Pietro NENNI - Ministro degli Affari Esteri - Vicepresidente del Consiglio dei Ministri Maggioranza
I Legislatura - Assemblea n. 349 - seduta del 17-11-1949
Informativa urgente del Governo sulla liberazione della giornalista Giuliana Sgrena e sull´uccisione del dottor Nicola Calipari, dirigente del SISMI
1949 - Governo II Berlusconi - Legislatura n. 14 - Seduta n. 598
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , desidero premettere che allorché la stampa, a proposito dell' odierno dibattito, ha parlato di una « battaglia di autunno » dell' opposizione, ha usato una espressione alquanto esagerata e iperbolica. si tratta di una « battaglia » che avrebbe potuto prodursi in primavera, in estate, in quel qualsiasi momento delle stagioni, in cui si fosse prodotto un avvenimento analogo alla cosiddetta « piccola crisi » . in verità si tratta puramente e semplicemente, non dirò tanto, dell' esercizio di un nostro diritto, quanto dell' adempimento di un nostro dovere. si tratta di richiamare il presidente del Consiglio (il Governo nel suo insieme) ad un più scrupoloso rispetto dello spirito della Costituzione e della prassi parlamentare. la nostra Costituzione è tutta fondata sul principio di uno stretto legame tra il Governo e il Parlamento; su quello della responsabilità davanti al Parlamento non soltanto del presidente del Consiglio come capo del governo , ma dei singoli ministri; sul principio, infine della investitura parlamentare del Governo come tale e dei ministri per le responsabilità del loro dicastero, quindi difficile sostenere che la piccola crisi sia stata risolta secondo lo spirito della nostra Costituzione. ancor più difficile è dire che essa sia stata risolta secondo la prassi parlamentare. nella prassi parlamentare l' istituto dell' interim ha una configurazione precisa, limitata, provvisoria. esso è stato previsto per casi di impedimento di un ministro o dello stesso presidente del Consiglio . nella più recente esperienza della nostra rinnovata vita parlamentare ho avuto io stesso l' occasione di assumere due volte l' interim della Presidenza del Consiglio per una assenza momentanea, e limitata nel tempo, del presidente del Consiglio . invece il modo con cui si è risolta l' ultima crisi ha posto in evidenza costumi e metodi ai quali non eravamo abituati. abbiamo infatti avuto il caso assai curioso, di un gruppo parlamentare il quale, anteponendo interessi o manovre di partito al senso dello Stato, ha messo virtualmente in crisi il Governo, facendo scontare al paese le sue interne difficoltà. si è così creato un fatto nuovo, interpretabile in modi diversi, ma che è pur sempre un fatto nuovo di fronte al quale io non accetto la spiegazione del presidente del Consiglio , secondo cui non ci sarebbe niente di mutato. noi dell' opposizione non abbiamo mai sopravvalutato la portata della partecipazione al Governo del gruppo cosiddetto di unità socialista. allorché questo gruppo decise la sua partecipazione al Governo, io usai una espressione scherzosa, ma che precisava con sufficiente chiarezza il mio pensiero; dissi cioè che l' onorevole Saragat s' era offerto nella funzione di garofano all' occhiello dell' abito nero del presidente del Consiglio . non credo, infatti, che in materia di collaborazione governativa si possa considerare l' apporto di un uomo o di un partito prescindendo da ciò che rappresenta, dal legame che ha con le masse popolari , legame pressoché inesistente nel caso di cui discorriamo. in conseguenza di ciò io credo che l' onorevole Saragat esageri allorché, volendo giustificare la sua partecipazione al quinto gabinetto De Gasperi , dice o fa dire di aver impedito che il partito democristiano , il partito della maggioranza, degenerasse rapidamente dal sistema di governo parlamentare al governo di regime, per regime dovendosi intendere l' identificazione del partito con la nazione. credo che esageri l' onorevole Pacciardi allorché asserisce a sua volta di avere con la sua presenza al Governo difeso e preservato il principio dello Stato laico . in verità il laicismo è oggi gravemente compromesso nel nostro paese ed il Partito di maggioranza ha fatto notevoli passi dalla pratica del governo parlamentare a quella del governo di regime; ha fatto tanti passi quanti gliene consentiva il rapporto delle forze politiche e sociali nel paese che non è esattamente quello riflesso dalla configurazione attuale del Parlamento. ciò che in senso totalitario la maggioranza non ha potuto fare, è dovuto al fatto che essa è più forte nel Parlamento che non nel paese... lo si deve al fatto che nello Stato moderno la rappresentanza parlamentare non è tutto ma soltanto una espressione della sovranità popolare . però esagera anche l' onorevole De Gasperi allorché, con scarso rispetto per i suoi collaboratori, considera senza importanza il fatto che i socialdemocratici siano al Governo o no e lascia dire dalla sua stampa che la loro presenza o meno non cambia nulla né alla fisionomia del Governo né alla sua politica. in verità, onorevole presidente del Consiglio , se ella non si fosse messo nella situazione alquanto ridicola di avere un dibattito su delle dichiarazioni che non ha voluto fare, il nostro compito sarebbe di molto semplificato. noi sapremmo, per esempio, se il programma dell' onorevole Bertone è identico a quello dell' onorevole Ivan Matteo Lombardo; se il vecchio liberale giolittiano che ha assunto l' interim del dicastero dell' industria e commercio è più o meno liberale, più o meno efficiente del neoriformista dimissionario. se l' onorevole De Gasperi avesse fatto le dichiarazioni che doveva fare, noi sapremmo in che misura l' onorevole Pella è più dirigista o meno dirigista dell' onorevole Tremelloni, il cui ingresso al ministero fu salutato dal giornale del suo partito col titolo significativo: « Tremelloni il pianificatore » . sapremo anche se l' efficienza dell' onorevole Corbellini come ministro della Marina mercantile sia superiore e inferiore a quella dell' onorevole Saragat: cosa questa di scarsa importanza giacché è probabile che l' onorevole Saragat fosse ministro della Marina mercantile per caso e con diverse funzioni. tuttavia, onorevoli colleghi , il punto cruciale della piccola crisi che potrebbe anche essere stata una grande crisi... è la concentrazione nelle mani del ministro Pella dei servizi del Piano Marshall , dell' ECA, dell' OECE. per quanto io sia portato, anche per una certa naturale ritorsione polemica, a svalutare la presenza del gruppo dell' unità socialista nel Governo, non posso dire che nella geografia politica l' onorevole Pella sia, dal punto di vista delle idee e dei programmi, esattamente l' equivalente dell' onorevole Tremelloni. ora, noi abbiamo, onorevole presidente del Consiglio , il diritto di sapere come e perché ella ha sostituito l' onorevole Pella all' onorevole Tremelloni e sulla base di quale programma e di quali prospettive. e abbiamo tanto più questo diritto in quanto c' è stato in questi giorni un discorso, veramente straordinario, del signor Zellerbach nel quale abbiamo sentito esporre il programma della ricostruzione italiana in termini di per se stessi allarmanti: e tanto più preoccupanti per il fatto che il programma della ricostruzione italiana ameremmo di sentirlo esporre da ministri italiani, nel Parlamento italiano e non a Washington da codesto illustre tutore della vita economica del nostro paese. che cosa ha detto il signor Zellerbach? dicevo, onorevoli colleghi , che abbiamo udito il signor Zellerbach invitare i capitalisti americani alla cure degli investimenti privati del nostro paese onde evitare che nel 1952 ci si trovi senza dollari. è una offerta tentatrice ma pericolosa. noi non ignoriamo, infatti, di quanto coraggio abbia avuto bisogno la generazione del post-Risorgimento e quali sacrifici abbia dovuto sopportare per riscattare le partecipazioni del capitale inglese, belga e francese nei nostri servizi di utilità pubblica e nelle industrie. voglio credere che il Governo si renda conto della situazione che si creerebbe il giorno in cui non avessimo da lottare soltanto contro l' esosità del capitalismo nostrano, ma anche contro quella del capitalismo straniero, divenuto arbitro delle nostre industrie e dei nostri commerci. noi possiamo considerare odioso il capitalismo di casa nostra, ma sarebbe cento volte più odioso quello straniero. orbene il Governo tace e né conferma né infirma le dichiarazioni del signor Zellerbach. v' è di peggio. il signor Zellerbach ha lasciato intendere che stiamo per entrare nell' epoca della integrazione europea (del che faccio i più vivi complimenti agli europeisti della Camera) e che ciò comporterà sacrifici in virtù dei quali dovremo specializzarci nel campo industriale in attività al di fuori di quelle siderurgiche e meccaniche e nel settore agrario in colture diverse dalle granarie. non dubbio che problemi di tale natura esistono in Italia. sono antiche le critiche all' industria siderurgica per l' elemento di corruzione e di decomposizione economica e politica ch' essa ha rappresentato. esiste il problema del trapasso dalle colture granarie estensive a colture specializzate. ma sono problemi dei quali rivendichiamo l' elementare diritto di trattare e discutere all' infuori di ogni pressione esterna. tanto più che allorché leggiamo questi discorsi il nostro. pensiero corre a quanto è successo a Milano per la « Isotta Fraschini » , alle venti trenta altre industrie sulle quali pesa la minaccia della liquidazione e degli operai, dei tecnici, degli impiegati gettati sul lastrico. non possiamo pagare un simile prezzo alla integrazione europea . prima di liquidare determinate attività, bisogna per lo meno averne create delle nuove. ora il Governo tace sulla integrazione europea , come tace sulla liberalizzazione degli scambi e sugli stravaganti progetti americani di sacrificare l' industria italiana e di fare di noi un paese produttore di pomodori, di fiori, di agrumi, una nazione agreste sussidiaria di più robuste e salde economie. onorevoli colleghi , noi abbiamo combattuto e combattiamo l' autarchia, a condizione però che il contrapposto dell' autarchia non sia lo smantellamento della nostra struttura economica in ciò che ha di più moderno col proposito di ricacciarci verso forme antiche e sorpassate di economia le quali non permetterebbero di dare lavoro e pane a 45 milioni di italiani. orbene cosa significa la sostituzione dell' onorevole Pella all' onorevole Tremelloni in rapporto a questo che è uno dei problemi più gravi della nazione? dobbiamo credere alle voce secondo le quali si ordirebbe nell' ombra una nuova congiura contro gli interessi della nazione per farci poi trovare di fronte al fatto compiuto? su questo punto il presidente del Consiglio è tenuto a dare precise spiegazioni alla Camera. generalmente i cambiamenti di persona in posti di alta responsabilità hanno sempre riferimento a importanti problemi d' ordine politico e sociale, ragione per cui non mi pento di avere considerato un oltraggio al Parlamento il rifiuto iniziale del Governo di riferire sui cambiamenti intervenuti nella sua compagine. che se poi le illazioni della stampa o dell' uomo della strada fossero fondate su presupposti errati, di ciò sarebbe responsabile il presidente del Consiglio per non avere spontaneamente fornito al Parlamento le spiegazioni che gli erano chieste. signori, la « crisetta » ha messo anche in evidenza elementi di una più vasta crisi. essa è il riflesso del fallimento della politica socialdemocratica o socialriformista. capita a Saragat, in condizioni peggiorate, ciò che era capitata nel 1912 a Bissolati, il quale fu uno degli uomini più leali ed affascinanti della prima generazione socialista; ciò che era capitato a Bonomi. il suo esperimento socialdemocratico si infranse, dinnanzi alle condizioni sociali del paese così diverse da quelle dei paesi scandinavi, dell' Inghilterra e persino della Francia. permane da noi un elemento di disumana disuguaglianza sociale, che colpisce larghissime masse e rende impossibile ai vertici una politica di collaborazione che non sia l' espressione di un vasto movimento unitario alla base. la socialdemocrazia può soltanto tentare da noi delle esperienze da laboratorio, quando non si tratti addirittura di volgari avventure personali. in questo senso le polemiche di questi giorni, sono ricche di insegnamenti. esse dimostrano l' inconsistenza delle correnti neoriformiste uscite dal solco della tradizione del movimento operaio italiano, a proposito del quale un conservatore come Giustino Fortunato, disse una volta che era unico nelle sue caratteristiche e tale doveva restare, proprio per le condizioni sociali del nostro paese. i socialisti che come noi sono rimasti fedeli alla tradizione del socialismo italiano, possono rallegrarsi di quanto succede, in ciò ravvisando una rivincita del materialismo storico che non separa mai una esperienza politica dalla struttura sociale su cui essa sorge ed opera. e torniamo alla « crisetta » . noi dovevamo all' onorevole De Gasperi la teoria desunta dalla prassi parlamentare, che egli non conosce i partiti ma soltanto i gruppi parlamentari . orbene, onorevole presidente del Consiglio , nei gruppi parlamentari è avvenuto qualcosa, è avvenuto, per esempio, che il gruppo di unità socialista non ha preso atto delle dimissioni a tempo dei ministri socialdemocratici, ma sembra orientato verso la denuncia della collaborazione. è sempre difficile la interpretazione di quanto succede nei gruppi di « terza forza » , i quali, staccati dai principi, si determinano sempre in funzione di moventi strettamente personali che dovrebbero avere una scarsissima incidenza nel determinare l' indirizzo di un partito o di un movimento. è tanto difficile che non saprei dire come andranno a finire le cose, benché, conoscendo gli uomini, osi prevedere che fra alcuni mesi vedremo l' onorevole Romita ministro del Governo del 18 aprile e del Governo del patto atlantico ... in sostituzione o insieme con l' onorevole Saragat. ma ciò ha un' importanza assolutamente secondaria. noi dobbiamo giudicare sulla base dei fatti. ed è un fatto, o un fatterello, che il gruppo così detto di unità socialista, si è dissociato dalla dichiarazione dei suoi ministri dimissionari lasciando trapelare la velleità di passare all' opposizione, nella fiducia che ciò lo rafforzi nella pubblica estimazione. vi è un altro gruppo che ha dimostrato di non condividere l' interpretazione data alla crisi dal presidente del Consiglio , ed è quello liberale: discorde sulla questione della partecipazione al Governo del 18 aprile, ma concorde nel reclamare una soluzione costituzionale della crisi aperta con le dimissioni di Saragat e compagni. erano del resto i liberali, custodi delle sacre tradizioni, i più indicati a trovare strano che le consultazioni si siano fatte al Viminale invece che al Quirinale. l' onorevole De Gasperi deve aver dimenticato che la Costituente respinse per il capo del governo la qualifica di Primo Ministro proposta alla Commissione dei 75, perché non volle lasciare il minimo dubbio sulla sua intenzione di sbarrare la via ad esperimenti di cancellierato tipici del regime fascista durante il quale i ministri venivano e andavano secondo... il capriccio... del capo del governo . nell' insieme noi siamo indotti a credere onorevoli colleghi , che, malgrado alcuni suoi aspetti comici, anche la « crisetta » abbia concorso a mettere in luce lo stato di inquietudine e di incertezze che esiste nel paese e che esiste anche nel Parlamento. in verità, onorevole presidente del Consiglio , è venuto il momento di riesaminare le direttive generali del Governo sia che la maggioranza s' appresti a confermarle o, come io spero, a modificarle. lo stesso presidente del Consiglio , la stessa maggioranza, hanno riconosciuto tale necessità, parlando di crisi rinviata a gennaio, quando si spera che i socialdemocratici avranno risolto le loro interne difficoltà e quando, sotto la pressione della opposizione delle cose, converrà esaminare profondamente l' origine delle inquietudini e delle difficoltà del paese. io considero nocivo il rinvio della crisi a gennaio e intendo dirne le ragioni prendendo in esame i più importanti problemi del momento. non farò alla politica estera che un breve riferimento avendo avuto l' occasione di parlarne di recente. si è chiuso in questi giorni il capitolo doloroso delle nostre vicissitudini africane. gli onorevoli colleghi sanno come con il rinvio delle questioni attinenti all' organizzazione futura dell' Eritrea; con il riconoscimento del trusteeship all' Italia per quanto riguarda la Somalia (sempre generosi i grandi padroni dell' Onu quando si tratta di accollarci degli oneri finanziari!); con la nostra esclusione dalla Libia, mentre l' Inghilterra rimane a Tobruk e a Bengasi in maniera permanente (sotto la finzione dello Stato indipendente dell' emiro dei Senussi) e rimane a Tripoli fino al 1962 in attesa di meglio. si realizza in tal modo l' ipotesi del Mediterraneo « lago britannico » che tanto allarmò le precedenti generazioni al punto da determinarle, nell' ultimo decennio dell' Ottocento, a buttarsi nelle braccia della Triplice, finché non riuscì loro di raggiungere un onorevole compromesso mediterraneo con l' Inghilterra e con la Francia si realizza l' ipotesi la più sfavorevole ai nostri interessi nazionali . orbene, in una situazione simile, il ministro degli Esteri e venuto tranquillamente davanti alla Commissione degli esteri a parlare di successi tecnici della nostra diplomazia. ho avuto addirittura l' impressione che egli ci chiedesse di illuminare. non credo però che, se nel prossimo rimpasto il ministro Sforza lascerà il suo posto, qualcuno se ne sorprenderà o se ne rammaricherà. di lui avremo sempre il diritto di dire che gli fecero difetto la franchezza e il coraggio nei confronti del paese al quale mai disse la verità, sempre preferibile alla menzogna o all' illusione che occultano la natura delle difficoltà e fiaccano il carattere dei popoli. voglio fare soltanto un altro riferimento di politica estera in rapporto alle decisioni della recente conferenza dei tre a Parigi. noi andiamo a grandi passi verso la resurrezione della Wehrmacht. come era facile prevedere, la Germania diviene l' arbitra dei destini dell' Europa occidentale . se si trattasse d' una Germania democratica, popolare e denazificata, se si trattasse d' una Germania la quale avesse annichilito i nuclei dirigenti del vecchio apparato industriale, agrario e militare, autore della prima guerra mondiale , promotore della seconda, ispiratore della terza, allora troverei naturale e giusto procedere alla revisione delle misure decise a Yalta e a Potsdam; rinunciare allo smantellamento delle industrie di guerra; autorizzare un volume maggiore nella produzione dell' acciaio. purtroppo non siamo di fronte ad una Germania denazificata, ma alla resurrezione del secondo se non del terzo Reich. ed è sbalorditivo vedere l' attuale classe dirigente ripetere l' errore dei socialdemocratici tedeschi nel 1919-20, allorché essi cercarono protezione nella resurrezione del militarismo senza rendersi conto di promuovere così la loro distruzione e quella della Repubblica di Weimar . noi non possiamo avere il minimo dubbio su ciò che rappresenterebbe in Europa la ricomparsa di una Germania imbevuta di uno spirito patologico di rivincita. la Francia è inquieta e non sa come ritrarsi dall' ingranaggio nel quale s' è ficcata; il Belgio è inquieto; lo è l' Olanda. non possiamo non esserlo noi, coscienti come dovremmo essere del fatto che un militarismo tedesco il quale conseguisse un successo all' est, graviterebbe poi verso sud sulla frontiera del Brennero. la resurrezione della Wehrmacht è da inscriversi fra i risultati del patto atlantico . per individuare il fallimento della politica atlantica non vedo niente di più caratteristico del fatto che proprio gli Stati. uniti, dopo due guerre vinte nel corso di 25 anni contro il militarismo tedesco, si trovano a dover tenere a battesimo la resurrezione delle forze che hanno concorso a distruggere. del resto come sono andati a Berlino così andranno a Madrid, non so con quanta gioia per gli europeisti di sinistra che hanno combattuto Hitler e che non amano identificarsi col dittatore della Spagna, il generale Franco... fortunatamente, onorevole collega, Bonn non è tutta la Germania. signori l' aberrazione della classe borghese non ha limiti. anche su nostri giornali, abbiamo potuto leggere in questi giorni l' augurio che la Germania ritrovi la sua unità e la pienezza dei suoi mezzi contro l' Unione Sovietica . ma vi è uno solo di voi il quale non sappia che una Germania, ricostituita nella pienezza della sua forza militare, rappresenterebbe un pericolo mortale per tutta l' Europa e soprattutto per il nostro paese? non è, del resto, senza significato che lo stesso capo della socialdemocrazia tedesca, il signor Schumacher, abbia protestato contro l' incorporazione della Germania nell' « internazionale dell' acciaio » , naturale e tradizionale protettrice del militarismo tedesco, quale lo conoscemmo durante l' impero di Guglielmo, quale l' abbiamo conosciuto negli anni della dominazione di Hitler. onorevoli colleghi , avremo certo l' occasione di ritornare sull' argomento, oggi io voglio intrattenermi essenzialmente sui problemi interni. la questione pregiudiziale ch' io pongo al presidente del Consiglio è se egli non creda necessario modificare le direttive finora impartite e prevalse. sulla questione dell' amnistia c' è stato un voto della Camera. il Governo ha tentato di eluderlo promuovendo, a mezzo del suo partito, una deliberazione del Senato non interamente coincidente con quella della Camera. nego però che il Governo abbia il diritto di venir meno all' invito che gli è stato rivolto di preparare un progetto di amnistia. il Senato vedrà quello che deve fare. noi siamo la Camera e domandiamo al Governo di rispettare ed attuare le nostre deliberazioni. con ciò io non manco affatto di riguardo all' altro ramo del Parlamento, il quale è a sua volta libero di respingere una legge approvata da noi. ma per ora il Governo è tenuto a presentarci un progetto di amnistia; esso non lo ha fatto ed è quindi in stato di inadempienza nei confronti della Camera. per parte nostra noi domandiamo che l' amnistia sia tale da comprendere tutti gli arrestati per i tumulti che seguirono l' attentato del 14 luglio, e ciò in considerazione del fatto che se in alcuni casi la legge fu violata ciò avvenne sotto la spinta di una inaudita provocazione, e sotto l' assillo del ricordo di quanto era successo venticinque anni prima, allorché la scarsa reazione popolare a delitti e provocazioni del genere concorse al rapido decadimento degli istituti costituzionali e liberali. noi domandiamo che l' amnistia comprenda tutti gli arrestati per delitti di sciopero e agitazione sindacale, nonché di occupazione delle terre. domandiamo al Governo che l' amnistia ponga fine al tentativo, che non voglio qualificare, di fare il processo alla Resistenza — la quale e un blocco e come tale va accettata. signori, non vi è nessuna grande pagina della storia immune dalla contaminazione; non vi è nessun grande avvenimento che non abbia le sue degenerazioni. nella storia il sublime e il mediocre vanno di pari passo; sennonché il sublime resta e il mediocre svanisce. voi non avete il diritto di giudicare la lotta di liberazione dei nostri partigiani se non col sentimento che dovete a loro la libertà di cui godete...... che dovete a loro il rinnovato prestigio del paese nel mondo. voi non ignorate di quanto sangue grondi la gesta dei partigiani, quante cose orribili e turpi abbiano giustificato taluni eccessi, taluni errori o magari taluni delitti. tempo è di chiudere la pagina delle vili rappresaglie. soprattutto non illudetevi, onorevole presidente del Consiglio , che un vostro rifiuto possa chiudere l' agitazione che abbiamo iniziato. esso l' aprirebbe, le darebbe nuovo slancio, ci impegnerebbe a continuare l' agitazione finché le carceri non siano aperte alle vittime di una lotta sociale di cui voi medesimi avete in questi giorni giustificato il movente, come avrò occasione di dire di qui a qualche istante. onorevole presidente del Consiglio , a me pareva che il Governo come tale non dovesse essere indifferente e silenzioso di fronte alle proposte delle grandi organizzazioni sindacali culturali o politiche che rappresentano una parte notevole dell' opinione nazionale. orbene, c' è stato il congresso della Confederazione generale italiana del lavoro , caratterizzato dal tentativo della maggiore organizzazione operaia del paese di legare le rivendicazioni delle singole categorie dei lavoratori a un piano generale di riorganizzazione della industria, di potenziamento della produzione, di totale impiego della mano d'opera . ho sentito spesso nei discorsi della maggioranza muovere alla Confederazione del lavoro l' accusa che essa si preoccupasse soltanto degli interessi degli organizzati, che avesse subito una certa degenerazione corporativa in favore di quelle che voi chiamate le categorie privilegiate, e che sono le categorie che per prime hanno affrontato la lotta per organizzarsi e per prime hanno conosciuto i vantaggi dell' organizzazione. orbene, la Cgil nel suo ultimo congresso, pur formulando tutta una serie di rivendicazioni che interessano le diverse categorie dei lavoratori, ha elaborato le linee principali di un piano. il piano contempla tre proposte principali. si chiede l' istituzione di un ente nazionale dell' elettricità che dovrebbe servire per costruire le nuove centrali, assumere in gestione le concessioni private che scadono, avocare le concessioni non utilizzate, nazionalizzare una parte delle centrali elettriche, quelle a carattere tipicamente monopolistico. il piano richiede inoltre l' istituzione di un ente per le bonifiche, l' irrigazione e la trasformazione fondiaria e propugna infine l' istituzione di un ente nazionale dell' edilizia popolare per costruire case, scuole ed ospedali per il popolo, in tutte le province. il piano ha anche individuato e determinato i metodi e i mezzi del suo finanziamento. non voglio ora analizzare il piano confederale in tutte le sue parti. ne discuteremo a suo tempo e intanto ne discute il paese malgrado il silenzio del Governo. sta comunque di fatto che la maggiore organizzazione operaia del paese ha formulato un piano di interesse nazionale e generale sul quale il Governo ha il dovere di dire che cosa pensa, se lo accetta o se lo respinge, se lo accetta in parte o se lo respinge totalmente. del resto, se l' onorevole De Gasperi considerasse per caso che i 4 o 5 milioni di organizzati della Cgil sono i figli di nessuno e che di essi lo Stato non è tenuto ad occuparsi, allora, gli ricorderei, che c' è stato anche il congresso della cosiddetta Libera Confederazione generale italiana del lavoro , e che se il Governo è insensibile, ostile, chiuso nei confronti dei sindacati cosiddetti rossi, per lo meno dovrebbe essere sensibile, aperto, comprensivo nei confronti dei sindacati bianchi. ora codesti sindacati bianchi, nel loro congresso, hanno fatto una critica severa della politica degli investimenti quale è condotta dal Governo e dalla classe dirigente borghese e si sono concordemente pronunciati contro la politica di deflazione del ministro Pella. sembra dunque naturale che il presidente del Consiglio , se non vuol rispondere all' onorevole Di Vittorio , debba almeno rispondere all' onorevole Pastore, e dirci che cosa pensa delle critiche che in un congresso di sindacalisti cattolici sono state mosse alla politica finanziaria ed economica del Governo democristiano. ed eccomi all' ultimo punto, che è anche il punto dolente, onorevole colleghi, eccomi alla questione meridionale . come succede nel nostro paese da 70-80 anni a questa parte, la questione meridionale viene all' ordine del giorno , allorché la sciagura si abbatte sulle province del sud. perché tornasse all' ordine del giorno la questione meridionale , è stato necessario che una alluvione sommergesse le province di Benevento, Avellino e Salerno, ed è stato necessario che tre poveri contadini, rei di avere cercato lavoro in terre incolte, fossero massacrati sul posto, a testimoniare come persista nelle nostre classi dirigenti l' antica ferocia: per cui i problemi sociali venivano risolti col carcere e col piombo. ebbene, onorevoli colleghi , tornata la questione meridionale all' ordine del giorno diviene necessario che il Parlamento vada a fondo nella discussione e nelle decisioni. mi è capitato di dire in discorsi tenuti a Taranto e a Brindisi, che il Mezzogiorno è stato sistematicamente scoperto e tradito da tutti i partiti che si sono succeduti alla direzione dello Stato. mi sembra una incontrovertibile verità. può qualcuno negare che la sinistra storica tradisse il Mezzogiorno e per colmo di ironia lo tradisse per opera del siciliano Crispi, ideatore del mito della terra facile; non la terra incolta del latifondo sul quale ancora oggi si abbattono le torme dei contadini senza lavoro e senza pane! ma la terra facile da conquistare in Africa? osa qualcuno negare che il Mezzogiorno fosse tradito dalla sinistra costituzionale e in particolare da Giolitti, liberale nella Valle Padana e sostenitore nel Mezzogiorno delle camorre locali e dei mazzieri; relativamente largo di concessioni alle cooperative della Valle Padana quanto privo di comprensione per i problemi del Mezzogiorno, considerati da lui come una riserva di ascari parlamentari su cui appoggiare la sua dittatura amministrativa? forse gli stessi fascisti riconoscono oggi come il Mezzogiorno fosse tradito dal fascismo, il quale si vantava di aver distrutto le camarille del Mezzogiorno, ma purtroppo le aveva distrutte per sostituirle con camarille analoghe e peggiori, per sostituire gli squadristi Di Crollalanza ai mazzieri di De Bellis sempre al servizio delle stesse classi e dei medesimi interessi. ed oggi noi ci poniamo il quesito se anche la Repubblica non stia per tradire il Mezzogiorno. onorevoli colleghi , quanti siamo repubblicani in questa Assemblea — e spero che siamo la grande maggioranza — siamo tutti interessati ad evitare che ciò succeda. la monarchia ha potuto tradire il Mezzogiorno perché aveva dietro di sé la formazione dello Stato unitario , su cui fondava il suo prestigio. il titolo di gloria della Repubblica deve essere quello di ridare rapidamente prosperità e dignità civile alle popolazioni del Mezzogiorno. la questione meridionale — lo abbiamo detto più o meno tutti prima delle elezioni del giugno 1946 e dell' aprile 1948 — è il maggiore problema nazionale, è il problema che condiziona l' avvenire della nazione e l' esistenza e lo sviluppo della democrazia. le classi borghesi del Mezzogiorno hanno una tremenda responsabilità. di esse Giustino Fortunato disse che sono la occasionale somma dei miseri interessi egoistici di spiriti aridi e avidi, tradizionalmente cinici. da questa critica non si salva neppure la borghesia intellettuale. è, credo, di Guido Dorso la constatazione che il maggior filosofo d' Italia, Croce, ha potuto insegnare la teoria della libertà a Napoli, senza vedere la miseria che lo circondava. non certo Croce avrebbe, come Chateaubriand in Francia, salutato la rivoluzione contadina, auspicando che si levassero alfine i destati uragani devastatori. i borghesi del sud hanno oggi ancora una paura terribile degli uragani sociali e sembrano credere che lo Stato si sia costituito a difesa perenne dei loro privilegi. del resto, quanto è successo nelle ultime settimane è rivelatore della mentalità della borghesia, della vostra mentalità, onorevoli colleghi democristiani, della mentalità del Governo. all' indomani del tragico eccidio di Crotone abbiamo visto su tutti i giornali affacciata l' eterna e falsa tesi dei sobillatori, degli agit-prop come si dice adesso, che spingono i contadini ad azioni delittuose, ed abbiamo assistito al tentativo di dividere i contadini dinanzi al sangue. la Confederazione bianca non ha esitato ad asserire che i contadini avevano occupato le terre appartenenti a cooperative cattoliche. per quarant' otto ore la versione del ministro Scelba e di Pastore è corsa su tutti i giornali, finché non è crollata come una volgare menzogna, davanti alla testimonianza delle cose. è stato necessario che, per correggere le false interpretazioni della stampa governativa, lo stesso sottosegretario democristiano all' agricoltura, onorevole Colombo, scrivesse su Il Popolo un articolo che merita di essere citato davanti all' Assemblea: « come può — egli scrive — il disagio di questa aspirazione insodisfatta non sentirsi in Calabria, ove su una superficie di ettari 1.282.234 solo 484 proprietari hanno in loro possesso ettari 432.982, mentre ad altri 519.566 proprietari sono riservati 514.865 ettari » . ed il sottosegretario Colombo, infliggendo magari senza volerlo una bruciante smentita al ministro dell'Interno , aggiunge: « Crotone ha richiamato su di sé l' attenzione di molti che hanno compreso forse un po' tardi che i conflitti sociali si risolvono con leggi sociali » . su un giornale cattolico di Milano, L'Italia , il sacerdote don Pietro Mazzolari ha scritto: « sta diventando insopportabile all' uomo comune anche la diceria dello sfruttamento vergognoso di tanta povera gente affamata e illusa, come fu detto e ripetuto anche per i fatti di Crotone. d' accordo per lo sfruttamento vergognoso, ma di povera gente affamata ne esiste — e quanta! — in Calabria, in Sicilia, eccetera, dove esistono pure tante terre mal coltivate o incolte che offendono la miseria di quelle popolazioni » . e lo stesso sacerdote aggiunge: « i morti di Crotone pesano su tutti gli italiani, pesano in particolare su tutti i cristiani » . né manca nel lodevole coro delle oneste rettifiche di posizione Il Corriere della Sera , il quale ha pubblicato un articolo il cui solo titolo « nulla è mutato da quarant' anni in Calabria » , è tutto un programma sul più grande giornale della borghesia, che pronuncia così la sua condanna di fronte alla storia. scrive Il Corriere della Sera per La Penna del suo inviato speciale Gaetano Baldacci: « c' è una realtà disonorevole per il nostro paese: la rivoltante uccisione di contadini affamati, la « Celere » come capitolo della scienza economica (mediti l' onorevole Scelba su questa scienza economica) mentre i proprietari di immense terre non sufficientemente coltivate, ma pur sempre, data l' estensione, altamente redditizie; se ne stanno, a Roma o a Capri a intrigare con la politica e con l' alta società » . ecco, o signori, che cosa, dopo alcuni giorni, si è scritto sui fatti di Crotone. e veramente i poveri morti hanno pesato molto, se hanno potuto imporre ai pubblici poteri due importanti provvedimenti: l' uno sanzionato dal prefetto di Catanzaro nell' ambito della sua giurisdizione, l' altro promosso dal ministro Segni e accettato dal Governo. con il provvedimento concordato con il prefetto di Catanzaro, sono stati assegnati alle cooperative 4.000 ettari di terreno. il disegno di legge annunciato dal Governo, e che dovrà prossimamente venire in discussione alla Camera, contempla l' espropriazione di 45 mila ettari di terreno a cultura estensiva che dovranno essere affidati a 20 mila contadini costituiti in 5 mila nuove piccole proprietà. sul provvedimento del prefetto di Catanzaro noi abbiamo una osservazione da fare. l' esperienza ha dimostrato che non basta dare la terra alle cooperative dei contadini se nel contempo non si forniscono loro i mezzi di lavoro, le scorte, le sementi, i fertilizzanti. allorché questo non si fa, basta un raccolto andato a male perché le cooperative siano irrimediabilmente rovinate e i contadini siano ridotti ad implorare il latifondista perché riprenda la gestione delle sue terre. sul progetto di legge del ministro Segni, non è il caso di anticipare discussioni. esso pone molti quesiti. intende il Governo indennizzare i latifondisti espropriati e con quali criteri e a quale tasso? o non pensa invece che da terre rubate — giacché furono rubate — i latifondisti hanno già tratto bastanti profitti? l' indennizzo eventuale è compreso nella cifra globale di venti miliardi che si considera essere necessaria per appoderare i 45 mila ettari di terra espropriata? e se è compreso, avrà la precedenza tale indennizzo sulla assistenza che è necessario dare per un certo numero di anni ai contadini affinché non avvenga che essi, ricevendo la terra oggi, siano costretti ad andare a rivenderla dopo qualche mese o qualche anno? il problema, onorevole Melis, non si pone in questi termini. i contadini della Valle Padana sarebbero nello stato in cui sono i contadini poveri della Sila se non avessero trovato nel loro spirito di organizzazione e di lotta la prima leva onde ottenere la giustizia che non è mai largita e che occorre saper conquistare. onorevole collega, non l' opposizione è responsabile del come è organizzata l' industria in Italia, né tocca a noi rispondere dell' impiego dei fondi americani. chieda queste cose al Governo per il quale ella vota. riprendendo l' argomento voglio dire che ferme restando le naturali nostre riserve e il diritto di discutere il progetto e migliorarlo, l' onorevole Segni deve guardarsi non da noi ma dalla destra del suo partito; dalla Confederazione degli agricoltori già scesa in lotta contro l' oltraggio alla sacrosanta proprietà. per parte nostra anche la più piccola delle riforme agrarie sarà approvata senza pregiudizio della rivendicazione di una più ampia e generale riforma agraria per tutta la nazione. per finire con il triste episodio di Crotone, la Camera vorrà, io spero, riconoscere che i poveri caduti hanno avuto il più assoluto riconoscimento da parte della nazione. quando si farà la riforma della Sila, quando i contadini o sotto forma di proprietà individuale o sotto forma di affittanze collettive, come io auguro, saranno immessi nel possesso delle terre espropriate ai latifondisti, sono sicuro che essi non dimenticheranno di elevare una stele in memoria dei tre caduti di Melissa su di essa incidendo i nomi di Angelina Mauro Di Giovanni Zitto e di Francesco Negro, non caduti invano se hanno imposto al Governo di passare dalle parole ai fatti, almeno in un settore limitato. ma, onorevoli colleghi , non c' è soltanto la Calabria; il problema della riforma agraria si impone in Calabria come nelle Puglie, come in Sicilia, come nel Veneto, come in Sardegna. il problema della riforma agraria è fondamentale per la democrazia italiana nel suo insieme sono in corso in questo momento altre occupazioni di terre in Sicilia; è facile prevedere che avremo delle occupazioni di terre demaniali nella valle del Po. io domando al presidente del Consiglio che cosa significa l' invito del ministro Scelba, alle autorità di non rimanere indifferenti di fronte questo invito, contenuto nello stesso comunicato del Consiglio, dei ministri in cui si annuncia la riforma agraria della Sila, ha l' aria di riprendere, a alle violazioni della legge... cura del Governo democristiano, la formula churchilliana della carota e del bastone! questo invito, contenuto in un comunicato dato alla stampa all' indomani dell' eccidio di Crotone, non può forse essere interpretato dagli agenti dell' ordine come una autorizzazione a fare altrove ciò che si è fatto a Crotone? e dobbiamo dunque pensare che ci vogliono dei morti per ottenere una riforma? onorevole presidente del Consiglio , rendetevi finalmente conto che la fame non può aspettare, che la fame per esplodere in tumulti non ha bisogno di essere eccitata dai cosiddetti professionisti della rivoluzione; rendetevi conto che per evitare altri eccidi, per evitare le rivolte, c' è un solo sistema: prendere le misure necessarie prima che le cose siano arrivate alla loro massima esasperazione. io capisco il dramma della Democrazia Cristiana , del quale avemmo sentore durante la discussione del progetto di legge sulla riforma dei contratti agrari. voi non potete star fermi sotto il pungolo dell' azione delle masse, e camminando ledete interessi dei quali in una certa misura siete prigionieri; gli interessi delle classi le quali, come dice Marx, sono riuscite a trasformare in questioni teologali la difesa dei loro interessi materiali. a questo proposito Gramsci, commentando — credo — i decreti Visocchi, antesignani dei decreti Segni, scrisse che i popolari stanno ai socialisti come Kerenski sta a Lenin. e Gramsci, per chiarire il senso delle sue parole, assai diverso dalla interpretazione che di Kerenski ha dato l' onorevole Cappi (provocando la recente mise à point di Togliatti), aggiungeva: « la XXIV legislatura del Parlamento italiano vedrà la disfatta delle formazioni politiche basate sulla impulsiva fame di terra dei contadini come la vide la costituente della Repubblica democratica russa » . egli interpretava cioè l' affermazione secondo la quale i popolari stanno ai socialisti come Kerenski a Lenin, nel senso che i partiti i quali non si appoggiano sull' organizzazione della classe operaia possono iniziare una riforma agraria , non condurla a termine, giacché non hanno la capacità politica di vincere le resistenze delle vecchie classi agrarie. credo che il problema esista più che mai nell' epoca presente e stia alla base della incertezza d' una gran parte dei democratico cristiani quando si tratta di passare dalla promessa delle riforme contenute nei programmi elettorali alla loro attuazione. sotto l' assillo dell' opposizione delle cose e della nostra opposizione organizzata, i partiti borghesi non possono star fermi né sanno marciare a fondo fino alla realizzazione del principio dell' eguaglianza, formulato, prima ancora che da Marx, da Jean Jacques Rousseau, allorché scriveva che la democrazia non è compatibile con un' eccessiva disuguaglianza sociale. signori, voi che ricercate le cause dell' instabilità degli ordinamenti liberali e democratici e che di tale instabilità avete accusato volta a volta gli anarchici e poi i socialisti, anche quando si chiamavano Filippo Turati, Leonida Bissolati, Camillo Prampolini; voi che questa responsabilità fate ricadere oggi sui comunisti, rendetevi conto una volta per sempre che essa è una conseguenza della disuguaglianza sociale, ed è terribilmente aggravata nel Mezzogiorno dalla sproporzione che c' è fra le condizioni di vita d' un proprietario agrario e quelle d' un contadino. ciò spiega come in alcune regioni la lotta di classe si svolga ancora sul piano delle rivolte, mentre in altre già la classe lavoratrice lotta per assumere la direzione dello Stato. ed è un errore credere, come a volte dite di credere, che la miseria sia la nostra alleata; la miseria è la nostra nemica, il peggiore dei nostri nemici. la miseria umilia il lavoratore, e sovente lo curva di fronte agli autori della sua decadenza, mentre il lavoratore sicuro del suo lavoro quotidiano acquista anche la coscienza dei suoi diritti di uomo libero combatte allora strenuamente per il socialismo che è l' espressione più alta delle libertà individuali e collettive. allorché Marx definì la religione « l' oppio dei popoli » , egli non intendeva irridere al sentimento religioso. Marx si riferiva appunto all' abbassamento dei valori morali proprio degli strati più umiliati e abbrutiti dalla miseria e ai quali la religione è insegnata come rassegnazione in terra e promessa di eterno benessere nella vita celeste. onorevoli colleghi , il problema capitale della riforma agraria è nelle mani vostre, nelle mani del Governo, in quelle del Parlamento: è soprattutto nelle mani del popolo. o voi vi movete per attuarla, oppure sarete travolti da coloro che non possono più aspettare le lungaggini burocratiche o gli espedienti dilatori e le promesse a ritardamento. voi siete, onorevoli colleghi , di fronte ad una scelta di portata generale, una scelta che investe tutta la politica della classe dirigente . perché, onorevoli colleghi , abbiamo potuto leggere nel Il Corriere della Sera l' articolo: « nulla è cambiato da 40 anni in Calabria » ? perché i rappresentanti non soltanto della Calabria, ma della Sicilia, della Basilicata e della Sardegna possono ripetere in Parlamento che nulla è cambiato da 40 anni e più nelle loro regioni? perché tutta la politica della classe dirigente italiana è stata sbagliata, è stata un errore organizzato e permanente del quale oggi la nazione paga le spese. perché tra il Mezzogiorno e la Libia la borghesia italiana preferì impegnarsi in Libia; perché tra la riforma agraria e l' Etiopia, la borghesia preferì l' Etiopia; perché tra una politica estera e militare di grande potenza e la soluzione dei problemi di esistenza del popolo, la borghesia preferì l' orpello della politica di grande potenza, con molti pennacchi, molti galloni, e molti miliardi sprecati nelle spese militari. perché la situazione di oggi? perché nel corso degli ultimi sessant' anni , lo Stato non ha fatto il suo dovere verso le popolazioni del sud, contadini, operai, intellettuali dagli inutili e pomposi titoli accademici. perché il Governo è stato sempre il comitato d' affari della grande industria monopolistica del nord e della grande proprietà agricola del Mezzogiorno. è necessario cambiare politica, spodestare le vecchie classi, realizzare sul serio lo Stato dei lavoratori: dare alfine concretezza all' auspicio formulato ancora pochi giorni or sono dal presidente del Consiglio circa l' avvento dei lavoratori a nuova classe dirigente del paese. infatti soltanto i lavoratori sono capaci di portare a compimento la trasformazione dei rapporti di proprietà e dei rapporti sociali, che costituisce la premessa e la condizione del rinnovamento dell' Italia meridionale di tutta l' Italia. in questo senso io dico, e concludo, che la Democrazia Cristiana è posta di fronte a una scelta più importante di quanto non sembra se si limita il dibattito ai casi di Crotone o alla riforma della Sila. l' attuazione della riforma agraria e delle altre riforme di struttura può realizzarsi soltanto sul quadro di una grande politica di unione popolare e nazionale dalla quale non è possibile escludere i partiti operai . voi potete forse intraprendere delle riforme a spizzico, non realizzare l' eguaglianza sociale dando un senso concreto all' eguaglianza dei diritti di fronte alla legge. ora, signori, se non andrete avanti con il ritmo imposto dai tempi, altri avanzeranno in luogo vostro, giacché la rinascita del Mezzogiorno non può più attendere e deve realizzarsi insieme con la rinascita sociale e politica di tutta la nazione.