Giorgio ALMIRANTE - Deputato Opposizione
I Legislatura - Assemblea n. 617 - seduta del 21-12-1950
Sulla politica estera del Governo
1950 - Governo VI De Gasperi - Legislatura n. 1 - Seduta n. 617
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

onorevoli colleghi , onorevole presidente del Consiglio , si è messa in dubbio, da varie parti, in questi giorni, l' opportunità di un dibattito parlamentare intorno alla politica estera , nell' attuale momento. siccome, attraverso la presentazione della mia interpellanza, io sono uno dei promotori di questo dibattito, voglio cominciare dichiarando che mi assumo ben volentieri di fronte all' opinione pubblica , di fronte al Parlamento, la responsabilità di avere richiesto in questo particolare momento, così drammatico, una discussione parlamentare, responsabilità che naturalmente è connessa al particolare obiettivo che noi ci proponiamo di raggiungere attraverso questa discussione e alla particolare visuale nella quale la discussione stessa viene da noi inquadrata. mi riferisco a quanto ebbi l' onore di dire all' onorevole presidente del Consiglio quando, per l' appunto, chiesi che venisse fissata di urgenza la discussione di questa interpellanza. dissi allora, e ripeto oggi, che è sommamente importante che le singole responsabilità vengano chiaramente fissate sia da parte del Governo che da parte dei vari gruppi che occupano i settori del Parlamento. è dunque una assunzione di responsabilità, è una richiesta di assunzione di responsabilità attuali, precise, concrete, il metro sul quale noi ci proponiamo di misurare l' importanza e l' utilità di questo dibattito. da parte della stampa governativa nei giorni scorsi è stato ancora una volta citato il senza dubbio nobilissimo esempio inglese, l' esempio di un Parlamento nel quale ogni qualvolta le sorti della nazione sono o sembrano essere in pericolo, al di là, al di sopra dei contrasti e delle opposizioni si ritrova una mirabile unità di intenti. sciaguratamente, con tutta la nostra buona volontà , noi non ci traviamo in una situazione analoga; e questa constatazione iniziale, in sostanza, dà a noi, come dà a tutti voi, per motivi diversi, da obiettivi diversi o addirittura opposti, il senso, la misura del dramma particolare che incombe sull' Italia nel quadro generale del dramma che incombe su tutta l' Europa e sul mondo. quindi sarebbe vano da parte nostra, come da parte di altri, auspicare che in questa circostanza si stabilisse qui dentro un clima di autentica unità nazionale . penso però non sia vano auspicare almeno che in questa circostanza, la quale, senza dubbio, supera in drammaticità tutte le precedenti, si stabilisca almeno un clima, vorrei dire, di serietà polemica, dato che nella polemica siamo e forzatamente ci dobbiamo essere e restare, un clima di concretezza polemica. in sostanza, ritengo che non sia vano auspicare che per lo meno non si cada nei giudizi astratti da un lato, nei giudizi preconcetti dall' altro, perché è sempre inutile, ma sarebbe particolarmente in questo momento inutile, di più, a mio modesto avviso, sarebbe colpevole l' attardarsi in generiche affermazioni e petizioni di principio; così come sarebbe inutile e altresì riprovevole il soffermarsi in quei giudizi preconcetti che per lo più esauriscono in se stessi tutte le impostazioni di politica estera da qualunque parte di questa Camera esse siano venute in passato. io non so se gli altri oratori si metteranno su questa strada; cercherò di dare il buon esempio, vale a dire, cercherò di astenermi e dalle posizioni generiche e dalle posizioni che direi preconcette, pregiudiziali, di astenermi dalle recriminazioni che in momenti di questo genere sono estremamente facili, sono ovvie, banali, da qualunque parte esse vengano, e cercherò invece di mettermi sul terreno della realtà quale essa si presenta agli occhi di tutti noi. primo. prendiamo atto che l' Italia è stata inserita in uno schieramento di popoli, il quale ha nel patto atlantico e negli accordi economici, politici e militari connessi col patto atlantico la propria configurazione storica. secondo. prendiamo atto che il patto atlantico , per l' evolversi fatale della crisi internazionale , non si presenta più ai popoli in generale, al nostro popolo in particolare, sotto quegli aspetti genericamente difensivi sotto i quali ci fu presentato quando esso fu contratto, ma è praticamente entrato, sta entrando in questi giorni, in funzione come vero e proprio patto militare attraverso la costituzione di un esercito europeo « integrato » , come si suol dire, sul piede di guerra, e attraverso la mobilitazione economica che accompagna la costituzione delle forze armate europee. terzo. prendiamo ancora atto che alla conferenza di Bruxelles, a quanto ci hanno annunciato i comunicati ufficiali, sono state prese deliberazioni, che sono state ufficialmente, o almeno ufficiosamente, definite come deliberazioni di mobilitazione europea. infine, prendiamo atto che il governo italiano , in stretta coerenza all' adesione incondizionata da esso data in passato al patto atlantico , ha incondizionatamente aderito a tutte le iniziative di cui sopra. mi sembra, onorevoli colleghi di qualunque parte della Camera, che questa nostra impostazione iniziale sia assolutamente realistica, e che, senza voler giudicare la realtà, in certo qual modo la fotografia. passando ora al giudizio, all' interpretazione, all' esposizione di un nostro particolare punto di visti e di una nostra particolare critica, noi dobbiamo esaminare, a mio avviso, due punti. primo. nel quadro della sua politica. estera, e non della politica estera che noi o altri possiamo avere suggerito o potremmo suggerire, il Governo ha sfruttato le possibilità positive che gli si presentavano? il Governo ha evitato, nella misura del possibile, i pericoli che gli si presentavano e che gli si presentano o, per meglio dire, che in seguito a tale politica si presentano e si presenteranno al nostro paese? seconda domanda. sempre nel quadro della sua politica. estera, e non di quella che altri potrebbe suggerire, o potrebbe aver fatto, o potrebbe voler fare, il Governo ha fatto e sta facendo tutto il suo dovere nei confronti del popolo italiano , sul quale incombe una minaccia tanto grave? il nostro intervento costituirà la nostra risposta a questi due interrogativi. alla prima domanda, se cioè nel quadro della sua politica estera il Governo abbia sfruttato le possibilità positive ed abbia evitato o tentato di evitare, o sia riuscito ad evitare, nella misura del possibile, le eventualità negative, i pericoli che tale politica indubbiamente, come ogni politica, ha rappresentato e rappresenta, noi rispondiamo rilevando — e ci sembra anche questa una considerazione assolutamente obiettiva che la posizione del nostro paese, nel quadro della Alleanza Atlantica , è divenuta di mese in mese, di settimana in settimana; sino agli ultimi episodi, sempre più una posizione assolutamente e, malinconicamente marginale. la ringrazio dell' augurio! stavo appunto per dire, se la mia dichiarazione non fosse stata prevenuta dall' interruzione, che vorrei evitare che si ripetesse ancora una volta che da questo settore della Camera simili argomentazioni e simili critiche non possano essere avanzate, perché siamo responsabili di tutto, perché — come dissi altra volta — io ed il collega Mieville fummo gli unici che il 10 giugno ci assumemmo quella tragica responsabilità, di cui saremmo quindi gli unici a sopportare le conseguenze. per evitare appunto che si ricorra ancora a questi motivi veramente stucchevoli, questa volta voglio dirvi: è inutile che ci si risponda che abbiamo perduto la guerra; o che avete perduto la guerra (perché, avendola dichiarata noi due, l' abbiamo perduta noi due!); vi diamo tutto ciò per concesso, ed anche quanto altro si potesse aggiungere; ma dopo avervi concesso tutto ciò, se non vi spiace, ragioniamo del presente. noi non siamo ne ciechi, né immemori; ci rendiamo perfettamente conto, molto di più di quanto immaginiate, perché abbiamo sufficiente senso di responsabilità , e potete, concederci anche un sufficiente senso di patria, della tragica situazione in cui si trovano un presidente del Consiglio e un ministro degli Esteri italiani, chiunque essi siano in questo momento. ci rendiamo perfettamente conto — e ce ne potete, anzi, ce ne dovete dare atto — di ciò che significhi aver perduto una guerra, tanto è vero che non abbiamo mai sostenuto che perdere una guerra potesse significare vincere la pace. abbiamo sempre sostenuto, quando altri dicevano che perdere la guerra era una benedizione di Dio, che perdere la guerra non è mai una benedizione di Dio, qualunque sia il regime che attraverso quella sconfitta venga abbattuto, perché, abbattendo il regime, si abbatte il popolo con le sue fortune. tutto questo lo abbiamo detto tante volte, e veramente si tratta di una polemica oziosa ed anche dannosa in momenti tragici e gravi come questo. ma, tutto ciò premesso, sosteniamo che anche partendo dalla situazione dalla quale disgraziatamente siete partiti, si poteva raggiungere altro risultato, e sosteniamo inoltre che si possa ancora tentare di raggiungere diverso risultato, purché si conduca una diversa politica. l' onorevole Giavi ha concluso auspicando che il nostro paese non subisca una sorte ancora peggiore di quella subita dal popolo germanico . l' auspicio dell' onorevole Giavi lo posso tradurre, sulla base dei fatti, e non dei miei punti di vista , in una constatazione: l' auspicio è tardivo, onorevole Giavi, perché siamo già, nel momento attuale, in una posizione politica di inferiorità nei confronti della posizione che nel concerto atlantico e nel quadro del patto atlantico sta assumendo la Germania di Bonn. siamo già arrivati a questo punto. ne vuole il Parlamento la dimostrazione? un giornale di oggi riporta alcune dichiarazioni del cancelliere Adenauer alla stampa italiana, dichiarazioni che concludono nel seguente modo: « è quindi ben comprensibile che l' odierna richiesta dell' assoluta parità non corrisponde solo ad una pretesa del nostro Governo, ma ad una condizione psicologica necessaria per condurre il popolo tedesco a collaborare con un fronte difensivo. comunque, gli esperti militari tedeschi si incontreranno con quelli alleati, e poi si vedrà se davvero vi è l' eguaglianza che noi esigiamo (ha detto « esigiamo » ; che terribile vocabolo, non ha paura di dirlo!) e se è stata abolita ogni discriminazione » . se il cancelliere germanico in una situazione politica tanto grave, per lui e per il suo paese, si permette di usare un simile linguaggio, evidentemente egli sa di poterlo usare, egli sa di doverlo usare, ha già posto tutte le premesse politiche per poterlo usare, per usarlo. e la sua politica si traduce, in fin dei conti , in questo linguaggio. voi direte che noi diamo troppa importanza ad un « esigiamo » . noi gliene diamo moltissima e gliene dà moltissima soprattutto l' opinione pubblica tedesca, che si sente confortata da simile presa di posizione e non subisce quel senso di pericoloso sbandamento che ha subito e subisce l' opinione pubblica italiana di fronte a ben diversi atteggiamenti e a ben diverso linguaggio. d' altra parte, anche se non ci vogliamo riferire alle dichiarazioni odierne di Adenauer, mi sapete dire, onorevoli colleghi , qual è in definitiva, dal punto di vista della Germania, della politica germanica, il significato della conferenza di Bruxelles? si sono riuniti dodici ministri degli Esteri e dodici ministri della guerra; si sono poi riuniti, a parte, i tre così detti « grandi » o i vice-grandi, per essere più esatti: i ministri degli Esteri di tre grandi paesi. si sono riuniti. perché? per approntare un piano destinato al riarmo germanico, e poi hanno annunziato che apriranno trattative con la Germania. e tutti i giornali annunziano « caute trattative » ; e si teme che la Germania non accetti o non accetti del tutto; e si parla, di condizioni che la Germania pone. in altri termini, la Germania di Bonn, pur nella drammaticissima situazione che la disfatta militare le ha creato, come drammaticissima è la situazione che al nostro paese ha posto la disfatta militare, sta riuscendo a condurre una politica nazionale, non nazionalistica, ma nazionale, di difesa, entro i limiti che i duri destini impongono ad ogni popolo europeo , di difesa dei diritti, della dignità, del sangue, della carne della nazione. si tratta, dunque, di analizzare le ragioni della posizione marginale che in seno al sistema atlantico è stata assegnata all' Italia. le ragioni sono molte; cercherò di classificarle. vi sono delle cause morali, che metto in primo piano , perché, a mio parere, sono le più gravi. non molti giorni or sono Il Giornale d'Italia ha pubblicato un articolo di fondo, che ha fatto chiasso; era intitolato, se non sbaglio, « gli americani non si fidano di noi » , oppure « diffidano di noi » . questo articolo denunziava una situazione di fatto, uno stato di sfiducia da parte dei governanti americani, in particolare, e dell' opinione pubblica americana in generale, nei confronti del nostro paese e del nostro Governo. perché non si fidano di noi? semplice (è una storia vecchia, è una storia che ci va perseguitando di generazione in generazione): perché temono da parte del popolo italiano la politica dei giri di valzer. veramente vi è un vocabolo più moderno per definire quello che 50 anni fa si chiamava il giro di valzer: è il doppio o il triplo o il quadruplo gioco; il girellismo, per dirla invece con il vocabolo classico. riconosco con dolore che, fondata o non fondata, questa accusa grava sul nostro capo come una spada di Damocle . ed io, d' altra parte, vorrei che l' onorevole ministro degli Esteri in un momento di sincerità mi dicesse quante volte egli ha trovato un ostacolo sulla sua strada proprio nella diffidenza dello straniero nei nostri specifici confronti; una diffidenza che noi possiamo anche respingere, che noi, come italiani, dobbiamo respingere, ma che purtroppo esiste, che si coagula e che ad un certo punto determina fatti politici altrimenti inspiegabili. onorevoli colleghi , abbiamo qui condotto aspre polemiche in merito alla non ammissione dell' Italia all' Onu, in merito al trattamento che, dopo non averci ammesso, ci hanno fatto relativamente alla sistemazione dei grossi e dei piccoli problemi coloniali, in merito alla questione di Trieste, in merito alla politica degli anglo-americani nei confronti di Tito; bene: ogni qualvolta si è parlato di questi problemi, il Governo ci ha portato le giustificazioni od i chiarimenti del caso e ha tentato di spiegare che tali eventi disgraziati erano dovuti, oltre che alle cause generali di cui tante volte abbiamo parlato, a questa o a quella particolare contingenza politica. ma, in fin dei conti , dietro tutti questi disgraziati eventi vi è stato sempre — ed ha pesato sempre forse più di quanto molti di noi non pensino un fattore psicologico, che è quello di cui parlava Il Giornale d'Italia : non si fidano cioè di noi. hanno torto, va bene ; ma, se hanno torto, diamoglielo questo torto, cioè svolgiamo una politica e svolgiamo soprattutto una propaganda tale da dissipare e non piuttosto da rafforzare quel sospetto e quella diffidenza. in altri termini, volete o non volete rendervi conto che la difesa ad oltranza fatta anche in questi ultimi tempi, se non ufficialmente almeno ufficiosamente, dei vari Maugeri o dei vari Badoglio ci danneggia come paese, ci danneggia di fronte all' opinione pubblica mondiale? volete o non volete ricordare per lo meno una frase indicativa, tipica di Churchill? si trova nelle sue tanto decantate Memorie di guerra: « ammiro gli uomini che lottano per la loro patria sconfitta, anche se militano nel campo opposto al mio » . sì, mi direte, Churchill ammira gli uomini che si battono per la loro patria sconfitta, ma stringe la mano agli uomini che gli servono schierandosi anche contro la loro patria sconfitta. siamo d' accordo, ma le strette di mano passano mentre l' ammirazione resta, e resta anche l' umiliazione di chi non ha saputo perdere. oltre a queste cause morali di carattere generale , vi sono delle cause politiche di carattere interno. si accusa il nostro Governo di una inefficiente od insufficiente politica anticomunista. mi spiego, resoconti parlamentari alla mano. seduta del 28 ottobre 1950, recentissima quindi (l' onorevole Scelba parla nelle date fatidiche, come vedete!): il ministro Scelba parla del partito comunista italiano ed enumera testualmente, fra i capi d' accusa che lancia contro il partito comunista : « 4°) l' azione spionistica, nelle amministrazioni statali e fuori, a danno dello Stato e dei cittadini e l' azione disgregatrice presso le forze armate dello Stato » (a questo punto annota: « è un fatto documentato e documentabilissimo » ; « 5°) l' azione paramilitare del partito comunista » . prosegue poi documentando queste accuse. di fronte a queste dichiarazioni, così importanti e così solenni, l' opinione pubblica si chiede: dice il vero il ministro dell'Interno ? dice il falso? se dice il falso, egli si assume in tal modo una responsabilità enorme, sconcertante: potrebbe veramente essere accusato di voler dividere il paese chissà per quali machiavellici disegni. ma, se dice il vero, si può mai concepire, indipendentemente dalla situazione, che un ministro dell'Interno si presenti in Parlamento denunciando la esistenza non di un partito che fa una politica od una propaganda sovversiva ma di una organizzazione paramilitare, e al tempo stesso non sia in grado di annunciare di aver già provveduto allo scioglimento di tale organizzazione paramilitare in atto indipendentemente da ogni politica di partito e di aver provveduto contro i responsabili? ora, io invece ben ricordo quel che disse durante quel dibattito un deputato democristiano (non faccio il suo nome per non metterlo in difficoltà) il quale denunciò gli stessi fatti, ma fu violentemente rimbeccato dal ministro dell'Interno perché stava facendo dell' allarmismo inutile. ma l' allarmismo ufficiale, l' allarmismo di Stato, voglio dire, era contenuto proprio nelle affermazioni dell' onorevole Scelba! pensate, onorevoli colleghi , quale enorme riflesso sull' opinione pubblica internazionale hanno avuto le affermazioni del ministro Scelba! così i paesi atlantici, i governi degli USA, dell' Inghilterra, della Francia sanno che in Italia esiste un organismo paramilitare contro lo Stato, che in Italia esiste lo spionaggio nelle forze armate e nelle amministrazioni pubbliche , per cui essa si trova su di una specie di trabocchetto, su di un vulcano! per fortuna noi ci dobbiamo occupare soltanto dei guai del nostro paese! se ella mi vuol dire che vi sono guai comuni, questa volta non è proprio il caso di ripetere: « mal comune, mezzo gaudio » ; mal comune, doppio dolore se mai! comunque, io mi riferisco a dichiarazioni ufficiali, e desidero sottolineare quali gravi ripercussioni esse possono avere all' estero. senza aggiungere poi quel complesso psicologico di cui parlavo prima, complesso di sospetti che si aggrava per le dichiarazioni di uomini responsabili. infatti, accade che uomini responsabili da un lato denuncino allarmisticamente, nella maniera più drammatica, l' esistenza di minacce contro lo Stato, e dall' altro lato proseguano il loro cammino tranquillamente senza preoccuparsi se queste minacce possano effettivamente attuarsi da un momento all' altro! vi sono poi cause di carattere economico dietro la marginalità a cui è stata ridotta l' Italia nel sistema atlantico, e queste riguardano voi; per cui noi vi chiediamo: decidetevi a scegliere una linea di politica economica uniforme e conforme alla nostra politica estera ! perché, effettivamente, è inutile, signori del Governo, menare il can per l' aia attraverso cifre che possono apparire astronomiche a prima vista, ma che poi quando vengono studiate denunciano la loro inconsistenza, o per lo meno la loro assoluta deficienza! in questi giorni si è parlato di 250 miliardi da destinarsi alla difesa; l' uomo della strada pensa con sbalordimento a questi 250 miliardi, e immagina: chissà quale mirabile esercito riusciremo a mettere in piedi con questa cifra! onorevoli colleghi , voi conoscete invece quale sia la situazione! voi sapete che il governo americano chiede ai governi che fanno parte del sistema atlantico uno sforzo pari, grosso modo, ad un decimo del loro reddito nazionale . voi sapete benissimo, pertanto, che lo sforzo concreto che ci viene chiesto in questo momento insistentemente ascende presso a poco alla somma di 700 miliardi annui e non di 250. voi sapete queste cose, perché le hanno pubblicate anche i giornali, sia pure in modo piuttosto reticente. sapete anche, onorevoli colleghi , che il governo americano si è impegnato, qualora questo sforzo venga fatto, ad integrare le economie dei paesi atlantici perché il cosiddetto punto di rottura non venga superato. poiché voi ci presentate, nel quadro della vostra politica, soltanto dei palliativi, noi vi diciamo: o avete la coerenza e il coraggio di imboccare la strada che avete detto di dovere e di volere imboccare, e allora seguitela decisamente e coraggiosamente fino in fondo, e fate quello che è necessario; oppure non seguitela affatto, e dichiarate addirittura che siamo terra di nessuno e che non ci possiamo difendere. e non mi pare vi siano delle soluzioni intermedie. permettetemi di entrare un momento nei fatti del Governo, quali essi per lo meno appaiono dalla stampa meglio informata. non mi pare che si possa accontentare l' onorevole Pella, nella sua politica di difesa assoluta, integrale del risparmio e della lira, e nello stesso tempo non scontentare l' onorevole Pacciardi nella sua politica di riarmo intensivo; non mi pare che si possa essere aderenti alla linea di condotta che vi suggerisce, sembra, la sinistra democristiana, di una politica cioè di investimenti produttivi nel campo sociale, nonché giustificare la permanenza dei socialdemocratici — si chiamano così — con dei programmi sociali che esigono naturalmente dei grossi investimenti sociali, e al tempo stesso annunciare l' investimento dei 250 o 300 miliardi che dovrebbero dare un contentino a quei ministri che si fanno invece sostenitori e assertori della cosiddetta politica forte. sono contraddizioni evidenti; ma, finché erano contradizioni governative in periodo normale o quasi normale della vita interna ed internazionale, poco male: queste contradizioni fornivano lo spunto a divertenti resoconti giornalistici e a dibattiti parlamentari più o meno interessanti; in questo momento però tali contrasti sono esiziali alla difesa del paese, e non ci permettono di sapere neppure in quale direzione procediamo, che cosa si vuol fare, che cosa si sta facendo. vi sono — e voi lo sapete molto meglio di me — cause, che chiameremo burocratico-amministrative, nella disfunzione della vostra politica estera : vi è cioè una incapacità, da parte di organismi che sono stati creati per altre cose, ad adeguarsi alle necessità dell' ora. vi è la urgenza di costituire organismi appositi, snelli, adeguati ai compiti, e invece resta in piedi quella elefantesca burocrazia italiana che non si può adattare a contingenze così gravi, così drammatiche e così urgenti, e aggiunge danno al danno, confusione alla confusione. inoltre, vi sono cause di carattere tecnico-militare. il presidente del Consiglio si è senza offesa, naturalmente — recentemente innamorato del generale Favagrossa, diventato quasi il simbolo della impreparazione di un tempo: è una specie di bandiera, agitata dinanzi ai giovani affinché finalmente si rendano conto degli errori che sono stati commessi in passato. di errori ne sono stati, senza dubbio, commessi, onorevole presidente del Consiglio . il generale Favagrossa, così tardivamente esaltato, ha commesso da parte sua il piccolo, piccolissimo errore, di pura forma, di rimanere al suo posto, di accettare di fare il ministro dopo aver denunciato tutto quel che aveva; denunciato, e di presentarsi alle Commissioni riunite della difesa e degli esteri della Camera dei fasci e delle corporazioni , nell' anno 1943, per esaltare la politica militare di quel Governo, del quale invece oggi, improvvisamente, per virtù di miracolo democristiano, e diventato tenace oppositore. ho detto che « per virtù di miracolo democristiano » oggi rinverdisce la fama di Favagrossa. voi di quel documento vi servite. niente di male: sono armi polemiche assolutamente lecite. ma, venendo invece al presente, e a parte le responsabilità del passato, io mi permetto, onorevole presidente del Consiglio , di richiamare la sua attenzione su dei dati che un novello Favagrossa potrebbe far presenti, sempre che vi siano dei novelli Favagrossa nel Governo attuale, cioè degli uomini che denuncino all' interno del Governo la situazione di impreparazione militare nella quale ci troviamo. i dati sono questi, molto semplici: una giornata di fuoco per una divisione costa 500 milioni di lire . occorrerebbero dunque 6 miliardi per permettere alle 12 divisioni italiane, esistenti sulla carta, di sparare per un giorno: mentre il nostro bilancio prevede l' impiego di 2 soli miliardi per tutto il servizio di artiglieria, il quale comprende oltre alle munizioni le spese per armi, carriaggi, eccetera quindi non siamo neppure alla giornata di fuoco. e, di più, per quanto concerne le scorte, per quanto concerne le materie prime , per quanto concerne i rifornimenti, l' Italia, oggi, secondo calcoli accreditati, dispone di scorte di materiali strategici varianti da un terzo ad un decimo di quelle del 1940; e, infine, per quanto concerne la situazione economico-finanziaria, si sa quali paurosi aumenti abbiano subito tutte le materie prime dall' inizio della guerra di Corea ad oggi: si parla di aumenti del prezzo del ferro dell' 11 per cento , del piombo del 70 per cento , del rame del 37 per cento , dello stagno del 90 per cento , dello zinco del 90 per cento , delle pelli dell' 83 per cento , della gomma del 377 per cento . sono problemi gravi, angosciosi, illuminati da queste aride, ma non tanto aride, cifre. ebbene, la linea Pella prevede forse l' accumulo di scorte di questo genere? ci siamo almeno valsi degli enormi crediti (80 milioni di sterline) accumulati in Inghilterra attraverso una politica che voi potrete considerare giusta e che noi abbiamo condannato come errata? ci siamo valsi o ci stiamo valendo o pensiamo di valerci di questi crediti per costituire delle riserve appena appena decenti? sono domande gravi e non so se le risposte potranno essere sodisfacenti. mi auguro che lo siano. ma ovviamente i problemi che in tal modo vengono posti sul terreno non possono essere respinti alla stregua di pure puntate polemiche. il paese ha bisogno di essere rassicurato al riguardo nel quadro, ripeto, della vostra politica e non di quella che altri potrebbero condurre. o vi illudete forse che per la copertura del nostro confine orientale si batteranno davvero le tanto vantate, in America ed in Inghilterra, divisioni di Tito? o volete forse che quelle tanto vantate divisioni si schierino esse sull' Isonzo e su qualche altro fiume italiano per coprire l' Italia in nome dell' Onu, senza rendervi conto di quale situazione sarebbe foriera una simile tremenda eventualità? vi sono ancora ed infine cause politiche di carattere internazionale che gravano sulla marginalità della nostra situazione in seno allo schieramento atlantico. molte volte, anzi sempre, quando si è discusso di questi argomenti in passato e quando le acque erano molto più tranquille, l' onorevole ministro degli Esteri ha sostenuto — se non erro — esplicitamente od implicitamente, che la chiave di volta della politica atlantica dovesse essere sempre ravvisata sull' altra sponda dell' Atlantico; vale a dire che la politica atlantica dovesse avere per noi il suo epicentro negli USA. ci si va accorgendo in questi ultimi tempi, ed in ritardo, che la chiave di volta della politica atlantica per noi è in Europa. si è rilevato in base a dati statistici (dati relativi alla popolazione, dati relativi alla produzione dell' acciaio, dati relativi alla produzione del carbone) che l' Europa occidentale ha nel suo complesso un potenziale bellico ed un potenziale economico imponente, superiore a quello dell' Europa orientale ; ma si è trascurato che vi è un altro potenziale europeo, un altro potenziale di cui l' Europa occidentale dispone: un potenziale politico enorme; e sotto questo rapporto bisognava valutare la politica atlantica, sotto questo angolo visuale bisognava valutare e condurre la nostra politica, e non essere presi alla gola, come lo si è stati in queste ultime settimane, dagli eventi. si vuole costituire un esercito europeo integrato, si sta tentando di costituire un esercito europeo integrato, ma è anche troppo evidente che non si può costituire un esercito europeo integrato senza essere prima riusciti a mettere in piedi una politica europea integrata che stia dietro a quelle truppe, e in certo senso sia nell' animo di quelle truppe, e renda possibile a quelle truppe di combattere. a noi sembra di poter obiettivamente rilevare che il governo italiano non ha fatto nulla o ha fatto molto poco per giungere a una politica europea integrata, se così posso continuare ad esprimermi. nei confronti della Francia, ci siamo gingillati per mesi e mesi, per anni, intorno al miraggio dell' unione doganale : si sono scambiati discorsi, si sono scambiati brindisi e protocolli e il tutto si è disgraziatamente insabbiato o quasi insabbiato. nei confronti della Francia, ancora, quando è stata lanciata l' idea che a molti e a noi stessi è sembrata sotto certi aspetti veramente luminosa, veramente europea, del pool acciaio-carbone, che cosa ha fatto il nostro Governo? ha detto di sì, come al solito, senza alcuna condizione o considerazione particolare; ma dopo qualche tempo, alle prime difficoltà, ha balbettato qualcosa che non si è capito se fosse un no, un sì, o un sì e un no insieme, dopo di che ha rinunziato ad impostare una propria politica? almeno a stare a quanto sui giornali è stato scritto al riguardo. ma sembrava e sembra a noi che la specifica funzione politica del nostro Governo nei confronti della Francia da un lato e della Germania dall' altro avrebbe dovuto essere, avrebbe potuto essere e possa ancora essere — e non siamo giunti ancora una volta in ritardo una funzione mediatrice, di reciproca comprensione, che da un lato attenuasse la paura e dall' altro le prevenzioni e i sospetti. non ci sembra di poter rilevare che il Governo abbia agito e stia agendo in questo senso. nei confronti della Germania e della questione del riarmo tedesco, le dichiarazioni del nostro Governo sono state dapprima assolutamente favorevoli; poi, alla vigilia della conferenza di Bruxelles, è venuto fuori uno strano comunicato in cui il punto numero uno contradiceva al punto numero due, in cui cioè con la sinistra si toglieva quel che si dava con la destra: si assumeva infatti dapprima una posizione di riserbo molto simile a quella francese, evidentemente per non scontentare troppo la Francia, e subito dopo di nuovo una posizione apertamente favorevole, evidentemente per non scontentare troppo la Germania. ma in questo modo, con questa politica eternamente duplice, eternamente oscillante, si finisce per non raggiungere i risultati che si dovrebbero raggiungere. quante volte noi abbiamo avuto occasione di lamentarci, ad esempio, per il trattamento veramente iniquo che il governo inglese ha fatto all' Italia in ogni contingenza, e per l' atteggiamento di aperta, dichiarata, irriducibile ostilità dell' Inghilterra ogni qualvolta all' Onu sono venuti in ballo interessi italiani e soprattutto interessi dell' Italia in Africa! ma d' altra parte dobbiamo obiettivamente riconoscere che l' avere il nostro Governo permanentemente incentrato la nostra politica atlantica a Washington e non a Londra, o almeno anche a Londra, non può non avere rincrudito quello stato di già esistente diffidenza e di già esistente dispetto dell' Inghilterra nei nostri confronti. né si può d' altro canto non riconoscere questo fatto, e cioè che l' errata impostazione propagandistica di tutti gli organi ufficiali e ufficiosi italiani nei confronti dell' esperimento laburista, il quale è senza dubbio il più rispettabile esperimento europeo che sia stato condotto in questi ultimi anni, ha accentuato, comunque, nell' opinione pubblica e nel governo inglese , quello stato di sospetto e di dispetto ai cui parlavo poco fa. tutto ciò mi pare sia emerso chiaramente in occasione della recente iniziativa del signor Attlee, il quale ha varcato l' Atlantico, moralmente a nome dell' Europa, ma diplomaticamente, concretamente, a nome dell' Inghilterra, e in parte, in maniera abbastanza marginale, della Francia: non certo a nome anche dell' Italia, non certo dopo aver sentito il bisogno di vedere se in qualche modo una concorde iniziativa, alla quale anche il popolo italiano aderisse, potesse pesare maggiormente che una iniziativa singola a nome del popolo inglese e, in parte, del popolo francese ! a questo punto si ripete la solita argomentazione: ma l' Italia è un piccolo paese, ma l' Italia è un popolo ormai retrocesso nella scala dei valori diplomatici internazionali! possiamo anche essere d' accordo su questa desolante constatazione; però, egregi signori, si chiede all' Italia, si chiede a questo piccolo paese, a questo popolo così retrocesso nelle posizioni diplomatiche internazionali, di fare il suo dovere fino in fondo: si chiede al popolo italiano di schierarsi in linea a difesa della frontiera orientale. e lo si chiede ad un popolo il quale si trova in prima linea , il quale non si trova in posizioni arretrate, marginali o secondarie; lo si chiede ad un popolo di 50 milioni di uomini i quali si troverebbero implicati in un conflitto che pagherebbero con la loro pelle e con il loro sangue! non vi sembrano, questi, argomenti politici che possano pesare sul giudizio, sulla valutazione delle cancellerie? o credete forse che si possa, da parte di chiunque, sottovalutare l' apporto o il non apporto di un popolo di 50 milioni di uomini, per di più schierati in prima linea ? di questi argomenti vi potete e vi dovete valere. tanto più che al popolo italiano si chiede qualche cosa: voi chiedete qualche cosa e qualche cosa chiedono le potenze con le quali il popolo italiano , attraverso l' adesione al patto atlantico , si è alleata. esatto. e allora io attendo ancora una sola prova della volontà di aiutarci da parte degli altri e, da uomo in buona fede , sono pronto ad arrendermi a quella. ma per ora ella deve ammettere che le prove mancano (anche una sola) e, quel che è più grave, sembra manchi (dico « sembra » perché è una constatazione così dura e dolorosa che non vorrei arrendermi ad essa), da parte di coloro che conducono la nostra politica estera , la precisa volontà di « esigere » (lo dice il cancelliere Adenauer e credo che lo possiamo dire anche noi) che questa prova di buona volontà , che questa prova concreta di aiuto ci venga offerta. d' altra parte, tutta l' impostazione del mio discorso, a prescindere da ogni pregiudiziale e da ogni recriminazione, è consistita e consiste nel chiedere che anche da parte nostra venga una prova di concreta volontà e che si cessi, infine, di parlare genericamente ed astrattamente di volontà di pace degli uni o di desiderio di guerra degli altri. noi siamo i primi a dare atto a questo Governo che esso vuole la pace; noi non abbiamo il minimo dubbio in materia; noi non abbiamo mai pensato che questo Governo sia così pazzo (perché dovrebbe veramente essere composto di pazzi da legare, come si dice volgarmente) da desiderare la guerra, una guerra che, ovviamente, al primo urto manderebbe in frantumi tutto quello che è rimasto in piedi in Italia. ma non è questo che si chiede ad un Governo; non bastano i suoi generici desideri o le sue intenzioni: sono le sue responsabilità che dobbiamo ricercare; noi dobbiamo vedere se alle intenzioni corrisponde la capacità, se alle prese di posizione generiche corrispondono concrete assunzioni di responsabilità. è questo l' esame che dobbiamo fare e che stiamo facendo. devo poi rispondere alla seconda domanda che inizialmente mi ero posto: se, sempre nel quadro della sua politica estera , il governo italiano abbia fatto e stia facendo tutto il suo dovere nei confronti del popolo italiano , sul quale incombe una così grave minaccia. ora, l' opinione pubblica italiana, in una sua frazione, che potete valutare come volete ma che comunque esiste, vi accusa di non aver saputo armare né materialmente né moralmente il paese di fronte a quanto sta accadendo e di fronte a quanto, purtroppo, può accadere: materialmente, per i motivi che ho già detto ma soprattutto perché sembra che non abbiate mai voluto comprendere il contrasto mortale che vi era e vi è fra gli impegni militari e politici che l' Italia andava assumendo e, più che il trattato di pace in sé e per sé, la politica da trattato di pace che avete continuato a condurre, la politica cioè di smobilitazione permanente che vi contradistingue. moralmente poi il discorso è ancora più serio e grave: sulla vostra stampa vi lamentate continuamente per le tossine morali che avvelenano il paese e, da un punto di vista obiettivo, avete perfettamente ragione: ma questa specie di guerra batteriologica , la più pericolosa, fra tutte, contro il morale del paese non è cominciata oggi, signori del Governo: è incominciata da un pezzo e viene condotta da anni in Italia. e quali sono le sue manifestazioni più tipiche? i veleni più gravi, che in altri tempi (ho promesso di non fare recriminazioni e non ne farò) potevano sembrare addirittura elisir di lunga vita, quali sono? mi limiterò ad elencarveli e mi comprenderete subito: il veleno del doppiogiochismo il veleno della faziosità: il veleno dell' antinazionalismo a tutti i costi. ripeto che in altri tempi a molti di voi, e anche a gran parte dell' opinione pubblica italiana nel clima della disfatta, cotesti hanno potuto sembrare non veleni bensì elisir di lunga vita. ci si gingillava volentieri con questi bassi arnesi, si bestemmiava volentieri su certi motivi permanenti non dello spirito italiano ma dello spirito umano e della civiltà in generale. era facile e comodo irridere al eroismo, irridere al valore, irridere a certi sentimenti e a certi dati umani essenziali che sono sempre stati, in ogni tempo e in ogni paese, la molla generosa della gioventù; ma quelle irrisioni sono ricascate sul cranio di chi le aveva lanciate come altrettanti boomerang, vi colpiscono ora ogni giorno, e ve ne preoccupate ben con ragione; ma al veleno bisogna contrapporre degli antidoti e non basta, onorevole presidente del Consiglio , ricordarsi oggi dei giovani caduti a Bir el Gobi . noi siamo lieti che ve ne ricordiate, ma vi sono non solo i morti; vi sono i vivi, e vi sono a Procida, in questi giorni, dei detenuti politici — li chiamano criminali di guerra — i quali hanno iniziato lo scioperò della fame e reclamano la libertà. la reclamano da chi? da voi e, più ancora, da coloro che portarono la « liberazione » , per causa dei quali essi sono detenuti e assieme ai quali la gioventù italiana, che non può solidarizzare con quei cosiddetti criminali di guerra, dovrebbe combattere! — non avvertite l' assurdità di una simile situazione? se non ne avvertite l' assurdità, non ne avvertite per lo meno il danno, la pericolosità? voi volete offrire alla gioventù italiana, degli opuscoli. alla gioventù italiana dovete offrire, invece, dei motivi presenti, reali, permanenti; dei motivi che valgano anche per il futuro, che possano giustificare nella vita di un uomo quella lacerazione che si produce ogni qualvolta un uomo sente di mettere in ballo e in giuoco la sua vita e tutto ciò che al mondo gli può rendere bella, cara, piacevole la vita! non potete pensare di mobilitare il popolo italiano (e Dio voglia che non sia mai necessario!) se prima di tutto non se ne armi lo spirito, non se ne tempri il morale, e non si ricostruisca da questo punto di vista , che e l' unico serio, il nostro paese semidistrutto da tante sventure! concludo. io ritengo, parlando come ho parlato, di fare null' altro che il mio dovere, anche se, purtroppo, i precedenti non lieti non mi autorizzano a nutrire la speranza di essere compreso. ritengo di fare il mio dovere: sono onorato, fiero di poterlo fare, perché ritengo di avere il diritto di parlare a nome di italiani che il loro dovere hanno sempre fatto, a nome di italiani che hanno il culto della patria e che hanno, onorevole presidente del Consiglio , la venerazione dello Stato; a nome di italiani i quali non mutano... collega Pajetta; ella e ancor più divertente dell' onorevole Poletto! ora, accusare me di fare il doppio gioco nei confronti della Democrazia Cristiana nel momento stesso in cui ella, collega Pajetta, d' accordo con la Democrazia Cristiana , chiede lo scioglimento del mio partito e gentilmente mi vuol mandare in galera, è — francamente — un po' troppo! io penso che per lo meno ella ha scelto male il momento per la sua interruzione. è chiaro che io sono la bieca reazione in agguato e che di nascosto m' incontro col presidente del Consiglio e col senatore Angiolillo, mentre è altrettanto chiaro che l' onorevole Togliatti, in questo momento, a Mosca, non si incontra con Stalin per decidere la rivoluzione in Italia! non ancora. vorrebbe venire a fare il Giubileo a Roma, ma ci auguriamo che non venga mai! concludendo, insisto nel dire al Governo: non perdete il tempo a mostrarci e a mostrare alla gioventù italiana degli opuscoli sulle responsabilità della guerra e del disastro in cui purtroppo si concluse! utilizzate piuttosto il tempo (se ancora ne rimane) per scongiurare con tutte le forze: 1°) che un' altra guerra si abbatta su di noi (e siamo i primi a riconoscere che, senza dubbio, questo desiderio avete, e che purtroppo poche possibilità concrete avete per evitare il disastro che è al di fuori, in gran parte, delle possibilità italiane di poter evitare); 2°) che, se il destino, sciaguratamente, c' imponesse un' altra prova, per lo meno la si affronti in condizioni di preparazione materiale e soprattutto morale tali da evitare, nella misura del possibile, un altro sfacelo; 3°) (è la cosa più importante, e dipende veramente da voi e solamente da voi) che alla sciagura di una guerra esterna che ci piombi sul capo si aggiunga l' ancora più dolorosa sciagura di un altro conflitto fra italiani. è questo il più serio, il più sereno e anche il più responsabile monito, onorevole presidente del Consiglio , della gioventù italiana e — se consente — del Movimento Sociale Italiano .