Pietro NENNI - Ministro degli Affari Esteri - Vicepresidente del Consiglio dei Ministri Maggioranza
I Legislatura - Assemblea n. 282 - seduta del 19-07-1949
Trattato che adotta una Costituzione per l´Europa
1949 - Governo II Berlusconi - Legislatura n. 14 - Seduta n. 570
  • Attività legislativa

signor presidente , onorevoli colleghi . la scarsa eco che il dibattito ha nell' opinione pubblica e lo scarso interesse che ha suscitato nell' Aula non possono attribuirsi soltanto alle condizioni eccezionali del clima. il paese ha l' impressione che tutto quello che si doveva e si poteva dire sul patto atlantico è stato detto; esso ha considerato il voto del marzo scorso come una specie di preratifica che sostanzialmente chiudeva la polemica o la rimandava ad altri tempi, quando gli e avvenimenti rimetteranno tutto in discussione. io mi chiesi nel marzo scorso per quali mai ragioni questo Governo, non molto ligio, in verità, alle regole del gioco parlamentare, avesse sentito il bisogno di chiedere al Parlamento l' autorizzazione di trattare l' adesione italiana, al patto atlantico , autorizzazione della quale non aveva alcun bisogno, sia dal punto di vista costituzionale che da quello della prassi parlamentare. allora espressi l' opinione che esso avesse voluto compromettere, o, per lo meno impegnare, non tanto noi, che sapeva irriducibili avversari, quanto quei vasti ceti cattolici e liberali del paese i quali erano, e sono, contrari al patto atlantico : gli uni, i cattolici, per una specie di repugnanza morale a sottoscrivere un trattato che essi avvertono non avere senso se non come impegno di carattere militare; i liberali, per l' insufficiente tutela degli interessi nazionali garantita dal patto atlantico . oggi sappiamo, perché ce lo ha detto il ministro onorevole Sforza alla Commissione degli esteri nella riunione del 18 maggio scorso, che non fummo mai sollecitati ad aderire al patto; che non ci furono pressioni internazionali per determinare il Governo e il Parlamento ad aderire al patto: che, anzi, fra i governi promotori del patto molte erano le avversioni alla adesione italiana. abbiamo, anche appreso, non certo dal ministro degli Esteri , che uno dei motivi addotti dal Governo per sollecitare la partecipazione italiana al patto atlantico , fu quello del diminuito prestigio che avrebbe colpito il Governo ove esso non fosse stato ammesso tra gli Stati, promotori del patto. e allora tutto si spiega. si spiega perché fummo indotti a dare una specie di ratifica anticipata del patto in un momento in cui non conoscevamo (o conoscevamo soltanto approssimativamente) a che cosa esattamente ci impegnavamo. si spiega perché anche oggi, discutendosi la ratifica del trattato, si sia cosi restii, indecisi, reticenti ogni qualvolta si tratta di prospettare al paese a che cosa esso è impegnato. ho riletto in questi giorni, come era mio dovere: i discorsi che i dirigenti della nostra politica estera pronunciarono nel marzo scorso per dare una spiegazione ed una giustificazione del patto atlantico . e sono stato non dirò sorpreso bensì allarmato di constatare ancora una volta come essi risultassero mossi da moventi puramente politici o religiosi, come se l' alleanza non comportasse pesanti impegni e rischi evidenti. chi rilegga quei discorsi si accorgerà che non ci sarebbe niente da cambiare se, invece di riferirsi al patto atlantico , si riferissero a un patto del Pacifico o, che so io, a un patto della luna; chi li rilegga avrà l' impressione di trovarsi di fronte a ministri i quali credono nel patto, ma non sembrano essersi posto il problema dei rapporti fra il carattere religioso che ad esso attribuiscono e la dialettica degli interessi italiani in rapporto al patto stesso. ci troviamo così di fronte a quel curioso stato psicologico, del quale il mio amico Zilliacus parlò nella recente conferenza della pace a Parigi: stato psicologico che egli constatava esistere in Inghilterra, come esiste in Italia, e che risulta da uno strano miscuglio di sincerità morale e di disonestà intellettuale. io non metto in dubbio la sincerità morale di quella parte del paese, che si è precipitata verso l' adesione al patto atlantico , e che vive effettivamente in uno stato quasi permanente di paura e di angoscia di fronte al cosiddetto pericolo asiatico o al molto più positivo e concreto pericolo comunista; gente che, in generale, non ha neppure il coraggio di confessare a se medesima che i pericoli che teme non sono tanto di carattere internazionale, sebbene scaturiscono dalla situazione interna; ragione per cui è più interessata all' articolo 4 del patto che non al quinto. però una forma tipica di disonestà, intellettuale quella che ha indotto una parte dei nostri uomini politici e dei nostri scrittori, a porre al paese un problema di scelta, laddove in verità esisteva soltanto un problema di libertà di movimento per una funzione di equilibrio. onorevoli colleghi , è proprio la libertà di movimento che il Governo ha forse irrimediabilmente compromesso, aderendo al patto atlantico . la diplomazia liberale sotto la direzione del senatore Contarini, si è inspirata fino all' avvento del fascismo alla massima di Visconti Venosta : « comporre i dissidi, non sfruttarli » . Sforza ha rovesciato tale massima e fa una politica, in cui è evidente il tentativo di sfruttare i dissidi fra i grandi, per farsi innanzi a gomitate, assumendo impegni sproporzionati alla nostra possibilità e in contrasto coi nostri interessi. noi daremo la prova della nostra serietà. proprio nella misura in cui commisureremo gli impegni della nazione alle, sue possibilità! che è poi l' arte della politica, della politica estera , dell' interna, dell' economica, della militare eccetera mantenere il rapporto dei mezzi col fine è sempre stata la preoccupazione di chi non vuole esporsi al rischio di vedere la dialettica degli interessi rovesciare i castelli di Spagna creati dalla dialettica dei sentimenti. ecco perché, dopo che deputati del mio gruppo hanno già ampiamente svolto le tesi della opposizione socialista al patto in rapporto alla crisi economica , alla strategia della terza guerra e al diritto costituzionale , io sento il dovere di riepilogare a nome del partito socialista italiano e del suo gruppo parlamentare le ragioni che ci hanno spinto a denunciare come negativi tutti gli aspetti del patto atlantico . la prima di queste ragioni è che si tratta in generale di un sistema rigidamente conservatore, di un sistema il quale tende a cristallizzare la situazione attuale dell' Europa e del mondo, e dell' Italia nell' Europa e nel mondo, sulla base dei rapporti di forza creati dalla recente guerra. ora io vorrei che un collega della maggioranza si alzasse, e ci dicesse finalmente che cosa l' Italia. ha da conservare e da difendere nel mondo oggi. onorevole collega, mi risparmi i sermoni sulla salvezza dell' anima. il catechismo insegna, che l' anima si salva con la preghiera, non certo nel materialistico e brutale urto degli interessi imperialistici. la seconda delle nostre ragioni è che, se il patto è in generale un sistema rigidamente conservatore, in particolare esso è il sistema di conservazione imperiale anglosassone, più meschino e limitato rispetto al suo fine di difesa dell' ordine capitalistico, di quanto la stessa Santa Alleanza non lo fosse rispetto al principio del legittimismo sulla base del quale essa si fondò. la terza ragione è che quanto di meglio si può dire del patto, è che, se esso può risultare o più o meno conforme agli interessi dei sette Stati direttamente interessati a mantenere lo statu quo nell' Atlantico settentrionale e a rovesciare la situazione che si è creata all' est, non può interessare noi che atlantici non siamo, che non abbiamo interessi da difendere nell' Atlantico settentrionale, e che restiamo mediterranei con tutti i rischi che ciò comporta, anche quando entriamo a far parte di una Alleanza Atlantica . il quarto motivo è che sottoscrivendo con l' articolo 8 del patto l' obbligo di non assumere alcun impegno internazionale che sia in contrasto con il patto atlantico , ci mettiamo al servizio di interessi altrui, al punto da rinunciare a qualsiasi nostra politica autonoma per la sistemazione definitiva dell' Europa che non sappiamo, onorevoli colleghi , quale sarà, e non sapremo quale sarà fino a quando non sia risolto il problema tedesco che è la chiave di volta della sistemazione dell' Europa. quinto, perché non esiste nessuna minaccia di aggressione contro l' Italia. e se tale minaccia esistesse e se contro la logica più evidente delle cose e della geografia, noi volessimo identificare il nostro problematico aggressore nell' Unione Sovietica , ebbene per contare in tal caso sulla solidarietà dell' Occidente non vi è bisogno del patto atlantico , mentre l' adesione al patto fa della penisola un avamposto dell' America, non in funzione di un' esigenza difensiva dell' Italia sebbene di un sistema offensivo contro la Russia. sesto, perché il patto ci impegna e non ci garantisce. infatti, mentre l' impegno dei minori firmatari del patto, specie dei firmatari periferici quali noi siamo, più prossimi alla zona eventuale di attrito, è automatico, la garanzia non è automatica. in caso di guerra, noi ci verremmo a trovare esattamente nella situazione in cui si trovò la Polonia nel settembre 1939. essa aveva la garanzia della Francia e dell' Inghilterra. sennonché, Francia e Inghilterra erano abbastanza lontane dalla Polonia (benché non quanto gli USA da noi) perché la garanzia operasse con un ritardo di anni, dopo che la Polonia ebbe pagato alla guerra il tragico contributo di 6 milioni di morti, caduti sui campi di battaglia o spietatamente massacrati nelle camere a gas del campo di Auschwitz. signori, io sono sorpreso del tono quasi idilliaco col quale la relazione del collega, onorevole Ambrosini prospetta i rapporti reciproci che il patto fa sorgere fra le nazioni contraenti. da parte americana si è addirittura brutali nel definire gli obblighi altrui. il signor Acheson nel discorso del 18 marzo scorso dice testualmente: « coloro che decideranno di approvare il trattato avranno la responsabilità di prendere tutte le iniziative opportune in base al trattato » . sennonché gli stessi uomini di Stato americani usano un linguaggio elastico e sfumato allorché devono definire i loro obblighi nei confronti dei paesi europei che hanno aderito o che aderiranno al patto. amerei sapere dal Governo e dalla sua maggioranza: che cosa pensano del gioco delle ipotesi al quale si è abbandonato il Senato americano. udite che cosa si dice nella relazione senatoriale: « in considerazione della disposizione dell' articolo 5 che un attacco contro uno dei firmatari sarà considerato come un attacco contro tutti, gli USA saranno obbligati a reagire a un attacco su Parigi, o Copenaghen, nella stessa maniera con cui reagirebbero ad un attacco contro New York ? in questo caso il trattato dà al presidente il potere di iniziare un' azione senza la specifica autorizzazione del Congresso, azione che egli non potrebbe iniziare in mancanza del Congresso? la risposta a tutte e due le questioni è no » . ciò vuol dire, onorevoli colleghi , che gli USA incominciano fin d' ora a distinguere fra un « attacco » agli stati della Confederazione degli USA e un « attacco » contro Copenaghen, Parigi, o Roma. non è molto rassicurante, non è allegro! ed è ancora meno rassicurante e meno allegro che il presidente della Commissione senatoriale degli affari esteri , il signor Connally, nel suo discorso del 5 luglio scorso abbia detto molto tranquillamente: « il trattato non contiene nessun impegno degli USA di entrare in guerra » esso significa: « non si entra nell' Atlantico settentrionale » . ciò è di una disinvoltura più unica che rara. siamo di fronte ad un patto promosso dagli USA con una evidente intenzione offensiva nei confronti della Unione Sovietica , intenzione offensiva che va fino al presupposto della guerra preventiva . signori, non dite di no, o almeno, prima di dire di no abbiate la bontà di leggere la letteratura politica che sta alla base del patto atlantico ; abbiate la bontà di rileggere per lo meno i due fondamentali discorsi di Fulton e di Boston del profeta, del patto atlantico , il signor Churchill. io non mi azzardo a sintetizzare il pensiero dell' ex Primo Ministro inglese, per tema che voi supponiate che ne travisi le intenzioni. ma ecco, signori, come i due giornalisti americani Joseph e Stewart Alsop riassumono il pensiero dell' oratore di Fulton e di Boston: « secondo il signor Churchill noi abbiamo due soli modi di sopravvivere: o la Russia cambierà rapidamente e prossimamente per la morte di Stalin o il crollo del regime, oppure, quando il nostro periodo di sicurezza, che non è illimitato, comincerà a sparire, dovremo avere una crisi preventiva la quale conduca, se necessario, ad una guerra preventiva , così da assicurare una risoluzione definitiva con il Kremlino » . signori, un uomo che occupa un' alta posizione nella diplomazia americana, il signor Giorgio Kennan, Capo dello Stato maggiore, politico del dipartimento di Stato , professa opinioni che non divergono in nulla da quelle del signor Churchill. contrariamente a Stalin, il quale come dovreste sapere, crede nella possibilità della pacifica convivenza di regimi politici e sociali diversi, il signor Kennan crede in una radicale ed irrimediabile incompatibilità, non solo storica ma anche politica, e cioè attuale, fra, le finalità perseguite dai soviet e quelle delle potenze occidentali. perciò, secondo lui, gli USA debbono prendere la direzione di una politica volta a contenere l' Unione Sovietica su tutte le frontiere per controllarla e far fallire i suoi piani sotto la minaccia costante della forza. il signor Kennan è convinto che se questa politica fosse continuata per dieci o quindici anni, il regime sovietico crollerebbe. in attesa di tale ipotetico evento la politica estera di Kennan sposta la difesa degli USA alle frontiere dell' Unione Sovietica e con l' articolo 10 del patto apre gli arruolamenti volontari nella legione straniera americana. e debbo ancora soffermarmi sulla recente e gravissima dichiarazione del generale Montgomery, comandante degli eserciti dell' Europa occidentale , il quale l' 8 giugno scorso a Londra, e pochi giorni or sono all' Aja, ha parlato nei termini seguenti: « noi siamo in guerra. le nazioni dell' Europa occidentale sono pronte a combattere per salvaguardare la loro concezione dell' esistenza. qual è il nemico che siamo pronti a combattere? la religione del comunismo » . signori, bisogna risalire all' epoca delle guerre dei cristiani contro i mussulmani, all' epoca delle crociate e delle guerre di religione , per imbattersi in capi militari che si trasformano in capi missionari e che parlano di guerra per salvaguardare una concezione dell' esistenza, una religione, una filosofia. e mi consentano gli onorevoli colleghi democristiani di essere per lo meno sorpreso della coincidenza tra affermazioni di codesto genere fatte dal comandante in capo dell' esercito dell' Europa occidentale e la scomunica lanciata in questi giorni ai comunisti. convenite, onorevoli colleghi , che se la scomunica è diretta contro il materialismo dialettico , essa arriva assai tardi, giacché il materialismo dialettico ha un secolo di esistenza e da un secolo si cimenta con la concezione cristiana della vita e del divenire del mondo. probabilmente il collega che mi ha interrotto è un nipote dei sanfedisti che un secolo fa gridavano « non prevarrà » a Garibaldi e all' unità nazionale . la coincidenza è certamente tale da turbarci profondamente. nell' ultimo congresso tenuto in Firenze, noi socialisti facemmo una affermazione che fu acerbamente criticata dagli scrittori cattolici e democristiani: dicemmo cioè che il partito mondiale della terza guerra attingeva al Vaticano le sue armi spirituali. signori, dopo quanto e successo nelle ultime settimane noi stessi dobbiamo dire che non credevamo di avere ragione a tal punto. in verità, signori, se il patto ha il significato che gli danno gli americani, allora è evidente che esso impegna gli imbecilli a morire per gli interessi e la gloria degli USA e nient' altro. ora, degli italiani si possono dire molte cose, ma che siano imbecilli sino al fondo, non credo lo si possa dire. la settima ragione per la quale consideriamo negativo sotto ogni aspetto il patto atlantico è che esso apre la corsa agli armamenti, e in tal modo distrugge la Carta di San Francisco . è inutile, signori, che voi sottilizziate sull' articolo 51 della Carta dell' Onu e i limiti degli accordi regionali. il fondamento politico dell' Onu stava nel ritorno del mondo alla concezione della pace una e indivisibile e della sicurezza collettiva enunciata a Ginevra da Litvinof e da Briand. aprendosi una corsa agli armamenti tutta la impalcatura dell' Onu crolla. io non dirò, onorevoli colleghi , che tutti coloro che sono favorevoli al patto atlantico siano fautori della guerra preventiva , o accettino la tesi degli estremisti del patto atlantico . molti di voi, molti italiani che non hanno condiviso il nostro punto di vista , pensano che, armandosi, l' Occidente si mette in condizioni più favorevoli per discutere con Mosca e risolvere i problemi rimasti aperti dopo la fine della seconda guerra mondiale . ma proprio a costoro debbo ricordare che sono in errore e che basta interrogare la nostra esperienza personale per arrivare alla conclusione che la corsa agli armamenti è la guerra. signori, io appartengo ad una generazione che ha visto due volte, nel 1914 e nel 1930, concludersi con la guerra la gara degli armamenti, e non vedo perché dovremmo oggi sperare in un corso diverso delle cose; oggi che i problemi rimasti insoluti dalla guerra sono più gravi che mai e si complicano per la interferenza di passioni e motivi filosofici, religiosi, politici. l' equilibrio delle forze è stata la causa delle sciagure dell' Europa e del mondo. onorevoli colleghi io sono quasi mortificato di dovere ricordare come la critica della teoria dell' equilibrio delle forze, la critica della politica di pace garantita dalla corsa agli armamenti, sia stata la caratteristica dell' azione che tutti i socialisti, di tutte le tendenze, hanno svolto alla fine del secolo scorso e nei primi dieci anni del nostro secolo. tale fu la lotta di Jean Jaurès in Francia per un ventennio, lotta che gli valse oltre l' accusa di essere uno strumento dei tedeschi, le revolverate di un sicario nazionalista che l' abbatterono sulla soglia della seconda guerra mondiale ! e che cosa hanno detto in quest' Aula, quale lotta hanno condotto i Bissolati, i Turati, i Treves, di cui alcuni colleghi del centro che s' apprestano a votare il patto atlantico rivendicano a torto l' eredità spirituale, che cosa hanno fatto se non ripetere da questi banchi per un ventennio che la guerra è la conclusione inevitabile della corsa agli armamenti? né essi erano soli nel dire queste cose condivise allora dai più illuminati fra i cattolici e dai più perspicaci fra i liberali, uno dei quali, il signor Edward Grey, alla vigilia della guerra del 1914, di fronte alla intollerabile situazione creata dalla corsa agli armamenti, prevedeva (e purtroppo si sbagliava) che il peso delle spese militari sarebbe stato alleggerito non dalle guerre di una nazione contro l' altra, ma dalla rivolta di tutti i popoli contro il peso intollerabile delle imposte. si sbagliò: e, invece della rivolta dei contribuenti, avemmo la guerra! ma perché citare Jaurès o Turati allorché possiamo riferirci al signor Churchill, il profeta del patto atlantico , il lucido folle della guerra preventiva , come lo chiamano i suoi avversari inglesi. nel 1936, qualche anno prima dello scoppio della seconda guerra, ecco che cosa il signor Churchill diceva alla Camera dei Comuni: « io non posso credere che quando gli armamenti in tutti i paesi avranno raggiunto un livello vertiginoso, vi si possano mantenere e continuare ad un livello superiore all' attuale, che è già schiacciante, e che una tale situazione possa diventare una caratteristica normale del panorama mondiale. ciò non sarà. l' Europa è prossima al parossismo. o ci sarà un ritorno a migliori sentimenti, ad un' intesa fra le grandi nazioni, oppure ci sarà una esplosione e una catastrofe che l' immaginazione non riesce a misurare e di cui l' occhio umano non può apprezzare l' estensione » . signori, così le cose sono andate nel 1939: i tentativi fatti allora per frenare la corsa fascista agli armamenti fallirono, e dal fallimento della campagna per il disarmo nacque la guerra del 1939, nacque il tremendo massacro dal quale appena l' umanità è sortita. e perché, onorevoli colleghi , vorreste farci credere che quanto è successo nel 1924 e nel 1939 sarebbe oggi impossibile? forse soltanto perché è mutato il protagonista, perché l' iniziativa non è più della Germania ma degli USA? io tengo conto della differenza. so che non si possono porre esattamente sullo stesso piano gli uomini che dirigono attualmente la politica, americana e quelli che dirigevano la politica tedesca del 1939. ma, signori, non c' è la minima speranza che una nuova corsa agli armamenti possa concludersi con un rafforzamento della pace. la corsa agli armamenti fatalmente, inevitabilmente, si concluderà o con la rivolta dei popoli o con la guerra. finitela, signori, col vostro sciocco intercalare « e la Russia? » ! noi siamo qui a discutere gli interessi del nostro paese e non per polemizzare fra ammiratori o detrattori della Russia. io non ho presente in questo dibattito se non l' interesse nazionale , quale io lo comprendo; e mi si dica se lo comprendo in una maniera errata, ma si risparmino le stupide interruzioni che ora abbiamo udito risuonare nell' Aula per la milionesima volta. ottavo punto. il patto atlantico è l' atto finale di una politica che ci ha dato il peggiore dei trattati di pace, che ci ha esclusi dall' Onu sibbene per errori anche nostri, anzi per errori vostri, signori del Governo, per gli errori che avete compiuto dalla metà del 1947 fino ad oggi. è l' atto finale di una politica nella quale noi siamo accettati come alleati a condizione di rimanere disarmati. io mi vado chiedendo da tempo come mai da una situazione come l' attuale non sorga un movimento che, ponendosi nella scia della tradizione giacobina e liberale, alzi il grido dei patrioti veneti dopo Campoformio: « dateci le armi » . ma ho l' impressione che a voi borghesi della decadenza bastino le armi che il vostro ministro di polizia ostenta nelle pacifiche manifestazioni degli operai e che sono per voi il summum della sicurezza e della dignità nazionale. nono punto. il patto atlantico è legato alla politica di dominazione economica degli USA che prende nome dal Piano Marshall e che si sviluppa con un immenso tentativo di colonizzazione dell' Europa. signori, voi ci avete battuto nelle elezioni del 18 aprile con l' argomento dello sfilatino americano. ma oggi il tono dei vostri giornali comincia a cambiare. oggi siete obbligati a confessare che c' è una crisi del Piano Marshall , e sono convinto che da qui a non molto, e certamente prima del 1952, sarete obbligati a riconoscere che il Piano Marshall ha esercitato un' azione depressiva sull' economia italiana . oggi molti dei vostri economisti cominciano a riconoscere che l' importazione gratuita di grano, carbone, petrolio, se da un lato ci ha aiutato a risolvere col minimo di iniziativa alcune difficoltà immediate, ha però creato una situazione di crisi permanente del sistema degli scambi e quindi del sistema economico . oggi alcuni degli studiosi più seri in materia economica riconoscono che noi avremmo potuto procurarci il grano e il carbone con una politica di scambi coi paesi orientali, politica di scambi che avrebbe interamente preservata la nostra indipendenza nazionale e creato i presupposti di un' economia sana e del massimo impiego della mano d'opera . ritorneremo sulla questione allorché si discuterà il bilancio del ministero del commercio estero, e vedremo allora che cosa ha rappresentato e rappresenta il Piano Marshall in rapporto alle possibilità degli scambi con l' est, che furono l' aspirazione costante del mondo economico italiano, sia che l' est fosse zarista, sia che fosse bolscevico. infine, la decima e ultima ragione per cui noi socialisti avversiamo il patto atlantico , è che esso non solo non ha facilitato la revisione del trattato di pace , ma l' ha resa più difficile e rischia addirittura di renderla impossibile. signori, quando noi abbiamo così argomentato, ci si è risposto che la revisione prima di essere giuridica doveva essere di fatto; che essa era implicita nel rango di grande potenza militare che ritrovavamo nel patto atlantico . anche su queste illusioni o confusioni ritorneremo in sede di discussione del bilancio degli Esteri e vedremo se la burbanza degli apologisti della politica atlantica cadrà o no di fronte all' evidenza dei fatti. ma in questa sede, discutendosi la ratifica del patto atlantico , noi abbiamo due questioni da porre, sulle quali attendiamo una risposta dal Governo. il presidente del Consiglio , parlando a Trento il 25 novembre scorso, di ritorno da Parigi, diceva: « le colonie non sono perdute » ; anzi, con quella sua curiosa tendenza a mescolare le grandi questioni nazionali alle piccole polemiche elettorali, diceva addirittura: « me ne dispiace per L'Unità , ma le colonie non sono perdute » . suppongo dispiaccia anche all' L'Unità che le cose sul piano coloniale siano andate come sono andate. ma la responsabilità è tutta e soltanto del Governo. vi è stata un' altra dichiarazione del presidente del Consiglio , anch' essa in sede di campagna elettorale , a Trieste il 10 giugno scorso. (decisamente elezioni e politica estera fanno tutt' uno nella tecnica del governo clericale). « dichiaro — ha detto De Gasperi — che il governo italiano attende la restituzione all' Italia di tutto il Territorio Libero dal Timavo al Quieto » . naturalmente gli ascoltatori dell' onorevole De Gasperi scoppiarono in fragorosi applausi. e ve n' era ben donde! senonché sono passate poche settimane, e di fatti compiuti, in quella zona estremamente delicata per noi italiani e per l' Europa, si registra soltanto quello della Jugoslavia, in limiti che superano certamente i motivi valutari che l' hanno determinato. non chiedo al Governo quali siano le sue carte segrete, ma giacché il presidente del Consiglio , nello stesso discorso di Trieste, ha soggiunto. che il Governo non patrocinerà giammai soluzioni violente, così debbo arguire, e di ciò lodarlo, essere suo proposito rendere accettabile la dichiarazione tripartita anche agli altri firmatari del trattato di pace . ora, vorrei dire volgarmente che qui casca l' asino. qui non capisco più come un obiettivo di tale natura possa andare di pari passo con una politica la quale sembra fatta apposta per irrigidire l' Oriente nelle posizioni assunte sul problema di Trieste e dell' Adriatico. all' indomani delle elezioni di Trieste vi è stata una comunicazione ufficiale, o ufficiosa, di Palazzo Chigi , dalla quale abbiamo appreso come il ministro degli Esteri avesse informato i « governi amici » dei risultati delle elezioni di Trieste; e perché non sorgessero dubbi su chi sono i governi amici fu subito precisato che l' informazione era diretta ai governi di Washington, Londra e Parigi. evidentemente il risultato delle elezioni di Trieste è considerato a Palazzo Chigi privo di importanza per l' Unione Sovietica . un caso analogo si è avuto l' altro giorno, dopo il fatto compiuto del cambio delle jugo-lire con i dinari nella zona e del Territorio Libero di Trieste . il Governo ha protestato ed ha informato della protesta l' ambasciatore americano, quello inglese ed il francese. bisogna credere che a Roma non ci sia un ambasciatore dell' Unione Sovietica , oppure che il mondo, secondo Palazzo Chigi stia tutto nel triangolo Parigi-Londra-New York , con appendice fino a Roma. sennonché le cose non stanno così e la famosa dichiarazione tripartita non può diventare esecutiva senza il consenso degli altri firmatari del trattato, consenso che dovremmo sforzarci di sollecitare con ogni mezzo possibile, attraverso una accorta politica con l' est. lasciarci impigliare in una controversia internazionale sulla questione di Trieste e del Territorio Libero , in una condizione di sfavore, analoga a quella con cui ci siamo preparati ad affrontare la questione coloniale. e allora, io domando: che cosa è un' alleanza la quale non ci garantisce contro una eventuale aggressione, ma provoca e chiama l' aggressione e ci lascia disarmati e indifesi; che ostacola le esportazioni dalle quali dipende la vita del popolo; che ribadisce ai polsi della nazione un ingiusto trattato; che ci scaccia, dall' Africa e non apre alla emigrazione nuove vie? questa alleanza è un inganno e credo si possa dire: è un tradimento. ora, onorevoli colleghi , noi non possiamo supporre che questo aspetto delle cose vi sfugga. dobbiamo quindi cercare una spiegazione valida del vostro atteggiamento. la spiegazione a parere mio non è data dalla garanzia che può rappresentare l' articolo 5, la spiegazione è data dall' articolo 4. che là dove si parla nell' articolo 4 della consultazione delle parti contraenti, « ogni qualvolta, secondo il parere di una qualsiasi di esse, venga minacciata l' integrità territoriale, l' indipendenza politica o la sicurezza di una di esse... » ci si riferisca ad una minaccia dall' interno e non dall' esterno, non è più contestato da nessuno, è da tutti ammesso. a mio giudizio è per potervi consultare con le grandi potenze conservatrici e ottenerne l' aiuto contro una eventuale minaccia interna, che voi avete messo l' Italia al servizio degli interessi nord-atlantici. sono cose che nella storia del nostro paese sono capitate varie volte; sono capitate ogni qualvolta il potere civile era debole ed era affievolito lo spirito laico e nazionale delle classi dirigenti . signori, a questo punto potremmo considerare che tutto è stato detto, se — come giustamente faceva osservare il collega Riccardo Lombardi — non ci fossero dal marzo ad oggi dei fatti nuovi i quali hanno confermato le nostre critiche ed hanno messo in crisi il sistema del patto atlantico prima ancora che esso sia entrato in azione. a ciò, e a null' altro, si deve la relativa distensione internazionale degli ultimi mesi. in Asia la catarsi del dramma cinese si avvicina, e abbiamo letto sul più grande giornale conservatore che ormai gli americani sono rassegnati alla loro sconfitta. in Africa i piani americani di potenziamento delle zone depresse sono messi in grave pericolo dal risveglio di movimenti autoctoni che vogliono la rivalorizzazione del continente nero ma non nell' interesse degli imperialisti bianchi. gli USA sono minacciati da una crisi di portata mondiale che gli economisti discutono se sia del tipo 1921, 1929 o 1938, ma che tutti considerano già aperta. in America il numero di coloro i quali desumono da questa crisi la necessità di un riesame di tutta la politica estera del dipartimento di Stato , aumenta ogni giorno. il mio amico Henry Wallace non è più solo, ma lo affiancano nella sua critica, sibbene per altri motivi, gli isolazionisti che fanno capo all' ex presidente Taft e quasi tutti i giovani economisti. e, orribile a dirsi, perfino il Wall Street Journal , il capitalismo fatto giornale, da alcune settimane invita i militari a tornare alle loro caserme o ai loro affari, e il dipartimento di Stato a rinunciare al babau dell' aggressione sovietica ed a parlare di affari tra Washington e Mosca. checché abbia detto poco fa l' onorevole Corbino, è in crisi il Piano Marshall e aumentano sempre coloro i quali criticano il famoso piano ravvisando in esso lo strumento della espansione in Europa e nel mondo del capitalismo americano. è in crisi l' Europa. io aspetto di udire con quali sofismi il mio amico La Malfa , che ad una maggioranza desiderosa di votare il patto atlantico , ma incapace di giustificarlo, offrì nella discussione del marzo scorso, la tesi brillante ma falsa dell' Europa che si organizzava e formava la sua unità, all' ombra e sotto la protezione del patto, spiegherà i casi attuali della Germania o quelli della Gran Bretagna . l' onorevole Corbino ha parlato della lotta tra sterlina e dollaro, ponendosi dal punto di vista di un professore di economia. molto probabilmente il cancelliere dello scacchiere Stafford Cripps vede le cose dal punto di vista dell' uomo di Stato responsabile del tenore di vita della popolazione del suo paese. in questo senso il suo coraggio è ammirevole, e noi abbiamo molto da imparare da lui, sebbene resti aperto il quesito del come Stafford Cripps intenda armonizzare la sua politica economica , finanziaria e monetaria con la politica estera del ministro degli Esteri Bevin. l' onorevole La Malfa dice che c' è anche l' Europa. quale Europa? quella che sta per aprire l' accademia di Strasburgo onde mascherare con i belletti delle belle parole la sua decadenza da continente guida del mondo a misero avamposto degli USA nella lotta contro la cosiddetta barbarie asiatica? signori, né l' onorevole Taviani né l' onorevole Corbino hanno colto, a mio giudizio, il senso da darsi alle recenti manifestazioni o parvenze di distensione in Europa. sono certamente fuori di strada quanti hanno detto in quest' Aula o scritto sui giornali, che la conferenza di Parigi è stata una umiliazione per l' Unione Sovietica , la prova della sua rassegnazione. perché? l' Unione Sovietica ha ripetuto fino alla noia di voler discutere a cinque, a quattro, a tre, a due, dove, quando e come si voglia. dal vostro punto di vista si possono fare alla politica estera sovietica quante critiche volete, non quella di sfuggire alla discussione. sarebbe forse più esatto dire il contrario, dire cioè che malgrado il patto atlantico le grandi nazioni dell' Occidente hanno dovuto tornare a discutere con l' Unione Sovietica su un piede di uguaglianza. in verità se si è trovata una soluzione provvisoria per Berlino, che un anno fa era il punto nevralgico della situazione europea e mondiale; se c' è stata la conferenza di Parigi e se essa non è finita con un totale insuccesso, ciò si deve al fatto che non è bastato sottoscrivere il patto atlantico per mettere la Unione Sovietica nelle condizioni di docilità volute dal signor Giorgio Kennan. ed io sono convinto che neppure la politica degli armamenti ad oltranza che dovrebbe iniziarsi di qui a poco se il Senato americano voterà i miliardi a tal fine richiesti, farà indietreggiare l' Urss e i paesi a democrazia popolare . non c' è niente da fare, le posizioni perdute dal capitalismo lo sono per sempre. e allora, signori, noi vi diciamo: se questa è la situazione, se il patto non vi permette di risolvere i problemi nazionali territoriali, economici, non vi sembra che il consiglio della saggezza sia di tornare indietro? per una volta tanto vorrei servirmi di una recente espressione dell' l'Osservatore Romano e dire con l' organo vaticanesco che a questo giuoco è la guerra che guadagna terreno. e allora, signori del Governo, tornate indietro, perché tale è l' interesse della nazione, sia che il patto debba avere la sua conclusione logica ed inesorabile sui campi di battaglia, sia che debba fallire prima ancora di mettere a repentaglio la pace. tornate indietro, resistete a chi vi sospinge ad una scelta non necessaria e assurda. tornate indietro, non per isolarvi, ma per restare amici dell' Occidente, ridiventando amici dell' Oriente. tornate indietro per preservare alla nazione in caso di terza guerra, il rifugio della neutralità. non deridete la possibilità della neutralità a cui è legata la vita di milioni di italiani, di uomini, donne, vecchi, fanciulli. non deridetela, poiché sapete come nell' ultima guerra siano rimaste neutrali la Svezia, la Svizzera, la Turchia, financo la Spagna, e come neutrale poteva restare il nostro paese se alla sua testa ci fosse stato un diverso Governo. non togliete la fiducia nella pace ai milioni di donne e di uomini che hanno firmato la nostra petizione, e a quelli che non l' hanno firmata a causa dei soprusi della vostra polizia o dell' inganno insito nella vostra propaganda, ma che non pensano diversamente da noi, quando si pongono il problema del domani della loro famiglia, della loro città, della comune patria. signori, dovrebbe essere orgoglio del nostro Parlamento dire alle nazioni che stanno per buttarsi nella folle corsa degli armamenti: fermatevi e tornate indietro per preservare la pace e le possibilità di rinnovamento democratico e sociale intraviste dai popoli all' alba della liberazione. e se non tornerete indietro, allora soffrite che noi ci organizziamo per far fallire la vostra politica prima ch' essa abbia maturato tutti i germi di dissolvimento della nazione italiana, dell' Europa e del mondo che contiene in sé medesima. per noi, signori, il patto atlantico è un vero e proprio delitto storico, è la prova della corruzione e della stupidità politica della classe dirigente mondiale riuscita, nel volgere di pochissimi anni; a fare del dopoguerra un nuovo pre-guerra. votando contro la ratifica noi intendiamo dissociare la nostra responsabilità di italiani, prima ancora che di socialisti, da una politica cui manca il lievito della dignità nazionale e della fiducia nella democrazia e nell' Italia.