Pietro NENNI - Ministro degli Affari Esteri - Vicepresidente del Consiglio dei Ministri Maggioranza
I Legislatura - Assemblea n. 192 - seduta del 12-03-1949
Aspirazione di alcune associazioni islamiche a costituirsi in partiti politici
1949 - Governo II Berlusconi - Legislatura n. 14 - Seduta n. 381
  • Comunicazioni del governo

onorevoli colleghi , la breve discussione che si è svolta nel pomeriggio di ieri non sul fondo delle dichiarazioni del presidente del Consiglio , ma sulle condizioni nelle quali l' Assemblea affronta un dibattito di importanza capitale, a mio modo di vedere ha messo in evidenza il diverso concetto che noi abbiamo del funzionamento degli istituti parlamentari e dell' essenza stessa del sistema democratico e parlamentare. recentemente l' onorevole De Gasperi , parlando al Consiglio nazionale del suo partito, ha dato della democrazia una formulazione che noi non accettiamo. egli ha detto che essa si fonda sul mandato di fiducia espresso dal suffragio universale . è chiaro come rifiutandoci le spiegazioni, alle quali avevamo diritto, rifiutandole alla Commissione degli esteri e all' Assemblea, il presidente del Consiglio si ispiri a questo errato concetto della funzione democratica e parlamentare basata sul mandato di fiducia conferito dal suffragio universale , confermato dalla Camera, e del quale ci chiede oggi una edizione rinnovata e non corretta. in tali condizioni tutto si riduce ancora una volta a discutere, mentre si profila sull' Assemblea quella che io una volta chiamai la « ghigliottina del voto di fiducia » . in tal modo si crede o si spera che le opinioni discordanti all' interno dei gruppi della maggioranze tacciano di fronte all' obbligo morale e politico di dare o di rifiutare in blocco la fiducia al Governo; ciò che si spiega ogni qualvolta un ministero si presenta per la prima volta davanti alle assemblee parlamentari; ma non si spiega affatto quando, come nel caso attuale, si discute su una decisione del Governo che è da considerarsi contraria al programma con cui il Governo si è presentato alla Camera, o per lo meno fuori di esso. io spero non avvenga che, solo perché l' Assemblea è posta di fronte alla questione di fiducia , si tacciano quei deputati della maggioranza che in ripetute occasioni hanno espresso le loro perplessità o la loro aperta opposizione alla politica dei patti militari. vedremo se la piccola rivoluzione (non dico la rivoluzione di palazzo) scoppiata nel partito socialista dei lavoratori, avrà nel voto le sue logiche conseguenze. vedremo se i colleghi di parte democristiana, che nel dibattito che si chiuse il 4 dicembre scorso si espressero in termini molto chiari contro i patti militari, arriveranno alle logiche conclusioni del loro pensiero o se docilmente offriranno la testa alla ghigliottina del voto di fiducia . noi non discutiamo in questo momento della politica in generale della maggioranza o della minoranza del 18 aprile; discutiamo l' adesione dell' Italia al patto atlantico , cioè l' atto più grave, forse il più drammatico per una Assemblea parlamentare ; uno di quegli atti di fronte ai quali chi abbia senso di responsabilità verso i suoi elettori, ha il dovere di chiarire fino in fondo il suo pensiero. ieri si diffuse in questo nostro settore un senso di stupore che io condivisi e del quale mi feci interprete alla tribuna, quando il ministro degli Esteri disse che non c' era bisogno di radunare la Commissione degli esteri, perché egli non aveva niente da dire che il presidente del Consiglio non avesse già detto. la cosa più grave, onorevole Sforza, sarebbe che ciò fosse vero, che veramente il ministro degli Esteri non avesse da dire niente di più. in questo caso dovremmo ritenere che come si chiede alla Camera di dare al Governo un voto di fiducia nel buio, cosi il Governo, su un problema dell' importanza di quello che stiamo discutendo, si è limitato a dare a sua volta un voto di fiducia all' America, in base a moventi e preoccupazioni che sono destinati ad avere una grande ripercussione sull' avvenire del paese, ma sono certamente estranei ai suoi fondamentali interessi. comunque sia io non ho a mia disposizione che le scarne dichiarazioni del presidente del Consiglio e ad esse dovrò attenermi. sta di fatto che se non ci fosse stato il fatto nuovo della deliberazione del Consiglio dei ministri e se avessi svolto martedì prossimo l' annunciata interpellanza, non avrei in realtà avuto elementi molto più positivi per valutare la situazione. io mi proponevo di denunciare alla Camera e al paese gli indizi sui quali fondavo l' ipotesi che la politica del Governo fosse diretta ad aderire al patto. dai banchi del Governo e da quelli della maggioranza sarebbe risuonata unanime l' affermazione che il ministro non aveva mai pensato non pensava a qualcosa del genere, intento a svolgere la sua politica in vista di tutt' altri e di ben più pacifici obiettivi. il fatto compiuto vale alla Camera l' economia dell' ultimo atto di una purtroppo assai lunga commedia. oggi non discutiamo sulla base di un' ipotesi bensì un fatto compiuto. signori, il primo punto di discussione seguendo l' ordine che il presidente del Consiglio ha dato alle sue dichiarazioni, è se il patto atlantico sia compatibile con l' Onu, e con la Carta di San Francisco . il presidente del Consiglio ha detto ieri: « siamo in grado di assicurare alla Camera che il patto è concepito nel quadro delle Nazioni Unite come impegno di solidarietà in favore della pace e della sicurezza delle parti contraenti » . affermo che questa dichiarazione non risponde in modo assoluto alla verità! vero, onorevoli colleghi , che la Carta di San Francisco ha previsto in uno dei suoi articoli la compatibilità dell' adesione all' Onu, e della stipulazione di accordi di carattere regionale. ma non vi è il menomo dubbio che, nello spirito dei fondatori dell' Onu, la coesistenza del patto generale di sicurezza e di patti regionali era motivata da preoccupazioni estranee totalmente ai promotori del patto atlantico . uscivamo, signori da una guerra combattuta contro il nazismo, era logico che i paesi più duramente provati nella drammatica vicenda paventassero la rinascita di un pericolo germanico. i patti regionali di sicurezza, di cui parla la Carta dell' Onu, furono concepiti come difesa dal pericolo di una rinascita del militarismo tedesco. in questo senso non vi era nessuna contraddizione fra il patto dell' Onu e l' alleanza anglo-francese stipulata a Dunkerque, giacché era evidente che Francia e Inghilterra, col patto del 1946 intendevano creare uno strumento di difesa regionale contro la possibilità che in Germania risorgessero le forze militariste e imperialiste dell' epoca nazista. quando dall' alleanza di Dunkerque si passò al patto di Bruxelles , la questione diventò controversa: era difficile affermare che il patto di Bruxelles coincidesse con lo spirito dei patti regionali previsti dall' Onu. ma si sostenne la tesi (da non respingere a priori ) che si trattava di un patto regionale fra i paesi della zona renana interessati in modo particolare alla soluzione dei problemi del bacino della Ruhr. oggi, onorevole De Gasperi , chi può raffigurare nel patto atlantico un accordo regionale? intanto questo patto, inizialmente concepito in funzione degli interessi particolari dei paesi dell' Atlantico del nord, finisce per avere braccia altrettanto larghe di quelle della divina Provvidenza. si è scoperto che l' Italia è un paese atlantico perché confina con la Francia la quale ha una larga finestra aperta sull' Atlantico. alla stessa guisa si potrà sostenere domani che l' Austria è un paese Atlantico perché confina con l' Italia, che a sua volta confina con la Francia. e in tale guisa si potrà fare il giro del mondo e battezzare Atlantico tutto il mondo, mandando al diavolo le più elementari nozioni della geografia e della storia. ma, signori, se non v' è dubbio che i patti regionali previsti dalla Carta di San Francisco vanno intesi come difesa eventuale contro un risorgente pericolo tedesco, cos' è allora codesto patto atlantico ? esso è aperto alla Germania occidentale , è un patto che i promotori sperano di poter presentare in un prossimo domani alla firma del governo della Germania occidentale . ho detto altra volta, e ripeto, che questo patto tende a fare della Germania — e purtroppo di una Germania non denazificata — la chiave di volta della politica europea e mondiale. esso è diretto, in modo esplicito, contro l' Unione Sovietica e contro una serie di paesi che aderiscono all' Onu; è quindi un tentativo di distruggere l' Onu; di sostituire al solo principio valido di organizzazione della pace, che è quello della sicurezza collettiva, il principio della contrapposizione di un blocco ad un altro blocco. signori, alla fine dell' 800 si credeva che tale sistema potesse salvare la pace in Europa e nel mondo. purtroppo noi apprendemmo a duro prezzo nel 1914 e poi nel 1939 che esso, lungi dal salvare la pace, la comprometteva e portava inesorabilmente alla guerra. del resto, se l' onorevole De Gasperi parla del contenuto del patto atlantico con una prudenza che gli è suggerita dal fatto che esistono ancora molte esitazioni nel suo stesso partito, e violenti opposizioni nel paese, altri ne parlano assai più apertamente. ecco, onorevoli colleghi , che cosa alcuni giorni or sono il presidente del Consiglio francese, signor Queuille, ha dichiarato ai giornalisti americani: « la difesa dell' Europa occidentale , cioè della Francia, si fa sull' Elba e non più sul Reno. la Francia, anche insieme con l' Inghilterra e al Benelux, non è in condizioni di resistere alle armate rosse. indispensabile, quindi, è il concorso dell' America la quale, però, deve intervenire subito e non dopo che una invasione della Francia abbia avuto luogo, perché in tal caso gli americani verrebbero a liberare un cadavere » . ed ecco quello che ha dichiarato l' onorevole Ramadier, ministro della Difesa in Francia, senza mascherare in nessuna guisa gli obiettivi militari e aggressivi del patto atlantico : « la frontiera dell' Europa orientale che deve essere difesa è molto al di 18 delle frontiere geografiche della Francia. giacché, una volta passate queste frontiere geografiche, sarà troppo tardi per l' America per salvare qualcosa. quindici giorni soltanto dopo l' invasione sarebbe troppo tardi » . cosi parlano i campioni europei dei patto atlantico , chiarendone il senso e la portata; e chiarendo anche (di ciò parlerò più tardi) perché ad un tratto abbiano sentito il bisogno di sollecitare l' adesione italiana. del resto, onorevole presidente del Consiglio , prima che io rispondessi a questa parte del suo discorso, già l' aveva fatto il segretario generale dell' Onu, signor Trygve Lie esprimendosi nei termini seguenti: « se i popoli accettano che le alleanze regionali sostituiscano la sicurezza collettiva, la speranza di una pace duratura sarebbe duramente colpita » . queste parole costituiscono il più autorevole commento a quanto ieri è stato detto dall' onorevole De Gasperi . il presidente del Consiglio ha cercato anche di definire le finalità del patto. egli ci ha detto che scopo del patto e la mutua assistenza fra tutti i suoi membri: il patto secondo l' onorevole De Gasperi — importa l' obbligo per tutti i suoi membri di contribuire alla comune difesa; tuttavia esso non prevede che l' obbligo dell' intervento abbia effetto automatico, e ciò « anche in riferimento all' ipotesi che possa essere nell' interesse di tutti gli associati che taluna delle parti non intervenga fino a tanto che essa non sia stata attaccata direttamente » . ora, per il fatto stesso che l' onorevole De Gasperi abbia sottolineato questo aspetto del patto, debbo ritenere ch' egli ravvisi nella esclusione dell' automatismo un elemento particolarmente favorevole al nostro paese. ma, onorevoli colleghi , non c' è nessuno di voi il quale ignori come la formula dell' automatismo sia stata omessa perché il Senato americano si è dimostrato riluttante a lasciarsi spodestare di un suo diritto costituzionale a favore del potere esecutivo . tuttavia, se la mancanza dell' automatismo può effettivamente dare una certa libertà d' azione all' America, che cosa, signori, rappresenta la mancata formula dell' automatismo per noi, per la Norvegia o per la Francia, per paesi cioè che, ove, in caso di guerra, l' intervento americano tardasse quindici giorni, sarebbero « ridotti a cadaveri » ? ognuno ricorda il drammatico dibattito svoltosi al Parlamento norvegese proprio sulla questione della automaticità degli aiuti e con quale ansia il ministro degli Esteri della Norvegia sia andato a Washington per domandare spiegazioni su questo punto. non so per quali considerazioni, pur mancando la clausola dell' automaticità, la Norvegia abbia aderito al patto. dico che nel caso nostro la mancanza di un impegno preciso da parte dell' America dovrebbe essere motivo sufficiente per non aderire al patto, anche se considerazioni generali di ordine ideologico o politico ci spingessero ad accogliere favorevolmente l' invito che ci è stato rivolto. io vorrei che i colleghi della maggioranza meditassero le parole di un illustre cattolico francese, uomo non della politica ma della cultura, l' accademico Etienne Gilson: « ciò che gli americani sono i disposti a comperare con dei dollari è una volta ancora il nostro sangue — parla dei francesi, ma si può dire lo stesso di noi — , è una terza invasione dell' Occidente europeo nei confronti della quale le due precedenti appariranno giuochi da ragazzi » . per parte mia sono convinto che se l' Assemblea non sfuggirà al dibattito, essa concorderà con noi allorché diciamo che l' assenza nel patto di una clausola che assicuri l' automaticità dell' intervento americano costituisce un grave pericolo per i paesi destinati a diventare il campo di battaglia della terza guerra. passiamo oltre. il presidente del Consiglio ha cercato ieri di stabilire il rapporto tra adesione al patto atlantico e indipendenza nazionale, « il patto — ha detto l' onorevole De Gasperi come oggi è delineato, può costituire una definitiva tutela della indipendenza del nostro paese » . sono parole, onorevole De Gasperi , che offendono il più comune buon senso . che si possa dire che un paese, nelle condizioni geografiche e politiche del nostro, limitato nella sua sovranità dallo statuto, internazionale che ci è stato imposto, possa trovare una garanzia di indipendenza associandosi alla politica di un grande Stato, esso veramente indipendente e solo arbitro della pace o della guerra, è cosa che supera e offende l' intendimento umano. signori, non può sfuggire né al presidente del Consiglio , né ai suoi ministri, né alla maggioranza parlamentare , che firmando il patto rinunciamo in modo definitivo alla nostra indipendenza nazionale. firmando il patto si determina uno stato di cose tale per cui se domani in Asia, nella zona artica, in Scandinavia o a Berlino, sorge un motivo qualsiasi di conflitto fra USA e Unione Sovietica , noi siamo nel conflitto, siamo belligeranti, siamo solidali con l' America senza avere la benché minima possibilità di influire sulle sue decisioni. parlare di indipendenza nazionale, allorché si crea un rapporto di sudditanza senza precedenti, quale non esistette nemmeno nell' ambito del patto di acciaio, e di una assurdità incommensurabile per noi che siamo, in confronto degli USA, ciò che la Repubblica di San Marino è in confronto dell' Europa. in verità, signori, se il ministro degli Esteri onorevole Sforza fosse venuto davanti alla Camera e avesse tenuto il linguaggio che pochi giorni or sono il ministro degli Esteri svedese ha tenuto davanti al Parlamento del suo paese, io gli darei — a parte tutti i dissensi di altro ordine che esistono fra noi e la maggioranza, fra noi e il Governo gli darei atto di aver tutelato, nella misura del possibile, l' indipendenza del paese. che cosa ha detto il ministro degli Esteri svedese? esattamente il contrario di quello che ha detto ieri il presidente del Consiglio . onorevole De Gasperi , egli ha detto — e vorrei che il nostro ministro degli Esteri potesse tenere analogo linguaggio — : « la Svezia non sarà posta a disposizione di nessun paese per preparativi militari » . e ha soggiunto: « non ha contratto e non deve contrarre accordi in base ai quali un gruppo di potenze possa domani arrogarsi il diritto di considerare il territorio come caposaldo avanzato di un altro gruppo di potenze » . così si salvaguarda, nella misura del possibile, l' indipendenza di un paese! firmando il patto atlantico , voi, signori del Governo, alienerete l' indipendenza della nazione: farete di noi i vassalli di altri Stati. forse, preoccupazioni di questo genere non dovevano essere del tutto estranee al subcosciente del presidente del Consiglio , quando scriveva il testo della sua dichiarazione, tanto è vero che ha sentito il bisogno di sottolineare che il patto può esonerare dall' intervento automatico nella guerra un paese che non sia direttamente minacciato. secondo quanto ha detto ieri il presidente del Consiglio , in una versione non so se autentica ma certo autorizzata, il patto prevederebbe il caso di « un paese che non minacciato da un attacco diretto e immediato possa nell' interesse di tutti gli associati venire esonerato dal fornire in tali circostanze un contributo alla difesa collettiva » . ma, signori, possiamo noi attribuire una qualsiasi importanza a questa clausola? qualcosa del genere — mi dispiacciono questi riferimenti, ma essi sono suggeriti dalla logica delle cose — qualcosa del genere era stato concordato fra Mussolini e Hitler prima della firma del loro patto di acciaio. su una speranza del genere — l' abbiamo appreso dal suo diario e dalla tragica lettera scritta dal carcere di Verona al Primo Ministro inglese, certamente uno dei documenti più drammatici della letteratura politica del nostro tormentatissimo secolo — su una previsione del genere fondava le sue speranze di poter tenere l' Italia fuori della guerra il ministro Ciano. noi sappiamo tutti come l' automatismo delle cose, più forte del non automatismo dei Patti, abbia travolto la veramente fragile barriera frapposta fra una politica di guerra ed il fatto della guerra. ma c' è un' altra considerazione da fare, ed è che, se l' ipotesi di guerra (che siamo obbligati a prendere in considerazione, visto che non si da la propria firma ad un trattato militare se non si pensa alla guerra) si avverasse, la facoltà di sganciarsi sarebbe inoperante. sganciamento di chi e come? come potrebbe un paese come il nostro (giacché io non parlo della luna ma dell' Italia) sganciarsi all' ultimo momento, quando avesse messo, come dovrà mettere, le sue basi militari a disposizione di eserciti stranieri, e quando avesse portato fino in fondo gli atti politici, che dovrà pur portare a fondo, e che spiegano o giustificano la sua adesione alla coalizione militare dell' Occidente? si sgancerebbe, come? e se l' altra parte non si sgancia, se non ha nessuna ragione di sganciarsi, ci appelleremo, dunque, al testo del patto e a difesa delle nostre frontiere affiggeremo ai pali che segnano il confine il testo dell' articolo del patto che ci autorizza a sganciarci? non vi sgancerete, ma per la strada che battete, dovrete stare alla guerra, tutti dovremo purtroppo sopportare le conseguenze della pazzia che oggi è del Governo e non vorrei diventasse domani la pazzia del Parlamento. ecco perché, onorevole De Gasperi , le riserve, i richiami alla possibilità di sganciamento, la mancanza dell' automatismo, lungi dal rassicurarci, ci rendono più inquieti. dissi ieri che il dibattito attuale dimostra come per due anni si sia mentito al paese allorché si è detto che non si voleva a nessun costo arrivare ad accordi di carattere politico e militare; sono obbligato ad aggiungere che allorché il Governo afferma che il patto atlantico è una garanzia di pace ed una misura preventiva contro la guerra, o è vittima di una tragica illusione oppure mente per trascinare il paese dove non vuole andare. tutto sarà chiaro in questo dibattito se andremo fino in fondo nel nostro pensiero. ond' io so di essere l' interprete di tutti i miei compagni dicendo che le cose dette ieri a giustificazione della decisione del Consiglio dei ministri confermano prima di tutto che il patto atlantico è un attentato al principio e all' organizzazione della sicurezza collettiva. in secondo luogo, che il patto atlantico ha un netto carattere aggressivo ed offensivo nei confronti del paese che giusto sei anni fa, in questi giorni, svenandosi attorno a Stalingrado, difendendo se stesso , difendeva tutta l' Europa, tutto il mondo! signor presidente , credo di non venir meno alle buone norme parlamentari, se definisco codeste manifestazioni per delle buffonate indegne della Camera. onorevoli colleghi , affronto adesso un argomento più delicato. sulle cose dette finora, sulla interpretazione dei testi, sugli sviluppi delle cose, ammetto la possibilità del dissenso. c' è un punto sul quale credo non possa esservi nessun dissenso fra noi: chi fa una politica deve averne i mezzi. se manca il rapporto del fine col mezzo, si esce dal campo della politica realistica, si cade nel più volgare empirismo, tutto diviene incomprensibile. ora, che cosa ha detto ieri il presidente del Consiglio circa gli impegni che noi assumiamo? ha detto: « il patto non pretende nulla che sia superiore alle nostre possibilità difensive » . richiamo l' attenzione di tutti i colleghi sulla gravità di tale affermazione, alla quale per parte mia non so dare che una spiegazione: le cose, dal punto di vista della nostra organizzazione difensiva, resteranno quelle che sono; noi diventeremo dei belligeranti, ma, per colmo di ironia e di sventura saremo dei belligeranti disarmati; saremo dei belligeranti ai quali si negano gli strumenti della politica che si domanda loro di fare. qui l' incoerenza raggiunge il colmo. con le cinque divisioni che abbiamo, con le dodici che ci promette il ministro della Difesa nazionale riconosco che potremo assicurare una copertura, magari simbolica delle nostre frontiere; riconosco che nel caso di un conflitto localizzato possiamo assicurare la nostra difesa, ma, signori con le 5 o con le 12 divisioni, chi di voi può pensare che potremo intervenire come fattore efficiente in una guerra europea o mondiale? ho sentito dire — e l' argomento merita riflessione — che una neutralità disarmata e una neutralità alla mercé di chiunque sia preso da una volontà aggressiva o di invasione. ma, signori, se una neutralità disarmata può presentare qualche pericolo, cosa dobbiamo pensare e dire di una politica aggressiva disarmata? voi mettete il paese in questa situazione sbalorditiva che, nell' atto stesso in cui lo impegnate in una politica aggressiva, confessate di non averne i mezzi. mi dispiace questa evocazione di spettri, ma onorevole De Gasperi , il vostro caso è peggiore del caso di Mussolini peggiore, signori. quando Mussolini firmò il « patto d' acciaio » poteva, illudersi di avere a sua disposizione non le cinque divisioni di Pacciardi, ma 50 o 60 divisioni, aveva alle frontiere un alleato forte di 200-250 divisioni che costituivano l' esercito più forte che il continente avesse fino allora avuto; poteva illudersi di dominare il Mediterraneo giacché dall' isola di Pantelleria e da Tobruk, controllando il canale di Sicilia, controllava la via marittima di comunicazione dell' Inghilterra col suo impero. tutto ciò era fallace, giacché il nostro paese non poteva reggere allo sforzo che il fascismo gli chiedeva. ma, infine, un tentativo era stato pur fatto per adeguare i mezzi allo scopo, anche se noi sappiamo adesso che lo stato maggiore lasciava che Mussolini si estasiasse all' idea delle ali italiane che avrebbero offuscato il sole, giocando al dittatore diretto come tutti i dittatori la farsa di farlo trovare sempre dinnanzi agli stessi aeroplani, di far sfilare i medesimi carri armati . orbene, onorevole De Gasperi , voi non avete questa illusione. onorevole De Gasperi ci sarà chi lo farà per conto vostro e voi vi metterete al suo servizio. avevamo finora « i colli fatali » , abbiamo adesso le linee « strategiche fatali » e l' onorevole De Gasperi ci assicura che per malaugurato destino siamo su queste linee. in verità, onorevoli colleghi , ciò è oggi meno vero che nel 1500, quando cominciarono le nostre sciagure, allorché principi italiani si misero a chiamare in casa eserciti stranieri che se ne tirarono dietro altri. in un caso analogo si mise il governo fascista nel 1939-1940 chiamando i tedeschi al cui seguito calarono nella penisola gli anglo-americani, quando le sorti della guerra volsero a catastrofe per Hitler. il valore strategico della penisola è certamente di molto diminuito da quando la guerra è diventata, se non esclusivamente, essenzialmente aerea e da quando l' autonomia di volo, non soltanto dei bombardieri, ma anche dei caccia si è enormemente sviluppata. ad ogni modo, signori, se la nostra situazione geografica non è facile, vogliate dirmi se quella della Svizzera, posta nel cuore stesso dell' Europa, è molto più comoda. ditemi se la penisola italiana non occupa al sud la posizione che la Svezia occupa al nord del nostro continente. eppure la Svizzera e la Svezia sono sfuggite alle più recenti guerre, hanno dato 150 anni di pace ai loro popoli, e credo che varrebbe la pena di tentare di dare all' Italia, non dico 150 anni, ma almeno venti-trenta anni di pace onde divenga possibile risolvere i problemi della nostra esistenza, che dovrebbero venire, onorevoli membri del Governo, prima dei problemi di potenza. signori, sulla prima parte delle dichiarazioni del presidente del Consiglio , noi dell' opposizione arriviamo a queste conclusioni: che il patto non garantisce, ma compromette irrimediabilmente la nostra indipendenza, e la nostra sicurezza; che il Governo chiede al paese di fare una politica della quale non ha i mezzi, non soltanto a seguito delle disposizioni di un trattato punitivo, ma anche perché, come obiettivamente lo attesta la storia degli ultimi 70-80 anni, noi non possiamo porre alla nazione obiettivi che eccedono le sue possibilità. né io credo che il patto serva a sodisfare quel falso prestigio ottocentesco tanto caro al nostro ministro degli Esteri e che fa dire agli apologisti dell' attuale politica che l' Italia ha conseguito un immenso risultato, giacché saremo ammessi, uguali fra uguali, nel concerto delle nazioni. quante volte abbiamo, sentito queste cose e quante volte sono suonate false, retoriche, per lo meno illusorie! si disse della triplice alleanza che noi vi eravamo uguali fra uguali; lo stesso si scrisse del patto d' acciaio ; si tenta oggi di cloroformizzarci ripetendo le stesse vuote frasi a proposito del patto atlantico . non c' è un italiano, il quale creda che, perché l' ambasciatore d' Italia o il ministro degli Esteri andranno a firmare il patto atlantico , noi si sia diventati gli eguali, in responsabilità, potenza, autonomia d' azione, degli USA! no, signori, usciti da una tremenda avventura, siamo un paese diminuito nel suo potenziale se non umano, almeno economico, morale, politico. non mettiamoci dei pennacchi, il tempo curerà le nostre ferite. il tempo ci ridarà la piena indipendenza alla quale abbiamo diritto, ma; ciò sarà possibile soltanto in base ad una politica di pace e di neutralità che ci sottragga al gioco delle contrapposte alleanze. tanto più che il Governo conferma che per risollevarci dobbiamo contare soltanto su di noi. richiamo l' attenzione della Camera sulla grave affermazione del presidente del Consiglio : « paghi ora degli altri riconoscimenti (eguali fra eguali) noi non chiederemo nelle assise in cui entreremo una formale revisione del trattato di pace » . è la dichiarazione fallimentare della politica estera del Governo del 18 aprile. la Camera mi è testimone del modo con cui il problema della revisione fu discusso in sede di approvazione del bilancio degli Esteri. a me che sostenevo come la revisione del trattato sia organicamente impossibile se ci cacciamo nel gioco delle contrapposte alleanze e come in tale caso essa divenga il prezzo della nostra entrata in guerra, il ministro rispose con molta sicurezza che le cose non stavano così. vantò la carta che egli teneva nelle sue mani: il famoso impegno del marzo 1948 con cui l' Inghilterra, la Francia e gli USA ci davano Trieste... ha ragione: ci garantivano. la Camera ricorda come il ministro si mostrasse sicuro che per la via da lui seguita (quella dell' inserzione dell' Italia nel blocco occidentale ), la revisione fosse praticamente già fatta. ed ecco il Governo, nell' atto in cui impegna il paese in una politica che comporterà degli oneri estremamente gravi, annunciare che abbiamo dovuto rinunciare a porre la questione della revisione del trattato. il che, onorevoli colleghi , mi fa pensare, che forse nessuno ci ha sollecitati seriamente ad aderire al patto atlantico e che è stato il nostro Governo a mendicare l' adesione, inibendosi cosi di poter porre delle condizioni, e meno che mai la condizione della revisione del trattato. un tema sul quale fra poco avrò occasione di tornare. ma giacché non voglio evitare nessun argomento, neanche quelli che si può supporre siano per noi i più difficili, cosi voglio tentare di prevenire. la risposta del presidente del Consiglio o del ministro degli Esteri . l' uno o l' altro, o tutti e due, mi diranno che la via della revisione del trattato ci è stata sbarrata dall' Unione Sovietica . l' uno e l' altro diranno che se non siamo nell' Onu, è a causa del veto dell' Unione Sovietica ; che se la garanzia per Trieste, alla quale si riferiva poco fa il ministro degli Esteri , non è diventata esecutiva, è perché l' Unione Sovietica non vi si è associata. l' uno o l' altro, o tutti e due, diranno che le critiche più aperte contro la revisione del nostro trattato sono venute dall' Unione Sovietica . potrei facilmente ritorcere sul terreno polemico questi argomenti. potrei domandare in cosa consista la grande generosità dei paesi ai quali stiamo per essere venduti. potrei ricordare che la Francia ha rifiutato in queste ultime settimane, una modesta rettifica della frontiera del Moncenisio; potrei dire che non esiste un solo inglese il quale ammetta l' ipotesi che noi possiamo tornare un giorno a Tobruk; potrei aggiungere che se alcuni circoli militari inglesi e francesi sembrano arrendevoli circa la revisione delle clausole militari del trattato per quanto concerne l' esercito e l' aviazione, per contro, non ammettono discussione sulle clausole navali. ma, signori, questi argomenti polemici non servono a facilitare il nostro compito nella lotta che dobbiamo continuare per ottenere la revisione del trattato. al Governo va invece chiesto: che cosa avete fatto perché certe opposizioni, o prevenzioni — se volete — che esistono nei confronti del nostro paese, cadessero? dal gennaio 1947 gran parte della stampa governativa tiene nei confronti dell' Unione Sovietica esattamente lo stesso linguaggio che tenevano la stampa di Polverelli e di Goebbels. Governo e maggioranza hanno moltiplicato le inutili manifestazioni della loro opposizione verso un mondo che cerca le vie del suo avvenire, con metodi che possono piacerci o dispiacerci ma che sono peculiari ad un determinato clima storico. tutto è stato fatto perché non si credesse alla intenzione che il Governo si attribuiva di non voler partecipare all' accerchiamento dell' Unione Sovietica e dei paesi dell'est europeo. ed oggi compiamo l' ultimo e il più irreparabile atto contro l' est europeo: impegnandoci militarmente, col partito della terza guerra al seguito di paesi o di correnti d' opinione di cui è facile arguire per quali ragioni richiedono il nostro concorso. chi dunque, onorevoli colleghi , ha posto contro l' autorevole opinione di uomini politici e di generali inglesi ed americani il problema dell' inserimento italiano nel patto? in primo luogo la Francia, che probabilmente il ministro Sforza additerà alla nostra riconoscenza. io, che alla Francia sono riconoscente per tante cose, di queste sollecitazioni l' avrei cortesemente e fermamente ringraziata, pur riconoscendo che lo stato maggiore francese è ligio ai suoi interessi, allorché cerca di allontanare quanto più possibile la guerra dalle sue frontiere, e se guerra ha da esserci, preferisce sia combattuta non nella dolce — e per me sotto molti aspetti cara — pianura dell' Ile de France , ma nella Pianura Padana , economizzando il sangue ed i beni dei francesi. che cosa si può dire a questi francesi se non che essi cercano di tutelare gli interessi del loro paese all' inverso di voi, signori del Governo, che degli interessi del nostro paese non avete tenuto e non tenete alcun conto? e chi altro è intervenuto a sollecitare l' intervento italiano? sono intervenuti i circoli cattolici americani più preoccupati, io credo, della Roma del Vaticano, capitale del mondo cattolico, che di Roma Capitale dello Stato italiano. né c' è nulla da obbiettare a codesti americani che ritengono sia loro funzione preservare e coprire la Roma papale, se non che si sbagliano e scoprono Roma invece di coprirla. ma questa è un' altra questione. il partito della guerra, è logico allorché cerca di sfruttare e di accaparrare ai suoi fini la crociata della Chiesa cattolica contro gli infedeli dell' est. ma la nazione italiana cosa c' entra con la crociata? e possiamo noi ammettere che lo Stato italiano, lo Stato repubblicano si determini in funzione degli interessi spirituali della Chiesa cattolica ? eppure è quanto succede sotto i nostri occhi. avviene sovente agli uomini, accecati dalla passione, di agire in modo da ottenere i risultati contrari a quelli attesi. e non tocca a me, che non sono cattolico, porre il problema se i cattolici di America compromettendo l' Italia non abbiano compromesso piuttosto che servita la Chiesa. riassumendo, noi socialisti, accusiamo il Governo di voler mettere le nostre basi navali ed aeree a disposizione dell' America e del blocco occidentale per una politica aggressiva di accerchiamento dell' Unione Sovietica e dei paesi a democrazia popolare il che dal punto di vista degli interessi del capitalismo americano può avere, se non una giustificazione, una spiegazione, ma non ha giustificazione o spiegazione, se ci si pone dal punto di vista dei nostri interessi nazionali . noi accusiamo il Governo di mettere il paese sotto il controllo e la direzione dello stato maggiore occidentale di Fontainebleau, e di promuovere una organizzazione militare, che difensiva od offensiva che venga definita, fa degli stranieri i padroni in casa nostra e chiama la guerra alle nostre frontiere, invece di allontanarla. noi accusiamo il Governo di legarsi ad un sistema militare, che automaticamente ci impegna nella terza guerra, comunque e dovunque essa dovesse scoppiare. tutto questo perché? do atto al Governo ed alla maggioranza che non siamo di fronte ad una politica nazionalista. il nazionalismo in Italia, per la logica del suo sviluppo, è stato sempre teso verso la conquista di una posizione di potenza o addirittura di egemonia nel Mediterraneo ed è stato quindi anti-inglese ed anti-francese. con la politica dell' attuale destra siamo assai lontani da preoccupazioni di questo genere; siamo purtroppo ad un livello più basso. dissi ieri, onorevole De Gasperi , che la vostra politica è il risultato dell' odio e della paura. non che io accetti la seducente teoria di Guglielmo Ferrero, il quale tentò di spiegare gli avvenimenti che vanno dalla rivoluzione francese alla rivoluzione sovietica , individuando nella paura il fattore determinante della storia. per un marxista una tale tesi è da respingere. tuttavia la storia non è mai il risultato di un solo fattore, e non vi è dubbio alcuno che l' elemento della paura è alla origine di molte azioni umane, in altro senso inspiegabili. in quello che succede in Europa e nel mondo, noi vediamo la convergenza dei due fattori dell' odio e della paura. in primo luogo c' è la volontà di rivincita dei ceti capitalisti dell' Occidente, i quali molto apertamente, fino dal discorso del signor Winston Churchill a Fulton nel marzo del 1946, hanno dichiarato di non aver combattuto contro Hitler e Mussolini perché dilagasse in Europa la macchia rossa della rivoluzione proletaria. in secondo luogo la paura è venuta di rincalzo all' odio, determinando gli stati di animo di guerra santa e di crociata ai quali dobbiamo l' impossibilità attuale di accordarci su una politica nazionale di distensione. non trovo altra spiegazione alla vostra politica, né credo possibile che siate arrivati alle attuali conclusioni se non astraendo interamente dalla realtà obiettiva delle cose? lasciandovi trascinare dai predicatori delle crociate ideologiche. capisco la violenza delle lotte sociali e politiche all' interno. non capisco che un Governo edifichi la sua politica estera sulla base degli odi teologici della Chiesa o della paura di ceti retrivi. dico che ciò è destinato ad approfondire la scissione del mondo e degli italiani tra di loro. signori, in un recente discorso, che ebbe la sorte di essere completamente travisato, mi ero posto il problema, se sia ancora possibile da noi una politica nazionale. politica nazionale vuol dire per noi nel campo della politica estera : libertà dagli impegni di carattere politico e militare, e cioè in termini più concreti, politica di pace e di neutralità. noi affermiamo che se sulla base di questa politica di pace e di neutralità dovesse realizzarsi l' ipotesi, alla quale taluni di voi pensano come a cosa possibile, di una aggressione contro il nostro paese, chiunque fosse questo aggressore, sarebbe il nemico del nostro popolo. politica nazionale nel campo interno vuol dire: sforzo inteso a svelenire i rapporti tra maggioranza e opposizione, abbandonando i metodi di rappresaglia in uso contro i partigiani e i sindacati, operai e contadini. politica nazionale vuol dire impegno reciproco di risolvere i problemi di esistenza del nostro popolo. signori, io credevo che questi problemi fossero angosciosi soltanto nelle provincie meridionali; ma di recente mi è capitato di visitare una delle più illustri e belle delle nostre città, Venezia, e di fare una breve corsa fino a Chioggia e di urtarmi a spettacoli di miseria dei quali dovremmo sentire tutti vergogna ed orrore. se voi siete capaci di affrontare seriamente ed organicamente la soluzione di questi problemi, e di imporre una disciplina ferrea ai ceti benestanti perché diano i mezzi di cui lo Stato ha bisogno, noi asseconderemo la vostra opera senza riserve. ma se voi sacrificate il programma interno di risanamento a delle risorgenti illusioni di potenza, allora è nostro dovere avvertirvi che su questa strada voi preparate un nuovo disastro. io condivido, onorevoli colleghi , quanto diceva ieri l' onorevole Togliatti; molte cose ci dividono irrimediabilmente né io ho la pretesa che voi giudichiate i fatti e gli avvenimenti, col nostro criterio. è del tutto naturale che voi non accettiate la nostra interpretazione marxista della situazione attuale del mondo e dell' Europa. è del tutto naturale che non giudichiate alla nostra stregua la politica estera sovietica e dei paesi a democrazia popolare . vi sono però anche fra voi uomini che sentono che le cose non possono continuare ad andare così; che c' è bisogno di una certa distensione nelle cose e negli spiriti; c' è bisogno non di confondere maggioranza ed opposizione, ma di arginarne le passioni. non a caso io penso che vi sono fra voi uomini i quali potrebbero prendere l' iniziativa di una politica nazionale. noi abbiamo coi nostri vicini di settore, i socialdemocratici della scissione nel 1947, motivi quotidiani, di polemiche, di risentimenti, di lotte. è probabile che i motivi del nostro contrasto siano insuperabili giacché affondano le radici nei principii sui quali non bisogna mai transigere. tuttavia allorché l' altro giorno la direzione di questo partito ha preso posizione contro i patti militari noi abbiamo ravvisati nella sua deliberazione un contributo ad una politica estera nazionale. e dopo ciò non so capire come il presidente del Consiglio abbia potuto annunciare che il Consiglio dei ministri era stato unanime a decidere l' adesione al patto; unanime, vale a dire consenzienti i ministri del partito dei lavoratori ai quali, se mai, si poneva l' alternativa: o inchinarsi alla maggioranza del loro partito o dimettersi. né intendo valermi di indiscrezioni giornalistiche circa le discussioni in corso nel partito della maggioranza. solo mi auguro che ogni riserva, ogni interna opposizione trovi la sua eco davanti alla Camera ed al paese. se infatti la maggioranza del 18 aprile fosse capace di esprimere una politica diversa, dall' attuale, qualche cosa di nuovo ci sarebbe nel paese. l' onorevole De Gasperi scuote il capo ma io lo prego di meditare le parole che un uomo di Stato e di cultura, il signor de Tocqueville pronunciava alla Camera francese un secolo fa alla fine del gennaio 1848. la maggioranza orleanista era assai sicura del fatto suo; trattava la Montagna con disprezzo, si rifiutava di prendere sul serio quanti consigliavano prudenza e moderazione. qualche settimana dopo fu presa alla gola nel modo che tutti sanno. a codesta maggioranza orleanista tronfia di sé come l' attuale maggioranza, il signor de Tocqueville diceva: « non sono così stolto, signori, da non sapere che non sono le leggi in sé che fanno il destino dei popoli, che non è il meccanismo delle leggi a produrre i grandi avvenimenti, ma lo spirito stesso del Governo. conservate le leggi, se volete; sebbene pensi che avete torto a farlo, conservatele. conservate anche gli uomini, se questo vi fa piacere; per conto mio non mi oppongo. ma, perdio, cambiate lo spirito del Governo, perché questo vi trascina nell' abisso » . queste parole il Governo non può intenderle, ma io le rivolgo alla maggioranza. pensi la maggioranza, che è più responsabile di noi dello stato del paese appunto perché è la maggioranza, pensi se non sia questa l' occasione di cambiare se non la legge, se non gli uomini, almeno lo spirito del Governo. se la maggioranza avalla l' adesione italiana al patto atlantico essa sa che aggrava la situazione obiettiva in Europa e la situazione all' interno; se autorizza il Governo a firmare essa sa che noi non recederemo dall' opposizione che abbiamo intrapresa, e che adopereremo tutti i mezzi...... che la Costituzione pone a nostra disposizione. vi è un mezzo che la Costituzione non prevede, ma che data l' eccezionalità del caso, voi potreste adottare ove foste animati da un desiderio di distensione; sarebbe quello di sottoporre il patto al referendum popolare, perché dicano non soltanto i nostri elettori ma anche i vostri, se investendovi del mandato parlamentare, hanno creduto di autorizzarvi o no ad impegnare il paese in un' avventura di guerra. in caso contrario voi assumerete le vostre responsabilità e noi le nostre. ciò vuol dire che noi condurremo contro il patto atlantico la stessa lotta accanita che i democratici italiani dal 1882 al 1914 hanno condotto contro la triplice alleanza, la stessa lotta che conducemmo con alcuni dei vostri contro il patto di acciaio. ciò vuol dire che faremo tutto quello che dipenderà da noi perché la firma, che il Governo ponesse sotto il patto atlantico , sia stracciata e protestata dal popolo italiano .