Ugo LA MALFA - Deputato Opposizione
I Legislatura - Assemblea n. 193 - seduta del 14-03-1949
Iniziative del governo in materia di contrasto all´evasione fiscale
1949 - Governo IV Berlusconi - Legislatura n. 16 - Seduta n. 204
  • Comunicazioni del governo

onorevoli colleghi , prenderò quale punto di partenza di questo mio discorso una considerazione dell' amico Pietro Nenni, col quale, generalmente, non mi trovo d' accordo sul terreno politico. nell' introduzione procedurale al presente dibattito Pietro Nenni ha ricordato una serie di fatti e di avvenimenti politici dei quali il patto atlantico sarebbe la conclusione. ha ricordato in particolare il patto di Bruxelles , l' ERP, l' Organizzazione per la cooperazione economica europea — ha dimenticato l' unione doganale franco-italiana — il Consiglio e l' Unione Europea e ha finito col patto atlantico . Nenni, in definitiva, ha richiamato la nostra attenzione sulla concatenazione di questi avvenimenti e ci ha indotto ad allontanarci da una sorta di discussione tecnicistica di politica estera che, in verità, a mio giudizio, non è molto pertinente a questo dibattito. nella un po' estemporanea introduzione che Corbino ha fatto al...... ha fatto al suo magnifico discorso, ho sentito un nostro collega ricordare il Safigiaccato di Alessandretta. il collega mi perdoni; ma attraverso quel dialogo ho avuto l' impressione di essere trasportato nell' atmosfera delle memorie diplomatiche di Maurizio Paléologo. credo che non dobbiamo lasciarci trascinare su questo terreno e neanche forse (ne parlerò più tardi) su quello nel quale l' amico Pietro Nenni, divenuto una specie di teorico della neutralità, ci vorrebbe trasportare. accetto come punto di partenza questa connessione di fatti: Piano Marshall , OECE, patto di Bruxelles , Consiglio e Unione Europea , patto atlantico ; ma chiedo all' opposizione: seno uguali e simili questi fatti, sono politicamente sulla stessa linea e nella stessa coerenza, rappresentano la stessa cosa? credo che questo sia il problema preliminare e il fondamento stesso del nostro dibattito, se è vero che da un anno a questa parte non solo la minoranza, ma la maggioranza gioca sulla confusione di tali posizioni. permettete che io le distingua: patto di Bruxelles , OECE, Consiglio europeo , Unione Europea , costituiscono un fatto solo: sono un fatto europeo...... anche se suggeriti dall' America, costituiscono un fatto europeo, una realtà europea. abbiamo cominciato col patto di Bruxelles , un patto militare (questi famosi patti militari che costituiscono come il panno rosso davanti al toro), abbiamo continuato con una creazione economica, che non è l' ERP ma l' OECE e, di recente, abbiamo avuto il Consiglio europeo e l' Unione Europea . bene. noi abbiamo il dovere, come politici, di mettere questi fatti in un ordine di realtà politiche a sé stanti. sono d' accordo con l' opposizione, che ci sono altresì avvenimenti che dobbiamo porre su un altro piano: ERP, assistenza americana all' Europa, patto atlantico . se siamo d' accordo su questo modo di impostare la nostra analisi dei fatti della politica mondiale ed europea degli ultimi anni, possiamo procedere innanzi. e benché un punto, uno dei punti — non il culminante, amico Pietro Nenni — di questa attività sia il patto atlantico (avremo modo di discutere fra breve, per esempio, del Consiglio e dell' Unione Europea ) la nostra responsabilità politica ci obbliga a valutare il patto atlantico nell' insieme dei fatti che lo precedono e lo seguiranno. è esatto che il piano ERP rappresenta l' assistenza economica degli USA all' Europa e quindi un intervento degli USA; è ugualmente esatto che il patto atlantico rappresenta l' assistenza militare degli USA medesimi all' Europa. tuttavia il patto di Bruxelles , l' OECE, il Consiglio e l' Unione Europea non sono manifestazioni di un intervento americano; sono una creazione nuova, quella che l' onorevole Corbino chiamava « difesa dell' Europa occidentale dalla politica del carciofo » e che io chiamo ricreazione di una civiltà europea occidentale. ora; patto di Bruxelles , OECE, eccetera dobbiamo valutarli nella loro sede propria e nei loro propri modi di essere se vogliamo capire qualcosa del patto atlantico . e, vedete, qui si pone il vero dissidio fra noi e l' opposizione: noi diciamo che ERP e patto atlantico sono mezzi al fine della ricostruzione dell' Europa occidentale ; voi dite che l' Unione Europea , l' OECE, il patto di Bruxelles sono tappe di un asservimento dell' Europa all' America attraverso il Piano Marshall e il patto atlantico . qui sta il dissidio, la sostanza del nostro contrasto: che cosa è mezzo e che cosa è fine? sono mezzi il patto atlantico e l' ERP, che contribuiscono alla creazione di una grande unità politica, economica e militare europea, e che sono conseguenti alla guerra e alla disgregazione stessa dell' Europa, o sono mezzi il patto di Bruxelles , l' OECE, l' Unione e il Consiglio europeo , che in tal caso apparirebbero come piccole velleità di paesi in deriva destinati a finire nella cosiddetta sfera di influenza americana? se la verità è dalla parte vostra, noi ci avviamo a costituire effettivamente due blocchi : il blocco orientale e il blocco occidentale americano; se è come la pensano gli europei democratici, come io la penso, come credo la pensi la maggioranza di questa Camera, ERP e patto atlantico sono i mezzi al fine della nascita di una grande Europa e abbiamo ragione noi di volere attraverso quei mezzi auspicare una grande realizzazione. l' ho detto a Bruxelles. l' ho detto, caro amico Pajetta, a Bruxelles; cioè lo ha detto la delegazione italiana, costituita di democratici cristiani , di repubblicani, di socialisti. i confini sono quelli che la realtà attuale assegna all' Europa occidentale . a Bruxelles è nato il problema rilevato da Pajetta — ho il dovere di lealtà di dirlo — a Bruxelles molti hanno concepito l' Europa, come un' Europa comprendente se non i paesi, i rappresentanti dei paesi dell' Europa orientale . la delegazione italiana unanime ha affermato che l' Europa che si può volere è l' Europa che realisticamente è organizzabile se tendiamo a una politica di pace, cioè a una politica che non appaia altrettanto provocatoria, quanto inutile. noi abbiamo avuto questo unanime senso di responsabilità a Bruxelles. se volete giudicare della serietà delle nostre intenzioni giudicate della serietà delle nostre azioni e posizioni. non solo, ma dei nostri propositi. no, quando noi assumiamo, come assumiamo, le nostre responsabilità non potete dire che ciurliamo nel manico: la nostra posizione è stata fissata in un documento. a Bruxelles eravamo in una sede propagandistica. caro Pajetta, non interrompa troppo presto: a Bruxelles è come se fossimo stati in una specie di Cominform... quando da Bruxelles si passerà alla politica degli Stati responsabili, le cose saranno come la delegazione italiana le ha sostenute. ripeto, vorrei che gli amici dell' opposizione, per la concretezza e lo spirito realistico del nostro dibattito, distinguessero fra le due posizioni cui ho accennato. l' impostazione che io consiglio ci consente di uscire da questa specie — o per buona fede , o per mala fede, o per cattiva conoscenza dei fatti — di circolo in cui ci siamo cacciati. io vi chiedo: volete o no accettare una realtà europea? volete riconoscere che si sta formando una unità europea occidentale? i confini li ho precisati e sono precisati nel patto atlantico stesso, poiché tale patto non contempla confini diversi da quelli dell' Europa di cui i democratici attualmente si preoccupano. devo dire — e l' onorevole Togliatti che ha avuto la cortesia di seguire un mio precedente discorso si ricorderà di quanto affermo che tutto il dramma della nostra vita politica è qui. amici comunisti, non voglio seguire del tutto l' amico Corbino nella sua analisi, ma vi chiedo: questa Europa occidentale è uscita, sì o no , disgregata e disfatta dalla guerra? ora se e uscita disgregata e disfatta, non faccio nessuna accusa al comunismo e all' Unione Sovietica se dichiaro che di fronte a tanta disgregazione essi abbiano visto possibilità di sviluppi rivoluzionari (sono situazioni obiettive: l' Europa disgregata è un' Europa dal punto di vista comunista suscettibile di sviluppo rivoluzionario). ma quando questa Europa, attraverso il patto di Bruxelles e le altre forme di organizzazione politica, economica e sociale, comincia ad uscire dallo stato di disgregazione e quando gli USA iniziano una politica di resistenza attiva, i problemi politici della Russia sovietica e dei partiti comunisti si fanno gravi e vanno seriamente meditati. non bastano più il documento iniziale del Cominform, e la politica di Zdanov, a combattere questa realtà, ma occorre cambiare atteggiamento politico. la politica dell' Unione Sovietica e dei partiti comunisti diventa estremamente grave, ho detto. perché? perché voi dovete uscire da una considerazione ottimistica, dal vostro punto di vista , della situazione europea per passare a una visione più aderente alle nuove realtà che si formano. o voi pensate che tutto il mondo americano ed europeo che esce dalla guerra è il cosiddetto mondo capitalistico che si coalizza nei vostri confronti, pensiero dottrinario che io credo non risponda alla realtà politica concreta, o voi pensate che dalla guerra sorgano e stiano sorgendo articolazioni diverse. dalla guerra non sorge cioè un fronte capitalistico, ma accanto agli USA, aventi di per sé una potenza bastante a contrapporsi alla potenza sovietica, nasce una nuova Europa, quella che Corbino chiama formazione di equilibrio, e che io chiamo formazione di difesa; per cui certe civiltà tradizionali, come l' Inghilterra, la Francia, l' Italia, nonché perire, trovano modo di resistere e di sopravvivere. la vostra crisi politica , la vostra crisi di partito è spiegata da quanto ho detto. dopo uno stato di disgregazione che è conseguenza della guerra, amico Nenni e amico Togliatti, si riformano, gradualmente, le strutture politiche e sociali del mondo. dopo la disgregazione, in conseguenza della quale la Russia è risultata la sola grande potenza continentale, si va enucleando una grande struttura politica europea accanto alla grande struttura americana. ebbene, amici dell' opposizione, di fronte a questo fatto voi dovete prendere posizione. voi chiudete gli occhi alla realtà se non credete che vi sia un' Europa, se non credete che manca un' Europa come fattore di civiltà nel mondo. se credete di confondere le idee o credete che questa Europa non si formi, vi sbagliate. la politica di Zdanov che, elevata a sistema, tentava di perpetrare la disgregazione dell' Europa occidentale è fallita, e credo che il compagno Stalin lo sappia. no, non è una banalità. io dico che questa è la crisi della politica sovietica, perché, ripeto, questa realtà europea nasce, e voi dovete forzare molto la situazione per pensare che questa Europa nasca come asservita all' America, non come animata di vita propria, come civiltà che continua e si rinnova. se così pensate, dovete avere molte illusioni. quest' Europa nasce e l' America non c' entra, se non come fattore ed elemento di sostegno per creare la nuova situazione. del resto, amici comunisti, perché vi siete opposti al patto di Bruxelles ? perché avete condotto una politica così dura ed ostile a quel patto? il patto di Bruxelles è un patto di nazioni europee, dissestate anche militarmente, un patto fatto un anno fa in condizioni difficili. è un patto europeo e io — lo sapete — ho sempre biasimato le correnti politiche italiane che di fronte al patto di Bruxelles hanno storto la bocca: patto militare, a vantaggio dell' Inghilterra, a vantaggio della Francia, dicevano. non ho mai capito questa politica spicciola che è stata talvolta la politica della maggioranza. ho sempre detto: il patto di Bruxelles è un patto europeo e l' Italia ci deve stare, l' Italia deve stare in tutto quel che significa Europa, sia patto politico sia patto economico o militare. quando si vuol costruire una nuova unità politica, questa si costruisce sul terreno politico, sul terreno economico e sociale , sul terreno militare! così si fanno seriamente le cose. il fatto militare non è diverso dal fatto economico e sociale . è l' espressione di una seria capacità politica dei popoli a unirsi. permettetemi un' indiscrezione. nel mio non breve soggiorno a Mosca ho assistito a qualche manifestazione, anche a manifestazioni militari, e sono rimasto meravigliato per la serietà di queste manifestazioni. l' ho capito, e poi le dirò che cosa ho ricavato da queste manifestazioni. sono stato quattro mesi in albergo e ho visto arrivare di tanto in tanto in quest' albergo missioni militari dei paesi di democrazia popolare . evidentemente non erano a Mosca per una passeggiata dopolavoristica, ma io non ho tratto da questa constatazione nessuna impressione superficiale. gli amici che hanno avuto qualche mia confidenza sanno che non ne ho tratto l' impressione di una politica provocatoria, ma l' impressione dell' unità politica di un mondo che, come si organizza politicamente ed economicamente, si organizza anche militarmente. ho tratto l' impressione che non solo gli uomini politici sovietici, ma i rappresentanti della politica americana in luogo, agivano con estrema prudenza. non basta lo spiegamento di forze militari per parlare di politica di aggressione e provocatoria... le forze militari, finché non c' è una politica concorde di disarmo, sono manifestazioni concrete del modo come gli Stati organizzano la loro struttura politica. ebbene non ho tratto nessun giudizio banale dalle manifestazioni militari sovietiche, onorevole Togliatti. io non sono venuto qui a dire: costoro vogliono passare le frontiere, come l' amico Pajetta ha avuto cura di far temere. son venuto qui a dire: sì, è un paese forte, e dobbiamo essere forti anche noi, perché i deboli muoiono! non ho detto: politica di aggressione: ho detto che l' Unione Sovietica è uno Stato serio e che fa una seria politica militare . il patto di Bruxelles è un patto che ha unito insieme, come diceva l' amico Corbino, alcuni paesi che malamente si sono difesi nella precedente guerra. ora, perché l' organizzazione militare conseguente al patto di Bruxelles deve costituire un fatto provocatorio e l' organizzazione militare sovietica un fatto pacifico? ambedue sono espressioni della politica organizzata dai rispettivi Stati. ecco perché chiedo al ministro degli Esteri che l' Italia entri nel patto di Bruxelles . il patto di Bruxelles è una manifestazione della civiltà occidentale europea che si organizza. e l' organizzazione di questa civiltà è una condizione di pace. la Società delle Nazioni e gli altri sistemi astratti non si sono dimostrati idonei a garantire la pace. paesi europei che escono dalla guerra e ritrovano un' unione e un equilibrio nuovo fondendo i loro sforzi, contribuiscono alla pace e non alla guerra. questo è il significato della nostra politica internazionale . amiate o non amiate la realtà politica che si forma, credete che questa, Inghilterra, questa Francia, questa Italia, che si organizzano e superano le loro frontiere, che le superano anche con limitazione di sovranità, dandosi una Costituzione, una nuova economia, una unitaria organizzazione militare, credete che questa unità europea sia degna di considerazione? se voi lo credete non dovete che agire di conseguenza, cioè cessare da una politica che non dà più alcun frutto. tutta la vostra politica diretta a non far nascere questa realtà è fallita, onorevole Togliatti, è completamente fallita. non c' è più nulla da fare, perché per impedire questa realtà, veramente ci vorrebbe la guerra. ed io suppongo che i dirigenti dello Stato sovietico non vogliano la guerra; fanno della politica. ma vi dico di più: quando giorni fa ho letto del distacco da posti di responsabilità di due uomini con i quali ho trattato, Molotoff e Mikogan, ho dato la sola interpretazione seria che si potesse dare del fatto, l' interpretazione che il cambiamento non significava alcuna sconfessione, bensì un riadattamento di uomini a determinate funzioni. il problema della possibile distensione, cioè il problema della pace nel mondo, rimane per me aperto. se è aperto per la Russia, è aperto per noi. dovete finalmente ammettere che paesi di antiche tradizioni, — che un tempo facevano la politica imperiale, voi dite — ma che oggi sono scaduti, questi paesi organizzandosi unitariamente esisteranno ed eserciteranno il loro peso nella vita dei popoli ed un peso di pace e di distensione. è nel loro interesse, si chiama politica europea , ed è la politica che voi illudendovi avete condannato e dovrete invece riconoscere. ora, — perché dico che questa politica darà un contributo di pace? perché mentre voi dite che il patto atlantico e gli altri patti servono a creare la guerra, io invece ritengo che nella costituzione di questa unità, eliminando le zone di conflitto, cioè le zone di disordine politico, le zone, direi, di sommovimento, come potrebbero essere la Grecia od altri paesi, e fissando una situazione europea che è oggi una situazione democratica (questo non lo potete negare; voi non potete dire che i socialisti siano traditori; voi sapete che c' è una tradizione europea di democrazia), evidentemente voi troverete il solo elemento equilibratore che consenta e alla Russia e agli USA di avviare una sincera politica di pace. dove si costituiscono entità politiche responsabili, lì c' è pace e non guerra, tranne che i governanti siano diventati tutti pazzi, come Corbino giustamente ha osservato. del resto con l' articolazione del cosiddetto mondo capitalistico — come voi dite — è stato possibile di battere il fascismo. se la vostra preoccupazione dell' accerchiamento capitalistico fosse stata valida e non fosse stato uno schema dottrinario che può servire in certe circostanze e non in altre — e la politica dello Stato sovietico , dei partiti comunisti è cambiata molte volte a questo riguardo — evidentemente la sola vittima dei paesi fascisti e degli altri sarebbe stata la Russia sovietica . noi abbiamo visto in una determinata fase politica le democrazie occidentali allearsi alla Russia sovietica contro il fascismo, il che vuol dire che ci sono articolazioni politiche in questo cosiddetto mondo capitalistico che voi dovete riconoscere, se non volete commettere errori fatali e irreparabili di giudizio. ora, onorevoli colleghi , se questo è vero — ed io credo che sia vero — il patto atlantico e l' ERP si devono considerare elementi contingenti della vita europea. e sono tanto contingenti, che se l' America facesse veramente una politica imperialistica non consentirebbe la costituzione di un' unità europea, ma avrebbe tutto l' interesse di tenere questi paesi in istato di disgregazione, di vederli vassalli, esercitando la propria influenza su ognuno di essi. questa sorte, vi confesso, vedevo possibile per l' Italia se non fossimo stati nel patto atlantico e nell' Unione Europea , perché il contrasto delle forze politiche si sarebbe talmente aggravato che noi probabilmente saremmo finiti come è finita la Grecia. dunque, dicevo: come fate voi, con la costituzione di un' unità europea, che è unità di duecento milioni di uomini, come fate voi a temere l' esercizio di una politica imperialistica degli USA su questi paesi? non voglio fare il processo a nessuno, ma mi sia consentito di ricordare il trattato sovietico-bulgaro, uno dei più importanti che siano stati conclusi, una clausola del quale autorizzava la Bulgaria a fare eccezioni al principio della nazione più favorita per i casi di unione doganale . evidentemente tale clausola era in relazione all' idea avanzata da Dimitrov di costituire una federazione balcanica, idea che non ha circolato più. perché? ebbene, se dovessi fare un processo alle intenzioni, direi che il comportamento degli USA, che consentono la costituzione di una terza potenza nel mondo, trova il suo contrapposto nella sparizione di una concezione che aveva fatto capolino nel trattato bulgaro-russo. ma a questo punto in materia di Unione Europea , s' inserisce l' obiezione seria che è stata sollevata da Berti e da Nenni: la posizione della Germania in questa unione. in definitiva convengo con coloro che non attribuiscono alcuna seria preoccupazione dell' Unione Sovietica circa la politica della Francia, dell' Italia o della stessa Inghilterra. il solo problema che l' Unione Sovietica può avere è il problema della Germania, e l' amico Nenni su questo punto è stato molto esplicito. ebbene non è più pericoloso che questa Unione Europea , anglo-franco-italiana, non si armi e si armi invece la Germania? agli estremi di una politica di tensione, qualsiasi paese è buono. se i punti di tensione tra USA e Russia aumentano, se questa Europa non c' è, amici comunisti, allora la Germania nasce, come esercito mercenario, nazista o più pericoloso che nasca questa unità occidentale o che nasca la Germania come forza armata? credo che sia più pericoloso che nasca la Germania. devo ricordare un articolo del 1945, col quale iniziai una polemica con l' onorevole Togliatti, malevola da parte sua, e non malevola da parte mia. diceva l' articolo: la Germania deve rinascere, ma deve rinascere in un quadro europeo, in un sistema di unità europea, in cui la sua funzione di Stato dominante, quindi, di Stato pericoloso per la Russia sovietica , non sia più esercitabile. ecco perché, a mio giudizio, deve rinascere una Europa franco-anglo-italiana forte. siccome non possiamo privare la Germania del suo diritto d' esistenza, dobbiamo trovare la forza equilibratrice, perché questa Germania non rappresenti una punta verso di noi e verso la Unione Sovietica . in ciò consiste la politica di pace dell' unione occidentale, realizzata attraverso lo stesso patto di Bruxelles . a me pare che dallo schema ottimistico di una Europa in estremo disordine, uscita devastata dalla guerra e, quindi, preda di qualsiasi avventura, a me pare, che voi siate passati alla concezione di un' Europa fascista, imperialista, nella quale inglesi, francesi e tedeschi non abbiano che un solo scopo: quello di aggredire l' Unione Sovietica . ebbene, la realtà politica non è questa; la realtà politica che si va formando è diversa. nel momento in cui si costituisce l' Unione Europea , Inghilterra, Francia ed Italia troveranno temperamenti per lo sviluppo della potenza tedesca. essi sanno di non dover creare un nuovo pericolo per la pace europea, che è pericolo per la pace del mondo. ripeto, e ne sono estremamente convinto, che una certa impostazione della politica del Cominform e dello Stato sovietico , è fallita. mi auguro che tale politica abbia a modificare e son sicuro che modificherà. caro Berti, conosco il valore che ha l' appello di Stalin, e gli amici, che mi hanno interpellato sulla Russia, sanno che io ho escluso sempre la possibilità di una guerra. non so se l' onorevole Pajetta ami tanto la guerra, da volerla. infatti, il suo dire di ieri era così truculento, così pieno di immagini belliche da impressionarmi. ci ha dimostrato nientemeno questo: che se l' esercito tedesco non fosse stato distrutto dall' Armata rossa — ciò che è esatto noi saremmo ancora in preda ai nazisti. ma ci ha anche dimostrato che, essendo sparito l' esercito tedesco, noi non potremmo che essere preda dell' Armata rossa ... a questo proposito, se ci può essere una tesi della neutralità, tesi da me non condivisa, rispettabile, non può essere che quella dell' amico Nenni, espressa con sincerità; non mi occuperò della tesi dell' onorevole Pajetta, che ha avuto sempre l' aria di avanzare una minaccia. egli ci ha parlato della forza dell' Armata rossa (il cui contributo noi conosciamo e dobbiamo riconoscere) ed è venuto a dirci: « dovete essere neutrali, perché altrimenti non potrete difendervi ed arriveranno i carri armati russi » . ebbene, onorevole Pajetta, se vi è una cosa sulla quale siamo stati sempre d' accordo è che dal punto di vista della nostra coscienza democratica non contano i carri armati , ma le idee. se noi dovessimo — ed è questo l' equivoco della tesi della neutralità — valutare la nostra posizione politica misurando le forze e quindi misurando se debbano prima arrivare i carri armati americani o quelli russi, noi staremmo per fare (come e stato giustamente detto) una politica di Monaco e non sarete voi a farvi alfieri di tale politica rispetto a noi, anche perché il passato di onore a questo proposito ci è comune nel momento in cui questi governi italiani democratici non hanno carri armati , mentre i comunisti hanno dietro di sé un enorme paese ed una massa di carri armati , noi dovremmo vendere la nostra coscienza! mi riferisco al discorso dell' onorevole Pajetta che forse non doveva essere pronunziato con le argomentazioni e la brutalità da lui usate in quest' Aula. dicevo, dalla Russia ho riportato la convinzione che si poteva evitare la guerra, ma la pace è opera di forti e non di deboli. vengo alla tesi dell' amico Pietro Nenni. io credo che egli sia tanto poco neutralista da essere capace, proprio per spontaneità, di abbracciare anche le tesi più sballate. tutta la sua storia è una smentita a questa tesi della neutralità. se c' è un uomo che ha sofferto — debbo dargliene atto e che ha affrontato le più dure battaglie, un uomo che ancor oggi è rispettabile per questa coerenza ad un passato, anche se nella sua coscienza probabilmente può avere dei dubbi, quest' uomo è Pietro Nenni. ma che cosa è questa faccenda della neutralità? ho sentito parlare della Svezia e della Svizzera, ma se veramente c' è un moto per l' unità europea, che è al di sopra di fatti contingenti, patto atlantico compreso (questa e la mia visione dell' Europa), onorevole Pietro Nenni, c' è un italiano che possa sottrarsi a questo slancio europeo ed unitario e che possa dire: bisogna essere neutrali? lo stato di neutralità presuppone la guerra o lo stato di guerra ; lo stato di neutralità è uno stato di egoismo. amico Pietro Nenni, se questa Europa nasce, bisogna esservi dentro. se dovesse nascere l' Europa di Churchill, bisogna esser lì; se l' Europa può diventare l' Europa di De Gaulle o di Franco, bisogna esser lì ad impedirlo. bisogna essere, cioè, un elemento attivo della politica di pace e non trincerarsi in una posizione per cui si dica: se viene il diluvio io mi riparo, poiché il diluvio passerà. voi sapete che questa non è una posizione possibile nel conflitto attuale; questa posizione potrà durare due mesi e causerà enormi disordini nel nostro paese. è inutile che si richiamino i precedenti della Svizzera e della Svezia. sapete che la nostra storia è diversa, che la nostra storia politica è diversa e così quella dei partiti politici ; sapete che la neutralità non sarà mai tale, sarà solo un equivoco. sarebbe un equivoco della vita politica, nient' altro. ho seguito le argomentazioni dell' amico Pietro Nenni e mi ha colpito una sua considerazione: « chi ci ha voluto nel patto atlantico , chi ci vorrebbe del patto di Bruxelles (che io ritengo necessario)? la Francia, e per coprirsi, per costituirsi un antemurale » . ma, onorevole Nenni, i francesi potrebbero dire: chi ci vuole nel patto atlantico ? ci vuole l' Inghilterra per coprirsi. è valido questo ragionamento? ma non volete creare una entità politica nuova e assumerne le responsabilità? e poi, amico Nenni, che sei stato tanti anni in Francia: è giusto, è responsabile sdegnare questa copertura, cioè questo unirsi in uno sforzo comune per la difesa comune? dobbiamo proprio non considerare la gravità dei problemi francesi? perché non li dobbiamo considerare? perché non dobbiamo considerare la situazione delle classi lavoratrici che sono anche in Francia? perché questa Italia, che può essere un elemento attivo della vita europea, nonostante la sconfitta e la guerra, deve diventare un elemento passivo? dovrebbe diventare una specie di Stato turistico, e non sentire i problemi che angustiano il mondo e l' Europa, non collaborare ai piani di ricostruzione europea? che valore ha il ragionamento dell' onorevole Nenni? anche il ragionamento sul non automatismo è strano, e in esso sento tutta l' atmosfera di equivoci in cui siamo vissuti dal 1938 in poi. tutte queste disquisizioni sulla neutralità e non neutralità, di fronte ad avvenimenti che sono stati implacabili nel loro furore e nella loro logica, hanno avuto carattere di futilità. sono state posizioni, mi permetta di dirlo l' onorevole Nenni, amorali della vita europea, perché per salvare la pace del mondo bisogna esattamente dire da che parte si sta! questo, secondo me, è necessario affermare chiaramente e in piena coscienza. il non automatismo è stato uno degli appigli giuridici, causa della disfatta europea nella precedente guerra. Laval, Pétain, i lavalliani, i degrellisti, e altri su questa contraddizione giuridica hanno giuocato! ebbene l' amico Pietro Nenni non giuocava su questo. quelli che conducevano la battaglia democratica non giuocavano su questo, assumevano le proprie responsabilità, non stavano a pensare chi vincesse o perdesse, ma, difendendo un patrimonio morale, si battevano. ciò non vuol dire che noi consideriamo l' Unione Sovietica , probabile aggressore; tuttavia se un fatto di questo genere, dovesse avvenire, noi dobbiamo dire fin da ora noi democratici — che cosa penseremo di questo fatto. lo dobbiamo dire perché la stessa politica dell' Unione Sovietica non viva sugli equivoci a questo, riguardo. e badate che anche qui, ho da fare una piccola indiscrezione. ho trovato uomini estremamente realisti e responsabili nell' Unione Sovietica ! le realtà esistono anche per l' Unione Sovietica , le realtà degne di questo nome. io li ho giudicati uomini politici responsabili e accorti. non sono avventurieri come non sono avventurieri gli americani; non lo sono Bevin, Ramadier o De Gasperi . sono uomini politici responsabili, essi sanno che hanno in mano le sorti del mondo, e sanno che non possono giuocare le sorti del mondo su di un' avventura. quindi, che cosa è il non automatismo? ma il non automatismo, se non vi è una aggressione, non giuoca, cioè ci consente libero giudizio. e se vi è un atto di aggressione, amico Pietro Nenni, il fatto che noi non abbiamo la clausola automatica a che ci deve portare? a costituire un Governo Quisling? evidentemente, no. in qualunque condizione, vi sia o non vi sia la clausola automatica, se subiamo un' aggressione i democratici italiani devono sapere quello che spetta loro fare. e se non vi è una aggressione diretta, il Parlamento è lì per giudicare. in perfetta lealtà, non possiamo adattare la vita politica e l' avvenire dell' Italia alla crisi di coscienza di un ramo del socialismo italiano. quella che esprime Pietro Nenni è la crisi di coscienza di alcune correnti politiche italiane, ma non può essere la crisi di un intero paese che ha diritto al suo avvenire. da questo punto di vista , quando ho letto a Mosca la risoluzione di politica estera approvata nel dicembre dalla Camera italiana — Dio me ne guardi se voglio esercitare censura — sono rimasto allibito. un problema di questo genere, cioè della formazione europea, non è maturato non perché il Governo abbia nascosto dei fatti, ma perché, in definitiva, fra i tanti motti di Pietro Nenni andati a male, questo della neutralità ha avuto grande successo. e questo successo ha determinato una confusione che ci ha portato alla presente discussione ancor quasi in uno stato di disorientamento. come vedete, ho continuato a polemizzare con l' opposizione. devo tuttavia ricordare qui che l' altro giorno, in un fatto procedurale, ho potuto dare appoggio sia alla estrema sinistra che alla estrema destra . credo che ogni volta che la maggioranza, il Governo, possano usare mezzi di convinzione, anche se faticosi, non devono rifiutarli; per il buon metodo democratico, non si deve, non si può essere sommari. ogni qualvolta sia necessario, la nostra politica vada alle estreme conseguenze ma questa decisione non deve essere confusa con una intransigenza di metodo nel discutere di questo o quel problema. noi siamo democratici in quanto ci diciamo tutto e ce lo diciamo interamente, e in quanto sappiamo assumere le nostre responsabilità. da questo punto di vista , che è il punto di vista di un rigoroso metodo democratico, sono stato lieto di aver portato il voto repubblicano ad un ordine del giorno Almirante. ma non alla sua tesi sostanziale che immagino quale possa essere. colleghi dell' estrema destra , il fatto che noi entriamo nell' Unione Europea , nel patto atlantico , non costituisce forse la prima grande azione di revisione del trattato? nessuna meschina contrattazione ci avrebbe dato quello che ci ha dato la nostra capacita di sentire la linea ideale della nostra vita nazionale e internazionale. voglio dire che da un punto di vista politico essere là dov' è l' Europa, non solo per la pace, ma per il nostro interesse nazionale , è essere là dove si può costituire un avvenire per il popolo italiano . ma, io mi domando: come dobbiamo vedere il problema coloniale? lo dobbiamo vedere come fu visto alla fine del secolo scorso? ebbene se il problema coloniale diventa un problema umano, un problema di economia, un problema di libertà per i popoli extraeuropei ed europei, è un problema che può avere soluzione; altrimenti sarà uno dei tanti problemi che divideranno e distruggeranno l' Europa. il problema della revisione è un problema di lavoro. come diceva il presidente del Consiglio , è un lavoro di pazienza, di moderazione: è un lavoro democratico. e noi siamo per il lavoro democratico. siamo per costruire il nostro paese ora per ora, pezzo per pezzo. ed il paese, nonostante tutto, rinasce e progredisce. questo paese esce dalla guerra, ma questo paese non è alla deriva, onorevole Togliatti! questo paese rinasce. e allora rinasceranno i nostri problemi in un nuovo spirito che non sia uno spirito di piccolo imperialismo. non c' è possibilità di imperialismo, nonché per l' Italia per l' Europa tutta, che ha ben più gravi problemi. ma vi è di più. per quello che era passibile fare, abbiamo cercato di uscire dall' atmosfera di guerra con la Russia sovietica . devo dare atto di questo al presidente del Consiglio e al ministro degli Esteri . vi era questo problema del trattato di pace . un problema grave. anche noi ne abbiamo sentito l' estrema gravità. vi era il problema delle navi. esso è un problema che, se non lo sentissimo per quello che è per la coscienza dei marinai che hanno combattuto, saremmo veramente sordi. io stesso a Mosca, il presidente del Consiglio , il ministro degli Esteri , il ministro della Difesa , abbiamo sentito che i marinai sono legati alle loro navi, devono essere legati alle loro navi. sentivamo e sentiamo questo. un marinaio dell' Unione Sovietica sente questo, come lo sente anche un marinaio che ha combattuto in regime fascista per compiere il suo dovere militare. sono sentimenti che fanno comprendere che cos' è l' onore militare. ma noi abbiamo sentito, e ne do atto al presidente del Consiglio e ai ministri degli Esteri e della Difesa, che dovevamo dare la prova che non facevamo una politica provocatoria. e rifiutarci, in quelle, circostanze, ad adempiere ad alcune condizioni del trattato di pace , poteva sembrare una politica provocatoria. ebbene, il Governo ha chiesto questo sacrificio ai marinai. essi hanno aderito con dolore; ma di fronte ad un superiore interesse di ordine internazionale i soldati devono sempre obbedire. questo è il loro dovere. io non dico: ce le hanno, chieste, non ce le hanno chieste. vi era un obbligo. dovevamo assolverlo con equità e con onestà. che cosa abbiamo voluto dimostrare con questo atto? credo, penso che il Governo, che l' Italia, abbiano voluto dimostrare che intendono, risolvere con serenità, prudenza, moderazione, spirito di tolleranza e di comprensione, senza falsi nazionalismi, i problemi di convivenza con tutti gli Stati del mondo. questo abbiamo fatto. abbiamo fatto il trattato commerciale, che è uno dei più importanti che l' Europa continentale abbia fatto: forse il più importante che l' Europa abbia fatto. ed è curioso che proprio da parte dei comunisti francesi si affermasse: « il Governo De Gasperi è riuscito a realizzare un accordo che voi, uomini politici francesi, non siete riusciti a realizzare » . vedete come vanno le cose. il partito comunista francese era soddisfatto di quello che il governo italiano aveva fatto nei confronti della Russia ed è così: questo piccolo paese, uscito dalla guerra — piccolo o grande non lo so, piccolo per il suo peso materiale — è riuscito a far questo. è una prova di saggezza politica di cui ci darete atto... sarà eseguito. e questo modesto episodio, nel quadro di un grande sommovimento, può servire, e serve, anche a stabilire che c' è possibilità di una politica di pace e di responsabilità in Europa. siamo in grado di farla, l' abbiamo fatta e continueremo a farla. siamo sicuri che l' unità politica europea non sarà un mondo chiuso; noi alimenteremo scambi economici, forse alimenteremo, quando l' ora, sarà venuta, altre cose. io ne sono sicuro, noi ne siamo sicuri. se abbiamo potuto fare un accordo con nostri vantaggi economici, perché pensate che tutto questo non possa avere una estensione? noi non vogliamo vivere in un clima di rottura. quando i problemi fondamentali della struttura europea saranno risolti, sono sicuro, onorevole Togliatti, sono sicuro che questi odii, queste fratture — politicamente sono quello che. sono — non dureranno, la politica sovietica difficilmente continuerà sul binario fin qui seguito. come dico, conservo fermamente la convinzione che noi arriveremo ad una politica di pace. naturalmente i partiti comunisti d' Italia e di Francia possono essere sacrificati da questa politica. la nuova configurazione politica europea , l' irrobustimento europeo sono un limite alla capacità di espansione di questi due partiti, ma se il vostro problema è un problema lasciatemelo dire — di copertura della rivoluzione russa, potete star tranquilli. il mondo sovietico così come è organizzato, per parte nostra è una realtà che esiste; ma poi c' è la nostra realtà che vogliamo creare. non vogliamo occuparci di questa realtà che esiste, al di fuori del nostro sentimento e delle nostre aspirazioni. dice l' onorevole Berti, e ripete il ragionamento dell' onorevole Corbino: voi siete troppo piccoli, siete quasi la Repubblica di San Marino e non potete avere tante ambizioni. ma anche la Francia è piccola e voi fate gli stessi discorsi in Francia. anche l' Inghilterra è relativamente, molto relativamente, piccola. ebbene l' unione di queste piccolezze, questo piano pacifico che noi faremo, speriamo che produca qualche cosa. e, amico Berti, in questo tema di ingerenza, di perdita di indipendenza, come bisogna esser cauti! che argomento pericoloso di polemica! ho sentito leggere da Berti alcune cartelle in cui si parla di fondi dati ai sindacati non comunisti. nessuno più di me è stato veramente addolorato (e lo ripeto ancora e credo sia stato veramente un atto che ha menomato la nostra vita politica), nessuno più di me si è angustiato ed ha rimproverato l' attentato all' onorevole Togliatti. credo che tutta la Camera sia consenziente in questo sentimento. ma, onorevole Berti, può il capo di uno Stato mandare un telegramma, come Stalin ha mandato all' onorevole Togliatti? ripeto, in materia di ingerenza dobbiamo essere cauti; bisogna essere cauti da tutte le parti, perché sono argomenti che si ritorcono. no, l' amico Togliatti è troppo intelligente per non sapere che un capo di Stato non può mandare un telegramma al capo di un partito dicendo di rimproverare i compagni per non averlo tutelato. io comprendo i suoi sentimenti, ma è troppo pericoloso... comunque, non tocchiamo questi argomenti, soprattutto, amici, perché noi siamo tanto americani quanto voi siete russi o non siamo americani se voi non siete russi. non tocchiamo questi argomenti che rappresentano un avvilimento del nostro dibattito politico e che ci porterebbero a scambiarci delle parole che è inutile dire. voglio concludere. il patto atlantico e un elemento, un mezzo contingente, pacifico per la ricostruzione dell' Europa. tuttavia non mi nascondo i pericoli della situazione. i democratici europei sanno quanti pericoli sono nella situazione attuale, lo sanno. amici, se al posto dell' onorevole De Gasperi , di Sforza, di Pacciardi, di Saragat, che voi attaccate tanto, ci fosse una formazione politica diversa (e io vedo qui le facce dei colleghi di estrema destra ), se in Francia al posto di Ramadier, di Schumann, eccetera che voi disprezzate tanto, ci fosse il generale De Gaulle , se in Inghilterra al posto di Attlee e di Bevin, che voi odiate tanto, ci fosse il tanto amato e tanto sospettato Churchill, questo strumento atlantico potrebbe diventare pericoloso. amici comunisti, voi sapete che noi stiamo conducendo una lotta che sarà difficile, sarà dura sarà fatta con scarse forze (e nessuno più di me ne è convinto, stando in un partito come quello repubblicano), però tende a creare e a difendere la coscienza di un' Europa democratica e pacifica. vi siete domandati se la vostra impostazione, della lotta politica in Italia e in Europa, distruggendo il nostro compito, non crei un' Europa fascista? e vi siete domandati se, subentrando un' Europa fascista, non solo essa, per il suo meccanismo stesso andrà in guerra, ma trascinerà l' America alla guerra? ve lo siete domandati? vi siete posti questo problema? vi siete domandati se il logorarci continuamente, come voi ci logorate, se il presentare tutte le nostre posizioni politiche come voi le presentate, se agitare i paesi come voi li agitate, se condurre una battaglia senza discriminazioni contro i nostri uomini, contro le nostre correnti politiche, non finisca poi col creare quel che oggi non c' è? sappiamo i pericoli della situazione e (mi perdonino gli amici democratici cristiani ) saremmo lieti se i Comitati civici partecipassero di meno alle nostre lotte politiche. ma siamo fiduciosi nell' avvenire. sappiamo che, avendo fissato una posizione politica verso di voi, abbiamo assunto una grave responsabilità, cioè che questa posizione politica sia di pace e non di guerra. però state attenti che a produrre la situazione, che gli amici dell' estrema destra si augurano, non siamo noi ma siate voi. concludo, onorevoli colleghi , perché vi ho già annoiato abbastanza. mi ha colpito un appello di Pietro Nenni estremamente nobile, ma come tutti i suoi appelli, estremamente falso politicamente. egli ha fatto appello ad una parte dei socialisti lavoratori — noi ci ha trascurato o perché piccoli o perché non può fare appello a noi — ed a una parte dei democratici cristiani . ebbene, io credo che abbia fatto un appello che indica un punto doloroso della situazione in Italia di questi partiti. io ritorco la mossa e faccio appello ai socialisti italiani, rimbalzo la palla, onorevole Nenni. la verità è che i comunisti sanno quello che vogliono e sapranno quello che dovranno fare. ma i socialisti italiani? questa Europa che nasce come Europa democratica — io non faccio gli indovinelli sul socialismo dell' amico Corbino — nasce anche sotto il segno della democrazia, del socialismo ed ha bisogno di forze. noi lo confessiamo: più forti siamo e più la nostra battaglia ha un avvenire e un risultato. ebbene, faccio appello ai socialisti. la posizione del socialismo italiano, del socialismo italiano ripeto; nello schieramento socialista è una posizione di neutralità. cioè, quando Pietro Nenni non può far valere la sua posizione nel paese la fa valere nel suo partito. è una posizione falsa, che non potendo aiutare la nostra causa si condanna all' inazione. noi abbiamo una causa democratica e socialista: è quella della pace. a me pare, quindi, che questo dibattito, in definitiva, finisca con il concludersi nell' assunzione precisa e nitida di responsabilità politiche , nella configurazione esatta delle rispettive posizione di partito, di correnti e uomini politici . e gli Stati intanto possono coesistere, in quanto le posizioni siano ferme e chiare e non siano posizioni provocatorie. siano ben definite e ciascuno di noi sappia quello che gli altri vogliono e sappia dire quello che vuole. la battaglia che noi conduciamo cominciò due anni fa, l' onorevole Nenni ha ragione; essa si iniziò all' interno di tutti i paesi ed è diventata la battaglia europea. ebbene, noi abbiamo la speranza di portare a fondo questa battaglia, di costruire quest' Europa e di vivere in pace con l' Oriente e con l' Occidente.