Pietro NENNI - Deputato Opposizione
I Legislatura - Assemblea n. 584 - seduta del 10-11-1950
Informativa del Governo sul sequestro e la liberazioni di militari italiani in Afghanistan
1950 - Governo II Prodi - Legislatura n. 15 - Seduta n. 209
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , non cederò alla tentazione di rispondere ai vari colleghi della maggioranza che sono intervenuti nel dibattito, anche perché, in realtà, esso non ha preso gli sviluppi che noi desideravamo. ed è forse da considerarsi con un certo rammarico che gruppi e tendenze che esistono in seno alla maggioranza non abbiano approfittato dell' occasione per dire in Parlamento, e attraverso il Parlamento al paese, ciò che essi dicono nell' ambito dei loro partiti o scrivono nei loro giornali. in modo particolare mi dolgo di non aver ascoltato in questo dibattito la voce di quei deputati democristiani — e sono molti — i quali nelle riunioni del loro partito hanno espresso non soltanto delle perplessità di fronte alla politica estera del Governo, ma anche delle critiche assai vivaci nei confronti del ministro che la dirige. mi dolgo che correnti di pensiero cattolico, che di recente e di frequente hanno trovato espressione sia in Cronache sociali , sia ne La Via , sia nell' Adesso, sia anche nei giornali più ortodossi dell' Azione Cattolica , come per esempio L'Italia di Milano, non abbiano avuto alcuna, eco qui. se ciò si deve alla disciplina di partito , io sono il meno autorizzato a lagnarmene, giacché, animale politico, animale di partito, trovo naturale che altri uomini di partito evitino, finché e possibile, di portare all' esterno le loro critiche. però, il disagio della maggioranza esiste, e questo è l' importante. e forse non è estranea a tale disagio la freddezza con la quale la stessa maggioranza ha ascoltato il ministro degli Esteri . avrei anche desiderato che i gruppi così detti intermedi portassero alla tribuna le perplessità che sovente manifestano, specie nei momenti di punta, quando le cose rischiano di guastarsi e il tacere diventa penoso e a volte impossibile. vero è che ha parlato qui — e brillantemente come sempre — il mio vecchio amico di esilio Calosso, ma l' idealismo di Calosso si ferma sempre al « ni » . ora, onorevoli colleghi , siamo arrivati al momento in cui il « ni » , l' astensione, lo « squagliamento » al momento del voto, sono forme intollerabili di vigliaccheria morale e intellettuale. tutte le posizioni hanno i loro inconvenienti, ed io vedo anche gli inconvenienti della posizione da noi assunta nella difficile lotta per la pace. ma la storia non perde molto tempo di fronte alle sottigliezze dei « distinguo » e vuole che, soprattutto nelle ore decisive, ci si risolva per il sì o per il no. hanno, infine, taciuto i colleghi di parte liberale, molto preoccupati, a quel che sento e leggo, dello straripamento dello Stato nelle discipline economiche, e meno preoccupati della decadenza della nazione al rango di nazione coloniale. la maggioranza è intervenuta nella discussione con due note in verità assai curiose. la nota del misticismo, con la trasposizione di sentimenti che hanno la loro sede naturale a San Pietro , nell' Aula del Parlamento. sono sentimenti rispettabili; che si collocano fuori della nostra funzione di legislatori e di rappresentanti del paese. la nota del fanatismo propria di chi trasferisce preoccupazioni, paure, odi interni sul piano della politica estera . e si sente che per costoro l' ammirazione per l' America va oltre la valutazione di quello che l' America è (fra l' altro, paese dove, fra le doti del più puro americanesimo, si comprende anche l' antipapismo e il protestantesimo), per fermarsi alla considerazione dell' interesse che essa presenta quale braccio armato della rivincita dei ceti conservatori e reazionari. un tale stato d'animo è anche esso fuori dell' ambito della politica estera , quale noi la consideriamo, il più possibile staccata da considerazioni di politica interna e di ordine strettamente ideologico. quanto alla risposta del Governo, essa mi lascia imbarazzato e credo di non essere il solo e di condividere l' imbarazzo della maggioranza. è difficile, infatti, conciliare la premessa del ministro sulla gravità delle decisioni che il Governo ha dovuto prendere, col tentativo di dimostrare che non è successo niente, che le cose sono al punto di prima dopo la quinta sessione del Consiglio atlantico e la riunione dei ministri della difesa. mi domando quali possano essere le cose gravi decise dal Governo se non è successo nulla e siamo oggi al punto in cui eravamo diciotto mesi or sono, quando il presidente del Consiglio , il ministro degli Esteri e il collega Ambrosini, ci rassicuravano circa il non automatismo degli impegni ivi contemplati. la verità è che è successo qualcosa di assai grave, su cui è strano che proprio l' opposizione abbia provocato le spiegazioni del Governo. che cosa, dunque, ha risposto il Governo ai quesiti da noi posti? per quanto ha riferimento alla richiesta di sottoporre al voto del Parlamento gli accordi militari in preparazione, non dice « no » in senso assoluto: sa che esiste un 8° articolo della Costituzione, che prima o poi la maggioranza si deciderà a votare le leggi costituzionali e a darci una Corte costituzionale ; sa che verrà il giorno in cui le violazioni della Costituzione non si saneranno con il voto dei 307 e rotti, ma dovranno essere giudicate da un corpo costituzionale che si terrà al di sopra delle nostre passioni giudicherà secondo lo spirito e la lettera della Carta Costituzionale . però cerca di eludere il problema affermando che l' esercito unico non c' è né si sa cosa sarà e come sarà organizzato. ora, se il ministro vuol dire che l' esercito integrato ancora non c' è siamo d' accordo; egli non ha mentito. non mentiva neppure — se non per reticenza — quando, in precedenti dibattiti a noi che intravvedevamo nello sviluppo logico della sua politica l' esigenza degli impegni militari, rispondeva: « non ci sono impegni di carattere militare » . non erano forse ancora sulla carta: erano tuttavia nella logica della sua politica. l' esercito unico non c' è ancora, e per parte nostra creeremo tutte le difficoltà possibili all' interno e fuori, perché non ci sia. tuttavia la quinta sessione del Consiglio atlantico ne ha deciso la costituzione e noi siamo qui a discutere quali conseguenze una tale decisione è destinata ad avere per noi e per lo Stato italiano. egualmente, cosa risponde il Governo a noi che chiediamo: « né truppe e comandi stranieri in Italia, né truppe italiane fuori, dei confini » ? risponde che non vi sono truppe straniere in Italia, né truppe italiane fuori dei confini ed è probabile che le cose rimangano quali sono. non è il problema. la situazione di oggi la conosciamo. sono gli impegni per domani che vorremmo, fossero nettamente delimitati. in altre parole: l' adesione all' esercito unico comporta, o non comporta, come inevitabile conseguenza: che vi siano truppe straniere in Italia o truppe italiane fuori d' Italia? il ministro della Difesa fa cenno di no. io dirò a lui quello che dicevo poco fa al ministro degli Esteri : non lo accuso di menzogna ma di reticenza sì, di ignorare le conseguenze dei suoi stessi impegni che non avrebbero senso se non comportassero una dislocazione dell' esercito unico al di sopra di ogni considerazione nazionale. ecco perché domandiamo il voto del Parlamento. la medesima osservazione si impone a proposito del secondo punto della nostra mozione, quello in cui domandiamo al Parlamento di fissare al Governo come limite inderogabile nei suoi accordi militari l' interdizione dell' uso del nostro territorio, dei nostri porti, dei nostri aerodromi a forze straniere. ed è inutile rispondere: « oggi » ciò non avviene. forse su questo punto la risposta negativa non è del tutto esatta. senonché ogni decisione va considerata non per ciò che è ma per ciò che è destinata a divenire nel suo naturale sviluppo. da questo punto di vista le stesse parole del ministro degli Esteri stanno ad indicare come egli consideri un tale impegno implicito nell' adesione all' esercito unico, anche se ogni concreta decisione è ancora da prendere dal comando supremo in via di organizzazione. con l' ultimo paragrafo della nostra mozione noi domandiamo che il Parlamento sancisca l' obbligo del Governo a non assumere impegni automatici tali da poter coinvolgere il paese in una guerra. il ministro mi assicura che nulla è cambiato per quanto concerne le prerogative del Parlamento; che il patto atlantico diviene automaticamente esecutivo solo in caso di aggressione; che sarebbe troppo comodo per l' opposizione, ove si verificasse l' ipotesi dell' aggressione, immobilizzare il patto con interminabili discussioni parlamentari. e siamo sempre a lato della questione, che è questa: sì o no la creazione dell' esercito unico è destinata a determinare una situazione di fatto in virtù della quale ovunque uno dei suoi reparti entri in azione ivi ha inizio la guerra per tutta la coalizione? il problema sta in questi termini. siamo di fronte a un fattore nuovo, di ordine militare, tale da annullare praticamente la garanzia della non automaticità il diritto del Parlamento di dichiarare lo stato di guerra . uno degli argomenti del ministro degli Esteri merita considerazione; quello che subordina l' azione dell' esercito unico al caso di aggressione. non vale la pena che io faccia perdere nemmeno un minuto alla Camera per sottolineare come nella tecnica moderna delle guerre sia estremamente difficile, se non impossibile, stabilire chi è l' aggressore. valga per tutti il caso della guerra del 1914, quando parve patente il caso dell' aggressione tedesca, e ciò nonostante il Reichstag, socialdemocratici compresi, proclamò che la Germania era stata aggredita. oggi le cose sono diventate, ancora più complicate e difficili. senonché, signori del Governo, siamo di nuovo fuori dei ripetuti vostri impegni di considerare solo possibile per l' Italia una guerra di difesa delle nostre frontiere. così ha sempre parlato il presidente del Consiglio ; così suona lo stesso discorso sciagurato del ministro Pacciardi sui 400 da « far fuori » , nel quale si diceva ai soldati, che essi mai sarebbero stati mandati a combattere oltre i confini. parlando in tale guisa il Governo intendeva sottolineare come la necessità dell' intervento nascesse solo nel caso di una aggressione diretta alle nostre frontiere. dove va a finire questo impegno, se or ora il ministro degli Esteri ha potuto dire che ovunque, in Europa o nel mondo, sia minacciata una posizione democratica (come dice il ministro) ivi noi dobbiamo intervenire per non subire più tardi la stessa sorte? la maggioranza può accettare questa tesi; tuttavia, accettandola, essa perde il diritto di dire che l' adesione italiana al patto atlantico e all' esercito unico costituisce soltanto un mezzo di difesa fisica della nazione, sulle sue frontiere, in caso di aggressione diretta. la verità è che, per la maggioranza, la necessità dell' intervento nasce ogni qualvolta e ovunque si scateni un movimento interno di carattere rivoluzionario tale da colpire gli interessi di determinate potenze e determinati imperialismi. dove un simile evento si produce, ivi starebbero, secondo il Governo, le frontiere italiane, ivi nasce la necessità dell' intervento militare. a questo assurdo interventismo reazionario diciamo di no, mille volte no! onorevoli colleghi , poche parole sul riarmo della Germania. inutile ripetere cose già dette. senonché nella risposta del ministro c' è qualche cosa di singolare. suppongo che i colleghi socialdemocratici, se sono solidali col loro compagno Schmacher, si affretteranno a mandare a Bonn il discorso del ministro Sforza, in modo che possa trarne largo profitto nella campagna che conduce perché i tedeschi non siano adoperati quale carne da cannone. oggi abbiamo nel mondo una situazione caricaturale: ognuno vuol fare la guerra con la pelle degli altri. tuttavia, cosa dicono oggi i tedeschi? cosa dice Schumacher? cosa: dice lo stesso cancelliere Adenauer? dicono di non voler fare la guerra né per conto degli americani, ne per conto dei francesi, ma soltanto per i loro interessi. Sforza vorrebbe che la facessero per conto degli italiani, per tener lontana dall' Italia la minaccia sovietica. non la faranno, onorevole ministro. i tedeschi hanno posto il problema in termini assai crudi condizionando una loro eventuale partecipazione alla crociata della cosiddetta civiltà cristiana alla preventiva riabilitazione della Wehrmacht, alla liberazione e glorificazione dei generali di Hitler, alla sconfessione della politica degli alleati nel 1943, quando Hitler era pronto a mettere le sue ultime divisioni a disposizione della civiltà cristiana contro l' Unione Sovietica . Roosevelt e Churchill dissero di no. questo vuole la Germania di Bonn: vuole la riabilitazione e la ricostituzione del suo vecchio militarismo, e ciò deve costituire motivo di preoccupazione per tutti i democratici, per tutti gli italiani. per sfuggire un pericolo immaginario, l' Occidente crea con le sue mani un pericolo reale. il giorno in cui fosse ricostituita la forza militare tedesca, essa agirebbe in funzione degli interessi tedeschi, cioè per la riconquista delle posizioni territoriali che la Germania ha perduto nella guerra. ciò detto, è chiaro che le nostre posizioni restano quelle che erano: sì e no ; sì da parte del Governo, probabilmente (la mia è soltanto una precauzione oratoria) sì da parte della maggioranza; no da parte nostra. però, onorevoli colleghi , (e con ciò mi avvio alla conclusione) rimane in ombra il problema che è forse il più interessante, il più vivo in questo dibattito; il Governo ha o non ha la coscienza di quali saranno gli sviluppi della politica di cui oggi cerca di annebbiare i contorni, ma nella quale noi vediamo, credo con grande chiarezza? onorevoli colleghi , tutto è in tutto, e credo che oggi sia più vero che mai che tutto è nella politica estera . è una tesi che io sostengo da molto tempo, che ho sostenuto in contradittorio con diversi dei colleghi che oggi siedono sui banchi socialdemocratici, nel 1946 quando essi credevano che tutto fosse nel ministero dell'Interno ed io pensavo già allora che l' Italia avrebbe fatto la politica interna e la politica economico-sociale della sua politica estera . noi abbiamo già la politica interna e la politica economico-sociale della vostra politica estera . so bene che vi sorregge oggi una certa illusione. generalmente la politica del riarmo determina effetti iniziali euforici. fu il caso della Germania di Hitler che attraverso la politica del riarmo, in meno di tre anni, riassorbì i suoi quattro o cinque milioni di disoccupati; li riassorbì, ma poi fece pagare a loro e alla Germania un conto piuttosto salato. in parte, qualcosa di analogo si ebbe in Italia tra il 1930 e il 1935. anche per noi il conto fu salato. orbene, oggi non esistono in Italia nemmeno le condizioni che hanno potuto determinare in altre epoche e in altre circostanze il boom iniziale della politica del riarmo; noi non siamo in condizione di attenderci nessuno dei risultati che si verificano in questo momento negli USA, avremo soltanto gli aspetti negativi della politica del riarmo, la riduzione del tenore di vita , la paralisi o la crisi di ogni attività pacifica, il regresso morale e materiale. signori, questo vuol dire aggiungere miseria alla miseria in un paese dove la miseria ha già raggiunto e superato il limite estremo di sopportazione. questo vuol dire quindi prevedere, già oggi una politica interna la quale non può essere che di repressione. l' onorevole ministro degli Esteri ha parlato di Facta. ma, onorevole ministro, davvero la sua esperienza la porta a circoscrivere il fenomeno del 1921-22 alla debolezza senile di quel vecchio uomo di Governo? il fenomeno era assai più complesso. non tutti i ministri di allora erano dei vecchi ruderi privi di volontà. l' onorevole Bonomi, per esempio, pronunciò allora molti discorsi assai più energici di un certo discorso che abbiamo sentito negli ultimi giorni. a determinare la situazione del 1921-22 contribuirono certamente la debilità di Facta, la complicità dell' amministrazione col fascismo; ma il fatto politico e sociale che sta all' origine del crollo dello Stato costituzionale nel 1921-22 fu la incapacità di associare le grandi masse dei lavoratori alla difesa della democrazia. in questo senso noi andiamo a grandi passi verso una situazione di quel tipo. lo Stato costituzionale del 1922 cadde, perché fu attaccato contemporaneamente da sinistra e da destra. ora, l' accusa principale che noi rivolgiamo al Governo è appunto quella di creare e alimentare ogni giorno le condizioni del duplice, attacco popolare a sinistra, e reazionario a destra. contro una situazione simile non è efficiente una difesa affidata esclusivamente agli organi di polizia. la difesa ha da essere politica. si tratta di creare, sul piano della politica estera e della politica interna , condizioni tali che consentano alle grandi masse dei lavoratori, anche se i loro ideali vanno al di là della realtà di oggi, di porsi strenuamente a difesa delle istituzioni democratiche e repubblicane. la mia conclusione è che la vostra politica estera è esattamente il contrario di quella che dovrebbe essere; che il modo con cui voi trattate questi problemi, con un sussiego aristocratico che ci fa ridere, scava un abisso con le masse popolari ; che la vostra politica estera vi impone una politica interna ed una politica economico-sociale destinata ad aggravare la situazione attuale. non andate allora a cercare gli agitatori e gli untori nelle nostre file. signori del Governo, agitatori ed untori contro il sistema democratico, contro l' unità della coscienza nazionale siete voi e soltanto voi!