Alcide DE GASPERI - Deputato Opposizione
I Legislatura - Assemblea n. 850 - seduta del 07-02-1952
Informativa urgente del governo sul crollo della scuola dei gladiatori presso gli scavi di Pompei
1952 - Governo IV Berlusconi - Legislatura n. 16 - Seduta n. 393
  • Attività legislativa

onorevoli colleghi , la discussione svoltasi con la partecipazione di nove oratori di diversi settori della Camera, con prevalenza oraria, come al solito, dell' opposizione, ha rinnovato lo schieramento costituitosi di fronte al patto atlantico in generale. ed era ovvio. le obiezioni e le accuse sono le medesime, come identiche sono le argomentazioni in favore. da una parte si dice che si prepara la guerra di aggressione contro lo Stato popolare, che sempre più si stringe il cerchio e l' assedio, e che tutti gli Stati democratici si mettono al servizio dell' aggressione americana. da parte nostra si risponde: l' alleanza è solamente difensiva; se non verrà dal di fuori un attacco, la guerra non si farà e non ci sarà. la solidarietà sempre più vasta nella difesa rende sempre più difficile l' attacco, sempre più rischiosa l' aggressione. tanto più larga e profonda è l' alleanza, tanto più forte diventa all' interno il senso della responsabilità che elimina ogni avventura provocatoria del singolo ed ogni rischio di conflitti di prestigio fra singoli Stati. e, al di fuori dell' alleanza — lasciate che esprima anche questa speranza — si rafforzano cosi quegli elementi che vogliono mantenere la pace contro coloro che , altrimenti, sognerebbero una aggressione facile e profittevole. è giusto anche dire che, quanto più sentita e universale diviene la solidarietà difensiva, tanto più essa si evolve verso una comunità positivamente costruita di carattere permanente. se mi permettete di dire così, l' armatura diventa come l' involucro di una solidarietà economico-sociale che dovrà pure realizzarsi con il tempo. è certo un fenomeno lento, graduale, ma logicamente fatale, intravisto dai fondatori del patto all' articolo 2, sul quale abbiamo insistito alla conferenza di Ottawa, articolo che ha trovato l' attuazione nel comitato dei 12. non abbiamo ancora un rapporto conclusivo sulla sua attività; ma questo rapporto potrà essere questione di giorni o settimane e si vedrà da esso che il comitato ha tentato di commisurare la spesa militare alle possibilità economiche ed alle situazioni sociali di ciascun paese. il che vuol dire che già esiste un equo concetto delle possibilità economiche raffrontate alle richieste ed alle esigenze difensive militari; il che vuol dire che il problema economico ed il problema sociale hanno preso il posto centrale in tutta la considerazione anche del patto atlantico . non abbiamo più, quindi, a che fare con una convenzione militare, con richieste militari, con sodisfacimento totale o parziale di queste richieste; abbiamo a che fare con uno studio e una deliberazione che raffrontano le diverse esigenze. il che vuol dire che si considera in forma totale e di paragone i singoli elementi di vitalità di uno Stato. questo tentativo, ripeto, e appena agli inizi, è un primo tentativo; ma è certo che esso avrà ulteriori sviluppi e che potrà lentamente, ma gradualmente, condurci ad affrontare più in profondità il problema economico, proprio nell' occasione in cui si affronta o si deve affrontare il problema difensivo. tuttavia, l' impresa più costruttiva, che si sta iniziando dietro la muraglia del patto atlantico — chiamiamola così? — la Comunità di difesa europea, cui molti oratori durante il dibattito hanno accennato (per favorirla o per combatterla). si può dire che la maggior parte di queste dichiarazioni e delle affermazioni, avvenute nel paese e nello stesso dibattito parlamentare , ci fanno supporre che, in via di massima, la nazione italiana accetta con ottimismo questa impresa, si augura che essa riesca; e, quando arriverà alle Camere l' abbozzo del trattato, è da supporre che la maggioranza, in linea di massima, sarà favorevole all' accettazione. mi pare anzi che, dal punto di vista del pensiero nazionale, il nostro atteggiamento (atteggiamento in queste circostanze e in questo particolare momento) possa essere precisato in questi termini. l' Italia trova già nel patto atlantico il massimo di garanzia possibile per la pace e la sicurezza. né, d' altro canto, dal punto di vista dei suoi particolari interessi, riguardanti naturalmente la difesa delle sue frontiere, dal punto di vista dei suoi interessi considerati isolatamente, potrebbe desiderare l' esclusione dal patto atlantico dei territori che stanno più a nord. ma l' Italia non determina il suo atteggiamento secondo una visione geograficamente circoscritta e limitata alla situazione temporanea. essa sente e accetta i vincoli della solidarietà europea, la quale si basa soprattutto — per venire al concreto — sul superamento dello storico antagonismo fra Germania e Francia. in tale spirito, l' Italia accolse le felici iniziative della Francia per l' attuazione del piano Schumann e per la costituzione dell' esercito europeo. l' elaborazione del trattato, che deve creare la Comunità Europea di difesa, ha incontrato — come vi è noto molte difficoltà oggettive e di carattere giuridico, amministrativo e finanziario. si aggiunsero, a queste, ulteriori difficoltà provenienti dalla diversità originaria e dimensionale dei paesi partecipanti. la delegazione italiana ha contribuito, in notevole misura e con spirito di larghezza, a superare tutte le difficoltà, formali o sostanziali, partendo dalla convinzione che l' altissimo scopo della comune difesa può richiedere che si subordinino ad essa altre considerazioni, ma, soprattutto, puntando con consapevole fermezza verso il coordinamento di questa opera grandiosa che, iniziandosi con la comunanza della difesa, deve logicamente e fatalmente concludersi con l' unità politica dell' Europa. sappiamo bene che converrà passare attraverso una fase preparatoria. ma già in questa abbiamo cercato di inserire dei fermenti che facilitino la spinta verso la fase definitiva, la quale diventerà attuazione concreta con la collaborazione dei parlamenti e con l' intensificato consenso dei popoli. sarebbe estremamente deplorevole — permettetemi di aggiungere — che la creazione della Comunità di difesa subisse un arresto e venissero così stroncate le speranze negli ulteriori sviluppi che vi sono congiunti. gli amici francesi, che di queste nobili idee furono i primi banditori, non possono deludere le aspettative che già hanno dato alla Francia una posizione eminente nell' opera di unificazione europea . e l' illustre capo del governo di Bonn, che ha sostenuto con vigore e con grande coraggio morale, in mezzo a difficoltà molteplici, le ragioni di una solidarietà la quale deve e può chiudere felicemente, nella pace assicurata e riparatrice, la terribile spirale della guerra, troverà noi lo speriamo — l' appoggio e la comprensione necessari per superare gli ultimi ostacoli. detto ciò, mi si permettano ancora alcuni accenni agli spunti polemici che sono stati svolti durante il dibattito. cercherò di evitare le polemiche personali per rimanere in argomento. non si è abbastanza rilevato, se non dal relatore e dall' onorevole Ambrosini, che alla origine dell' ammissione della Turchia e della Grecia nel patto atlantico non sta l' invadenza aggressiva della politica americana. l' America anzi, durante la conferenza di Ottawa e già prima di essa, esitò a lungo prima di decidersi ad appoggiare il desiderio espresso dalla Grecia e dalla Turchia di essere ammesse nel patto. noi stessi abbiamo constatato questa posizione degli USA. la verità, quindi, è che — all' origine di questo protocollo sta esclusivamente la volontà dei due paesi (soprattutto della Turchia che diede una dimostrazione pratica, addirittura con la sua partecipazione alla guerra di Corea), chiaramente e ripetutamente espressa. che a questo protocollo non si sia giunti in forza di uno spirito aggressivo è dimostrato anche dalla procedura e dalla elaborazione dell' accordo stesso: in un primo tempo, si pensò addirittura di creare un patto speciale che mettesse i due paesi al fianco delle nazioni aderenti al patto atlantico , ma che non ve le facesse entrare direttamente. solo ad Ottawa si entrò nell' ordine di idee di una ammissione diretta, ritenendo che questa fosse la migliore soluzione. quanto all' Italia, va notato che la nostra delegazione fin dall' inizio fu per questa soluzione senza compromessi: sia per corrispondere al desiderio espresso dalle due potenze interessate, sia e soprattutto perché le altre soluzioni avrebbero messo l' Italia in ultima linea, la avrebbero gravata delle stesse responsabilità e degli stessi rischi che venivano addossati alle altre nazioni, senza per altro metterla in condizioni di parità. tale essendo la situazione, è evidente che era nostro interesse, data anche la nostra esposizione mediterranea, fare entrare nel patto atlantico anche queste due nazioni che rappresenteranno una zona di sicurezza a nostro favore. mi guarderò, poi, dall' entrare nella discussione riguardante la situazione interna dei due paesi, lo stato di democrazia o di antidemocrazia che li dominerebbe, la loro natura, la loro storia o la loro tradizione. si tratta, in generale, di argomenti o di fatti non facilmente controllabili, o di voci contradittorie che provengono dall' una o dall' altra parte, ed è difficile discriminare il vero dal falso, quello che è obiettivo, e quello che, invece, risponde soltanto a fini propagandistici. noi dobbiamo dire soltanto che la guerra, specialmente la guerra civile , è una tragedia tale che, nel quadro di essa, da tutte le parti possono essere compiuti atti da tutti deplorabili in tempi normali e pacifici. poniamoci piuttosto questo quesito: quali che siano stati gli sviluppi di questi due Stati attraverso la rivoluzione o la guerra civile , la pace e la sicurezza — che, attraverso il patto atlantico , questi due paesi potranno ottenere — renderanno possibili ulteriori progressi in senso democratico e nel consolidamento delle istituzioni libere? credo che la risposta debba essere positiva: diventando questi paesi consoci di Stati a fortissima ed indiscutibile tradizione democratica, credo che possiamo sperare che il patto stesso agisca nel senso della libertà e nel senso dello sviluppo democratico. un nostro egregio collega dell' opposizione ha attaccato l' onorevole Pella — quale membro del comitato centrale del patto atlantico dipingendolo come un uomo che non abbia fatto alcuna resistenza di fronte alle richieste militari, ed abbia anzi avuto la passione di servire. questo collega dell' opposizione ha anche messo in confronto il contegno dell' onorevole Pella con quello di rappresentanti di altri Stati, che si sarebbero battuti per diminuire i pesi ad essi proposti. debbo assicurare che i limiti economici e sociali della situazione italiana furono dall' onorevole Pella e dai suoi collaboratori sempre energicamente sostenuti, e poiché non è il momento ancora di ragionare intorno alle conclusioni ufficiali del comitato centrale conclusioni che ancora non sono state fissate sulla carta — non posso che limitarmi a questa affermazione, che tuttavia è assolutamente incontrovertibile. un altro collega dell' opposizione ha ironizzato sopra il regionalismo nel campo dell' organizzazione internazionale , dicendo che questo patto atlantico è un patto « regionale » perché è stato allargato a tre continenti, ciò che è contro il programma dell' Onu che prevedeva il patto regionale in un senso più ristretto. ora, è vero che « regione » , nel linguaggio comune, significa non soltanto una parte di continente ma anche una parte di Stato. per altro la terminologia che si usa nelle discussioni e nei documenti internazionali quando si parla di regioni in confronto dell' Onu è quella che si userebbe parlando di una parte in confronto del tutto, che è poi l' universo, perché il concetto fondamentale dell' Onu è universale. inoltre, questa definizione terminologica è già vecchia. già ai tempi della Società delle Nazioni si è posto il problema: fino a che punto si può parlare di regionalismo e quale è il concetto del regionalismo? e, in un rapporto dell' organizzazione internazionale francese del 1926, si dà questa definizione: per regioni si intendono Stati congiunti insieme a causa della situazione geografica o della loro comunanza di interessi. quindi non siamo andati troppo lontano dalla tradizione e dalla terminologia giuridica già ammessa. lo stesso oppositore è un po' preoccupato della difesa del Medio Oriente e ci ha chiesto quale sarebbe la situazione se, dopo l' ammissione della Turchia nel patto atlantico , il governo iraniano dichiarasse guerra alla Gran Bretagna . veramente il quesito è abbastanza curioso: guardando sulla carta si vede che, per poter attaccare la Gran Bretagna , la flotta dell' Iran dovrebbe fare un enorme giro ed arrivare nel Mediterraneo... non si è detto che cosa avverrebbe se la Gran Bretagna attaccasse l' Iran; ma se l' Iran attaccasse la Gran Bretagna ... mi si è portato questo esempio, e ho il diritto di richiamarmi ad esso per dimostrare che è infantile. ad ogni modo, era quello che meno di ogni altro si poteva addurre contro la nostra tesi, non solo per la situazione geografica e storica, ma anche per il fatto che l' Iran ha una fregata da 1.652 tonnellate, un dragamine da 1.040 e tre cannoniere da 331 tonnellate: con questa flotta non si può certo immaginare che metta in pericolo la Gran Bretagna !... è evidente che la tesi del mio avversario è appunto di dimostrare che cosa potrebbe accadere in seguito a questo attacco. se fosse il contrario, naturalmente, il patto atlantico non avrebbe ragione d' intervenire, perché sarebbe l' Inghilterra ad attaccare qualcuno e noi non siamo chiamati ad appoggiare l' Inghilterra se attacca qualcuno, ma solo se si tratta di difendersi. è chiaro che l' alleanza è semplicemente difensiva, e voi non fate l' interesse nazionale nel supporre che sia possibile legarci a qualche cosa di offensivo. questa è la differenza capitale! un' altra obiezione che ci viene fatta e questa: ma voi, alleandovi adesso alla Grecia, la quale è ancora in stato di guerra con l' Albania, finite con l' assumere la stessa posizione giuridica e siete anche voi in guerra con l' Albania. anche questo è un ragionamento capzioso: in realtà noi siamo alleati con la Grecia soltanto in questo senso: che, se la Grecia fosse attaccata, noi cercheremo di difenderla insieme con altri. ma, per il resto, niente cambia. e se voi siete preoccupati per i rapporti diplomatici non ancora risolti e pendenti, che sarebbero stati ereditati dalla democrazia popolare dallo Stato schipetaro (poiché lo stato di guerra risale ancora all' attacco dell' Italia: si tratta ancora di quello stato di guerra ), tutto ad un tratto sbagliate programma. infatti, astenete sempre che gli Stati di democrazia popolare non assumono l' eredità degli Stati precedenti, mentre qui, in questo caso, vi preoccupate di un' eredità che, per principio, non dovreste ammettere, e che noi italiani soprattutto non dobbiamo ammettere. dobbiamo riconoscere che gli onorevoli Pajetta Giuliano ed Ingrao sono venuti qui con una abbondante documentazione. mi pare però che abbiano voluto dimostrare troppo, essendo entrati in dettagli, che poi, illuminati e messi sotto la lente del ragionamento e del fatto storico, cadono del tutto. ad ogni modo, poiché indubbiamente essi hanno dimostrato di essere eruditi in materia, non vorranno lamentarsi che anche io dia qualche contributo per completare questa loro erudizione. l' onorevole Serbandini ha detto che in questi giorni si va delineando un asse Roma-Belgrado-Atene-Ankara...... e ha chiesto formalmente quali sono gli impegni italiani in tutto questo. a parte il fatto che l' asse 1) sarebbe un po' contorto — perché dovrebbe passare per Trieste — non ho difficoltà a rispondere che non v' è impegno di nessuna specie, per quanto riguarda l' Italia, e credo di poter escludere anche che vi siano impegni riguardo ai rapporti fra gli altri paesi del cosiddetto « asse » . il viaggio del ministro Venizelos a Roma si inserisce nel quadro dei normali rapporti diplomatici fra i due paesi. non abbiamo alcuna ragione (da quando siamo in pace con la Grecia ed abbiamo cercato, attraverso trattati di commercio ed economici, di arrivare ad una collaborazione) di svalutare questo atto di cortesia, che, invece, mi auguro possa riaffermare i rapporti amichevoli fra i due paesi. più ci si vede, più ci si parla, più ci si comprende e più facilmente si evitano i contrasti. questo vale, come per la Grecia, anche per gli altri paesi. sarebbe augurabile che anche con altri paesi le comunicazioni fossero più facili, che ci si vedesse spesso per scambi di idee. attraverso questa libera circolazione delle idee si avrebbe un senso di tranquillità, che, purtroppo, ancora non abbiamo. per l' ulteriore parte polemica mi sarà permesso richiamarmi alle argomentazioni degli onorevoli Clerici, Ambrosini, Treves e Russo Perez . mi associo, in particolare, alla minuta confutazione delle obiezioni fatte, con la ben nota competenza, dal presidente della Commissione degli esteri. e faccio mio il caldo voto, da lui espresso, che in Egitto si venga rapidamente ad un accordo, conciliando le esigenze internazionali della difesa del canale con lo sviluppo, naturale e legittimo, delle istituzioni democratiche nazionali di quel paese. l' onorevole Giacchero mi ha già risparmiato la fatica di accennare ad altre obiezioni, e non posso che associarmi alle sue conclusioni generali. comunque, questo è un piccolo dibattito, un dibattito, direi, parentetico, in confronto ai grossi dibattiti, che dovremo impostare nell' avvenire sulle questioni di politica estera , sulla politica atlantica, in particolare, e sulla politica europea . non certo noi rifuggiremo le critiche e il controllo del Parlamento, le cui deliberazioni sono determinanti; ma noi sappiamo che esso, nella sua maggioranza, ci appoggerà in questa politica di pace, di sicurezza, di ricostruzione europea. questa la retta via che ci si apre dinanzi. la collaborazione internazionale è difficile, perché si tratta di conciliare, talvolta, punti di vista che sembrano contrastanti. e la solidarietà è una tendenza centripeta, a cui si oppongono soprattutto eredità della storia e altre tendenze in senso contrario. tuttavia, è giocoforza tentare e ritentare con indomito ottimismo, perché al di fuori di questa via ve n' è solo un' altra: quella che conduce all' abbandono; abbandono nostro da parte di altri, più fortunati di noi; abbandono di noi stessi, abbandonandoci noi o alla disgregazione o alla esaltazione retorica e irrazionale. non ripetiamo gli errori del passato. l' Italia può riprendersi solo con il lavoro e con la tenacia, con la disciplina degli sforzi e delle volontà, e conquistare il suo posto, collaborando lealmente alla causa della sicurezza dei popoli liberi. questa stessa è anche la via del progresso dei popoli e delle classi, affinché, una volta instaurata la sicurezza e garantita la libertà, l' evoluzione verso una migliore giustizia sociale proceda più rapida e senza sospetti.