Ugo LA MALFA - Deputato Opposizione
I Legislatura - Assemblea n. 264 - seduta del 02-07-1949
Disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi
1949 - Governo IV Berlusconi - Legislatura n. 16 - Seduta n. 210
  • Attività legislativa

onorevoli colleghi , vorrei dividere questo mio intervento, che spero breve, in due parti, una delle quali può rappresentare l' esperienza di un membro, se non del presidente, della vostra Commissione finanze e tesoro e l' altra l' opinione di un uomo che ha il dovere in questa Assemblea di portare il suo contributo a un dibattito generale. faccio questa distinzione perché, a mio giudizio, la Commissione finanze e tesoro non è se non un organo tecnico della Camera dei Deputati ; e la sua responsabilità ha limiti ben precisi che non possono estendersi alla determinazione di un indirizzo generale di politica economica e finanziaria. evidentemente le linee direttive di questo indirizzo, precisate dal Governo, sono approvate dalle Camere e la vostra Commissione finanze e tesoro non ha, dopo questa approvazione, che a tenersi rigidamente legata alle decisioni adottate. dirò, dunque, di alcune mie esperienze quale membro o, se volete, quale presidente della IV commissione; e chiedo scusa ai colleghi relatori se in qualche punto potrò forse anticipare loro risposte. un problema lungamente dibattuto, in sede di discussione dei bilanci, al Senato e in questa Assemblea, è stato quello dell' ordine di discussione dei bilanci presentati al Parlamento. voi sapete che noi abbiamo scelto un ordine ben determinato. noi discutiamo prima i bilanci finanziari, e dopo averne esaurito la discussione, dopo averli approvati, passiamo alla discussione dei bilanci degli altri dicasteri. è bene dire che la procedura da noi adottata ha incontrato molte critiche. al Senato le si sono dichiarati contrari i senatori Fortunati, Ricci e Boeri; qui si sono dichiarati contrari gli onorevoli Ghislandi, Dugoni e altri. in sostanza, l' appunto che si fa a questa procedura è che essa vincola la libertà dell' Assemblea. approvando previamente i bilanci finanziari, e soprattutto quello del Tesoro, si bloccano gli stanziamenti di spesa e si rende quindi in un certo senso accademica l' ulteriore discussione. è un' accusa, o per lo meno un appunto, che specificatamente ci ha rivolto l' onorevole Ghislandi, obiettando che con tale procedura tutto il seguito della discussione perde di interesse. di fronte ad alcuni inconvenienti, che sono evidenti, ho il dovere di far presenti i vantaggi, non solo per l' Assemblea, ma per il paese, di questo tipo di discussione, di questa innovazione nella discussione dei bilanci. effettivamente nella tradizione parlamentare l' ordine di discussione dei bilanci era, direi, di carattere casuale. si discuteva indifferentemente prima il bilancio dell' industria o quelli della guerra o del Tesoro, obbedendo soltanto alle convenienze di un certo ritmo dei lavori parlamentari. quali sono i vantaggi del nostro sistema rispetto al vecchio? anzitutto dobbiamo tener presente la possibilità o meno di finire entro il 30 giugno la discussione dei bilanci. ho sentito esprimere dagli onorevoli colleghi l' augurio che l' anno venturo si possano discutere tutti i bilanci senza che sia concesso l' esercizio provvisorio. per quel che mi consta, la nostra storia parlamentare è caratterizzata da queste due situazioni: fino, direi, alla prima guerra mondiale , si discutevano e si riuscivano ad approvare i bilanci, ma spesso si approvavano dopo aver concesso l' esercizio provvisorio: cioè la Camera e il Senato riuscivano a discutere i bilanci e ad approvarli, però andavano sempre oltre i termini assegnati. dopo la guerra, le Camere non solo si sono servite dell' esercizio provvisorio, ma non sono riuscite spesso a portare a conclusione la discussione dei bilanci. dico questo perché, di fronte al rimprovero ricorrente che il nostro Parlamento lavora male, vorrei che coloro che . criticano guardassero ai precedenti parlamentari. noi per ben due esercizi riusciamo ad approvare i bilanci, sia pure dopo la concessione dell' esercizio provvisorio: e a me questo sembra essere un grande vantaggio e una grande prova di capacità parlamentare. io mi auguro che l' anno venturo il Parlamento riesca a discutere i bilanci senza fare ricorso all' esercizio provvisorio. però, per misura di prudenza, credo necessario che, prima che l' attività del paese abbia quella sospensione che i mesi estivi provocano, le Camere abbiano per lo meno segnato l' indirizzo generale economico e finanziario che il Governo deve seguire nella sua politica. perché, onorevoli colleghi , è evidente che la discussione dei bilanci dei singoli dicasteri ha importanza (ed io non vorrei minimamente diminuire tale importanza), ma è altrettanto evidente che quello che serve al paese, all' opinione pubblica , alla stampa, agli interessi generali, è che, prima della ripresa autunnale, siano segnati dalle Camere gli indirizzi di politica economica e finanziaria che devono orientare l' azione pubblica e privata per l' anno veniente. è evidente che facendo precedere la discussione generale , economica e finanziaria, noi assicuriamo questa possibilità al paese. non debbo farvi notare che dall' 8 aprile a questi primi giorni di luglio vi sono state ben quattro comunicazioni, fra discorsi e repliche, del ministro del Tesoro , due discorsi del ministro delle Finanze e un ampio dibattito al Senato, un po' più stanco alla Camera. questo dibattito ha messo in luce problemi, punti di vista , opinioni di grande interesse per l' orientamento del Governo, del paese, dell' opinione pubblica in genere. attraverso questo ampio dibattito abbiamo inquadrato i problemi in limiti ben determinati, con, riguardo, specialmente al deficit del bilancio, alle spese dello Stato, alle entrate, ai problemi della tesoreria e, se volete, ai problemi di indirizzo economico generale. tali problemi saranno ben determinati alla fine di questa prima quindicina di luglio; e determinati anche nei loro rapporti quantitativi e nelle loro interdipendenze. immaginate, onorevoli colleghi , che avessimo rovesciato la discussione e che avessimo cominciato dal bilancio dell' industria o che so io, dell' agricoltura, e ci fossimo serviti della possibilità — che del resto è nel diritto del Parlamento — di introdurre variazioni nei bilanci singoli: è chiaro che avremmo chiuso la discussione sul bilancio delle Finanze o del Tesoro nel mese di settembre o, meglio, di ottobre. e badate: questa facoltà di discutere i bilanci particolari avrebbe portato, quasi certamente, da una discussione affrettata del bilancio del Tesoro nelle sue linee definitive; probabilmente noi, negli ultimi giorni di ottobre o non so quando, avremmo discusso dei risultati ultimi di un lungo ed estenuante esame dei bilanci ed avremmo concluso, forse, affrettatamente. credo che in una concezione moderna dell' attività parlamentare e della responsabilità che il Parlamento ha verso il paese, nella concezione moderna che ha fatto capolino quest' anno, per cui il bilancio del Tesoro è visto in funzione dell' economia generale, quanto più noi anticipiamo questa discussione, tanto meglio e tanto più seriamente e responsabilmente noi rispondiamo alla nostra funzione nei riguardi del paese. vi era la proposta dell' onorevole Dugoni che si iniziasse la discussione dei bilanci con la esposizione del ministro del Tesoro , poi si discutessero i vari bilanci e si concludesse col bilancio del Tesoro. ma io credo che questa procedura non toglierebbe alcuno degli inconvenienti cui ho accennato. d' altra parte qual è la limitazione che il Parlamento subisce con la nuova procedura? si obietta che con essa si bloccano le spese in partenza. onorevoli colleghi , è la prima volta nella storia parlamentare che la relazione del collega Petrilli, vicepresidente della commissione, prospetta al Parlamento, nel loro insieme, le modificazioni di spesa che le varie vostre Commissioni sostengono necessarie. si tratta di circa 50 miliardi di lire . questa cifra è sfuggita alla discussione: nessuno se ne è occupato. però questa cifra c' è e la Commissione obiettivamente la rileva. cioè, quando le singole Commissioni da voi delegate sono andate a esaminare preliminarmente i bilanci come vuole il regolamento, hanno fatto rilievi di aumenti, che ammontano alla cifra suindicata. onorevoli colleghi , ecco già una posizione della Camera rispetto al progetto del Governo: il Governo si presenta con 174 miliardi di disavanzo; le Commissioni delle Camere esprimono complessivamente un voto di aumento per 50 miliardi. attraverso la nuova procedura, voi avete la possibilità di valutare le conseguenze che avrebbe sul bilancio una serie di variazioni che, considerate bilancio per bilancio, non possono essere misurate nella loro importanza. se avessimo discusso prima i singoli bilanci, e se la Camera avesse ritenuto di aderire a ciascuna delle proposte delle Commissioni, noi alla fine del mese di ottobre avremmo raccolto questi deliberati e ci saremmo trovati col disavanzo totale aumentato di 50 miliardi. onorevoli colleghi , a partire da lunedì voi avrete la potestà assoluta di variare le spese in aumento per 50 miliardi: nessuno ve lo vieta. ma fin da ora sapete che si tratterà di 50 miliardi; se delibererete un aumento per qualche spesa, delibererete sull' ordine di priorità, di tale spesa rispetto a tutte le altre ma con cognizione di causa. e se non delibererete aumenti di spesa, vuol dire che intendete mantenere ferma la cifra del deficit proposta dal Governo. noi che abbiamo proposto questo. sistema siamo stati accusati di diminuire in certo senso l' autorità del Parlamento. mi pare, invece, che un maggiore riconoscimento dell' autorità del Parlamento non si potrebbe dare. perché non possiamo limitarci a rilevare che cosa manca in ogni capitolo. vi posso dire che vi sono infiniti capitoli (e ve lo dico come presidente della Commissione ) per i quali lo stanziamento è insufficiente. vi sono interi capitoli, che riguardano l' igiene, la sanità, le pensioni di guerra, per i quali noi stessi, nel nostro sentimento di cittadini, sentiamo l' insufficienza delle somme assegnate. ma evidentemente il fatto che molti stanziamenti siano insufficienti non ci esime dal dovere di dare a questo bilancio determinate proporzioni e di prenderne la responsabilità. a questi 50 miliardi proposti, teoricamente, noi potremmo dare l' approvazione quando ritenessimo che il bilancio dello Stato si possa trattare, rispetto alle proposte del Governo, in una maniera un po' più facile. v' è una sola limitazione: e questo vi deve dare la misura delle difficoltà del nostro lavoro. noi incontriamo la limitazione dell' ormai famoso articolo 81, non nella disposizione per cui per ogni nuova maggiore spesa ci debba essere copertura, ma nella disposizione in virtù della quale in sede di bilancio non si possono istituire nuove spese e nuovi capitali. ora, data l' urgenza con cui i voti delle Commissioni sono stati presentati, la Commissione finanze e tesoro non ha potuto fare un esame da questo punto di vista ; ma è chiaro che, quando esamineremo i vari emendamenti, dovremo sollevare questa pregiudiziale: il divieto assoluto, per l' articolo 81, di istituire in sede di approvazione di bilanci nuove spese. e mi pare che, fra tutte le disposizioni della Costituzione, questa sia una delle più felici. non deliberare nuove spese in sede di discussione di bilanci significa questo: richiamare il Parlamento alla necessità di far ciò in sede legislativa specifica. discutendo dei bilanci è più disinvolto aumentare una spesa, di quanto non lo sia con legge speciale, che richiede una discussione parlamentare più profonda e più responsabile. è questa una difficoltà che è sorta in Senato e ha dato luogo a dibattiti e a decisioni che la Camera dovrà essa stessa approvare. quindi, la cifra suddetta, di 50 miliardi, è obiettivamente condizionata al rispetto dell' articolo S1 per quanto riguarda nuove spese. ma oltre questi 50 miliardi, vi è una deliberazione, e non una proposta, per altri 50 miliardi di spesa per il prossimo esercizio. noi abbiamo fatto una lunga discussione in materia di pagamenti differiti, e, a proposito del disegno di legge Tupini in materia, abbiamo deliberato che, se entro il 31 ottobre il ministro del Tesoro ha la possibilità di trovare 50 miliardi, può convertire il sistema dei pagamenti differiti in stanziamenti per un solo esercizio. e mi auguro che il ministro del Tesoro trovi entro il 31 ottobre i 50 miliardi. come vedete, accanto ai 50 miliardi proposti dalla commissione, il ministro del Tesoro è stato già caricato di 50 miliardi per convertire i pagamenti differiti in stanziamenti attuali; e poi noi abbiamo gli aumenti agli statali, che sono in corso di esame. nell' approvare il bilancio del Tesoro e quindi il riepilogo generale dell' entrata e della spesa dovete tener presenti queste cifre e ricordare l' ordine di impegni che possono gravare sul bilancio, al di là delle cifre proposte dal Governo è proprio per la possibilità di fare questa valutazione complessiva che conviene insistere sulla procedura scelta. vorrei soggiungere che la proposta del collega Corbino di considerare gli altri bilanci come allegati, proposta condivisa dal collega Togni, non fa in definitiva che ribadire il significato della procedura che noi abbiamo instaurato e dare rilievo a una discussione che deve essere fondamentale per il nostro paese. credo che, considerando i bilanci degli altri dicasteri come allegati, sia necessaria ugualmente una discussione ampia e approfondita su ciascun bilancio. guai se una discussione sul bilancio dell' agricoltura dovesse diventare una discussione accademica. ma, onorevoli colleghi , badate che il valore non accademico di una discussione sul bilancio dell' agricoltura non sta nel fatto che noi chiediamo o siamo nella possibilità di chiedere cento miliardi in più negli stanziamenti dell' agricoltura. il valore non accademico sta nell' esame serio, profondo, acuto che noi facciamo della politica di quel dicastero e dell' uso dei fondi stanziati. il Parlamento non deve deliberare solo maggiori spese, anzi il suo principale compito storico è stato quello di controllare se le spese autorizzate abbiano avuto una applicazione politica giusta, confacente agli interessi del paese. la discussione degli allegati del bilancio ha grande importanza come discussione politica e amministrativa, anche se approvato, il riepilogo generale non sia più modificabile una spesa al di 19 delle modificazioni introdotte nel riepilogo generale. per questa parte della procedura, non credo si debba aggiungere altro. dirò — se i colleghi della Commissione delle finanze mi consentono di interpretare i loro sentimenti — che, in linea generale, il lavoro della Commissione è estremamente gravoso. onorevoli colleghi , qualche volta la vostra Commissione finanze e tesoro vi può dare l' impressione di essere una commissione contabile, incapace di vedere altro che la limitazione delle spese di bilancio. in verità credo che questo non sia il nostro stato d'animo . noi abbiamo ereditato un quadro di amministrazione statale e burocratica estremamente complesso e permeato di gravissime incrostazioni. a mio giudizio, la democrazia ha questo valore, di rendere pubbliche le situazioni che si annidano nei bilanci, nelle amministrazioni, in questa complessa macchina statale che nel mondo moderno è diventata addirittura ipertrofica. la democrazia ha questo valore; le Commissioni, il Parlamento devono tirar fuori da questo mondo, che è rimasto chiuso per tanti anni, le linee ed i fatti fondamentali e portarli al giudizio del paese, ed è questo, onorevoli colleghi , lavoro faticosissimo. quando io sento parlare del Parlamento come spesso se ne parla sulla stampa e nel Parlamento stesso, dico che pochi hanno esperienza, evidentemente, del lavoro faticoso di penetrazione nel groviglio di interessi e di posizioni che sono intorno alla macchina dello Stato. pochi si rendono conto che anche il Governo, il ministro del Tesoro , supremo responsabile della buona amministrazione finanziaria dello Stato, sono letteralmente sommersi dalla mole di problemi ereditati dal passato. gli organi tecnici che amministrano e che il ministro ha a sua disposizione sono pressati da una quantità di esigenze, di necessità, di problemi, e risolvono tutto ciò come possono. a sua volta, il Parlamento è pressato continuamente da queste esigenze, e le Commissioni legislative, la Commissione finanze e tesoro in particolare, si convertono in macchine di burocrazia legislativa. dovremmo tenerli in studio uno o due mesi i provvedimenti, ma non possiamo farlo perché il paese ha le sue esigenze. quando troveremo un po' di calma per questo lavoro, il quale dovrebbe far sì che tutta l' amministrazione finanziaria dello Stato e tutta la politica economica abbiano una chiarezza e una economicità indiscutibili? non lo so. certo è che voi potete avere una idea di queste necessità quando osservate che le Commissioni si riuniscono quasi ogni giorno ed ogni giorno affrontano problemi di grande importanza, avendo poco tempo a loro disposizione. fra le tante cose che dobbiamo risolvere perché il Parlamento aderisca alle necessità del paese vi è forse anche quella di suddividere le Commissioni, in maniera che una parte possa approfondire alcuni aspetti dei problemi sottoposti all' esame del Parlamento. questo potrà essere esaminato in sede di regolamento. è certo tuttavia che, quando, per esempio, il relatore onorevole Martinelli ci parla delle partecipazioni finanziarie dello Stato, solleva il problema delle spese ripartite, problemi che vogliono uno studio e un approfondimento, non sarebbe male che un' apposita sezione della Commissione potesse sviluppare lo studio di queste situazioni in modo che, quando i provvedimenti legislativi arrivano, le vostre Commissioni siano preparate a inquadrare il problema ed abbiano una visione sicura di esso. come vedete, la democrazia parlamentare , nel mondo moderno, ha bisogno di nuovi orientamenti, di istituti appositi, correttivi degli istituti tradizionali, capaci di seguire il ritmo più affrettato di attività che contraddistingue appunto la vita attuale. badate — e mi riferisco in particolare al compito dell' onorevole Pella — che l' ordine dei problemi che gravano sullo Stato è immenso e le decisioni che devono dare economicità all' azione statale altrettanto complesse. posso citare qualche esempio: ve ne sono mille, e ci vengono all' esame ogni giorno. è stato firmato un accordo per il grano con la Russia per 200 mila tonnellate al prezzo di 95 dollari. su questo prezzo si è molto discusso, perché esso è molto più alto di quello del mercato internazionale, che è di 65-70 dollari, anche se più basso del prezzo del mercato argentino. io mi rendo conto che, nel prendere un impegno d' importazione di grano, il Governo abbia avuto delle preoccupazioni per questo maggior prezzo. ma nell' accordo con la Russia è previsto per esempio che la Russia faccia costruire delle navi in Italia. ebbene, una delle eccezioni che la Russia fa alle ordinazioni in Italia è che i nostri cantieri hanno costi molto più alti dei costi internazionali (circa il 30 per cento ). ora, in una conversazione con il ministro Bertone, io dicevo: in un accordo generale si può specificare un accordo particolare, per il quale noi possiamo pagare il grano russo a prezzo maggiore di quello del mercato internazionale, ma vogliamo una compensazione con impegno specifico da parte della Russia di prendere nostri prodotti a costo maggiore. perché consigliavo questo? lo consigliavo tranquillamente, come presidente della Commissione finanze e tesoro, pur sapendo, in definitiva, che l' acquisto del grano russo a prezzo maggiore di quello del mercato internazionale avrebbe gravato sul Tesoro, sapendo che esiste da qualche tempo una legge per i cantieri navali, in base alla quale diamo un premio per la costruzione di navi. allora coordiniamo questa politica: se io do un premio a coloro che ordinano navi e se faccio invece lavorare i cantieri con ordinazioni dalla Russia, posso risparmiare sui premi anche se carico sul Tesoro una maggiore spesa di grano: ho cioè una compensazione di vantaggi e di svantaggi; e da una operazione così complessa posso cavare un beneficio, direi quasi contabile, per il bilancio dello Stato . vi sono connessioni fra le varie amministrazioni interessate, tra le varie attività dello Stato: commercio estero, Marina mercantile , alimentazione, tesoro, eccetera connessioni che sono al di fuori di ogni controllo attraverso un rigido spirito ragioneristico e contabile. l' onorevole Pella sa che, quando non si può dire male del ministro, si dice male della Ragioneria dello Stato. ora molti problemi non possono essere risolti nello spirito di un controllo affrettato e limitato della maggiore o minore spesa, Ina postulano un esame d' insieme, da parte degli amministratori della cosa pubblica . il coordinamento che io auspico tra i vari dicasteri, e l' accentramento in uno delle decisioni d' insieme, deriva da questa constatazione. esempi in questo campo ne esistono moltissimi. evidentemente noi abbiamo problemi assai gravi da risolvere nel considerare l' attività economica o finanziaria dello Stato: come promuovere cioè un' attività o sostenere certe situazioni al costo più economico per lo Stato. v' è ad esempio il problema sollevato dal collega Togni a proposito della sterlina. in sostanza, noi stiamo accumulando pericolosamente sterline. è problema che ci angustia. ma è possibile che non si sia trovata altra soluzione, che quella di consentire il maggior vantaggio agli esportatori nell' area della sterlina, senza una misura compensativa? non so: i nostri cotonieri ritirano il cotone dall' area del dollaro ed esportano i manufatti nell' area della sterlina. non si può collegare l' esportazione a obblighi di importazione dall' area della sterlina? non dobbiamo stare attenti che una possibile svalutazione non ci dia delle perdite secche che accolliamo allo Stato? sempre in materia di sterline non era possibile trasferire alcuni acquisti di Stato nell' area della sterlina, per ridurre il rischio di possibili perdite nel futuro? sono tutti problemi che vanno risolti, in una visione coordinata di quelli che sono gli interessi collettivi; sono i problemi della cosiddetta economicità dell' amministrazione statale, al di fuori di ogni limitato spirito contabile, per cui si possa dire: è proposta una spesa, la decurto del 25 per cento e così ho fatto l' interesse dello Stato. la Commissione finanze non condivide questo spirito e ritiene che l' attività economica e finanziaria debba avere tale coordinamento da consentire l' individuazione rapida delle soluzioni più vantaggiose e più economiche per la collettività. onorevoli colleghi , io spero che opportune riforme strutturali, la creazione di un organo ministeriale che abbia la possibilità di fare le valutazioni comparative necessarie per scegliere la strada più economica, ci aiutino a risolvere questi problemi. ma al di là di questo, che cosa ha messo in rilievo l' ampia discussione finora fatta sui bilanci finanziari? qual è l' indirizzo da assegnare alla politica economica e finanziaria del Governo? entro così nella seconda parte del discorso che mi proponevo di fare, quella che va oltre le osservazioni possibili, nell' ambito dei compiti assegnati alla Commissione delle finanze. debbo rilevare, a questo proposito, onorevoli colleghi , che non ho potuto ammirare, neanche questa volta, una chiara, inequivocabile presa di posizione critica da parte dell' opposizione. e invece mi pareva che, proprio questa volta, l' opposizione potesse partire da una buona base nel muovere critiche. la verità è che la politica dell' onorevole Pella ha avuto la ventura di essere sostenuta dagli argomenti impliciti dell' opposizione. e non sembri un paradosso. quando i motivi più forti dell' opposizione, i motivi tratti dall' insieme del bilancio sono quelli che il senatore Fortunati e l' onorevole Dugoni ci adducono, di un deficit che non è di 174 miliardi, ma di 400 o di 500, di una situazione di tesoreria assai grave, di una situazione dei residui ancor più grave, affermo che i maggiori sostenitori della politica dell' onorevole Pella sono appunto gli oppositori. se la situazione di tesoreria è grave, se il problema dei residui e preoccupante, se il deficit di bilancio è di 500 miliardi, non si può fare che la politica restrittiva che l' opposizione imputa all' onorevole Pella. in altri termini, mentre da una parte l' opposizione mette in dubbio le cifre e l' ottimismo dell' onorevole Pella, dall' altra gli consiglia una politica produttivistica! ora, onorevoli colleghi , io non comprendo questa posizione critica, e ho già rivolto questa osservazione all' onorevole Pesenti. bisogna ordinare la critica intorno a qualche cosa, puntualizzarla, e non farne un coacervo di motivi critici raccolti un po' in ogni campo. mi pare che l' errore fondamentale dell' opposizione sia quello di non comprendere che vi sono i « tempi » di una politica, e che non si possono ogni volta riprendere dall' origine e senza discriminazione tutti i motivi critici, quelli che valevano per una situazione e non valgono per un' altra e viceversa. dicevo, vi sono i « tempi » di una politica economica e finanziaria. e ve ne è stato uno che va dall' assunzione al Governo dell' onorevole Einaudi, anzi dalla discussione in seno alle Commissioni legislative dell' Assemblea costituente (marzo 1947), e scende fino all' onorevole Pella, fino alla presente esposizione finanziaria , fino all' operazione di conversione preannunciataci dal ministro. è il lungo periodo della difesa monetaria, del controllo del credito, della limitazione delle spese statali. o voi non volevate questa politica con i suoi risultati, e non potete oggi criticare il deficit, la situazione di tesoreria, che si sono prodotti nonostante quella politica, o voi la volevate e non potevate fin da allora chiedere, come avete chiesto, una politica produttivistica. ripeto, vi sono stati i tempi, i tempi di una politica economica e finanziaria. e mi piace che sia presente l' onorevole Campilli per ricordare che si iniziò appunto la difesa monetaria con l' imposta straordinaria sul patrimonio. si passò, con la politica dell' onorevole Einaudi, al controllo del credito. questo tempo, questa fase quando si è conclusa o si concludere? io comprendo le preoccupazioni, le sofferenze quasi, dell' onorevole ministro del Tesoro . egli ha delle responsabilità che noi non abbiamo. e le sue responsabilità sono queste: di concludere un ciclo già da lungo tempo apertosi, e di concluderlo proprio con l' operazione di conversione annunciataci. se, onorevole Dugoni e onorevole Fortunati, se la situazione di tesoreria è grave (io non lo credo), se la situazione di bilancio desta preoccupazioni, il ministro del Tesoro ha dovuto predisporre una politica che portasse all' operazione che e la conclusione della politica stessa, che in certo senso tende a consolidare una determinata situazione per aprirne un' altra, tende a rendere meno grave il problema di tesoreria convertendo un debito fluttuante in un debito a più lungo termine. ciò, dicevo, è sfuggito alla nostra discussione, appunto perché le responsabilità del ministro Pella non sono le nostre. il Parlamento è andato oltre questa operazione: noi discutiamo qui di un intero esercizio finanziario e probabilmente vogliamo gettare le linee di una soluzione che vada ancora più innanzi nel tempo. ma il ministro del Tesoro , quando preordina queste operazioni, deve pensare di stare sul mercato del credito e di starvi come operatore. quando vuole fare una operazione di conversione deve predeterminare certe condizioni, deve agire in maniera che l' operazione riesca. quindi, da questo equivoco fondamentale dell' opposizione, che è pessimistica sulla situazione del bilancio dello Stato ed è ottimistica per la politica che vuole fare nel paese, da questa posizione bisogna che ci allontaniamo, e comprendiamo i motivi veri della politica che è stata seguita finora. del resto, sulla misura del deficit si è intrattenuto brevemente l' onorevole Corbino considerandolo superiore, ma non ne ha tratto motivi pessimistici: 174 miliardi o 300 sono opinabili quando si voglia fare l' esame di alcune partite contabili. ma qual è il fatto fondamentale che dobbiamo accertare? il fatto è che noi siamo in una fase di deciso miglioramento per quanto riguarda le condizioni finanziarie dello Stato e le condizioni generali. di questo fatto dobbiamo prendere cognizione ferma. il disavanzo potrà essere di 174 miliardi o anche maggiore, come affermano alcuni colleghi (e per quanto faccia parte della Commissione finanze e tesoro non mi voglio esercitare in questa disamina), ma ciò non ci esime dal concludere che la situazione finanziaria dello Stato è molto migliorata. non l' opposizione soltanto ha criticato il concetto del pareggio, ma da parte dello stesso onorevole Corbino se ne è poco parlato. io stesso non so se possiamo parlarne: possiamo forse più propriamente parlare di miglioramento continuo della situazione finanziaria dello Stato. e non so dire se avremo il pareggio, perché in questo campo, onorevoli colleghi , viene fuori un' altra considerazione, cui ha accennato il collega Troisi, che ha preparazione per questi problemi. effettivamente, nelle dottrine più moderne — che il collega Corbino non sempre ama, ed io talvolta su questo dissento da lui — effettivamente il concetto di pareggio o non pareggio del bilancio dello Stato è legato più ad un fatto di congiuntura che a una considerazione finanziaria in senso stretto. è evidente che in una determinata congiuntura possiamo realizzare e ci conviene realizzare il pareggio; in altra congiuntura possiamo non realizzare il pareggio. l' essenziale, il punto fondamentale su cui dobbiamo esser tutti d' accordo, è che ci sia un miglioramento tale della situazione, che lo Stato si possa determinare liberamente in questo problema e non sia costretto, costi quel che costi, al disavanzo. onorevoli colleghi , qual è la differenza tra l' attività dello Stato che determina una situazione inflazionistica e l' attività dello Stato che non determina una situazione inflazionistica? noi siamo usciti da una guerra con un regime di produzione ridotto, con ridotte disponibilità di merci e con compiti per lo Stato gravosissimi; è naturale che quando avvengono cataclismi del genere l' attività e i compiti dello Stato vengano in rilievo rispetto all' attività economica del paese. è un fenomeno naturale: ed ecco che l' attività dello Stato può diventare determinante di fatti monetari. quando anni fa sentivo esporre certe teorie produttivistiche, per cui non si doveva tener conto della situazione del bilancio dello Stato , io rabbrividivo. in quella fase della nostra vita economico-finanziaria, il bilancio dello Stato era determinante di un processo inflazionistico. noi dobbiamo controllare e predisporre le cose in maniera che per il futuro l' attività dello Stato non sia più determinante di un processo del genere. quando il paese si è sollevato, la sua produzione è aumentata, la circolazione dei beni, la vita civile si è, riordinata, evidentemente l' attività finanziaria dello Stato non ha più il rilievo precedente. questa considerazione ci dà il senso di due momenti della politica statale: di un momento in cui lo Stato è quasi trascinato dalla situazione obiettiva a fenomeni inflazionistici. v' è un secondo momento in cui lo Stato può misurare la sua attività senza preoccupazioni di determinare fenomeni di carattere così pericoloso. onorevoli colleghi , io non vorrei che adesso ci creassimo il dramma dell' inflazione a posteriori , che cioè, in base all' esperienza precedente, noi vedessimo il pericolo dell' inflazione anche là dove non c' è. quando, infatti, lo Stato, nella sua politica di difesa monetaria, ha saputo e potuto dare alla speculazione i colpi che esso ha dato in questi ultimi anni, state sicuri che tentativi speculativi non si verificheranno facilmente più. questo è l' aspetto migliore dell' autorità dello Stato. autorità dello Stato, nella quale il ministro Scelba non entra per nulla, onorevoli colleghi dell' opposizione, ma entra la capacita dello Stato di controllare e di dirigere la vita economica del paese. dicevo dunque che, chiuso un ciclo, se ne apre un altro e il risultato dell' operazione preannunciata dal ministro ci orienterà a questo proposito. che cosa darà il mercato per questo consolidamento? quale tendenza manifesterà per gli investimenti a reddito fisso di fronte a quelli a reddito variabile? che volume avrà l' operazione? onorevoli colleghi dell' opposizione, io sono ottimista circa la situazione, credo che i punti critici siano stati superati. d' altronde , se noi esaminiamo il bilancio attuale rispetto al bilancio del 1938-39, troviamo che abbiamo diminuito di 450 miliardi le spese militari. i colleghi dell' opposizione criticano i 251 miliardi attuali di spese militari. ora, io mi auguro che la situazione sia tale nel mondo che possiamo fare a meno anche di questi 251 miliardi: vi faccio però notare che la caduta di questo onere è già notevole. vi è poi l' alleggerimento di oneri per le colonie per circa 185 miliardi di lire attuali (non entro nel merito del problema, ma do, se mai, un elemento di valutazione) e un minor carico di interessi sul debito pubblico di circa 250 miliardi. come non volete parlare di miglioramento? migliorerà ulteriormente la condizione finanziaria dello Stato? io credo di sì, anche per quanto riguarda le entrate. a questo proposito, mi devo fermare su un argomento che ha avuto molto rilievo nelle discussioni della Camera e del Senato, il rapporto tra imposizione diretta e imposizione indiretta. molti oratori della maggioranza e della minoranza si sono soffermati giustamente su questo problema e hanno osservato che in definitiva l' imposizione diretta nel nostro paese non raggiunge l' estensione che potrebbe avere. anche il relatore della maggioranza, collega Scoca, ha rilevato — ed è giusto io credo — che un sistema tributario moderno non può non trovare il suo fondamento in una equa estensione dell' imposizione diretta. però, onorevoli colleghi , quando io sento che l' imposizione diretta si deve sviluppare in maniera da consentire di sgravare l' imposizione indiretta, io non solo faccio mia l' osservazione del ministro Vanoni, che l' imposizione indiretta può colpire gli alti redditi, ma vado senz' altro oltre. bisogna, onorevoli colleghi , che ad un certo punto noi siamo ben chiari sui problemi fondamentali del nostro paese. quando io sento qui parlare molto di disoccupati, moltissimo di aree depresse del Mezzogiorno, molto della situazione degli strati sociali che meno hanno: dei pensionati, dei mutilati, di coloro che veramente soffrono, devo porre un problema all' Assemblea. ma se noi vogliamo veramente risolvere problemi di fondo della società italiana e uno di questi problemi è quello del Mezzogiorno, che ci trasciniamo da decenni e decenni — dobbiamo sapere che la soluzione, il maggiore risparmio ai fini di una più equa distribuzione di benefici, non può essere sopportato che dalla maggior parte delle categorie sociali, della vita italiana. è questo un punto fondamentale, la mancata considerazione del quale ci porta sul terreno della pura demagogia. la teoria del collega Pesenti che fa girar tutto intorno ai monopoli non è esatta. nessuno più di me sa che un sistema tributario è giusto dal punto di vista sociale, quando pesa fortemente sui più abbienti; mancheremmo al nostro compito se in qualunque maniera esentassimo dal dovere tributario gli alti gradi della scala sociale . ma questo. concetto, onorevoli colleghi dell' opposizione, risolve un problema di giustizia sociale , ma non può dare i mezzi necessari allo Stato per risolvere i più vasti problemi nazionali: la base su cui in tutti i paesi, compresa la Russia sovietica , si risolvono tali problemi è del sacrificio della maggior parte dei cittadini: dei ceti sociali. onorevoli colleghi , io mi rendo conto che la situazione del mezzadro non è brillante, per quanto alcune male lingue affermano che lo sia, ma la situazione del mezzadro dell' Italia settentrionale e centrale è brillante rispetto alla situazione del bracciante del Mezzogiorno. tutta la situazione della Valle Padana , ad esempio, nel suo complesso — diciamolo francamente — è una situazione, dal punto di vista sociale, migliore di quella del meridione. ed allora i problemi non si possono sempre risolvere per contrapposizione di classi. i ceti bancari e altri ceti staranno male, non ne dubito; ma, altri ceti stanno pareggio. i gruppi monopolistici vanno colpiti senza dubbio. ma se il problema si considera in termini di reddito, quello che si può trarre con la progressività più severa dai gruppi monopolistici assicura un minimo delle disponibilità necessarie per risolvere problemi di fondo . cosa volete? quando voi avete aumentato del 5 per cento il potere di acquisto di tutte le classi sociali in Italia, non avete fatto niente o quasi; ma quando avete risparmiato il 5 per cento di un potere di acquisto per risolvere determinati problemi, voi invece potete cambiare una situazione storica. se noi il problema della imposizione diretta o indiretta non lo vediamo da questo angolo visuale , non risolveremo mai niente. e questa considerazione vera e profonda del concetto di potere di acquisto e di redditi vale sia per un paese, come voi dite, capitalista sia per un paese comunista: è il risparmio della maggior parte del popolo russo che consente la industrializzazione e la trasformazione economica della società sovietica! ecco perché, onorevoli colleghi , noi dobbiamo essere rigorosissimi nel nostro sistema tributario dal punto di vista sociale; noi dobbiamo colpire gli alti redditi. ma dobbiamo avere la responsabilità di dire al popolo italiano che determinati problemi sono risolti con il sacrificio di tutti, che se si continua la corsa — manifestazione dell' egoismo della vita sociale nel nostro paese — a chi più prende, evidentemente determinati problemi non saranno mai risolti. ed i ceti sociali che costituiscono quello che voi chiamate il proletariato del proletariato, resteranno sempre fuori: aspetteranno secoli per risolvere i loro problemi. onorevoli colleghi , se la situazione finanziaria dello Stato è migliorata e potrà continuare a migliorare, vi si può inserire l' esigenza produttivistica di cui tanti hanno parlato? e che cosa è questa esigenza produttivistica? io non amo molto questo termine. non solo accetto l' argomentazione acuta del collega Corbino secondo la quale l' attività statale deve essere produttiva per definizione — se non lo è, vuol dire che dobbiamo far cessare l' improduttività dell' attività statale — ma anche prendendo il termine nel senso in cui oggi è usato, cioè del particolare incentivo che lo Stato deve dare al progresso della vita economica del paese, affermo che la politica dello Stato è sempre produttivistica. nel momento in cui si svolgeva il processo inflazionistico, il produttivismo dell' attività statale consisteva nel rovesciare il processo inflazionistico e creare le condizioni di una stabilizzazione. era il produttivismo di quel momento; e la teoria del produttivismo valeva allora come vale oggi: allora non poteva avere che questo senso e se ne avesse avuto un altro sarebbe stata la rovina. come dicevo, quel tempo sta per essere superato. e il problema che oggi ci dobbiamo porre è se tutto è stato fatto perché l' attività, del paese abbia il maggior sviluppo consentito con la necessità di una difesa e di una stabilizzazione della moneta. per quanto riguarda l' immediato passato, qualcuno si è chiesto se la situazione monetaria del 1948 è stata tale da creare la condizione migliore per il paese, senza determinare ulteriori processi inflazionistici o tendenze deflazionistiche. su questo punto naturalmente si possono avere opinioni discordanti, ma il problema rimane in limiti ben determinati. che cosa abbiamo avuto nel 1948? abbiamo avuto un aumento di circolazione di 175 miliardi, che per la maggior parte è andato a investirsi in operazioni di esportazione e non ha determinato una benché minima influenza sui prezzi. in quel periodo, cioè, è stata possibile un' espansione della circolazione senza determinare quello che la relazione della Banca d'Italia chiama un « residuo inflazionistico » . questa relazione, a mio giudizio, è il documento più perfetto che abbiamo sulla vita economica e finanziaria del nostro paese: documento veramente fondamentale per i problemi che ci preoccupano. ora sul punto dell' espansione circolatoria del 1948 la relazione della Banca d'Italia è di una certezza inequivocabile. non vi è stato residuo inflazionistico. ma vi è stato « residuo deflazionistico » ? la Banca d'Italia afferma di no, almeno con riguardo ai primi mesi del 1949. la relazione a tal proposito fa degli accertamenti estremamente sensibili. arriva a dire che posto un rapporto uguale ad 1 tra valore di produzione e valore di circolazione nel 1928 (anno di maggiore normalità) si arriva a un rapporto 0,96 nel 1938 (in cui c' è stato in effetto un inizio di spinta inflazionistica), 1,05 nel 1948 e di 1 nel primo trimestre 1949 (ritorno pieno alla normalità). onorevoli colleghi , io credo che queste considerazioni siamo molto autorevoli, ma opinabili. penso che solo la prova e la riprova, il continuo sondaggio che ha obbligo di fare l' Istituto di emissione, che ha dovere di fare il Tesoro, ci può dare la chiave certa di questo problema. io devo deferire all' opinione del governatore della Banca d'Italia , ma confesso che ho qualche titubanza. non so se il limite virtuale della circolazione fosse esattamente quello effettivamente raggiunto o non ci sia stata o ci sia qualche possibilità di ulteriore espansione. rilevo questo perché nel fondo dell' esigenza produttivistica da molti manifestata, c' è la preoccupazione che la politica monetaria abbia oggi un' influenza deflazionistica sul mercato. come dico, bisogna provare e riprovare, non c' è una norma teorizzabile a priori . la responsabilità del ministro del Tesoro e del governatore della Banca d'Italia sta nell' accertare esattamente il limite di espansione del mercato monetario. non deve prodursi un andamento della circolazione che vada oltre o rimanga indietro rispetto ai bisogni del paese. e che non sappia commisurarsi allo stato reale (di spendita effettiva) degli investimenti dello Stato oggi o domani, alle condizioni della tesoreria, allo stato dei residui passivi . sarebbe nocivo restringere la circolazione oggi per estenderla domani per determinate scadenze: perché, per esempio (e cito uno dei casi), gli impieghi del fondo lire, come realizzazioni concrete, si concentrano in un certo periodo, perché vengono a scadenza certi residui e così via . richiamo molto l' attenzione del ministro del Tesoro e del governatore della Banca d'Italia sulla considerazione della situazione della circolazione, non solo oggi, ma in tutti i periodi che immediatamente seguiranno. i limiti di espansione della circolazione devono essere valutati con estremo rigore e — direi — con aderente visione dei problemi ella vita finanziaria ed economica del nostro paese. e quel tanto di esigenza produttivistica che ho visto affacciarsi nel discorso onesto del collega Schiratti consiste in questo: che cioè, senza volerlo, si introduca un elemento deflazionistico sul mercato. senza volerlo: cioè per il fatto che non abbiamo potuto misurare esattamente i limiti di espansione del sistema monetario . è egualmente pericolosa l' inflazione come la deflazione. io non so se gli indici di produzione accertati per il primo quadrimestre del 1949, se determinati indici di diminuzione della circolazione, se altri indici che sono stati qui citati indichino o meno uno stato di crisi (il ministro Lombardo lo contesta), tuttavia questi indici vanno attentamente sorvegliati e la manovra del ministro del Tesoro e del governatore della Banca d'Italia deve derivare da una esatta considerazione di questa situazione. guai se noi, dopo avere superato un pericolo inflazionistico, ci trovassimo senza volerlo in una fase deflazionistica! il nostro paese non ha bisogno né di deflazione né di inflazione. su questo punto richiamo veramente l' attenzione degli organi tecnici responsabili! perché do, onorevoli colleghi , tanta importanza a questo punto? perché il problema della espansione delle spese statali è in relazione ad esso: permettete al presidente della vostra Commissione di finanza di dirvi che nessun membro della Commissione stessa è aprioristicamente contrario alle spese statali, all' aumento delle spese statali come sistema di politica, ma il problema è di sapere se un aumento di spesa statale produrrà fenomeni inflazionistici o arresterà processi deflazionistici. l' obbligo morale e politico del Governo è di espandere, se e necessario, la spesa statale, quando il complesso della situazione economica richiede che questa spinta, questo impulso da parte dello Stato, ci sia. il fatto che vi ho citato — della grande diminuzione delle spese statali per la difesa, per le colonie — dimostra appunto come una fase della vita italiana, che mi auguro vicina, lo Stato si possa porre il compito di più vasti interventi, di trasformazioni come quella del Mezzogiorno, su un piano che non sia di modeste iniziative. ma bisogna, onorevoli colleghi , che noi non sperperiamo il denaro pubblico . molte volte noi usiamo il denaro pubblico a scopo quasi di beneficenza, allo scopo di sanare piccoli mali. il denaro pubblico deve servire a risolvere i problemi fondamentali della nostra vita, deve servire a dare lavoro a masse di disoccupati, deve servire a trasformare la vita del Mezzogiorno. da questo punto di vista ci sarà consentito in un domani, che io spero prossimo, di esaminare questo problema. prima di concludere questo intervento, mi sia consentito di esaminare la situazione da un angolo visuale ancora più vasto. nell' economia odierna, la semplice considerazione dei problemi finanziari non basta. i problemi della produzione e del reddito nazionale e quelli della bilancia dei pagamenti sono intimamente legati ai primi. la questione che intendo affrontare è questa: che cosa ci consente di fare il Piano Marshall oggi? il Piano Marshall ha una giustificazione, quella di consentire a paesi che non hanno disponibilità valutarie e possibilità di equilibrare la loro bilancia dei pagamenti , di acquistare le merci necessarie perché la loro vita civile funzioni. all' origine ha avuto questo scopo, che è uno scopo ovvio per tutti. perché, onorevoli colleghi dell' opposizione, ottenere un quintale di grano gratuito è sempre meglio che ottenerlo contro pagamento. ridotto in pillole, il Piano Marshall è questo: al posto di un quintale di grano che si deve pagare con lavoro, un quintale di grano gratuito. ma questo principio, che è alla base del Piano Marshall , subisce modificazioni nel tempo, ed io ho l' impressione che, dal punto di vista dei suoi approvvigionamenti e dell' equilibrio della bilancia dei pagamenti , la situazione italiana migliori più rapidamente di quella di altri paesi, cioè l' Italia ha la possibilità, attraverso la riattivazione del suo sistema economico , di procacciarsi una quantità sempre maggiore di beni necessari al suo mercato interno , ho l' impressione cioè che la nostra bilancia dei pagamenti possa rapidamente migliorare e trovare il suo equilibrio anche prima del 1952. questa impressione mi è data da un altro fatto e cioè che noi abbiamo un potenziale industriale, unici fra gli altri paesi europei occidentali, non utilizzato. a mio giudizio, se vogliamo cercare la causa e l' origine dell' espansione rapidissima delle nostre esportazioni in questi ultimi anni, la dobbiamo trovare nel fatto che, a differenza di paesi come l' Inghilterra, il Belgio e la Francia, che hanno trovato il livello della massima occupazione e dell' utilizzazione piena degli impianti industriali, noi abbiamo un margine di utilizzazione degli impianti industriali che possiamo impiegare per l' esportazione. si tratta di un margine che ci dà possibilità vaste di scambio. il problema che ha creato alla nostra politica economica e finanziaria il Piano Marshall è questo: noi dobbiamo far leva prima sul Piano Marshall e considerare gli altri accordi commerciali e gli altri scambi come integrativi del Piano Marshall , o considerare gli altri accordi commerciali come elementi fondamentali ed il Piano Marshall come integrativo? se noi dovessimo far leva sul concetto di sviluppare al massimo gli scambi normali, noi potremmo non solo ripetere il miracolo del 1948, ma andare oltre; cioè noi potremmo utilizzare anche più vastamente i nostri impianti industriali. naturalmente oggi il problema degli scambi si presenta per le diverse zone in maniera diversa. noi abbiamo una zona con cui il bilateralismo è assolutamente necessario: tutta la zona orientale non tratterà con i paesi occidentali se non su tale piano, ma il bilateralismo non sarà per quanto riguarda questa zona ostacolo a una espansione degli scambi. noi potremo avere una zona di convertibilità, che è quella europea; e possiamo avere rapporti con il continente americano, nei quali bisogna veder chiaro a distanza di tempo. ora, se noi sviluppassimo ai limiti del possibile il commercio con la zona con cui è possibile il bilateralismo, noi potremmo espandere le nostre possibilità di commercio con l' estero anche oltre i limiti attuali. ma se noi facciamo questa espansione del commercio estero — che io considero fondamentale per l' equilibrio della nostra vita economica — noi ci dobbiamo porre, ottenendo l' assenso delle autorità americane, il problema della trasformazione del Piano Marshall ; cioè, dobbiamo porci il problema se gli aiuti Marshall, come aiuti per la bilancia dei pagamenti , non debbano diventare aiuti per sviluppare e risolvere certi problemi di fondo della nostra vita nazionale. non vorrei tediarvi oltre, ma voglio dire che noi, per il futuro, abbiamo la possibilità, espandendo i nostri scambi con l' estero e se il popolo americano ci aiuta, come ha fatto finora, di convertire gli aiuti Marshall in aiuti, trasformabili in investimenti. e allora, fino alla fine del piano, Marshall, noi potremmo avere quel volume di investimenti integrativo dalle nostre possibilità interne, perché alcuni problemi che ci angustiano, alcuni problemi di espansione delle spese statali, possano essere risolti. in sostanza, se gli aiuti Marshall, attraverso la collaborazione e la comprensione dei problemi della nostra vita nazionale, possono essere trasformati in fonti di investimento, il problema dell' equilibrio del bilancio dello Stato e di una espansione della spesa statale, senza che si determini il processo inflazionistico nel nostro paese, può essere risolto;, e può essere risolto il problema, onorevoli colleghi , delle cosiddette aree depresse e dell' aumento della produttività. non posso qui — anche perché non abbiamo tutti gli elementi — portare un contributo per quello che riguarda l' interpretazione dell' ultimo accordo raggiunto a Parigi. però, io ho l' impressione che in questo accordo, che ha risolto problemi altrui e non ha risolto i nostri problemi, ci sia una indicazione, che può servire per norma: cioè v' è l' indicazione che i paesi come il Belgio, che hanno una bilancia dei pagamenti rapidamente progrediente e direi attiva, possono — entro certi limiti — crearsi anche una disponibilità di dollari liberi. cioè possono cominciare ad uscire dal sistema del Piano Marshall , come sistema puramente integrativo della bilancia dei pagamenti , ed avere disponibilità ad altri scopi. se ciò è stato possibile per il Belgio, che è paese ricco , deve essere possibile per l' Italia. noi dobbiamo gratitudine estrema al popolo americano ; però; che questi aiuti Marshall siano commisurati all' andamento della nostra bilancia dei pagamenti è una maniera di lasciare insoluti i problemi italiani, che sono problemi assai gravi rispetto a quelli del Belgio, della Francia, dell' Inghilterra. onorevoli colleghi , io prego di volere essere tenacissimi in questa battaglia. noi siamo creditori di mezza Europa, come il Belgio, ma non siamo il Belgio. noi abbiamo fatto un' espansione di commercio estero, che è anche un esempio di lealtà della politica italiana ; perché avremmo potuto fare una politica rispetto al Piano Marshall di limitazione delle esportazioni, per assorbire maggiori aiuti; noi abbiamo voluto ristabilire correnti normali di scambio anche con l' Oriente; ed io consiglio di espandere questi scambi, perché rappresenteranno una normale situazione nel nostro paese dopo la fine del Piano Marshall . questa sarebbe opera vana, se questi aiuti non potessero essere trasformati in possibilità di maggiori investimenti per lo Stato. non vi nascondo la gravità della situazione industriale europea. l' onorevole Corbino, nel parlare della crisi, diceva che avremo probabilmente anche una crisi di supercapacità industriale. gli aiuti del Piano Marshall stanno rendendo possibile a tutti i paesi europei il rinnovamento di macchinari; il che significa maggiore potenziale industriale. non so se dopo questa fase di assestamento vi sarà una maggiore possibilità di collocamento di prodotti industriali nel mondo. non so che rapporto ci sarà, alla fine di questa corsa al rinnovamento degli impianti, fra prezzi industriali e prezzi agricoli. il rapporto OECE dice che alla fine della corsa i prezzi agricoli avranno ancora la meglio sui prezzi industriali; il rapporto dell' OECE sconta una crisi industriale più che una crisi agricola. dovere dello Stato italiano è di impedire che l' industria italiana nella corsa al rinnovamento degli impianti rimanga indietro. se l' Europa occidentale nel rinnovare i suoi impianti e nell' espanderne la potenzialità va verso una crisi, ci vada pure; ma è bene che l' Italia sia nella crisi generale, cioè è bene che l' espansione di altri paesi occidentali non avvenga a spese dell' Italia. io vorrei chiedere all' onorevole Tremelloni di fare su questo punto i suoi accertamenti con estremo rigore. noi non dobbiamo investire una lira, un dollaro in rinnovamenti di macchinari, più di quello che non sia necessario, perché l' Europa trovi il suo equilibrio, e perché l' industria italiana sia in condizioni di concorrenza non con l' industria americana, ma con l' industria inglese, con l' industria francese. questo è il dovere del nostro paese. tutti i problemi che riguardano l' impiego del risparmio privato per aiutare queste trasformazioni devono avere attenta considerazione. ma questo è un aspetto del problema: noi abbiamo oggi, ce lo dice la relazione della Banca d'Italia , una potenzialità meccanica del 50 per cento superiore a quella del 1938, e un ritmo di attività poco minore di quello del 1938, sebbene le commesse statali per questa industria siano scese dal 33 all' 8 per cento . abbiamo quindi impianti da sfruttare per operazioni di scambio con altri paesi. ma se vogliamo risolvere problemi di fondo , se vogliamo affrontare il problema del Mezzogiorno come abbiamo affrontato nel passato, spesso errando, il problema. delle colonie, del così detto potenziamento bellico, della guerra; se noi vogliamo andare incontro alle aree depresse, noi evidentemente dobbiamo pensare a investimenti statali, disporre di un volume di investimenti statali che ci possa consentire di affrontare quei problemi. e ciò può derivare solo dal fatto che gli aiuti Marshall diventino aiuti integrativi e non condizionati all' andamento della nostra bilancia dei pagamenti . ripeto, l' incremento nel potere di acquisto della maggior parte degli italiani di un 5 per cento dice ben poco. dice molto investire un 5 per cento a risolvere determinati problemi. e noi dobbiamo fare prima o dopo qualche cosa che è importante, perché la vita nazionale in certe zone venga cambiata. noi dobbiamo cercare di trasformare le condizioni di vita della società meridionale. i limiti di potenziamento della nostra industria nel tempo sono noti, gli equilibri possibili sono noti. la storia della nostra vita economica nel tempo i: una storia di progresso industriale, di progresso economico. la Valle Padana è diventata sempre più una manifestazione di alta civiltà nella vita del mondo. ma, onorevoli colleghi , il problema del Mezzogiorno l' abbiamo trascurato quando non avevamo le industrie e quando avevamo le industrie, quando non avevamo le grandi fabbriche e quando le avevamo. se il reddito aumenterà del 5 per cento all' anno e nel 1952 del 15 per cento , ma quello che separa le due zone di vita italiana rimarrà a separarle, noi avremo fatto ben poco. vi sono due Italie: una Italia che progredisce e una Italia che sta ferma. ora, nella espansione del nostro sistema economico , onorevole Pella, quando le cose si potranno veder meglio, quando i nostri problemi monetari ci saranno più chiari, la questione che l' Italia si deve porre all' ordine del giorno è quella di fare delle due Italie una sola Italia, di risolvere problemi che abbiamo trascurato per altri e meno importanti.