Italia, una grave scissione delle forze popolari e nazionali della nostra patria. questo è il primo risultato, ed è uno dei risultati più esiziali. poi vi è l' isterismo bellico, parte integrante di una politica atlantica, senza il quale una politica atlantica nemmeno si può concepire. per questa via siamo arrivati, nell' estate del 1950, fino a degli estremi. abbiamo sentito allora il presidente del Consiglio lanciare, di qui, un appello, del tipo di quelli che si lanciano soltanto quando una guerra è imminente o quando una guerra è in corso , alla cosiddetta « solidarietà nazionale » per mobilitare tutte le forze contro coloro che non approvavano e non approvano la vostra politica. vero che questo appello fu respinto, in sostanza, dal paese. il cosiddetto « patto di solidarietà » fanatica contro i vostri oppositori non venne accolto nemmeno da tutti i partiti che allora collaboravano con voi nel Governo o erano disposti a collaborare con voi in altri campi. le misure legislative che proponeste nel successivo autunno in applicazione di quella linea politica, dettata da un isterismo di guerra, e che erano la richiesta dei pieni poteri economici, la richiesta della facoltà di censire e requisire le materie prime e l' organizzazione di una forza armata sussidiaria cosiddetta per la difesa civile, tutte queste misure fino ad oggi non sono diventate leggi; sono state respinte anche da un Parlamento dove voi, in sostanza, avete la maggioranza assoluta nella Camera e la maggioranza relativa nel Senato. il paese è stato più saggio di voi, e ha respinto il vostro isterismo. però, tutto questo ha fatto molto male all' Italia. tutto questo ha approfondito divisioni e scissioni di cui soffriamo; tutto questo ha esasperato i rapporti, non soltanto politici ma sociali; tutto questo ha addensato fosche nubi sull' orizzonte interno ed esterno della nostra patria. poi sono venute — conseguenza immediata e diretta della politica atlantica — le spese del riarmo, con il loro peso sempre più grave: oggi più di un terzo delle entrate effettive di un bilancio il quale è ancora, come voi sapete, profondamente dissestato. siamo infatti a sette anni dalla fine della guerra e non vi è nessuno che pensi alla possibilità che il nostro bilancio possa ritrovare un equilibrio. dopo l' altra guerra, alla stessa distanza di tempo, e cioè prima della « marcia su Roma » , già ci si avviava all' equilibrio del bilancio dello Stato , cioè a raggiungere una delle condizioni per la ripresa finanziaria ed economica del paese. la nostra situazione economica , che avrebbe dovuto essere salvata dall' aiuto americano, è oggi di fatto più grave di quanto non fosse nel 1948, perché, se sono scomparsi determinati motivi, come le distruzioni della guerra, che allora rendevano inevitabile il disagio, noi oggi ci troviamo in condizioni di crisi di una parte del nostro apparato produttivo, di stagnazione di un' altra parte di questo apparato produttivo e di dissesto profondo di determinati settori della nostra economia, come quello per esempio del commercio estero. in cambio vi è la presenza di forze armate straniere sul territorio nazionale ; ma non credo che questa sia cosa che possa essere considerata come favorevole da qualsiasi italiano il quale abbia senso di dignità e di indipendenza nazionale. il bilancio, quindi, non è positivo. il bilancio della politica estera che è stata fatta durante questa legislatura è nettamente negativo. comprendo che a questo punto mi si può muovere l' obiezione mossa a un collega che parlava ieri da questi settori: che io affermi senza dimostrare, senza argomentare. vediamo, dunque: cerchiamo di scendere più al fondo delle cose, per indagare e scoprire quali possono essere le cause più profonde di questo stato di cose e anche di trovare che cosa possa e debba essere cambiato nel determinare le prospettive di una politica estera dell' Italia per il prossimo futuro. la questione cui arrivo potrà sembrare un po' lontana dall' immediato dibattito parlamentare ; è però proprio quella cui bisogna venire. quali sono, anzi, quali devono essere gli obiettivi di una politica estera che corrisponda agli interessi della nazione? l' errore che spesso si compie è di considerare gli atti della politica internazionale come qualche cosa a sé, separati dal complesso della vita nazionale e dallo sviluppo di essa nel suo insieme. attraverso questi atti, grazie all' abilità, alla perspicacia, alla lungimiranza di questo o quell' uomo di Stato, si giungerebbe a creare un equilibrio di potenze, e in esso una posizione favorevole e persino un predominio per l' uno o per l' altro paese, attraverso intese, appoggi e così via . tutto questo è soltanto la esteriorità della politica estera . la realtà è che la politica estera di un paese tende essenzialmente, e deve tendere, a elevare l' autorità, il prestigio e quindi la forza morale del paese nei confronti degli altri paesi, attraverso una buona organizzazione dei rapporti del paese stesso con tutti i popoli. questo però è possibile e si ottiene soltanto quando si realizzano certe condizioni che sono da ricercare non esaminando tanto i singoli strumenti di politica internazionale quanto il modo come è diretta tutta la vita della nazione e il modo come la politica estera contribuisce a questa direzione sgorgando in pari tempo da essa. occorre prima di tutto che sia garantito al paese, affinché la sua autorità cresca nel campo internazionale , uno sviluppo economico tale che lo faccia progredire sulla via dello sviluppo e della utilizzazione di tutte le sue forze produttive. questa è condizione prima, elementare e materiale, di tutto il resto. occorre poi — e questo è il punto sul quale particolarmente insisto — che sia assicurato il progresso e il rafforzamento della società civile attraverso l' accesso di forze nuove che garantiscano vita nuova agli organi dello Stato moltiplicando e rafforzando i legami di fiducia e di collaborazione con tutti gli strati dei cittadini. ora, ciò è possibile soltanto sulla base di una larga unità nazionale , che è condizione essa stessa di una buona politica estera . quando queste condizioni essenziali che ho indicato vengono meno, non vi è una buona politica estera . una buona politica estera deve contribuire a che queste condizioni vengano realizzate, e, d' altra parte, solo quando e se queste condizioni vengono realizzate, una politica estera può essere efficace, può cioè servire ad accrescere l' autorità e il prestigio della nazione, a stabilire sempre migliori legami tra essa e tutti i popoli del mondo. guardate l' esempio del fascismo. vi sono ancora coloro che dicono — e forse seggono anche su quei banchi — che il fascismo fece bene tutto, ma sbagliò una cosa: la dichiarazione di guerra . solo per questo sarebbe crollato, solo per questo ci avrebbe mandati alla rovina. profondo errore di giudizio! la politica estera del fascismo, e la dichiarazione di guerra che ne fu il risultato ultimo, furono espressione e conseguenza di tutto un complesso di posizioni e di tutta la politica che il fascismo fece nei confronti della nazione. il fascismo non garantì all' Italia quello sviluppo economico che il livello delle forze produttive del paese consentiva; mantenne l' Italia, in particolar modo dal 1927 in poi, a un livello di stagnazione dal quale cercò di sollevarsi soltanto passando a una economia di guerra, quando già la catastrofe stava alle porte. il fascismo distrusse qualsiasi possibilità di unione tra tutte le forze della nazione a sostegno di qualsiasi politica estera . il fascismo, soprattutto, non garantì mai, né poteva garantire, un progresso e un rinnovamento della società civile italiana attraverso l' afflusso di sempre nuove forze, perché tutta la sua politica si svolgeva in un' altra direzione: nella direzione della tirannide, della persecuzione delle forze popolari, della preclusione ad esse dell' accesso alla direzione della vita politica nazionale. la politica estera fascista, quindi, anche se può sembrare che siano stati in essa, in certi momenti, atti che non si possono considerare irragionevoli (come fu, per esempio, la difesa che ad un certo momento il fascismo tentò dell' indipendenza austriaca contro le pretese del militarismo e dell' imperialismo tedesco), non poteva sboccare che in fallimento e catastrofe perché la base di essa era tale per cui a quell' esito si doveva inevitabilmente arrivare. guardate, invece, alla politica estera dei grandi statisti piemontesi che hanno fatto l' Italia. non credo che il loro merito si possa ridurre al fatto che riuscirono ad approfittare di certi dissensi internazionali per inserire in essi, con successo, la loro azione a favore della causa nazionale italiana. questo, certamente, fu un merito; ma il merito principale fu che questi uomini, se non in tutta l' estensione della loro azione politica e sociale, ma almeno con una parte notevole di essa contribuirono al progresso della società civile italiana, e in alcuni momenti, che furono decisivi, anche se brevi, seppero trovare il contatto con le forze popolari e stabilire un' unità di forze nazionali nella lotta per la creazione di uno Stato italiano libero e sovrano. oggi, le cose non vanno in questo modo, ed è su questo aspetto della questione che io credo si debba concentrare l' attenzione nostra e di tutti i cittadini capaci di riflettere sulle sorti della patria e di dare un giudizio spassionato. e incomincio dalle cose economiche, la base materiale di tutto il resto. la nostra situazione è grave, preoccupante; anzi, più che preoccupante. per determinati aspetti, la nostra situazione economica è oggi allarmante. ne prendo un solo aspetto, anche per non farmi richiamare dal presidente perché esca dal seminato, e un aspetto che già è stato toccato da altri oratori: la piaga della disoccupazione. si tratta oggi di circa due milioni di disoccupati totali, e di altre centinaia di migliaia di disoccupati parziali, uomini e donne che lavorano due, tre giorni la settimana, per quattro, cinque ore. è una cosa che dura da anni e sta diventando fenomeno permanente, difetto organico di fondo della nostra economia, e quindi di tutta la nostra vita nazionale. che cosa significa questo difetto organico se non che la nostra: organizzazione economica non corrisponde nel momento attuale allo sviluppo delle forze produttive del nostro paese? gli uomini, con la loro forza di lavoro, sono una grande forza produttiva. qui si è però parlato di questa questione in modo che non approvo e che nessuna persona di senno può approvare. si è detto che la questione potrebbe essere risolta non so con quali metodi per contenere l' aumento della popolazione. sciocchezze, perché con questi mezzi non si può esercitare una influenza che su ristretti gruppi di cittadini, mentre l' aumento della popolazione è una manifestazione generale della vitalità di un popolo che non si può contradire, negare, sopprimere o modificare ad arte. le decisioni dei governi e le campagne degli illuminati non hanno in questo campo ripercussioni di sorta. altri ha detto agli italiani, invece — e mi permetto di dire, signor presidente , che anche questa è una madornale sciocchezza — « imparate le lingue e andate all' estero » . prima di tutto questa è una soluzione che oggi non esiste; ma anche se esistesse non è giusta, è sbagliata, perché il problema che sta invece davanti a noi è di riuscire, data la esistenza di queste forze produttive in continuo aumento, a far fare un salto in avanti allo sviluppo del nostro sistema industriale e di modificare profondamente il nostro sistema agricolo in modo che questa sempre crescente forza produttiva possa essere utilmente impiegata per accrescere la potenza economica generale dell' Italia. per attuare questo sono necessarie molte cose, delle quali non voglio parlare, perché non intendo uscire dal seminato. per quanto si riferisce ai rapporti internazionali, però, tutti sarete d' accordo che è necessario che l' Italia si trovi internazionalmente di fronte a un mercato il più largo possibile, nel quale possa esplicare le proprie capacità di commercio. in questo campo, però, si deve riconoscere che l' Italia ha perduto una grande occasione. il Governo attuale ci ha imposto una politica che tende a uno scopo radicalmente diverso da quello che ci avrebbe permesso di fare un balzo in avanti nello sviluppo della nostra vita economica. nel 1945, nel 1946 e in seguito le cose si presentarono in un modo tale, date le trasformazioni avvenute in seguito alla vittoria dell' Unione Sovietica , alla formazione dei regimi di democrazia popolare e alla vittoria del popolo cinese , e dati gli indirizzi che le forze giunte al potere in questi nuovi paesi volevano dare e stanno dando all' economia dei loro popoli, che noi avremmo potuto inserirci come strumento e aiuto di un processo di industrializzazione spettacoloso, che in quegli anni si è iniziato e tuttora è in corso . le cifre le conoscete. dal confronto tra la situazione attuale e la situazione di prima della guerra risulta che oggi la Polonia ha un' industria tre volte più grande, la Cecoslovacchia 1,7 volte, l' Ungheria 2,5, la Bulgaria 4,6, la Romania 2, l' Albania 5. potrete osservare che alcuni di questi paesi partivano da un livello molto basso. lo so, ma non è questo che ora importa. importa la costatazione che un processo di industrializzazione spettacolosa si sta compiendo e che noi in questo processo potevamo inserirci, moltiplicando i nostri scambi in questa direzione, e in questo modo riuscendo a far compiere all' economia italiana quel salto in avanti, che essa, presto o tardi, dovrà compiere, se non vorremo stagnare per sempre. avremmo potuto dare alla nostra produzione industriale uno slancio rapido, quale dopo il periodo dal 1900 al 1910 essa non ha più conosciuto, e ne sarebbero sgorgati anche i mezzi per condurre sul serio un' azione volta a fare progredire la nostra agricoltura. questa grande occasione è stata perduta, perché vi siete buttati dall' altra parte, non dalla parte di coloro che avevano bisogno del nostro aiuto, e ce lo avevano fatto capire in tutti i modi, non dalla parte di coloro che lavorano e lottano per mantenere un mercato internazionale più ampio possibile, ma dalla parte di coloro che volevano, nell' interesse di una grande potenza superindustriale e imperialistica, come sono gli USA, restringere e spezzare il mercato mondiale, assoggettandolo in modo esclusivo agli interessi dei gruppi economici, che dominano in quel paese. legata la nostra economia al mercato americano, essa non poteva alla fine che stagnare, e si è arrivati a questo assurdo, che, quando, per forza naturale, la nostra produzione ha cercato uno sfogo in mercati europei, le condizioni a cui gli imperialisti americani hanno assoggettato la economia europea hanno fatto sì che noi esportassimo senza essere pagati, gratuitamente. poi è venuto il sistema dei divieti: sono venute le liste segrete delle cose che non devono essere esportate in determinate direzioni, perché così gli imperialisti americani hanno deciso nel loro interesse, per attuare la loro politica di aggressione e per difendere i loro profitti, al punto che se oggi un nostro industriale vuole esportare in Polonia, poniamo, un pacco di utensili per l' industria meccanica, deve mettersi a fare il contrabbandiere. questa è la situazione a cui ci avete ridotti, facendovi strumento del blocco economico di tutta una parte del mondo che gli USA hanno proclamato. in Cina, dal 1949, anno della instaurazione della Repubblica popolare , fino al 1951 la produzione industriale è aumentata di due volte; in Corea, dal 1946 al 1949 era aumentata di quattro volte. ecco un altro enorme mercato in sviluppo, il quale, se fosse aperto alla nostra industria e alla nostra economia, ci offrirebbe possibilità grandiose. mi sono occupato personalmente, prendendo contatto con alcuni dirigenti della Repubblica popolare cinese , di vedere quali sono le possibilità di scambio che esistono per noi, in questo campo. esse sono sterminate. basterebbe che venisse data via libera al nostro commercio con la Repubblica popolare cinese perché noi vedremmo sparire la maggior parte dei sintomi di crisi della nostra industria tessile e ripercussioni favorevoli si avrebbero nella industria meccanica, nella metallurgica e in numerosi altri campi della nostra economia. questo però non lo si può e non lo si deve fare, perché non lo vogliono i dirigenti della politica imperialistica americana; perché essi non hanno ancora potuto digerire la vittoria della rivoluzione e del movimento popolare in Cina e vogliono far pagare a noi le conseguenze della loro azione dissennata. la prima conclusione cui dobbiamo arrivare è dunque che la vostra adesione al blocco atlantico, e la politica che ne deriva, contrasta in prima linea con il raggiungimento di quello che dovrebbe essere uno degli scopi fondamentali di una politica estera nazionale, cioè la facilitazione all' industria italiana prima di tutto, e a tutta la nostra economia, di quel balzo in avanti che dobbiamo compiere se non vogliamo cadere in un periodo di permanente stagnazione e di gravissima crisi. la politica che voi fate prepara le condizioni in cui la nostra economia sempre più verrà deformata per diventare un' economia dipendente da quelle di altri paesi superindustriali, cioè assumerà il carattere dell' economia dei paesi soggetti a protettorato o a regime semicoloniale. se così stanno le cose nel campo della vita materiale, che avviene nel campo della vita sociale, della organizzazione della società civile e dell' unità delle forze della nazione? qui bisogna partire dalla costatazione che il punto di partenza e l' asse di tutta la nostra attività internazionale è tale che pone barriere insormontabili all' arricchimento, al rafforzamento, al progresso della società civile italiana. si procede in due tempi. prima si afferma che occorre difendere il modo di vita « occidentale » e « americano » , cioè, in sostanza, il regime capitalistico quale oggi si presenta in quel paese dei grandi monopoli che sono gli USA. in seguito ogni atto, ogni movimento il quale distacchi un paese qualunque o manifesti anche solo la tendenza di una parte del popolo a distaccarsi dal modo di vita occidentale e americano, cioè dal regime capitalistico e a lottare per un altro regime economico e sociale , ogni atto simile è considerato come un atto aggressivo nella sfera della politica estera , un atto compiuto al servizio dello straniero, una manifestazione dell' espansionismo sovietico. di qui la fiaba famosa degli atti di aggressione compiuti da quello che osate chiamare l' « imperialismo » sovietico nella sua « espansione » per la conquista del mondo intero. ma io vi chiedo, onorevole presidente del Consiglio , è seria tutta questa storia? avete voi mai creduto sul serio, in qualche momento, che divisioni sovietiche stessero per lanciarsi sull' Italia per invadere e conquistare il nostro paese? avete voi mai creduto sul serio, in qualche momento, che forze armate russe stessero per uscire dai confini delle repubbliche sovietiche per assaltare altri paesi? stia zitto, onorevole Russo Perez ! quando ella ha parlato io non l' ho interrotta! avete voi mai creduto che potesse avvenire in un momento determinato una cosa simile? io non ci credo. non credo, cioè, che voi abbiate mai potuto accogliere come reale una ipotesi simile; perché e impossibile che, sulla base di un esame freddo e ragionato delle cose, sulla base delle informazioni che dovete avere, poteste giungere a una simile conclusione. vi siete dunque profondamente sbagliati, avete commesso un tragico errore, orientando il paese e la sua politica secondo una ipotesi che non potevate accettare. ma se avete commesso questo errore abbiate la sincerità di proclamarlo. nell' ultima riunione a cui abbiamo partecipato della nostra Commissione degli esteri, si parlò degli ultimi due anni e mezzo di politica internazionale , è l' opinione di tutti i presenti, appartenenti a tutti i partiti, fu che non esiste alcun atto che possa indurre alla conclusione di una minaccia sovietica contro di noi o di una politica sovietica che tenda a far precipitare il mondo verso la guerra. ma il compito della liberazione spetta a noi. siamo noi che combattiamo per la liberazione, e il popolo italiano nella sua parte migliore che combatte per la sua liberazione dal dominio degli imperialisti americani e da questa vostra politica estera , prima di tutto, che ci porta alla rovina. se vi siete sbagliati, ripeto, dovete riconoscerlo apertamente: il riconoscimento di un errore non è mai stato di eccessivo danno ad un uomo politico . dovete riconoscere che da parte dell' Unione Sovietica dalla fine della guerra in poi si è unicamente richiesto il rispetto dei trattati conclusi nel dopoguerra, si è proclamata e difesa la dottrina della tolleranza reciproca e della coesistenza pacifica di regimi economici e sociali diversi, si è proposto un patto di pace, si è proposto ripetutamente il divieto delle armi sterminatrici della popolazione civile: divieto accompagnato da metodi severi di controllo internazionale per ottenerne la applicazione. non potete più dire, a questo proposito, cose non vere. i documenti sono stati messi a disposizione di tutti. la politica sovietica è sempre e solamente stata una politica che tende ad allargare le condizioni di pacifica convivenza dei popoli e a mantenere la pace. ma se voi invece, facendo vostre le posizioni dei più sfacciati fra i dirigenti della politica imperialista degli USA, volete ancora una volta far prevalere la confusione fra gli atti di politica estera di uno Stato e la lotta e il progresso dei singoli popoli verso ordinamenti sociali diversi da quelli capitalistici, allora bisogna che ci parliamo molto chiaro. questo progresso è cosa inevitabile. esso viene, da un lato, dallo sviluppo delle forze produttive nei paesi capitalistici; da questo stesso sviluppo e dalla formazione e dal rafforzamento di nuove classi nei paesi soggetti fino a ieri a regime coloniale; esso sgorga poi, nei nostri paesi in particolare, da uno sviluppo della coscienza degli operai, dei lavoratori, dal rafforzamento della loro organizzazione, dalla crescente loro capacità di concepire un ideale di rinnovamento economico e sociale e di lottare per l' attuazione di esso. volete voi fare di tutto questo oggetto di politica estera , questione da trattarsi facendo intervenire gli eserciti di Stati stranieri? è evidente che allora voi stessi assumete una posizione tale che, logicamente sviluppata, tende a precipitare il mondo intero verso una catastrofe. in questo campo le armi straniere non c' entrano, non ci debbono entrare, perché il giorno che le armi straniere c' entrino o cerchino di entrarci è finita la pace di tutto il mondo. ho ascoltato ieri, ed ero esterrefatto nell' ascoltare, le cose che sono state dette da un nostro collega del partito della Democrazia Cristiana , dall' onorevole Del Bo , quando egli, azzardando una critica dell' imperialismo americano, diceva che l' errore commesso dai suoi dirigenti sarebbe stato quello di non dare sufficienti armi a quel disgraziato e ridicolo Ciang Kai Scek , allo scopo di permettergli di schiacciare il grande movimento di liberazione dei popoli della Cina. esterrefatto sono stato nell' udire queste cose, che, per quanto dette con grande untuosità e uscite dalla bocca di chi si dice cristiano, non potevano che spaventare. la rivoluzione cinese è un contributo decisivo che è stato dato al progresso di tutta la umanità. si tratta di un popolo che fino a ieri, nell' ultimo secolo, è stato oppresso e sfruttato nel modo più infame da stranieri e che oggi ha voluto prendere nelle proprie mani il proprio destino, che si è creato il proprio regime, e avanza, sta ricostruendo la propria industria, sta rinnovando la propria agricoltura, sta costruendosi ferrovie, strade, canali, argini, sta riorganizzando tutto il paese con le proprie forze; sta aprendo scuole, a centinaia, a migliaia per uomini che fino a ieri vissero nella servitù, nell' ignoranza, nell' abiezione del dominio straniero. e voi osate, contro questo moto grandioso di rinnovamento e progresso, invocare le armi. più armi, più armi dello straniero: ecco il grido che esce dal vostro cuore e ci rivela tutto l' animo vostro! a questo noi contrapponiamo il grido che esce dal cuore degli uomini onesti e sinceri, che hanno sensi di democrazia e di libertà: giù le armi! contrapponiamo il grido che fu del nostro Risorgimento, formulato da un uomo che veramente, non come l' onorevole Del Bo , era cristiano e cattolico: « Dio rigetta la forza straniera, ogni gente sia libera, e pèra della spada l' iniqua ragion » . partendo da questa concezione è evidente che non si può arrivare a far progredire la società civile italiana, e soprattutto a rafforzarla aprendo la strada alle nuove forze sociali le quali vogliono e debbono partecipare alla direzione della vita nazionale. la vostra politica estera opprime la società civile italiana e la degrada. voi mantenete in essa una scissione, e la alimentate quasi con piacere, con voluttà. in questo modo — ed è ciò che qui importa — voi indebolite l' Italia come nazione di fronte alle altre nazioni; impedite a questo popolo, il quale pure ha manifestato tanto coraggio, tanta iniziativa nell' ultima guerra di liberazione prendendo le armi per cacciare l' invasore straniero e abbattere i tiranni, voi impedite a questo popolo di prendere il posto che gli spetta nell' arena internazionale dei popoli liberi. sento dire però che l' europeismo, come si dice, cambierebbe le cose. l' europeismo, dicono, sarebbe una certa correzione di questa politica atlantica di esasperazione dei rapporti tra i popoli, di aggressione contro una parte dell' umanità, di preparazione di una nuova guerra mondiale . l' europeismo sarebbe un' altra cosa. sarebbe un mezzo per sottrarre alcuni paesi, e precisamente quelli dell' Europa occidentale , alla supina soggezione all' imperialismo americano, facendo di essi quasi una terza forza moderatrice ed equilibratrice. questa è la tesi di alcuni tra gli europeisti. senonché, quando cerchiamo di risalire alle fonti, anche se queste sono rappresentate soltanto da piccoli quotidiani, costatiamo che i maggiori assertori della politica cosiddetta europeistica: che sono i repubblicani storici, si ribellano e aspramente protestano contro siffatta concezione la quale sarebbe, secondo loro, falsa e da respingere. il gran pubblico è giustamente molto scettico di fronte a tutta questa infatuazione europeistica. non ho però difficoltà a riconoscere che vi sono gruppi i quali in buona fede credono che si tratti di una idea nuova, servendo la quale sia possibile dare inizio a una politica estera maggiormente rispondente agli interessi della nazione e della pace. in questa stessa Camera sono risuonate sulla bocca di alcuni colleghi note sincere di europeismo, anche se un po' ammantate di retorica. io non intendo affermare, per altro, che la retorica sia del tutto da respingere, soprattutto in un paese come il nostro, dove essa sembra alle volte essere inevitabile per sottolineare sentimenti e passioni, anche se spesso li confonde. riconosco anche che in questo campo vi è una certa tradizione proveniente dal nostro Risorgimento, durante il quale l' ala estrema democratica coltivò l' ideale della creazione di una federazione dei popoli europei , capace di superare i vecchi contrasti tra gli Stati e aprire per tutto il continente un periodo di sviluppo armonioso e pacifico. ma qual era la molla segreta che animò questa concezione europeistica dei Mazzini e dei Cattaneo, che fece di essa un ideale predicato con sincerità è fede? non vi è dubbio che questa molla segreta era la intenzione di aprire una strada per l' affermazione nazionale del nostro paese superando la ristretta realtà dei conflitti di equilibrio e di egemonia tra le grandi potenze che allora dominavano l' Europa e che appartenevano in parte all' Occidente, in parte all' Oriente europeo. l' europeismo dei nostri risorgimentali era quindi prima di tutto un appello ai popoli che fino allora non avevano partecipato alla vita europea, e in modo particolare ai popoli slavi, perché risvegliandosi a una vita libera e democratica distruggessero quel baluardo di reazione che era allora lo zarismo. l' ideale europeistico mazziniano era quindi, concretamente, aspirazione a una feconda collaborazione tra l' Occidente e l' Oriente dell' Europa. posta la questione in questi termini, è chiaro che gli europeisti di oggi, o per lo meno coloro che , essendo europeisti, accettano l' attuale politica governativa, non sono sulla linea di questa tradizione. il vostro europeismo, infatti, signori del Governo e della maggioranza, nega l' unità dell' Europa, parte da una riduzione dell' Europa ai minimi termini e tende a rendere perpetua questa scissione fino a che essa sbocchi in un conflitto armato. il vostro europeismo esclude precisamente quei popoli orientali verso i quali erano rivolti la speranza e l' appello della sinistra democratica del Risorgimento. può darsi però che questa, critica dell' europeismo vostro, per la sua limitatezza, per il fatto che riguarda oggi alcuni Stati e forse alcuni popoli dell' Occidente ed esclude i popoli orientali, possa essere considerata non pertinente. mi si può rispondere che per ora si costituisce un primo nucleo; poi si allargherà, poi si cercherà di giungere fino agli Urali da una parte e all' Oceano Atlantico dall' altra. accetterei questa obiezione e la riterrei giusta, se non ci fosse una differenza di qualità. è la qualità che conta, non la quantità. il nucleo che voi volete costituire non contiene in sé la possibilità di uno sviluppo unitario, perché il modo stesso come esso sorge ed è costituito, perché la politica stessa che per farlo sorgere viene seguita non è una politica che tenda all' unità dell' Europa, ma è una politica che tende, in partenza, alla scissione, alla disgregazione dell' Europa stessa. la vostra politica europeistica parte dal patto atlantico e finisce col patto atlantico . la vostra Comunità Europea di difesa è figlia del patto atlantico ; non solo, ma è stata messa al mondo al solo scopo di potere in qualche modo mascherare una impresa di scissione non soltanto dell' Europa come tale, ma in particolare del paese che sta al centro del continente europeo, la Germania. il punto di partenza quindi non è unitario, ma di scissione dell' Europa. partendo da esso, all' unità dell' Europa non si può arrivare. si può arrivare soltanto a rendere ancora più profondi i solchi che oggi lacerarlo il corpo europeo. sul terreno economico, il vostro europeismo discende dal piano Schumann, che è un accordo di gruppi monopolistici ai danni di paesi industrialmente più deboli, come il nostro, il che è stato riconosciuto da uomini di tutte le parti politiche, e tende esso pure ad approfondire la scissione dell' Europa, rendendo permanente il blocco economico di una parte dell' Europa contro l' altra, dell' Occidente contro l' Oriente. questa non e un' impresa europeistica. chiamatela come volete. chiamatela alleanza o « Santa Alleanza » ; patto, accordo; battezzatela in qualsiasi modo, ma non dite che qui vi sia un ideale di unificazione europea che tenda a realizzarsi o che incominci a realizzarsi. il vostro europeismo è un ostacolo che voi ponete, seguendo i dettami dell' imperialismo americano, al fatto che i popoli d' Europa possano intendersi di nuovo, possano commerciare liberamente, possano andare pacificamente verso il pregresso. in particolare, bisogna mettersi bene in mente che fino a che il problema dell' unità della Germania non sia stato risolto, non si può parlare d' una tendenza europeistica, ma soltanto d' una esasperazione delle esiziali tendenze alla scissione dell' Europa e alla guerra che sono l' anima e la realtà della politica atlantica. la Germania, dicono gli americani, non si può unificare sulla base indicata dai trattati, perché i trattati non devono essere osservati. questa è norma corrente della politica atlantica. per questo gli imperialisti anglo-americani, d' accordo con la Francia, hanno respinto, senza dar luogo nemmeno a un dibattito che chiarisse le cose, le proposte della Unione Sovietica per addivenire alla unificazione della Germania. hanno scoperto che prima si devono fare le elezioni, e poi giungere alla unificazione. posizione assurda; ma assurda soprattutto l' adesione che voi avete dato ad essa. vi è infatti l' esempio dell' Italia. anche l' Italia si è trovata, prima del 1946 e 1948, nella stessa situazione di paese diviso e occupato. ebbene, da che cosa abbiamo cominciato? abbiamo cominciato dalle elezioni o abbiamo cominciato col fare un Governo? abbiamo cominciato col metterci d' accordo per fare un Governo, abbiamo cacciato lo straniero per opera — in parte — anche di questo Governo, abbiamo così ristabilito l' unità della nazione, creato le condizioni perché terminasse l' occupazione straniera, e poi abbiamo fatto le elezioni. per la Germania dovrebbe avvenire il contrario; e questo Governo, che esce da questa esperienza italiana di applicazione di una linea diversa, la quale ha dato del resto buoni risultati, aderisce ciecamente alla posizione atlantica! la vostra posizione, poi, oltre che assurda è pericolosa. prima di tutto, mantenere la scissione della Germania in due vuol dire accrescere all' estremo i rischi di aggravamento della situazione e persino i rischi di conflitto armato, soprattutto quando si sa che sta risorgendo l' esercito tedesco comandato dagli stessi generali di prima. quanto tempo passerà perché dobbiate ricevere a Roma il generale Kesselring, dopo aver fatto tanta festa al generale Ridgway? voi state dando il via alla resurrezione di quel militarismo tedesco che è inutile che poi si cerchi, con protocolli ed espedienti, di fingere che sarebbe limitato o frenato. tutti sappiamo, infatti, che coloro i quali dovrebbero controllare che esistano questi limiti e questi freni sono gli americani, cioè quegli stessi che puntano tutte le loro carte sulla rinascita totale del militarismo tedesco come strumento della loro politica di aggressione. il vostro europeismo, dunque, esaminato in questo modo, alla luce delle idee e della realtà dei fatti, non migliora, ma aggrava i danni della politica atlantica, perché rende più acuta, più grave la scissione che esiste nel cuore stesso dell' Europa. l' Europa è quella che è. va dagli Urali all' Atlantico. coloro che vogliono cercare di unirla dovranno lavorare, senza dubbio, con una certa pazienza, perché oggi credo che la mente di nessun uomo di Stato possa giungere a concepire quale potrà essere un' Europa unificata. mettiamoci però pure per questa strada. questo però, oggi, significa che si debbon fare prima di tutto due cose. occorre ricreare un mercato unico europeo , cioè rinunciare al blocco economico che è parte integrante del vostro europeismo e di tutta la politica atlantica. in pari tempo bisogna abbandonare un altro dei capisaldi della politica atlantica. bisogna accettare la posizione di chi afferma che possono e devono coesistere senza farsi la guerra regimi socialmente ed economicamente diversi. mercato unico europeo e tolleranza tra regimi socialmente ed economicamente diversi: questa è la sola possibile forma di europeismo, oggi. quello che fate voi non unisce l' Europa, ma la scinde, così come rende sempre più gravi le scissioni nell' interno di ogni paese. e così arrivo al punto fondamentale di debolezza, al carattere esclusivamente di parte della politica estera . non ho detto di classe, perché alle proposte che noi facciamo e che tendono a far riconoscere la possibilità di convivenza di regimi diversi, a garantire la pace attraverso il divieto delle armi distruttive, e la conclusione di un patto fra le grandi potenze, troviamo l' adesione di uomini che vengono da tutte le classi sociali. la vostra politica ha un fondamento evidente di classe, ma assume nella vostra azione quotidiana un carattere di parte che arriva fino al fanatismo, che aizza una parte del paese contro l' altra. di qui la fondamentale sua debolezza. dietro questa vostra politica non vi è, non vi può essere il popolo, perché popolo vuol dire prima di tutto la parte più compatta e progressiva delle masse popolari , la parte meglio organizzata, la classe operaia che oggi è di convinzione socialista e comunista. popolo sono i lavoratori che condividono queste convinzioni. popolo è il ceto medio di avanguardia che cerca i contatti con la classe operaia , ne comprende gli interessi, le aspirazioni e gli ideali, si avvicina sempre di più ad essa. non vi può essere politica estera efficace senza il contatto con questi milioni e milioni di uomini. allo sforzo che dovrebbe essere fatto per trovare, nel contatto con questi milioni e milioni di uomini, l' ampia base nazionale di una politica estera italiana, voi opponete una cieca predicazione di odio contro l' Unione Sovietica , contro i paesi di democrazia popolare , contro la Repubblica popolare cinese , e date a questa predicazione un tono tale che soltanto si usa quando si è in guerra contro determinati paesi, o si vuole, contro di essi, scatenare la guerra. vi proponete voi, in questo modo, di preparare condizioni favorevoli in una parte dell' opinione pubblica alla guerra contro l' Unione Sovietica che gli americani preparano? se è questa la vostra intenzione, lasciateci ripetere ancora una volta che in Italia vi sono oggi forze che vi impediranno di fare questa guerra, forze di progresso, forze di liberazione, forze di pace . smettete la campagna forsennata per dimostrare che l' Unione Sovietica si preparerebbe ad aggredire noi e il mondo intiero. non è possibile che l' opinione pubblica vi creda, perché tutti i fatti contraddicono a questa vostra campagna. qualunque cosa debba avvenire, qualunque siano le trame che possano essere ordite da provocatori o da attizzatori di guerra per imbrogliare le carte e ingannare l' opinione pubblica , le cose per noi e per masse imponenti, decisive, del nostro paese sono chiare fin da oggi. un paese socialista non aggredisce, non attacca nessuno. aggressore è chi imposta tutta la propria politica estera sul principio dell' intervento e della lotta armata contro quel movimento di progresso economico e sociale , che ha diritto di svilupparsi e si sviluppa in tutte le parti del mondo. aggressore è chi invoca le armi contro i popoli i quali lottano per la loro indipendenza. aggressore chi organizza basi militari in tutti i paesi del mondo distanti migliaia di chilometri dalla propria terra di origine, per minacciare gli altri. aggressore è chi organizza manovre provocatorie alle frontiere della Unione Sovietica , per creare sempre nuovi motivi di conflitto. aggressore è l' imperialismo americano: e voi, seguendo la politica dell' imperialismo americano, vi addossate la stessa responsabilità. un anno fa, circa, avvenne un fatto interessante: che dimostra come la vostra coscienza stessa non è sicura, come voi stessi sapete che non vi si può credere. parlo di quella confusa, oscura iniziativa che pare fosse dovuta al compianto ministro Sforza, per proporre che la politica atlantica fosse accompagnata dalla firma di patti di non aggressione di tutti i paesi atlantici con la Unione Sovietica ; oppure: secondo altre informazioni, che il patto atlantico contenesse una clausola di sicurezza analoga a quella che a un certo punto fu inserita nel patto della triplice alleanza e che gli togliesse valore nel caso che uno dei paesi atlantici compisse un atto di aggressione. l' episodio è molto oscuro. parecchie volte sono state chieste spiegazioni in proposito e non le abbiamo avute. la cosa però venne subito seppellita e non se ne parlò più. gli USA non potevano accettare nemmeno una mossa simile. essa però rimane ad attestare la vostra cattiva coscienza. voi stessi comprendete che l' opinione pubblica non può credere che il patto atlantico sia un patto per la difesa da una aggressione che non esiste, mentre coloro che hanno organizzato il patto atlantico compiono, l' uno dopo l' altro, tutti i possibili atti di aggressione e di provocazione alla guerra che mai siano stati compiuti. del resto, recentemente si è riunito il congresso del partito comunista dell' Unione Sovietica . ivi sono state dette parole chiare: discutetele, contradditele, se potete. rinunciate, però, perché non serve, alla grossolana falsificazione. per quel che riguarda il nostro paese, al congresso del partito comunista dell' Unione Sovietica è stato lanciato l' augurio che il popolo italiano possa difendere e riconquistare pienamente la propria indipendenza. siamo lieti di questo augurio. lo accogliamo e ringraziamo per esso, certi, nel raccoglierlo e nel ringraziare, di esprimere la volontà e l' opinione sincera di tutti gli italiani che amano la loro patria. ma le cose dette al recente congresso del partito comunista dell' Unione Sovietica hanno però anche suscitato una delle solite campagne di calunnie e di ingiurie contro di noi, attraverso volgari travisamenti della realtà delle affermazioni fatte, nella speranza che ciò serva a commuovere l' opinione pubblica . lo stesso segretario del partito della Democrazia Cristiana mi sembra abbia dedicato a questo tema un suo scritto, al quale però mi è difficile rispondere perché scendere a quel livello di volgarità polemica non posso, non ne sono in grado. ma su un altro livello, su quello di una discussione sincera, aperta di quel che sono le posizioni nostre e degli obiettivi del movimento comunista internazionale, sì, siamo pronti sempre a discutere. vi è stato già detto dall' onorevole Nenni ieri e ve lo ripeto io oggi. il movimento comunista internazionale è una realtà. non si può negarla. non si possono misconoscere i caratteri che esso ha assunto attraverso decenni della propria esistenza, vittorie storiche clamorose, esperienze di masse e di popoli. siamo un grande movimento che ha un carattere di classe, popolare, nazionale e internazionale allo stesso tempo. questo non lo potete negare. non due opposti. ella compie un errore di logica. ella confonde ciò che è nazionale con ciò che è nazionalista. i nazionalisti sono quelli che portano i paesi alla rovina, come hanno fatto i suoi predecessori. i nazionali siamo noi; sono quegli operai, quei lavoratori che hanno preso le armi per cacciare lo straniero e schiacciare i vostri predecessori fascisti. lasciamo stare queste obiezioni inconsulte. dicevo che voi non potete negare la realtà e la serietà del nostro movimento. esso procede per la sua strada ed è sicuro di sé, perché le condizioni del suo successo stanno nello sviluppo stesso delle cose. quando in determinati paesi determinati settori della classe operaia giungono al potere, lo mantengono e lo esercitano, i compiti dei comunisti cambiano. essi si accingono allora a trasformare la società nazionale alla testa della quale si sono messi, creando una società nuova, socialista. ma il movimento nel suo complesso rimane solidale a naturale che tra le diverse parti di esso vi sia un rapporto reciproco di fiducia e di aiuto, perché l' obiettivo verso il quale tutti marciamo è uno solo, è la liberazione della umanità dall' oppressione, dei lavoratori dallo sfruttamento. questi sono fatti che nessuno nasconde. voglio aggiungere, però, che in un paese come il nostro, dove il movimento operaio 15 diventato così forte, così autorevole, dove la classe operaia ha avuto una tale parte nella recente vita della nazione e dove il movimento comunista stesso è così forte e autorevole che tutti sono costretti a riconoscerlo, voglio aggiungere che in condizioni siffatte la cosa migliore che possa fare un uomo di Stato sollecito delle sorti della nazione è di considerare che questa è una fortuna per il paese, ed è una fortuna soprattutto nel momento in cui nubi di tempesta, minacce di guerra si addensano all' orizzonte. è una fortuna per il paese che vi sia una classe operaia la cui avanguardia comunista è organizzata in un partito come il nostro, che ha saputo prendere le armi e combattere fino all' ultimo per la difesa dell' indipendenza, della sovranità, dell' onore della patria. è una fortuna per un paese come l' Italia, il quale sarebbe rovinato se dovesse essere trascinato in un' altra guerra, che questo nostro movimento sia così forte, così autorevole ed abbia solidi legami con il movimento comunista degli altri paesi, con il movimento operaio che si sviluppa nel mondo intiero. potete leggere ancora oggi, in tutti i libri dove si parla della prima guerra mondiale , che si fa un rimprovero al movimento socialista e socialdemocratico di allora di non aver saputo agire allo scoppio della guerra e prima che la guerra scoppiasse, in modo tale che impedisse che la guerra avesse luogo. ebbene, siate convinti, onorevoli colleghi , siano convinti tutti, che noi facciamo di tutto e continueremo a fare di tutto perché un rimprovero simile non possa, domani, essere fatto al movimento comunista internazionale, e in particolare non possa essere fatto al movimento comunista italiano. faremo di tutto per restaurare l' indipendenza del nostro paese, in modo pieno e intiero; faremo di tutto per chiamare sempre nuove forze alla difesa della pace, per impedire la guerra; faremo di tutto per dare tutto il contributo che è necessario, da parte delle forze popolari che ci seguono e che vediamo essere in continuo aumento, per salvare la nazione italiana dai mali che la affliggono in conseguenza della vostra politica, dalle catastrofi che la minacciano in conseguenza dell' azione vostra. se voi avete animo nazionale, se vi fosse, nel vecchio personale politico dirigente, chi avesse profondo il senso delle necessità della vita della nazione, questi dovrebbe salutare questo fatto, dovrebbe cercare in tutti i modi la possibilità di utilizzare questa grande nostra forza di progresso e di pace nell' interesse dell' Italia. la possibilità che si è presentata per la nostra patria nel corso dell' ultima guerra, dal 1943 in poi, e che si presenta adesso ancora, corrisponde, in sostanza, a quella che si offrì nel 1860, e che allora venne compresa e sfruttata, per far compiere alla causa nazionale un passo decisivo verso la vittoria, attraverso la collaborazione tra determinati gruppi dirigenti progressivi e la parte più avanzata delle forze popolari. anche oggi, occorre saper collegare saggezza di direzione politica e slancio di popolo in difesa della libertà, del progresso sociale e della pace. occorre abilmente saper comprendere e utilizzare tutti i movimenti e i legami che possono servire a far sì che il prestigio della nostra patria sia più alto nel mondo tra i popoli i quali amano la libertà e vogliono la pace. in conclusione, che fare ora? bisogna abbandonare, cambiare l' indirizzo di politica estera seguito finora, gettare a mare le impostazioni ideologiche anticomuniste esiziali, inaugurare una politica estera nuova, che si ispiri all' interesse del paese, di cui accresca la forza economica, difenda l' indipendenza, affermi la sovranità, realizzando la più larga unità possibile di forze popolari e nazionali. asse di questa politica estera non può essere altro che l' affermazione della possibilità e necessità di convivenza pacifica di due sistemi; uno sforzo che tenda a ricostituire un solo mercato mondiale il più ampio possibile, che si apra al nostro paese per il proprio slancio economico; la conclusione di un patto di pace tra le grandi potenze, che ponga fine ai conflitti attuali e ci garantisca un avvenire sicuro. l' onorevole Nenni ha formulato ieri alcune proposte che si muovono, mi sembra, in questa direzione e che sono ragionevoli. noi le accettiamo, non solo, ma riteniamo che il valore di esse sta nel fatto che possono essere accettate da uomini di tutte le condizioni sociali e di tutti i gruppi politici , purché vogliano sinceramente un miglioramento della situazione internazionale, maggiore sicurezza e pace per il nostro paese. ripetiamo, in pari tempo, che un' altra via da quella seguita finora deve essere scelta, se vogliamo che l' Italia torni ad avere una sua politica nazionale efficace e giusta. il paese sarà chiamato tra poco a una consultazione. il popolo si dovrà pronunciare. sia il giudizio del popolo tale che condanni la vostra politica estera , che già ci ha portati a una situazione rovinosa e che ci minaccia catastrofi; sia tale che apra alla nazione italiana la via di una politica nuova, democratica, di indipendenza, di amicizia con tutti i popoli, di libertà e di pace.