Alcide DE GASPERI - Vicepresidente del Consiglio dei Ministri - Ministro Beni Culturali ed Ambientali Maggioranza
I Legislatura - Assemblea n. 53 - seduta del 16-07-1948
Avviso a comparire al deputato Berlusconi
1948 - Governo I Prodi - Legislatura n. 13 - Seduta n. 392
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

mi si permetterà, dopo quello che è stato detto ieri, prima di quello che si potrà dire domani al Senato e più tardi alla Camera, di essere in questo momento conciso. incomincio col rinnovare l' augurio che l' onorevole Togliatti possa riprendere presto il suo posto nella lotta parlamentare e nella lotta politica. ho formulato questo augurio come capo del governo nelle prime tragiche ore. ho il dovere di farlo anche personalmente, poiché il destino ha voluto che egli ed io fossimo i due protagonisti — senza fare torto a nessun altro collaboratore in questa lotta per la chiarificazione politica — della lotta elettorale. forse qualche volta si è fatto un utile tentativo di rimpicciolire le antitesi e di ridurre a concezioni ed interpretazioni episodiche quelle che sono invece due concezioni di politica nazionale e internazionale completamente opposte. questo non esclude però la buona fede delle due parti: il mondo tutto è diviso oggi in due blocchi morali, chiamiamoli così, — lasciamo da parte le formule — in due concezioni di vita politica ed economica ed ogni interpretazione che viene dalla parte dell' opposizione sente di questa antitesi profonda, come ogni nostra risposta corrisponde ai contrasti di principio ed ai contrasti di tendenza . non possiamo superarli così facilmente questi contrasti. sarebbe vano pretendere che il Parlamento italiano, e la nazione italiana, la quale è una delle più passive in questa lotta (vi prego di non riferirvi a blocchi di carattere militare) possano di per sé sfuggire alla suggestione delle due concezioni ed alla necessità di questa antitesi. la polemica elettorale, perciò, ha avuto un carattere speciale di profondità. mi si accusa spesso d' aver assunto un tono di propaganda deciso, tono che non era forse comune né in ministri né in presidenti del Consiglio dei tempi passati. ma i tempi sono diversi ed io l' ho sentito come un dovere, e prego i colleghi dell' opposizione di credere che questa fu la mia convinzione, la convinzione della mia coscienza, la necessità di parlare quel linguaggio che corrispondeva ad una tendenza generale di fronte a quella che era una tendenza generale ed uno scopo pratico da raggiungere. dovrei constatare, però, che nonostante la risolutezza della polemica e direi anche nonostante la propaganda collaterale di cui né Togliatti né io siamo responsabili in tutti i particolari, nulla è mai successo che potesse dirsi atto di sopraffazione, atto di violenza, di ricorso alla forza. e perché? perché dalle due parti era stato naturalmente convenuto che l' appello libero, spontaneo, l' appello alla coscienza del popolo dovesse decidere. e, una volta che ambedue i lottatori avanzano d' accordo in questo concetto, che chi deciderà sarà il suffragio universale , allora l' unica arma è l' arma della libertà, l' arma della libera discussione e questa discussione, anche se aspra, non lascia riserve per ricorrere alla violenza contro l' avversario. questo, perché nell' interrogazione dell' onorevole Di Vittorio si parla di « atmosfera » . questa atmosfera, in realtà, questa atmosfera del 18 aprile, è stata atmosfera di libertà e di democrazia, anche se accesa, perché nel presupposto, nello scopo, nel carattere fondamentale, si trattava di un appello al popolo, di un ricorso al popolo, direi di un deferire al popolo, sottomettendosi alla sua decisione. questo è il concetto fondamentale della democrazia. questo concetto, oltre che di libertà, è un concetto di non violenza . l' appello al suffragio universale è stato così sentito che anche dopo la decisione, nonostante le critiche che si sono fatte, gli attacchi stessi e le contestazioni sui risultati, nonostante tutto questo che poteva essere un' esigenza psicologica di coloro che avevano subìto una sconfitta, non si può dire che si sia messo in dubbio il risultato del suffragio universale e la conclusione di un metodo. ora questa fu l' « atmosfera » . colleghi avversari, vi direi che questa è l' « atmosfera » che, per la dignità della nazione italiana, dobbiamo difendere anche nei confronti del mondo. in questi giorni ho avuto, da parte di rappresentanti stranieri, l' ansiosa domanda: « ma è vero che in Italia ci sarebbe un colpo di stato verso sinistra o verso destra? » . ed io ho risposto: « no! ho estrema fiducia che, anche in questo duro cimento, il regime democratico rimarrà saldo e si rinforzerà sempre più » . noi non abbiamo altra convinzione ed altra salvezza per la convivenza civile che le regole della libertà, della libera discussione e del ricorso all' appello e alla voce della coscienza, al di fuori di ogni soluzione di forza da sinistra e da destra. signori, il mondo — vi ricordate — ha ammirato l' atmosfera di serenità in cui, nonostante le polemiche, la decisione del popolo è avvenuta. ci sono anche oggi delle esagerazioni in giro. il mondo ci ammirerà anche domani, nonostante ciò che è avvenuto in questi giorni, del resto spiegabile come reazione contro un delitto che tutti hanno deprecato e corrispondente purtroppo a dei motivi di propaganda che rimangono come semente nelle coscienze e che scoppiano in forma disordinata, nei momenti decisivi. nonostante tutto questo, nonostante i conflitti e gli incidenti che si svolgono ancora, la nazione italiana ha superato questa crisi, e ne supererà delle altre se saremo fedeli, come io penso, Governo e Parlamento, ai principi di libertà e di democrazia. e qui lasciatemi dire, in questo momento in cui io ho visto l' avversario, il mio avversario (qualche volta poteva sembrare anche avversario personale, benché fossimo personificazioni di due concezioni e di due metodi di politica) lasciatemi dire in questo momento in cui egli è vittima di un attentato, che io sento che nulla pesava sulla mia coscienza quando ho fatto la polemica sia contro di lui sia contro gli altri. è vero, amici, è vero che io sono stato deciso nelle mie accuse, deciso nelle mie conclusioni. ho messo dinanzi al popolo italiano quella che a me pareva, e pare ancora oggi, la verità. ma se confrontate la campagna personale che è stata fatta contro di me, voi vi ricorderete — non lo dico per lagnarmi — che la campagna ha tentato di riprendere un tentativo fatto da Mussolini di mettermi fuori circolazione, accusandomi di essere un camaleonte, ora dell' Austria ed ora dell' America e mai della nazione italiana. non ho sollevato questo argomento per ravvivare polemiche, ma anzi per dire, per riconoscere che, nonostante questa campagna, a nessuno, nemmeno ai vostri più accesi adepti, è venuto in testa di ricorrere alla violenza e all' attentato; mai, mai! e vi dico questo, per dire che anche dall' altra parte — io non so quale parte sia, perché veramente un attentatore, un assassino premeditante, non so in quale settore si debba mettere; io credo in nessun settore — ... anche dall' altra parte si debba imitare questo metodo democratico e lasciarci correre alla discussione verbale, ma lasciarci correre, appunto, perché essa sostituisca la forza fisica, che deve essere bandita dalle discussioni politiche; ed ho detto questo per deplorare. dico questo, perché la mia condanna di tutto quello che, sotto il nome di fascismo, si vuol fare, per accensione di conflitti fino alla violenza, individuale o accampata come milizia, è decisa. non è un' opinione mia personale; è una condanna, che è programma di Governo . tutta la nostra azione è fatta per evitare questo. evidentemente, egregi colleghi, la discussione che qui oggi si fa sarebbe completamente superflua, se voi accettaste — come mi pare che qualcuno accetti — il dogma, secondo cui i bolscevichi, nella loro interpretazione ufficiale, dividono il mondo in due blocchi : uno si chiama comunista e l' altro fascista. allora, siamo fascisti tutti; evidentemente non c' è nessun rimedio. se voi parlate in questo senso, allora è inutile la discussione. però, io direi che, se c' è un significato chiaro, che può permetterei di interpretare la situazione italiana, questo è l' atto elettorale. questo atto che cosa dice? che il popolo italiano non vuol essere né fascista né comunista! bisogna persuadersi che il popolo è contro — magari esageratamente, credete voi con le vostre prevenzioni — la probabile, possibile ed eventuale dittatura comunista, perché ha provato la dittatura fascista. io ho questa visione, che non pretendo sia condivisa da voi, ma che credo corrisponda alla realtà e che almeno spero sia ascoltata, perché è la visione di un uomo che sente abbastanza il polso della nazione. ho questa visione per cui — lo ripeto — il popolo italiano , nella sua grande maggioranza, ha paura specialmente della dittatura. perché? perché l' ha provata! questo, per quel che riguarda l' atmosfera della nazione. io credo di rispondere in senso conciliativo all' onorevole Di Vittorio , quando lo assicuro che il Governo è vigile, tanto verso i tentativi di una specie, quanto verso quelli di un' altra. il Governo non dimentica che vi possono essere ancora degli illusi i quali hanno creduto a un certo momento, in buona o in mala fede, nella dittatura fascista, come se potesse riordinare tutte le cose e creare la grandezza dell' Italia artificiosamente, quasi inserendosi in un blocco di nazioni per dominarle con alleanze od altro. che se questa illusione esiste ancora, il Governo sa come deve combatterla per la salvezza del paese, perché non si cada in un altro baratro e non si finisca in un' altra guerra. ho ancora bisogno di aggiungere una parola: il Governo ha dimostrato in parecchie occasioni di volere che si tiri un velo sul passato. mi dicono da destra che esistono ancora troppe leggi eccezionali; mi accusano da sinistra di favorire troppo i fascisti. evidentemente non si può, in un giorno solo, gettare un lavacro su tutto quello che è avvenuto, su tutte le ferite che sono state inferte e su tutte le violenze che sono state sofferte; ma la nostra tendenza è questa: di non dare, né a una parte né all' altra, il senso della rappresaglia nella vita politica italiana per quel che è avvenuto da una parte o dall' altra. la nostra azione potrà essere insufficiente, ma la nostra buona volontà e le nostre direttive non possono esser messe in dubbio. io non credo, onorevole Pajetta, che se lei si trovasse in un paese dove è stato ospite parecchie volte, come la Jugoslavia, lei avrebbe la libertà che le è concessa di parlare in questo momento! non avevo capito l' interruzione, ma sono pronto a risponderle. se ci può essere chi accusa il Governo di trascuratezza nella difesa della incolumità personale dei capi dei partiti, di ciascun membro della Camera, io devo rispondere che ieri sera nel Consiglio dei ministri , il ministro dell'Interno ci ha riferito una lunga storia sui tentativi fatti per far accompagnare e proteggere Togliatti, il quale, giustamente, come faccio quasi sempre io, ha sempre detto di volersi affidare all' atmosfera di libertà, e al senso di rispetto della nazione italiana, e non ha voluto assolutamente essere accompagnato. questo per quel che riguarda il fascismo; questo per quel che riguarda le tendenze di rappresaglia. e le mie dichiarazioni valgono per il contegno e l' atteggiamento che il Governo seguirà nei prossimi giorni, con comprensione umana e saggezza politica, e d' altro canto con l' energia e con l' autorità che un Governo deve assolutamente avere. nell' interrogazione dell' onorevole Di Vittorio c' è anche la parola « reazionario » . ora, è qui che bisogna intendersi. immagino che egli mi pensi soprattutto reazionario nei confronti dell' attività sindacale, dell' attività dei lavoratori. io ho da rispondere che intendiamo attenerci fedelmente ai principi sanciti nella Costituzione, che non intendiamo di limitare minimamente la libertà sindacale, che in realtà questa direttiva non è mai stata data, che nemmeno di qui innanzi ci dipartiremo da questa linea. devo, però, anche aggiungere che per lavorare in Italia, per la ripresa economica , è necessaria un' atmosfera di tranquillità. noi abbiamo lasciato correre uno sciopero dopo l' altro in base alla Costituzione. non abbiamo fatto come il presidente del Consiglio cecoslovacco che, essendo contemporaneamente presidente della Confederazione, appena andato al potere ha detto: « adesso, basta con gli scioperi! » . non intendiamo farlo nemmeno per l' avvenire. non sarà il caso di anticipare qui, ora, una discussione economica sul problema della rivalutazione: è un problema troppo grosso, né possiamo parlarne per coincidenza; comunque, il Governo ha ampiamente esposte le ragioni del suo atteggiamento. saranno discusse a suo tempo. dico però che, accanto a questo principio della libertà sindacale, che vogliamo rispettare, per essere realisti, bisogna considerare che vi è un' altra esigenza, c' è una esigenza di lavoro, e c' è una esigenza di ordine sociale, di ordine politico. se si spingessero le cose a questo punto: che, un affare economico, finanziario, non si potesse fare solo perché coloro che se ne occupano (i semplici impiegati di banca) avessero la facoltà di chiudere gli sportelli e di lasciare il pubblico impossibilitato a ricorrere a qualsiasi espediente per poter risolvere una situazione finanziaria; se dovessimo ammettere che diventi regola che chi, per esempio, sta alle centrali elettriche possa togliere la energia elettrica a tutta la nazione, arrestando tutto il movimento e arrecando immensi danni al paese; se dovessimo ammettere come principio che i petrolieri, per esempio, solo perché distribuiscono petrolio, potessero far aumentare il prezzo della benzina, o addirittura impedire i movimenti di tutti i veicoli, arrestando tutto il movimento che si basa sulla nafta, nelle fabbriche, eccetera; se dovessimo ammettere questo principio, l' onorevole Corbino avrebbe ragione: questo — potrebbe dire — non è un Governo democratico, ma c' è un Governo apparente ed un Governo di fatto. ora, qui bisogna intendersi: ci sono dei limiti in cui le necessità, le esigenze della comunità, debbono imporsi a noi e a voi. è un problema, questo, che, fra i termini di libertà sindacale e delle esigenze vitali della comunità, deve risolversi. la questione è questa: o lo risolviamo democraticamente — secondo il concetto di libertà, ma tenendo conto anche di queste necessità dello Stato democratico — o lo Stato democratico fallisce in uno dei suoi punti nevralgici; ed allora non c' è altro mezzo: o la dittatura da una parte o la dittatura dall' altra. ecco che il problema sindacale va risolto e affrontato e noi ci riserviamo di presentare dei progetti di legge al riguardo. questi saranno discussi, saranno modificati. se saranno parole, si vedrà. saranno, dunque, discussi, saranno modificati; tutte le esigenze di libertà e di protezione sindacale verranno considerate; ma bisogna trovare una formula. comunque, non intendo con ciò annunciare provvedimenti in questa atmosfera. spero che ritorni quella serenità e quella tranquillità per cui i rappresentanti di ciascuna parte possano deliberare con coscienza per una soluzione definitiva e non sotto la pressione di situazioni contingenti. si tratta di trovare la linea di confluenza fra la libertà sindacale e il suffragio universale : qui sta il problema della democrazia. l' onorevole Nenni, che ha anche presentato una interrogazione, fa accenno allo sciopero generale . ecco, la mia opinione è che uno sciopero, un abbandono istintivo del lavoro nei primi momenti dell' attentato era inevitabile: lo confesso. è inutile richiamarsi a contratti, quando la folla è sotto l' impressione di un fatto che esecra e che colpisce un personaggio che le è vicino. quindi, io questo lo comprendo: fare il rigoroso a questo riguardo fino al quarto d' ora o ai cinque minuti, mi pare che sarebbe esagerato. ma io dico che uno sciopero proclamato con scopi che si riferivano alla vita del Governo, alla mutazione del Governo, è un gravissimo errore di fronte al quale nessun governo può capitolare, a meno che non si voglia veramente seppellire nel profondo della terra la democrazia stessa ed il metodo democratico! mi compiaccio che nell' ultima deliberazione della Confederazione del lavoro si dimostri un senso maggiore... signori, onorevoli colleghi , io penso che era ideale la nostra aspirazione, nei primi momenti del dopoguerra, quando lasciando cadere tradizioni care di organizzazioni speciali e particolari, si è sperato di poterci, in unità sindacale, astrarre almeno dai problemi politici contingenti (in quanto comprendiamo benissimo che c' è una politica sociale che interessa anche i lavoratori) e lasciarli alla democrazia e alla Repubblica, che è la democrazia costituita. questo è il problema fondamentale come lo vedevamo in quei tempi e questa era la fondatezza e l' idealità della nostra aspirazione comune. devo dire che questa lunga teoria di agitazioni e di scioperi e il metodo seguito, hanno condotto oggi l' unità sindacale al cimitero in cui si trova; e dico questo con grande rammarico, perché penso che senza le organizzazioni dei lavoratori non c' è progresso e non c' è possibilità di pensare ad una vitalità della democrazia. organizzazione vuol dire responsabilità; direzione vuol dire responsabilità. lo so, non è sempre facile assumere un atteggiamento di responsabilità; talvolta è impopolare. avrebbe fatto bene la Confederazione ad assumerlo già nel primo momento, limitando lo sciopero a quello scopo fondamentale di sfogo dell' opinione pubblica , dell' indignazione dei lavoratori, eccetera. ad ogni modo prendo atto con compiacimento che ieri sera lo sciopero è stato, per parte della Confederazione, chiuso; debbo dire anzi che già la coscienza dei lavoratori in gran parte lo aveva chiuso. voi vedete, egregi colleghi, che io vi parlo sinceramente e, direi, improvvisando totalmente, giacché ho avuto l' interrogazione dell' onorevole Nenni in questo momento e non ho avuto tempo nemmeno di studiate molto l' interrogazione dell' onorevole Di Vittorio . io vi dico che se in queste interrogazioni c' è un senso di collaborazione, come in democrazia deve esistere, fra opposizione e maggioranza, io sono qui per accettarlo, per rilevarlo, per compiacermene; se in queste interrogazioni c' è una speranza, che il Governo mostri comprensione verso la classe lavoratrice e soprattutto verso le organizzazioni della classe lavoratrice , la speranza che il Governo non faccia una politica di rappresaglia in questo momento, io sono qui per affermarlo: se però queste interrogazioni fossero — ed io spero che non siano — una continuazione di quei discorsi, di quelle proposte e di quei suggerimenti che sono stati fatti in questi ultimi tempi, in cui la politica si mescola alla questione sindacale, allora io dico che non ci intendiamo. questo è un altro problema fondamentale della democrazia, la quale si risolve essenzialmente con la distinzione delle funzioni. bisogna che sia chiaro che altro è la funzione sindacale, altro la funzione politico-parlamentare: questa risolventesi nel suffragio universale , quella in un rapporto contrattuale di categoria. ci sono, sì, delle interferenze: interferenze di legislazione, interferenze degli uomini stessi. e va bene ; questo non si può evitare. ma bisogna pure che non si faccia tutto un problema, poiché, altrimenti, noi verremmo ad accettare il principio, che disgraziatamente è diventato tendenza, quello cioè di surrogare il Parlamento attraverso un Governo di fazione, un Governo di parte. se gli organizzatori sindacali, in un modo o nell' altro, come decideranno, vorranno, dunque, collaborare con il Governo in tutto quello che riguarda la libertà sindacale, il progresso economico, le condizioni dei lavoratori, il Governo è pronto a farlo; chiede, però, che sia ben chiaro che la politica dipende dal suffragio universale e che non è ammissibile che si attribuisca ad un organo sindacale. noi non possiamo per nessun caso e in nessun modo ammettere che gli organi sindacali sostituiscano le decisioni che dal Parlamento derivano. sull' interpretazione del comunicato pubblicato dal Governo, ho già detto, mi pare, sufficienti parole ieri sera. è inutile che io ritorni sull' argomento; mi parrebbe di rimpicciolirlo. non è davvero una questione tra noi e i dirigenti sindacali; è una questione più grave che ci preme, e ci angoscia: quella del nostro paese. se mi si chiede, come anche nell' altra interrogazione, quale sarà la politica del Governo, io rispondo che essa poggia su queste basi: vogliamo in Italia portare a fondo l' esperimento democratico; vogliamo salvare il paese da qualsiasi reazione o rigurgito del passato e preservarlo anche contro qualsiasi tentativo di dittatura di estrema sinistra . questo è il programma dell' attuale Governo. l' esperimento deve essere condotto sino alla fine; ed è per questo, amici miei, che invano vi illudete che incidenti da una parte o dall' altra possano scuotere la nostra convinzione. avremmo, ed io personalmente soprattutto, dopo tanto lungo travagliare al Governo, bisogno di riposo; ma io dico che il popolo italiano ha bisogno di vedere che c' è una linea di Governo, una sostanza e una tenacia. e anche se talvolta mi si rimprovera di essere o troppo forte e violento o troppo incline al compromesso, non mi si può certo rimproverare che mi manchi la visione degli scopi cui bisogna tendere. vi si tenderà con maggiore o minore ritmo; ma vogliamo uscire da questo Governo quando veramente avremo dato alla democrazia italiana tutta la sua ossatura, tutta la sua armatura per difendersi liberamente e per presentarsi in dignità di fronte al mondo internazionale. e di fronte al mondo internazionale ci si presenta con dignità solo quando si sappia che si è creato uno Stato che ha le ragioni della sua vitalità nella sua stessa esistenza e che sono le sorgenti nazionali democratiche libere dell' Italia che creano il tipo che vale per la democrazia italiana: il tipo del vero Governo e della vera democrazia che deve essere quella della Repubblica italiana .