Pietro NENNI - Deputato Opposizione
I Legislatura - Assemblea n. 389 - seduta del 09-02-1950
1950 - Governo II Prodi - Legislatura n. 15 - Seduta n. 6
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , su quelli che sono gli aspetti dirò così secondari della crisi, si può dire che tutto o quasi tutto sia stato già detto. credo tuttavia che un problema sia ancora aperto: quello del rapporto fra la soluzione che è stata data alla crisi, le richieste dell' opposizione, le condizioni obiettive del paese e le prospettive che stanno di fronte al paese. su questo problema che desidero richiamare l' attenzione dell' Assemblea. non tornerò quindi sugli episodi comici o seri a cui la crisi ha dato luogo. al capitolo della comicità credo si debba inscrivere il prezzo di affezione (l' espressione è del Il Corriere della Sera ) che l' onorevole De Gasperi ha dovuto pagare alla collaborazione dei repubblicani e dei socialdemocratici, tanto da autorizzare un giornale cattolico del nord a parlare di « governo dei monsoni » con riferimento non ai venti dell' Oceano indiano , dei quali si è molto parlato in queste ultime settimane, ma all' insaziabile appetito degli alleati minori della Democrazia Cristiana . al capitolo delle cose che possono nel prossimo futuro esercitare una certa influenza sulla vita politica del paese, penso si debbano iscrivere il ritiro dalla maggioranza e dal Governo del partito liberale , ed anche la specie di Aventino sul quale sembrano volersi ritirare i deputati della Democrazia Cristiana qualificati come un' opposizione interna di carattere sociale e corporativo. sono questi due fattori che hanno autorizzato un giornale di Torino a considerare la crisi come l' inizio dello sfaldamento della maggioranza del 18 aprile. il ritiro dei liberali è certamente un avvenimento notevole. la collaborazione dei liberali al quinto gabinetto De Gasperi fu dal presidente del Consiglio insistentemente sollecitata non tanto e non solo per ciò che i liberali rappresentano di tradizione e di pensiero, quanto perché il presidente del Consiglio in essi individua i rappresentanti di quello che ha chiamato « il quarto partito » , cioè il partito di coloro che possiedono poco o molto. la loro esclusione è oggi spiegata dalla maggioranza come conseguenza della impossibilità di collaborare con loro per attuare le riforme sociali ed in particolare la riforma agraria . vedremo alla prova. ma per ora credo che l' onorevole Corbino avesse ragione ieri di difendersi dall' accusa di avere reso impossibile questa o quella riforma. i liberali nel corso degli ultimi anni sono stati per la Democrazia Cristiana piuttosto un alibi che un ostacolo, ciò fino dai tempi del CLN quando talune incaute iniziative dell' allora ministro Cattani tolsero dal fuoco parecchie castagne che interessavano più la Democrazia Cristiana che gli stessi liberali. credo che ciò sia avvenuto sovente ed anche di recente, allorché vedemmo il compianto onorevole Grassi e l' onorevole Giovannini abbandonare, con un gesto piuttosto teatrale, il banco del Governo , ed andare a sedere al loro scanno di deputati per sottolineare l' opposizione alla riforma dei patti agrari , evitando così ad un largo settore della Democrazia Cristiana di assumere esso una iniziativa e una responsabilità analoga, in coerenza con le convinzioni che professa e con gli interessi che serve. il fatto che i liberali siano usciti dal Governo scopre la destra conservatrice della Democrazia Cristiana , la quale non potrà più mandare innanzi i ministri e i deputati liberali. d' altro canto l' « Aventino » del gruppo di Cronache sociali scopre l' ala corporativa della Democrazia Cristiana e la obbligherà ad assumere le responsabilità inerenti ai principi che professa. se quindi l' onorevole De Gasperi , se il gruppo dirigente della Democrazia Cristiana si sono mostrati assai riluttanti alla costituzione di un Governo monocolore, ciò è avvenuto non tanto per le ragioni indicate ieri dall' onorevole Saragat (paura di scivolare nel totalitarismo) quanto invece per il timore di tendere all' estremo le contrapposte tendenze politiche e sociali col rischio di far saltare il minimo comun denominatore confessionale che tiene unita la Democrazia Cristiana . comunque, sta di fatto che nella crisi i soli accenni politici di qualche interesse sono venuti dalle frazioni estreme della Democrazia Cristiana . si può dire che repubblicani e socialdemocratici, negoziando e dando la loro adesione, non abbiano posto alcun problema di fondo , attardandosi su discussioni, come quella sulla legge elettorale , tali da non interessare il paese. gli stessi liberali, per spiegare la loro uscita dal Governo non si sono richiamati, come sembrava logico attendersi, alla loro tradizione laica, alla concezione nazionale dello Stato propria della loro parte, ma al dissidio sulla funzione della regione nella struttura amministrativa dello Stato. le sole posizioni politiche suscettibili di sviluppo hanno trovato la loro espressione in alcuni settimanali cattolici di indubbio interesse. per esempio, Politica sociale ha posto il problema del superamento e della liquidazione del blocco del 18 aprile, considerandolo un ostacolo alla vita della democrazia e al funzionamento degli istituti democratici. è stata fatta dal medesimo giornale l' osservazione che non tanto si tratta, per il Governo, di avere un programma di riforme quanto di affrontare la situazione con « uno spirito nuovo, a contatto più immediato col paese, meno sollecito delle alchimie parlamentari, più libero dal complesso di inferiorità che deriva dalla persuasione di poter fare poco di più o di diverso di quanto si è fatto in passato nel campo interno e in quello internazionale, meno condizionato dalla mentalità di vivere giorno per giorno, più proteso a prevenire che a reprimere. me ne dispiace per l' onorevole Saragat, ma una valutazione di questo genere è certamente più pertinente alla attuale crisi della democrazia dei dubbi amletici nei quali egli si attarda da una ventina d' anni, attorno alla conciliazione tra libertà politica e giustizia sociale : dubbi sui quali ha fatto e disfatto partiti e continuerà a farne e a disfarne. in realtà il dubbio non esiste per chi abbia una visione organica del socialismo, il quale fa consistere l' affermazione più alta della libertà politica e della dignità umana nella soluzione della questione sociale, nella soppressione delle classi, nell' abolizione dello sfruttamento dell' uomo sull' uomo. un altro giornale cattolico, La Via , ha scritto che « non servirebbe ormai una tattica tempista che impiegasse semestri per realizzare una riforma agraria , per mettere un po' d' ordine nel groviglio dell' Iri, o servirebbe soltanto a far riprorompere con impetuosità violenta la crisi » . né meno critica è la posizione del gruppo che fa capo a Cronache sociali , del quale tuttavia ignoriamo esattamente in quali condizioni aveva ritirata la propria collaborazione e, c' è da credere, la propria fiducia a De Gasperi . sono spunti e fermenti assai interessanti, che ci auguriamo non siano soffocati da quel tanto di conformismo che è in tutti i partiti e in modo particolare nella Democrazia Cristiana . onorevoli colleghi , i problemi così posti non interessano soltanto la Democrazia Cristiana , ma tutto il paese, sia perché la Democrazia Cristiana ha la maggiore responsabilità politica nella direzione del Governo, sia perché la crisi è del e nel paese e prima di essere risolta ai vertici lo deve essere alla base. in tale senso ciò che succede nel seno della Democrazia Cristiana interessa tutto il paese nella misura in cui attesta l' esigenza di una politica nuova. ora, onorevoli colleghi , è proprio l' esigenza di una politica nuova il grande problema della democrazia repubblicana nel nostro paese. codesta esigenza non ha trovato alcuna rispondenza nel modo con cui la crisi ministeriale è stata risolta. la nostra sfiducia nel sesto gabinetto De Gasperi non investe tanto la composizione e il programma del Governo, programma che a don Luigi Sturzo fa l' effetto di una montagna davanti alla carovana, mentre fa a noi l' effetto di un affastellamento di spunti programmatici colti qua e là senza connessione e senza volontà organica, ma investe soprattutto le forze che stanno dietro il Governo. in quella che un giornalista liberale ha chiamato la « crisi invisibile » , la crisi cioè che deve decidere chi sopporterà le spese della guerra, della ricostruzione e delle eventuali riforme, le forze popolari e progressive sono state battute a favore di quelle plutocratiche perfino all' interno della Democrazia Cristiana . abbiamo così un Governo peggiore del precedente. è proprio dal punto di vista delle forze che stanno dietro il Governo, che io avrei voluto sentir discutere dai colleghi della maggioranza l' episodio tragico di Modena, il quale non può essere considerato come un fatto accidentale ed isolato e ha posto al Governo, alla maggioranza, all' opposizione, all' opinione pubblica dei problemi di fondo che noi ci dobbiamo sforzare di affrontare e risolvere. qualcosa di simile mi pare si fosse verificato alla fine del secolo scorso con i moti del 1898, gli eccidi che li precedettero e li seguirono, il regicidio di Monza, tutti fatti che segnarono il tramonto della monarchia umbertina e la svolta verso la sinistra costituzionale con l' esperimento giolittiano che per una decina d' anni ebbe carattere progressivo. qualcosa del genere avvenne durante la dittatura mussoliniana del giugno 1924 con l' assassinio di Giacomo Matteotti, che non fu anch' esso un fatto accidentale, ma la conseguenza e la conclusione della prima fase della dittatura caratterizzata da una dualità di poteri tra Stato e partito. nel primo caso la svolta verso il liberalismo costituzionale con il riconoscimento delle prime leghe e dei primi sindacati, favorì grandemente il progresso del paese. nel secondo caso avemmo un inasprimento della dittatura con la fusione di Stato e partito in regime. nei due casi non fu possibile fare come se niente fosse avvenuto, non fu possibile stare fermi. io vorrei che la maggioranza si rendesse conto che, dopo la strage di Modena, non è possibile stare fermi. dopo Modena o si torna indietro, ad una diversa valutazione dei rapporti fra Stato, sindacati, partiti di opposizione e masse lavoratrici , oppure si va alla disintegrazione dello Stato democratico , che abbiamo fondato insieme e insieme ci siamo impegnati a difendere votando la Costituzione repubblicana. a chi cerchi una analogia straniera, credo venga subito alla memoria la situazione dell' Austria al momento dell' eccidio del palazzo di giustizia , sotto il cancellierato di monsignor Seipel e quando il vecchio e sotto certi aspetti addomesticato clericalismo asburgico, subì la sua prima trasformazione verso il fascismo clericale del cancelliere Doelfuss. in tutti questi casi è apparso evidente come senza una larga politica di unione democratica e popolare lo Stato diventi incapace di dominare sia l' affiorare di movimenti di estrema destra , sia il prorompere di movimenti disorganici di estrema sinistra . sotto tale aspetto Modena è un avvertimento di importanza veramente capitale, è il punto conclusivo di una esperienza politica. dopo di cui si pone il problema di una nuova politica. onorevoli colleghi , credo non sfugga a nessuno l' importanza del fenomeno al quale assistiamo: dello smascheramento di forze di destra, che fino a questo momento hanno covato le loro uova nel nido altrui e, in modo particolare, nel nido della Democrazia Cristiana e vanno prendendo coscienza di sé, si liberano dalla ipocrisia delle formule equivoche, si rivelano per quel che sono. sorge nel paese un pericolo di destra, che non dobbiamo sopravvalutare, ma non abbiamo neppure il diritto di ignorare. credo che nei prossimi mesi avremo occasioni più frequenti di occuparci di movimenti di tipo neofascista o monarchico. né penso che i movimenti di tipo neofascista più pericolosi siano quelli che spavaldamente si riallacciano al recente passato; siano le chiassate o le provocazioni della Garbatella; oppure i manifestini diffusi negli ultimi giorni a Roma dove non sono più presi di mira soltanto i socialcomunisti ma dove si leggono frasi come questa: « i legionari di Mussolini se ne fregano di Scelba e della galera » . no, il neofascismo più pericoloso è probabilmente quello che non ha ancora coscienza di sé, che non ha ancora coscienza di essere fascismo e arguisce di rappresentare soltanto una legittima risposta alle esasperazioni polemiche e sociali dell' estrema sinistra . il neofascismo pericoloso è quello dei ceti agrari e industriali che, allorquando l' onorevole Scelba fa sparare o lascia sparare sui contadini di Melissa o sugli operai di Modena, ne farebbero una specie di eroe nazionale, ma non ammettono che l' indomani — sotto la pressione delle masse — il prefetto di Catanzaro o quello di Modena facciano alla classe lavoratrice concessioni, ad evitare le quali il padronato era ricorso alla serrata ed aveva invocato l' intervento delle forze armate dello Stato. il neofascismo pericoloso è quello che riprende gli stanchi accenti del vecchio e logoro nazionalismo, di cui abbiamo avuto esempio in questi giorni anche alla Camera, a proposito del ritorno in Somalia, da alcuni uomini tra i più eminenti della Democrazia Cristiana considerato una necessità alla quale non hanno creduto di potersi sottrarre; per altri occasione di riesumazione del basso corrotto dannunzianesimo di trent' anni or sono. il neofascismo che si ignora respingendo il nome e non la cosa e lo spirito, è quello di cui abbiamo esempi ormai quotidiani in larghi settori della stampa, è quello di cui avemmo un caso l' altro ieri allorché parlava il collega Lombardi, quello che offre alla estrema destra la legittimazione storica e politica di essere nient' altro che una risposta all' estrema sinistra . ciò è molto pericoloso, non solo per le conseguenze che ha già avuto; ma per quelle che potrebbe avere ove i conflitti sociali dovessero esasperarsi non già, onorevoli colleghi , perché così avrebbero voluto e deciso i « mestatori » dell' estrema sinistra , ma a causa della situazione sociale del paese. se i problemi non si risolvono, essi si ripresentano in forma drammatica e tragica e nessuno può farcene colpa. forse nel prossimo avvenire sentiremo parlare un poco di più anche di monarchia e di monarchici. mi hanno detto che in certi salotti romani i nostalgici della monarchia si salutano con il motto: « nel 1953 Umberto a Roma! » . sono delle cose innocenti, ed io credo che l' onorevole Marchesano dovrà avere molto più pazienza, una pazienza senza limiti di tempo. tuttavia, anche a proposito di monarchia e di monarchici, il pericolo non viene dai monarchici dichiarati, ma è insito nelle compiacenze che essi trovano fra partiti, gruppi, ceti che sembravano acquisiti al nuovo ordine repubblicano. il pericolo viene dalle tendenze monarchiche della Democrazia Cristiana , dove in contrasto con gli elementi progressivi, il giornale Realtà politica ha già potuto porre il quesito della monarchia democratico cristiana . tuttavia il pericolo maggiore deriva dall' incapacità del gruppo dirigente della Democrazia Cristiana , che è oggi il gruppo dirigente dello Stato repubblicano, di associare le masse allo Stato, di far sì che ognuno, operaio, contadino, artigiano, intellettuale, si senta parte dello Stato repubblicano, non consideri lo Stato come avversario o addirittura come nemico. orbene, onorevoli colleghi , come dobbiamo interpretare codesto smascherarsi e liberarsi a destra di forze anti-democratiche e a modo loro sovversive? in ciò, io credo è uno dei sintomi dello sfaldamento della maggioranza del 18 aprile. giacché ci dia atto l' onorevole Saragat, che si è fatto qui il difensore del 18 aprile, che le forze delle quali parliamo, le tendenze che stiamo analizzando, non erano fuori ma dentro la maggioranza del 18 aprile, ne costituivano in una certa guisa la punta di assalto. sono le forze che hanno votato per la Democrazia Cristiana e probabilmente anche per il sole nascente, aggrappandosi a chiunque desse loro l' assicurazione o la speranza di riprendere e portare avanti l' antica polemica fascista contro il socialcomunismo. se oggi queste forze riprendono il loro vero volto, è perché ritengono possibile rischiare in persona prima la polemica o la lotta senza nascondersi dietro le spalle di nessuno. in ciò è uno degli aspetti della crisi dello Stato insidiato a destra ed isolato a sinistra, a causa del distacco che lo separa dal popolo. talvolta mi chiedo se l' onorevole De Gasperi non abbia riflettuto e non rifletta sul fatto, che dal 1944 al 47, con la semplice investitura che ci veniva dal movimento di liberazione, noi abbiamo potuto superare con un minimo di inconvenienti, le più gravi situazioni che si siano mai presentate al paese. noi abbiamo potuto realizzare nel 1945 il trapasso dallo stato di guerra a quello di pace, liquidando con un minimo di inconvenienti la guerra civile di cui il governo di Salò assunse la sciagurata responsabilità. abbiamo potuto nel 1946 fare il trapasso dallo Stato monarchico a quello repubblicano senza nessun episodio di violenza, senza tutela di carabinieri o di polizia che non avevamo e di cui del resto non sentivamo il bisogno, forti come eravamo della forza che proviene dal consenso popolare. l' onorevole De Gasperi non può aver dimenticato di essersi trovato come ministro o come presidente del Consiglio alle prese con problemi di approvvigionamento di grandi città o di intere regioni, potendo contare soltanto sul problematico dirottamento in alto mare di piroscafi diretti altrove, oppure di aver dovuto contare su mezzi di fortuna per rifornire di carbone o di materie prime le industrie del nord. ma nell' un caso o nell' altro noi sapevamo di poter contare sul civismo del popolo capace di autentici miracoli. ho udito l' onorevole Pastore, con quel suo tono provocatorio che è indice di cattiva coscienza, gridare ieri all' estrema sinistra che noi nascondiamo le armi. ma, onorevoli colleghi , non bisogna dimenticare che, per alcuni anni, le armi, i mitra erano da una parte sola, dalla parte del popolo; e non hanno sparato, nel che sta il patrimonio d' onore delle classi lavoratrici . per cambiare questo stato di cose e volgere tutto al peggio c' è voluta la svolta del 1947. l' onorevole De Gasperi dirà che io torno sempre al mio chiodo, ed effettivamente dovrò tornarvi finché non si farà una nuova politica. c' è voluto, dicevo, la svolta del 1947, ci sono volute le elezioni del 18 aprile con la vittoria del blocco antisocialista e anticomunista. sennonché, onorevoli colleghi , ogni vittoria ha il suo prezzo come ogni medaglia ha il suo rovescio. le frazioni estreme del blocco del 18 aprile volevano qualche cosa che la Democrazia Cristiana non ha potuto dare. volevano la liquidazione del partito socialista italiano per pressione dall' esterno e disintegrazione interna. al di là del partito socialista italiano miravano al partito comunista e, nel partito socialista ed in quello comunista, volevano colpire a morte la classe operaia organizzata, l' avanguardia del paese. onorevoli colleghi , avete dunque l' impressione di avere su questa via ottenuto dei grandi successi? crede l' onorevole De Gasperi di essersi liberato dal debito contratto senza un pubblico atto notarile? la mia impressione è diversa. ho l' impressione che le cose non siano andate, non vadano come speravano i crociati del 18 aprile, e che il movimento operaio di estrema sinistra , socialista e comunista, sia oggi più forte che nel 1947-48 esso è, onorevoli colleghi , più forte e più compatto e il suo peso sociale è di molto superiore a quello politico parlamentare. dalla rivoluzione inglese, alla francese, alla bolscevica è questo uno degli aspetti della vita moderna degli Stati e delle società. il peso sociale di determinati movimenti e partiti non si valuta soltanto, secondo le risultanze aritmetiche delle elezioni. come nella Francia del 700 il « terzo stato » era, nei confronti della nobiltà e del clero, socialmente assai più forte di quanto non risultasse dalla rappresentanza numerica che aveva negli stati generali, così nella moderna società il « quarto stato » , che noi rappresentiamo, è assai più forte sul piano sociale che non in campo elettorale. in forme nuove si riproduce nella società contemporanea la vecchia antitesi tra paese reale e paese legale , tra le forze che controllano socialmente i gangli più delicati della vita civile e della produzione, e quelle marginali il cui intervento può essere decisivo nelle elezioni, ma che per il resto del tempo rimangono inerti, assenti, lontane. in questo senso il collega e compagno onorevole Lombardi ha avuto ragione di dire che non si può concepire una direzione dello Stato e della società che prescinda da noi. non si può governare contro il « quarto stato » , contro la classe operaia organizzata ed è molto dubbio che si possa governare senza di essa. senza il quarto stato , senza la classe operaia , non è possibile intraprendere alcuna vasta opera di trasformazione della società, nessuna vera grande riforma della struttura sociale. il motivo per cui io non credo al « terzo tempo » della Democrazia Cristiana , il tempo delle riforme, trae origine appunto dalla convinzione che non è possibile riformare la società senza il concorso attivo della parte direttamente interessata a tale trasformazione. come realizzare la riforma agraria senza l' appoggio entusiastico delle plebi rurali del Mezzogiorno, dei braccianti della Valle Padana , dei contadini poveri del settentrione, per i quali tutti la riforma agraria è un problema non di astratta sociologia ma di vita o di morte? e come avere alleata la classe operaia e contadina se la si considera come una forza antisociale e sovversiva da tenere ai margini della società? in questo senso non basta elaborare sulla carta un programma, ma occorre, per attuarlo, uno spirito nuovo di comprensione e di solidarietà. noi socialisti abbiamo fatto dal 1947 in poi, i in condizioni particolarmente difficili, quanto potevamo per far sorgere nel paese e nel Parlamento questo spirito nuovo. certo, onorevoli colleghi , sul piano della polemica io do per scontato che se uno di voi volesse dimostrare che qualche volta siamo andati oltre il nostro disegno, ciò è possibile. un grande scrittore dell' 800, testimone e attore delle lotte rivoluzionarie del suo secolo, ha scritto di essere stato colpito dall' accanimento che gli uomini mettono ad andare nella polemica al di là dei loro disegni. da questo punto di vista gli uomini del 900 non sono diversi da quelli dell' 800: ed è capitato anche a noi socialisti, è certamente capitato a me, di andare oltre il nostro disegno. tuttavia il disegno rimane, e non è dubbio che dal 1947 fino ad oggi abbiamo correntemente parlato e agito per ricondurre il paese non tanto alle forme politiche che esso si era dato durante il periodo della liberazione, coi comitati di liberazione nazionale, o alla formula parlamentare e governativa del 2 giugno (giacché queste formule possono essere diventate caduche), quanto allo spirito del movimento di liberazione, allo spirito della lotta repubblicana del 2 giugno che è quanto di meglio è stato fatto dalla caduta del fascismo ad oggi. è questo possibile? ieri l' onorevole Saragat ha detto che non è possibile. egli ha arguito di potersi mettere d' accordo assai rapidamente con l' onorevole Di Vittorio su un programma di propulsione economica e di riforme sociali, ma ha asserito nello stesso tempo di non vedere la possibilità di una collaborazione e forse neppure di una pacifica convivenza politica con me o con l' onorevole Togliatti. al quale proposito l' onorevole Saragat si è richiamato a un esempio che ritengo il meno appropriato. con l' esempio della Cecoslovacchia egli ha voluto dimostrare come una politica di unità delle forze popolari e democratiche, sfoci ineluttabilmente nella dittatura del partito comunista in linea di fatto non è vero giacché in Cecoslovacchia, come in Bulgaria, Romania e Ungheria, il partito operaio non è solo al Governo. onorevoli colleghi della maggioranza, se qualcuno è in grado di dimostrare il contrario io sono qui per ascoltarlo! dicevo che l' esempio citato non è vero in ordine di fatto e non è pertinente alla nostra situazione. prima di fare una simile affermazione l' onorevole Saragat avrebbe dovuto chiedersi in quali circostanze la base dei partiti non operai che partecipano al governo in Cecoslovacchia e negli altri paesi a democrazia popolare , si sia ristretta, e avrebbe allora facilmente individuato le responsabilità dell' imperialismo americano e del Comisco, dir adesso dà dei dispiaceri anche all' onorevole Saragat. quanto è avvenuto in quei paesi, il carattere che la lotta ha assunto, va posta in relazione col ripudio da parte dell' America e del Regno Unito degli accordi e dei principi di Yalta: col ripudio cioè del riconoscimento del fatto compiuto della rivoluzione operaia e della volontà affermata di Yalta di mantenere con l' Unione Sovietica e coi paesi della democrazia popolare , rapporti di leale collaborazione. finché la politica mondiale non ha subito la svolta che prende origine dal messaggio del presidente Truman nel marzo 1947, la situazione in quei paesi è stata completamente diversa. le contraddizioni interne inerenti al sistema della democrazia politica (come dice Saragat), o della democrazia borghese, come diciamo noi, sono state sormontate in uno spinto di larga collaborazione tra tutte le forze progressive: le lacerazioni interne sono intervenute, allorché alcuni gruppi si sono trasformati in agenti più o meno coscienti dell' imperialismo americano. posta nella necessità di difendersi, la rivoluzione ha dovuto avere la mano pesante contro coloro che diventavano agenti di interventi stranieri del genere di quelli che dopo la prima guerra mondiale schiacciarono i movimenti rivoluzionari della Romania, dell' Ungheria e della Baviera. il riferimento dell' onorevole Saragat non è quindi inesatto soltanto in linea di fatto, ma è arbitrario in quanta confronta fra di loro situazioni radicalmente diverse e tende a paragonare meccanicamente esperienze di natura diversa. in verità, l' impossibilità di collaborare con noi fu il pretesto dietro al quale le forze reazionarie mascherarono prima, durante e dopo il 18 aprile, il proposito di capovolgere la situazione di progresso e di dignità democratica, creata dal movimento di liberazione e dalla vittoria repubblicana del 2 giugno. ora noi socialisti abbiamo tentato infinite volte, ed anche durante l' ultima crisi, di aprire un dialogo con la maggioranza. non ci siamo riusciti e mi domando se ci riusciremo nel corso della discussione che volge al voto senza che gli elementi del dialogo siano stati raccolti dal Governo e dalla maggioranza. noi non abbiamo posto pregiudiziali negative tali da escludere financo la possibilità della discussione. abbiamo invocato uno spirito nuovo, un indirizzo diverso, un programma capace di portare la lotta a un livello più alto e di far fare un passo innanzi al paese e al popolo. io non voglio ripetere quanto, in modo eccellente, l' onorevole Riccardo Lombardi e l' onorevole Santi hanno detto in merito alle insufficienze del programma di rinnovamento economico e di riforme annunziata dal Governo. non voglio nemmeno ribadire le ragioni per le quali l' opposizione, riunita a Modena, considerò suo dovere chiedere un cambiamento di uomini e un cambiamento di direttive nella politica interna . l' onorevole Malagugini ha già giustificato la nostra richiesta. voglio dire soltanto che allorché la maggioranza ci risponde, o ci fa rispondere, che essa non può prendere in considerazione l' allontanamento dell' onorevole Scelba, per il fatto solo che l' opposizione lo chiede, essa, coscientemente o no, si mette fuori della democrazia e del sistema parlamentare. giacché, a meno di considerarci gli eletti di nessuno (e siamo invece gli eletti di 8 milioni di elettrici e di elettori che hanno nella società italiana una funzione prevalente) è evidente che alla nostra richiesta non si può rispondere con un non possumus pregiudiziale. la maggioranza può ritenere che la politica di Scelba sia la migliore politica interna di un paese democratico e repubblicano e può così assumerne la corresponsabilità; non può senza venir meno alle regole del gioco democratico parlamentare considerare inaccettabile una richiesta soltanto perché formulata dalla opposizione. così Mussolini tentò di fare dopo l' assassinio di Matteotti allorché l' opposizione costituzionale di allora chiese che egli abbandonasse il ministero dell'Interno ; cosa che, per Mussolini che fosse, per dittatore che fosse, dovette fare, sia pure facendosi sostituire da un ministro che dal punto di vista della lealtà democratica non dava certamente maggiori garanzie. io voglio intrattenere la Camera di due altre richieste dell' opposizione, una delle quali si riferisce all' indirizzo della nostra politica estera , l' altra alla dibattuta questione del laicismo. per un caso assai curioso, onorevoli colleghi , nel corso della crisi non si è parlato di politica estera , quasi si volesse dare al paese l' impressione che la politica estera non è di pertinenza del Parlamento e neppure della maggioranza del Parlamento: ma è qualcosa che ci viene dall' esterno e che noi abbiamo accettato una volta per sempre. ciò è tanto più curioso se si pensa che nell' ambito stesso della maggioranza democristiana le critiche all' attuale ministro sono state a volte assai severe, al punto che io dovetti di recente dichiarare che non avremmo accettato di ridurre l' opposizione alla politica estera del Governo a un caso personale con l' onorevole Sforza. durante la crisi non risulta che i partiti abbiano manifestato il benché minimo interesse per la politica estera . vi è stata ressa alle porte di tutti i dicasteri. ci si è battuti all' ingresso del ministero dei Trasporti , di quello della Marina mercantile , del ministero delle Poste . è sembrato, fin dall' inizio, che esistesse un tacito accordo per considerare tabù la politica estera . al Consiglio nazionale della Democrazia Cristiana , v' era stato un accenno dell' onorevole Andreotti ai « nuovi campi da arare » nel bacino del Mediterraneo e nei paesi latini e cattolici. se ho capito bene, si trattava di una specie di nuova Lepanto contro gli infedeli. ma anche di ciò non si è più parlato. Fedele alla consegna del silenzio, la dichiarazione del Governo si è limitata ad alcune scheletriche e convenzionali frasi sulla politica estera , senza il minimo accenno agli atti esecutivi che stanno per intervenire che sono intervenuti — e alla corsa agli armamenti, che è per ora la manifestazione la più inquietante della politica atlantica. ieri, l' onorevole Saragat ha riconfermato la sua adesione al patto atlantico . avrei desiderato ci spiegasse il mistero di un passaggio della sua recente lettera aperta a Léon Blum, dove è apparso come il vecchio leader dei socialisti francesi sia servito per vincere la resistenza dell' Inghilterra e della stessa America alla nostra ammissione al patto atlantico . di tale curioso intervento che sottolinea la responsabilità dell' onorevole Saragat e dei suoi amici nell' adesione volontaria ad una alleanza militare, egli non ha parlato limitandosi a ribadire il luogo comune , secondo cui il patto atlantico avrebbe consolidato la pace nel mondo. è un' interpretazione ottimistica e interessata, poco conforme allo stato delle cose . per parecchio tempo io sono stato pressoché solo a sottolineare i pericoli insiti dell' adesione al patto atlantico . nelle ultime settimane, uno scrittore cattolico e nazionalista, che andò per la maggiore nella diplomazia del ventennio, ha sottolineato a sua volta questi pericoli, arrivando alla conclusione che in caso di terza guerra l' adesione italiana al patto significherebbe i cosacchi comunisti a San Pietro . i giornali recano oggi la notizia delle dimissioni in Francia del generale Billotte il quale ha inteso protestare contro la sproporzione tra il rischio che la Francia assume e l' insufficienza degli aiuti militari che riceve e contro l' ipotesi, formulata a cuor leggero dagli Stati maggiori di Washington, della Francia invasa e dell' America che dopo tre, cinque anni verrebbe a liberarla. nessuno dei nostri generali fiata, come se dal punto di vista strategico noi fossimo meglio garantiti. onorevoli colleghi , io vorrei prescindere dalla ricerca delle cause e delle responsabilità dell' attuale situazione. onorevole Marchesano, non dia esempio di quel decadente dannunzianesimo di cui parlavo. non attribuisca al 2 giugno una importanza che vada oltre le patrie frontiere. vorrei, dicevo, rinunziare a stabilire in contradittorio con la maggioranza in che misura la responsabilità dell' attuale stato delle cose , ricada sulla Unione Sovietica o sugli USA. c' è tuttavia un fatto sul quale dovremmo essere d' accordo, ed è la valutazione dell' estrema gravità della tensione internazionale. vorrei anche rinunziare a indagare quale sia oggi l' efficienza dei due schieramenti: quello che fa capo agli USA e quello che fa capo all' Unione Sovietica ; benché in proposito io condivida l' opinione del senatore americano William Jenner il quale, proprio in questi giorni, di ritorno dalla Germania e dal Giappone, ha dichiarato che Stalin sta vincendo la guerra fredda . libera la maggioranza di illudersi del contrario. non dovrebbe comunque esserci dissenso sulla constatazione dell' estrema tensione delle relazioni internazionali, né sulla valutazione del pericolo insito nella corsa agli armamenti e nella guerra fredda . orbene, io reputo inammissibile che il presidente del Consiglio , presentando al Parlamento il suo sesto gabinetto, nel momento in cui diventano esecutivi gli accordi di Washington sulla assistenza militare americana, non abbia detto in che misura tali accordi ci impegnino e ci garantiscano e quale contropartita comportano. onorevoli colleghi , gli accordi firmati il 27 gennaio dal presidente Truman tendono ad attuare in Europa una serie di misure volte ad aumentare la capacità militare dei paesi aderenti al patto atlantico . come nel caso degli aiuti ERP, non si tratta di un dono grazioso — nessuno fa doni graziosi — ma esiste una contropartita la cui portata è fissata nell' accordo bilaterale che ognuno dei paesi contraenti ha firmato nell' atto di ricevere gli aiuti militari. di ciò il presidente del Consiglio non ha parlato. noi ignoriamo l' entità delle forniture militari che ci saranno fatte e dobbiamo procedere per intuizione o per confronto se vogliamo renderci conto della contropartita a nostro carico. risulta in primo luogo che ci impegniamo a concorrere con tutti i mezzi possibili a portare al massimo di efficienza la capacità militare del paese. in secondo luogo accogliamo un controllore americano, che è già a Roma, col compito di sorvegliare l' uso degli aiuti americani e di vigilare sulla esecuzione dell' impegno assunto di contribuire con tutti i mezzi a portare l' efficienza militare del paese al suo più alto livello . ci dica dunque il Governo se esso considera che il paese è in tal guisa garantito. entrati come siamo nella fase degli atti esecutivi del patto atlantico , la nostra corresponsabilità diviene totale in una alleanza militare che il nostro Governo non controlla, e le cui linee di frizione vanno dal Reno al Mar Giallo, dall' Atlantico al Pacifico. noi abbiamo sempre sostenuto che il patto atlantico ci impegna e non ci garantisce. oggi abbiamo il diritto di domandare al Governo se l' entità degli aiuti che esso sta per ricevere, se l' entità dello sforzo militare che in base alla convenzione bilaterale è chiesto al paese, rappresentano agli occhi suoi una garanzia valida; abbiamo il diritto di chiedere se il nostro stato maggiore si assume la responsabilità tecnica della situazione nei confronti delle evenienze che possono maturare in un prossimo o in un lontano domani. a nostro giudizio, la sicurezza dell' Italia era ed è condizionata da una politica di neutralità, neutralità che abbiamo dimostrato le mille volte essere possibile. abbiamo del resto la magra sodisfazione di veder sorgere movimenti analoghi in tutti i paesi. in Germania suscita, fra gli americani, molte preoccupazioni un vasto movimento per la neutralità, che abbraccia elementi cattolici, socialdemocratici, comunisti, partendo dal principio da noi tante volte formulato che una nazione non può assumere se non i rischi ai quali è in grado di far fronte direttamente. ci dica inoltre il Governo in quale misura e con quali mezzi esso si dispone a portare le nostre forze militari al massimo grado di efficienza e se ravvisi in ciò un elemento di sicurezza per la nazione. a tale proposito noi vogliamo sottolineare, non già la contradizione fra questo impegno e il trattato di pace , giacché di esso avendo chiesta la revisione non intendiamo esserne i guardiani, ma chiediamo come il Governo pensa di conciliare il compito che assume di portare al massimo livello di efficienza l' organizzazione militare del paese, con l' annunciato programma di maggiori investimenti produttivi nelle opere pubbliche e nelle bonifiche. l' alternativa che durante l' ultima guerra si pose in Germania: « burro o cannoni » , si ripresenta per tutti i paesi e soprattutto per noi. infine domandiamo se il Governo crede compatibile con la dignità della nazione la presenza a Roma di un controllore americano, il quale per l' estensione praticamente illimitata dei suoi poteri, può, ove lo voglia, interessarsi di tutto, financo dei dibattiti parlamentari , dei quali si potrebbe dire che non concorrono a rafforzare lo spirito guerriero della nazione. onorevoli colleghi della maggioranza, forse il vostro stupore è frutto dell' ignoranza in cui siete del testo della convenzione. è probabile che una più esatta informazione vi renda meno corrivi nel considerare compatibile la presenza a Roma di un controllore straniero, non dirò con l' autonomia, ma con la dignità della nazione! noi non ci facciamo illusioni sulla risposta che ci può essere data; abbiamo però il dovere di dire al Governo: fate attenzione, gli atti esecutivi nel senso della preparazione concreta della guerra, susciteranno inevitabilmente altri atti esecutivi volti ad impedire la guerra. se ho bene capito un accenno del presidente del Consiglio , egli si appresta a leggere dei misteriosi documenti tendenti a fare apparire come un complotto la nostra opposizione alla guerra. è una vecchia storia, onorevole De Gasperi una storia che va dal burlesco trattato di Bisacquino che la polizia inventò ai tempi di Crispi, per dimostrare come i fasci siciliani fossero agli ordini della Francia e della Russia allora zarista fino alla recente invenzione delle troike, nella quale credeste assieme al galantuomo che a quell' epoca dirigeva la Pubblica Sicurezza , e che vi coprirono di ridicolo. guardatevi dalla mania del piani « k » ! esaminate i fatti, non gli stupidi rapporti della polizia. il movimento operaio non è una setta né di gesuiti né di carbonari o di massoni dell' Ottocento; il movimento operaio fa quello che dice pubblicamente di fare. è inutile cercare misteriosi agenti del Cominform laddove sono in gioco le responsabilità del Governo e della maggioranza. noi abbiamo assunto con piena coscienza la responsabilità di fare quanto potremo per impedire che il nostro paese sia travolto in una politica di guerra o in una guerra che non faremo. la coscienza che abbiamo della nostra responsabilità ci detta l' invito al Governo e alla maggioranza di riconsiderare la politica estera e di tener conto della nostra protesta politica, che è anche una protesta morale, contro il modo con cui veniamo sempre più impegnati, senza che la maggioranza possa invocare un irrefutabile mandato popolare che nell' occasione non c' è stato, giacché il 18 aprile nessuno ha detto al paese quale politica estera vi apparecchiavate a fare. e adesso mi consenta la Camera di regolare una specie di caso personale con l' onorevole De Gasperi . ad un convegno socialista, il quale riteneva essere suo diritto esaminare i problemi della difesa dello Stato e della scuola dall' invadenza clericale, il presidente del Consiglio dette al Senato, nella seduta del 29 novembre, una risposta che oso dire di un tono inammissibile. egli era nel suo diritto difendendo lo Stato dall' accusa che gli muoviamo e difendendo il ministro dell' Istruzione pubblica dalla critica di essere il mini della scuola privata e confessionale e non di quella pubblica. ma l' onorevole De Gasperi assunse in quella occasione il tono e l' atteggiamento del crociato pronto a morire per la Chiesa e per la religione. egli concluse il suo discorso con accenti drammatici: « tengo a scongiurarvi di non buttarvi in questa battaglia; ma, se voi la volete, l' avrete » . onorevole De Gasperi , fino a prova del contrario ella è o dovrebbe essere tutore degli interessi dello Stato e non di quelli della Chiesa, la quale non manca di difensori, dall' Azione Cattolica alla stampa cattolica, dal Vaticano all' l'Osservatore Romano . nel secolo scorso abbiamo visto la Chiesa tentare di trasferire sul piano dei dogmi la lotta che Cavour conduceva contro i vecchi diritti ecclesiastici. essa poteva farlo. non è ammissibile che assuma un atteggiamento del genere il presidente del Consiglio dei ministri dello Stato italiano e repubblicano, non dello Stato del Vaticano. onorevole De Gasperi , la pace religiosa è uno degli elementi della pace civile del paese. ma, per l' appunto, in quel convegno, non avevamo attaccato la religione come tale, cosa del resto di cui rivendico il pieno diritto per tutti gli italiani. sulla religione, noi marxisti abbiamo la nostra opinione. la prima è di non avere religione, la seconda è di considerare la religione non come una rivelazione soprannaturale ma come il riflesso del mondo reale. tuttavia non su questo il convegno laico socialista intese richiamare l' attenzione del paese, ma sulla esecuzione del Concordato e sul Concordato stesso. ora, che cosa c' è da eccepire a tale nostro diritto? il fascismo concepì il Concordato come un tentativo di utilizzare la forza della Chiesa ai fini dello Stato, inteso come principe, cioè come dittatura. oggi i termini si sono rovesciati ed è la Chiesa che tiene al guinzaglio lo Stato. nel nostro convegno abbiamo chiesto cosa diviene nella sua applicazione l' articolo 43 del Concordato, il quale dice che « lo Stato italiano riconosce le organizzazioni dipendenti dall' Azione Cattolica italiana in quanto esse, siccome la Santa Sede ha disposto, svolgano la loro attività al di fuori di ogni partito politico » ; e quale valore conservi l' ultimo capoverso dello stesso articolo laddove dice: « la Santa Sede prende occasione dalla stipulazione del presente Concordato per rinnovare a tutti gli ecclesiastici e religiosi d' Italia il divieto di iscriversi e militare (sottolineo: « militare » ) in qualsiasi partito politico » . onorevole De Gasperi , che c' è di tragico e di drammatico nella richiesta di un partito politico che il Concordato sia applicato nella lettera e nello spirito? che c' è di offensivo nella iniziativa che un partito politico volesse eventualmente assumere di chiedere la revisione del Concordato? la revisione è prevista dalla Costituzione. l' articolo 7, pur beatificando i patti del Laterano, dice: « le modificazioni dei patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale » . e l' onorevole De Gasperi , illustrando il suo voto sull' articolo 7, fece alla Costituente la dichiarazione seguente: « la Costituzione mette per base i patti lateranensi , ma nel contempo dichiara che questi sono modificabili e che sono modificabili con la semplice maggioranza parlamentare e non attraverso quelle garanzie maggiori e più solenni che la Costituzione stabilisce per cose anche meno importanti » . e allora, perché lo scandalo? perché drammatizzare la richiesta del mio partito, conforme alla lettera della Costituzione? perché contestarci il diritto di chiedere eventualmente la revisione di alcuni articoli del Concordato? per esempio dell' articolo 5, concernente l' abolizione dei diritti civili per i preti apostati o irretiti, articolo in contrasto con la Costituzione; dell' articolo 34, col quale l' istituto del matrimonio è stato sottratto alla giurisdizione civile o dato alle parrocchie dell' articolo 36, dove, con una formula che ha dato luogo a molti abusi, si afferma che l' Italia considera fondamento e coronamento dell' istruzione pubblica l' insegnamento della dottrina cristiana secondo la formula ricevuta dalla tradizione cattolica » . onorevoli colleghi , qualunque sia il vostro apprezzamento sul fondo del nostro pensiero, credo vi sia qualcosa che non oserete contestarci: e cioè che la Costituzione ci dà il diritto di chiedere la revisione. invece di risponderci serenamente, ecco che si assume un tono da tragedia greca, si tenta di tapparci la bocca con la vieta accusa che abbiamo parlato male della Chiesa! a meno che non dobbiamo considerare una risposta la riforma della scuola che il ministro Gonella prepara, risposta del tutto inadeguata giacché la riforma Gonella esaspera i mali classici della scuola e ne accentua il carattere di classe e di confessionalità! onorevoli colleghi , non ho fatto una incursione sul terreno dei nostri diritti costituzionali per introdurre nel dibattito un elemento che so per sua natura essere tale da suscitare violente passioni; l' ho fatto per ritornare al punto da cui sono mosso: la necessità cioè di uno spirito nuovo, di una interpretazione larga dei diritti che la Costituzione ci dà, di una pratica quanto più possibile ampia della libertà di discussione, di critica, d' iniziativa nell' ambito parlamentare e secondo le norme costituzionali. questo spirito nuovo non c' è nella vostra politica economica e sociale, in quella interna, nella politica estera , nella politica scolastica ; questo spirito nuovo non c' è nel vostro modo di concepire i rapporti tra maggioranza e opposizione. l' affermazione più grave nel corso della crisi è stata fatta dall' onorevole De Gasperi al Consiglio nazionale della Democrazia Cristiana il 20 dicembre scorso, allorché ai suoi compagni di partito che lo sollecitavano ad avere più fiducia nel popolo e a considerare lo Stato democratico e repubblicano come definitivamente consolidato, il presidente del Consiglio rispose che essi si ingannavano, che il consolidamento dello Stato repubblicano e democratico era ancora di là da venire, che c' erano per lo meno tre partiti (sono parole sue) che non si possono considerare come sostenitori dell' attuale sistema democratico repubblicano. onorevole De Gasperi chi le dà il diritto di identificare il Governo con il sistema democratico repubblicano? chi le dà il diritto di metter fuori del sistema democratico repubblicano coloro che hanno dato il massimo contributo alla sua fondazione? il Governo trae le sue origini dalle elezioni del 18 aprile, ma il sistema democratico repubblicano trae le sue dalla vittoria repubblicana del 2 giugno. ora noi, che secondo l' onorevole presidente del Consiglio saremmo fuori di questo sistema, abbiamo contribuito con 9 milioni di voti su 12 alla vittoria dello Stato repubblicano. noi abbiamo sempre dichiarato e dichiariamo che, al di sopra di tutti i dissensi con la maggioranza del 18 aprile, se la Costituzione del nostro paese fosse in pericolo, se la Repubblica fosse in pericolo, saremmo i più validi difensori della Repubblica e della Costituzione. ed è sbalorditivo che ad una dichiarazione di tal genere abbia potuto associarsi l' onorevole Saragat. nel suo passato di militante socialista l' onorevole Saragat ha vissuto due esperienze che avrebbero dovuto essere decisive per lui, l' esperienza dell' Austria dal 1927 al 1934 e quella della Spagna dal 1931 al 1936 e poi dal 1936 al 1939. egli sa come in Austria le basi della convivenza civile e democratica siano state distrutte allorché una fugace maggioranza clericale riuscì a mettere fuori del sistema democratico la socialdemocrazia, che quel sistema aveva creato. egli sa come il dramma sanguinoso della Spagna sia cominciato allorché si è tentato di porre fuori della legalità repubblicana il partito socialista che era stato il creatore della Repubblica. oggi assistiamo in Italia a un tentativo del genere, e il fatto che si assuma a pretesto la necessità di salvare il paese da un ipotetico pericolo comunista, non cambia nulla alle cose, ma aggiunge una ipocrisia alle ipocrisie. in verità si vuole distruggere, nel suo contenuto politico e sociale, la Repubblica del 2 giugno e renderne inoperante la Carta Costituzionale . fra gli uomini della maggioranza del 18 aprile, uno pareva avesse posto il problema in altri termini: alludo all' onorevole La Malfa . nell' ultimo discorso pronunciato alla Camera, egli fece un' affermazione antitetica; disse, cioè, come a suo giudizio, ci fosse una comunità democratica che andava, dagli estremi banchi della Democrazia Cristiana fino ai banchi dell' estrema sinistra . ciò non gli ha impedito di diventare ministro in un Governo che trae origine dalla sfida a noi lanciata dal presidente del Consiglio . orbene, se la Democrazia Cristiana non rivede la sua politica, se l' onorevole De Gasperi non supera il suo stato di spirito, se non sormonta la diffidenza e il rancore che lo inchiodano su una posizione aprioristica di lotta, allora la strage di Modena, intesa come sintomo di una latente guerra civile , non starà dietro di noi, ma davanti a noi, diventerà il dato permanente della vita del paese, con grave pregiudizio non soltanto degli istituti democratici ma della nazione. ecco, onorevoli colleghi , le ragioni per cui noi dell' opposizione socialista ci sentiamo tanto lontani da questo Governo, come se tra voi e noi ci fosse un abisso. ecco perché abbiamo qualche volta la sensazione di appartenere a un altro mondo di sentimenti, di valori, di aspirazioni. io mi auguro che l' estrema gravità delle cose ci induca tutti a rivedere le nostre posizioni, per creare le premesse di quel minimo di convivenza che costituisce la base stessa della vita democratica e civile in un paese moderno. ma se il Governo rimarrà sulle sue posizioni, se la maggioranza non accoglierà il nostro appello, allora sono sicuro che diventerà irresistibile nel paese il movimento popolare e nazionale che tende a ricreare lo spirito del 2 giugno, lo spirito della Costituzione repubblicana.