Palmiro TOGLIATTI - Deputato Opposizione
I Legislatura - Assemblea n. 391 - seduta del 10-02-1950
Sulle risultanze dell'inchiesta parlamentare sulla "loggia massonica P2"
1950 - Governo I Craxi - Legislatura n. 9 - Seduta n. 406
  • Comunicazioni del governo

sarò breve, signor presidente ; sarò breve, onorevoli colleghi , naturalmente nella misura che mi sarà possibile. credo infatti che un contributo ampio e positivo sia stato dato al dibattito sulle comunicazioni del Governo dai numerosi oratori che hanno parlato da questi settori della Camera e, in particolare, dagli oratori del nostro partito; un contributo concreto e positivo — ripeto — nutrito di fatti, di cifre, di argomenti che a voi, colleghi della maggioranza democristiana, è certamente più facile ignorare che confutare. se veramente, come teste diceva l' onorevole Cappi, l' intenzione vostra fosse quella di risollevare nel paese il prestigio, che talora vi sembra decaduto, dell' istituto parlamentare, il primo mezzo a vostra disposizione per raggiungere tale scopo credo sarebbe quello di affrontare questo nostro contributo positivo alla discussione, i fatti, le cifre, gli argomenti portati da noi cercando di confutarli o per lo meno di discuterne. fino ad ora, e questa volta in modo particolare, non lo avete saputo fare. arrivati a questo punto il mio compito non sarà tanto di indugiare ancora in quella ricerca delle ragioni esteriori di questa così lunga crisi del Governo della Repubblica italiana , quanto piuttosto di compiere uno sforzo per chiarire i compiti che, in relazione con la situazione che questa crisi ha rivelato, si pongono oggi, qui e nel paese, a tutti coloro che vogliono agire nell' interesse della nazione italiana, della sua parte sana e attiva, della grande maggioranza dei lavoratori. nel fare ciò non passerò però affatto a lato di questa crisi e delle sue ragioni; mi porrò anzi al centro di essa. gli argomenti che da varie parti sono stati portati per scoprire i motivi determinanti di questa crisi non sempre li ho trovati interessanti, la più gran parte mi son parsi anzi adusati, privi di consistenza. vi è persino chi è caduto nell' ameno o nel grottesco, come volete, affermando che la vera crisi non sarebbe stata, del governo italiano e del sistema politico di cui questo Governo era ed è l' espressione, ma sarebbe invece del sistema mondiale del comunismo, sarebbe in noi, dunque; ed è per far fronte a questa crisi nostra che l' onorevole De Gasperi sarebbe stato costretto a rinnovare ancora una volta le sue fatiche, a ritessere ancora una volta il suo ministero. altre argomentazioni sono state più di questa aderenti alla realtà parlamentare e politica. ripeto però che non mi hanno convinto, e penso che neppure dobbiamo indugiare troppo nell' esame di quelli che sarebbero gli spostamenti, ipotetici o reali, della maggioranza parlamentare , e la rotazione degli uomini. di scarsa importanza mi sembrano gli spostamenti parlamentari; di poca o nessuna importanza i mutamenti di persone, le nuove inclusioni e le esclusioni più o meno attese. su per già mi pare che l' uno valga l' altro, tra i ministri che avevamo prima e che abbiamo ora. il metodo della scelta non è cambiato; né è cambiato il metodo seguito nella costituzione stessa del Governo. nonostante ciò, tutti noi abbiamo la sensazione che questa crisi è stata una crisi di importanza enorme, che trascende il Parlamento; forse la più importante di quante se ne sono avute dalla liberazione del nostro paese ad oggi. ve ne fu un' altra, invero, molto importante: quella del 1947, in conseguenza della quale uscirono dal Governo i partiti che rappresentano la parte avanzata dei lavoratori italiani, il partito socialità e il nostro. però non tutti in Italia allora capirono ciò che avveniva e ciò che si preparava. lo spostamento politico allora compiuto interessò le avanguardie, le colpì; non colpì la grande massa del popolo nella stessa misura in cui è colpita dagli avvenimenti attuali. a differenza però di ciò che altri hanno detto, ancora una volta ripeto che non riesco ad attribuire eccessiva importanza, per il momento, a ciò che è avvenuto sullo scacchiere parlamentare, nell' ambito dei partiti che hanno concesso o negato la loro adesione a questo Governo e delle frazioni di partito che hanno rifiutato di entrarvi. non attribuisco, cioè, una eccessiva importanza, per il momento, né all' astensione dei liberali, né al rifiuto di entrare nel Governo della cosiddetta sinistra della Democrazia Cristiana , né alla nuova opposizione del partito recentemente costituito dall' onorevole Romita e da altri uomini politici degni di considerazione. non riesco ad adattare a questi spostamenti le qualifiche di destra o di sinistra che altri han voluto ad essi attribuire; non riesco a ricavarne le conseguenze che altri han voluto trarne. per il momento, gli spostamenti parlamentari, nella misura in cui esistono, non mi sembrano di rilievo. e parliamo, per cominciare, dei liberali. credo vorrete prestarmi fede se vi dico che dal 1944 in poi ho seguito gli sviluppi della politica italiana con attenta riflessione; con la riflessione non soltanto del combattente politico, ma dello studioso. non mi sono accorto dell' esistenza di un efficiente movimento che potesse essere chiamato movimento liberale, non me ne sono accorto! dove sono i liberali, in Italia, oggi? cosa contano oggi, in Italia, i liberali? ho conosciuto e conosciamo tutti alcuni uomini esimi, ricchi di esperienza e ricchi di fama, superstiti di altri tempi, in cui un movimento liberale vi fu. quanto più però questi uomini sono ricchi di una esperienza che anche oggi potrebbe servire, tanto più sono trascurati. quanto più essi sarebbero capaci di dire una parola giusta in momenti decisivi, tanto più presto sono messi in disparte, dimenticati. per il resto, abbiamo visto sotto l' insegna liberale compiersi tentativi politici nella loro sostanza non liberali, ma conservatori. amici liberali, voi avete avuto nel passato due meriti, tutto sommato. avete creato l' ossatura giuridica, amministrativa, economica dello Stato unitario ; a un certo momento poi — ed è questo il secondo vostro grande merito — avete compreso che l' antisocialismo ottuso di quei tempi, oltre che privo di intelligenza, era fonte soltanto di danno per la nazione. oggi, per quel che riguarda la prima di queste funzioni, che ha pure gravato sulle spalle della classe politica dirigente italiana dal 1944 in poi, nel momento decisivo essa è stata adempiuta da un organismo di cui non avete riconosciuto il valore, il Comitato di liberazione nazionale ; per quanto riguarda la seconda funzione, voi siete oggi immersi fino ai capelli nella pece dell' anticomunismo più idiota, che non vi permette, non dico di costruire una politica, ma nemmeno di dire una, parola o compiere un gesto che ricordi una politica liberale! farete qualcosa di diverso nel futuro? vi attendiamo alla prova. vi giudicheremo sulla base dei fatti. quanto alla cosiddetta sinistra del partito democristiano , il mio giudizio è ancor più riservato, e anche in questo caso differente da quello che è stato espresso da altri colleghi, anche di questo settore di estrema sinistra . il giudizio è riservato forse perché forzatamente si riduce all' esame delle qualità di certi uomini e di certe idee, da cui non è ancora venuto fuori qualcosa che possa chiamarsi veramente un movimento. per quel che riguarda gli uomini (e qui la riserva è veramente molto grande, da parte mia), trovo fra essi un teorico ed esaltatore del corporativismo fascista; trovo un discettatore formalista e scolastico fino al sofisma; trovo un primo premio non so se di bontà o di santità da propaganda radiofonica. non posso che essere perplesso nel giudizio definitivo. per quel che riguardi la dottrina, essa pure non riesco per il momento a classificarla nel quadro di un movimento progressivo. so che questi uomini dicono di voler ritrovare, ad esempio, le radici cristiane di quei movimenti sociali del giorno d' oggi di cui noi comunisti siamo gli esponenti principali non solo particolarmente in Italia, ma nel mondo intiero. però manca poi a questi stessi uomini quel minimo di cristiana fraternità che ti consiglia di giudicare il fratello tuo per ciò che egli dice; per ciò che egli fa, e non di attribuirgli ad arte le diaboliche intenzioni atte a giustificare il fatto che tu levi la mano contro di lui. la interpretazione che questo gruppo dà delle stesse encicliche sociali della Chiesa cattolica , per quanto si distacchi dalla pura concezione della carità sociale, è reazionaria nella sostanza il loro comunitarismo tomistico è un ritorno al corporativismo medioevale così si spiega forse la loro simpatia per la Spagna franchista. forzatamente si deve concludere che nell' ambito della democrazia italiana oggi, per quanto riguarda le idee, questo per il momento è uno dei gruppi più reazionari. aspirano gli uomini di questo gruppo a un giudizio diverso? siamo aperti all' esame di tutte le attività concrete e sempre siamo disposti, sulla base della realtà e dell' azione di altri movimenti, a modificare i giudizi nostri. si facciano avanti questi uomini, escano dal convento e dalla sacrestia; mostrino il volto loro alla luce del sole. questo è il Parlamento italiano: scendano sull' arena dei contrasti del mondo moderno; dicano chi sono e che cosa vogliono, qui, davanti al paese. vedremo allora se il nostro giudizio, per il momento non soltanto di riserva, ma negativo, potrà essere modificato. quanto alla sinistra socialdemocratica, cioè al partito recentemente formato dall' onorevole Romita e da altri, siamo senza dubbio all' inizio di un tentativo di una nuova opposizione. ma anche qui la più grande riserva è necessaria, perché nelle cose che sono sfate dette dai rappresentanti di questo nuovo partito, qui e fuori di qui, per il momento non si trova l' espressione di una forza politica tale che sia capace di condurre per lo meno una parte notevole della classe operaia e del popolo italiano a fermarsi, come si vorrebbe, in una posizione intermedia fra il partito socialista e il nostro da una parte, e il partito dell' onorevole Saragat dall' altra. per il momento questa forza politica manca. vi sarà domani? vedremo e giudicheremo. per tutti e tre i gruppi che, così, rapidamente, mi è parso necessario esaminare, una è però la condizione pregiudiziale. sarete voi capaci di scendere sul terreno della semplice oggettività politica nel giudizio e nelle relazioni vostre col movimento avanzato dei lavoratori che noi, che i compagni socialisti, che la Confederazione generale italiana del lavoro organizzano e dirigono, oppure rimarrete immersi nel pantano anticomunista? il fatto che voi non siate capaci, né i liberali, né i cosiddetti sinistri della Democrazia Cristiana , né i socialisti unitari, di compiere questo passo, sarà la vostra inevitabile condanna. ho già detto che l' avrò. fino a che non avrete compiuto questo passo, voi non sarete una forza nuova e diversa, e anche i vostri spostamenti rimarranno per forza in un ambito che oltre a non avere alcuna influenza nel paese, non sarà nemmeno parlamentare, ma « preparlamentare » o « sottoparlamentare » se dir volete, cioè non riusciranno a creare una situazione diversa da quella nella quale siamo vissuti finora. è essenziale poi che nessuno di questi gruppi, di propria iniziativa, abbia posto il problema che è al centro di questa crisi politica . questo problema è venuto ed è stato posto da altre parti, è venuto dal paese ed è stato posto nel Parlamento, ma non da voi sgorgato da un' azione di popolo e di classe ampia, lunga, paziente, che dura da due, da tre anni. si tratta di centinaia, di migliaia e migliaia, forse, di movimenti economici e politici, di interruzioni di lavoro, di occupazioni di fabbriche e di terre, di scioperi, in cui operai, tecnici, impiegati, contadini, la parte più viva e sana della nazione, hanno combattuto per qualche cosa di elementare, ma in un modo che è nuovo nella storia del movimento operaio d' Italia e forse di tutti i paesi; hanno combattuto positivamente, concretamente, per il lavoro. non so se tutti i salariati e lavoratori italiani avessero ed abbiano sempre coscienza che la loro lotta per il lavoro era ed è lotta per un mutamento radicale dell' indirizzo politico ed economico della nazione, tale che rendesse possibile quell' impiego di manodopera che è necessario per dare lavoro a tutti gli italiani che vogliono e sanno vivere di lavoro. ma questo era ed e il contenuto del grande movimento da cui è sgorgata, in realtà, la crisi attuale. ricordiamo gli episodi culminanti di questa azione di masse: lo sciopero impressionante dei braccianti della primavera passata; la nuova spinta dei contadini meridionali per la conquista della terra, così forte che non ha più potuto essere contenuta da alcuno. il problema centrale di questa crisi è né dalle leggi né dalla polizia; e poi, alla fine, i conflitti, quei conflitti che hanno sorpreso, spaventato, terrorizzato gli onesti cittadini, ma che rimangono come il punto di arrivo di un processo lungo che è in pari tempo economico e politico; come gli indici di una situazione che non si può più tollerare. ad ogni passo voi dite ai sindacati confederali che non debbono occuparsi di politica. ma perché siete diventati materialisti sino a questo punto? ma come, gli ideali e l' esperienza degli operai, degli impiegati, dei contadini, di tutti i lavoratori, non dovrebbero animare la vita delle loro organizzazioni anche sindacali, oltre che di quelle politiche? il contrasto che travaglia la società italiana è economico e politico insieme, e il suo aspetto politico viene dal modo stesso come la storia recente del nostro paese si è configurata. abbiamo, or è precisamente un mese, insieme con la cittadinanza di Modena, pianto quei caduti. ma oltre al compianto umano, qualcosa in noi si ribellava quando pensavamo che ciò ch' era avvenuto a Modena era avvenuto nell' interesse di un industriale fascista, profittatore del fascismo, a cui quelle fabbriche avrebbero dovuto essere tolte e passate alla collettività nazionale, se le leggi che vennero fatte contro i profittatori fascisti fossero state intese e applicate nello spirito loro; nell' interesse di un industriale che fu, per dare il più favorevole dei giudizi, disertore della lotta per la liberazione del nostro paese occupato dai tedeschi. da quella fabbrica gli operai di Modena organizzarono la difesa contro l' invasore straniero. essi hanno salvato la fabbrica dalla distruzione. e oggi quegli stessi operai di Modena vengono a colpi di fucile cacciati dalla fabbrica. da chi e nell' interesse di chi? dal disertore della lotta nazionale. nell' interesse di un palese nemico della nazione. vi è qui una flagrante ingiustizia che non è più economica, ma è profondamente politica e umana. vi è un insulto alla parte migliore del nostro paese. spero che voi sentiate come me la enormità di queste cose. è quando si arriva a questo estremo di giusta passione offesa che avvengono i conflitti. non si tratta qui di « coscienza » , onorevole De Gasperi . la coscienza è una cosa che riguarda il singolo. certo, ella sarebbe stato degno di stima se, nel momento in cui le salme dei caduti di Modena erano ancora con gli occhi sbarrati nelle loro bare aperte, se nel momento in cui esse non erano ancora composte nella calma del sepolcro, non avesse banchettato con i principali esponenti della grande industria italiana. ma lascio questa questione, che è personale. il problema di sostanza è politico. i conflitti tra lavoratori e forza pubblica e gli eccidi dei lavoratori sono indici del fatto che in modo sempre più vivo, e da una massa sempre più grande di lavoratori e di cittadini italiani, la situazione presente è sentita come intollerabile. onorevole Cappi, ella ci ha parlato con enfasi delle opere del... regime. furono proprio coloro che introdussero questo costume della esaltazione delle « opere del regime » quelli che dietro tale ingannevole sipario distrussero il nostro paese! noi non abbiamo detto mai che voi abbiate già compiuto gli atti della catastrofe. vi abbiamo detto che la vostra politica spinge a una lenta inevitabile continua degradazione economica e politica del paese, e per questa via lo porta alla catastrofe. oggi si cominciano a vedere generalmente le conseguenze della vostra azione. si comincia a vedere, a sentire generalmente che noi avevamo e abbiamo ragione. la situazione economica e sociale, per categorie sempre più vaste di cittadini, scivola oramai verso l' intollerabile. ecco da che parte è venuta la presente crisi. quanto al Parlamento, non è vero che qui non se ne sia parlato e la crisi, quindi, non abbia avuto qui la sua formulazione. difendo il Parlamento, in questo caso. la crisi ha avuto anzi la sua espressione qui, in quel modo bizzarro, grottesco alle volte, in cui voi costringete il Parlamento a funzionare; rifiutando la discussione obiettiva con i vostri oppositori; ma qui se ne è parlato come si doveva. ricordo che nel mese di ottobre noi aprimmo il dibattito sulla situazione del momento affrontando e chiedendovi di affrontare le questioni economiche che sentivamo diventare sempre più gravi, dato anche lo sviluppo della situazione internazionale. allora venne presentata da noi una mozione i cui punti principali erano l' invito al Governo, nello spirito e secondo la lettera della Costituzione repubblicana, ad assumere l' iniziativa di un nuovo indirizzo di politica economica , a organizzare l' intervento attivo dello Stato nella vita economica del paese, a difendere i salari e il risparmio, ad attuare un vasto piano di investimenti produttivi e per lo sviluppo del mercato interno , ad assicurare in questo modo il passaggio al pieno impiego della manodopera e all' inizio di un risanamento dell' economia italiana . questo venne chiesto qui, nel Parlamento, da noi è onore del Parlamento italiano e merito nostro che questa discussione sia stata fatta, e da quest' Aula quindi sia partito quel dibattito generale sulla situazione economica che poi si è sviluppato in quel modo che voi sapete e che avrebbe potuto, anche nel corso di questa discussione sulle dichiarazioni del Governo , continuare a svilupparsi in modo assai più concreto. noi chiedevamo dunque cose che, se volessimo stare alle parole, coincidono su per già con espressioni che abbiamo trovato in ordini del giorno della Democrazia Cristiana , in articoli dell' onorevole La Malfa , in discorsi dell' onorevole. ma dopo il dibattito di ottobre è stato compiuto un altro serio atto politico: la presa di posizione dei sindacati confederali , i quali presentano al paese la necessità di un piano di riorganizzazione dell' economia nazionale allo scopo di raggiungere risultati analoghi a quelli che noi ponevamo qui, nell' Aula, all' inizio del mese di ottobre. ho sentito con sodisfazione dall' onorevole Saragat dire che la proposta di un piano confederale è stata uno stimolo per i mutamenti che sarebbero avvenuti, egli diceva, nell' indirizzo del Governo. ma se questi mutamenti siano una cosa seria è ciò che vedremo in seguito. quel che mi importa mettere in luce è che dal Parlamento, e precisamente dai nostri banchi, è partita a tempo la voce che richiamava alla necessità di modificare profondamente la politica economica seguita fino ad ora. non si trattava però allora e non si tratta nemmeno oggi soltanto di economia. già quel nostro richiamo, per il modo come lo facevamo e sviluppavamo (e non poteva non essere fatto e sviluppato in quel modo) conteneva una profonda critica politica. facendo quel richiamo, già allora mettevamo in discussione tutta la famosa formula del 18 aprile. che cosa fu quella formula politica? tutti lo sanno; è stato detto ed è stato ripetuto. l' essenziale di essa era ed è il desiderio, il tentativo, anzi anche, di eliminare, come fattore dirigente della vita nazionale (onorevoli colleghi , non fraintendetemi: si dirige anche stando all' opposizione; e, alle volte, in modo assai efficace), di eliminare, ripeto, come fattore dirigente della vita nazionale, il nostro partito e coloro che avessero avuto la disavventura di prendere nei confronti del nostro partito una posizione di simpatia, o anche di semplice obiettività. eliminare, mettere ai margini, distruggere! l' onorevole Campilli e di altri. De Gasperi , acciocché non potessero esservi equivoci, in un suo recente intervento al Consiglio nazionale della Democrazia Cristiana , cortesemente ha voluto ripetere che « fuori della legge » sarebbero il nostro partito, il partito socialista e tutti coloro, s' intende, che con noi avessero un qualsiasi legame. l' onorevole Saragat ha cercato qui, con minore burocratica banalità ma con altrettanta cortesia, di dare un paludamento di idee a questa fissazione del nostro presidente del Consiglio , con la sua contrapposizione fra democrazia politica, che sarebbe quella del 18 aprile e che non saremmo noi, e democrazia sociale , anzi giustizia sociale , che non vi sarebbe ancora. giuochi! inconsistenti giuochi di concetti fraintesi o falsati! chiedo all' onorevole Saragat, e chiedo anche all' onorevole De Gasperi : ma credete voi che se riusciste veramente a eliminare dalla direzione della vita del popolo italiano questi partiti, la democrazia sussisterebbe ancora in Italia? no! la democrazia quel giorno non vi sarebbe più! è questa. una verità che deriva dalla storia d' Italia: è la storia della nazione e della democrazia, italiana che porta a questo risultato. perché la democrazia italiana è sorta da una lotta, e questa lotta l' abbiamo condotta noi per primi e alla testa di tutti gli altri, e l' abbiamo condotta quando nessun altro la conduceva. perché abbiamo una Costituzione, fatta assieme dai democratici italiani, e di questa Costituzione siamo noi che rivendichiamo l' applicazione integrale delle massime sociali in essa formulate. perché la nazione italiana ha corso gravi pericoli per la sua indipendenza ed esistenza, a causa delle pazzie della classe dirigente borghese e fascista, e la salvezza è venuta quando la parte migliore del popolo ha seguito gli appelli, la guida, l' esempio che noi per i primi abbiamo dato. per questo è inutile che voi argomentiate in quel modo così sottile per metterci fuori da non so che cosa. no! il partito comunista è democratico, è nazionale, è costituzionale, per motivi che sorgono dalla storia stessa del nostro paese, e che nessuno riuscirà mai a cancellare. l' onorevole Saragat ha anche voluto attristarsi sulla sorte che spetterebbe oggi ai partiti non comunisti che nei paesi di democrazia popolare hanno accettato con i comunisti di collaborare. non voglio ripetere la pertinente risposta datagli dal compagno Pietro Nenni. mi limito a fargli osservare che il suo partito, in questo Governo, non credo abbia una posizione molto più brillante di quanto l' hanno i partiti non comunisti che collaborano al Governo nei paesi di democrazia popolare : anzi. e lo stesso direi anche del partito repubblicano . vorrei inoltre consigliare all' onorevole Saragat di essere prudente in questa schematica contrapposizione tra i paesi che egli chiama di democrazia politica, che sarebbero questi, dove le cose vanno come tutti vediamo che vanno, e i paesi di democrazia popolare , dove per lo meno il problema dello sviluppo economico e delle riforme di struttura necessarie ad assicurarlo è stato risolto. gli raccomando di non insistere perché il risultato di questa sua argomentazione può essere contrario a quello che egli vorrebbe raggiungere: perché gli uomini vogliono vivere, le masse lavoratrici vogliono sviluppare la loro attività, e ricevere da essa quel tanto di benessere necessario per mantenere la dignità dell' uomo. quando voi avrete dimostrato che soltanto seguendo quella via, che voi respingete, questo risultato si può ottenere, credo che i lavoratori con certezza vi abbandoneranno, perché si saranno convinti che proprio quella è la strada che deve essere seguita. stia attento, onorevole Saragat! se nella sua giovinezza ella ha avuto occasione di leggere le opere giovanili di Carlo Marx, che lo hanno reso, diceva, così attento « umanista » , non posso fare a meno di augurarle che la sorte le conceda di accumulare ancora tanta esperienza per cui in età meno giovanile possa leggere e meditare quello scritto del maturo Carlo Marx che si chiama « critica del programma di Gotha » . mi consenta di ricordarle come Carlo Marx (uomo che ella riconoscerà essere stato tra i democratici dell' Ottocento all' avanguardia), giudicando il modo di assicurare il passaggio a un ordinamento sociale giusto e umano, non si peritasse di dire che occorreva per questo scopo una fase particolare di democrazia economica e politica, che egli chiamava, vedete un po', dittatura del proletariato . ad ogni modo, per questa parte distruttiva il programma del 18 aprile è fallito. avete fatto di tutto perché riuscisse, ma invano. v' è stato il delitto, la provocazione; vi sono state le persecuzioni, le scissioni sindacali, le scissioni politiche. tutto ciò non ha avuto alcun risultato. siamo oggi più forti di prima; meglio, più profondamente radicati nel popolo. e siamo riusciti a questo, colleghi, non soltanto perché abbiamo quadri capaci di sacrificio e di slancio (questi vi sono anche in altri paesi dove gli stessi risultati non ancora sono stati raggiunti), ma proprio perché è la storia del nostro paese che ci spinge, che ci porta avanti; perché siamo l' espressione di una situazione storica e sociale che voi non potete cancellare e da cui scaturisce la nostra marcia sicura. perdonate la digressione. parlavamo, se non erro, di economia. la formula del 18 aprile ha pure avuto un suo contenuto economico, e quale! questo contenuto si riduceva, anzi, precisamente al tentativo di risolvere i problemi economici e sociali più gravi con il metodo della messa al bando o della distruzione dei partiti avanzati e dei sindacati di classe dei lavoratori. non v' è dubbio che la grande industria italiana, e cioè quella parte degli industriali che è raccolta attorno a quel centro di organizzazione che è la Confindustria, non poteva che accettare questo programma. non potevano che accettarlo gli agrari, i latifondisti e i grandi proprietari assenteisti del Mezzogiorno. non poteva che accettarlo tutto ciò che vi è di parassitario e di economicamente morto nel nostro paese e che deve scomparire. il programma del 18 aprile diventò, così, quello di tutti i reazionari. e di tutti i privilegiati. è così comodo, a chi rivendica giustizia, a chi vuole maggior salario e maggior numero di ore di lavoro, a chi chiede terra e pane per vivere, rispondere dicendo che egli è segnato e maledetto dal Signore, che egli è incarnazione, direbbe Benedetto Croce , dell' « anticristo » , che egli è fuori della « democrazia politica » , che egli è da mettere al bando della società! molto comodo, in verità! ma qui sono le radici di quella che ancora oggi De Gasperi chiama politica di forza. egli esalta e vuole una democrazia forte! ma che cosa vuol dire una democrazia forte? democrazia forte è una democrazia, a cui aderisce la parte attiva del popolo lavoratore, a cui aderisce prima di tutto la classe operaia nelle sue grandi masse, a cui aderisce il contadiname, perché sentono che questa democrazia assicura giustizia nella distribuzione del lavoro e degli utili sociali. questa è la vera democrazia forte. ma un regime che sbarra la strada alla soluzione delle questioni vitali della produzione e del lavoro con una forza armata che ieri era di partito e oggi e di Stato, col conflitto permanente e con l' eccidio, non è né democratico né forte. l' abbiamo già conosciuto una volta un regime di questa natura; sappiamo dove esso porta; sappiamo anche che tutte. le sue misure di forza non risolvono alcun problema, non servono che a rendere agli uomini più doloroso il cammino che inevitabilmente essi devono seguire per riuscire a costruire una società che sia più giusta e più libera della società attuale. per quel che si riferisce al ristretto campo della politica economica governativa, la formula del 18 aprile ha voluto dire la artificiosa contrapposizione di una politica che salvasse il valore della moneta alla politica di rivendicazioni sociali, che noi avanzavamo. per cui, quando dicevamo che occorre risolvere la questione del pane e del lavoro per milioni di italiani, che occorre combattere contro il privilegio, che occorre fare una riforma agraria , che occorre modificare la struttura della nostra industria per poter dare maggiore giustizia sociale a tutta la nazione, ci si rispondeva: « voi siete inflazionisti » . non siamo mai stati inflazionisti. l' inflazione, nella misura in cui v' è stata, credo per lo più sia cominciata e si sia compiuta quando noi non eravamo al Governo. ma io nego l' antitesi; nego che essa esista. non è vero che vi sia soltanto la strada che voi avete seguito; oppure la rovina della inflazione, e cioè quel crollo di tutto che ci fa prevedere l' onorevole Corbino. no, un' altra strada vi è la strada che voi avete seguito ha portato alla costrizione progressiva delle possibilità economiche del nostro paese e sta pertanto oggi alla strozzatura di alcune delle, parti più vive dell' economia italiana , della maggior parte dell' industria meccanica, per esempio, nostro orgoglio nei tempi passati. un' altra strada vi è — dicevo — ed è la strada che noi sempre abbiamo indicato; essa non consiste però soltanto in espedienti di natura economica, perché deve avere come propria base uno schieramento sociale e politico, e una azione, e delle misure ad esso corrispondenti. la strada che voi avete seguito finora credo che, su per giù, sia la stessa di coloro che una volta dissero « chi non ce la fa, vada a fracassarsi le ossa » . oggi la nostra piccola e me. dia borghesia produttrice incomincia a sentire come questa formula sia stata nei suoi confronti applicata dai grandi monopoli e nell' interesse dei grandi monopoli, secondo una politica priva di qualsiasi prospettiva, e priva di comprensione delle necessità reali della vita economica del paese appunto perché dettata dagli interessi dei grandi monopoli e del ceto privilegiato. un' altra strada vi è — lo ripeto — ma per essa si richiede un nuovo schieramento sociale. e qui voglio dare un' ultima risposta all' onorevole Saragat, che nel tentativo di definire la nostra politica ha detto che noi vorremmo una « unanimità » . egli ha usato due sillabe di troppo , perché noi parliamo. non di unanimità, ma di unità. noi vogliamo la unità delle forze democratiche e nazionali, e non parliamo di unanimità, perché sappiamo che esistono nel nostro paese dei gruppi monopolistici e privilegiati tanto nell' economia urbana quanto nell' economia agraria, contro i quali bisogna condurre tutta un' azione per limitare prima e distruggere poi i loro privilegi, e creare così le condizioni migliori per gli altri produttori, da costoro schiacciati, e per la grande massa dei lavoratori. la realtà è che l' onorevole Saragat è anch' egli per l' unità, ma per l' unità con questi gruppi privilegiati e monopolistici nel Governo dei quali egli è stato fino a ieri, e continua a essere oggi. noi auspichiamo invece un' altra unità, quella che permetta di rinnovare profondamente la struttura economica e sociale attraverso realizzazioni audaci, ma attraverso prima di tutto una limitazione del privilegio e del potere di quelli. ma qui il quadro si allarga. arrivati a questo punto è evidente che incominciamo a vedere « che cos' è questa crisi » . è la crisi di questo sistema economico . consapevoli ne siate oppure no, è la crisi del sistema economico fondato sulla difesa del privilegio e dei privilegiati sino all' ultimo. vero è che quando nel passato già critiche efficaci venivano mosse a questo sistema, si rispondeva che, anche se le critiche erano fondate, vi era l' aiuto americano che avrebbe permesso a tutti di cavarsela senza tante difficoltà; a un errore se ne aggiungeva così un altro. non voglio ripetere qui tutta la nostra discussione sul Piano Marshall , sugli aiuti ERP e sul loro effettivo, reale significato e valore. l' aiuto economico americano è legato prima di tutto a determinate condizioni economiche, poi a determinate condizioni politiche. le condizioni economiche sono la soggezione al sistema dell' imperialismo americano, cioè al sistema di organizzazione di un grande mercato che dovrebbe essere dominato dai grandi monopoli americani nel loro interesse esclusivo. per questo si impone un controllo sulla nostra economia, un controllo sul commercio, un controllo sugli investimenti. non per niente, nell' ultimo comune della Calabria, quando v' è bisogno di un ponte bisogna oggi fare la richiesta in lingua inglese, perché la cosa verrà decisa negli uffici di Washington. non per niente l' onorevole Corbino si è lasciato sfuggire un dato prezioso per noi quando ha detto parlando degli aiuti americani, che tanto è uscito quanto è entrato. duecento miliardi di merci avremmo avuto e per duecento miliardi siamo oggi creditori di paesi europei dove abbiamo esportato e che adesso non sono in grado di pagarci. ma perché questi paesi europei non ci possono pagare? è il sistema stesso di tutto il Piano Marshall che porta a questa conseguenza. questi paesi non possono pagare noi perché ciò che occorre loro lo debbono comprare, come noi, in America, e hanno perduto, come noi, la loro indipendenza economica. qui si rivela l' intrico di contradizioni che nascono dal sistema Marshall e dal sistema ERP, e che sono strettamente legate al fallimento della vostra politica. noi avevamo proposto a suo tempo una misura che sarebbe servita, almeno a rendere possibile un controllo parlamentare su questa materia, ma l' onorevole La Malfa , che era stato a questo riguardo un iniziatore, poi ritirò la sua firma, e non so che cosa ne pensi ora. certo è che se noi esaminiamo le cose come sono andate, se guardiamo come sono stati grettamente impiegati gran parte dei cosiddetti aiuti americani per colmare o diminuire il deficit del bilancio dello Stato e consideriamo il modo come tutto questo sistema ha agito, vediamo come alla fine dei conti un paese debole. come il nostro, dalla struttura industriale non ancora rassodata dopo le prove della guerra, si è trovato in una situazione di assoluto disagio di fronte a tutti gli altri paesi europei , tanto che noi siamo oggi in confronto di tutti gli altri all' ultimo livello della ripresa. questo è però conforme al contenuto e allo spirito del Piano Marshall e del sistema ERP. questo conferma le nostre facili previsioni di tre o due anni or sono. ora si auspica che venga creata una più grande unità europea e che si « liberalizzino gli scambi » . non sarebbe meglio esprimersi in modo più semplice, come usava, onorevole Corbino, quando noi si andava a scuola, e cioè che si esige la riduzione delle barriere doganali? allora tutti capirebbero di che si tratta e si coglierebbe a prima vista il grave pericolo che può minacciare la nostra economia per una operazione compiuta con leggerezza in questa direzione. sappiamo però anche il perché si usa la formula strana di « liberalizzazione degli scambi » . la questione è che nella organizzazione di questo sistema Marshall « liberalizzato » intervengono, accanto al grande monopolio americano, il grande monopolio francese, e quello inglese, eccetera, eccetera, e tutti questi gruppi, a forza di « liberalizzare » per conto loro, cioè a forza di fare gli affari loro ai danni della media produzione e della collettività nazionale; finiscono per schiacciare quella e rovinare questa. chiedete ai piccoli e medi proprietari, di officine come fanno ad avere le materie prime , ad esportare, quale è la loro vita odierna. esaminate le cifre dei fallimenti, dei protesti e avrete documentata questa realtà, vedrete in che consiste e a che cosa si riduce, di fatto, questo sistema ERP il giorno in cui si dovesse arrivare a questa maggiore unità o organicità del sistema occidentale europeo di cui fu paladino l' onorevole La Malfa , quel giorno il sistema di predominio dei grandi, monopoli degli USA e dei singoli paesi europei assumerebbe tali aspetti che la sottomissione ad esso non potrebbe significare altro per noi che una terribile crisi, quale forse dagli ultimi decenni del secolo scorso la nostra economia non ha più conosciuto. queste sono, in breve, le condizioni economiche conseguenti agli aiuti americani. ma poi vi sono le condizioni politiche, e cioè il patto atlantico e le armi degli USA. e qui non vi è bisogno di molto argomentare, perché in questo campo la politica americana sta superando i limiti della pazzia. da un capo all' altro del mondo essa agita lo spettro della guerra, essa sparge il terrore. ma non sono nemmeno più armi di guerra quelle di cui oggi strepitano gli americani, e che vantano e che offrono al mondo, ostentando in esse la base del loro potere. sono mezzi di distruzione indiscriminata della popolazione civile, mezzi per attuare delitti abominevoli, che credo persino una esistente convenzione internazionale condanni, è ben vero dunque che qui si supera il limite della pazzia! e per questa strada dovrebbe essere trascinata, come condizione per l' inserimento in quel sistema economico che ci schiaccia, la nostra patria, l' Italia? per questa strada dovremmo andare noi, nel momento che nessuno ci minaccia e nessuno minaccia questi famosi paesi dell' Europa occidentale , a meno che non vogliate considerare come « minaccia » da respingersi con le armi atomiche l' azione e la lotta delle classi lavoratrici per il lavoro e per il pane, contro il privilegio di gruppi possidenti ormai incartapecoriti e che debbono scomparire? ma allora veramente, se è per respingere questa « minaccia » , e cioè per mantenere in vita il mondo delle più stridenti ingiustizie sociali che voi invocate le armi americane e le armi atomiche , allora veramente siete decisi a rendere il cammino del progresso e della redenzione sociale qualche cosa di terribile per l' umanità, se davvero pensate che è con le bombe all' idrogeno che la strada del progresso debba essere sbarrata alle classi lavoratrici . dove volete dunque portare l' Italia? la Russia non minaccia nessuno e offre a tutti la pace. la Russia ha offerto un patto di pace a tutto il mondo, un accordo per la distruzione delle armi atomiche , un accordo per la riduzione ed eliminazione degli armamenti. la Russia offre a noi commercio e scambi su basi di parità. non pensa a ledere la indipendenza nostra né quella di alcun altro popolo. non ci chiede di inserirci in nessun suo « sistema » . onorevole Cappi, io la ascolto sempre con grande attenzione e interesse, ma molto maggiore sarà l' interesse mio e di tutti per le cose che ella dice quando saranno documentate, quando risponderanno ai fatti, che son quelli che ora io ho citato. questa è la realtà; e pervenuti a questo punto, alla domanda che mi son posto in principio sono ormai in grado di dare una risposta: la crisi attuale è la crisi del sistema atlantico-occidentale nel quale si è voluta contro il suo interesse costringer l' Italia; non la crisi di una civiltà come voi dite, ma la crisi di quel fantasma di civiltà che viene agitato dai gruppi dirigenti imperialistici per riuscire a mantenere il loro dominio su una parte sempre più piccola, per fortuna, del mondo. a questa crisi l' Italia è stata condannata dalla politica da voi fatta prima del 18 aprile e dopo; e se essa è profonda e si manifesta con particolare evidenza oggi in un campo, in quello della economia, è fatale che essa si manifesti via via in modo sempre più chiaro in tutti gli altri campi della vita nazionale. quanto al programma economico col quale voi vorreste far fronte alla situazione, potrei, a questo punto, esimermi anche dal farne la critica. siamo sazi di promesse. siamo sazi dei famosi stanziamenti a cui non è poi corrisposta nessuna possibilità di nuovo lavoro né nel nord né nel sud. le fonti cui dite di voler attingere sono o non esistenti o problematiche o non indicate. l' onorevole Corbino, che è stato il Primo Ministro della « linea Pella » , il Primo Ministro della lesina, ha avuto quindi ragione di irridere a questo vostro programma, di sbalordire tutti con l' affermare che egli è pronto a trovare due volte tanto ciò che voi promettete, e nella metà del tempo da voi indicato. siete voi stessi ingannati? volete ingannare? annaspate nella ricerca di qualcosa che seguendo il cammino per cui siete messi non potete riuscire a trovare? qui ritorniamo al punto da cui eravamo partiti. occorre una politica nuova, occorrono proposte nuove, e tali sono non le vostre, ma quelle che la classe operaia ha avanzato con piena consapevolezza delle necessità del paese, con piena consapevolezza di quello di cui la nazione ha bisogno nel momento presente. se questa, è la situazione, se questa. è la crisi, che cosa fare? una cosa sola: andare avanti. andare avanti, la classe operaia , tutti i lavoratori italiani, con le loro organizzazioni, che si sono dimostrate capaci di affrontare le più, dure situazioni; andare avanti con la certezza che la strada che noi seguiamo è quella giusta. grandi sono i meriti che i lavoratori italiani si sono attribuiti per ciò che hanno fatto in questi ultimi anni per rinnovare la società italiana . grandi sono i risultati già ottenuti. errori senza dubbio ci sono stati, ma un movimento di milioni di uomini non può avanzare senza queste cose. oggi possiamo dire che questa crisi, per il modo come è sorta e come è stata dibattuta, per i problemi che sono stati al centro di essa, è una crisi che noi abbiamo sollevato, che noi abbiamo aperto, con il nostro lavoro, con le nostre critiche, imponendo all' attenzione della nazione i problemi del risanamento della sua vita economica, dimostrando che questi problemi non si risolvono senza una modificazione radicale della politica che è stata seguita fino ad ora. perciò questa crisi è un grande successo dei partiti operai e dei, sindacati dei lavoratori italiani. è un successo perché per la prima volta forse dalla fine della guerra di liberazione, attorno a questioni che fino ad ora non erano state così largamente sentite, sentiamo che le aspirazioni nostre sono diventate aspirazioni di una parte sempre più grande della nazione. ci siamo assunti a Modena un impegno. ci siamo assunti l' impegno di denunziare l' orrore degli eccidi, di dimostrare come questo orrore è conseguenza in ultimo risultato di una politica falsa, e di raccogliere la grande maggioranza del popolo italiano attorno a delle rivendicazioni e in un movimento che imponga la fine di questi orrori. voi sapete quanto grandi sono i risultati che per questa strada già abbiamo ottenuti; più grandi ancora saranno quelli che otterremo, nell' interesse della nazione e dell' umanità. ma dobbiamo andare avanti in tutti i campi. le nostre proposte, di ottobre e il piano della Cgil non sono che un primo passo . per questa strada passi nuovi dobbiamo compiere, sviluppando l' azione iniziata, portandola fino alle ultime diramazioni della società civile italiana, interessando ad essa tutti gli uomini onesti, che vivono del loro lavoro, indicando loro la possibilità è la necessità di un indirizzo economico e politico, radicalmente nuovo, il solo che consenta di far rinascere l' Italia... dobbiamo allargare il fronte della nostra azione. la crisi attuale è stata prima di tutto la crisi dell' economia del 18 aprile, dell' economia atlantica e occidentale nelle sue manifestazioni italiane. dobbiamo allargare il fronte in modo tale che ponga in crisi sempre più evidente e profonda tutti gli altri aspetti di questa politica, e prima di tutto i suoi aspetti internazionali, i suoi aspetti di preparazione di un nuovo terribile conflitto, quegli aspetti cioè che più direttamente minacciano la vita stessa degli italiani. il successo riportato sopra uno dei settori ci serva a creare nuovi successi sopra gli altri. tutti gli aspetti della vostra politica infatti sono solidali e, uniti. con quella economia non si può fare che quella, politica. da quella politica non può derivare che quella economia. soprattutto occorre far comprendere, al popolo italiano che sono necessari un grande schieramento e una grande sua lotta per la pace, allo scopo di sottrarre l' Italia al vortice di quel delirio pazzesco di odio e di distruzione nel quale vorrebbero trascinarla i gruppi imperialistici degli USA. l' azione degli scaricatori dei porti per non scaricare le armi inviate qui dall' America è azione sacrosanta. non si offende il Parlamento conducendo la lotta contro la guerra fuori del Parlamento stesso. la lotta dei lavoratori contro la guerra è sempre andata al di là e al disopra dell' ambito della lotta parlamentare. il contrario giudizio che qui ho sentito esporre fa parte di quel cretinismo parlamentare, che i marxisti sempre hanno denunciato. le armi americane sono il segno del nostro asservimento a una pazza politica di distrazione. aiuti tutto il popolo a salvare la nazione facendo fallire questa. si raccolgano masse di cittadini sempre più larghe, oltre i limiti del nostro partito, oltre i limiti degli stessi sindacati confederali , per rivendicare una nuova politica economica ; si uniscano tutte le forze sane della nazione per esigere e imporre una politica di pace, una politica di liberazione del nostro paese dai terribili impegni che lo trascinano verso una nuova catastrofe. soltanto quando saremo riusciti a ottenere questo risultato, a realizzare questa politica! nuova unità di forze democratiche e nazionali soltanto allora la rinascita del nostro paese veramente potrà avere inizio.