Palmiro TOGLIATTI - Deputato Opposizione
I Legislatura - Assemblea n. 673 - seduta del 13-07-1951
Sulla centrale nucleare di Latina
1951 - Governo I Craxi - Legislatura n. 9 - Seduta n. 479
  • Comunicazioni del governo

spero, signor presidente , che il fatto che il mio intervento ha luogo dopo l' ampio, efficace discorso col quale il compagno e amico Alicata ha illustrato la posizione del nostro gruppo e del nostro partito sulla questione posta davanti al Parlamento per iniziativa dell' onorevole Nenni, consentirà a me di limitarmi ad aggiungere poche cose, anche perché accetto nella sostanza la impostazione chiesta per il dibattito dall' onorevole Consiglio, quando ha detto che noi dovremmo cercare di limitarci a discutere il modo come e stato riorganizzato il Governo, anche se poi, negli sviluppi, egli ha affrontato tutte le questioni della politica attuale, come era inevitabile. prima di tutto, però, onorevoli colleghi , desidererei dedicare alcune parole alla questione del contenuto stesso di ciò che stiamo discutendo, perché in questo campo qualcosa da precisare, a mio modo di vedere , vi è. la questione che sta davanti a noi è di natura costituzionale, cioè di rispetto o violazione, da parte del presidente del Consiglio , delle norme della vita costituzionale, oppure è politica? la mia opinione è che essa sia prevalentemente politica; ma un punto di partenza costituzionale non posso negare che vi è, ed è di grave rilievo. il modo, infatti, come l' onorevole De Gasperi ha trattato, nel passato, a partire dal 1947, e forse anche prima, la questione della formazione del Governo, non mi pare dubbio che è al di fuori della tradizione costituzionale italiana, così come è al di fuori dello spirito della Costituzione repubblicana, in quanto fa girare tutta la situazione attorno al perno immobile della persona di un uomo: il presidente del Consiglio . noi parlammo, nei primi tempi in cui l' onorevole De Gasperi iniziò l' applicazione di questo sistema, della nascita e organizzazione di un vero e proprio cancellierato: e questa era una definizione di ordine politico, costituzionale, che ancora oggi mi sembra essere giusta. si tratta di una pratica che ha una tradizione in altri paesi: in paesi germanici, nell' Austria; nell' Italia, no. su questo non mi pare vi possa essere dubbio. la vita costituzionale del nostro paese era, nel passato, fondata essenzialmente sui rapporti che esistevano nell' Aula parlamentare tra i differenti gruppi politici e i loro esponenti principali, e quindi tra essi e il Governo, sotto il controllo della corona. oggi, secondo la Costituzione repubblicana, la nostra vita costituzionale dovrebbe essere fondata essenzialmente sui rapporti fra i partiti politici — che la Costituzione esplicitamente riconosce, e che sono ormai entrati nella pratica della vita politica — e il Governo, sotto il controllo delle più elevate istanze costituzionali. rapporto, quindi, tra partiti e Governo; rapporto fra Governo e partiti; coalizione di partiti i quali costituiscono un Governo; Governo che si appoggia su una o sull' altra coalizione di partiti. ma è proprio in questo campo che qualcosa è avvenuto e ha dato origine all' attuale riorganizzazione governativa. lo so, da parte dei banchi del Governo e del Partito di maggioranza si leva a questo punto una voce ingenua, la quale dice che non è cambiato nulla, che tutto è rimasto come prima. se fossero usciti dal Governo alcuni ministri, anche autorevoli, per qualsiasi motivo, e fossero stati sostituiti da altri ministri o attraverso un interim o perché questi altri ministri precedentemente non avessero avuto precisi incarichi di direzione dell' uno o dell' altro dicastero, la questione probabilmente non si porrebbe. si porrebbe qualora questi uomini fossero stati di grande autorità nel Parlamento, tale che la loro uscita dal Governo inevitabilmente aprisse una questione politica. ma oggi non siamo di fronte a un fatto simile. non sono usciti dal Governo tre uomini i quali non fossero, diciamo, che i tre cinquecentocinquantesimi del nostro collettivo e nulla più. no, è uscito dal Governo un partito, è uscito dal Governo tutto un partito. la coalizione governativa era fondata all' inizio sopra una coalizione di quattro partiti; si è poi ridotta a un blocco di tre partiti. oggi è un accordo di due partiti: quindi qualche cosa è cambiato. nessuno lo vorrà negare. non cambia nulla, nella nostra vita parlamentare, il fatto che un partito sia al Governo o ne sia fuori? non voglio ora affrontare la questione se il fatto che il partito socialdemocratico è fuori del Governo significhi o non significhi che esso è all' opposizione. verrò poi all' esame di questa questione. ma è un fatto che questo partito oggi non è più nel Governo. questa è una modificazione sostanziale della composizione e della struttura del Governo stesso nei suoi rapporti col Parlamento, cioè nei suoi rapporti con l' Assemblea, nella quale sono rappresentate tutte le correnti politiche del paese. anche a questo proposito si leva la solita voce: non è cambiato nulla, tutto è rimasto come prima. il socialdemocratico onorevole Rossi, parlando dal suo banco di deputato, aggiunge: è tanto vero che non è cambiato nulla che noi prima di uscire dal Governo abbiamo approvato tutto quanto avevamo fatto prima, abbiamo ratificato gli atti da noi compiuti in qualità di ministri del Governo De Gasperi , abbiamo plaudito alla nostra attività ed all' attività del Governo tutto intiero, abbiamo negato che vi sia stata una qualsiasi manifestazione di sfiducia nell' opera del Governo di cui facevamo parte. che cosa si vuole di più? non è cambiato nulla, tutto è rimasto come prima. però il fatto è che vi è al Governo un partito di meno e questo partito, a meno che voi stessi non vogliate cancellarlo, non vogliate ridurre al nulla la sua importanza parlamentare, questo partito — dicevo — esiste: prima però era nel Governo, ora non vi è più. il cambiamento è così evidente che e avvertito da tutti, che tutti cercano di dare una spiegazione e cercano di darla partendo proprio dalla costatazione che qualche cosa di serio e di importante è cambiato. secondo le informazioni di stampa in nostro possesso, una spiegazione di questa natura avrebbe cercato di dare anche il Partito di maggioranza , in una recente riunione del suo gruppo parlamentare , e la spiegazione l' avrebbe trovata quando il presidente del Consiglio avrebbe concluso il dibattito affermando che dopo le elezioni amministrative ad ogni modo una crisi di Governo verrebbe aperta. stavo appunto per chiedermi fino a qual punto questa affermazione corrisponda alla realtà, e in merito attendo spiegazioni. tuttavia abbiamo letto — e non è stato smentito — che il presidente del Consiglio avrebbe dichiarato che è sua intenzione — « rivedere a fondo, dopo il primo turno delle elezioni amministrative , tutte le questioni di partito, di gruppo e anche di Governo » . qui il problema non è legato nemmeno all' esito ma al solo fatto delle elezioni amministrative , e comprendo benissimo l' imbarazzo in cui si trova il presidente del Consiglio ad ammettere che una simile dichiarazione sia stata da lui fatta. perché qualora una simile dichiarazione venisse fatta davanti al Parlamento, e non più soltanto davanti al gruppo parlamentare del Partito di maggioranza , il Governo si verrebbe a trovare in una situazione ben imbarazzante e strana — nella situazione di un Governo il quale attende determinati eventi per poter riprendere a funzionare in pieno, come organismo investito di tutta la necessaria autorità. vi è quindi qui, senza dubbio, una via di uscita alla questione sollevata dalle dimissioni di tutti i rappresentanti di un partito. essa consiste nel dire che si è aperta una situazione transitoria, la quale verrà riparata tra poco, a suo tempo. mi sembra però che la via di uscita contenuta in questa affermazione sia per il Governo la più pericolosa, la meno consigliabile. un' altra via di uscita vi è, ed è quella indicata dall' oratore del gruppo democristiano che finora ha preso la parola, il quale si è riferito alla formula del 18 aprile, e ci ha detto, precisamente, che la formula del 18 aprile non vuol dire che un partito politico debba essere o non essere nel Governo, debba occupare questi o questi altri posti nella compagine governativa. l' importante è che questo partito accetti la formula del 18 aprile. ora, qui è certo che ci troviamo di fronte a una impostazioni: del tutto nuova nella pratica costituzionale italiana; direi che ci troviamo di fronte ad una questione nuova nella vita politica democratica. che cos' è la formula del 18 aprile? nel Parlamento essa deve inevitabilmente diventare formula di coalizione di partiti, altrimenti non è nulla. se lo negate, allora la questione si sposta, e cioè si deve ammettere, per vostra confessione stessa, che attraverso il risultato delle elezioni del 18 aprile, avete voluto fondare qualche cosa di diverso da una coalizione di partiti per affrontare e risolvere in un determinato modo i problemi politici del paese. avete voluto fondare quello che noi vi accusiamo di stare creando, non più un governo, cioè un potere più o meno transitorio a seconda delle vicende politiche, ma un regime. è evidente che una volta fondato un regime tutte le cose cambiano. il termine stesso di coalizione di partiti su una base parlamentare perde il suo significato e non vi sono più crisi, nel senso tradizionale della parola. vi possono essere, semmai, i cambi della guardia, come si diceva una volta, e non so come si dirà domani e come si debba già dire oggi per esprimere la stessa cosa. il Parlamento, in quanto organismo nel quale, sulla scorta dei risultati elettorali e dell' evoluzione successiva degli avvenimenti della vita politica, si elabora la base del potere esecutivo , perde la propria importanza. si è consultato il paese una volta per sempre, e tutto è finito. è evidente che qui ci troviamo di fronte a una impostazione di tutta la vita politica italiana che non ha niente a che fare né con le tradizioni né con la Costituzione. ci troviamo di fronte a un' altra impostazione costituzionale. il Parlamento e la vita dei partiti perdono in questa impostazione il valore che hanno sempre avuto e che debbono avere. interviene una cosa diversa, quella che noi chiamiamo la volontà di determinati gruppi sociali , prima che politici, di mantenersi al potere escludendo la partecipazione o l' avvento al potere, attraverso il dibattito e la lotta politica, di determinati altri gruppi sociali . questo richiamo alla formula del 18 aprile credo sia il più ricco di insegnamenti per la parte avanzata del popolo italiano : è ciò che dobbiamo mostrare agli operai, ciò che dobbiamo spiegare al ceto medio e agli intellettuali per far loro comprendere quale è la vostra concezione della democrazia e come qualsiasi base o sviluppo di democrazia scompaia nella vostra pratica di direzione della vita politica del paese, di fronte alla necessità di mantenere il blocco sociale conservatore e reazionario del 18 aprile, la « formula dal 18 aprile » , anche quando essa, come coalizione parlamentare di partiti, non esiste più. l' ultima via di uscita dalle difficoltà sollevate al modo come è stato riorganizzato il Governo consiste nel programma. questa via e stata scelta dal presidente del Consiglio nella brevissima dichiarazione che egli ha fatto all' apertura di questo dibattito, ed è senza dubbio il tema: che dobbiamo affrontare e discutere con maggiore attenzione. ha però due aspetti, questo tema: il primo limitato, ristretto alle vicende del partito socialdemocratico e delle sue correnti, l' altro molto più ampio, in quanto investe tutta la situazione del paese e tutta la situazione internazionale, direi. per quello che si riferisce al partito socialdemocratico , ci è stato detto dall' onorevole Rossi, e ci verrà probabilmente ripetuto che anche qui non è cambiato nulla, anche qui le cose stanno esattamente come stavano prima. in questo caso, non come vostro avversario, perché come vostro avversario capisco benissimo che cosa sta avvenendo tra di voi, ma come rappresentante politico nel Parlamento sono costretto a chiedervi, se non è avvenuto nulla, che cosa ha significato la vostra scissione; se non è avvenuto nulla, che cosa significa la vostra riunificazione? qui vi è un equivoco, o vi è un inganno: oppure vi è l' una e l' altra cosa. lo scopo che vi siete proposti, che si sono proposti e apertamente dicono di proporsi gli esponenti delle diverse correnti, sarebbe quello di creare un forte partito socialdemocratico . questo sarebbe nelle intenzioni dell' onorevole Saragat, come egli ha dichiarato pubblicamente; questo sarebbe nelle intenzioni anche più chiaramente espresse dal senatore Romita. non sta a me dare a voi consigli circa il modo come si possa creare in Italia un partito socialdemocratico ; non riesco però a capire in qual modo potrete riuscire a risolvere questo problema, quando affermate, di fronte alla situazione parlamentare e politica di oggi, che nulla vi è di cambiato dalla situazione che uscì dal 18 aprile, e che a questa bisogna rimanere. come vostro avversario, capisco: vi è un tentativo di inganno, forse d' ingannare persino voi stessi. politicamente, non capisco nulla. dite che continua la formula del 18 aprile, ma non potete ignorare che la formula del 18 aprile esclude la esistenza di un forte partito socialdemocratico . la formula del 18 aprile ammette gli apparentamenti, ammette dei parenti del partito dominante. ammette però, onorevole Giannini, soltanto dei parenti poveri: non ammette dei parenti ricchi, perché allora la formula del 18 aprile non esiste più. in realtà che cos' è la formula del 18 aprile? essa è una formula sociale prima che politica, è la formula che tende a escludere dalla direzione della vita politica del paese, e possibilmente mettere al bando della vita politica, quei partiti italiani dietro ai quali è oggi la maggioranza della classe operaia e la parte più avanzata dei lavoratori delle città e delle campagne. questa è la formula del 18 aprile e null' altro. ora, sulla base di questa formula, potete voi costruire un partito socialdemocratico in Italia? dico in Italia, perché non parlo in astratto, né so cosa possa avvenire in Inghilterra o in altri paesi sui quali non mi compete esprimere un giudizio in questo momento. guardo alla situazione dell' Italia del giorno d' oggi, e vi chiedo: che cosa potete pensare di costruire sulla base di una formula come questa? potete costruire, tutt' al più , un parente povero dei gruppi dirigenti della classe borghese reazionaria, non altro. questo è del resto ciò che voi siete stati sino ad ora. le vostre vicende interne non sono state altro — scusate — che un misero riflesso di questa realtà. ma voglio avanzare, a vostro favore, una ipotesi. a questa ipotesi non attribuisco nessuna realtà, ma si possono sempre fare delle ipotesi, diceva Galileo, per chiarire certe questioni. ammettiamo che riusciste a essere seguiti dagli operai delle fabbriche di Torino e di Milano, dai braccianti della valle del Po, dalle masse dei contadini dell' Italia meridionale, da quella parte del ceto medio che vuole il progresso sociale , che veramente vi affacciaste sulla scena politica come esponenti di queste forze, con un programma di profonde trasformazioni sociali e con la volontà ferma di lottare per realizzarlo. come credete che vi tratterebbe, in questo caso, il partito dominante? ma diventereste immediatamente voi gli agenti dello straniero del Comisco se non del Cominform, gli uomini con cui non si può discutere perché sono fuori dalla democrazia, o persino perché battono le mani in un modo che non fa piacere ai cronisti dei giornali americani! il fondo del problema e di classe, o, se volete usare un termine meno pungente, è sociale. e allora vorrei porvi un' altra questione: vorrei invitarvi a guardare la realtà e a sforzarvi di comprenderla, e scusate se scendo qui su un terreno limitato, di partito. il nostro partito ha celebrato quest' anno il trentesimo anniversario della sua fondazione. il nostro partito ha trent' anni di vita e potete credere a me che ho partecipato alla sua fondazione e direzione da allora sino ad oggi: in trent' anni abbiamo lavorato, abbiamo studiato, abbiamo combattuto! un capitale enorme di studio, di lavoro, di lotte sta dietro a noi ed e alla base del grande seguito che abbiamo nel paese. non vedo tra di voi uomini o gruppi che abbiano la statura ideale e la capacità politica che sarebbero richieste per modificare questo fatto, cioè per modificare il risultato di quella che è stata per cinquant' anni e più la storia d' Italia, da cui traggono vita gli impulsi che ci fanno vivere e andare avanti. no, non ci riuscirete! non nego, onorevole Giavi, che nella classe operaia e tra i lavoratori italiani avanzati vi possano essere nel momento presente e possano sussistere altre formazioni politiche . sostengo però che di fronte alla realtà della nostra esistenza, della nostra vita, della nostra lotta, di tutto quello che noi rappresentiamo e siamo, non potrà né vivere a lungo né adempiere una qualsiasi funzione positiva nell' interesse degli operai, delle classi lavoratrici e del paese, una formazione la quale accetti la formula del 18 aprile, cioè si presenti come formazione di combattimento o di appoggio al combattimento della reazione contro gli attuali partiti avanzati della classe operaia e dei lavoratori. tutto il resto che vi fu nella formula del 18 aprile — la parte cosiddetta programmatica, le cosiddette rivendicazioni sociali — vi fu soltanto, infatti, in funzione strumentale, nel tentativo, non so quanto riuscito, di poter condurre con successo la battaglia frontale contro i partiti di avanguardia della classe operaia e delle masse lavoratrici . non la confessano apertamente, questa cosa, gli stessi capi della Democrazia Cristiana ? ho sentito ieri l' onorevole Rossi affermare che i comunisti sarebbero in Europa al di fuori della nazione. vorrei modestamente far rilevare all' onorevole Rossi che quando si progredisce nell' estensione e nell' approfondimento della propria cultura, ciò non significa che si debbano dimenticare i preziosi insegnamenti della scuola elementare , nella parte che essi hanno di universale, di incrollabile. l' Europa va dall' Atlantico al Caspio e agli Urali. ora, in questo spazio non soltanto i comunisti non sono fuori della nazione, ma sono alla testa di nazioni intiere in un territorio che è vasto più della metà di tutto il continente. e se si guardi all' Asia, anche là i comunisti sono alla testa della vita politica e del rinnovamento di nazioni intiere, su una estensione che supera la metà di quella sterminata parte del mondo. di fronte a questa realtà — e non parlo di tutte le altre cose di cui potrei parlare, di ciò che i comunisti hanno fatto quando fu messa in causa la vita stessa delle nazioni europee, dall' attacco fascista per difenderla e salvarla — un' affermazione come quella dell' onorevole Rossi è prova, io credo, di incapacità mentale e anche di meschinità morale. vi trovate di fronte a una situazione di fatto internazionale e a una situazione di fatto nel nostro paese, le quali sono tali per il modo come procede la lotta liberatrice dei popoli nel mondo intiero e per la spinta che hanno dato alla storia d' Italia le masse del lavoro italiano. come volete cambiarla, questa situazione? non vi conviene di più riconoscerla e fare i conti con essa? vi è chi ha tentato di cambiarla, nel nostro paese, questa situazione. ancora una volta, vi posso assicurare che in trent' anni di vita del nostro partito contro di noi ne sono state fatte e dette di tutti i colori: dalla uccisione del fondatore del nostro partito, alle persecuzioni di tutti noi, all' esilio cui siamo stati condannati, e poi, sino alla infame campagna di odio del 18 aprile, al 14 luglio, alle successive persecuzioni contro i nostri militanti e a tutto quello che oggi contro di noi si dice e si fa. credete voi che tutto questo riesca a cambiare questo fatto concreto, questo dato della situazione italiana che è la nostra esistenza e l' adesione a noi e al partito socialista della maggioranza degli operai, di tutti i lavoratori avanzati? e quando guardate fuori d' Italia, come credete di poter cambiare quel dato di fatto che è la posizione del movimento comunista nel mondo? con la guerra? l' onorevole Giannini vi ha detto che la guerra non cambierebbe nulla. posso aggiungere, e voglia la sorte che mai possa realizzarsi questa ipotesi, che se la guerra dovesse venir scatenata, è certo che da essa sarebbero travolti i regimi i quali scatenano la guerra, i regimi del capitalismo e dell' imperialismo, e non già i regimi i quali sono fondati sulla volontà dei popoli di governarsi da sé, nella propria indipendenza e di attuare una più grande giustizia sociale . questi sono dati di fatto, elementi concreti della situazione presente. quanto più voi cercherete di ignorarli o tenterete di sfuggire alla realtà che esce da essi, tanto più aggraverete la situazione del paese e la situazione vostra. già lo si vede. il metodo dell' onorevole De Gasperi di risolvere le crisi sfuggendo o tentando con ripieghi di sfuggire alle crisi stesse, crea quella situazione che l' onorevole Consiglio testé denunciava, di paralisi o per lo meno di serio imbarazzo dell' attività governativa. di qui il discredito dell' istituto parlamentare, che sarebbe la sede di dibattiti i quali non servirebbero a niente, perché le cose tanto vanno avanti sempre lo stesso come prima. questo discredito noi lo deploriamo, perché sulla base di un buon funzionamento dell' istituto parlamentare pensiamo che il nostro paese potrebbe andare avanti benissimo su una via di libertà e di progresso sociale . ma la questione del programma — dicevo — ha anche un altro aspetto, oltre quello che si riferisce alle vicende del partito socialdemocratico . essa si allarga, mette capo all' esame della situazione nazionale e internazionale del momento presente nel loro complesso. ma anche qui sento la voce di prima: « et in Arcadia ego ! che cosa volete? niente è cambiato, tutto è rimasto come prima! » . onorevoli colleghi , non soltanto non è vero che non sia cambiato nulla, non soltanto non è vero che le cose sono uguali a quelle che erano prima; ci troviamo invece a un punto critico e forse decisivo dello sviluppo della situazione internazionale e anche della situazione del nostro paese. la destituzione del generale MacArthur è il fatto nuovo venuto inaspettatamente ad illuminare di una luce particolare la situazione, tanto è vero che tutti gli oratori intervenuti nel dibattito non hanno potuto fare a meno di riferirsi ad essa. è veramente un fatto grave, pesante, il quale dimostra — per i motivi da cui è uscito e per le conseguenze che avrà — che effettivamente siamo arrivati a un punto critico, e forse decisivo, della situazione internazionale. l' onorevole presidente del Consiglio ha fatto in proposito, ieri, alcune dichiarazioni. comprendo che non sempre e non tutti possono avere la facoltà di improvvisare dichiarazioni precise. mi sembra però che nelle dichiarazioni da lui fatte troppe cose sono imprecise, anche a non voler riaprire il dibattito sulle origini e sulle responsabilità del conflitto coreano. soprattutto, ciò che rilevo nelle dichiarazioni del presidente del Consiglio — ed è la cosa più grave — è un esiziale orientamento mentale e di politica estera circa i rapporti che devono intercorrere tra le grandi potenze e circa gli sviluppi di questi rapporti. lascio da parte la questione se questo generale destituito sia stato o no vittorioso. a me sembra che egli abbia registrato un insuccesso nella prima fase della guerra coreana, un insuccesso nella seconda fase, e che la terza fase è ancora aperta, non è ancora giunta a un risultato. potrei anche lasciare da parte la questione della figura morale di questo generale, se non fosse che abbiamo una sensibilità e un animo che ci dettano giudizi precisi. l' onorevole Consiglio ci ha rimproverato di usare o che altri usi in questo caso il termine di « criminale di guerra » . la realtà è che i soli successi ottenuti dal generale MacArthur — consistono nel bombardamento delle città aperte, nelle distruzioni dei villaggi, nel radere al suolo le campagne, nello sterminio di una popolazione indifesa. questa non è guerra. quando la guerra venne condotta contro di noi, in questo modo, dai tedeschi, levammo la nostra voce, dicemmo che si trattava di barbarie, di criminalità. allora venne reclamata dall' umanità intiera la sanzione di un processo, di una condanna, di una esecuzione dei responsabili di questi atti. perché, le cose sarebbero cambiate oggi? perché si tratta di un generale americano, e non più di un generale tedesco? i fatti sono gli stessi, e i popoli giudicano oggi come giudicavano ieri. ripeto, però, che queste questioni potremmo anche lasciarle in disparte, in questo momento. ciò che noi dobbiamo vedere prima di tutto è la gravità del conflitto coreano, che insanguina una parte del mondo e minaccia di insanguinare il mondo intiero. ora questo conflitto è scoppiato perché da parte dei gruppi dirigenti della politica americana non si poteva digerire il fatto che il popolo cinese non sia più un popolo coloniale, che questo popolo si sia dato, nelle forme in cui la storia lo ha portato a darselo, un Governo nel quale sono coalizzati tutti gli elementi democratici della Cina, sotto la direzione del partito comunista . per questo è scoppiata la guerra in Corea. tutto il resto sono i pretesti, sono i fronzoli della propaganda. l' imperialismo americano, sfruttando episodi, se volete, di un conflitto interno coreano — ma episodi simili vi sono stati in altre parti del mondo, al tempo della guerra fra gli arabi e gli ebrei, per esempio, senza che ne dovessero venire le stesse conseguenze — vuole tentare di affermarsi in quella parte del mondo con la forza delle armi per rovesciare il corso delle cose, per prendersi la rivincita della vittoria del popolo cinese . questa è la realtà. ma la resistenza del popolo coreano , la resistenza del popolo cinese e un movimento popolare mondiale di dimensioni enormi, quali mai si erano viste, per la difesa della pace, hanno dato scacco agli imperialisti i quali avrebbero voluto che il conflitto coreano degenerasse in una guerra in cui fosse trascinato il mondo intiero. questo ha portato tutta la politica dell' imperialismo americano a una crisi, e a una crisi profonda. sta qui il fatale errore della posizione che prende il nostro presidente del Consiglio . egli ci dice che saluta il fatto che il generale MacArthur sia stato destituito dalla carica che ricopriva, perché questo significa che gli USA, lasciando l' Asia, potranno intervenire più efficacemente in Europa. qui, prima di tutto, si palesa una colossale ingenuità. credete voi realmente che se la politica di questo generale americano, criminale di guerra, si fosse sviluppata nel senso dell' attacco a fondo contro la Repubblica popolare cinese e, come appariva ormai per tutti i segni, nel senso dell' attacco a fondo contro l' Unione Sovietica , credete voi che un simile conflitto avrebbe potuto essere localizzato all' Estremo Oriente ? se credete questo, non sapete come è fatto il mondo, che è rotondo, per disgrazia vostra. quando, poi, salutate la possibilità di un maggiore impegno, non politico — perché ormai si tratta di guerra guerreggiata — ma militare, degli USA in Europa come una salvezza, credete voi davvero che un simile impegno non significhi rendere più acuto il pericolo di guerra che grava sopra tutto il mondo? la concezione di politica estera che è venuta fuori, spontaneamente direi, nelle poche parole dette ieri dall' onorevole presidente del Consiglio è proprio la concezione di politica estera che dobbiamo combattere, che dobbiamo condannare, che tutti gli uomini cui sta a cuore la pace delle loro famiglie e dei loro popoli devono condannare e augurarsi che scompaia, se si vuol salvare la pace di tutti. questo è il più profondo errore che si possa compiere. la pace e la guerra non si possono dividere. non si può oggi pensare a una guerra la quale venga proseguita, accentuata e spinta a fondo contro grandi popoli in una parte del mondo, mentre gli altri starebbero a vedere. e così non si può pensare al proseguimento della politica attuale dei gruppi dirigenti imperialistici americani, con la loro dichiarazione di stato di allarme, con il riarmo febbrile del loro paese, e con l' obbligo di riarmo febbrile per i paesi loro satelliti, non si può pensare che per questa strada si possa andare avanti a lungo senza che si arrivi a quel momento, come diceva l' onorevole Nenni, in cui le armi sparano da sole. questa concezione di politica estera deve essere non solo profondamente cambiata, ma liquidata, se vogliamo avere un Governo il quale corrisponda al desiderio di pace del popolo italiano . rimane che il momento in cui è avvenuta questa ultima riorganizzazione del Governo De Gasperi è un momento caratteristico, ed io penso che, se fossimo già arrivati a far progredire, anche attraverso la crisi di partito, la formazione di gruppi dirigenti i quali si rendano conto che al disopra di tutto vi è oggi la necessità di salvare la pace d' Italia e del mondo intiero, questo era già il momento in cui ci si doveva orientare verso quelle profonde modificazioni della nostra politica estera , e quindi della nostra politica interna , le quali ci portassero a costituire un Governo di pace. dico e ripeto che avremmo dovuto e dovremmo, approfittando della profonda crisi che la politica dei gruppi dirigenti imperialistici americani e dei loro satelliti sta attraversando, iniziare per l' Italia una politica estera nuova, alla base della quale deve stare, concretamente, non il desiderio di vedere un maggiore impegno militare dell' America in Europa e quindi una marcia più celere verso la guerra, ma devono stare l' affermazione e la convinzione che se è vero, come si dice e come è nella realtà, che esistono oggi due mondi nei quali si hanno sistemi sociali e, quindi, sistemi politici profondamente differenti, non è vero però che questa situazione imponga la corsa sfrenata agli armamenti, la preparazione della guerra e una politica, quindi, che rende la guerra inevitabile. il nostro ministro degli Esteri ha scritto di recente, a proposito di questo problema, parole gravi, le quali confermano l' esistenza nei nostri governanti di un orientamento ideale e politico esiziale, tale che non può portare ad altro che a fare, agli ordini di un imperialismo straniero, una politica estera che ci avvia verso una catastrofe. con la più grande leggerezza, il nostro ministro degli Esteri accusa i popoli di una intiera parte del mondo, che starebbe — dice — al di là di una cortina di ferro , di essere « incapsulati da una propaganda di menzogne e di odio » , mentre avrebbero tutto da guadagnare da « leali intese economiche e morali » con i liberi paesi — afferma — dell' Occidente. tutta la concezione politica che risulta da queste parole è fondata sul falso. è evidente che tra le due parti del mondo che oggi sono rette in modo diverso non ci si deve fare la guerra, altrimenti si va gli uni e gli altri alla rovina! è evidente che si deve trovare un accordo di coesistenza, prima, di cooperazione dopo. è evidente che questo suppone delle intese economiche e delle intese morali. ma chi è che non vuole queste intese economiche e morali? crediamo che il nostro ministro degli Esteri debba sapere che tutti i rapporti economici dell' Occidente verso l' Oriente sono oggi dettati dalle famose liste di discriminazione stabilite dallo stato maggiore americano, secondo le quali la maggior parte dei prodotti dell' industria occidentale non può essere inviata al di là di quella che si chiama la cortina di ferro . i nostri bravi coltivatori siciliani hanno avuto la sorpresa e la fortuna, quest' anno, di poter vendere, credo, parecchie migliaia di tonnellate dei loro agrumi all' Unione Sovietica . sarebbe però bastato che ad uno dei funzionari americani che dirigono questa parte dell' economia dei paesi occidentali fosse venuto in mente che anche gli agrumi possono essere adoperati in caso di guerra in modo assai utile, negli ospedali, per esempio, perché quelle esportazioni non potessero aver luogo, perché quella merce fosse messa essa pure nelle liste di discriminazione e la miseria dei nostri coltivatori siciliani continuasse ad aumentare. e tutti sappiamo che nelle liste di discriminazione vi sono i prodotti più caratteristici della nostra industria, vi sono i grandi motori, vi sono le macchine utensili, vi sono gli escavatori, vi sono le navi, vi è la maggior parte di ciò che potremmo esportare in grande quantità per risolvere la crisi che travaglia la nostra industria meccanica e di trasformazione. possibile che il nostro ministro degli Esteri non sappia che da parte dei paesi che, come egli dice, stanno al di là della cortina di ferro non è stato mai posto nessun ostacolo a nessun tipo di scambio economico? quando poi egli parla di intese morali, è chiaro che non lo hanno informato del fatto che nei paesi contro cui sono rivolti i suoi insulti viene oggi diffusa nelle grandi masse del popolo, viene propagata nei giornali e nelle riviste, viene affermata nelle dichiarazioni e decisioni degli organi supremi di quegli Stati capitalistici e i regimi capitalistici devono poter coesistere e cooperare senza farsi la guerra. lo sa il nostro ministro degli Esteri che questa è la dottrina ufficiale di quella parte del mondo? e allora perché parla di intese morali che sarebbero impossibili? dite che voi fate consapevolmente, al servizio non di interessi italiani, ma degli interessi americani, cioè di interessi stranieri, una politica che divide il mondo e per ciò stesso danneggia il nostro paese mentre ci spinge alla guerra, ma non sollevate queste insulse accuse quando sapete che la minima conoscenza dei fatti le smentisce, le polverizza. abbiamo bisogno di cambiare politica; direi, anzi, che la stessa situazione internazionale lo richiede. tutta l' Europa, il mondo intiero oggi non attende altro che le iniziative di distensione internazionale, ed è disposto ad applaudire ad esse, ad appoggiarle. ricordate la popolarità acquistata di colpo, alcuni mesi or sono, dal capo del governo indiano signor Nehru, per essersi presentato con una proposta ragionevole, la quale, se accettata, avrebbe permesso da tempo di mettere fine alla guerra in Corea e distendere, in correlazione, tutta la situazione internazionale. ricordate la commozione del popolo inglese , del popolo francese , di quello italiano, di tutti i paesi dell' Europa occidentale , quando parve a un certo momento che il capo del governo inglese, opponendosi alle iniziative oltranziste di guerra del governo americano , volesse intervenire per imporre una politica di distensione internazionale. credo che il governo inglese non ebbe mai tanta popolarità come in quel momento. come si possono prendere simili iniziative, ed è in grado l' Italia di prenderne? credo di sì, ne sono profondamente convinto. e che cosa occorre fare? una cosa sola: occorre distaccarsi dalla politica americana. sappiamo quale è la politica americana. essa tende alla acutizzazione di tutti i conflitti coi paesi non più capitalistici; a mantenere e rendere sempre più profondo il distacco tra le due parti del mondo, a spingere con tutti i mezzi una delle parti verso il riarmo sfrenato e la preparazione accelerata alla guerra. in questo modo, questa politica spinge tutti verso la guerra. il generale MacArthur è stato destituito. sta bene. desidero però mettere in guardia il popolo italiano dalle conseguenze troppo affrettate e ottimistiche che si potrebbero ricavare da un simile atto. infatti, non sappiamo ancora se lo si sia destituito per cambiare politica e iniziare una politica diversa in quella parte del mondo e nel mondo intiero, oppure — come spesso avviene — se lo si sia destituito allo scopo di poter coprire meglio la continuazione e l' esasperazione, anzi, di una politica che tende a dividere il mondo in due, e a spingerlo alla guerra. non lo sappiamo ancora, e ciò rende ancora più attuale, per noi italiani, la necessità di manifestare una volontà nazionale di distensione della situazione internazionale, di creazione di una situazione in cui la pace nostra e del mondo non venga più minacciata. questo dovrebbe fare un Governo il quale sentisse ciò che vi è effettivamente oggi nell' animo del popolo. occorrono gesti drammatici, oppure — come è stato accennato — questo potrebbe farsi gradualmente, con limitazioni e distacchi evidenti, però, come venne fatto nel passato, quando si erano pure create situazioni pericolose per il nostro paese e per l' Europa? questo è un altro problema, e noi non escludiamo nessuna di queste possibilità. indichiamo però un obiettivo, che è un obiettivo di pace, e diciamo a chiunque oggi sia uomo ragionevole e abbia a cuore gli interessi del paese, che egli deve muoversi nella direzione di questo obiettivo. né vi è alcun pericolo, per noi, nel fare ciò. anzi, il giorno che l' Italia facesse un movimento simile, attraverso un atto del proprio Governo, o dei partiti politici principali del paese, il prestigio dell' Italia nel mondo immediatamente balzerebbe molto più alto di quanto non sia ora. ci collocheremmo subito tra i protagonisti della politica mondiale , e non avremmo da temere nulla, perché questo susciterebbe attorno al popolo italiano soltanto amicizie, e all' economia italiana aprirebbe soltanto nuove possibilità di fioritura, di allargamento degli scambi in tutte le direzioni, di superamento delle situazioni di ristagno e crisi, nelle quali ci troviamo oggi. naturalmente, tutto ciò è legato alla nostra situazione interna. sono d' accordo con l' onorevole Giannini, quando dice che il paese ne ha abbastanza di denti stretti è vero, soprattutto il ceto medio ne ha abbastanza di denti stretti. non credo che ne abbiano abbastanza i gruppi dirigenti della Confindustria, per esempio, i quali, anzi, stanno stringendo ancora di più i denti e provocando i lavoratori a nuovi conflitti. l' onorevole presidente del Consiglio ha, del resto, lanciato questa come una delle sue parole d' ordine. d' altra parte, le avanguardie della classe operaia e del popolo stanno conducendo battaglie difficili, dure; ma le stanno conducendo con tenacia, con disciplina, con spirito di sacrificio e anche con successo, e andranno avanti per la strada che è loro segnata dalla difesa dei loro interessi e dei loro ideali, dalla difesa dagli interessi della nazione, della libertà e della pace. se si vuole una distensione, l' inizio deve essere un cambiamento della politica internazionale , l' inaugurazione di una politica di pace. da questo dipende tutto il resto, perché da questo dipende la vita o la morte della nostra patria. ed è inutile lanciare contro di noi l' accusa di proporre una simile, politica all' Italia nell' interesse dell' Unione Sovietica . ma sì, è vero. una politica di pace fatta dal governo italiano sarebbe anche nell' interesse dei popoli dell' Unione Sovietica , senza dubbio, perché provocherebbe una distensione della situazione internazionale e quei popoli non desiderano e non hanno bisogno di altro che di questo. ma una politica di pace inaugurata da noi sarebbe nell' interesse anche del popolo americano , in cui cominciano a essere sempre più numerosi coloro che ne hanno abbastanza di mandare i propri figli a versare il sangue in Corea; sarebbe nell' interesse di tutti i popoli europei . sarebbe però nell' interesse, prima di tutto e soprattutto, del popolo italiano , perché, nelle condizioni in cui noi ci troviamo, da una acutizzazione della situazione internazionale, dalla continuazione di una politica forsennata di riarmo, di esasperazione di tutti i conflitti, ideali, economici e pratici, noi non abbiamo altro che da perdere, e alla fine ci minaccia una catastrofe. è inutile, onorevole Consiglio, augurarsi l' uscita dalla crisi di una parte della nostra industria attraverso le commesse di guerra. le commesse non ci sono e non ci saranno. ci sarà l' arrivo delle armi americane; o, se ci saranno le commesse, ci sarà l' arrivo di materie prime da trasformare in armi. e con che cosa le pagheremo? con le armi? le armi non sono beni produttivi, non si scambiano. per questa parte, quindi, la politica di riarmo non ci presenta altre prospettive che quella di un aggravamento e, più in là, di catastrofi. non l' ho mai negato. anzi, desidero ricordarle che, quando alla Costituente venne avanzata la proposta che l' Italia non avesse un esercito e un armamento, noi votammo contro. altro è ricostruire le forze armate , altro è fare l' attuale politica di forsennato riarmo nelle nostre condizioni economiche, per conto di un imperialismo straniero, come satelliti e seguaci di un gruppo, il gruppo dirigente della politica imperialistica americana, il quale, attraverso il riarmo, spinge noi e il mondo alla guerra. quello di cui in questo momento l' Italia ha bisogno è che vengano fatti passi seri verso la creazione di un Governo di pace, come condizione per poter distendere la situazione interna e lavorare, nel rispetto della Costituzione, al Governo quelli che fossero al Governo, all' opposizione gli altri, ma tutti nel rispetto e nell' applicazione della Costituzione repubblicana, per risolvere i gravi problemi della nostra ricostruzione economica, del benessere dei lavoratori, della rinascita delle regioni meridionali e delle isole, della difesa dei principi di libertà che nella Carta Costituzionale abbiamo sancito. non vi metterete voi, che ora siete al Governo, su questa strada? è probabile che no, anzi è certo. il problema, però, non verrà tolto dalla scena, la situazione diventerà sempre più acuta, il dissidio sempre più profondo. per questo noi poniamo la questione non a voi, non al Parlamento, non alle istanze costituzionali del paese soltanto, ma la poniamo a tutti i cittadini, convinti che non vi è fra i buoni cittadini italiani nessuno il quale non possa comprendere che la istanza che presentiamo corrisponde ai vitali interessi della nazione italiana, della democrazia e della pace.