credo che lo scarso interesse che la Camera ha manifestato per la discussione che stiamo facendo, e la scarsa eco con cui il dibattito è seguito dall' opinione pubblica stia a dimostrare quanto avesse ragione ieri l' onorevole Corbino allorché diceva che siamo di fronte ad un problema, in riferimento al quale i componenti del Parlamento hanno impegnato in anticipo il proprio voto. in effetti la ratifica dell' accordo italo-americano ci è chiesta all' indomani di una elezione, in cui i temi del Piano Marshall sono stati ampiamente dibattuti ed hanno costituito, in certa misura, il fondo stesso della campagna elettorale . e siamo anche di fronte ad un disegno di legge che non può essere isolato dal complesso di una politica che concordo con l' onorevole Corbino, deve essere accettata o respinta in blocco. in realtà noi ci concediamo l' illusione, o il lusso, di credere che stiamo discutendo un accordo bilaterale dell' Italia con gli USA. così fosse, onorevoli colleghi ! se effettivamente stessimo discutendo un accordo bilaterale tra Italia e USA, destinato a regolare la complessa materia degli aiuti dei prestiti, dei doni americani, l' atteggiamento del gruppo parlamentare del partito socialista , non sarebbe negativo; noi saremmo pronti a discutere l' accordo articolo per articolo, direi parola per parola, col vivissimo desiderio di migliorarlo, e mossi dalla convinzione, costantemente riaffermata, che le cose stesse hanno posto il problema degli aiuti americani verso l' Italia in conseguenza della guerra e della somma di sacrifici da noi affrontati dal luglio 1943 al maggio 1945. però, onorevoli colleghi , noi non abbiamo il diritto né di ingannare noi stessi, né di ingannare il paese. noi non discutiamo che formalmente di un accordo bilaterale dell' Italia con gli USA; noi discutiamo di uno degli aspetti della politica mondiale dei blocchi, politica che dobbiamo accettare o respingere nel suo insieme. se la Camera fosse chiamata a ratificare un vero e proprio accordo bilaterale, il testo della convenzione che ci è sottoposta solleverebbe da parte nostra tre obiezioni principali, di per sé non insormontabili. la prima obiezione concerne il diritto dell' amministratore dell' ECA, di limitare i provvedimenti di assistenza oppure di intraprendere qualsiasi azione modificatrice del programma previa consultazione del segretario di Stato . evidentemente, noi saremmo in diritto di chiedere che questo punto fosse precisato e che fosse riconosciuto per lo meno che, oltre all' autorità del segretario di Stato americano, debba valere anche l' autorità del nostro ministro degli Esteri . la seconda obbiezione si riferisce al diritto dell' amministratore a non consegnare le materie prime — che possano contribuire alla produzione di beni da destinarsi a paesi non partecipanti all' ERP « nel caso che ciò sia contrario alla sicurezza nazionale degli USA » . ritengo che sarebbe stato del tutto legittimo rivendicare una maggiore considerazione per gli interessi nazionali del nostro paese, tradizionalmente portati a considerare i rapporti commerciali ed economici con l' est europeo come un elemento fondamentale della nostra vita economica. infine, la terza obbiezione critica si riferisce al diritto riconosciuto all' amministratore di cessare l' invio di aiuti se un paese non osservi gli accordi conclusi, o usi l' assistenza in modo diverso da quello previsto, oppure « se, a causa di mutate condizioni, l' assistenza non corrisponda più all' interesse nazionale degli USA » . queste considerazioni chiariscono che l' accordo bilaterale stabilisce tra l' Italia e gli USA lo stesso rapporto che corre tra una società madre e le sue filiali. senonché, allo stato delle cose , onorevole ministro degli Esteri , noi del gruppo del partito socialista italiano ci domandiamo se una discussione analitica, come quella che in modo eccellente ha impostato pochi istanti fa il collega onorevole Giolitti, abbia ancora una utilità pratica e concreta. ciò non soltanto perché non vi è probabilmente, più nulla da modificare, ma sopratutto perché non siamo di fronte ad un accordo bilaterale, ma ad una politica in pieno svolgimento nella quale il paese è stato impegnato a sua insaputa. la prova che non si tratta di un accordo bilaterale, se non nella forma, sta anche nel fatto che il documento fondamentale a cui noi dobbiamo richiamarci è la legge americana per l' assistenza all' estero del 1948, entrata in vigore il 3 aprile scorso. ora in questa legge il primo titolo riguarda l' ERP, mentre il terzo e il quarto titolo concernono l' assistenza militare alla Grecia e alla Turchia e l' assistenza economica e militare alla Cina. con ciò, la speranza che poteva sussistere nella coscienza di un certo numero di membri della Camera e del Senato, dei giornalisti, degli uomini politici e degli economisti, la speranza cioè che la dottrina Truman potesse essere una cosa e l' accordo bilaterale o quello dei Sedici potesse essere un' altra cosa, questa speranza non può più essere allacciata. siamo effettivamente di fronte ad una scelta che investe la politica generale dell' America e del mondo e nella quale si inserisce come un frammento nel tutto l' accordo bilaterale, come vi si inseriscono gli accordi fra l' Inghilterra e gli USA, fra la Francia e gli USA, i Sedici e gli USA. io considero dovere dell' opposizione smascherare, dietro le frasi sull' europeismo e sulla solidarietà internazionale, la vera natura delle cose; cioè quella tale concezione dei rapporti internazionali affermatasi nel corso del 1947, ed ora in corso di attuazione, della quale possiamo già valutare le conseguenze, e possiamo anche prevedere a che cosa impegna il nostro paese per oggi e per domani. è curioso per esempio come nessuno fra coloro che hanno studiato la questione degli aiuti americani all' Europa, si sia soffermato sul modo diverso con cui questi aiuti furono organizzati nell' altro dopoguerra. anche allora gli USA intervennero, in misura notevole, per alleggerire la crisi economica del vecchio continente; essi impiegarono nel 1919 in Europa sotto forma di aiuti e di prestiti il 4,5 per cento della loro produzione nazionale, mentre nel primo anno di applicazione del Piano Marshall impiegheranno soltanto il 4,2 per cento . questa volta, però, la loro politica è orientata in maniera assolutamente diversa. la grande delusione che l' America riservò all' Europa dopo la prima guerra mondiale fu di rinchiudersi nel suo isolamento, ritirandosi dalla Società delle Nazioni dopo di averne patrocinato la fondazione, abbandonando l' Europa alle sue divisioni ed alle sue difficoltà. noi non avremmo che da rallegrarci di aver veduto prevalere in questo dopoguerra un concetto diverso: quello della interdipendenza del continente americano col vecchio continente europeo, se disgraziatamente, dopo Roosevelt, la politica americana non avesse subito una evoluzione in senso egemonico, che costituisce per l' Europa e per il mondo un pericolo maggiore dell' isolazionismo. personalmente io ho già espresso in sede di discussione sulle comunicazioni del Governo, il pensiero del gruppo socialista sul carattere della nuova politica americana imperniata sulla dottrina Truman e della quale il Piano Marshall è uno degli strumenti. ciò risulta in modo inequivocabile dal discorso pronunciato dal signor Marshall il 10 novembre 1947 davanti alle Commissioni riunite del Senato e della Camera dei rappresentanti, discorso nel corso del quale il Capo del dipartimento di Stato si è espresso in questi termini: « la sfera di azione del Piano coincide con la linea della divisione dell' Europa rappresentata dal punto dove si incontrarono le truppe anglo-americane e sovietiche alla fine della guerra. la Comunità Europea dovrà ridiventare una colonna della sicurezza mondiale, diversamente le vittime di due generazioni americane sarebbero perite inutilmente » . non meno impegnativi sono gli accenni del discorso pronunciato davanti al Congresso dal presidente Truman sulle ragioni strategiche, economiche ed ideologiche che hanno guidato gli USA nel prendere la iniziativa del Piano. gli americani, secondo il presidente Truman, debbono opporsi ad una espansione del comunismo in Europa, perché in tal caso verrebbe messa in pericolo la loro sicurezza nazionale. politicamente l' interesse degli USA è che le nazioni conservino indipendenza ed istituzioni libere. noi non dobbiamo fare il processo alle intenzioni ma soltanto quello delle cose. ora qui nel Mediterraneo, abbiamo due esempi di che cosa s' intenda per politica dell' indipendenza dei popoli e delle istituzioni libere; abbiamo l' esempio della Grecia e quello della Spagna, l' uno e l' altro tali da renderci perplessi sulle preoccupazioni liberali e umanitarie degli USA. il motivo economico enunciato nel già citato discorso del presidente Truman è che soltanto l' edificazione di una economia mondiale renderà possibile un aumento del tenore di vita del popolo americano . non diverso sembra il pensiero del signor Dewey, candidato del partito repubblicano alle prossime elezioni presidenziali . secondo lui gli USA hanno una missione mondiale da compiere « fino a quando il mondo sarà per metà libero e per metà schiavo dobbiamo lavorare con mezzi pacifici per aiutare ovunque gli uomini a raggiungere la libertà » . nessun processo alle intenzioni, onorevoli colleghi . il patto bilaterale che stiamo discutendo potrebbe, in sé e per sé considerato, rientrare nel novero dei mezzi pacifici di cui parla il candidato repubblicano alla presidenza degli USA. tale non è il caso per l' insieme della politica, di cui il Piano Marshall è uno degli elementi essenziali e che ha già portato il mondo e l' Europa ad una situazione tragica, il cui punto nevralgico oggi è Berlino, con tutto ciò che di angoscioso Berlino rappresenta in questo momento per la pace del mondo. noi dobbiamo quindi deciderci, non in funzione dell' accordo di cui oggi ci si chiede la ratifica, ma proprio di questa politica generale. per noi socialisti essa è una follia; una follia per il mondo, una follia per l' Europa, una follia per noi italiani, in modo particolare, che siamo al limite dei due blocchi e da essi separati da una frontiera indifendibile. noi non abbiamo, per gettarci in questa politica ed assumerne gli scarsi vantaggi immediati e i sicuri tragici sviluppi, nessuna delle ragioni che possono avere le classi dirigenti americane o quelle dei paesi capitalistici dell' ovest europeo. onorevoli colleghi , le memorie di Churchill sono fra i libri che fanno di più pensare. quello che il signor Churchill scrive della cecità delle vecchie classi dirigenti europee all' indomani della guerra del 1915 è cosa tale da indurre tutti noi: tutti gli uomini che hanno viva la preoccupazione per l' avvenire del paese e dell' umanità a severe meditazioni. uno dei capitoli più impressionanti del libro è quello in cui l' uomo di Stato britannico descrive la cecità con cui le classi dirigenti del 1929, del 1920, del 1921, del 1922, con le loro divisioni, i loro egoismi, il loro odio del bolscevismo, persero la visione degli interessi dei loro stessi paesi e della pace. la rinascita di una Germania militarista è stata l' opera della diplomazia che abbandonò, nel 1920, l' idea della pace una e indivisibile di cui parlava allora, con accenti accorati Aristide Briand, per lanciarsi sul piano delle competizioni e delle gelosie. la Germania poté riarmarsi e provare dalla Repubblica di Weimar al terzo Reich di Hitler, perché trovò di fronte a sé una Inghilterra e una Francia, divise e gelose e perché riuscì così ad inserirsi nella sorda contesa imperialista tra il Quai d' Orsay e il Foreign Office . confrontate onorevoli colleghi ciò che sta succedendo in Europa e nel mondo con gli avvenimenti del 1919-20 e sarete obbligati di riconoscere che si sta superando, di gran lunga, l' insipienza degli uomini che diressero la politica europea , dopo la prima guerra mondiale . io non so, signori, se si debba prendere alla lettera il racconto che e i è stato fatto della morte di Hitler in quel tragico « bunker » della Cancelleria berlinese, diventato, nelle ultime giornate della guerra, un antro di disperazione e di pazzia. è probabilmente vero. ma se per un attimo potessimo accordare credito all' ipotesi che Hitler sia vivo e nascosto da qualche parte, in Germania, allora di fronte all' Europa lacerata e divisa dovremmo dire, che il solo trionfatore è lui, Adolfo Hitler. onorevole ministro degli Esteri ! noi diciamo di no alla politica a cui dobbiamo l' attuale stato dell' Europa; non tanto diciamo di no all' accordo italo-americano, non tanto diciamo di no al patto delle Sedici nazioni, quanto all' insieme di una politica che fa pesare sul mondo la minaccia di una terza guerra. noi diciamo di no con la coscienza di servire gli interessi del paese e per metterlo in guardia contro l' illusione di potersi salvare abbandonandoci ad una politica che non ha niente di comune coi nostri interessi nazionali , che non corrisponde a nessuna delle esigenze della nostra vita presente e futura. io posso ammettere, onorevoli colleghi , che in altra sede noi discutiamo delle responsabilità della presente situazione. il quesito dell' onorevole Bettiol « di chi è la colpa » ha il suo valore, la sua importanza, interessa gli storici, interessa la politica...... ma non ha che una scarsa incidenza sugli interessi fondamentali del paese. noi militanti della sinistra siamo portati a rovesciare tutta la responsabilità sul capitalismo; voi sull' Unione Sovietica . i fatti e le cose mi pare che vi diano torto ma, se aveste ragione, il problema non si presenterebbe all' Italia in modo diverso. noi, nazione italiana, popolo italiano , paese che esce da una crisi profonda in conseguenza del suo inserimento nel sistema politico dell' Asse, cosa abbiamo a che fare con la politica egemonica degli USA; cosa abbiamo a che fare con la politica: del mondo borghese occidentale; cosa abbiamo da difendere o da conquistare, se non nella forma tragica di milioni di italiani che condanniamo ad immolarsi in un prossimo o lontano avvenire, per una guerra di interessi stranieri, così come il fascismo nel 1940 immolò la gioventù italiana agli interessi tedeschi? ecco, onorevoli colleghi , la ragione per cui noi, deputati del partito socialista italiano, in coerenza assoluta con gli impegni assunti davanti al paese durante la campagna elettorale , daremo voto contrario alla ratifica della convenzione italo-americana, considerandola inseparabile dall' insieme di una politica tragica e folle, destinata all' insuccesso il più completo, causa fin d' ora di difficoltà molto peggiori...... di quelle che dovremmo affrontare se ci fosse preclusa la via degli accordi diretti con l' America. io non credo, onorevoli colleghi , che fosse impossibile arrivare ad accordi veramente bilaterali con gli USA. fu il grande errore della nostra politica estera di non averlo tentato un anno fa. comunque, il voto che oggi ci si chiede riveste ai nostri occhi un carattere così grave, che mancheremmo ad un dovere di coscienza, se non assumessimo in modo chiaro e positivo di fronte al paese la responsabilità di dire « no » . onorevoli colleghi ! di tutte le definizioni che sono state date dell' idea di popolo, quella che a me sembra la più accettabile, è quella di Renan, là dove dice che ciò che fa di un gruppo di uomini un popolo è il ricordo delle grandi cose fatte insieme e la volontà di compierne delle nuove. noi abbiamo fatto grandi cose in questi ultimi anni. fu una grande cosa la resistenza dell' avanguardia democratica alla dittatura mussoliniana. furono una grande cosa la resistenza e la rivolta contro l' occupazione tedesca. noi ci richiamiamo a questa capacità eroica del nostro popolo di far fronte alle più grandi difficoltà, per dire che anche senza il Piano Marshall sarebbe stato possibile superare le crisi economiche del dopoguerra. comunque non possiamo accettare l' aiuto straniero, se esso ha come prezzo il nostro inserimento nel sistema politico che ho or ora descritto. quindi voteremo no, lasciando al Governo, lasciando alla maggioranza, la responsabilità del suo voto favorevole ed esprimendo l' augurio che Governo e maggioranza riescano, prima che sia troppo tardi, a sottrarsi alla fatale concatenazione delle cose, che può trasformare di nuovo il territorio dell' Italia in un campo di battaglia , e può di nuovo impegnare la gioventù italiana in sacrifici giustificabili soltanto quando siano in gioco i supremi interessi della nazione e del popolo.