Giorgio ALMIRANTE - Deputato Opposizione
I Legislatura - Assemblea n. 928 - seduta del 11-06-1952
Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione.
1952 - Governo VII De Gasperi - Legislatura n. 1 - Seduta n. 928
  • Attività legislativa

signor presidente , poiché credo che ella intenda, farmi illustrare, come già fu fatto ieri, la serie dei miei emendamenti ad un articolo tutti insieme, per debito di chiarezza ed anche per debito di brevità vorrei seguire oggi, con il suo consenso, questo sistema: vorrei parlare sul complesso di ogni articolo, intendendosi, che, parlandone, illustrerò gli emendamenti all' articolo medesimo. questo anche per l' economia dei lavori. i problemi dei quali intendo parlare a proposito dell' articolo 2 — che è l' articolo che comprende le sanzioni penali — sono i quattro seguenti: entità delle pene, libertà di associazione, responsabilità penali per fatti altrui, pene accessorie. quanto all' entità delle pene, è stato ripetuto più volte, anche dall' onorevole ministro, che la presente legge, nei confronti dell' entità delle pene, sarebbe più favorevole della precedente. e in apparenza è così, perché nella legge 3 dicembre 1947 le pene per i dirigenti erano da due a venti anni mentre qui la pena per i dirigenti è da tre a dieci anni. ma il problema — l' onorevole ministro lo sa benissimo — non si risolve in questo semplice raffronto, perché l' intenzione del Governo nel proporre in questa legge pene personali più lievi di quelle contenute nella legge precedente non è stata già quella di formulare una legge più mite della precedente, ma è stata quella di far sì che questa legge, al contrario della precedente, venisse effettivamente applicata. il ministro lo ha detto con molta franchezza al Senato, e lo ha detto anche nella relazione al disegno di legge : le pene sono state diminuite perché si è ritenuto che l' entità eccessiva delle pene di cui alla legge 3 dicembre 1947, in pratica costituisse un impedimento, una remora per la magistratura ad applicare la legge stessa. cito le parole pronunciate dal ministro al Senato: « non possiamo negare che questa è una legge di natura politica, e noi le dobbiamo togliere ogni estremo che possa farla apparire persecutoria. la legge ha questo principalmente di mira: rendere possibile lo scioglimento delle organizzazioni a carattere neofascista appena esse si presentino nella vita nazionale, senza creare vittimismi di carattere personale, dannosi alla democrazia » . vedremo poi se questo intento sia stato raggiunto, o se, per caso, gli emendamenti approvati dal Senato, anche contro il parere del ministro, non abbiano frustrato in gran parte questo intento, dando alla legge ambedue i caratteri: persecutorio nei confronti della collettività, ma anche persecutorio nei confronti delle persone. inoltre non si può dimenticare, a proposito delle pene in questo articolo contenute, il problema delle pene accessorie che si sommano, si sovrappongono (e vedremo in qual modo) alla pena principale, facendo sì che il problema non possa essere visto sotto l' angolo visuale esclusivo della pena principale, senza perdere di vista il vero contenuto della legge in questo articolo. infine, sempre a proposito dell' entità delle pene e della diminuzione di alcune pene nei confronti della legge precedente, vi è un altro grave problema, connesso a quello riguardante la retroattività della legge, in quanto, avendo il Governo, la maggioranza e tutti i gruppi favorevoli alla legge dichiarato che non si tratta di legge eccezionale ed essendo questa legge, nelle pene o in parte delle pene, più favorevole della precedente, questa legge potrà essere applicata in luogo della precedente, anche per reati e delitti, che avrebbero dovuto essere colpiti e giudicati in base alla precedente. il che aprirà — ed io penso si voglia farli aprire; penso che questa sia stata l' intenzione di coloro che hanno dichiarato, a parer mio contro la verità, non essere questa una legge eccezionale — dei grossi problemi di fronte alla magistratura; il che consentirà, oltre all' applicazione retroattiva per ragioni di carattere induttivo ed indiziario, anche una sostanziale applicazione retroattiva di questa legge nei casi in cui avrebbe dovuto essere invocata la applicazione della precedente legge. non solo; c' è di peggio, perché il Senato, esaminando ed approvando questa legge, ha fortemente aggravato le pene. nel progetto governativo per i dirigenti, promotori e organizzatori la pena prevista era da uno a cinque anni; nel testo approvato dal Senato la pena è da tre a dieci anni. nel progetto governativo nei casi di associazioni paramilitari la pena era da due a quindici anni; qui è stata aggravata da cinque a dodici anni. è dunque chiaro che si è inteso, soprattutto in Senato, aumentare il minimo della pena; e lo si è fatto — il relatore di maggioranza senatore Donati lo ha espressamente dichiarato — onde rendere obbligatorio il mandato di cattura nei confronti dei dirigenti, promotori ed organizzatori di un partito denunziato come neofascista. cito quanto ha detto il senatore Donati: « la Commissione ha creduto di aderire alla proposta del senatore Cosattini. anche perché l' aumento della pena nel minimo e nel massimo viene a collimare con il minimo e massimo stabilito dalla norma del codice di procedura penale , che prevede la facoltà al giudice istruttore di emettere il mandato di cattura » . e successivamente il senatore Donati, in seguito ad una interruzione del senatore Franza, rettificava nel senso che si intendeva prevedere non già una facoltà, ma l' emissione obbligatoria di detto mandato. per quanto riguarda, dunque, l' entità delle pene, mi sembra chiaro che la presente legge non è più favorevole della precedente se non in apparenza e che il progetto governativo è stato dal Senato notevolmente aggravato con l' esplicito intento, tra l' altro, di rendere obbligatorio il mandato di cattura per chiunque venga denunciato ed incriminato come promotore, organizzatore e dirigente di un partito, che venga accusato di ricostituzione del partito fascista . vedremo subito dopo la conseguenza di ciò sul piano giuridico e sul piano politico generale... secondo problema: libertà di associazione. nella relazione del Governo al disegno di legge si dichiara che le attività incriminate da questa legge devono rivestire un carattere collettivo. si dice testualmente: « va comunque rilevato in ordine alla norma in esame che le attività incriminate devono potersi riferire alle associazioni o ai movimenti e rivestono quindi un carattere collettivo » . confesso la mia ignoranza, ma non riesco a capire bene che cosa significhi, dal punto di vista giuridico, una dizione di questo genere. non riesco a capire quando un dato reato rivesta un carattere collettivo. vi sono nel codice penale norme che, in parte, dovevano essere anche trasferite in questa legge e poi non lo sono state, relative alle adunate sediziose. per esempio, si precisa che una adunata di cinque persone può essere qualificata, in determinati casi, come adunata sediziosa. non credo, però, vi siano norme, che possano essere riferite a questa legge o ai problemi che in questa legge vengono affrontati, le quali permettano di stabilire il confine fra il reato individuale, fra quello che potrei chiamare un reato pluriindividuale (cioè commesso da alcuni individui) ed un vero e proprio reato collettivo che investa veramente la responsabilità dell' associazione, dell' organizzazione, del movimento o del partito. pertanto, quando la relazione governativa dichiara doversi in questa legge — per quanto attiene agli articoli 1, 2 e 3 — configurare dei reati collettivi, ho l' impressione che non dia alcun elemento chiaro dal punto di vista giuridico, a meno che non si voglia (come si è fatto ancora ieri da qualche oratore) richiamare quanto nel codice penale è detto a proposito delle associazioni a delinquere. a questo riguardo debbo molto nettamente ripetere quanto ho avuto occasione di dire in Commissione e — come ho fatto in Commissione — cito parole non mie, ma di un nostro avversario implacabile e certamente insospettabile, il senatore Terracini, il quale (l' onorevole ministro lo ricorderà) al Senato ha testualmente dichiarato: « voglio anzi dire, per ragioni di lealtà, che l' aver richiamato, come qui si fece, nei confronti del partito fascista ricostituito, l' ipotesi dell' associazione a delinquere , mi pare non solo un errore giuridico, ma un' affermazione contraria alla concezione politica che regge la Repubblica italiana . non confondiamo, neanche sul piano delle più feroci lotte civili, la politica con la criminalità, il codice penale con una legge dettata dalle esigenze della democrazia. io nego pertanto che, in disperata ipotesi, contro il ricostituito partito fascista si possano adoperare gli strumenti del comune armamentario penale. lo sappiamo che era consuetudine dei vecchi regimi reazionari del passato cercare di ridurre sul piano della criminalità fenomeni politici a loro spiacenti e pericolosi. non lo si rifaccia oggi, sia pure per combattere un pericolosissimo fenomeno politico. non mettiamoci sul terreno allora prescelto che per sé solo poneva dalla parte del torto coloro che vi scendevano » . credo che queste parole del senatore Terracini non abbiano bisogno di alcuna chiosa, anzi ogni mia chiosa sarebbe veramente fuori luogo . quindi respingo ogni possibilità — sia pure a titolo esemplificativo — di rifarsi, a proposito di questa legge e delle sanzioni penali in essa contenute, alle norme relative alle associazioni a delinquere. ed allora, a quali norme ci si può riferire? evidentemente a quelle dell' articolo 270 del codice penale . mi si dirà che un riferimento a quelle norme è perfettamente legittimo, che quelle norme sono tuttora in vigore , che non sono state abrogate, che anzi è stata presentata al Senato la legge polivalente proprio in vista della riforma di quelle norme e che la presentazione di una legge intesa appunto a riformare quelle norme dimostra che quelle norme, finché non siano modificate, sono in vigore . mi si dirà che quelle norme sono assolutamente tassative e, quindi, se non esistevano dubbi su quelle norme per l' identificazione — sulla base di esse — dei responsabili e per la configurazione del reato collettivo, dubbi non dovrebbero sussistere in questo caso. noi rispondiamo che la situazione è completamente diversa e non è diversa solo la situazione politica (il che sarebbe già sufficiente, ma sarebbe poco), ma è diverso il sistema: il sistema è un altro e la prova che il sistema sia un altro la do subito. vigeva un tempo, ma non vige più e non può più essere in vigore perché è stato abrogato in fatto e in diritto non solo dalla Costituzione ma da tutta la nuova situazione, l' articolo 209 del testo unico delle leggi di Pubblica Sicurezza . esso stabilisce: « le associazioni, gli enti e gli istituti costituiti od operanti nel regno e nelle colonie sono obbligati a comunicare all' autorità di Pubblica Sicurezza l' atto costitutivo, lo statuto e i regolamenti interni l' elenco nominativo delle cariche sociali e dei soci ed ogni altra notizia intorno alla loro organizzazione o attività tutte le volte che ne vengano richiesti dall' autorità predetta » . questo articolo 209 del testo unico delle leggi di Pubblica Sicurezza si inquadrava in una situazione che era quella dello Stato — regime e del partito unico . era chiaro in quella situazione che, essendo lecito per legge un solo partito, tutte le altre associazioni, di qualunque genere, dovessero, nell' atto stesso della costituzione, perfino se non erano associazioni con dichiarati fini politici o parapolitici, comunicare alle autorità il loro sorgere, il loro statuto, la loro natura, l' elenco degli iscritti e ogni altra notizia che potesse essere richiesta. il che significa che non fra Stato e partiti, perché il partito era uno solo, ma fra Stato e associazioni, non solo politiche o parapolitiche, ma perfino culturali e scientifiche, vi era un determinato rapporto, che era il rapporto costituito e creato per l' appunto nel quadro dello Stato-regime. quel rapporto non esiste più, e in luogo di esso si è creato un altro rapporto relativo a tutte le associazioni, che per ora è regolato soltanto dagli articoli 18 e 49 della Costituzione, dalla norma XII transitoria della Costituzione e dalle leggi da essa derivanti, che in seguito potrà anche essere regolato da norme applicative degli articoli 18 e 49, ma che comunque è quello che è. si è creato, cioè, fra Stato e partiti, e quindi fra partiti e cittadini, un rapporto che per ora è semplicemente un rapporto di fatto, e che dal punto di vista legislativo e normativo sarà, per quanto attiene ai partiti considerati fascisti, regolato da questa legge, ma che per ora non è regolato da alcuna legge, se non dalla legge 3 dicembre 1947, che però non contiene norme di questo genere. ed allora ne deriva che o si modifica l' intero sistema dei rapporti fra Stato e cittadino, e fra cittadino e partiti, o cioè è possibile, e si ritiene possibile, instaurare un qualche controllo, un qualche legame giuridico fra lo Stato e i partiti, fra i cittadini e i partiti; o, finché tutta questa materia resta fluida, come è fluida finora, finché le associazioni politiche e i partiti politici sono, come sono in questo momento, associazioni di fatto non regolate da alcuna legge, l' intervenire con una legge in questa materia e nei confronti di un solo settore, settore che peraltro non è specificamente indicato nella legge, e non potrebbe esserlo, ma è individuato e definito con delle norme le quali come abbiamo visto e detto — pongono nel cittadino il dubbio se egli appartenga o meno ad una associazione lecita o illecita, significa mettere non solo i dirigenti e i promotori, ma soprattutto i partecipanti a qualsiasi associazione politica in uno stato di dubbio, in uno stato di incertezza, di menomazione dei propri diritti, in uno stato di parziale o di nulla conoscenza dei propri doveri, tale da menomare in tutti, nel complesso del sistema, il principio della libertà di associazione. in altri termini, una legge di questo genere potrebbe inquadrarsi, anche perfettamente, in un diverso sistema; io non dico in un sistema totalitario o dittatoriale, non dico in un sistema tipo partito unico , ma in un sistema in cui le organizzazioni, gli statuti dei partiti politici , il programma dei partiti politici fossero soggetti a qualche controllo. non sto dicendo cose aberranti, come qualcuno può pensare, perché la Costituente affrontò il problema: non intese risolverlo, o non volle risolverlo, o non seppe risolverlo, non mi interessa; ma la Costituente affrontò il problema, e vi furono molti deputati, soprattutto dell' attuale maggioranza, i quali in quella sede chiesero che l' articolo 49 della Costituzione avesse una specificazione più ampia e che non ci si limitasse a stabilire che un partito politico , per essere lecito, dovesse concorrere con metodo democratico a determinare la vita politica nazionale, ma si dovesse anche intervenire nel controllo dell' attività e degli statuti interni dei partiti politici , onde vedere se quel metodo democratico fosse attuato anche all' interno dei partiti politici . non voglio dire se si sia fatto bene o male a lasciare i partiti politici in una specie di limbo costituzionale. forse sarebbe stato bene precisare meglio quelle norme, forse sarebbe stato male: il fatto è che il sistema costituzionale ha lasciato i partiti politici in una specie di limbo. ed allora una legge di questo genere non si inquadra assolutamente nel sistema vigente, perché viene a menomare la libertà di associazione, senza conferire quelle garanzie, quei diritti, quei controlli che invece un sistema simile richiederebbe. terzo problema e più grave, a proposito dell' articolo 2, è quello delle responsabilità per fatto altrui: problema scottante e oggetto di molte polemiche. a questo riguardo bisogna innanzitutto precisare le figure giuridiche degli eventuali responsabili nei confronti della legge. l' articolo 2 parla, riprendendo vecchie formule (quelle del codice fascista) di « promotori, organizzatori, dirigenti e partecipanti » . cosa vuol dire dal punto di vista giuridico? mi riferisco alle formule che si trovano nel commento del Manzini al codice. dirigenti: « dirige una associazione chi, pur senza avere qualità di promotore, costitutore od organizzatore la presiede od amministra o concorre ad amministrarla od organizza altrimenti in tutto o in parte l' attività collettiva, con funzioni più o meno alte di superiorità. è indifferente che l' individuo diriga l' intera società ovvero una sua frazione » . trasportiamo questa definizione giuridica, che io ritengo esatta, sul piano dei partiti politici e delle loro organizzazioni. ne deriva che se un partito politico dovesse essere colpito da questa legge in base al meccanismo degli articoli 1 e 2, sarebbero incriminati tutti coloro che hanno in seno ad esso una carica come dirigenti e quindi come responsabili; essi sarebbero immediatamente arrestati, dato che il mandato di cattura è obbligatorio e sarebbero esposti ad una condanna da tre a dieci anni, salve le pene accessorie. dirigenti dovrebbero essere dunque considerati non soltanto i dirigenti centrali, quale che sia la loro carica, ma tutti i dirigenti periferici di sezione, unione o federazione provinciale, di sezione, unione o federazione comunale; chiunque abbia cariche collettive è ai sensi di legge dirigente di una associazione politica. mi si potrà dire che il Governo non intende dare questa interpretazione? la cosa non ha — perdonate — alcun interesse. la definizione giuridica è quella. il magistrato non potrà, credo, dare altra interpretazione che questa. cosa vuol dire « partecipante? » ancora una volta riprendo il Manzini: « partecipa alla associazione chiunque sia entrato a farne parte ancorché inoperosamente, come ancora chi senza essere socio assuma un impiego qualsiasi nell' associazione, ovvero esplichi una attività anche di mera assistenza ad essa, non al singolo associato. l' essersi appartato dall' associazione dopo averla promossa, costituita, organizzata o diretta, o dopo avervi partecipato, non esclude la reità, ma potrà giovare come circostanza attenuante » . ancora una volta trasportiamoci sul piano dei partiti politici . partecipanti, e quindi punibili con la reclusione fino a due anni, oltre alle pene accessorie, sono tutti gli iscritti ad un partito politico . non sono io a dirlo, ma il testo che ho citato, obiettivamente in dissenso con la relazione di maggioranza . anche gli impiegati. così dice questo testo. non lo potete smentire. ne sarei ben felice. ma debbo attenermi al testo, perché i magistrati si atterranno piuttosto al Manzini che alla vostra relazione. quindi anche gli impiegati e le dattilografe sono, ai sensi di legge, considerati o da considerare partecipanti ad un partito politico il quale venga colpito attraverso questa norma. ho voluto dire questo perché i colleghi che votano la legge si rendano conto di quale sia lo strumento che essi pongono nelle mani dell' Esecutivo (articolo 3) o anche semplicemente della magistratura (primo comma dello stesso articolo). questo è lo strumento. non si dica quindi che noi vogliamo fare del vittimismo. io sono perfettamente certo che voi non volete questo, perché non è il vostro interesse politico. però chi vota questa legge i vittimismi autorizza a farli, li rende possibili. e questo è un dato di fatto che credo che in sede politica non possa essere assolutamente né smentito né contestato, perché risulta dal testo della legge. c' è poi il problema delle responsabilità per fatti altrui. mi si è detto che è una ingenuità, che è addirittura un errore giuridico quello di sostenere che questa legge o qualsiasi altra legge, dato il nostro sistema giuridico vigente, possa contemplare responsabilità penali per fatto altrui. mi si è detto, mi si è insegnato, perché io sono completamente digiuno di queste nozioni, che le preleggi hanno risolto il problema per sempre, che il codice penale ha risolto il problema per sempre, che l' articolo 27 della Costituzione ha risolto in maniera ancora più categorica, e, vorrei dire, autorevole ancora il problema, in quanto la responsabilità penale è personale. ancora una volta io mi permetto però di passare dal piano astrattamente politico a quello concreto del meccanismo di questa legge. questa legge colpisce un partito politico . sulla base dell' articolo 1 di questa legge, o la magistratura o il Governo possono incriminare come fascista un partito politico . si mette allora in moto l' articolo 1 e, attraverso il meccanismo dell' articolo 2, potranno essere condannati i dirigenti, gli organizzatori, i promotori, i partecipanti di quel partito politico . potrebbe quindi anche trattarsi di un numero larghissimo di cittadini italiani. e ciò se si verifica — dice l' articolo 3 — anche una sola delle ipotesi dell' articolo 1. quali sono le ipotesi? l' abbiamo visto ieri. sono il « perseguire finalità... » con tutti i gerundi che vengono appresso, sono il « volgere la propria attività » con tutto quello che viene appresso, sono il « compiere manifestazioni esteriori di carattere fascista » . sono i tre grandi casi in cui il meccanismo dell' articolo 1 si può mettere in moto. come può essere messo in moto? necessario che esso debba avere l' avvio da tutto il partito politico nel suo complesso? no, anzi i proponenti di questa legge e coloro che votano e parlano a favore della legge dichiarano che questa ipotesi non si verificherà mai, giacché nessun partito sarà così ingenuo — si dice — da scoprirsi così smaccatamente. ma allora potrà accadere che un singolo episodio, verificatosi al centro o alla periferia di un partito, metta in moto questo meccanismo. però, una volta che questo meccanismo sia posto in moto, si colpiscono tutti i dirigenti, gli organizzatori, i promotori e i partecipanti. ma, dicono i sostenitori della legge: il magistrato avrà tutta questa gente davanti, farà le sue brave istruttorie con rito direttissimo, distinguerti, condannerà, assolverà, secondo i casi e, per l' articolo 27 della Costituzione, quando si sarà appurato attraverso le indagini, attraverso gli interrogatori, attraverso i processi, che il cittadino Caio o il cittadino Sempronio non è in dolo, non ha commesso reato, non si è reso conto di commettere reato, non sarà condannato, ma sarà assolto. ora, io posso obiettare che la semplice facoltà data all' Esecutivo di mettere in moto un meccanismo così spaventevole, cioè di promuovere indagini, addirittura arresti nel caso si tratti di dirigenti, e processi — sono questi periodi ipotetici di secondo tipo, onorevole Poletto, e non di terzo, purtroppo e ciò nei confronti di centinaia di migliaia di cittadini, mi sembra sia sufficiente per indurre a qualche cautela coloro che stanno dicendo sì a questa legge. ma il guaio e che neanche la garanzia del dolo sussiste in verità; e ancora una volta ve lo dico con parole non mie (perché, ripeto, non sono competente in materia), ma ve lo dico con le parole del solito commento. dice il già citato testo del Manzini (quarto volume, pagina 340): « è possibile, specialmente nelle associazioni che ammettono gradi progressivi di iniziazione, che alcuni soci ignorino il vero fine dell' associazione (ed io osserverò che nei partiti politici questo è possibilissimo); nel qual caso essi non possono punirsi per il titolo delittuoso in esame. deve peraltro trattarsi dell' assoluta ignoranza del detto fine, mentre il dubbio, che è scienza alternativa, non escluderebbe il dolo specifico. il dubbio non esclude il dolo. in tal caso, anzi, si presenta una ipotesi di quella figura giuridica che un tempo si designava come dolus eventualis . soltanto quando una norma particolare esiga espressamente o implicitamente, per la punibilità di un fatto, la certezza da parte dell' agente, il dolo non sussiste se non si prova questa certezza » . da questo testo ho tratto l' emendamento, che considero più importante, all' articolo 2: « i partecipanti, qualora siano a conoscenza delle finalità o del carattere militare » . ho voluto cioè inserire quell' elemento di certezza, di mancanza di dubbio, che lo stesso testo giuridico da me citato suggerisce si inserisca, per evitare, appunto, che il cittadino, cadendo in dubbio, cada anche in reato; perché, in reati di questo genere, il semplice dubbio non esclude affatto il dolo generico. mi pare così di aver dimostrato che non esiste la garanzia del dolo in questa legge. ultimo problema per quanto riguarda l' articolo 2: quello delle pene accessorie. a proposito di questo problema, ho sentito una impostazione ufficiale che direi piuttosto ingenua o che tale vuol sembrare. ho sentito dire: vi allarmate per le pene accessorie, ma si tratta di un normale istituto giuridico sancito dal codice penale all' articolo 29; è chiaro che la pena principale trascina seco le pene accessorie. se questa tesi fosse tanto semplice e ovvia come coloro che la sostengono vogliono far credere, il comma sarebbe inutile. se questo comma e stato inserito e in esso si parla delle pene accessorie, vuol dire che esso non è affatto inutile e vuol dire che esso modifica le norme vigenti. infatti, per i dirigenti, promotori, costitutori, l' inciso che si trova all' ultimo comma dell' articolo 2 — « in ogni caso » — vuol significare che per le pene minori, anche con la condizionale, si ha la privazione dei diritti o uffici previsti dai commi primo e secondo dell' articolo 29 del codice penale , per cinque anni. ancora: per i partecipanti si ha in ogni caso, anche per pene lievissime ed eventualmente con la condizionale, la privazione dei diritti elettorali per cinque anni. quindi, per quanto riguarda le pene accessorie, questa legge innova profondamente e duramente le norme vigenti del codice penale ; di maniera che si potrebbe, in ipotesi (ipotesi direi — del primo tipo, onorevole Poletto!), pensare che dei cittadini, in base a questa legge, vengano condannati a pena lievissima (quindici giorni, uno, due, sei mesi con la condizionale) e in ogni caso la pena accessoria sarebbe dei cinque anni di privazione dei diritti elettorali, se trattasi di partecipanti, e di diritti elettorali e civili, se trattasi di dirigenti. avverrebbe così che la pena accessoria diventerebbe in effetti la pena principale; e avviene in ogni caso, con questa legge, che la pena accessoria non è in sostanza accessoria, perché viene staccata dalla entità della pena principale e collegata alla qualità della pena principale. il che, come concetto giuridico, mi pare sia una innovazione rispetto al codice penale . in altra sede ho sostenuto la incostituzionalità di questa norma. non insisto, perché ho già trattato il tema e la Camera è stata di avviso diverso dal mio, come al solito. debbo però rilevare che, se possono sussistere dei dubbi circa la violazione della Costituzione per quanto riguarda l' articolo 48 della Costituzione stessa, essendovi in quell' articolo la esplicita eccezione della sentenza penale, non possono — credo — sussistere dubbi per quanto riguarda l' articolo 22 della Costituzione, in cui di sentenza penale non si parla e si dice esplicitamente che nessun cittadino può essere privato dei diritti civili , per motivi politici, mentre, in questo caso, un cittadino viene privato dei diritti civili per motivi politici. l' articolo della Costituzione esclude... questa tesi, onorevole Poletto, in questa sede non può valere, in altra sì. in questa sede può valere un' altra tesi, quella sostenuta in Commissione, cioè che il delitto di cui trattasi in questa legge è un delitto politico , perché lo definiamo come tale, ma è comunque un delitto, perché una legge lo condanna come delitto, e pertanto un cittadino può essere privato giustamente dei diritti civili (vede che le vengo incontro: le suggerisco io una tesi accettabile). quello che ha detto lo respingo, perché la definizione di reato politico, di legge politica, è una definizione che viene dalla vostra parte, viene dallo stesso Governo. d' altra parte, mi pare che sia una definizione più che evidente. non solo perché la legge contempla dei delitti politici , ma perché la legge è stata promossa, dettata e accelerata anche da motivi che esplicitamente, con molta franchezza, sono stati dichiarati, dallo stesso Governo proponente, motivi politici. quanto alla privazione dei diritti elettorali, che con una proposta approvata ieri si vuole poi estendere nel tempo (e non so come si farà; mi sembra che la Costituzione abbia da dire qualche parolina in proposito, perché, se è costituzionale la norma XII, primo comma, ho l' impressione che sia costituzionale anche il secondo comma della stessa norma XII; ma di questo parleremo a suo tempo), debbo rilevare una strana impostazione, che si è sentita riecheggiare in Senato ed anche in quest' Aula a proposito del problema generale più che di questo particolare problema. il relatore di minoranza , Rizzo Domenico, in Senato ha detto: vogliamo evitare di ritrovarci di fronte con i medesimi diritti non con chi ci ha privato di quei diritti per venti anni, ma con coloro che , dimentichi di quella catastrofe, vorrebbero ripetere lo sciagurato esperimento. questa tesi è stata ripetuta con altre parole anche da lei, onorevole ministro. ella ha detto in Senato: è più che giusto che siano privati dei diritti elettorali quei cittadini i quali, se per avventura la loro parte politica prevalesse, priverebbero gli altri dei diritti elettorali. debbo rilevare che questa illazione e del tutto arbitraria. qui il processo è fatto non solo alle intenzioni e alle finalità, ma addirittura si va alle profezie politiche, e non mi sembra molto serio e corretto, nell' esame di una legge, abbandonarsi alle profezie. ma, a parte ciò, debbo rilevare che qui siamo, dal punto di vista giuridico, al di qua della legge del taglione , siamo più indietro, siamo in un medioevo più oscuro di quello che espresse il suo diritto con la legge del taglione . non siamo più neppure alla legge dell' occhio per occhio e dente per dente, perché si dichiara esplicitamente che si vuol colpire non solo chi è stato reo di determinati delitti con la stessa pena che egli ha fatto capitare addosso ai malcapitati che gli sono stati sotto le grinfie, ma si vogliono punire altri che quei delitti non hanno potuto commettere, non fosse altro che per regioni di età o perché in altre cose affaccendati, ma nella presunzione che essi potranno un giorno, in un domani irrealizzabile, seguire l' esempio di coloro che sono stati già puniti. è un ragionamento che sul piano politico mi sembra veramente inaccettabile, sul piano morale ancora più inaccettabile, ma sul piano giuridico vorremmo non sentire ripetere, anche perché non avete bisogno di abbandonarvi a ragionamenti del genere, quando una maggioranza concorde e disciplinatissima vi garantisce l' approvazione della legge e la bocciatura di tutti gli emendamenti.