Pietro NENNI - Deputato Opposizione
I Legislatura - Assemblea n. 443 - seduta del 21-04-1950
Informativa urgente del Governo sulle politiche nel settore delle telecomunicazioni, con particolare riferimento alla vicenda Telecom.
1950 - Governo II Prodi - Legislatura n. 15 - Seduta n. 44
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , non nascondo alla Camera che avrei preferito non essere nella necessità di presentare la interpellanza con la quale ha inizio oggi un dibattito assai delicato; avrei preferito che il Governo stesso, avvertendo la eccezionale importanza dei recenti avvenimenti, avesse preso l' iniziativa di una comunicazione al Parlamento. comunque, quello che il Governo non ha creduto di fare per impulso suo noi lo sollecitiamo a farlo oggi, coscienti come siamo della necessità che da parte del Parlamento e del Governo sia detta al paese una parola chiara nei confronti dell' eternamente risorgente problema di Trieste. non è la prima volta, onorevoli colleghi , che io sollevo alla Camera la questione di Trieste e del Territorio Libero . lo feci già nelle sedute del 24 settembre 1948 e del 21 ottobre 1949. allora, esaminando il significato, la portata, i possibili sviluppi della ormai famosa dichiarazione tripartita del marzo 1948, parlai di una « corbellatura elettorale » , e domandai al Governo di abbandonare ogni illusione ed ogni speranza sulla validità esecutiva di quell' atto diplomatico e di provvedere, nella misura in cui ciò gli era possibile, alla stretta applicazione dello statuto permanente del Territorio Libero di Trieste , statuto che, come la Camera sa, al suo articolo 9 prevede l' elezione degli organi locali del Governo nella successione seguente: nomina del governatore del Territorio Libero da parte del Consiglio di sicurezza dell' Onu, dopo consultazione dei governi jugoslavo ed italiano; formazione del Consiglio di Governo responsabile di fronte all' assemblea popolare; elezione dell' assemblea popolare e, infine, designazione del corpo giudiziario. il momento era allora eccezionalmente favorevole per il nostro Governo, dopo che al Consiglio di sicurezza del febbraio 1949 l' Unione Sovietica si era associata alla nomina del governatore nella persona del candidato indicato dall' Inghilterra. per chi non abbia dimenticato questo precedente, appare stupefacente come una parte della stampa abbia considerato un avvenimento sensazionale e nuovo la nota sovietica che ieri è stata presentata dal signor Gromyko ai rappresentanti diplomatici degli USA, dell' Inghilterra e della Francia, nota con la quale l' Unione Sovietica ribadisce sul problema di Trieste e del Territorio Libero l' atteggiamento assunto nel febbraio del 1949, dimostrando così come la sua politica estera non segua l' andazzo degli avvenimenti quotidiani e sia guidata da criteri permanenti, indipendenti dalle incidenze polemiche del momento. la Camera sa come la condizione pregiudiziale per lo sgombero del Territorio Libero da parte di tutte le truppe di occupazione sia la nomina del governatore e la conseguente elezione dei poteri legislativo ed esecutivo quindi sono previsti nel già citato articolo 9 dello statuto permanente. a tale proposito mi consenta la Camera un' autocitazione destinata a stabilire come la posizione che il gruppo socialista assume in questo momento non sia dettata dai recentissimi avvenimenti, ma risalga ad un' epoca in cui della questione si poteva parlare con maggiore serenità di oggi. io dicevo il 21 ottobre scorso: « abbiamo sacrificato ad una speranza e ad una illusione la possibilità di ottenere lo sgombero del Territorio Libero di Trieste dalle truppe d' occupazione jugoslave della zona B e di quelle anglo-americane della zona A » . il ministro Sforza, in quella occasione, mi rispondeva con le parole seguenti: « come affermare che la nomina di un governatore dello Stato libero di Trieste avrebbe meglio garantito l' Italia, mentre è chiaro che tale nomina avrebbe accentuato l' eternità di un trattato di pace che noi vogliamo sgretolare e che in gran parte siamo già riusciti a sgretolare? » . vi era un certo cinismo, onorevole ministro degli Esteri , in queste sue parole, giacché ella non ignorava — e non c' è un solo italiano il quale ignori — come ciò che nel trattato di pace gronda lacrime e sangue non tanto è la costituzione, o non solo è la costituzione del Territorio Libero , quanto il fatto che territori italiani come Pola, e l' Istria occidentale, siano stati strappati alla madre patria e consegnati alla dominazione di un paese straniero. e il cinismo è tanto più sfrontato se la Camera ricorda, come certamente ricorda, essere il ministro che teneva tale linguaggio il medesimo che aveva imposto all' Assemblea costituente la ratifica anticipata del trattato, quasi fosse stata improrogabile esigenza del paese contribuire, sia pure indirettamente, a dar vita ed efficienza al trattato stesso. del resto, il ministro degli Esteri fu ancora più esplicito in una discussione successiva a Palazzo Madama , allorché rispose al senatore Pastore con parole che oggi potrebbero suonare ironiche: « non ci importa — disse — che il Territorio Libero rimanga cosiddetto libero e conservi quindi una entità internazionale che possa camminare da sé; noi ne vogliamo l' annessione ed è per questo che non vogliamo il governatore » . confesso di non essere mai riuscito a comprendere donde il ministro degli Esteri , donde il Governo traessero una tanto ottimistica visione della situazione nel Territorio Libero e su cosa fondassero la speranza di realizzare in breve tempo il ritorno alla sovranità italiana di territori che sono italiani e che iniquamente furono strappati alla sovranità della nazione. comunque; sono passati due anni ormai dalla dichiarazione tripartita e i fatti dimostrano come il paese sia stato vittima per lo meno di un' enorme illusione. allorché, in riferimento alla dichiarazione tripartita del 20 marzo del 1948, io adoperai l' espressione « corbellatura elettorale » , l' onorevole De Gasperi protestò e oggi per deferenza verso di lui non parlerò quindi di « corbellatura elettorale » , ma usando il linguaggio più elegante dell' inglese Manchester Guardian dirò che si trattò di « un buffetto sulla guancia agli elettori italiani » . per l' onorevole Sforza i buffetti sulla guancia. per Tito i fatti compiuti. tale è sulla bilancia del patto atlantico la giustizia che si applica rispettivamente al nostro paese e alla Jugoslavia. i fatti compiuti di Tito in Jugoslavia sono essenzialmente due: l' introduzione del dinaro nella zona B in sostituzione della jugolira, l' abolizione delle barriere doganali fra la Jugoslavia e la zona B . contro questi due fatti compiuti il Governo ha protestato. l' onorevole Sforza ha fatto sapere alla Commissione degli esteri e al paese come nei due casi sopracitati egli non abbia mancato al dovere di richiamare l' attenzione delle potenze protettrici sulla violazione del trattato. aspetto di conoscere i risultati delle sue proteste, e credo di poter dire che il risultato e stato zero via zero, uguale zero, e che le proteste sono andate ad arricchire i polverosi fascicoli della questione di Trieste delle varie cancellerie europee. per parte sua, il ministro jugoslavo Kardelj, nel memorandum al governo italiano del 30 marzo, ha preso la controffensiva accusando il nostro Governo « di essersi applicato sistematicamente a separare la zona A dalla zona B del Territorio Libero , e ciò ai fini dell' annessione della zona A all' Italia e dell' isolamento della zona B » . non è dubbio che il memorandum jugoslavo del 30 marzo tendeva a precostituire un alibi politico per le elezioni di domenica scorsa. il ministro degli Esteri ha protestato anche contro queste elezioni e una volta ancora la protesta ha lasciato il tempo che aveva trovato. nessuno ha creduto di dover intervenire (se non con consigli rimasti inascoltati) per tutelare gli interessi del nostro paese ed esigere il rispetto di un trattato che, per parte nostra, noi abbiamo rispettato e applicato. questa volta, però, il ministro Sforza non si è limitato a protestare. egli ha parlato a Milano otto giorni prima, delle elezioni nella zona B , e lo ha fatto in termini assai concilianti, proponendo o riproponendo nei termini seguenti il problema dei negoziati diretti tra Italia e Jugoslavia: « stimo dover mio affermare che, anche se la dichiarazione tripartita si mutasse in quadripartita (eventualità che gli jugoslavi farebbero bene a non escludere a priori ) anche in quel caso noi preferiremmo sempre un accordo diretto con la Jugoslavia, accordo che lascerebbe aperta la porta a un largo regolamento di insieme fra le due repubbliche e i due popoli, il che non può significare che questo: a) che noi non pensiamo alla dichiarazione tripartita come un diktat cui la Jugoslavia debba passivamente sottomettersi; b) ma che l' accordo dovrebbe avere come punto di partenza l' accoglimento sostanziale della dichiarazione tripartita » . onorevoli colleghi , non è dai nostri banchi, non è dal gruppo socialista in nome del quale parlo, che può essere pregiudizialmente condannato o criticato il metodo dei negoziati diretti. lo ebbi in altra epoca, nel 1945-46, l' onore e un poco anche la disavventura (per il modo con cui la mia iniziativa fu allora interpretata) di proporre una Locarno dell' est alla quale partecipassero non soltanto l' Italia e la Jugoslavia, ma tutti i paesi del bacino danubiano, direttamente o indirettamente interessati ai problemi dell' Adriatico. non abbiamo motivo alcuno di modificare la nostra opinione. è però conforme al vero l' osservazione che la diplomazia non può sfuggire alla esigenza di presentare tempestivamente le sue iniziative. da molto tempo io non ho l' abitudine di essere d' accordo con i giornalisti americani e mi dolgo di dover dire come in questa questione dell' orario non si possa non convenire coi giornalisti americani i quali hanno considerato intempestivo il momento scelto dal ministro degli Esteri per proporre di riaprire i negoziati diretti fra Roma e Belgrado, mettendo alla loro base la soluzione delle questioni territoriali rimaste aperte dopo la guerra e dopo l' approvazione e la ratifica del trattato di pace . in questa materia non è possibile prescindere dalla considerazione che — il governo di Belgrado è sempre stato, ed è oggi più che mai intransigente sulla questione del confine fra l' Italia e la Jugoslavia. anzi sotto questo aspetto non c' era bisogno che l' opinione pubblica attendesse la risposta del Borba al discorso del ministro Sforza per conoscere il punto di vista del governo di Belgrado. tale punto di vista era stato espresso in termini assolutamente chiari nel memorandum del governo jugoslavo del 30 marzo scorso, che conclude esattamente così: « il governo della RFPJ desidera far sapere al governo italiano che gli sforzi in vista di risolvere la questione del Territorio Libero con delle esigenze irredentistiche ingiustificate riguardo alle zone jugoslave del Territorio Libero , non possono essere, in nessun caso, una base di intesa fra i due paesi » . allorché l' onorevole Sforza parlava a Milano egli aveva tra le sue carte il testo della nota jugoslava e non poteva prescindere dal suo contenuto. non poteva del resto prescindere, a maggior ragione, dai precedenti che esistono e che gli sono certamente noti. i precedenti sono quelli della conferenza dei ventuno a Parigi, allorché quattro ambasciatori italiani — i signori Carandini, Quaroni, Tarchiani e Reale, — furono incaricati di sondare se esistessero le basi di un accordo diretto fra l' Italia e la Jugoslavia sulla questione della frontiera, e quello delle trattative italo-jugoslave che si svolsero a New York nel novembre del 1946, dopo la famosa intervista dell' onorevole Togliatti con Tito, e dopo che, in favore delle trattative dirette, si erano pronunciati la nostra Assemblea costituente , il Governo tripartito dell' epoca, nonché i governi dell' Unione Sovietica , degli USA, del Regno Unito e della Francia. le trattative si svolsero in un' atmosfera avvelenata dalla interpretazione faziosa che per ragioni di politica interna si dette allora all' intervista di Togliatti, ma ciò malgrado furono portate quanto più innanzi risultò possibile. il 20 novembre 1946 l' ambasciatore Quaroni si incontrò a New York con l' allora ministro degli Esteri della Jugoslavia, Simic, presenti il viceministro Bebel e il signor Kossanovich. l' ambasciatore presentò al ministro jugoslavo la dichiarazione dell' Assemblea costituente in favore delle conversazioni dirette e la deliberazione analoga presa dal Governo. egli precisò di aver avuto dal suo Governo l' incarico di condurre trattative su tutti gli argomenti che erano stati toccati nelle conversazioni tra Tito e Togliatti, ossia sugli accordi commerciali, sulla protezione delle minoranze e sulle questioni territoriali. la discussione permise di appurare: 1°) che il governo jugoslavo considerava come inaccettabile la linea francese di frontiera; la linea, cioè, di confine dell' attuale Territorio Libero con la Jugoslavia; 2°) che la proposta di Tito consisteva nel puro e semplice riconoscimento di Trieste come città autonoma sotto la sovranità italiana; 3°) che era esclusa dalla proposta di Tito la contiguità territoriale di Trieste con la madrepatria; il corridoio, di cui Tito aveva parlato con l' onorevole Togliatti; 4°) che il riconoscimento della sovranità italiana su Trieste era subordinato alla retrocessione alla Jugoslavia non soltanto di Gorizia ma anche di Monfalcone; pretesa di cui fino allora Tito non aveva mai parlato. conformemente alle istruzioni avute, l' ambasciatore Quaroni rispose che le proposte jugoslave non potevano costituire per l' Italia una base di negoziato. malgrado ciò, il proposito di ricercare un termine di conciliazione (sia pure accantonando la questione territoriale) non fu abbandonato. il solo risultato positivo fu la ripresa delle relazioni ufficiali tra i due paesi, che avvenne il 23 gennaio 1947. onorevoli colleghi , si vuol dire con ciò che, mancata allora, come a più forte ragione manca oggi, la possibilità di un accordo con la Jugoslavia sulla linea di una frontiera equa, e giusta, bisognava abbandonare in assoluto ogni possibilità di trattare direttamente con Belgrado per risolvere o attenuare la tensione esistente tra i due paesi? io non ho mai creduto che il problema andasse posto in questi termini, e non lo credo nemmeno oggi. se le vicissitudini politiche non avessero nel febbraio 1947 posto fine alla politica estera del tripartito e nel maggio successivo alla coalizione dei tre partiti di massa , era nei propositi nostri di riprendere e continuare le trattative con Belgrado, avendo di mira la costituzione autonoma del Territorio Libero secondo le disposizioni del trattato. con ciò Trieste e il Territorio Libero non sarebbero state restituite alla sovranità italiana, ma agli italiani sì, giacché italiani sarebbero sicuramente risultati gli organi del Governo, italiana l' assemblea popolare che avrebbe assunto, fuori di ogni occupazione straniera, la direzione del Territorio Libero . tale era il nostro obiettivo. credevamo cioè, come crediamo, che nelle condizioni determinate dal trattato di pace e dalla constatata impossibilità (almeno per ora) di un accordo diretto tra Italia e Jugoslavia, la sola soluzione compatibile con l' interesse delle popolazioni istriane e dell' intera nazione fosse quella di dare applicazione al trattato nella parte in cui conferisce la direzione politica ed amministrativa del Territorio Libero ad un Governo e ad una amministrazione italiani. la necessità in cui ci troviamo di ripresentare la stessa soluzione, assume gli aspetti ed il carattere di un vero e proprio atto di accusa contro il Governo che si è rinchiuso nella illusione o nella speranza di dar vita alla dichiarazione tripartita , ed ha così gravemente compromesso gli elementi positivi insiti nella soluzione da noi indicata, e che sarebbero Stati maggiori se maggiore fosse stato, a suo tempo, lo sforzo per incorporare l' Istria occidentale fino a Pola, nel Territorio Libero , rinunciando alla fretta di concludere, che fu l' errore iniziale dell' onorevole De Gasperi , un errore mosso dal convincimento che il tempo lavorasse contro di noi. onorevoli colleghi , la Camera mi darà atto che io ho sempre cercato di dimostrare come la famosa dichiarazione tripartita fosse destinata a rimanere inoperante in tutti i casi, salvo nel caso di una terza guerra e di una vittoria assai problematica, dei resto dei paesi capitalistici. per me, la responsabilità del Governo nel dramma nazionale di Trieste nel dramma del « porticciuolo » di Trieste (come dice l' ex re Pietro di Jugoslavia) sta proprio e tutta nell' inganno che esso ha teso al paese ed alle popolazioni istriane, illudendole sulla validità giuridica e politica della dichiarazione tripartita del 20 marzo 1948. il valore di quella dichiarazione dipendeva dal fatto se sarebbe o no diventata una dichiarazione quadripartita. ora, il Governo seppe già il 13 aprile 1948 che l' Unione Sovietica si opponeva alla revisione del trattato nella parte concernente il Territorio Libero . so bene, onorevoli colleghi , come una certa stampa si sia applicata e si applichi a far risalire all' Unione Sovietica la responsabilità della situazione che esiste nel Territorio Libero . a tal fine essa prende con la storia delle singolari licenze, facendo partire il dramma, dell' Istria e di Trieste dal giorno in cui, in piena guerra contro Hitler e contro Mussolini, l' Unione Sovietica prese un certo impegno coi popoli jugoslavi che conducevano la guerra appunto contro Hitler e contro Mussolini. senonché il dramma e incominciato prima, è cominciato il giorno sciagurato in cui il governo fascista ha dichiarato la guerra d' Unione Sovietica e ha mandato le sue divisioni, a combattere sul Don. il valore della dichiarazione tripartita era quindi nullo allorché essa fu pubblicata perché servisse di passaporto elettorale per la Democrazia Cristiana e concorresse a fare accettare al nostro popolo la politica anti-russa che ha avuto la sua conclusione nel patto atlantico . il valore di quella dichiarazione è diventato maggiormente nullo man mano che la Jugoslavia si è spostata dal fronte socialista al fronte capitalistico, modificando sostanzialmente l' indirizzo della sua politica generale e, in particolare, della sua politica estera . e noi perderemmo il nostro tempo. se seguissimo quelli fra i nostri maggiori giornalisti che si sono in questi giorni arrampicati sui trampoli del sofisma, per stabilire se e in quale misura il cambiamento della Jugoslavia sia effettivo o non lo sia. la verità è che da quando Tito ha rotto con Mosca, il valore, già tenue, della dichiarazione tripartita è diventato nullo. ora, ciò malgrado, quando abbiamo discusso la ratifica del patto atlantico , il ministro degli Esteri ha pronunciato parole che io prego la Camera e il paese di mettere a confronto con la realtà attuale delle cose. disse allora il ministro: « la zona B è la zona del silenzio. ma fu di là che ricevetti, quando ottenni la dichiarazione anglo-franco-americana per il Territorio Libero , fu di là che ricevetti centinaia di lettere modeste, semplici, che per me valsero infinitamente più di qualsiasi solenne riconoscimento esteriore. io voglio assicurare quegli amici lontani che le tre grandi democrazie non falliranno alla loro parola » . quando il ministro degli Esteri cosi parlava, io purtroppo non potevo mettere in dubbio che egli avesse tra le sue carte le centinaia di lettere alle quali si riferiva, giacché ne avevo tra le mie numerose, provenienti da Trieste, e nelle quali mi si ingiuriava o addirittura mi si minacciava per avere messo in guardia il Governo e le popolazioni sul destino dei chiffons de papier , oppure, come si direbbe adesso, sul destino dei « buffetti sulla guancia, » che si accordano generosamente in periodo elettorale e si dimenticano il giorno dopo. come dice il saggio proverbio napoletano: passata la festa, gabbato lo santo ! oggi vorrei poter guardare negli occhi coloro che scrivevano ingenue parole di speranza al ministro Sforza e insulti o minacce a me, vorrei che costoro dicessero oggi dove ci fu senso maggiore di responsabilità politica e nazionale, se da parte del Governo o dell' opposizione. oggi è tutto un lagno e tutto un pianto per le mancate promesse. senonché lagni e pianti sono per il Governo un elemento di accusa e non di scusa. oggi possiamo leggere nei giornali governativi informazioni di codesto genere: « l' Associated Press apprende che il governo degli USA è d' avviso che qualunque sistemazione del problema del Territorio Libero di Trieste , deve tener conto oltreché degli interessi dell' Italia anche degli interessi della Jugoslavia. questo atteggiamento americano equivale in pratica ad una parziale ritirata dalla posizione assunta nel marzo del 1948, allorché gli USA, l' Inghilterra e la Francia decisero la restituzione dell' intero Territorio Libero all' Italia » . se i colleghi in giornalismo me lo consentono, se me lo consentono gli onorevoli colleghi , vorrei non si attribuisse troppa importanza alle informazioni delle agenzie, e che ci attenessimo invece ai fatti e alle dichiarazioni ufficiali. ora, a mio giudizio, l' affermazione più grave fatta dopo le elezioni di domenica sulla questione, non è quella del Manchester Guardian che a proposito della dichiarazione tripartita parla di « buffetti sulla guancia » . degli elettori del 18 aprile; non è quella del, New York Times che se la cava dicendo che la dichiarazione fu l' espressione di « una speranza senza valore legale di fronte al trattato di pace » ; non è l' informazione dell' Associated Press di cui ho dato lettura; è la dichiarazione più grave è quella del segretario del dipartimento di Stato , il signor Acheson. di essa l' Usis ha dato notizia nei termini seguenti: « Washington 13 aprile. alla conferenza stampa di ieri del segretario di Stato è stata sollevata la questione di Trieste alla luce delle recenti proposte del conte Sforza per trattative dirette italo-jugoslave. Acheson si è dichiarato favorevole all' idea di Sforza ed ha rilevato che gli USA hanno sempre sperato nella possibilità che le due nazioni potessero elaborare di comune accordo una soluzione del problema del Territorio Libero . il segretario di Stato si è però astenuto dal commentare ulteriormente questo punto ed è passato ad altri argomenti » . comprendo molto bene la fretta del signor Acheson di passare ad « altri argomenti » . infatti il segretario di Stato sa che il nostro Governo non avrebbe avuto motivo alcuno di sollecitare la dichiarazione tripartita del 20 marzo 1948, se non si fosse trovato nella impossibilità di risolvere il dissidio con Belgrado attraverso negoziati diretti. era rimasto celebre nella storia il modo disinvolto con cui la diplomazia tedesca si sciolse, nella guerra del 1914, dagli obblighi assunti nei confronti della neutralità del Belgio. non resterà meno edificante nella storia diplomatica del secondo dopoguerra, la maniera altrettanto disinvolta e cinica, con la quale gli americani interpretano gli impegni che hanno assunto nei confronti del nostro paese. e adesso, onorevoli colleghi , guardiamo, al domani. io mi auguro di essere d' accordo con tutta la Camera nella considerazione che le cose non possono restare come stanno, giacché come stanno, servono soltanto la causa della Jugoslavia, e ciò non solo nella zona B , ma anche nella zona A . che fare allora? ho sentito parlare di un plebiscito. la proposta è partita da alcune organizzazioni triestine e istriane. allo stato delle cose , ripeto allo stato delle cose , non vedo come si possa accettare tale proposta tanto più che non esiste nessuna possibilità di realizzarla. riporre la nostra fiducia in un plebiscito val quanto riporla nella dichiarazione tripartita , su cose cioè che non dipendono da noi. c' è nell' aria l' idea di un ricorso all' Onu non farà né male né bene. l' Onu non è più quell' organismo nel quale furono riposte tante speranze cinque anni or sono. in questo secondo dopoguerra gli avvenimenti vanno molto più rapidamente che nel primo. ci vollero una quindicina di anni perché si decomponesse la Società delle Nazioni . l' Onu è già in decomposizione: non è più una organizzazione unitaria, è una specie di campo chiuso per le lotte fra i diversi gruppi imperialisti. d' altro canto noi non siamo all' Onu mentre invece c' è la Jugoslavia alla quale, anzi, hanno dato un cadreghino nel Consiglio di sicurezza . tutte ragioni, che ci fanno credere che il ricorso all' Onu aggiungerebbe il nulla, al nulla; non aggraverebbe ma certamente non migliorerebbe la situazione. la sola cosa ancora possibile, per quanto gravemente compromessa, è una chiara presa di posizione in favore della esecuzione integrale del trattato di pace . non c' è altro da fare, voglio dire non c' è altra soluzione la quale sia compatibile con gli interessi e con l' onore del paese, e soprattutto con gli interessi delle popolazioni italiane della zona B . il fatto stesso che dopo due anni noi dobbiamo rinnovare la stessa proposta in condizioni meno favorevoli, comprova il fallimento della politica atlantica e pone il ministro degli Esteri e l' intero Governo dinanzi ad una pesante responsabilità! io mi permetto di dire che esso aggraverebbe la sua responsabilità se davanti al Parlamento e davanti al paese credesse di liquidare le cose con anodine frasi ad effetto o cercando di farci balzare in piedi al grido di « viva Trieste! » . non tanto si tratta di gridare « viva Trieste! » , ma di fare una politica la quale effettivamente tuteli l' interesse e l' avvenire di Trieste e dell' Istria. parlare, come si legge nell' ultimo comunicato del Consiglio dei ministri , di una « linea di fermezza » , che sarebbe la linea di Palazzo Chigi e del Governo, è dare prova di una incoscienza che io mi auguro non sia tollerata dal Parlamento. a questo? punto l' opposizione potrebbe limitarsi a constatare come i fatti si siano incaricati di dare un senso e una portata politica, ai suoi argomenti. sarebbe tuttavia un' ipocrisia da parte nostra, sarebbe un' ipocrisia da parte della Camera, isolare il caso di Trieste e dell' Istria dall' insieme della politica estera del Governo e dal sistema delle alleanze militari nelle quali il Governo ha impegnato il paese. onorevoli colleghi della maggioranza, sarebbe supremamente ridicolo da parte vostra tentare di respingere la responsabilità delle conseguenze della vostra politica. non sarebbe serio né degno d' un partito, di un Governo, di un Parlamento! la maggioranza può, se vuole, riconfermare le linee direttive della politica che essa ha seguito e nella quale ha impegnato il paese, a, condizione però di accettarne le conseguenze. orbene, nel sistema politico e militare creato dall' America, e al quale la maggioranza ha dato la sua adesione, Tito conta più di De Gasperi , la Jugoslavia conta più dell' Italia. la classe dirigente americana è essenzialmente empirica; il suo egoismo è anche una manifestazione della sua assenza di principi; essa non ha bisogno di dare una giustificazione teorica o logica alle cose che fa. è in guerra col mondo sovietico, è in guerra con il mondo socialista, e raccoglie dietro la sua bandiera coloro che sono disposti ad arruolarsi senza chiedere loro passaporti politici o passaporti ideologici, esattamente come fa la legione straniera , la quale a chi bussa alle sue porte non chiede la fedina penale . l' onorevole De Gasperi non deve essere sorpreso di come vanno le cose. egli è cattolico, è papista. gli americani non sono cattolici e meno che mai papisti. eppure l' onorevole De Gasperi è stato l' enfant gâté degli americani e in una certa misura lo è ancora; lo è quando vince a Napoli la « battaglia delle armi » , come dice la stampa americana; lo è quando abbandona le montagne del suo Trentino per salire sulla tolda delle navi da guerra. tuttavia, onorevole De Gasperi , gli americani per farle piacere non possono scontentare Tito. che volete che importi agli americani valutare la consistenza del quesito che ho visto porre da un certo numero di giornali, se Tito sia scismatico o eretico? per la posizione geografica che occupa, e per il fatto che si trova alla testa di uno scisma o di una eresia comunista gli americani hanno bisogno di Tito e non faranno nulla che possa scontentarlo, umiliarlo, diminuirlo, accrescere le difficoltà che incontra nel suo paese. questo è il problema, ed è inutile girargli attorno con dei voli lirici sui grandi ideali della democrazia. è inutile! i fatti sono ciò che sono. dico di più, onorevoli colleghi , dico che il sistema americano comporta che voi facciate silenzio, dopo di avere anche troppo parlato di Trieste o delle elezioni di Capodistria. la logica del sistema da voi accettato esige che non imbarazziate la marcia dei dirigenti americani. se non cambiate politica, tacerete. tra 24 o 48 ore non parlerete più di Trieste, non parlerete più delle elezioni della zona B ; vi metterete al passo della stampa americana, perché non potete far niente di diverso, a meno di non trovare il coraggio di guardare a fondo tutti gli aspetti delle cose e di cambiare l' indirizzo generale della vostra politica estera . tutto il problema è qui. voi lo eluderete ancora una volta. non lo eluderà il paese. e al paese io voglio dire ancora una cosa, voglio dirgli a nome dell' opposizione, che quanto è successo con le elezioni di Capodistria è poca cosa; sono fiori e rose in confronto di ciò che fatalmente matura la politica atlantica, una politica che è antinazionale prima ancora di essere antidemocratica.