Giuseppe SARAGAT - Deputato Opposizione
I Legislatura - Assemblea n. 728 - seduta del 04-08-1951
Sul caso Moro
1951 - Governo IV Andreotti - Legislatura n. 7 - Seduta n. 275
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , quando abbiamo saputo che il presidente De Gasperi intendeva rassegnare le dimissioni del gabinetto, noi, socialisti democratici , abbiamo pensato che si trattasse di una crisi inutile; ed in questo senso si sono pronunciati i nostri gruppi parlamentari . noi pensavamo che si trattasse di una situazione che il presidente intendesse risolvere con una piccola modificazione del gabinetto, tale da non giustificare una crisi. noi pensavamo, in sostanza, che si trattasse di un rimpasto mascherato da una crisi. ho l' impressione che questa sia ancora l' opinione di molti oratori. per esempio, l' onorevole Togliatti ieri ha detto che si tratta di un ministero, grosso modo, eguale a quello di prima. era anche la nostra opinione; ma, a ragion veduta, oggi dobbiamo correggerla. quando abbiamo visto la formazione del nuovo ministero, e, soprattutto, quando abbiamo udito le dichiarazioni del presidente del Consiglio , abbiamo dovuto prendere atto che la nostra prima impressione era errata e che, se l' onorevole De Gasperi aveva voluto la crisi, aveva avuto le sue buone ragioni. in realtà, il ministero che ci è stato presentato non è più eguale a quello di prima, e ciò non già per il fatto che sia stato sostituito questo o quel ministro, ma per una ragione più importante. abbiamo in questo ministero una situazione paradossale. il presidente del Consiglio dichiara che la politica e immutata: che è immutata la politica estera , che è immutata la politica agraria, che è immutata la politica scolastica , che è immutata la politica economica . e proprio in questi quattro importanti settori noi vediamo che i titolari antichi sono scomparsi. è immutata la politica estera , ma Sforza non c' è più, gli hanno assegnato un altro dicastero; e non ho ben capito di cosa si tratti. è immutata la politica agraria, ma il creatore della riforma agraria , Segni, è stato trasferito ad altro dicastero. si possono capire le ragioni che hanno indotto il Governo a sostituire il ministro Gonella; questo lo posso capire. ma la cosa più notevole è avvenuta nel settore economico. si dice che è immutata la linea Pella, che non è cambiato niente. però, in realtà, è cambiato molto, perché abbiamo visto in questo settore spostamenti di uomini e manipolazioni di dicasteri e di direzioni generali, che ci inducono a riflettere. poi abbiamo avuto le dichiarazioni del capo del governo , dichiarazioni importanti, che non denunciano, come è stato detto; una svolta verso destra, ma certamente sottolineano un leggero orientamento verso destra. ed allora cominciamo a comprendere perché si è voluto una crisi, e non un rimpasto. le ragioni formali di questa crisi le abbiamo conosciute per caso: ad un certo momento si è saputo che il comitato direttivo della Democrazia Cristiana aveva emesso un voto contro Pella; non è stato poi chiaro se questo voto ci sia stato o no. una indiscrezione giornalistica ha fatto conoscere questo avvenimento al paese. sono intervenute le dimissioni di Pella e, in conseguenza di queste, la crisi. questo è l' aspetto formale. una cosa è certa: i responsabili dei maggiori dicasteri economici, sui quali il Governo aveva impostato una politica economica , il maggiore responsabile della politica estera , sul quale il Governo aveva impostato la sua politica estera , sono scomparsi o sono stati spostati in altri dicasteri. abbiamo avuto ora le dichiarazioni del Governo . proprio nel momento in cui noi, socialisti democratici , attendevamo una maggiore adesione da parte del capo del governo al punto di vista che noi, socialisti democratici , abbiamo esposto da lungo tempo — una maggiore adesione ai criteri di una politica che si orientasse di più verso la classe lavoratrice , verso la soluzione dei problemi che interessano i lavoratori italiani — abbiamo avuto, invece, delle dichiarazioni del capo del governo che non riflettono più lo spirito delle dichiarazioni precedenti. vi sono, in quelle dichiarazioni, alcune cose che denotano per lo meno una perplessità nel capo del governo , come se egli si trovasse ad un bivio e stesse per scegliere una via diversa da quella seguita fino a, poco tempo fa. desidero esaminare rapidamente il testo delle dichiarazioni del presidente del Consiglio prima di affrontare il problema politico, cioè le ragioni per cui la democrazia italiana si trova in crisi e le ragioni per cui noi socialisti, in questo momento, non possiamo collaborare con questo Governo. l' onorevole De Gasperi , nella prima parte della sua dichiarazione, ha sottolineato — giustamente, a nostro avviso — la fedeltà dell' Italia a quel sistema difensivo che prende nome dal patto atlantico . su questo noi socialdemocratici non abbiamo alcuna riserva da fare. tuttavia noi ci saremmo aspettati da un uomo della statura politica dell' onorevole De Gasperi delle prospettive più larghe per il futuro. noi socialisti abbiamo accettato il patto atlantico con la convinzione di garantire la sicurezza del nostro paese, ma abbiamo sempre detto che non ci installavamo eternamente in questa politica. non abbiamo accettato questo patto atlantico con gioia od entusiasmo: il patto atlantico era un mezzo di difesa in una situazione grave che si era venuta determinando nel mondo a seguito della rottura tra il mondo orientale ed il mondo occidentale, ma non ci siamo mai installati in questa posizione. saremo forse ingenui noi socialisti, ma pensiamo che un uomo politico debba avere delle prospettive più larghe per il futuro e debba lavorare perché questa situazione sia modificata. in altri termini, noi dobbiamo fare tutto quello che è possibile per creare una situazione internazionale in cui questi strumenti di difesa diventino superflui. è questa la concezione europeistica che, del resto, l' onorevole Sforza ha sempre sostenuto e che a torto non è stata apprezzata molte volte dai colleghi dell' estrema sinistra . ebbene, queste prospettive per il futuro mancano nel discorso del presidente del Consiglio . vi è una accettazione del patto atlantico , e su questo siamo d' accordo; ma non vi è alcuna prospettiva per il futuro, anzi vi sono alcune frasi che sono abbastanza preoccupanti. per esempio, il presidente del Consiglio ha detto: « il patto atlantico non è uno schieramento che debba fatalmente portare al conflitto, tutt' altro; esso è inserito nell' organizzazione generale delle Nazioni Unite , che — se tutte le nazioni ad esso associate vorranno — rimane lo strumento più valido per superare i conflitti e arrestare l' aggressione » . non sappiamo come interpretare questa frase. essa vuol dire forse che il presidente del Consiglio considera con un certo scetticismo l' atteggiamento di alcuni aderenti al patto atlantico , come se alcuni di questi aderenti potessero servirsene come uno strumento non di difesa. quando un capo di governo responsabile dice « il patto atlantico non è uno strumento che debba necessariamente portare al conflitto » , si deve ritenere che egli abbia questo timore e posso benevolmente interpretare questa frase come la dichiarazione del capo responsabile di uno Stato che ha accettato questo patto come un patto difensivo e vuol mettere le mani avanti: nel caso che vi fosse qualcuno che volesse utilizzare, questo patto per fini diversi, egli vuol prendere le sue precauzioni e dire che l' Italia non se ne varrà che per fini di difesa. ma quella frase, nel suo testo letterale, si può prestare anche ad una interpretazione malevola. ma — ripeto — ciò che ci preoccupa soprattutto è la mancanza di prospettive per l' avvenire, cioè quella volontà di lavorare perché si crei una coalizione di Stati europei la cui esistenza probabilmente determinerebbe una tale distensione internazionale che renderebbe forse inutili questi strumenti di difesa che oggi abbiamo dovuto accettare. tutto questo manca nel discorso del presidente del Consiglio . noi continuiamo a credere, e saremo forse ingenui, che questa divisione dolorosissima del mondo in due blocchi non sia eterna, e ci agganciamo sempre a tutte le speranze, anche le più utopistiche, quando abbiamo una prospettiva di distensione internazionale. ho visto che ci sono in Italia degli spiriti forti che hanno criticato un ministro britannico perché ha fatto pubblicare un suo articolo su un giornale russo. parlo di Morrison che ha fatto pubblicare la sua intervista sulla Pravda. può darsi che quel ministro abbia commesso un atto ingenuo; ma è pur necessario che vi sia la volontà di cercare in ogni modo di distendere la situazione internazionale e di trovare contatti con il mondo sovietico, in modo che, se il peggio dovesse capitare, la nostra coscienza sia tranquilla perché si è tentato tutto ciò che era possibile per evitare un conflitto. vi è una parte delle dichiarazioni del presidente del Consiglio che non può che essere accolta da noi, là dove il presidente del Consiglio parla della ammissione dell' Italia alla Organizzazione delle Nazioni Unite e dove accenna alle inadempienze da parte degli alleati. non vi è nessun dubbio che gli alleati sono stati inadempienti, soprattutto la Russia. il preambolo del trattato di pace è molto chiaro; l' Italia ha adempiuto ai suoi impegni, duri impegni, e non ha ottenuto questa ammissione che ora sacrosanta. è chiaro, quindi, che l' attività del Governo deve orientarsi perché questo scandalo internazionale cessi al più presto. siamo quindi d' accordo con il presidente del Consiglio quando dice di voler lottare per la scomparsa di un trattato di pace ingiusto e superato dagli avvenimenti. qualche oratore, qui, ha accennato al trattato di pace che si sta preparando con il Giappone, ed è curioso che parte della stampa italiana abbia interpretato il desiderio che si è venuto formando presso gruppi progressivi americani o inglesi di fare un trattato di pace molto largo, molto leale con il Giappone, in un modo errato; essa dice che è ingiusto che si tratti il Giappone meglio di noi. io vorrei, invece, che il trattato con il Giappone fosse eccellente, come punto di riferimento per ottenere che sia modificato anche il nostro. ho avuto il piacere, pochi giorni fa, di incontrare il capo del gruppo parlamentare socialista democratico giapponese, il quale rappresenta ben 7 milioni di elettori. al capo del gruppo parlamentare socialista democratico del Giappone io ho espresso la nostra speranza, come italiani, che il trattato di pace del Giappone sia migliore del nostro, perché noi ci riferiremo a quel trattato per ottenere il miglioramento o addirittura l' annullamento del nostro. l' onorevole presidente del Consiglio ha poi accennato al problema del Territorio Libero di Trieste , e ha fatto bene a parlare non di Trieste, ma del Territorio Libero , perché il problema di Trieste non è separabile da quello del Territorio Libero . su questo problema di Trieste penso che noi socialisti democratici non abbiamo, come partito, il diritto, oggi, di esprimere una opinione, perché in una materia così grave io ritengo che sia nostro dovere di democratici, prima di esprimere delle opinioni, prendere contatti con il Governo responsabile del nostro paese. però, dato che il trattato di pace ingiusto ha impedito ed impedisce ai nostri compagni socialisti triestini di essere qui presenti e di poter così esprimere la loro opinione, ho il dovere di farmi interprete del loro pensiero. abbiamo avuto contatti in questi giorni con il segretario del partito socialista democratico della Venezia Giulia , il quale mi ha pregato di esprimere l' opinione di quei compagni, ed io assolvo a questo obbligo. e vi dico quello che essi pensano sul problema del Territorio Libero di Trieste . essi pensano che, partendo dall' impegno della nota tripartita del 20 marzo del 1948, il nostro dovere sia quello di chiedere il ritorno all' Italia di tutto il Territorio Libero . come subordinata a questa proposta, i socialisti democratici triestini accoglierebbero l' idea di un plebiscito, limitato però all' alternativa Jugoslavia o Italia, un plebiscito che naturalmente dovrebbe essere esteso a tutte e due le zone del Territorio Libero , zona A e zona B , e ciò dovrebbe avvenire nel quadro di una revisione generale del trattato di pace . tale plebiscito dovrebbe effettuarsi dopo che siano state applicate alcune garanzie, per esempio, il ritiro delle truppe anglo-americane dalla zona A e di quelle jugoslave dalla zona B , e la sostituzione di esse con truppe svedesi o svizzere, oppure con l' estensione dell' occupazione anche della zona B da parte delle truppe anglo-americane. esprimo questa opinione dei socialisti triestini e riaffermo che in questa materia l' opinione del nostro partito sarà formulata dopo contatti col Governo responsabile del nostro paese. sulla politica interna il presidente del Consiglio ci è parso mettere duramente l' accento sull' attività antidemocratica del partito comunista italiano; ma non ci è parso ugualmente severo non tanto nei confronti del Movimento Sociale Italiano , che ci interessa in questo momento relativamente poco, quanto nei confronti di quelle forze sociali che con i loro mezzi economici lavorano effettivamente in Italia da mesi per sabotare la democrazia italiana. tutti hanno saputo che in Italia vi sono state evasioni di capitali attraverso falsificazioni di fatture. quale e il delitto più grave che si possa commettere oggi in Italia, in questo momento di crisi? in un paese che ha due milioni di disoccupati vi sono dei gentiluomini i quali falsificano le loro fatture per poter mandare all' estero una ingente massa di capitali, risultato del lavoro degli italiani! questi sono i veri tradimenti contro la nazione, e su questi tradimenti il presidente del Consiglio non ha avuto nessuna frase dura, di quelle frasi che veramente fanno sentire come il problema e visto e come si intende colpire coloro che si rendono responsabili di questi delitti contro la nazione. forse e più responsabile un bracciante che guadagna cento lire al giorno e segue l' ideologia totalitaria? io credo che quel bracciante faccia male a seguire l' ideologia totalitaria, ma, non lo si può mettere sullo stesso piano di un miliardario che si avvale del lavoro italiano per esportare all' estero dei capitali, aumentando il livello della disoccupazione. al riguardo, sul piano morale, non vi è nessun dubbio per noi socialisti chi tra i due sia il vero colpevole. non basta, onorevole presidente del Consiglio . è uno scandalo quello che sta avvenendo. non parliamo, poi, di quell' altro fenomeno tremendo, che è l' evasione fiscale in Italia. in altri paesi chi froda il fisco finisce in galera. in Italia si parla di cifre astronomiche sottratte al fisco; ma fino ad oggi, in attesa della riforma Vanoni, provvedimenti non sono stati presi, e non si mostra da parte del Governo la volontà di colpire questo autentico sabotaggio contro la democrazia, non si sente che il Governo sia consapevole che è questo veramente il tradimento contro la democrazia italiana. ci è parsa inutile, per contro, la severità con la quale il presidente del Consiglio si è espresso nei confronti degli statali, severità veramente eccessiva. gli statali italiani sono pagati poco, non hanno — onestamente, bisogna riconoscerlo — mai assunto nelle loro agitazioni forme che potessero apparire veramente come forme di sabotaggio della vita nazionale (abbiamo avuto qualche sciopero durato poche ore). giustifica questo un atteggiamento di tale severità, come quello che si è manifestato nelle parole e soprattutto negli atti che sono annunciati dalla dichiarazione del presidente del Consiglio , vale a dire addirittura la soppressione del diritto di sciopero? e ciò che e curioso, ciò che noi non possiamo accettare — glielo dico lealmente, onorevole presidente del Consiglio — e l' argomentazione sua in questa materia. ella ha sollevato qui la tesi della sovranità del Parlamento, quasi che questa sovranità escludesse la possibilità per gli impiegati statali di avvalersi del diritto sancito dalla Costituzione relativamente allo sciopero. ella dice che gli statali sono dipendenti dello Stato, che l' arbitro supremo dello Stato è il Parlamento, e che quindi gli statali non hanno il diritto di servirsi dell' arma dello sciopero quando vi è un arbitro supremo che è il Parlamento. io credo che la sua tesi sia sbagliata. ella non dubiterà certo che noi socialisti non si abbia del Parlamento una grande stima. noi siamo dei parlamentari ad oltranza, ma riteniamo che la sovranità parlamentare abbia dei limiti, che sono quelli stessi fissati dalla Costituzione. se, per esempio, il Parlamento si arrogasse, in nome della sua sovranità, di sostituirsi all' autorità del capo del governo , ella certamente protesterebbe e con ragione. egualmente il Parlamento andrebbe al di là dei limiti fissati dalla Costituzione se, in nome della sua sovranità, si permettesse di sostituirsi ai poteri del Capo dello Stato . lo stesso vale per il diritto di sciopero. il Parlamento è sovrano, ma questa sovranità ha dei limiti fissati dalla Costituzione e tra questi limiti c' è anche quello di non poter sopprimere il diritto di sciopero, che è riconosciuto a tutti, quindi anche agli statali. il problema, piuttosto, è un altro: disciplinare questo diritto di sciopero in modo che l' esercizio di esso da parte degli statali non violi la sovranità del Parlamento e lo spirito e la lettera della Costituzione. questo sì; ma non distruggiamo questo diritto in nome della sovranità del Parlamento, che non è affatto in discussione in questo caso. tesi, quindi, sbagliata, che non possiamo accogliere. infine, ella ha accennato al problema del fascismo, richiamandosi alle disposizioni dell' articolo 12 della parte transitoria della Costituzione e al disegno di legge che è di fronte al Senato e che pare abbia avuto in questi giorni una piccola spinta. noi ci riserviamo di esaminare a fondo questo disegno di legge ed il risultato delle discussioni; ma io, personalmente almeno, rimango sulla posizione in cui ero quando ho fatto la proposta che fosse applicata la Costituzione nell' unico modo possibile. qui si tratta di un problema politico; giudicare se un partito sia fascista, o meno, è compito politico. io ritengo che sia il Parlamento stesso che debba decidere. si è scelta un' altra strada, quella della magistratura. aspettiamo che questa legge venga approvata e si vedrà il risultato. ma sono molto scettico. ma quello che ci ha preoccupato nelle sue dichiarazioni, sul fascismo è che ci è parso che ella discriminasse un partito fascista ipotetico, che non esiste, e per il quale si sta facendo questa legge, ed il partito fascista che esiste già, e che ella abbia quasi riconosciuto diritto di cittadinanza al partito fascista esistente quando ha parlato di « forze nazionali » . ma che altro è se non fascismo questo Movimento Sociale Italiano che si richiama al contenuto del fascismo, non solo, ma è una esaltazione continua del fascismo, e della parte peggiore di esso, cioè del fascismo di Salò? se non è fascismo questo, non so che cosa possa essere. adesso c' e una variante aggiuntiva, perché abbiamo anche i « monarchichini » di Salò. la parola dispiacerà al mio amico Calosso, è brutta; ma la cosa è più brutta della parola. ci è parso, insomma, che il presidente del Consiglio si riferisse ad un partito fascista che deve ancora sorgere. ma un partito fascista c' è già. che cosa facciamo per questo movimento che esiste, per questo movimento che entra in collusione con le forze monarchiche (le nozze di questi movimenti sono state celebrate dall' armatore Achille Lauro pochi giorni fa a Napoli; e non so che cosa pensi esattamente il presidente del Consiglio in questo momento su questo problema). infine, la terza parte della relazione del presidente del Consiglio si riferisce alla politica economica , ed è questa la parte veramente misteriosa. c' è stato il « dramma Pella » . confesso che noi l' abbiamo capito poco. Pella dà le dimissioni. si fa la crisi, la crisi per difendere la linea Pella. Pella viene investito della responsabilità di ministro del Bilancio . non gli si dà l' interim del Tesoro, che passa a Vanoni; però si annuncia uno scorporo progressivo della direzione generale del Tesoro e della Ragioneria generale dello Stato, che verranno passate a Pella con una legge, beninteso, perché ci vuole una legge per far questo. intanto, l' interim del Tesoro passa a Vanoni, e si trasferisce al Parlamento quel dissidio che il presidente non è riuscito a risolvere in sede di comitati democristiani. questo mi pare il senso dell' operazione; l' onorevole De Gasperi non è riuscito a risolvere il conflitto con i suoi compagni di équipe, e quindi assisteremo qui, in sede parlamentare, alla discussione di questa legge di scorporo ministeriale. poteva dare l' interim a Pella, senz' altro. ad ogni modo, di là da questa questione Pella-Vanoni, ciò che interessa è la dichiarazione del capo del governo per la parte economica. l' impressione nostra è questa: tutta la discussione intorno alla linea Pella, condotta come se questo fosse il centro del problema che oggi interessa il paese, il centro del problema economico-finanziario italiano, mi pare una discussione che non ha un fondamento serio. se la difesa della lira, che vuol dire stabilità dei prezzi, costanza del potere di acquisto dei salari, e lotta contro la disoccupazione, fosse impostata con una visione chiara di tutti i problemi, corroborata da tutti i mezzi per attuarla, sarebbe difficile, per noi socialisti, negare appoggio alle dichiarazioni del capo del governo ; ma, in realtà, quello che il presidente del Consiglio ci ha presentato non è un programma. si tratta, se volete, di buone intenzioni; ma programma, o per lo meno programma organico, non è. ciò che ci pare manchi soprattutto in questa dichiarazione è la volontà: la volontà di rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla soluzione del problema vero che interessa la classe lavoratrice italiana, e vedremo quale sia questo problema. del resto, i risultati della politica economico-finanziaria finora seguita, e che il Governo intende continuare a seguire, non ci pare depongano favorevolmente sull' esistenza di questa volontà di Governo né sull' efficienza dei mezzi adottati. si fa oggi una divisione un po' curiosa tra inflazionisti e deflazionisti intorno a questa famosa linea Pella. da un lato vi sono delle brave persone che vogliono difendere la lira e il potere d'acquisto dei salari. questi sono per la linea Pella. dall' altra parte vi sono banditi, briganti, avventurieri (parole che abbiamo letto in giornali ufficiosi) che vogliono buttare in aria la moneta e sono contro la linea Pella. questa distinzione — come del resto tutte le distinzioni sommarie, manicheiste, fra bene e male — non ha serio fondamento. e non ha serio fondamento perché (condivido, in proposito, l' opinione del collega Donati) mi pare che la linea Pella non esista. dico di più: qualunque ministro del Tesoro , oggi (fosse anche socialdemocratico), che si trovasse nelle condizioni in cui si trova l' onorevole Pella, e con i mezzi di cui egli dispone, non potrebbe agire diversamente. dico onestamente che, se noi socialdemocratici fossimo al Governo, oggi, con le entrate che vi sono, col gettito fiscale che vi è, con l' attuale notevole circolazione (che sta raggiungendo un livello preoccupante), con le spese dello Stato, che sono veramente eccessive (ci avviciniamo ai 2.000 miliardi) e molte volte improduttive, non so se faremmo qualche cosa di diverso da ciò che fa Pella. assumeremmo una grossa responsabilità se volessimo buttare in aria una politica modesta, come quella del ministro del Tesoro , per una politica di avventura che potrebbe sfociare nell' inflazione. quando si incolpa la linea Pella del disagio economico in cui ci troviamo oggi, quando s' incolpa la linea Pella, per esempio, della disoccupazione che aumenta, della mancanza di crediti, e via discorrendo, si è nel vero solo per una parte; per la parte, cioè, che riflette gli errori di manovra che può aver compiuto i ministro Pella. i tecnici dicono, ad esempio, che vi sono stati errori di manovra dei fondi disponibili. ma non è un peccato mortale, questo; semmai un peccato veniale! c' è stata, dicono, una persistenza nella applicazione di un certo schema di politica economica , anche quando la congiuntura internazionale vedeva un aumento di prezzi sul mercato mondiale che consigliava, pare, una più pertinente trasformazione di tale schema per adattarlo a nuove esigenze. ma non è questo il fatto essenziale. i difetti, gli errori, le colpe — se vi sono — non investono la responsabilità del ministro del Tesoro ; ma investono, caso mai, tutta la responsabilità del Governo, come indice di una insufficiente chiarezza di visione, di una insufficiente rapidità di decisione. investono, soprattutto, la responsabilità del Governo nei rapporti di un problema infinitamente più vasto di quello che si riferisce alla politica del Tesoro. per noi socialisti il problema è più vasto perché, prima ancora di investire la produzione, la produttività, i costi, i prezzi e via discorrendo, attinge le sue radici nella struttura sociale ed economica del nostro paese, da quando questa struttura, all' ombra della protezione doganale, ha falsato tutti i rapporti economici italiani: ha imposto bassi salari, ha impoverito i consumi, ha alterato i lineamenti della distribuzione del reddito nazionale , ha aggravato la differenza profonda tra nord e sud, tra le regioni industriali del nord e le regioni agricole meridionali, ha aggravato la differenza di potere di acquisto non solo tra regione e regione, ma tra ceto e ceto, tra classe e classe. il problema di fondo dell' economia italiana , signor presidente del Consiglio , non è quello di violare o difendere la linea Pella, non è quello di ritenere che tutto ciò che è al di qua di questa linea è giusto, e tutto ciò che è al di là è criminoso. il problema di fondo dell' economia italiana è un altro: è quello della migliore distribuzione del reddito nazionale , anzi della sua redistribuzione. è, in altri termini, un problema che è stato risolto in tutti i paesi che hanno voluto vederlo: il problema fiscale. il problema fiscale è il problema di sempre dello Stato italiano, il solo che consentirà, se risolto in modo razionale, nei limiti di una profonda perequazione tributaria, di impostare il problema della disoccupazione su una base razionale. noi non ci facciamo illusioni sulla entità e la portata di questo problema, come non ce ne facciamo sulla possibilità di risolverlo rapidamente. ma noi socialdemocratici siamo veramente convinti che il primo problema italiano, oggi, il problema di fondo , il problema che ha aspetti non solo economici e finanziari, ma che ha riferimenti politici, è il problema della instaurazione di una vera democrazia nel campo dell' economia. accennerò in seguito a questo aspetto del problema, a questa trasformazione dell' economia italiana in senso democratico, quando concluderò questa mia breve esposizione; ed io spero di poter far toccare con mano agli onorevoli colleghi come questo problema della trasformazione dell' economia italiana sia veramente al centro della crisi della nostra democrazia, oggi. ebbene, noi non abbiamo sentito, nell' esposizione del presidente del Consiglio , che questo problema fiscale, che per noi è veramente il problema dominante, fosse sentito come il problema alla cui soluzione è legato probabilmente il destino della democrazia italiana. il signor presidente del Consiglio mi dirà che la riforma fiscale è già in cantiere, e che quindi non vi è che da aspettare ciò che avverrà quando sarà applicata. ma non basta che una legge sia stata approvata; bisogna che coloro che l' hanno fatta approvare sentano l' importanza di questa legge e si preparino con spirito alacre a trasformarla in qualche cosa di vivente. abbiamo avuto lo stesso fenomeno per la riforma agraria . anche questa è stata approvata; però vediamo con quale entusiasmo essa sia applicata. mi chiedo se la riforma Vanoni verrà applicata con lo stesso entusiasmo con cui viene applicata la riforma agraria . se lo sarà allo stesso modo, le conseguenze saranno più gravi, perché è veramente a questa riforma fiscale che è legato tutto, secondo noi, o per lo meno il destino di questa democrazia che stiamo cercando di costruire in Italia. ebbene, su tutto questo il signor presidente del Consiglio ha sorvolato, ha fatto solo accenni generici. e a questo punto egli dirà: voi socialisti, che fate delle critiche, che siete stati al Governo fino a ieri e che adesso venite a raccontarci queste cose, perché non ritornate subito al Governo per riparare a questi guai? pregherei gli onorevoli colleghi di prestarmi un po' di attenzione, perché credo che questa sia la parte più delicata della mia esposizione. quando si è formato il sesto ministero De Gasperi , ho parlato per difendere la politica di collaborazione, e credo che non avrei nulla da rinnegare di quanto ho detto allora. per esempio, ho dichiarato, allora, che ero molto scettico sulla teoria dell' opposizione costituzionale. ricordo che allora questa teoria era di moda. noi collaboravamo; eppure nelle stesse file del partito democristiano , nella loro riviste, ricorreva di frequente questa teoria dell' opposizione costituzionale. si diceva: meglio che i socialdemocratici escano dal Governo, per creare un' opposizione costituzionale. io manifestai il mio scetticismo nei confronti di questa teoria. dicevo: non si creano artificiosamente articolazioni della democrazia secondo schemi di carattere teorico. in un paese in cui esiste un' opposizione di carattere totalitario, sia a destra che a sinistra, mi pare un lusso pericoloso quello di cercare di articolare la democrazia, come se questa opposizione di carattere totalitario non esistesse. rimango quindi perfettamente convinto anche oggi del carattere artificioso di queste dottrine e di queste impostazioni. non è, quindi, che noi ci si sia convertiti a questa posizione, secondo noi astratta. eppure, noi non siamo al Governo. vi è un motivo. e questo problema della nostra non collaborazione al Governo mi porta ad esaminare il problema di fondo , quello che interessa veramente noi socialisti e penso debba interessare tutti i colleghi che sono qui, ed anche il Governo, cioè il problema della crisi della democrazia italiana. non facciamoci nessuna illusione, onorevoli colleghi : il sistema democratico italiano è entrato in una crisi profonda. l' onorevole Piccioni sorride: sorrideva anche molti anni fa quando eravamo alla vigilia del fascismo. ed abbiamo dovuto subire entrambi una lunga esperienza: lui in Italia, io altrove! parlo con senso di responsabilità perché sento che la democrazia del mio paese e veramente minacciata. minacciata non da un uomo o da un gruppo di uomini, ma dalle cose, dalla stessa evoluzione delle cose. se il problema della difesa della democrazia fosse soltanto un problema di collaborazione o meno al Governo, io credo che sarebbe un problema facilmente risolto. se bastasse, per risolvere il problema della democrazia, la collaborazione dei partiti democratici al Governo, credo che saremmo degli incoscienti se non ci presentassimo subito per collaborare con il Governo De Gasperi . noi socialisti siamo stati veramente un po' bruciati in questa esperienza, dopo gli avvenimenti del 1922. noi, allora, abbiamo interpretato l' avvento del fascismo come il risultato della nostra non collaborazione. è evidente che, dominati da questo pensiero, abbiamo creduto che, applicando il sistema opposto, il problema potesse essere risolto. talvolta, parlando con i miei amici di gruppo, ho ricordato una osservazione acuta di Tocqueville, il quale fa notare che, molte volte, facendo il contrario di ciò che ha portato alla catastrofe, si provoca una catastrofe ancora più grave. Tocqueville, nelle sue memorie, cita il caso di Luigi Filippo, che ha voluto fare esattamente il contrario di quello che aveva fatto Carlo X quando crollò per la rivoluzione del 1830 e, facendo il contrario, è finito ugualmente male. il problema non è quello della collaborazione o meno. vale a dire che non basta fare il contrario di quello che si è fatto 25 anni fa per risolvere il problema. perché non collaboriamo al Governo? non è neanche esatto che noi non collaboriamo — come è stato detto — perché abbiamo fatto l' unità socialista. in questa affermazione vi è una parte di vero. ma il problema non si può risolvere in questi termini. vedete: proprio noi che siamo stati entusiasti della collaborazione al Governo — anch' io, personalmente — perché, ad un certo momento, posti tra la collaborazione al Governo e il problema dell' unità, abbiamo messo l' accento sul problema dell' unità e trascurato quello del Governo? vi è un motivo. noi, che abbiamo difeso questa politica di collaborazione governativa con accanimento, perché ne sentivamo la necessità, ad un certo momento abbiamo messo l' accento su un altro problema: perché? forse che la democrazia italiana era entrata in una fase di equilibrio e di solidità per cui potevamo permetterci il lusso di fare ciò che volevamo? penso che nessuno sarà così ingenuo da credere che noi socialisti ci illudiamo che la democrazia italiana sia più solida oggi di quanto lo era un anno fa. sappiamo benissimo che la situazione e, forse, più grave di allora. perché, quindi, abbiamo lasciato il Governo? questo e il problema che vi dovrebbe interessare, onorevoli colleghi della Democrazia Cristiana , invece di accontentarvi della solita formuletta: i socialisti democratici hanno un impegno formale, e sono usciti dal Governo perché avevano questo impegno. ma perché abbiamo assunto questo impegno? onorevoli colleghi , vi parlo con profonda sincerità, convinto che si tratti di problemi che interessano tutti. la verità è questa: ad un certo momento, noi socialisti abbiamo avvertito una difficoltà nei nostri rapporti con la Democrazia Cristiana . il motivo fondamentale del nostro abbandono del Governo e nato proprio dalla aumentata nostra sfiducia nei confronti del partito democristiano . da che cosa, dunque, è nata questa sfiducia? noto, anzitutto, che noi non abbiamo niente da rinnegare di quanto è stato fatto dai nostri colleghi al Governo. noi siamo stati al Governo in un periodo in cui era necessario collaborare per garantire al nostro paese uno statuto internazionale che desse una certa garanzia alle nostre frontiere; ma, appena sono balzati in primo piano i problemi di politica interna e di carattere economico-sociale, noi abbiamo sentito farsi sempre più difficile la nostra collaborazione con la Democrazia Cristiana . parlo della Democrazia Cristiana col più profondo rispetto, perché, personalmente, ho molta stima degli uomini che compongono quel partito: io non sono mai sceso nei loro confronti, e non scenderò mai, in polemiche di carattere volgare, perché ritengo che la funzione storica di questo partito sia notevole. credo, anzi, di essere stato uno dei primi socialisti in Europa che ha visto l' importanza della collaborazione fra le forze democristiane e i socialdemocratici. eppure, sono entrato, da qualche mese a questa parte, in una fase di perplessità grave, e con me vi sono entrati parecchi dei miei colleghi. se io valuto le possibilità del partito democristiano e la azione che esso concretamente conduce per la trasformazione del nostro paese, sono costretto ad analizzare la sua struttura interna. il partito democristiano è formato di una destra — i così detti « vespisti » — di un centrosinistra, di un centrodestra e di alcuni gruppi di sinistra. il fenomeno che è stato sperimentato durante la reciproca collaborazione è quello che chiamerei di « aggiramento alle ali » . noi ci siamo sempre trovati, nei confronti della Democrazia Cristiana , quando si affrontavano i problemi di fondo e le grandi riforme, in questa curiosa situazione: che abbiamo sempre corso il rischio divederci aggirati sia dalla sua ala sinistra, sia dalla sua ala destra. prendiamo un esempio classico: la riforma agraria . io credo che non vi sia nessun problema più delicato e più grave di questo, anche dal punto di vista umano, essendo il nostro un paese che ha una classe contadina molto povera, verso la quale abbiamo tutti dei doveri, diciamo pure, cristiani. ci siamo impegnati in questa riforma agraria d' accordo con voi, con un grande senso di responsabilità , ed abbiamo fatto una cosa estremamente importante per noi socialisti. voi sapete che abbiamo una nostra posizione in materia di riforma agraria : noi siamo tendenzialmente favorevoli non alla forma della piccola proprietà , ma alla forma di conduzione collettiva o cooperativistica. ma ci siamo resi subito conto, trattando con la Democrazia Cristiana , che varare questa nostra concezione di carattere collettivistico era molto difficile; ed allora abbiamo fatto un grosso sacrificio. noi abbiamo detto: quale è la posizione storica della Democrazia Cristiana ? quale è la sua impostazione di questo problema della riforma agraria ? la Democrazia Cristiana ha sempre esaltato la piccola proprietà privata, la piccola proprietà contadina . si può dire, anzi, che ciò che differenzia la concezione sociale della Democrazia Cristiana dalla nostra è appunto questo: la concezione socialista mette l' accento sulla forma di conduzione collettiva; la Democrazia Cristiana , invece, sulla forma della piccola proprietà privata. e siamo scesi sul vostro terreno, noi socialisti democratici , attirandoci le ire dei nostri vecchi compagni, specialisti di questo problema. noi, che eravamo politicamente più disinvolti, abbiamo detto: bisogna accettare questa impostazione democristiana della piccola proprietà contadina , e abbiamo collaborato con voi sulla base, appunto, della piccola proprietà contadina . abbiamo quindi rinunziato ai nostri principi, abbiamo accettato i vostri, noi socialisti democratici ; abbiamo accettato il principio sociale della Democrazia Cristiana su uno dei problemi più importanti, e dal punto di vista umano più impegnativi, per un partito politico , quale quello della riforma agraria in un paese, come il nostro, dove il 70 per cento del suolo è ancora in mano alla proprietà signorile. problema, quindi, di una gravità immensa. abbiamo accettato la riforma sulla base della vostra dottrina; ma non lo avessimo mai fatto! quando la riforma è stata varata, è avvenuto un fenomeno curioso: dal seno stesso della Democrazia Cristiana sono sorte critiche contro questa riforma, fatta in nome dei principi democristiani, e queste critiche vengono fatte, sapete in nome di quali principi? dei principi nostri. tutte le critiche contro la riforma agraria , sorte in seno al vostro partito, sono fatte in base alla dottrina socialista: si impugna la validità di questa riforma dicendo che la piccola proprietà contadina è superata, e che le riforme si fanno in altro modo. in altri termini, siamo stati ingannati. abbiamo accettato i vostri principi rinunciando ai nostri, e, nel momento in cui la riforma è stata varata, una parte di voi ha cercato di buttare all' aria la riforma stessa in nome dei nostri principi. questo si chiama « aggiramento alle ali » . voi direte che, ufficialmente, non avete sconfessato la vostra riforma. ma avete trasferito il ministro che l' ha attuata in un altro settore, fatto questo molto grave: il ministro se ne va alla pubblica istruzione . su questa riforma, per la quale abbiamo rinunziato ai nostri principi e sulla quale ci siamo impegnati, abbiamo diritto di chiedervi conto di quello che è avvenuto. signor presidente del Consiglio , le riforme non si fanno se non vi è entusiasmo! non è vero che le riforme siano qualche cosa di automatico, che vadano da sé. e nel vostro partito non vi è entusiasmo per la riforma agraria ! le critiche più feroci vengono proprio dal vostro partito. noi socialisti siamo molto perplessi su questo, è un' esperienza che ci siamo legata al dito. la stampa controllata da voi è tutta contro la riforma agraria in Italia. come si può fare una riforma in queste condizioni? abbiamo l' impressione che vi sia qualche manovra per impedire anche l' applicazione della legge stralcio . e, poi, vi è la riforma dei contratti agrari, ugualmente importante. in un articolo di giornale autorevole è scritto che la riforma agraria va bene dove si tratta di spezzettare il latifondo: ossia la piccola proprietà contadina va realizzata nelle zone più povere, dove la terra non rende; ma nelle altre, no. o accettate il criterio socialista, e dite che la riforma Segni va rifatta, ed allora accettate il principio socialistico della riforma agraria integrale; siamo pronti a discutere anche domani. ma, se volete mantenere il criterio della proprietà privata, dovete estenderlo non soltanto alle zone latifondistiche, bensì a tutte le altre, comprese nella legge generale della riforma stessa. ad ogni modo, un altro problema, uno dei paradossi, di carattere politico, della situazione italiana odierna, che ci preoccupa riguardo ai rapporti con la Democrazia Cristiana , è questo. il partito socialista democratico , logicamente, dovrebbe avere dei rapporti cordiali, politicamente efficaci, con l' ala sinistra della Democrazia Cristiana . ho l' impressione che, in Francia, avvenga, all' incirca, così: i rapporti sono molto cordiali fra la sinistra del MRP ed i socialisti democratici ; in Italia però questo non si verifica. una delle ragioni, probabilmente, della diffidenza che esiste nei nostri confronti, tra noi e voi, oggi, è proprio questa mancanza di rapporti tra noi e la sinistra democristiana. c' è una frattura. noi abbiamo rapporti molto più cordiali, per esempio, col centro democristiano, anche dal punto di vista umano, che non con la sinistra. situazione assolutamente paradossale. sarebbe, invece, logico che ci fosse un avvicinamento tra noi e la vostra sinistra. mi sono chiesto il motivo di ciò. l' onorevole Togliatti ha detto ieri cosa esatta quando ha affermato: « chi ci capisce niente di Dossetti? » ha ragione; non ci capisco niente neppure io. può darsi che egli sappia quel che vuole. abbiamo avuto l' impressione che questa sinistra democristiana mirasse più che altro a questo: a fare una concorrenza alle forze socialiste democratiche, per sostituirsi ad esse, nella speranza di poter formare un Governo monocolore, in cui essa rappresentasse la sinistra. dicevo che il curioso è questo: in un movimento come quello democristiano, che ha forze sindacali notevoli, a me parrebbe che, dal punto di vista della logica politica, le forze di sinistra del partito dovessero essere rappresentate dalle forze sindacali. sarebbe logico se vedessimo la sinistra democristiana rappresentata da uomini, come Rapelli o Pastore, che rappresentano le forze sindacali. invece, queste forze nel campo democristiano scompaiono, queste forze, che pure sono costituite da un numero notevole di lavoratori e che sono rappresentate da deputati, non esistono. la sinistra democristiana è caratterizzata da forze, come quelle « dossettiane » , che hanno carattere confessionale. prendo atto di questa importante dichiarazione, perché, badi, onorevole collega, io faccio queste osservazioni non già per aumentare il dissenso fra noi e la Democrazia Cristiana , ma per trovare un punto di contatto, perché mi sembra che una delle ragioni della crisi italiana sia proprio questa mancanza di colloquio fra noi e voi: lo scopo del mio intervento è appunto di stabilire con voi un colloquio, al di là di personalismi che non hanno alcuna importanza. ciò che ella. ha detto ha una certa importanza. tuttavia è indubbio che, fino ad oggi, l' atteggiamento della sinistra democristiana non si è esercitato sotto forma di confluenza con l' azione del nostro partito. tutti sanno, ad esempio, che l' azione dell' onorevole Fanfani (che è notoriamente uomo di sinistra) non si è mai coordinata con quella del collega Tremelloni, quando essi collaboravano al Governo. non credo di svelare un segreto dicendo che nel ministero cui parteciparono l' onorevole Fanfani e l' onorevole Tremelloni, ogni volta che il collega Tremelloni avanzava una proposta, era proprio l' onorevole Fanfani che cercava di buttarla all' aria, anziché cercare di appoggiarla. l' onorevole Tremelloni mi corregga se sono incorso in una inesattezza. questo è un paradosso che si è verificato nella coalizione governativa. certo, dobbiamo arrivare ad una chiarificazione, anche su questo terreno, e può darsi che quanto ora sto dicendo faciliti questo colloquio fra noi e voi. quindi, da un lato ci siamo trovati aggirati dalla destra della Democrazia Cristiana e dall' altro lato dalla sinistra... no, aggirati alle ali. ci è stato detto: « voi socialdemocratici non date abbastanza impulso all' azione sociale del Governo » . questo ce lo sentivamo dire dai democristiani, che poi, quando ci proponevamo di fare qualcosa, non ci aiutavano affatto in quello che volevamo fare. ma il motivo principale della nostra odierna opposizione alla collaborazione con la Democrazia Cristiana , qual è, al di là di questi motivi che pur hanno la loro importanza? è proprio una delusione nostra nei confronti del pensiero sociale della Democrazia Cristiana stessa. noi abbiamo sempre pensato, io stesso ho sempre pensato, che la Democrazia Cristiana avesse una sua dottrina di carattere sociale. cioè una dottrina che, pur non avendo niente di comune col socialismo, non fosse tuttavia identica, per esempio, alla posizione del capitalismo tradizionale o del liberismo. ebbene, abbiamo dovuto renderci conto che questa dottrina sociale della Democrazia Cristiana , se si va al di là delle formulazioni dei comizi in cui si parla di cristianesimo e di fratellanza universale, e si scende nel campo concreto, nel campo dell' azione legislativa e della politica economica , non è altro che il vecchio liberismo tradizionale con qualche correttivo, ma nulla di sostanzialmente diverso. e, quando si parla di liberismo in Italia, badate, non si tratta del liberismo classico inglese, ma del liberismo nato all' ombra dei dazi doganali, cioè del liberismo dei monopoli. ma i dazi doganali non li avete mai combattuti, perché esistono da quando esiste lo Stato liberale italiano. in pratica che cosa avviene? quello che avviene in questi giorni, cioè che quando si è voluto trovare un simbolo del pensiero economico della Democrazia Cristiana , questo simbolo lo si è trovato logicamente nell' onorevole Pella, che è il rappresentante tipico e classico di un onesto e serio pensiero liberale moderno. nessuno mi dirà che l' onorevole Pella rappresenti una dottrina sociale democristiana. Pella è il rappresentante classico del liberismo, e nessun liberale potrà non condividere le sue impostazioni di carattere finanziario e di carattere politico. ebbene, ciò che abbiamo chiesto quando collaboravamo al Governo con la Democrazia Cristiana e ciò che chiediamo ancora oggi, non è che la Democrazia Cristiana diventi socialista. non abbiamo mai chiesto questo, non abbiamo mai chiesto che si facesse in Italia una politica socialista. saremmo dei pazzi da legare se pensassimo che oggi si possa fare in Italia una politica socialista: non la fanno neanche i laburisti in Inghilterra! quella che si fa in Inghilterra è invece una politica che si orienta verso forme da cui forse potranno nascere forme socialiste, ma che non è ancora una politica socialista. il socialismo — l' onorevole Gonella me lo insegna, perché ha dato una eccellente risposta a questo quesito che gli è stato posto dal collega Tremelloni — il socialismo è un' altra cosa. ebbene, ciò che abbiamo chiesto, e ciò che continuiamo a chiedere anche stando all' opposizione, è un' altra cosa. noi chiediamo alla Democrazia Cristiana semplicemente questo: che, come si è trasformato il sistema politico italiano da sistema totalitario a sistema democratico, si orienti l' economia italiana attraverso una trasformazione che porti su una base di democrazia. in altri termini, noi chiediamo che si faccia nel campo economico quello che si è fatto nel campo politico, e che si tenti di creare in Italia una economia democratica. è qui la crisi della democrazia italiana. l' economia italiana non è stata trasformata ancora democraticamente. sullo sfondo della libertà politica che è stata data ai lavoratori italiani, è chiaro che prende rilievo il carattere oppressivo e feudale, molte volte, della economia in cui essi vivono; ragion per cui questi lavoratori chiedono che l' economia italiana venga trasformala in armonia alle trasformazioni politiche che si sono avute. ebbene, questo tentativo di trasformare l' economia (chiamiamola liberista; in realtà, onorevole Giovannini, è un' economia corporativa) in senso democratico, questo tentativo non è stato affrontato, per lo meno non è stato affrontato con quella volontà, con quel coraggio che sono necessari per un' operazione di questo genere. è tutta qui la crisi della democrazia italiana! dovrei fare un' analisi molto lunga per spiegarla, ma in realtà posso ridurla a questo. mentre negli altri paesi, accanto all' evoluzione di carattere politico, vi è stata anche un' evoluzione di carattere economico, in Italia ci siamo fermati ai problemi politici; l' economia italiana continua ad andare innanzi come andava prima. ora è tutto qui il problema! se ella mi lascia finire, vedrà che cosa mi propongo. abbia la cortesia di ascoltarmi. prima di tutto si tratta di sentire il problema; fino a quando una classe dirigente non sente che questo è un problema fondamentale, che il problema della trasformazione in senso democratico dell' economia italiana e un problema di fondo del paese, noi non salveremo questa democrazia. sarebbe già molto se riuscissimo con questo discorso ad investire i colleghi dell' importanza di questo problema. la crisi della democrazia italiana è tutta qui. siamo noi in grado di trasformare questa economia nazionale, non dico in senso socialista (questa parola, se vi spaventa, possiamo anche sopprimerla dal vocabolario), ma in senso democratico? siamo noi in grado di far questo? se siamo in grado, salveremo la democrazia; se non siamo in grado, non potremo salvarla. perché, vedete, la democrazia la salvano i democratici, e i democratici per battersi contro le forze totalitarie hanno bisogno di una buona coscienza, altrimenti non si battono, onorevole De Gasperi ! perché si può battere il totalitarismo con cattiva coscienza con un altro totalitarismo, ma non si fa trionfare la democrazia se i veri democratici non possono lottare con buona coscienza contro tutte le forme di sovvertimento sia di destra che di sinistra. e questa coscienza noi l' avremo soltanto se avremo risolto il problema democratico dell' economia del paese. le forze più oneste del paese hanno bisogno di questa buona coscienza per lottare. il giorno in cui ci fosse una minaccia di carattere totalitario di sinistra, se le forze democratiche non sentono che con la loro lotta esse difendono la democrazia e difendono la classe lavoratrice , queste forze non si batteranno. potranno battersi le forze fasciste; ma allora non salveremo la democrazia; sarà un' alternativa fra due totalitarismi. se vogliamo difendere la democrazia, bisogna credere ai democratici, i quali, quando parlano come me in questo momento, non lo fanno per fare un dispetto al Governo, ma perché sono investiti della gravità della situazione e perché è loro dovere parlare in questo modo. io ho molto affetto per lei, signor presidente , e ho il dovere di dire che la situazione in questo momento è grave e che noi socialisti democratici siamo investiti della gravità di questa situazione. ella deve impegnarsi con tutte le sue energie per trasformare l' economia del nostro paese. se non riusciremo a fare quello che hanno fatto, in circostanze meno difficili, altri paesi, noi non salveremo la democrazia italiana. ora, il segreto dei paesi europei più evoluti oggi qual è? non è mica — ripeto — la instaurazione del socialismo, ma il trasferimento dei rapporti democratici dal piano politico a quello economico. e questo movimento storico non è un fatto, badate, che avvenga soltanto in questi giorni; è un fatto che è già annunciato, prima di tutto dalla dottrina economica, dalla scienza economica, dall' esperienza di questi ultimi cinquanta anni. seguiamo l' evoluzione di queste dottrine economiche nel corso di quest' ultimo mezzo secolo. prima si incomincia nel campo liberistico con l' esaltazione delle cose; il protagonista della storia è il capitale, sono le cose. noi socialisti, naturalmente, le avversiamo attraverso la nostra critica, parlando di una alienazione delle cose che diventano nemiche dell' uomo; ma il dramma è sempre nelle cose. poi c' è un' evoluzione: si passa dalle cose agli uomini. se voi leggete il trattato di economia del Marshall, scritto al principio di questo secolo, vedete che il dramma si sposta: il protagonista non è più la cosa, ma la figura dell' imprenditore, è l' uomo che avanza, che organizza le forze del capitale e del lavoro; è l' uomo che diventa il centro della produzione. nel campo dell' economia classica assistiamo oggi ad una evoluzione più profonda. il personaggio principale, il protagonista, non è più l' imprenditore. i testi più aggiornati dell' economia britannica e americana ci dicono che il protagonista è un altro: è la massa dei produttori e dei consumatori, è la folla anonima. sono le ultime dottrine che scoprono che l' incentivo produttivo non è più nella figura dell' imprenditore che accumula capitale, ma è nella folla anonima dei consumatori. evidentemente, i fenomeni economici sono tutti correlativi e non si può fare una netta demarcazione fra essi; ma l' elemento determinante su cui un democratico deve mettere l' accento è la massa anonima. fu il Keynes quello che scoprì per primo il valore determinante del consumo: è l' appello del consumatore che determina lo stimolo dello sviluppo produttivo. noi abbiamo delle regioni italiane (l' Italia meridionale) in cui vi sono i ricchi e in cui v' è del risparmio. ebbene, in queste regioni perché non nasce l' industria? perché manca la massa dei consumatori, perché manca un potere di acquisto . e noi vediamo che dove manca il mercato, evidentemente, manca la possibilità di creare l' industria. questa è la ragione vera per la quale nell' Italia meridionale oggi non vi è industria. ora, se permaniamo nella posizione classica, che pone al centro dell' economia la figura del ricco, la figura del collettore di ricchezza — ed è questa la mentalità dominante nelle schiere della Democrazia Cristiana — noi siamo fuori strada, perché è chiaro che allora si manifesta tutta una visione sociale e politica conforme, e cioè che il ricco, se è collettore di risparmio, attraverso il quale può installare delle fabbriche, non bisogna toccarlo perché dà lavoro agli altri; si può invece toccare il povero, si può toccare il lavoratore, perché questi ha un salario che deve consumare: che lo consumi lui in un modo o che sia lo Stato a portarglielo via, attraverso le imposte indirette , non ha importanza. noi socialisti rovesciamo il problema. il protagonista vero è il piccolo consumatore. noi abbiamo visto che queste cose sono state realizzate in pratica in altri paesi, e sono riuscite; abbiamo visto che, dove si è messo l' accento su questo aspetto del problema, diminuendo le imposte sui consumi e aumentando quelle sul reddito, non è vero che l' industria si è fermata; ma abbiamo visto aumentare la domanda e sorgere la possibilità di produrre per un mercato più vasto. e abbiamo visto scomparire la disoccupazione, aumentare il ciclo produttivo e risolvere il problema come noi lo vogliamo risolvere. questo è il problema. e fino a quando la Democrazia Cristiana non vedrà questo aspetto del problema — non da un punto di vista socialistico, ripeto, ma da un punto di vista democratico — sarà molto difficile poter discutere con voi. ebbene — e rispondo qui alla domanda che mi è stata rivolta da un collega — che fare, in questa situazione? ha ragione il collega: bisogna dare una risposta a questa domanda. qual è la ragione vera della crisi? l' abbiamo detto: l' incapacità, l' impossibilità, per lo meno, di trasformare questa economia corporativa, chiamatela liberistica, chiamatela come volete, in una economia democratica, in una economia in cui non ci sia più lo scandalo che c' è in Italia oggi. l' altro giorno leggevo nella terza pagina di un giornale (perché bisogna leggere la terza pagina dei giornali per leggere cose importanti, oggi: guai se leggete un articolo di fondo) che in Inghilterra il figlio di un ministro, che si era permesso di spendere qualche decina di sterline in più per arredare la sua casa, è stato messo in carcere. contemporaneamente, in una rivista italiana, una di quelle che vanno in mano a tutte le famiglie dei nostri impiegati a 25 mila lire al mese, leggevo nella rubrica « case nuove » che la marchesa Y ha inaugurato la sua villa, che il principe X ha inaugurato il suo palazzo, eccetera: questo in uno dei settimanali italiani che vanno per la maggiore. fintantoché accadono cose di questo genere in Italia, fintantoché vi sono dei lavoratori che guadagnano, come i braccianti delle Puglie, 40 mila lire all' anno, e vi sono redditi per fare delle ville, noi evidentemente non avremo in Italia una economia democratica. che c' entra il socialismo in tutto questo? proprio niente. c' entra il buon senso e quel minimo di umanità — non dico di spirito cristiano, perché il cristianesimo è molto più in alto — che tutti gli uomini devono avere se vogliono risolvere il problema, che è di carattere umano oltre che politico. ora, che fare in questa situazione? il problema non è di carattere tecnico, perché, quando lo pongo in questi termini, non c' è nessuno che non sia d' accordo con me. guardo i vostri volti e, salvo quello dell' onorevole Tonengo, che pare orientato in altro modo, vedo che tutti mi date ragione. non siamo un' assemblea di tecnici, che discutono il modo migliore per risolvere i problemi della storia universale, siamo un' assemblea di politici che possono muoversi in un certo senso, in base alle forze di cui dispongono. il problema è, quindi, politico. ed io ho l' impressione che voi siate impacciati, nella vostra decisa volontà di fare quello che volete fare (perché siete galantuomini, e soprattutto so che lo sono gli uomini che siedono al Governo), da certe forze che vi impediscono di andare dove voi vorreste andare. siete in grado voi democristiani di assumere, nei confronti delle forze reazionarie italiane — che sono le vere nemiche della democrazia nel nostro paese, quelle che veramente la sabotano perché impediscono la trasformazione della nostra economia in senso democratico, che è l' unico modo di risolvere il problema un atteggiamento intransigente, e di marciare sulla vostra strada? ho sentito dopo le elezioni alcuni di voi dire una cosa che mi ha spaventato: le riforme sono inutili, perché, anche là dove sono state compiute, i comunisti sono andati avanti lo stesso. prima di tutto, non è vero, e potrei dimostrarlo con le cifre alla mano. dove esiste un livello di vita decente, il modesto partito a nome del quale io vi parlo ha battuto i comunisti. ad esempio, in provincia di Torino noi abbiamo avuto 143 mila voti, mentre i comunisti ne hanno avuto 138 mila ed i nenniani 100 mila. ma, se anche fosse vero, allora vorrebbe dire veramente che ci saremmo sbagliati tutti sulla visione del mondo. ma il nostro dovere non è quello di andare contro la storia unicamente perché i nostri schemi mentali non si orientano in quel senso. se veramente fosse come dite voi, che le riforme fanno avanzare il comunismo, sarebbe il segno di una superiorità morale e storica che noi non riconosciamo a quel movimento perché esso non l' ha. il nostro dovere è di fare le riforme. in quei paesi dove le riforme sono state fatte non è il comunismo che va avanti, e non è neanche il fascismo, ma è il movimento socialista democratico . nei paesi del nord dell' Europa la classe operaia , che ha veramente potuto toccare con mano il senso della politica concreta, economica e democratica, questa classe vota in massa per il partito della democrazia socialista e non si pone neanche il problema della dittatura e del fascismo e via dicendo. so benissimo che quando si fanno le riforme ci sono dei momenti delicati in cui la classe operaia , non ancora consapevole dei vantaggi che sta per avere e cosciente della sofferenza umana che ha dovuto per secoli subire, in un primo tempo si ribelli e possa eccedere: ma è il rischio che si corre sempre quando si fanno delle riforme. bisogna avere il coraggio di passare questa zona pericolosa per giungere poi alla zona di sicurezza, che è quella in cui la classe operaia , avendo raggiunto nuove e migliori condizioni di vita , si installa veramente in un modo di vita democratico. il problema è veramente questo, e quindi è un problema di forze politiche che siano in grado di realizzare queste cose che io vi dico, le quali non sono cose trascendentali, perché è un problema di buona volontà e di serietà. quando si vuole veramente fare in Italia una riforma fiscale , state sicuri che si può fare; non è vero che il popolo italiano sia più indisciplinato di altri popoli. è che non si vuol fare una riforma fiscale , è che si incontrano degli ostacoli e non si vogliono superare questi ostacoli. vorrei sapere, ad esempio, dal ministro Vanoni a quanto ammontano le evasioni fiscali. molti paesi, d' altronde , hanno realizzato queste cose, e non so perché, quando le hanno realizzato gli svedesi o i danesi che non sono più intelligenti di noi, non potremmo realizzarle anche noi. voi dite che la colpa è nostra, perché noi socialisti democratici non siamo abbastanza forti: avete ragione. noi non eludiamo le nostre responsabilità: non siamo abbastanza forti. non si può chiedere alle classi dirigenti italiane di avere quel civismo che non hanno mai avuto. queste classi hanno sovvenzionato il fascismo nel 1922 ed ora, passato il pericolo, incominciano a sovvenzionarlo di nuovo. se De Gasperi crede di fondarsi sul civismo di queste classi, si sbaglia; egli deve piuttosto fondarsi sui lavoratori, è sul civismo dei lavoratori che bisogna fondarsi. e qui sono dolente di dover dirigere la parola non a voi democristiani, ma a voi comunisti e a voi socialisti. io credo che la responsabilità storica sia proprio vostra, perché, vedete, voi, con le vostre dottrine sbagliate; orientate ma parte della classe operaia italiana verso obiettivi che rendono sterili, inutili, gli sforzi della classe stessa, obiettivi che o non sono raggiungibili o, in ogni caso, sono obiettivi che non possono essere accolti dalla maggioranza del popolo italiano perché ripugnano alla sua coscienza. in altri termini, voi siete come dei generali i quali, mentre ferve la battaglia, prendessero una parte dell' esercito e lo orientassero verso fini diversi da quelli per cui la battaglia viene condotta. voi create così una situazione che vi dirò poi qual è, ma che è in definitiva quella che l' onorevole Togliatti ha caratterizzato ieri nel suo discorso. ma io la responsabilità di Togliatti la considero sino ad un certo punto, giacché la posizione di Togliatti è talmente diversa dalla nostra, che il dialogo, l' intesa, non sono possibili. la posizione di Togliatti è una posizione di carattere totalitario, mentre noi consideriamo la libertà come il fatto più alto dell' umanità. io credo quindi che il dialogo con i comunisti sia impossibile. ecco quindi perché siamo lieti di vedere che in qualche comunista una crisi si manifesti. è il caso di Cucchi e Magnani: questi dirigenti comunisti che, ad un certo momento, si pongono il problema umano della libertà e rompono con il partito totalitario, e vengono considerati subito come traditori! ma la responsabilità maggiore non è di Togliatti; la responsabilità maggiore è del collega Nenni. perché io capisco l' onorevole Togliatti, il quale non crede nelle cose nelle quali crediamo noi, non crede nella democrazia come noi, non crede nella libertà. ma il caso di Nenni è diverso. Nenni è un uomo il quale è stato educato por molti anni a contatto con altissimi dirigenti socialisti e democratici, ha goduto la stima di uomini come Turati, Treves, Modigliani (dai comunisti la stima non l' ha goduta fino al 1937, se non sbaglio); e Nenni è uomo che crede in certi valori in cui crediamo noi: per esempio, ha vivissimo il senso della giustizia. l' abbiamo visto in molti casi reagire spontaneamente di fronte ad atti di ingiustizia, con un atteggiamento che gli fa onore. ha un senso di larga umanità e di dignità morale. ed io avrei capito l' atteggiamento di Nenni (che credo di conoscere abbastanza bene) se e fintantoché queste esperienze di socialismo democratico non avessero dato dei risultati. in fondo, nel pensiero di Nenni vi era un grande scetticismo sulla capacità e possibilità per il socialismo democratico di fare qualche cosa per la classe operaia . io potevo dargli un' attenuante su questo, ma oggi no: oggi Nenni questa scusa non l' ha! non può più dire che la socialdemocrazia non è capace, non riesce, non è riuscita, quando ha l' esempio in parecchi paesi dell' Europa di quello che ha fatto questo socialismo democratico ! fino a cinque o dieci anni fa (e ricordo il suo scetticismo, me ne ha parlato parecchie volte) poteva dubitare della possibilità per la democrazia sociale di raggiungere i suoi obiettivi, della possibilità concreta di poter raggiungere questa sintesi fra libertà umana e giustizia sociale ; e allora potevo capire il suo scetticismo e la sua sfiducia nella socialdemocrazia e il suo orientamento verso altre forme. ma egli, che è un uomo politico e uomo di cultura, legga e veda quel che avviene nel mondo, in Inghilterra, in Danimarca, in Svezia, in Norvegia, e vedrà in atto da parecchi anni una profonda rivoluzione di carattere economico, una profonda trasformazione delle condizioni dei lavoratori in senso democratico e socialista, con rispetto pieno e totale della libertà! avrà, quindi, le prove che il socialismo democratico si può realizzare ed è stato realizzato. quindi, il suo scetticismo di qualche anno fa non so perché debba permanere ancora oggi. vi è un irrigidimento in lui che non si capisce. non è ammissibile, infatti, che egli si sia allontanato dalla democrazia socialista perché abbia un fatto personale con le libertà umane; si è allontanato, non perché in fondo non avesse profonda comprensione di questi valori, ma perché aveva l' impressione che questo socialismo fosse incapace, inefficace, e fossero efficaci le forme comuniste. ma egli, vede ora che questo non è vero: vede che, dove la democrazia socialista ha potuto prevalere, in Europa e nel mondo, sta trasformando profondamente le condizioni della classe operaia in modo che i regimi totalitari al di là della barriera di ferro non si sognano neppure! in Inghilterra si è trasformata l' economia del paese, non c' è più un disoccupato e non c' è un solo campo di lavori forzati in Inghilterra, caro Nenni! non è ancora socialista, ce ne vorrà ancora: ma è democratica. è una premessa per fare il socialismo. ora, e rispondo al collega democristiano, le forze che possono realizzare la democrazia economica quali sono? noi, in fatto, aspettiamo che il vostro partito prenda maggiore consapevolezza di questi problemi. noi crediamo che nel vostro partito vi sono forze che sono sensibili a questi problemi di carattere sociale ed umano; e crediamo che si possa formare in certe vostre correnti una presa di posizione più chiara in questa materia. sarebbero già alcune forze importanti acquisite a questa idea di trasformazione democratica della nostra economia. purtroppo non faccio conto né su Nenni, né su Togliatti; ma faccio appello ai lavoratori che dipendono da quei partiti, faccio appello a quegli uomini, perché sono convinto che a poco a poco quegli uomini verranno a noi. il nostro movimento democratico, che quattro anni fa non esisteva, è riuscito, malgrado una campagna di ingiurie e di calunnie, ad ottenere, uno dopo l' altro, due milioni di voti. e non è poco, in Italia, oggi. ma ne avremo di più. anche le recenti elezioni amministrative hanno visto l' aumento di 200 mila voti nella Valle Padana , rispetto al 18 aprile. sono tutti voti sui quali noi possiamo contare. noi, quindi, facciamo appello alla classe lavoratrice perché si orienti sulle linee fondamentali della democrazia sociale . questa è la forza sulla quale noi contiamo. noi contiamo su una maggiore presa di coscienza da parte vostra per questi problemi fondamentali, e soprattutto contiamo sullo sviluppo dell' idea socialdemocratica nella classe operaia italiana. contiamo sul rafforzamento del nostro partito e sull' orientamento verso il nostro movimento da parte della classe operaia che oggi segue l' onorevole Nenni. queste sono le forze sulle quali noi contiamo, oggi. e, se non avessimo fiducia nello sviluppo di queste forze, quali altre forze potrebbero salvare la democrazia in Italia? avete udito il discorso dell' onorevole Togliatti, ieri. non posso dire che l' onorevole Togliatti non abbia detto delle cose esatte. quando conclude il suo discorso affermando che si sta formando in Italia una situazione di carattere rivoluzionario, non posso dire che abbia torto. ma qual è l' alternativa che l' onorevole Togliatti può offrire, in base alla sua dottrina, non in base alla sua volontà, al popolo italiano ? è questa: o una prospettiva di guerra civile , oppure quella di istallare in Italia un sistema analogo a quello che è stato istallato in Polonia e in Bulgaria. questa è la sola alternativa che egli può offrire al popolo italiano . terribile alternativa! o la guerra civile , oppure lo statuto della Polonia, della Bulgaria e dell' Ungheria. il comunismo non può offrire altro che questo. è la logica della sua posizione. ma questa è anche la sua condanna. quando un capo degli operai non può offrire al popolo altro che la guerra civile o uno statuto simile a quello della Polonia, vuol dire che il suo movimento è condannato a portare il popolo al disastro. questa è l' alternativa che egli può offrire. ebbene, noi socialdemocratici offriamo al popolo un' altra prospettiva. noi sappiamo che stanno nascendo delle forze di carattere reazionario, di carattere totalitario nel nostro paese. sappiamo che si sviluppano, che non sono state ancora fermate, le correnti totalitarie di estrema sinistra . sappiamo che la democrazia vive fra questi due abissi, e sappiamo che dobbiamo difendere questa democrazia nell' unico modo che noi riteniamo efficace, vale a dire trasformando l' economia del paese. noi abbiamo una fiducia immensa nell' avvenire del nostro movimento; perché, se non avessimo questa speranza nell' avvenire della democrazia socialista , considereremmo già perduta la causa della democrazia nel nostro paese. noi abbiamo una fiducia immensa in questo movimento perché, come ho detto poco fa, non è un movimento che si riferisca a nozioni di carattere utopistico, ma è un movimento che ha veramente trasformato la faccia dei paesi in cui ha potuto governare. è un movimento che raccoglie ben 10 milioni di militanti e 50 milioni di elettori, è un movimento che fa capo all' Internazionale operaia socialista. noi abbiamo fiducia in questo movimento. e quando pochi giorni fa un compagno di un altro paese diceva che questo movimento della democrazia socialista è l' unica speranza del mondo aveva perfettamente ragione, perché è l' unico movimento il quale sappia mantenere fede a questi due ideali ai quali tutti gli uomini di cuore credono: l' ideale della, libertà umana e quello della giustizia sociale . noi socialisti democratici siamo fedeli a questa idea perché abbiamo fiducia nel nostro popolo e crediamo che questa idea finirà per trionfare. in fondo, vedete, le dottrine del collega Nenni sono dettate da un profondo scetticismo sul valore umano e politico del nostro paese. noi, invece, abbiamo fiducia nel nostro popolo. siamo socialisti democratici perché abbiamo fede nella civiltà della classe lavoratrice italiana. se non avessimo questa fede probabilmente saremmo anche noi comunisti. ma noi abbiamo fede in questa classe lavoratrice e sappiamo che il nostro movimento è destinato a svilupparsi. ci siamo sviluppati in questi anni sotto le ingiurie, sotto le ironie, sotto i sarcasmi, e molte volte sotto le violenze. eppure siamo riusciti a diventare una forza, e lo diventeremo sempre di più. è su questa forza che fondiamo le nostre speranze. come utilizzeremo questa forza? non lo so, perché non dipende da me, non dipende da noi. abbiamo dei congressi che verranno. terremo un congresso tra qualche mese e decideremo come dovremo utilizzare questa forza. io so già una cosa fin d' ora, che è importante: quale che sia la tattica che noi decideremo di seguire, questa forza si affermerà e, nella misura in cui questa forza di democrazia socialista si affermerà, noi avremo coscienza di contribuire veramente a salvare la civiltà e la libertà del nostro paese.