Giorgio ALMIRANTE - Deputato Opposizione
I Legislatura - Assemblea n. 45 - seduta del 10-07-1948
Ratifica dell'accordo di cooperazione economica tra Italia e stati uniti d'america concluso a roma il 28 giugno 1948
1948 - Governo V De Gasperi - Legislatura n. 1 - Seduta n. 45
  • Attività legislativa

signor presidente , onorevoli colleghi , fra gli oratori che hanno preso parte a questo dibattito l' onorevole Corbino ha giustamente osservato che, in merito alla ratifica dell' accordo bilaterale fra l' Italia e gli USA, i diversi gruppi politici , che fanno parte di questa Assemblea, hanno già da tempo segnato il proprio atteggiamento. da tempo, e, precisamente, durante la campagna elettorale , nella quale la battaglia fu impostata proprio su questo tema, su questa domanda: rispondere « sì » o rispondere « no » al Piano Marshall . io, quale esponente del Movimento Sociale Italiano , non mi trovo in una posizione così categoricamente segnata, e devo confessare, a nome mio ed anche a nome dei miei colleghi, che mi sono, che ci siamo trovati in una lunga e grave perplessità a questo riguardo; perplessità che non è certamente giustificata dal peso, ovviamente poco rilevante, del nostro voto o consenso in questa Assemblea, ma piuttosto da un problema di coscienza che noi abbiamo nei confronti del popolo italiano . il mio ordine del giorno parla di « ratifica » . è dunque chiaro che questa perplessità è stata vinta da quelle stesse ragioni di necessità, inderogabilità e impossibilità di comportarsi diversamente, secondo quanto è detto nella relazione della Commissione di maggioranza, con la quale noi in questo punto concordiamo; mentre dichiaro subito che non possiamo concordare con le opposte argomentazioni della Commissione di minoranza allo stesso riguardo. argomentazioni che non mi sono sembrate sufficienti per determinare in senso negativo una decisione di tanta importanza. a proposito della necessità di giungere a questa soluzione e della impossibilità di comportarsi altrimenti da parte del Governo e del popolo italiano , vorrei in primo luogo lumeggiarne le ragioni negative e cioè quelle che non giustificano l' atteggiamento di netta ed intransigente opposizione assunta da determinati settori di questa Assemblea al riguardo. bisogna, per inquadrare il problema nei suoi veri termini, che noi ci poniamo due domande precise: 1°) può il popolo italiano , nel momento attuale, risolvere il suo problema angoscioso, che non è soltanto economico e finanziario, ma soprattutto sociale, con le sue sole forze? 2°) dato che si risponda negativamente alla prima domanda, esistono attualmente, oltre a questa possibilità offertaci dal Piano Marshall , altre possibilità, altri piani, altre offerte, altre contrattazioni? alla prima domanda, purtroppo, bisogna: rispondere in senso negativo. l' onorevole Nenni, in uno slancio di lirismo, che ieri lo ha ringiovanito di fronte a questa Assemblea, ha dichiarato: « sì, il popolo italiano , da solo, si potrà risollevare, con le sue sole forze potrà percorrere questa rapida ascesa » . noi, in questa speranza ed in questo auspicio siamo tutti con lui; e, se il problema fosse un problema morale, o di politica pura, allora la questione sarebbe veramente diversa. ma in questo caso, dalla ragione pura si deve passare, purtroppo, alla ragione pratica: in questo caso ci sono interrogativi pressanti e responsabilità precise. ed allora non possiamo condividere le speranze così pateticamente espresse dall' onorevole Nenni, e dobbiamo riconoscere che, purtroppo, disgraziatamente, il popolo italiano in questo momento ha bisogno di un aiuto, o per lo meno bisogna convenire che ogni, aiuto che ci giunga non può non avere una efficacia determinante nella situazione in cui ci troviamo. alla seconda domanda, se, cioè, ci siano di fronte a noi altri progetti o piani di aiuti, ahimè, bisogna rispondere in senso negativo. lo diciamo con rammarico, poiché preferiremmo anche noi avere un' altra scelta: desidereremmo poter contrattare, diciamolo pure brutalmente, questi aiuti; avremmo preferito che il Governo potesse contrattarli. ma, purtroppo, non siamo su questo piano e dobbiamo prenderne atto se ancora una volta vogliamo discendere dalle astrazioni alla realtà concreta. malgrado queste considerazioni preliminari, le quali non investono ancora il merito dell' argomento, ma che sono indubbiamente indispensabili se vogliamo affrontare l' argomento stesso serenamente, coscientemente, obiettivamente, nonostante, dicevo, queste considerazioni, che a mio modesto parere si impongono all' attenzione di tutti, noi vediamo come l' opposizione socialcomunista si mantenga ferma sulle sue posizioni di rigida, assoluta intransigenza, pur dichiarando, come ha dichiarato per bocca dell' ultimo suo oratore, di essere disposta a forme di collaborazione internazionale che diano sufficienti garanzie. con la solita mia schiettezza, debbo riconoscere che talune delle argomentazioni addotte contro la ratifica di questo piano, talune delle perplessità al riguardo avanzate hanno un reale fondamento; non posso negare che effettivamente anche entro di noi esse trovano una certa rispondenza. non è certamente con gioia che aderiamo a questo piano. ma perché un' opposizione diventi seria e costruttiva, occorrerà pure una contropartita occorrerà pure una scelta, occorrerà pure che ci venga presentata una qualsiasi alternativa. ebbene, che cosa ci hanno presentato gli oratori socialcomunisti nel corso di questo dibattito? noi abbiamo ascoltato molto attentamente il lungo discorso dell' onorevole Togliatti e ci è sembrato — sia detto con tutto il riguardo — ci è sembrato che egli questa volta brancolasse un pochino nel buio, ci è sembrato che gli mancasse un appiglio concreto. ascoltando discorsi simili, mi torna alla mente un romanzo che lessi anni fa, in cui si dipingevano i casi di uomini medi, di alcuni fra i tanti uomini che nella vita non seguono un sistema morale, ma un sistematico opportunismo, e non dicono mai o quasi mai quello che, pensano. in quel romanzo, le parole pensate erano aggiunte, tra parentesi alle parole dette. così parlano certi oratori comunisti. ed è, per loro, una disgrazia. lo stile narrativo di quel romanzo ci torna con troppa facilità alla memoria quando ascoltiamo i discorsi dei deputati comunisti quando ascoltiamo da determinati oratori determinati vocaboli, come pace, lavoro, benessere, ricostruzione e immediatamente — tra parentesi — ci sovveniamo di altri vocaboli, che potrebbero essere: Masaryk, Benes, Petkov ed oggi anche Tito; e domani, chissà, speriamo bene per voi... e non sembri un paradosso, ma ci viene di fare anche un' altra osservazione e cioè che quello che sembra a tutti essere il punto di forza della politica comunista così in Italia come altrove, è invece il punto di debolezza: voglio alludere alla stretta connessione che c' è ed è apertamente dichiarata fra la politica comunista d' Italia e la politica comunista della Repubblica sovietica. ho l' impressione che vi state allarmando fuori proposito. non c' è ragione di allarmarvi; sto dicendo unicamente che siete amici della Russia sovietica ; di questo vi onorate ogni giorno. è una constatazione obiettiva. non c' è niente di male; perché vi irritate? l' hanno detto loro; forse non è più vero; e pertanto attendiamo una smentita. abbiamo ascoltato oltre le argomentazioni dell' onorevole Togliatti, quelle dell' onorevole Nenni, che in taluni punti ci sono sembrate suggestive. egli ha parlato di neutralità, ha sostenuto la tesi della necessaria neutralità italiana. ed anche qui egli non può trovare che consenziente tutta l' Assemblea. ma anche qui ho l' impressione che disgraziatamente (e certo non è colpa sua, è colpa degli avvenimenti) egli abbia ancora una volta fatto della ragion pura e non della ragion pratica, che egli si sia dimenticato della realtà di fatto. è vero — non ho alcuna difficoltà a riconoscerlo — che il trattato che ci viene sottoposto costituisce per alcuni punti, se non un attentato alla nostra neutralità per lo meno una menomazione o un principio di menomazione della neutralità stessa. è una realtà che risulta dalle stesse dichiarazioni degli uomini responsabili americani. d' altra parte, quando l' onorevole Corbino si chiedeva l' altro giorno come mai ci trovassimo in questa situazione e riferiva che nella relazione di minoranza si attribuiva a questo Governo la responsabilità di tutto ciò, ci pare che egli abbia avuto perfettamente ragione nel sostenere che, se mai, se si deve ancora continuare questo gioco di scaricabarile e di continua ricerca delle responsabilità, queste vanno attribuite in blocco a tutti i governi che si sono succeduti in Italia dal 1944 in poi. ciò premesso, e chiarito in modo assolutamente franco il nostro atteggiamento nei confronti di due settori dell' Assemblea, dobbiamo chiarire con altrettanta chiarezza e franchezza il nostro atteggiamento anche nei confronti degli altri settori dell' Assemblea stessa, perché abbiamo il dovere e il diritto di dare espressione a determinate preoccupazioni e a determinate esigenze che nei confronti del Piano Marshall trovano larga eco nell' opinione pubblica italiana. l' opposizione, a nostro parere, ha avuto torto, non tanto verso il Governo, quanto verso se stessa e i suoi interessi, nel dipingere troppo in nero le cose. ha avuto torto, perché quando il Piano Marshall , come tutte le cose di questo mondo, andrà rivelando durante il corso della sua attuazione quei vantaggi e quei benefici, che in parte almeno andrà rivelando, l' opinione pubblica si chiederà come mai questo piano sia stato dipinto in nero, e tutto in nero, da determinati ambienti e giornali. ma ha avuto torto anche il settore avverso della stampa italiana, quando ha dipinto in rosa e tutto in rosa il piano, perché, ancora una volta, quando il Piano Marshall , nel corso della sua attuazione, andrà rivelando quei difetti e quelle mende che indubbiamente, come tutte le cose umane, tutti i programmi politici, economici, eccetera devono rivelare, l' opinione pubblica di quell' altro settore sarà ugualmente disorientata. a nostro parere, la discussione intorno al Piano Marshall andava impostata su basi ben diverse di obiettività, senza che da un lato si sostenesse ad oltranza, come si continua a sostenere, la tesi dogmaticamente accettata dell' imperialismo americano, dall' altro, la tesi, dogmaticamente accettata anch' essa, della generosità del popolo e del governo americano . io non sono d' accordo in senso completo, quando si parla dell' imperialismo dei ceti capitalistici nordamericani. e mi sembra che non avesse torto il ministro degli Esteri quando osservava che l' indole stessa del popolo americano è tale da non poter determinare, nei confronti dei problemi politici, un atteggiamento così rigido quale di solito noi siamo portati a concepire. il ministro degli Esteri ha tentato di dare un' interpretazione concreta e positiva al problema, parlando di mentalità mercantile degli americani. questo ci sembra fosse veramente il centro della questione. ma poi lo stesso ministro degli Esteri si è lasciato trascinare da preconcetti, forse per necessità di propaganda, e ha fatto un ragionamento alquanto strano. egli ha detto: siccome gli americani hanno un' indole mercantile e siccome i traffici tra gli USA e l' Europa rappresentano soltanto l' 8 per cento dell' intero commercio nordamericano, l' indole mercantile porta gli americani a non dare eccessiva importanza a questa piccola Europa; e così l' Europa e gli europei sono considerati negli USA come una specie di mal di testa da far passare al più presto. ora, se l' Europa e un mal di testa , il Piano Marshall sarebbe un cachet per il mal di testa . l' altro giorno qualcuno ha osservato che se il Piano Marshall e un piatto di lenticchie, bisogna modificare radicalmente i nostri concetti su Esaù. ed io osservo che se il Piano Marshall è un cachet, occorre che medici e farmacisti si mettano d' accordo per riformare tutti i concetti correnti intorno alla cura del mal di testa . ma, cachets a parte, non bisogna dimenticare che gli americani hanno affrontato due guerre con enorme sperpero di vite umane , per questa piccola lontana Europa. questo dimostra che non si tratta solo di mal di testa , né soltanto di mentalità mercantile. e non si tratta affatto di generosità. d' altra parte ogni dubbio in proposito ci viene tolto dalla legge stessa presentata al Congresso americano , per l' approvazione del Piano Marshall . al titolo 2 essa dice: « il Congresso, riconoscendo l' interdipendenza degli USA e dell' Europa, rileva che la situazione economica esistente in Europa pregiudica il benessere generale e gli interessi nazionali degli USA » . parole più franche, più chiare, più esplicite non si potrebbero desiderare. qui si parla di interdipendenza, si riconosce che il problema dell' Europa è un problema di vita o di morte per gli USA. quello che, inoltre, mi interessa maggiormente di rilevare, è che qui si parla in maniera esplicita degli interessi nazionali degli USA. ora, il nostro ministro degli Esteri , parlando a Parigi in occasione degli accordi di cooperazione internazionale europea connessi col Piano Marshall , ha parlato anche lui di interessi nazionali , ma si è espresso in un modo un pochino diverso. egli ha detto: « nessun sacrificio nazionale sarà troppo grande » . è strano, ed è doloroso, che gli americani parlino di interessi nazionali e impostino la loro politica sugli interessi nazionali anche e soprattutto a questo riguardo, mentre noi parliamo ancora una volta di sacrificio nazionale. io credo che fra tutti i popoli del mondo nessun popolo si sia tanto sacrificato e sia stato tanto sacrificato agli interessi altrui quanto il popolo italiano . l' unico modo pratico, concreto, positivo e nazionale per attuare il Piano Marshall a nostro vantaggio (perché non si tratta di accettarlo o non accettarlo; si tratta di attuarlo nella maniera migliore nell' interesse del nostro paese), l' unico metodo è quello di rispondere alla mentalità mercantile (sia detto nel senso migliore) degli americani, con una mentalità altrettanto mercantile, cioè pratica, da parte nostra; rispondere all' elasticità e flessibilità del piano, quale è concepito dagli americani, con altrettanta elasticità e flessibilità da parte nostra. in una parola, rispondere agli interessi nazionali americani con gli interessi nazionali italiani. si dirà: ma il Piano Marshall serve per l' appunto, attraverso questa larga cooperazione prima europea e poi mondiale (così speriamo), serve per l' appunto ad attuare il superamento della politica degli interessi nazionali . e il ministro degli Esteri , parlando giorni fa, ebbe proprio un accenno a questo settore, della Camera quando rilevò che forse le sue affermazioni tendenti ad esaltare la collaborazione fra i popoli non trovavano eco in questi banchi. ebbene, non è vero. teniamo a precisare che quelle dichiarazioni, e qualunque sforzo sincero fatto in quel senso, trovano eco larghissima proprio — e oserei dire, soprattutto — fra noi che ci vantiamo di essere nazionalisti. mi pare, d' altra parte, che non ci possono essere equivoci in proposito. anche nella nostra vita quotidiana rileviamo la stessa interdipendenza fra soluzioni che possono parere egoistiche e personali, e sono invece concepite in senso più largo, in funzione più larga, in funzione umana. è noto che coloro che amano e intendono e sentono la loro responsabilità verso la società, proprio quegli uomini meglio e più intensamente amano e sentono precisa e forte la responsabilità verso la famiglia, verso la famiglia che è strada alla società, essendo la società strada all' umanità. nella stessa guisa la nazione è strada all' umanità. è un varco libero, aperto, ma per potere passare da un concetto ad un altro, bisogna che il concetto da superare sia da noi interamente posseduto. nel sentire, difendere, tutelare a tutti i costi gli interessi nazionali , è la sola strada attraverso cui si può arrivare a concepire veramente una collaborazione internazionale fondata sulla giustizia. altrimenti avremo la fittizia collaborazione internazionale attuale, che non è basata sulla giustizia, perché fra i sedici o diciassette paesi che partecipano agli accordi di Parigi noi, sciaguratamente, siamo in condizioni di minorità. al riguardo voglio farvi rilevare che il significato più interessante del Piano Marshall , per noi, sta in questo: che per la prima volta nella storia un grande paese vincitore di una grande guerra paga esso stesso le spese per la ricostruzione dei paesi distrutti. allora si dirà: generosità? no, non è generosità. gli USA hanno riconosciuto — come dicevo prima — che è per loro un problema di vita o di morte quello della ricostruzione dei paesi distrutti dalla guerra... hanno quindi riconosciuto sul piano economico che la fase della distinzione del mondo in vinti e vincitori è ormai definitivamente superata. ne discende allora un corollario: questa fase deve essere superata immediatamente anche nei rapporti politici fra i popoli, altrimenti si avrà questo assurdo: che l' Italia e la Grecia, per esempio, unite nel patto di cooperazione intereuropeo, siano disunite nel trattato di pace e l' Italia debba pagare ancora alla Grecia le riparazioni con i dollari che l' America dovrà darci. questo è economicamente assurdo ma è ancor più assurdo politicamente, ed è non soltanto assurdo ma doloroso — dal punto di vista morale. per noi, quindi, l' adesione all' accordo bilaterale fra l' Italia e gli USA vuole avere soprattutto questo significato; vuole averlo perché deve essere per il Governo un impegno in questo senso. nel nostro ordine del giorno c' è una frase che può sembrare contraddittoria in base alla interpretazione corrente che si dà al Piano Marshall . noi diciamo: « si invita il Governo a far valere l' adesione dell' Italia al piano di ricostruzione europea » ; e ciò potrà parere fuori argomento a quanti ritengono che oggi stiamo consacrando l' accettazione supina di un piano altrui. non è così. se vogliamo dare al gesto che oggi compiamo un significato nazionale, dobbiamo renderci conto che stiamo dando un contributo alla ricostruzione mondiale. questo deve essere per noi il significato dell' adesione al Piano Marshall ; e un tale significato non sussisterebbe qualora il popolo italiano non ottenesse la parità dei diritti fra le nazioni del mondo. non è possibile dare un contributo ad un' opera di ricostruzione ed essere considerati in minorità; non è possibile avviarsi lungo una strada e rimanere ai margini della stessa strada. ci sono due modi di interpretare il Piano Marshall , non solo in Italia ma anche in America. in America questi due modi sono stati tradotti nelle due parole correnti: la ricostruzione e l' assistenza. è sul primo dei due modi che noi dobbiamo puntare. il popolo italiano è oggi un generoso marciatore che si è fermato per via. passano altri lungo questa strada; qualcuno gli tende la mano; il popolo italiano può afferrare questa mano per rialzarsi, ma per continuare da solo la strada. secondo un' altra interpretazione il popolo italiano si siederebbe, e rimarrebbe ferma ai margini della strada tendendo la mano; prolungando, cioè, quella equivoca, immorale ed improduttiva politica degli aiuti, dei pacchi dono che, per forza di cose, si è verificata in questi ultimi anni. se adesione al Piano Marshall significa rimettersi in marcia, sia pure attraverso gli aiuti necessari da parte di popoli stranieri, se adesione al Piano Marshall significa per il popolo italiano possibilità di riconquistare la propria indipendenza economica, noi dobbiamo essere per questa soluzione. e siccome allo stato dei fatti non possiamo negare in maniera assoluta che a questa soluzione si possa giungere, noi non possiamo non ratificare. dobbiamo però chiedere al Governo, a quel Governo al quale, durante la discussione sulle dichiarazioni del presidente del Consiglio , avevamo già chiesto alcune precise garanzie a questo proposito, dobbiamo chiedere al Governo che quelle garanzie ci vengano date, che gli impegni vengano mantenuti e dobbiamo avvertire che la nostra adesione data oggi con riserve, che, credo, voi giudicherete oneste e fondate, non significa adesione ad occhi chiusi. noi continueremo, con le nostre modeste forze, a contribuire positivamente, attraverso una opposizione costruttiva, l' unica opposizione che ci sembra degna di essere condotta qui dentro, e a vigilare affinché i diritti inalienabili del popolo italiano non siano ancora una volta traditi.